Alunni: Boggiani Federico; Campanile Sara; Campolo Francesco; Ceccoli Alessia; D'Ambrosio Davide; De Santis Brian; Fiumara Isabella; Graziano Simone; Massi Giada; Segnetti Leonardo; Tenna Tommaso (Classe IV R); Infante Laura (III P), a. s. 2016-17, Liceo Scientifico “B. Russell” di Roma. Referente: Paola Lazzarini
Storia degli strumenti di calcolo
Dall’abaco alle calcolatrici moderne Quante volte alle elementari ti hanno chiesto di contare con le dita? Hai
sempre pensato che fosse il metodo più efficace, ma poi ti sei dovuto con-
frontare con calcoli decisamente più complessi: operazioni con i numeri
decimali, estrazione di radice e, addirittura, esercizi con i numeri irraziona-
li. Le dita, in questi casi, servivano a ben poco e la necessità di utilizzare
strumenti più evoluti è divenuta incombente. Pian piano hai iniziato a uti-
lizzare la calcolatrice, scoprendo come un semplice dispositivo con qual-
che tasto potesse facilitarti il lavoro! E avresti mai immaginato che in poco
tempo questo strumento sarebbe diventato il tuo migliore amico durante
le verifiche di matematica? Come spesso sentiamo dire “Ogni aiuto è buo-
no” e non esiste frase più vera!
Fin dall’antichità l’importanza di eseguire calcoli sempre più elaborati ha
portato l’uomo all’invenzione di strumenti che potessero soddisfare le esi-
genze di una società in continuo progresso. La capacità di svolgere con ra-
pidità ed efficienza operazioni e problemi della vita di tutti i giorni rappre-
sentava un passo enorme per lo sviluppo sociale e culturale dell’uomo,
una vera e propria conquista.
"È indegno per l'uomo eccellente perder tempo come uno schiavo nel lavo-
ro di calcolare, cosa che potrebbe essere relegata senza problemi a qual-
cun'altro se fosse usata una macchina."
(Leibniz)
Abaco
Già a partire dal XXI secolo a.C. i calcoli erano affidati a scribi e contabili
che li eseguivano con l'aiuto di un nuovo strumento, capace di svolgere
semplici operazioni di addizione e sottrazione: l'abaco. Il suo impiego, di
cui si hanno, per la prima volta, tracce in Cina e nella Mezzaluna Fertile,
venne ripreso successivamente anche dai Greci e dai Romani. L'abaco
costituì un importante strumento di calcolo anche nel Medioevo, periodo
in cui venne introdotto un nuovo modello capace di sviluppare le potenze
di dieci. Inoltre, a partire dal XII secolo, il termine “abaco” fu utilizzato
nell'ambito dell'istruzione: nascono, infatti, le prime “scuole d'abaco”,
nelle quali artigiani e mercanti avevano la possibilità di istruirsi a livello
matematico.
Le diverse tipologie di abaco create nel corso dei secoli possono essere
raggruppate in due categorie: abaco a polvere e abaco a colonne.
L'abaco a polvere, utilizzato per la scrittura di operazioni matematiche e
per il disegno di figure geometriche, era costituito da una tavoletta
rettangolare di argilla o legno, su una cui faccia era sparsa della sabbia con
la quale era possibile raffigurare quanto desiderato, un po' come succede
quando andiamo al mare!
Vari autori del passato parlano dell'abaco a polvere. Ad esempio ne
parla Marziano Capella nel V secolo in De nuptiis Philologiae et Mercuri:
“Quello [...] si chiama "abaco", lo strumento adatto se si deve
rappresentare le figure attraverso i segni; poiché lì possono essere
tracciate linee rette e curve, o archi di cerchio, o spezzate a forma
triangolare. L'abaco è in grado di rappresentare l'ambito sferico del mondo
e i circoli celesti, le forma dei quattro elementi, e persino di misurare, la
profondità del raggio terrestre; lì vedrai raffigurate tutte quelle immagini
che non è possibile esprimere con le parole.”
L'abaco a colonne, invece, era utilizzato per rappresentare le operazioni di
addizione e sottrazione in forma visiva; era costituito da una tavoletta
rettangolare che presentava, su una delle due facce, diverse scanalature.
Le svariate tipologie di abaco a colonne, sono dovute all’impiego di
dispositivi differenti.
Planetario di Archimede
La volta celeste e le leggi ignote che regolano l’universo, hanno da sempre
suscitato particolare interesse nell’uomo. La volontà di possedere uno
strumento che fosse in grado di fornire una precisa descrizione del movi-
mento della Luna e degli altri corpi celesti era ben più grande di quanto si
potesse pensare!
Nel luglio del 2006, durante uno
scavo nella piazza di Olbia, fu ri-
trovato un frammento di piccole
dimensioni di una ruota dentata:
il reperto, risalente alla fine del III
o all'inizio del II secolo a.C., mo-
strava una serie di denti apparen-
temente dal profilo triangolare.
Solo il recente restauro, invece,
ha svelato un aspetto inatteso e
molto interessante: i denti non
sono di forma triangolare, ma
curvi, tanto da risultare straordi-
nariamente simili a quelli degli
ingranaggi moderni! Non è dun-
que arduo ipotizzare che il fram-
mento facesse parte integrante
del Planetario di Archimede, leggendaria macchina costruita dal celebre
scienziato siracusano di cui si hanno testimonianze in diverse opere classi-
che. Il planetario era un oggetto straordinario che mostrava la rotazione
della Luna e del Sole rispetto alla Terra immobile, le eclissi di Luna e di So-
le a intervalli di tempo debiti, nonché i moti degli altri cinque pianeti noti:
Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.
L’ingranaggio, risulta quindi più evoluto scientificamente, nonostante sia
stato realizzato prima di tutti gli altri meccanismi a noi finora pervenuti.
Le più complete informazioni su una delle realizzazioni tecniche più ammi-
rate nell’antichità si deve a Cicerone, che nel suo Tusculanae disputatio-
nes, descrive il Planetario di Archimede in questo modo:
“In realtà, quando Archimede racchiuse in una sfera i movimenti della lu-
na, del sole e dei cinque pianeti, fece lo stesso che colui che nel Timeo edi-
ficò l'universo, il dio di Platone, e cioè che un'unica rivoluzione regolasse
movimenti molto diversi per lentezza e velocità. E se questo non può avve-
nire nel nostro universo senza la divinità, neanche nella sfera Archimede
avrebbe potuto imitare i medesimi movimenti senza un'intelligenza divi-
na.”
L’intuizione che l’indagine astronomica potesse avere un riscontro a livello
pratico, anche da un punto di vista matematico, fornì la premessa per la
costruzione di strumenti ancora più complessi.
Il calcolatore di Antikythera
Il più antico calcolatore analogico della storia è conosciuto col nome di
Calcolatore o Macchina di Antikythera, e risale al I secolo a.C. L'isola di An-
tikythera, che si trova nel tratto del mar Egeo compreso tra il Peloponneso
e Creta, nel 1902 è stata
infatti teatro del ritro-
vamento archeologico
dell’omonimo strumen-
to. Ciò che inizialmente
era sembrata una pietra
costituiva in realtà un
meccanismo a orologeri-
a, fortemente incrostato
e corroso, di cui erano sopravvissute tre parti principali e decine di fram-
menti minori. Le indagini e la ricomposizione delle parti pervenute, permi-
sero di appurare che questo strumento riproduceva con accuratezza le fasi
della Luna e il moto dei pianeti attorno al Sole. Attualmente si ritiene che
il Calcolatore di Antikythera fosse un preciso calcolatore astronomico, co-
struito per "monitorare" i rapporti ciclici tra il sole, le stelle ed i pianeti.
Poteva servire sia come strumento per la navigazione sia come strumento
per indagini astronomiche. È interessante osservare che nessun oggetto,
sia pur vagamente somigliante ad esso, è mai stato rinvenuto altrove e
niente di simile ci è mai stato descritto nei testi scientifici. Probabil-mente
questo reperto è una delle poche testimonianze di un vasto campo di co-
noscenze ormai perdute per sempre. Anche se le attuali conoscenze sono
ancora incomplete, il calcolatore di Antikythera è da considerare il primo
regolo calcolatore della storia.
Il regolo calcolatore
Il regolo calcolatore è uno strumento analogico, che riconduce operazioni
complesse ad operazioni più semplici, eseguite graficamente, spostando
una o più asticelle. Esso consiste in un righello (o regolo) che possiede di-
verse scale graduate che possono scorrere l’una rispetto all’altra, consen-
tendo di effettuare moltiplicazioni, divisioni ed elevamenti a potenza con
una facilità straordinaria, superata solo dalle moderne calcolatrici. A segui-
to della sua invenzione nel XVII secolo, subirà diverse modifiche che lo
renderanno migliore, tanto da essere usato fino al 1972, anno in cui nac-
que la prima calcolatrice tascabile. Si pensi persino che gli astronauti si
servivano di regoli calcolatori per i calcoli necessari durante la missione.
"We went to the moon with slide rules. I didn’t even have my first full-
function calculator until 1972.”
“Siamo andati sulla Luna con i regoli calcolatori. Non ho avuto la mia pri-
ma calcolatrice fino al 1972.”
Norm Chaffee
Ingegnere aereospaziale della NASA
E non solo questo:
prima della diffu-
sione delle calco-
latrici e dei com-
puter, tutti gli in-
gegneri avevano
solamente un re-
golo a loro dispo-
sizione, per poter
completare l’enor-
me quantitativo di calcoli matematici richiesti per la realizzazione di pro-
getti come l’Empire State Building, la Hoover Dam, il Golden Gate e molti
altri ancora. Negli anni ‘50 e ‘60 il regolo calcolatore era il simbolo stesso
della professione dell’ingegnere). Durante il progetto Apollo, i progressi
tecnologici resero possibile lo sviluppo dei primi modelli di un oggetto a
noi più familiare: la calcolatrice. Fu proprio a cavallo tra gli anni 60 e 70
che fecero la loro comparsa i primi modelli, limitati nelle capacità e costo-
sissimi. Ma le loro capacità crebbero rapidamente e permisero loro di
soppiantare velocemente il buon vecchio regolo. Ovviamente abbiamo va-
ri tipi di regoli calcolatori: da quelli circolari a quelli cilindrici.
Il compasso proporzionale
Il compasso proporzionale fu ideato e costruito da Galileo Galilei intorno al
1597. Pensate, pur essendo uno strumento di piccole dimensioni e molto
semplice è in grado di eseguire complessi calcoli geometrici e matematici!
Prima dell’invenzione di questo particolare compasso, in molti avevano
provato a ideare e costruire uno strumento capace di svolgere complessi
calcoli. Infatti, vi era una vera e propria esigenza, soprattutto in campo mi-
litare, dove la tecnologia
delle armi da fuoco ri-
chiedeva sempre più pre-
cise cognizioni matemati-
che.
Il compasso proporziona-
le fu utilizzato persino in
questo campo: per la mi-
sura dei calibri, l’assetto dei cannoni e per la misura di pendenze, altezze,
distanze e profondità.
Il compasso riscosse immediatamente un gran successo e numerosi signori
d’Europa iniziarono a richiedere lo strumento. Galileo allora, aiutato dal
meccanico Marcantonio Maz-
zoleni, iniziò una produzione in
serie in un piccolo laboratorio
tecnico, situato proprio nella
sua casa a Padova.
Le vendite del compasso au-
mentarono velocemente e nel
1606 Galileo compose un ma-
nuale in italiano: Le operazioni
del compasso geometrico e mi-
litare. Come egli stesso scrisse:
“ […] con l'aiuto di questo mio Compasso in pochissimi giorni insegna tutto
quello, che dalla geometria e dall'aritmetica, per l'uso civile e militare, non
senza lunghissimi studii per le vie ordinarie si riceve.”
Ricostruzione del meccanismo dell’Antykithera
Orologio calcolatore
Nel 1623, lo scienziato tedesco Wilhelm Schickard progettò l'orologio
calcolatore, precedendo di circa venti anni l'invenzione della Pascalina, ma
risultando più agevole nell'esecuzione delle sottrazioni.
Sopra lo strumento erano collocati dei cilindri ruotanti, al fine di rendere
più semplice ed agevole lo svolgimento delle moltiplicazioni, divenendo
simile ad un moderno contachilometri. Schickard era cosciente dei
problemi dovuti all’impiego di un numero di cifre maggiore di 6 ; in caso di
cifre superiori, infatti, aveva previsto un set di anelli da indossare sulle dita
dell'operatore per “memorizzare” il riporto oltre le cifre consentire dal
calcolatore; un campanello suonava ogni volta un simile superamento
avveniva, per avvertire l'operatore di mettere un altro anello sulle dita;
forse per un ironico gioco di parole: ring the bell (suonare il campanello) e
gold ring (anello d'oro).
Il prototipo del calcolatore, però, venne distrutto nel corso di un incendio
e, fino al XIX secolo, si perse ogni traccia del progetto di Schickard.
Tuttavia, nel 1960, vennero ritrovati dei progetti dell'orologio calcolatore
inviati dallo scienziato tedesco a Keplero, consentendo così la realizzazione
di una macchina di Schickard funzionante.
Pascalina
La Pascalina è un addizionatore a ruote, precorritore della moderna calco-
latrice, inventata nel 1642 dal filosofo e matematico francese Blaise Pa-
scal. In quel tempo suo padre era intendente di finanza in Normandia, in-
carico che lo costringeva a
frequenti e lunghi calcoli.
Il figlio, dunque, appena
diciannovenne, ma già
brillante matematico,
pensò di aiutarlo, co-
struendo per lui uno stru-
mento che alleviasse la
noiosa incombenza.
È una macchina che permette di addizionare e sottrarre, ma la parte più
innovativa della Pascalina era il suo meccanismo di riporto, che permette-
va una certa affidabilità anche quando si doveva propagare su più ruote
successive (come nella somma 9999+1). Ogni ruota costituisce, da destra
verso sinistra, la rappresentazione di una cifra di un numero: avremo dun-
que all’estrema destra le unità, successivamente le decine e così via fino
alle centinaia di migliaia. Il meccanismo ideato impediva però la reversibi-
lità del movimento e la sottrazione poteva essere eseguita solo ricorrendo
a qualche semplice trucco.
Nel 1685 il matematico Gottfried Leibniz, citò lo strumento in un suo ma-
noscritto:
“La scatola calcolatrice di Pascal non mi era nota a quel tempo. Quando io
osservai il solo nome di macchina calcolatrice nella prefazione dei suoi
"Pensieri Postumi” […] immediatamente chiesi notizie di ciò, in una lettera,
al mio amico parigino. Quando appresi da lui che una tale macchina esi-
steva, chiesi […] di darmi una spiegazione del lavoro che era in grado di
compiere."
Il calcolatore di Leibniz
Solo alla fine del XVII secolo, fu realizzato, per la prima volta, uno
strumento che fosse in grado di eseguire tutte le operazioni aritmetiche.
Leibniz, infatti, nel 1672 ideò la Stepped Reckoner, la prima calcolatrice
meccanica avente tali caratteristiche.
Fu decisamente influenzato dalla Pascalina, ma il suo progetto fu
innovativo sia da un punto di vista concettuale che tecnico. All’interno
della macchina, l'addizione e la sottrazione vengono eseguite tramite un
giro di manovella, mentre la moltiplicazione e la divisione vengono
eseguite cifra per cifra sulle cifre del moltiplicatore o del divisore.
Nonostante alcuni problemi meccanici e un difetto di progettazione nel
meccanismo di riporto, che impedirono alla macchina di funzionare in
modo affidabile, la Stepped Reckoner divenne un nuovo punto di
riferimento per i progettisti di calcolatrici. Leibniz introdusse un
meccanismo, chiamato traspositore, che corrisponde esattamente ai
registri dei moderni computer elettronici, e che venne in seguito sfruttato
in molte macchine.
Macchina di Turing
Agli inizi del Novecento, in un fervente clima di dibattito sui fondamenti
della matematica, David Hilbert elaborò un problema, che potrebbe esse-
re riassunto nella domanda: esiste un algoritmo generale per la risoluzione
di tutti i problemi appartenenti ad una classe ben specificata? O semplifi-
cando ulteriormente, esiste un procedimento generale per la risoluzione
dei problemi matematici? La formulazione di una risposta a tale quesito,
costituiva di fatto un’esigenza, soprattutto per i risvolti che avrebbe avuto
nella nascita della teoria computazionale. Una risposta negativa al pro-
blema venne data nel 1936 da Alan Turing, con l’introduzione dell’omo-
nima macchina, come modello ideale di calcolo. Essa è definita da un in-
sieme di regole che determinano il comportamento della macchina ope-
rante su un nastro ipoteticamente infinito, suddiviso in celle. Ogni cella
può contenere un simbolo (0 oppure 1) o essere vuota, costituendo così
una sequenza. Una testina che legge il simbolo contenuto in una casella,
ha il compito di muoversi lungo il nastro, scrivendo il simbolo successivo o
cancellando quello presente. Sostanzialmente, la logica di controllo della
macchina è basata su frasi composte da cinque “istruzioni”, e perciò dette
quintette o quintuple. I cinque elementi che costituiscono ogni quintetta
sono:
1. Lo stato attuale della macchina;
2. Il simbolo contenuto nella cella in corso di lettura;
3. Il nuovo stato della macchina a seguito della lettura;
4. Il simbolo che verrà sostituito a quello presente nella cella indicata;
5. La direzione di scorrimento del nastro.
Sebbene si tratti di un modello teorico, che prevede un tempo e uno spa-
zio pressoché infiniti, l’importanza di tale macchina è dovuta alla sua ca-
pacità di effettuare qualsiasi operazione rappresentabile mediante un al-
goritmo. Nessun sistema in grado di memorizzare ed elaborare informa-
zioni, comunque fosse fatto, avrebbe potuto essere più potente di tale
macchina; si giunse dunque alla concezione innovativa che una macchina
potesse essere codificata come un numero e viceversa, introducendo il
concetto di ciò che oggi chiameremmo software.
Alan Turing è dunque considerato il padre dell’intelligenza artificiale e
dell’informatica, intuendo che se l’uomo fosse stato in grado di compren-
dere un processo al punto da saperlo descrivere esaustivamente a un
computer, quest’ultimo sarebbe stato in grado di simulare il processo
stesso.
Colossus
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale si sentiva la necessità di uno
strumento che fosse in grado di permettere ai principali capi di stato e
non, di poter parlare e discutere, tranquillamente e privatamente, di que-
stioni delicate e molto riservate. Così, il matematico Max Newman, basan-
dosi sui concetti della macchina di Turing universale, aveva progettato, e
in seguito realizzato, “Il Colossus”.
È stato il primo computer elettronico programmabile nella storia
dell’informatica. Costruito, testato e messo in opera nel Regno Unito il suo
successo è stato decretato dall’uso da parte dei nazisti per proteggere la
corrispondenza fra Adolf Hitler e i suoi capi di stato maggiori. I servizi se-
greti britannici fecero di tutto per interpretare i codici dei nazisti e ottene-
re informazioni fondamentali in modo da riuscire ad organizzare delle con-
troffensive, ma venivano cambiati quotidianamente dalla stessa macchina,
che forniva ai possessori un potere assurdo al loro servizio.
Il Colossus, costruito in segreto per la marina militare britannica fu in gra-
do di aumentare notevolmente la propria potenza di calcolo, diventando
quindi uno strumento potentissimo per l’epoca. La macchina era pro-
grammabile in base alle esigenze, comparando il messaggio da decifrare
con il secondo, generato dalla macchina, che cercava di individuare la
chiave di codifica In questa maniera venivano decifrati circa 4000 messaggi
tedeschi, italiani e giapponesi al giorno.
A causa del rigoroso segreto imposto dal Regno Unito, resistito per decen-
ni anche dopo la conclusione della guerra, la macchina fu distrutta e i pro-
getti relativi bruciati, per ordine dello stesso servizio segreto inglese. Solo
in tempi recenti ne è stata costruita una replica funzionante, completata
solo nel 2007.
“My view of Colossus was that of cryptanalyst-programmer. I told the ma-
chine to make certain calculations and counts, and after studying the re-
sults, told it to do another job. It did not remember the previous result, nor
could it have acted upon it if it did. Colossus and I alternated in an interac-
tion that sometimes achieved an analysis of an unusual German cipher
system, called "Geheimschreiber" by the Germans, and "Fish" by the crypt-
analysts.” (THOMAS “TOMMY” FLOWERS)
Ricostruzione della Macchina di Turing. Berkley Park Museum.
“la mia visione del Colossus era quella di un criptografo-programmatore.
Ho detto alla macchina di effettuare calcoli e conti certi, e dopo aver stu-
diato i risultati, gli ho ordinate di fare un altro lavoro. Non ricordava il ri-
sultato precedente, e non avrebbe potuto farlo se lo avesse volute. Il Co-
lossus e io alternavamo un’interazione che talvolta implicava l’analisi di un
inusuale sistema di cifratura Tedesco, chiamato “ Geheimshreiber” dai te-
deschi e “fish” dagli inglesi.” ( THOMAS “TOMMY” FLOWERS)
Colossus 10. National Museum of Computing.
La Curta
Al periodo della Seconda Guerra Mondiale, risale un altro strumento sen-
sazionale, la Curta, una piccola calcolatrice meccanica di precisione azio-
nata a manovella. Il progetto della Curta fu portato a termine dall'ingegne-
re austriaco Curt Herzstark mentre era imprigionato nel campo di concen-
tramento di Buchenwald. Iniziò sin da piccolo a progettare questa calcola-
trice e quando fu internato, a seguito delle persecuzioni naziste contro gli
Ebrei, egli venne assegnato ad una unità "speciale" per poter terminare la
sua invenzione, che i nazisti volevano donare ad Hitler. La sua bravura fu
tale che, seppure in condizioni disperate, riuscì a riprendere e completare
il progetto. Dopo essere sopravvissuto al campo ed alla seconda guerra
mondiale poté perfezionare e completare il progetto. Essa fu considerata
la migliore calcolatrice portatile disponibile fino all'avvento delle calcola-
trici elettroniche, negli anni settanta.
Con questo strumento si possono effet-
tuare operazioni semplici, come l'addi-
zione e la sottrazione, ma anche calcoli
più complessi, effettuati come composi-
zione di somme e sottrazioni. I numeri
vengono introdotti utilizzando alcuni cur-
sori presenti lateralmente sul cilindro e
facilmente impostabili con il pollice. Sulla
parte superiore è presente una manovel-
la, un contatore delle rotazioni ed un to-
talizzatore che mostra il risultato. Al ter-
mine dei calcoli, o comunque prima di i-
niziare una nuova sessione, i registri ven-
gono azzerati. Oltre al modello originale
di Curta, messo nel mercato nel 1948, ne fu sviluppato un secondo nel
1954: i due modelli, chiamati tipo I e tipo II, differiscono per il numero di
cifre elaborabili.
Le calcolatrici moderne
Gli strumenti di calcolo moderni, invece, sono strumenti di calcolo basati
su dispositivi elettronici. Sicuramente lo strumento
di calcolo più utilizzato è la calcolatrice.
Una calcolatrice è una macchina da calcolo auto-
matizzata, di dimensioni fisiche contenute, in grado
di eseguire calcoli matematici e dedicata a tale ti-
pologia di elaborazione dati.
Le prime calcolatrici della storia sono meccaniche e
solo in parte automatizzate. Le prime calcolatrici
completamente automatizzate vengono realizzate
solo a partire dal XX secolo. Le calcolatrici moderne
sono elettroniche e vengono prodotte in serie da
numerosi fabbricanti, in svariate forme e dimen-
sioni: da quelle tascabili, grandi come una carta di credito, a quelle da ta-
volo con stampante incorporata.
Una calcolatrice elettronica è una calcolatrice che esegue i calcoli mate-
matici mediante circuiti elettronici. Inizialmente tali circuiti elettronici so-
no stati basati sulla valvola termoionica. Le calcolatrici elettroniche a val-
vole termoioniche hanno avuto però scarsissima diffusione a causa del co-
sto della valvola termoionica. Inizialmente infatti la valvola termoionica è
stata un dispositivo elettronico estremamente costoso, che ha reso quindi
la calcolatrice elettronica a valvole termoioniche, rispetto alla calcolatrice
meccanica, non concorrenziale da
un punto di vista economico.
Quando il costo della valvola ter-
moionica è sceso, sono state
commercializzate le prime calco-
latrici elettroniche a valvole ter-
moioniche. Ma l'elettronica stava
già cambiando profondamente a
causa dell'avvento del transistor.
Il transistor è in grado di svolgere
le medesime funzioni della valvo-
la termoionica; ma esso, rispetto
alla valvola termoionica, ha due
importanti vantaggi: un ingombro
molto minore e un'affidabilità
molto maggiore. Dunque, dopo
pochissimi anni, la calcolatrice e-
lettronica a valvole termoioniche
è stata soppiantata dalla calcolatrice elettronica a transistor in quanto
tecnologicamente superata.
Una moderna calcolatrice comune, utilizzabile per comuni attività, è costi-
tuita da un tastierino comprendente: le dieci cifre (da 0 a 9), il separatore
decimale, le quattro funzioni aritmetiche (addizione, sottrazione, moltipli-
cazione e divisione), il segno di uguale (per richiedere il risultato), un tasto
di accensione e spegnimento, un pulsante di cancellazione ed altre funzio-
ni di base come la radice quadrata o la percentuale.
Quasi tutte le calcolatrici hanno una memoria a numero singolo che può
essere richiamata quando necessario.
La memoria di queste calcolatrici non è molto versatile e solitamente è
possibile compiere soltanto le operazioni di addizione, sottrazione e ri-
chiamo del numero memorizzato; questo resta solitamente in memoria
anche spegnendo la calcolatrice e può essere richiamato successivamente.
Le calcolatrici scientifiche hanno numerose funzioni aggiuntive rispetto a
quelle comuni, di utilità in varie discipline scientifiche e tecniche come
matematica, fisica, ingegneria e per alcuni modelli avanzati anche finanza,
con la possibilità di eseguire calcoli di statistica tramite particolari modali-
tà operative.
Le funzioni di una calcolatrice scientifica sono molte e variano a seconda
del modello. In genere l'introduzione delle operazioni è semplificata dalla
possibilità di introdurre espressioni e scorrerle con degli appositi tasti, ef-
fettuando eventuali correzioni. Il risultato dell'ultimo calcolo eseguito è ri-
chiamabile in un'espressione mediante un apposito tasto, generalmente
identificato da Ans (abbreviazione di answer, dall'inglese risposta).
In molti modelli vi è anche la possibilità di operare in diversi sistemi di
numerazione e di convertire valori numerici dall'uno all'altro sistema: ad
esempio può essere possibile operare sugli angoli in gradi sessagesimali o
centesimali e radianti con la possibilità di eseguire le rispettive conversio-
ni. In molti modelli sono altresì disponibili delle funzionalità per operare
non soltanto su numeri reali, ma anche su numeri complessi, matrici e vet-
tori.
Divisumma 24
“Futuro si scrive con la O“.
Questo è lo slogan della Olivetti S.p.A., attualmente una delle società
del gruppo Telecom Italia che opera nel settore dell'informatica. Fondata
nel 1908 da Camillo Olivetti con un capitale iniziale di 350.000 lire, in pas-
sato è stata una delle aziende più importanti al mondo nel campo del-
l'elettronica e delle macchine per scrivere e da calcolo.
Sotto la guida di suo figlio, Adriano Olivetti, divenuto direttore della Socie-
tà Olivetti nel 1932 e
presidente nel 1938,
nel 1940 comparve la
prima addizionatrice
Olivetti, seguita nel
1945 dalla Divisumma
14, la prima calcola-
trice scrivente al
mondo in grado di
eseguire le quattro
operazioni. Fu però negli anni sessanta che l'azienda conobbe la sua mas-
sima espansione sui mercati mondiali, grazie soprattutto alla Divisumma
24, una macchina da calcolo presente all’epoca nelle attività commerciali
di ogni livello.
Essa apparteneva alle MC-24, una serie di macchine da calcolo elet-
triche, automatiche, con stampa integrata e registro di memoria di-
namica, prodotte dall'azienda italiana Olivetti a partire dal 1956. Tale
serie comprendeva in totale cinque modelli: l'Elettrosumma 22-24,
un’addizionatrice più rapida nel calcolo rispetto all’Elettrosumma 21,
la Tetractys, dotata di un doppio totalizzatore e di una serie di funziona-
lità aggiuntive, la Multisumma 24, una semplice moltiplicatrice, e per
l’appunto la Divisumma 24, una calcolatrice completa capace anche
di divisione. La produzione di questa classe di macchine, ubicata negli
stabilimenti I.C.O in Via Guglielmo Jervis, a Ivrea, continuò fino agli anni
settanta. La catena di montaggio era a cottimo individuale, con volumi
medi di produzione di 50 unità al giorno. L'aspetto più innovativo di
queste macchine è il fatto che i due modelli superiori furono le prime cal-
colatrici ad avere una modalità di utilizzo quasi completamente analoga
a quella delle attuali calcolatrici da ufficio: un'unica tastiera numerica
ridotta a dieci tasti per impostare tutti i termini dell'operazione, pos-
sibilità di eseguire le quattro operazioni e stampa dei risultati.
Da un punto di vista costruttivo, si trattava di macchine estrema-
mente complesse, ma di realizzazione economica. Grazie alla genialità
meccanica di Natale Capellaro, la maggior parte degli innumerevoli cine-
matismi, costituiti soprattutto da leve, erano ricavati da semplice la-
miera in ferro dolce e acciaio ed erano movimentati dalle camme in
materiale sinterizzato.
La Divisumma 24, grazie al buon rapporto prezzo-prestazioni, fu il
modello maggiormente ven-
duto, con un prezzo medio
di 325.000 lire, pari a circa
dieci volte il loro costo di
produzione.
Non si conosce il numero e-
satto di esemplari prodotti,
ma si sa che nel 1967 ne fu
prodotto il milionesimo e-
semplare e si stima che la produzione complessiva si sia aggirata sul milio-
ne e mezzo, un record assoluto per macchine di questo tipo. Pertanto,
le MC-24 costituirono un elemento fondamentale per la prosperità del-
l'Olivetti, tanto che Pier Giorgio Perotto la definirà “la gallina dalle uova
d'oro”.
Divenuto il modello più famoso e venduto, la Divisumma 24, oltre che una
rivoluzione nel settore dei calcolatori automatici, è diventata anche
un'icona del design industriale italiano.
Fa infatti parte delle collezioni permanenti del Triennale Design Mu-
seum di Milano e del MoMA di New York, oltre ad essere conservata
in molti musei dedicati al design nel campo delle scienze e della tecni-
ca e alle macchine da scrivere.