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Documento conclusivo del percorso partecipativo organizzato dal Partito Democratico del Trentino in vista del recepimento provinciale della "Buona Scuola". 60 PROPOSTE CONCRETE PER COSTRUIRE LA NUOVA SCUOLA TRENTINA Una nuova Scuola per il Trentino

Una nuova Scuola per il Trentino

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Documento conclusivo del percorso partecipativo organizzato dal Partito Democratico del Trentino, in vista del recepimento provinciale della "Buona Scuola".

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Documento conclusivo del percorso partecipativo organizzato dal Partito Democratico del Trentino in vista del recepimento provinciale della "Buona Scuola".

60 PROPOSTE CONCRETE PER COSTRUIRE LA NUOVA SCUOLA TRENTINA

Una nuova Scuola per il Trentino

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Indice

Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una nuova Scuola 15

La professione Docente 29

Per una Scuola fondata (anche) sul Lavoro 37

Scuola Media, da anello debole a punto di forza 47

Scuola digitale per un Trentino digitale 55

La Creatività ritorna a Scuola 67

Una nuova Scuola Globale 71

La Scuola della Costituzione, rieduchiamo alla Cittadinanza 77

Scuola come motore della Città 83

Partecipazione studentesca in un mondo che cambia 89

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Parole chiave raccolte fra il pubblico in occasione dell'incontro "Scuola trentina, quale futuro vogliamo?", organizzato il 19 marzo 2016 a Trento.

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L a Scuola trentina si avvia verso una stagione di riforma, con il recepimento provinciale della “Buona Scuola”1. Si tratta di un’occasione unica per innovarla, a partire dagli spunti della

riforma del Governo Renzi, che andranno coniugati - con spirito critico - rispetto alle necessità e alle caratteristiche del nostro sistema d’istruzione. Per questo motivo il Partito Democratico del Trentino sta da mesi lavorando al proprio interno sui temi dell’istruzione e dell’educazione, ed ha messo in piedi il percorso partecipativo “Una nuova Scuola per il Trentino”. Si tratta di un percorso che ha coinvolto più di 60 donne e uomini, tra cui numerosi dirigenti scolastici, insegnanti, studenti e genitori. Con loro abbiamo scritto le decine di proposte concrete per costruire la nuova Scuola per il Trentino, perché la condivisione e la discussione - anche con chi la pensa diversamente ed è critico - sono valori aggiunti imprescindibili per il Partito Democratico del Trentino.

Ci siamo chiesti di cosa avesse bisogno la Scuola trentina, partendo da un presupposto: la nostra Scuola è già una “buona Scuola”. Non a caso molte delle novità previste dalla Legge 107/2015, cioè la “Buona Scuola”, in Trentino sono già presenti da tempo. Proprio per via di questa condizione favorevole possiamo rendere il nostro sistema scolastico ancora migliore, recuperando le criticità e trasformandolo in una vera e propria eccellenza, un fiore all’occhiello anche nel confronto europeo. Esistono i presupposti e le proposte per riuscirci, e noi abbiamo provato a metterle in luce.

Per la valutazione dello stato del sistema formativo trentino possiamo basarci sulle ultime rilevazioni OCSE PISA del 20122, che, seppur parziali, possono comunque mostrare dati rilevanti. Queste dimostrano, nel contesto

1 La Giunta provinciale ha proposto un disegno di legge di recepimento della Legge 107/2015, con la delibera n. 587 del 18 aprile 2016.2 Per approfondimenti vedere Working paper n° 2/2015 “I risultati dell’indagine OCSE PISA 2012 per il Trentino in un’ottica di confronto internazionale” redatto dall’IPRASE.

AL TRENTINO SERVE UNA NUOVA SCUOLA

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di una valutazione complessiva positiva che ci pone al livello delle eccellenze europee, come la Scuola trentina sia caratterizzata da luci e ombre. Tra i meriti compaiono certamente il basso tasso di abbandono dopo il biennio delle “superiori”: in Trentino si attesta al 3,9%, a fronte del 7,8% a livello nazionale. Migliore non solo del dato nazionale, ma anche di quello europeo è inoltre il dato sul tasso di scolarizzazione superiore, che raggiunge l’86% dei giovani trentini. La Scuola provinciale ha anche il merito di garantire sufficienti standard di apprendimento a tutti, facendo in modo che gli studenti trentini con risultati più bassi, i cosiddetti “low performers”, apprendano comunque in media maggiori conoscenze e competenze rispetto ai loro coetanei in difficoltà di altre regioni italiane. Ed altro dato importante è la discesa costante del numero di studenti con difficoltà cognitive e con scarsi risultati scolastici. Questo soprattutto grazie al sistema di Formazione Professionale, che garantisce una didattica e dei risultati migliori e che ha ancora ampi margini di miglioramento.

D’altra parte il rapporto di IPRASE che presenta i dati PISA del 2012 evidenzia anche le ombre e le problematiche della nostra Scuola, su tutte probabilmente l’incapacità, sempre parlando in termini generali, di valorizzare gli studenti più brillanti e le eccellenze. Se infatti i “low perfomers” diminuiscono, il numero dei “top performers” - cioè coloro che eccellono - è soltanto stabile dal 2006 ad oggi. Altro dato non positivo che caratterizza il nostro sistema scolastico è lo scarso valore aggiunto che dimostra l’autonomia provinciale, anche in termini di maggiori finanziamenti nei confronti delle altre regioni: infatti in molti casi le regioni del Nord Italia eguagliano i risultati raggiunti dagli studenti trentini. Appare chiaro quindi come sia necessaria una riforma della governance e una revisione della spesa e degli investimenti, perché i 675 milioni di Euro che la Provincia di Trento investe ogni anno in istruzione non possono e non devono portare agli stessi esiti del sistema scolastico italiano, che investe somme assai minori. Non così positivo anche il dato relativo agli Early School Leavers, cioè quei giovani tra i 18 e i 24 anni che non hanno conseguito un diploma di scuola superiore e non sono in formazione, che in Trentino si attesta all’11%, ma raggiunge addirittura il 17% tra i ragazzi di sesso maschile. Questo dimostra quanto la Scuola trentina debba migliorare il proprio sistema di orientamento tra la Scuola secondaria di primo grado e quella di secondo grado, anche a fronte del dato del ri-orientamento, cioè quel 14,9% degli studenti delle “superiori” che cambia istituto durante il percorso. Ed infine dalle rilevazioni dell’OCSE possiamo leggere il dato preoccupante della disaffezione degli studenti nei confronti dell’istituzione scolastica, come si legge dal numero importante di assenze e ritardi degli studenti trentini. In questo caso anche superiore

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rispetto ad altre regioni italiane.

Su queste valutazioni e questi dati abbiamo innestato il nostro lavoro di analisi e di proposta. Per avanzare idee e cambiamenti non si può infatti che partire da uno studio accurato della realtà.

Quella che vogliamo costruire è una Scuola delle competenze: una scuola, cioè, che non si limiti a trasmettere le conoscenze e le abilità necessarie, ma insegni anche a trasformarle in saperi utili per la vita, nella capacità di pensare criticamente e di risolvere problemi in modo creativo, ma al tempo stesso efficace. Abbiamo perciò bisogno di abbracciare le forme di didattica più innovative, che coinvolgano in modo maggiore gli studenti e che li responsabilizzino, con un sapere non solo trasmesso ma problematizzato. Mettere finalmente lo studente al centro, per davvero. Serve scardinare il modello scolastico prevalente oggigiorno - spesso ancora legato a un’idea di Scuola novecentesca - valorizzando le metodologie più coinvolgenti ed efficaci, anche con l’aiuto delle nuove tecnologie, basate sull’apprendimento esperienziale, sul learning by doing e sulla problematizzazione del sapere.

Serve cambiare il paradigma educativo, e ci si riesce solamente con buoni insegnanti, motivati e non abbandonati nel precariato per decenni, e con un sistema di reclutamento e aggiornamento dei docenti che incentivi e diffonda le buone pratiche didattiche spesso già presenti nella nostra Scuola. Perché crediamo fortemente che una “buona Scuola” non sia possibile se non si valorizza adeguatamente la professionalità degli insegnanti, che ne costituiscono un perno fondamentale. Una domanda che dobbiamo porci è: “perché agli studenti non piace andare a scuola?”. Ciò non significa semplificare la didattica, ma richiedere agli studenti responsabilità e impegno favorendoli a sviluppare le giuste motivazioni, anche rendendo la Scuola più attrattiva. La nuova Scuola che immaginiamo dovrà sempre di più venire incontro ai bisogni di ciascuno e valorizzarne i talenti, in modo da diventare, realmente, inclusiva. L’organizzazione didattica deve essere flessibile e in grado di potersi adattare alle varie esigenze formative, bisogna rompere la rigidità della classe e dell’orario settimanale per arrivare ad attività in gruppi flessibili, anche di età diverse, sulla base dei bisogni educativi reali e non supposti. Il Partito Democratico è convinto che gli studenti debbano essere accompagnati nel loro percorso scolastico, ma debbano anche essere in grado di scegliere loro stessi di personalizzarlo, in particolare negli ultimi anni della scuola secondaria.

Ma tutto ciò non basta. Servono ancora altri elementi per costruire la nuova Scuola. Essenziale è il rapporto che gli istituti scolastici riescono a stringere con il territorio che li circonda, a partire dai comuni di appartenenza.

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La Scuola deve essere un centro di educazione e cultura per tutte le fasce d’età, deve poter attrarre e creare innovazione ed esperienze collettive, associative. Per questo il Partito Democratico del Trentino immagina una Scuola che rimanga aperta oltre l'orario e i mesi di scuola, che diventi una vera e propria seconda casa per i suoi studenti, ed un punto di riferimento per l’intera città o quartiere: una Scuola della civitas. Stringere rapporti con il territorio non può che coinvolgere quindi anche il tessuto economico. Su questa idea si innesta l’alternanza scuola-lavoro, come possibilità di osmosi tra le varie anime della comunità, come possibilità di formazione completa a 360 gradi e di orientamento verso l’Università o il lavoro, grazie a tirocini che siano realmente formativi. Per legare maggiormente istruzione e lavoro è inoltre necessario far crescere negli studenti la conoscenza del mondo del lavoro, delle carriere possibili e le tendenza e i mutamenti in corso. Le forme per riuscirci esistono, lo dimostrano le tante esperienze già attivate in giro per l’Italia ma anche in Trentino.

“La Scuola deve formare buoni cittadini”, si sente ripetere spesso. Non possiamo che essere d’accordo. Anzi rilanciamo: la Scuola deve insegnare il ragionamento ed il pensiero, ad ogni studente. Deve arrivare al punto che lo studente sia messo nelle condizioni di poter dubitare di ciò che la stessa Scuola gli insegna. Per questo il Partito Democratico del Trentino propone di potenziare le competenze di educazione alla cittadinanza e al dialogo interculturale, come anche le esperienze di rappresentanza studentesca. Eppure il raziocinio non è l’unica forma di pensiero che la Scuola ha il dovere di promuovere: troppo spesso la creatività viene tralasciata perché considerata di importanza secondaria, nonostante gli studi dimostrino come possa essere uno strumento fondamentale di inclusione e di lotta all’abbandono scolastico. Tutt’altro, i ragazzi e le ragazze devono avere la possibilità di sviluppare anche l’emisfero destro del proprio cervello, di poter sviluppare, parallelamente al pensiero razionale, quello creativo, dando uno spazio maggiore al linguaggio e all'espressione artistici.

Scrivevamo che anche la rappresentanza studentesca può avere un ruolo fondamentale nella crescita e nell’educazione degli studenti. È così: può garantire competenze che altrimenti difficilmente la didattica tradizionale potrebbe sviluppare. La capacità di creare una comunità, di rispettarne le regole, di aiutarsi l’un l’altro, l’impegno civico, l’organizzazione di fenomeni partecipativi e di eventi sono soltanto alcuni esempi. Inoltre la rappresentanza, anche quella dei genitori, è indispensabile a rendere concreta la “comunità educante”. Servono nuove regole e strumenti per promuoverla, abbiamo provato nelle prossime pagine a portarne alla luce alcuni.

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Ecco quindi alcuni dei punti su cui ci siamo impegnati e su cui abbiamo avanzato delle proposte, che troverete nelle prossime pagine. Ma non basterebbero. Per fare in modo che tutto quanto avete appena letto non sia solo un libro dei sogni, ma un programma di riforma, sono necessarie due cose: l’autonomia scolastica e i finanziamenti.

L’autonomia scolastica permette alle scuole di prendere in autonomia alcune scelte, di tipo organizzativo e didattico. È il modello corretto per introdurre i cambiamenti che stiamo proponendo: la Scuola infatti non è un comune ufficio della pubblica amministrazione, gli insegnanti non sono impiegati e gli studenti e le famiglie non sono clienti. È una realtà assai più complessa, che richiede meccanismi differenti. L’autonomia scolastica è proprio questo: un modello di governance, ancora più naturale in una Provincia che fa dell’autonomia la propria ragione di esistere. Per di più, questa gestione maggiormente decentrata e a responsabilità diffusa potrebbe fornire nuova linfa alla nostra Autonomia provinciale, promuovendo sempre più il motto "fare da sè per fare meglio". Tuttavia da sola non basta, l’autonomia è monca senza responsabilità e senza valutazione. Questo modello di governo della Scuola richiede infatti di distribuire responsabilità certe per fare in modo che i ruoli e le mansioni vengano definiti in modo chiaro. D’altra parte affidare delle responsabilità in un contesto di autonomia implica anche una rendicontazione, che deve coinvolgere i dirigenti scolastici, gli insegnanti e le stesse scuole. Introdurre meccanismi di valutazione nella Scuola è particolarmente complesso, proprio per via della specialità di un’istituzione che non si basa sull’efficienza e sul raggiungimento di obiettivi quantificabili, ma su un patrimonio prezioso quanto difficile da misurare: quello delle

Numeri della Scuola trentina

Studenti 70.514

Scuola primaria

27.131

Pagamento diretto stipendi

507.266.248 €

Contributo a enti accreditati

132.864.752 €

Investimenti

18.995.240 €

Spese funzionamento strutture PAT

16.093.400 €

Scuola secondaria di primo grado

16.636

Scuola secondaria di

secondo grado

20.653

Formazione professionale

6.094

Finanziamenti 675.219.640 €

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relazioni e dell'educazione. Eppure è possibile, i dirigenti scolastici in Trentino da molti anni sono valutati. Per il Partito Democratico del Trentino la valutazione dovrà riguardare anche gli insegnanti, attraverso un processo serio, condiviso e articolato, che prenda in considerazione più criteri e che non sia esclusivamente in mano al dirigente scolastico. La valutazione, tuttavia, avrà un reale effetto migliorativo sul sistema scolastico solo a patto di agganciarla allo sviluppo della carriera, e di farne quindi un elemento non sporadico ma sistemico, che consenta di motivare i docenti e di attrarre nella Scuola i giovani più talentuosi, perché dalla qualità delle persone che metteremo in cattedra dipende gran parte del futuro del nostro territorio.

Capitolo fondi: è chiaro che le 60 proposte concrete che abbiamo riportato in questo documento non sono a costo zero. Come è chiaro che il Trentino investe già una somma considerevole in istruzione 3, ben 675 milioni di Euro a fronte di un budget provinciale di circa 5 miliardi, che difficilmente potrà essere rivisto al rialzo in tempi di riduzione della spesa pubblica. Quindi, per finanziare le innovazioni che proponiamo - dal sistema di valutazione triennale degli insegnanti all’aggiornamento specifico e personalizzato - serve stringere un patto con il mondo della Scuola, con docenti, dirigenti, famiglie, studenti, e con il territorio. Secondo il Partito Democratico è necessario rivedere le priorità, le voci di spesa. Essenziale che i risparmi derivanti da ogni taglio della spesa scolastica vengano ridestinati all’istruzione, innestando un circolo virtuoso di revisione della spesa, e che le forme di redistribuzione della spesa vengano condivise il più possibile con chi vive la scuola ogni giorno, e quindi può meglio individuare livelli minimi e voci irrinunciabili, ma anche sprechi e inefficienze. Inoltre, una Scuola più aperta al rapporto con il territorio significa anche che le istituzioni, le imprese, le cooperative, le associazioni, i singoli cittadini devono farsi carico anche delle esigenze finanziarie della Scuola, integrando - e non sostituendo - i finanziamenti pubblici della Provincia autonoma.

Il sistema educativo è una ricchezza che ha permesso al Trentino di crescere culturalmente ed economicamente negli ultimi decenni. Tanto quanto il passato, anche il futuro del nostro territorio è legato alla qualità della Scuola che riusciremo a costruire. Rendere la Scuola trentina un’eccellenza europea è la più grande occasione di crescita e di sviluppo - non solo economico - della nostra Provincia. Per questo motivo il PartitoDemocratico del Trentino si è impegnato e si impegnerà a collaborare a costruire la nuova Scuola trentina, delle valli e delle città, insieme a tutti coloro che vorranno essere coinvolti. 3 Anche se in diminuzione, IPRASE indica un trend decrescente dei finanziamenti agli istituti scolastici del -8,3% tra il 2010 e il 2012, working paper “Entrate e spese delle scuole trentine - Un’analisi dei flussi finanziari nei bilanci delle istituzioni scolastiche” di Tommaso Agasisti e Mara Soncin.

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I l percorso partecipativo “Una nuova Scuola per il Trentino” dimostra plasticamente quali sono le potenzialità di questo nostro Partito. Un Partito capace di essere vivace e allo stesso tempo competente,

coraggioso e allo stesso tempo responsabile; di ascoltare ed esprimere punti di vista e sensibilità differenti, coniugandoli poi in una visione condivisa.

Queste 102 pagine di riflessioni e di idee per il futuro del nostro sistema educativo ne sono la dimostrazione. Sessanta donne e uomini, del PD ma non solo, si sono incontrati per elaborare le proposte, trovando ascolto e spazi di confronto con i Consiglieri e gli Assessori provinciali eletti. L’intera filiera del Partito - dall’elettore fino all’eletto, passando per il Coordinamento provinciale, l’Assemblea e i circoli - è stata coinvolta; tutti hanno collaborato attivamente. Perché questo è il modo di operare di un Partito che si definisce Democratico, e che dimostra di esserlo per davvero e non solo sulla carta. Non dimentichiamocelo mai: è il nostro elemento distintivo rispetto a tutte le altre forze politiche ed il nostro punto di forza, da mettere a disposizione della coalizione di centro-sinistra autonomista e del Trentino tutto.

Sergio BarbacoviSegretario provinciale del Partito Democratico del Trentino

COME ABBIAMO SCRITTO IL DOCUMENTO

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I l percorso del Partito Democratico “Una nuova Scuola per il Trentino”, che culmina con la pubblicazione di questo documento propositivo, parte ad ottobre 2015. Si tratta di un processo partecipativo

articolato ed approfondito, che pone l’obiettivo di elaborare una proposta politica organica ed innovativa in vista della revisione del sistema scolastico trentino. Abbiamo voluto farci trovare pronti, studiare gli argomenti e provare a offrire la nostra visione di Scuola. Lo abbiamo fatto assieme a più di 60 donne e uomini appartenenti alla cosiddetta “società civile”, insieme a chi nel Partito si occupa di Scuola e ai Consiglieri Provinciali, in particolare con Sara Ferrari e Lucia Maestri, poiché crediamo che dal basso possano giungere i migliori impulsi propositivi e critici, che poi la politica deve far propri e a cui deve offrire delle risposte. È stato un percorso caratterizzato dalla partecipazione e dalla trasparenza, il cui obiettivo era far sentire tutti inclusi, anche coloro che la pensano diversamente, cercando di fare sintesi e di mediare tra posizioni, istanze, prospettive diverse, nella consapevolezza che, quando si tratta un tema così complesso e delicato, i principi ispiratori devono essere il rispetto di ogni punto di vista e la ricerca di proposte responsabili e sostenibili Perché questo è il modo di lavorare di un Partito che si definisce Democratico.

Il progetto ha fin da subito coinvolto dirigenti scolastici, insegnanti, studenti e genitori, senza necessariamente la tessera del Partito Democratico in tasca. Quello che ci interessava erano le loro idee, non la loro appartenenza politica. Crediamo che nessuno meglio di chi la Scuola la vive ogni giorno conosca i suoi bisogni; bisogni a cui poi la politica deve trovare soluzioni assumendosene la responsabilità. Oltre a chi la Scuola la fa però abbiamo ritenuto importante coinvolgere anche altre professionalità, dagli architetti ai sociologi, dai professori universitari agli esperti di politiche giovanili, fino agli psicologi. Un mix di competenze ed esperienze che ci ha permesso di dar vita ad un dibattito di ampio respiro e ricco di stimoli, a tratti vivace, ma sempre animato dal desiderio di raggiungere un obiettivo comune. Organizzati in gruppi di lavoro tematici, lontani dai riflettori, ci siamo incontrati per mesi, ed abbiamo prodotto i contributi propositivi che sono andati a formare il presente documento. È stato un faticoso lavoro di studio, di analisi e di proposta; ma non ci siamo fermati qui, consapevoli che il lavoro interno non potesse bastare. Per questo abbiamo organizzato una serie di incontri da febbraio ad aprile, che tra gli altri hanno portato a Trento l’ex ministro Luigi

Logo dell'iniziativa "Una nuova Scuola per il Trentino".

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Berlinguer ed esperti della Fondazione Giovanni Agnelli di Torino.

Abbiamo voluto creare una proposta accessibile a tutti, non solo agli addetti ai lavori, partendo dagli spunti innovativi della Legge 107, la “Buona Scuola”, ma analizzandola con spirito critico e coniugando i suoi principi con le specificità del nostro territorio. Ciò che ci ha unito durante il percorso sono il comune desiderio e l’entusiasmo di voler cambiare le cose, e la consapevolezza che la Scuola è il luogo principe per determinare e modificare il Futuro. La Scuola è il motore dei cambiamenti della nostra società; molto passa dalle aule scolastiche. Proprio per questo riformarla è così difficile e delicato, e proprio per questo, per riuscirci, servono competenza, innovazione e responsabilità.

Questo documento ha dei limiti, ne siamo consapevoli. Ha tutti i limiti di un lavoro portato avanti da un gruppo spontaneo e non da un’organizzazione amministrativa, da volontari che hanno donato il loro tempo e le loro energie a questo progetto. Si tratta di un primo passo, che crediamo significativo per il metodo e per i contenuti. Non ci fermeremo certo qui: ascolteremo tutti i giudizi, le critiche, le proposte che ci vorrete inviare, discuteremo con tutti coloro che vorranno riflettere con noi di Scuola, durante gli incontri che organizzeremo sul territorio e attraverso il sito www.unanuovascuolaperiltrentino.it. La Scuola trentina ha bisogno di essere rivitalizzata, ha bisogno che le sue energie, che sono tante e forti ma che oggi spesso rimangono imbrigliate dalla burocrazia e da un’organizzazione non sempre efficiente, possano circolare liberamente e mescolarsi. Il nostro obiettivo è stato questo: liberare le energie, metterle in circolo, crearne di nuove. A voi il giudizio se ci siamo riusciti.

Lorenzo BorgaCoordinatore di “Una nuova Scuola per il Trentino”

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Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una

nuova Scuola

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PROPOSTE CONCRETE

# 1 Tenere conto nella stesura del piano triennale dell'offerta formativa anche delle priorità emerse dal RAV e dal piano di miglioramento;

# 2 Recepire in toto il curriculum dello studente per il riconoscimento delle competenze acquisite;

# 3 Garantire il diritto agli studenti del secondo ciclo, nel triennio,di scegliersi almeno una piccola parte del curricolo, nell’ottica di una didattica più flessibile e personalizzata per ogni alunno;

# 4 Stabilire che gli insegnanti devono entrare in ruolo dopo l'abilitazione ottenuta con apposito percorso di specializzazione post lauream, comprendente sia lezioni teoriche che tirocini;

# 5 Stabilire che l'accesso al ruolo indeterminato deve avvenire unicamente attraverso meccanismi concorsuali banditi con cadenza regolare;

# 6 Garantire il rapido passaggio in ruolo per gli insegnanti abilitati;

# 7 Istituire una graduatoria unica degli abilitati TFA e PAS per i soli incarichi a tempo determinato, al fine di superare il vituperato meccanismo della chiamata per SMS;

# 8 Prevedere ambiti territoriali dell’ampiezza delle Comunità di Valle;

# 9 Impiegare il nuovo organico di potenziamento, già previsto dalla normativa provinciale, in parte per il raggiungimento di alcuni obiettivi di sistema, in parte per la progettualità dei singoli istituti;

# 10 Rivedere le modalità di recupero delle ore degli insegnanti, all’insegna di una maggiore integrazione e flessibilità;

# 11 Disporre uno staff del dirigente competente, formato e riconosciuto, anche contrattualmente, a cui poter delegare anche funzioni di una certa responsabilità;

# 12 Fare del coordinatore di classe il tutore anche degli studenti e delle famiglie, chiarendo le sue prerogative, formandolo adeguatamente e riconoscendogli un’indennità aggiuntiva;

# 13 Assicurare l’autonomia di ricerca degli istituti scolastici, promuovendo forme di collaborazione con l’Università e assegnando all’interno del corpo docenti la delega all’innovazione didattica.

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Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una nuova Scuola

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LA“BUONA SCUOLA”

L’AUTONOMIA NELLA “BUONA SCUOLA”Obiettivo dichiarato della Legge, al comma 1, è “dare piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della Legge n. 59/19971”.

L’autonomia s i conf igura come strumento per:

> Affermare il ruolo centrale della Scuola nella società della conoscenza;

> Innalzare i livelli di istruzione e competenze degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento;

> Contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali;

> Prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica;

> Realizzare una Scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva;

> Garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini.

Si tratta, naturalmente, di obiettivi di alto profilo e condivisibili, anzi auspicati, da qualsiasi cittadino; il vero problema è, semmai, la congruità degli strumenti e dei mezzi rispetto ai fini.

Infatti, l’autonomia delle istituzioni scolastiche non è una novità di questi mesi: è Legge da oltre 15 anni2. Ma, purtroppo, qualcosa non ha funzionato in questi anni e l’autonomia non ha garantito alla Scuola italiana il salto di qualità auspicato: i dati oggettivi,

1  Legge n. 59 anno 1997, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.2  Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”.

le classifiche internazionali di rating delle competenze dei giovani italiani ci collocano stabilmente agli ultimi posti, oltretutto con forti squilibri territoriali. Per non parlare dei dati sulla dispersione scolastica, a dir poco imbarazzanti in vaste aree del Paese.

L’autonomia di fatto non è mai decollata realmente ed è tuttora un’incompiuta. Perché?

Le cause sono tante - dal tema della governance a quello dello staff del dirigente, dai curricoli ipertrofici alla mancanza di personalizzazione dei percorsi, dal reclutamento dei docenti alla mancata valorizzazione del merito, dal rinnovamento metodologico e didattico all’innovazione tecnologica - ma una, più di ogni altra, ha condizionato pesantemente la rea l i zzaz ione dell’autonomia scolastica: le risorse inadeguate assegnate alle scuole - durante la lunga stagione della politica dei tagli - hanno pesantemente condizionato la progettualità.

Nel frattempo il mondo è cambiato p rofo n d a m e nte e i l p ro ce s s o di global izzazione ha raggiunto rapidamente livelli impensabili solo un decennio fa. Oggi i ragazzi non competono più a livello provinciale o nazionale, ma a livello globale e il sistema formativo deve metterli in condizione di giocarsela alla pari con i coetanei di tutto il mondo. Una sfida non impossibile ma molto impegnativa, che richiede cultura del cambiamento, innovazione, risorse. Ben venga, dunque, il rilancio del tema dell’autonomia scolastica previsto dalla “Buona Scuola”, con l’auspicio che si “cambi verso” anche per quanto riguarda le condizioni necessarie a dare piena attuazione all’autonomia scolastica e a una Scuola più efficace nel rispondere ai bisogni di una moderna formazione.

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Cosa d ice l a Legge del 1999 sull’autonomia scolastica?

Si trattava di una norma, all’epoca, molto innovativa, che riconosceva alle scuole l ’autonomia per le seguent i f inal i tà : “l’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di l ibertà d’ insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguat i a i d ivers i contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento apprendimento”. Per queste finalità alle scuole venivano attribuite: la titolarità del piano dell’offerta f o r m a t i v a , l ’ a u t o n o m i a d i d a t t i c a , l’autonomia organizzativa, l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo.

IL DIRIGENTE NELLA “BUONA SCUOLA”

Uno dei motori del cambiamento è individuato nella figura del dirigente scolastico che la “Buona scuola” s i propone di rafforzare , anche conferendogli nuove responsabilità.

Per quanto riguarda il contesto trentino è inoltre necessario tentare di rendere più indipendente il dirigente scolastico rispetto al potere politico, ad oggi troppo influente sul loro operato.

Il comma 78, dell’articolo 1, della Legge 107/2015, definisce il profilo del dirigente scolastico in questi termini: “Il dir igente scolastico, nel r ispetto delle competenze degli organi collegiali, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio, garantisce un’efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, nonché gli elementi comuni del sistema scolastico pubblico, assicurandone il buon andamento. A tale scopo, svolge compiti di direzione, gestione, organizzazione e coordinamento ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio secondo quanto previsto

dall’articolo 25, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché della valorizzazione delle risorse umane.”

• Al dirigente scolastico sono attribuiti, dunque, nuovi poteri, in particolare:

• Definisce gli indirizzi per il piano triennale dell’offerta formativa;

• Individua le imprese per l’alternanza scuola lavoro e st ipula le relat ive convenzioni;

• Scegl ie i docent i , proponendo gl i incarichi ai docenti inclusi negli ambiti territoriali;

• Uti l izza i docent i anche per al t r i insegnamenti, purchè in possesso del titolo di studio;

• Utilizza l’organico dell’autonomia per sdoppiare le classi;

• Assegna il bonus ai docenti meritevoli.

Contestualmente all’attribuzione di nuovi poteri il dirigente scolastico è chiamato a rendere conto del suo operato e soggetto a valutazione, in relazione ai risultati ottenuti (in Trentino ciò avviene già da 15 anni).

RENDERE REALTÀ L’AUTONOMIA

Sulla base di queste premesse il Partito Democratico del Trentino intende esprimere alcune considerazioni e proposte.

Il rilancio dell’autonomia scolastica e i l rafforzamento del ruolo del dirigente scolastico sono due obiettivi condivisibili che possono concorrere al miglioramento della qualità della scuola.

Ma , come g ià ant ic ipato , non bastano le dichiarazioni di principio, per tradurle in processi real i di cambiamento occorre garantire alcune condizioni di sistema, che tengano conto anche delle specificità del sistema scolastico trentino.

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Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una nuova Scuola

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IL PIANO TRIENNALE DELL’OFFERTA FORMATIVA, COSA CAMBIA?

I l p i a n o t r i e n n a l e d e l l ’of fe r t a f o r m a t i v a 3 è i l d o c u m e n t o fondamentale costitutivo dell’identità c u l t u r a l e e p ro g e t t u a l e d e l l e istituzioni scolastiche ed esplicita l a p r o g e t t a z i o n e c u r r i c o l a r e , e x t r a c u r r i c o l a r e , e d u c a t i v a e organizzativa che le singole scuole adottano nel l ’ambito del la loro autonomia.

A livello nazionale si tratta di una novità; in Trentino ricalca, per molti aspetti, il progetto di istituto4. Le uniche novità sostanziali, per il Trentino, riguardano due aspetti: la previsione delle risorse e l’iter di approvazione. Si tratta di due aspetti molto delicati e che impattano sui ruoli e le responsabilità degli organi della Scuola (Dirigente, Consiglio di Istituto e Collegio docenti).

In relazione all’iter di approvazione, la Legge 107 assegna al dirigente scolast ico i l compito di definire gli indirizzi di polit ica scolastica, competenza attribuita attualmente al Consiglio dell’Istituzione.

I n q u e s t o m o d o p e rò - p u r condividendo l’intento di rafforzare i l ruolo e la responsabi l i tà del dirigente scolastico - si rischia di generare confusione tra potere di indirizzo e potere di gestione, poteri che è opportuno restino separati. È importante che gli indirizzi restino di competenza di un organo collegiale, plurale e rappresentativo di tutte le componenti della comunità scolastica e che il Consiglio dell’Istituzione , dunque, continui ad esercitare i l ruolo di organo di indirizzo. Peraltro, su un piano puramente pragmatico, gli indirizzi hanno più forza se sono

3  Previsto dalla Legge n. 107 anno 2015, c. 12.4  Previsto dalla Legge provinciale n. 5 anno 2006, art. 18.

espressione della volontà di un organo collegiale.

Il punto di sintesi tra queste due es igenze è rappresentato dal la seguente proposta: mantenere in capo al Consiglio dell’Istituzione il compito di approvare gli indirizzi, attraverso un coinvolgimento precedente anche degli organi collegiali rappresentativi di docenti, genitori e studenti al fine di ottenere un iter partecipato e condiviso, e valorizzare il ruolo del dirigente scolastico assegnandogli il compito di proporre gli indirizzi al Consiglio dell’Istituzione.

In relazione al contenuto del piano triennale, si propone di mantenere il progetto di istituto, come documento costitutivo dell’identità dell’istituzione scolastica, che esplicita le scelte culturali, progettuali e organizzative, prevedendone la durata triennale. Sull’individuazione delle priorità nel piano triennale dell’offerta formativa, sarà necessario porre innanzitutto l ’accento sulla necessità di una pianificazione didattica armonica e non frammentata, nella quale ciascun progetto e linea di intervento contribuisca in modo significativo al conseguimento degli obiettivi educativi trasversali fondamentali e al potenziamento delle competenze, delle conoscenze e delle abilità degli studenti. A tal fine, è necessario che nel processo di stesura del piano triennale dell’offerta formativa venga tenuto conto anche delle priorità emerse dal rapporto di autovalutazione (RAV) e dal successivo piano di miglioramento5: strumenti, questi, che a livello provinciale ancora attendono una chiara definizione.

Per quanto riguarda la questione delle risorse necessarie all’attuazione del

5  Strumenti di valutazione degli istituti scolastici previsti dalla “Buona Scuola”,

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progetto d’Istituto esse possono essere definite in un documento specifico, un piano attuativo integrativo predisposto dal dirigente scolastico e approvato dal Consiglio dell’Istituzione.

In questo modo si evita la confusione tra organo di indirizzo e organo di gestione, si salvaguarda il ruolo di indirizzo del Consiglio dell’Istituzione evitando di appiattirlo sul dirigente, si potenzia il ruolo della dirigenza assegnandogli il potere di proposta sia degli indirizzi sia della quantificazione delle risorse.

LE DISCIPLINE OPZIONALI, UN DIRITTO

Nel contesto della revisione del progetto di istituto è opportuno che venga disciplinata la questione delle discipline opzionali - trattata approfonditamente anche dalla Legge 107 - che potrebbero garantire quella flessibilità nel curricolo che proponiamo per la Scuola media 6anche per le Scuole secondarie di secondo grado. Si tratta di una modalità senz’altro utile per meglio intercettare i bisogni formativi di ciascuno studente, nella prospettiva di una didattica maggiormente inclusiva, flessibile e attenta alla valorizzazione del singolo, a patto - tuttavia - di non intenderla come un mero prolungamento del tempo scuola7. È necessario invece pensare ad un sistema basato su un’offerta maggiormente divers i f icata e ragionata; una “scuola aperta” che diventi luogo educativo e centro culturale, e che non sia intesa unicamente come moltiplicazione dei moduli orari di lezione.

La combinazione tra le attività di potenziamento del tempo scolastico e il tradizionale modello dei quadri orari,

6 Come proponiamo per la Scuola secondaria di primo grado, al capitolo "Scuola Media, da anello debole a punto di forza" a pagina 47.7  È infatti evidentemente e chiaramente dimostrato che, in ogni ordine di scuola, l’aumento quantitativo del monte-ore non significa automaticamente un miglioramento dell’apprendimento.

inoltre, per essere efficace deve essere attentamente calibrata e pianificata. La partecipazione degli studenti ad ulteriori attività, inoltre, deve essere opportunamente r iconosciuta in termini valutativi , attraverso lo strumento del curriculum dello studente. È quindi necessario andare oltre le dichiarazioni di principio, occorre creare le condizioni affinché il protagonismo degli studenti possa trovare reale possibilità di espressione. Attualmente, l’unica libertà concessa agli studenti riguarda l’insegnamento della religione cattolica8, rispetto alla quale possono decidere di non avvalersi. È ora, dopo tante chiacchiere sulla centralità dello studente, che agli alunni del secondo ciclo, nel triennio, sia data almeno la possibilità di scegliersi una piccola parte del curricolo. Ciò, oltre a responsabilizzarli, offrirebbe loro una possibilità concreta di soddisfare i propri interessi culturali e, al tempo stesso, preziosi elementi per l’orientamento. Nell’ottica di un futuro incremento delle possibilità d i f less ib i l i tà , grazie al l ’ut i l izzo dell’organico di potenziamento, già oggi le scuole possono utilizzare le cosiddette “ore libere” già previste dai piani di studio provinciali9, oltre ai normali strumenti legati alla flessibilità. Bisognerebbe prevedere, ad esempio, che al la def in iz ione del l ’offerta opzionale possano concorrere - almeno attraverso l’espressione di un parere - la Consulta degli Studenti e quella dei Genitori e che agli studenti siano offerte almeno due opzioni tra cui scegliere. Essere in condizione di scegliere almeno tra due discipline opzionali deve essere un diritto per lo studente.

8  A questo proposito, sarebbe ora di indirizzarsi sempre più verso una disciplina che guardi alla storia delle religioni e allo studio teologico. L’insegnamento alla religione cattolica, come impostato oggi, non si adatta più alle esigenze di una società laica e multiculturale. Il Trentino, ancora una volta, può dimostrarsi laboratorio innovativo.9  Sono previste 2 ore settimanali nei licei e 4 ore negli istituti tecnici e nella formazione professionale.

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Cosa dice la “Buona Scuola” sugli insegnamenti opzionali? Nella Legge 10710 si parla di potenziamento del tempo scolastico anche oltre i modelli e i quadri orari, in particolare al comma 28 la Legge dice che “le scuole secondarie di secondo grado introducono insegnamenti opzionali nel secondo biennio e nell’ultimo anno anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità. Tali insegnamenti, attivati nell’ambito […] dei posti di organico dell’autonomia assegnati sulla base dei piani triennali dell’offerta formativa, sono parte del percorso dello studente e sono inseriti nel curriculum dello studente, che ne individua il profilo associandolo a un’identità digitale e raccoglie tutti i dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro, relativi al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico. […]”

NON C'È BUONA SCUOLA SENZA BUONI INSEGNANTI

Non c’è vera autonomia, né Buona Scuola, senza buoni docenti.

Purtroppo la storia della Scuola italiana è caratterizzata dalla mancanza di una politica razionale, lungimirante ed efficace del reclutamento. I concorsi non sono mai stati previsti e svolti con regolarità; ciò ha portato al formarsi, ciclico, di nuovo precariato e all’immissione in ruolo per diritti acquisiti. Naturalmente non è colpa dei docenti, che anzi sono stati le vittime di questa situazione. L’auspicio del Partito Democratico è che a partire dalla “Buona Scuola” e dal piano straordinario delle assunzioni, eliminate a livello nazionale le Graduatorie Ad Esaurimento11, si possa aprire una fase nuova che consenta l’indizione regolare dei concorsi. Si tratta di un passaggio fondamentale per attrarre alla professione docente persone giovani, motivate, di alto livello.

10  Legge n. 107 anno 2015, cc.3b, 7n, 28.11  Le GAE, chiamate Graduatorie per Titoli in Provincia di Trento (GPT).

Insegnare dovrà essere, in futuro, sempre più una scelta professionale e non un ripiego12.

La questione della qualità delle risorse professionali può essere affrontata in relazione a cinque aspetti specifici, la cui soluzione positiva può migliorare in modo significativo la situazione delle scuole. In particolare:

> La questione legata al reclutamento dei docenti;

> La questione della chiamata da parte del dirigente scolastico e la costituzione degli ambiti territoriali;

> La questione legata all’organico di potenziamento;

> La questione legata alla modalità di recupero delle ore;

> La questione legata alle diverse figure strumentali.

IL RECLUTAMENTO E LA FORMAZIONE

Attraverso la formazione e i l reclutamento degli insegnanti passa gran parte della qualità della Scuola di domani. A questo proposito, la “Buona Scuola”13 ha mosso un passo importante, ipotizzando un sistema unico che riordini la frammentazione del quadro attuale, ancorando in modo saldo i due momenti - finora distinti - della formazione e del reclutamento.

Anche in Trentino dovrà essere quindi stabilito, in modo definitivo e senza ulteriori deroghe, il principio per cui:

> L’insegnamento deve essere svolto da insegnanti abilitati attraverso apposito percorso di specializzazione post lauream, comprendente sia lezioni teoriche che tirocini;

12 Proprio come proponiamo nel capitolo "La professione Docente" a pagina 29.13  Legge n. 107 anno 2015, c. 181, 5, b).

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> L’accesso al ruolo a tempo indeterminato deve avvenire (una volta esaurite definitivamente le Graduatorie per Titoli attualmente in vigore) unicamente attraverso meccanismi concorsuali.

Fondamentale è allora che - nella progettazione dei percorsi di abilitazione post lauream - si presti la massima attenzione al reale potenziale di assorbimento in organico del sistema scolastico, cioè al principio del fabbisogno. Va evitata nel modo più assoluto la creazione di precari abilitati senza prospettive immediate di assunzione in ruolo, cioè proprio ciò che ha portato alle pesanti distorsioni che stiamo tentando di sanare in questi mesi.

A questo proposito, la Legge 107 prevede un percorso invertito rispetto a quello attuale: non più la partecipazione ad una scuola di specializzazione (TFA14, PAS15) e in un momento successivo il concorso per l’accesso al ruolo, ma prima il concorso e poi, per i soli vincitori, un periodo triennale di formazione e insegnamento, al superamento del quale è garantita l’assunzione a tempo indeterminato.

Ci sembra una soluzione ottimale, purché il triennio successivo al concorso comporti un percorso di formazione serio e approfondito, equiparabile a quelli istituiti in passato con i percorsi SSIS16 e TFA, e una reale valutazione delle attitudini del futuro insegnante.

14  Percorso di abilitazione attivato nel 2013 nell’ottica di legare l’ottenimento del contratto a tempo indeterminato alla vittoria di un concorso. Il corso di abilitazione prevede una durata di 2 anni ed un test d’ingresso. I numeri dei docenti coinvolti sono stati piuttosto fedeli al fabbisogno.15  Percorso di abilitazione attivato nel 2013 per tutti quei docenti che facevano parte delle graduatorie d’istituto, cioè coloro che avevano prestato servizio per almeno 3 anni nella Scuola anche se sprovvisti di titolo di abilitazione. Per gli abilitati PAS, come per i TFA e differentemente dai SSIS, è necessario comunque il passaggio del concorso. I numeri dei docenti coinvolti, trattandosi di una vera e propria sanatoria, non corrispondono al fabbisogno.16  Percorso di abilitazione dalla durata di 3 anni, attivo dal 2000 al 2008, il cui superamento prevedeva l’ottenimento diretto dell’assunzione a tempo indeterminato, senza necessità di concorso. Gli abilitati in attesa di ottenimento del contratto indeterminato vanno a riempire le Graduatorie per Titoli (GPT). Oggi, non essendo più prevista l’abilitazione SSIS, tali graduatorie sono chiuse e vi è solo un movimento in uscita grazie alle stabilizzazioni progressive.

La qualità della Scuola passa anche attraverso il riconoscimento della dignità del lavoro degli insegnanti, e il loro diritto ad una condizione lavorativa il più possibile stabile e priva di incertezze, seppur sottoposta a valutazione17. I nostri studenti hanno bisogno di insegnanti motivati ed entusiasti del proprio lavoro, che è il più bello al mondo: formare i cittadini di domani. La discontinuità didattica provocata da un eccessivo ricorso a docenti precari, peraltro, rappresenta un punto di grande debolezza del nostro sistema. Pertanto secondo il Partito Democratico del Trentino sono necessari due capisaldi:

> I concorsi dovranno essere banditi in modo regolare;

> L’ottenimento dell’abilitazione all’insegnamento dovrà tradursi nella certezza di una rapida assunzione a tempo indeterminato. In tutti i modi, infatti, va evitato il ripetersi dell’attuale situazione, con docenti abilitati che, pur avendo i titoli per essere assunti a tempo indeterminato, rimangono precari per dieci, quindici anni, o anche di più.

Anche la qualità di insegnamento dei docenti precari, peraltro, va il più possibile garantita. A tale scopo, nell’immediato riteniamo opportuno istituire una graduatoria unica degli abilitati TFA e PAS per i soli incarichi a tempo determinato, assegnando le cattedre disponibili per tutto l’anno mediante la convocazione dei docenti abilitati TFA e PAS entro la fine di agosto presso il Dipartimento della Conoscenza. Potrebbe essere usato lo stesso meccanismo attualmente in uso per l’assegnazione degli incarichi a tempo determinato agli iscritti alle Graduatorie per Titoli, e in coda rispetto ad esse, anziché delegare il reclutamento dei docenti iscritti nella seconda fascia delle

17 Valutazione che proponiamo nel capitolo "La professione Docente" a pagina 29.

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Graduatorie di Istituto18 - ovvero gli abilitati TFA e PAS - ai singoli Istituti, mediante il sistema degli SMS. Un sistema per il quale ciascun docente viene contattato direttamente - attraverso un SMS - da ogni singolo Istituto che abbia incarichi da offrire, ed è costretto ad accettare o meno la proposta senza sapere né se la stessa proposta verrà accettata da chi lo precede in graduatoria (e quindi non sarà, per lui, realmente disponibile), né se nei giorni successivi gli verranno offerti incarichi da altri Istituti.

Questo avrebbe vantaggi per tutti. Renderebbe il sistema più trasparente ed equo: ciascun docente potrebbe scegliere in base alla sua posizione in graduatoria e avendo chiaro il quadro completo di tutti i posti disponibili, anziché rispondere al buio alle proposte inviate tramite SMS soltanto da alcune scuole (attualmente i docenti abilitati PAS e TFA sono inseriti nelle graduatorie d’Istituto, con un tetto massimo di 15 Istituti per ciascun docente). Permetterebbe inoltre di iniziare l’anno scolastico con la maggior parte delle cattedre già assegnate e ridurrebbe il lavoro delle segreterie e degli staff dei dirigenti scolastici, con un costo aggiuntivo praticamente nullo per l’Amministrazione.

AMBITI TERRITORIALI, UNA RIVOLUZIONE

La chiamata da parte del dirigente si tratta di una delle innovazioni più forti previste dalla “Buona Scuola”. Nel merito è opportuna una riflessione attenta, in vista del possibile recepimento della norma.

È positivo il superamento della rigidità della titolarità legata alla singola istituzione scolastica, con l’istituzione degli ambiti territoriali da cui il dirigente scolastico può attingere per portare nel

18  Le graduatorie d’istituto raccolgono tutti quei docenti precari che vengono chiamati direttamente dagli istituti per coprire le supplenze che non si riescono a coprire con chi fa parte delle GPT. Per entrare a far parte di queste graduatorie, e quindi poter coprire tali supplenze, è necessario il solo titolo di laurea; ne fanno parte attualmente gli abilitati TFA e PAS.

suo istituto docenti con un profilo più adeguato all’attuazione del progetto di istituto; ciò dinamizza il sistema e può costituire un positivo elemento di stimolo per i docenti competenti e competitivi che possono vedere riconosciuta la loro professionalità e dunque un incentivo a continuare a studiare, a formarsi, a sviluppare le competenze di quel docente attivo, riflessivo, ricercatore, innovatore di cui la Scuola ha tanto bisogno. Inoltre, la norma attribuisce al dirigente scolastico una responsabilità importante in quanto può costituirsi - almeno in parte - un organico che risponde ai requisiti professionali necessari per l’attuazione del progetto di istituto. Ciò naturalmente lo rende ancor più responsabile rispetto ai risultati del servizio scolastico e al raggiungimento degli obiettivi previsti, e richiede quindi una valutazione ancora più strutturata e basata su criteri oggettivi e trasparenti.

Tuttavia la proposta non è priva di rischi , le cui conseguenze vanno adeguatamente considerate dal legislatore provinciale qualora si scelga di recepire la norma nazionale.

Una prima criticità risiede nell’ampiezza dell’ambito territoriale. Si tratta di un aspetto molto delicato in quanto si devono contemperare due aspettative, entrambe legittime: la possibilità del dirigente scolastico di scegliere da un ambito significativamente ampio e la necessità di evitare un’eccessiva destabilizzazione della sede di lavoro dei docenti. Il punto di equilibrio va individuato nella dimensione dell’ambito. Su questo aspetto influisce anche la diversa distribuzione territoriale degli istituti del primo ciclo e del secondo ciclo: se per gli ambiti del primo ciclo si può pensare ad ambiti territoriali corrispondenti ad una Comunità di Valle o a due Comunità di Valle confinanti, per il secondo ciclo, per avere un numero di istituzioni scolastiche e una massa critica

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di docenti significativi, bisognerà pensare ad ambiti necessariamente più vasti.

Una seconda criticità riguarda le scuole di periferia. Già oggi le scuole periferiche hanno organici più ballerini, con un accentuato turn over annuale; condizione che compromette la continuità della loro progettualità. Il rischio è che i docenti migliori tendano ad andare, legittimamente, nelle scuole più centrali, più attrattive, depauperando ulteriormente la qualità delle risorse professionali delle scuole periferiche e, di conseguenza, del servizio offerto. La Giunta provinciale, nel recepimento della norma, dovrà porre la propria attenzione su tali problematiche e tendere a valorizzare al massimo le potenzialità che esistono e sono consistenti.

La “Buona Scuola” 19 prevede la creazione dei cosiddetti ambiti territoriali, all’interno dei quali è ripartito l’organico di potenziamento. “L’organico dell’autonomia comprende l’organico di diritto e i posti per il potenziamento, l’organizzazione, la progettazione e il coordinamento, incluso il fabbisogno per i progetti e le convenzioni […].”

POTENZIARE L’ORGANICO PER POTENZIARE LA SCUOLA

Uno dei motivi fondamentali per cui l’autonomia scolastica non è stata in grado di dare le risposte di qualità che ci si attendevano va ricercato nella mancanza di un organico adeguato, anche in termini quantitativi, alle sfide a cui, via via, la Scuola veniva chiamata.

H a p o c o s e n s o p a r l a r e d i personalizzazione, di classi aperte, d’insegnamento per gruppi di livello, quando le risorse assegnate sono appena sufficienti a garantire le lezioni frontali.

Rispetto a questo scenario la “Buona Scuola” rappresenta un’obiett iva inversione di tendenza : l’organico dell’autonomia viene integrato con l’organico per il potenziamento.

19  Legge n. 197 anno 2015 - c. 68.

Si tratta di una prospettiva molto interessante, anche per la Scuola trentina, che ha compiuto un primo passo in questo senso con il nuovo piano assunzionale programmatico per il triennio 2016-201920.

Ciò consentirebbe alla Provincia e alle scuole di dare concreta attuazione a una serie di progettualità altrimenti difficilmente realizzabili, come quelle previste anche dal nostro documento riguardo all’alternanza scuola lavoro21 ed alla riforma della Scuola secondaria di primo grado22.

Rispetto alle modalità di attuazione dell’organico per il potenziamento in Trentino si potrebbero prevedere due ambiti: una parte dell’organico potrebbe essere destinato ad alcuni obiettivi di sistema - l’orientamento, l’attuazione delle opzionalità, l’alternanza scuola lavoro e la riduzione del numero di alunni e di studenti per classe23 per evitare le cosiddette “classi pollaio” - una seconda parte potrebbe essere assegnato alle scuole in funzione della loro specifica progettualità, privilegiando quelle più innovative.

LE MODALITÀ DI RECUPERO DELLE ORE SONO DA RIVEDERE

Nella Provincia di Trento si rende necessaria una riflessione approfondita riguardo alle modalità, attualmente in vigore, di recupero delle ore derivanti dalla definizione delle unità di lezione di 50 minuti. Secondo il Partito Democratico del Trentino dovranno essere riordinate e integrate nella normativa relativa alla pianificazione triennale e al potenziamento scolastico, in modo tale che l’ampliamento dell’offerta scolastica si trasformi in un effettivo potenziamento

20  Previsto dal nuovo “Piano assunzionale programmatico per il personale docente anni scolastici 2016/2017 - 2017/2018 - 2018/2019” contenuto nella delibera n. 269 del 4/03/2016.21 Ne scriviamo al capitolo "Per una Scuola fondata (anche) sul Lavoro" a pagina 37.22 Le nostre proposte al capitolo "Scuola Media, da anello debole a punto di forza" a pagina 47.23  Anche attraverso la divisione del classico gruppo classe in gruppi più piccoli, ad esempio per fasce di livello, al fine di promuovere modalità didattiche maggiormente partecipate ed inclusive.

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didattico, che vada a intercettare gli obiettivi formativi in modo efficace per gli studenti.

Le modalità di recupero delle ore derivanti dalla definizione delle unità di lezione di 50 minuti dovrebbero dunque essere ripensate nella direzione di una maggiore flessibilità nel loro utilizzo, che consenta di impiegarle - oltre che per le attività direttamente rivolte agli studenti - anche per l’organizzazione dei rapporti con il territorio, per l’organizzazione e la supervisione di attività di peer-education, per la pianificazione didattica, per le attività legate al ruolo di coordinatore di classe.

Tale flessibilità potrebbe e dovrebbe trovare nel nuovo strumento fornito dal piano triennale dell’offerta formativa la sede per una propria verifica, e per una pianificazione delle attività ammissibili per il recupero minuti più sistematica e meno frammentata.

LE FIGURE STRUMENTALI - LO STAFF DEL DIRIGENTE

Per attuare realmente l’autonomia non basta un dirigente solitario - per quanto bravo - ma serve una squadra di persone motivate e competenti.

Si tratta, probabilmente, di uno dei principali motivi per cui l’autonomia e la dirigenza non sono decollate come ci si attendeva, uno dei problemi più urgenti per il Partito Democratico da affrontare approfittando del recepimento provinciale della Buona Scuola.

Attualmente il dirigente scolastico è ingabbiato da tutta una serie di incombenze burocratiche, di minuterie quotidiane, di adempimenti e mediazioni che gli impediscono, di fatto, di dedicarsi e concentrarsi sugli aspetti qualificanti del suo ruolo professionale.

Ancora una volta si tratta di contemperare due esigenze: salvaguardare la libertà del dirigente scolastico di scegliersi i suoi collaboratori (trattasi di rapporto

fiduciario) e, al tempo stesso, di poter disporre di uno staff competente, formato e riconosciuto, anche contrattualmente, a cui poter delegare anche funzioni di una certa responsabilità.

In questa prospettiva bisognerebbe individuare alcune figure strategiche di sistema, come ad esempio il vicario, il referente per l’orientamento, il referente per l’innovazione metodologica e didattica, il referente per la gestione extrascolastica della scuola24 e il referente per l’alternanza25. Per ciascuna di queste figure andrebbe individuato un profilo professionale specifico - aggiuntivo rispetto a quello del docente comune -, andrebbe programmata e realizzata una formazione specifica da parte di Iprase, con certificazione finale delle competenze acquisite. In tal modo si metterebbero a disposizione delle istituzione scolastiche figure di sistema di alto profilo.

Parallelamente andrebbe definita contrattualmente un’ indennità di funzione da corrispondere per tutta la durata dell’incarico. Va da sé che la formalizzazione di uno specifico ruolo darebbe maggiore autorevolezza , responsabilità e visibilità a tutti quei docenti motivati e impegnati che, oggi, si sobbarcano ogni tipo di sacrifici, restando nell’ombra per una vita.

Questa è una sfida che il Trentino - in virtù della sua autonomia - può affrontare e vincere riprendendo quel ruolo di laboratorio dell’innovazione che tante volte ha svolto positivamente in passato.

LE FIGURE STRUMENTALI - IL COORDINATORE DI CLASSE

Oltre alle figure dello staff del dirigente, la revisione della Legge 107 potrebbe divenire l’occasione per meglio definire - sul piano giuridico e delle competenze - anche la figura del coordinatore di

24 Al riguardo approfondimenti al capitolo "Partecipazione studentesca in un mondo che cambia" a pagina 89.25 Per le proposte sull'alternanza scuola lavoro vedere il capitolo "Per una Scuola fondata (anche) sul Lavoro" a pagina 37.

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classe. Riconoscendone il ruolo nella gestione non soltanto degli aspetti burocratici , ma soprattutto delle problematiche relative al gruppo classe, alla pianificazione condivisa, all’orientamento, assegnandogli anche il compito di essere tutore degli studenti più in difficoltà. Ciò deve avvenire attraverso una chiara definizione delle sue prerogative a livello giuridico, che vada di pari passo con un riconoscimento del suo impegno orario che sia adeguato e omogeneo sul territorio provinciale, nonché con una valorizzazione della sua professionalità, anche mediante percorsi formativi ad hoc.

NON C’È BUONA SCUOLA SENZA ADEGUATE RISORSENon c’è vera autonomia senza risorse adeguate. Come già accennato, la Scuola ha attraversato almeno un decennio di continui tagli delle risorse.

Si tratta di invertire la rotta e ridare alle scuole le risorse necessarie per affrontare le sfide, sempre più impegnative, a cui sono chiamate a rispondere.

Si tratta, inoltre, di dare più forza e vero signif icato al l ’autonomia amministrativa, riconosciuta alle scuole, assegnando le risorse senza vincolarle a una destinazione specifica. Ogni scuola ha bisogni di spesa diversificati, in relazione alla sua storia, alle sue scelte, al suo contesto. Le scuole devono poter spendere liberamente le risorse disponibili, quelle assegnate annualmente ma anche quelle derivanti dall’avanzo di amministrazione, in funzione dei loro bisogni e del loro progetto formativo.

IL TRIANGOLO DELLA CONOSCENZA: SCUOLA-UNIVERSITÀ-RICERCA

Scuola, Università e ricerca, operano sostanz ia lmente oggi in modo autoreferenziale ; in prospett iva, dovranno operare sempre più in modo integrato , in quanto condividono un obiettivo strategico comune: la formazione delle risorse umane.

In futuro, secondo il Partito Democratico sarà necessario unificare la filiera istruzione, Università e ricerca, come già avviene in ambito nazionale con il MIUR e in conformità con l’attuale Dipartimento della Conoscenza, che ha al suo interno tutti e tre i settori ma che tuttavia ancora vede gli Assessorati separati. In questo contesto sarà più facile promuovere un più stretto rapporto di collaborazione tra Scuola e Università; gli ambiti di potenziale collaborazione sono tanti: didattica, curricoli , orientamento, alternanza scuola lavoro, formazione degli insegnanti solo per limitarsi ai più urgenti.

Un’altra problematica da affrontare con urgenza è l’autonomia di ricerca, di cui le scuole sono titolari da tanto tempo ma che è rimasta solo sulla carta. La ricerca didattica è strategica per il miglioramento della qualità dei processi di insegnamento e apprendimento, ma non si può improvvisare: ha bisogno di professionalità esperte. Si tratta di un ambito nel quale - in futuro - potrebbero essere esplorate due strade convergenti, facendo ricorso sia a professionalità esterne sia a risorse interne alla Scuola. Sul primo versante si potrebbero assegnare alle scuole, sulla base di uno specifico progetto di innovazione metodologica e didattica, ricercatori universitari per supportare scientificamente l’ innovazione. Sul piano interno si potrebbero formare dei docenti specialisti della ricerca didattica,

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che in prospettiva potrebbero fare da interfaccia tra il mondo della ricerca in ambito accademico e la scuola. Senza un investimento di questo tipo viene a mancare l’implementazione delle riforme e, come accaduto tante volte in passato, anche una buona riforma rischia di restare sulla carta.

L’AUTONOMIA RICHIEDE VALUTAZIONE

Autonomia non è autoreferenzialità: non c’è vera autonomia senza responsabilità e non c’è responsabilità senza valutazione e rendicontazione. Una scuola non è un’isola, ma una comunità strettamente ancorata al suo territorio, di cui è espressione.

La valutazione è il punto di partenza di ogni progettualità: si valuta per conoscere i punti di forza e le criticità, si conosce per migliorare e migliorarsi.

In questa prospettiva, la valutazione di cui la Scuola ha bisogno è uno strumento che consenta a ciascuna istituzione di riflettere criticamente sui processi messi in atto e sui risultati ottenuti, per progettare e attuare il miglioramento.

Le scuole non sono in gara tra di loro: ogni scuola appartiene a uno specifico territorio, ha le sue

peculiarità, ha la sua storia, ha i suoi legami con il suo territorio, ha le sue ricchezza da valorizzare, ha i suoi limiti da superare. Ogni scuola ha la sua sfida da vincere. La valutazione riguarda tutti gli attori coinvolti: dal dirigente, ai docenti, fino al personale amministrativo, tecnico e ausiliario.

Perciò la valutazione non è da immaginare solo come un’operazione interna al sistema ma aperta all’esterno, all’intera comunità, nella logica del bilancio sociale.

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La professione Docente

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PROPOSTE CONCRETE

# 14 Costruire una valutazione dei docenti strutturale ed organica che consenta la progressione di carriera per i docenti;

# 15 Seguire il modello di formazione e reclutamento della “Buona Scuola”, ben articolato e ripensato rispetto al passato;

# 16 Rivedere il sistema di aggiornamento degli insegnanti, rendendo possibile una formazione specifica e personalizzata sulle esigenze del docente, anche in base alle carenze evidenziate nella valutazione e secondo le necessità del progetto d’istituto.

# 17 Istituire la figura del docente tutor, che possa affiancare i docenti in formazione, in anno di prova e gli specializzandi.

PROGRESSIONE DI CARRIERA E VALUTAZIONE

IL RUOLO DELL’INSEGNANTE NEL 2016Al giorno d’oggi, la scuola richiede al docente una professionalità complessa , che non si riduce più alla trasmissione di conoscenze, ma richiede numerose competenze alte e articolate.

Agli insegnanti, infatti, si richiede:

> Di rapportarsi con gruppi di allievi fortemente eterogenei, per ambiente socio-culturale e modalità di apprendimento, e di attivare rispetto ad essi

modalità educative inclusive e personalizzate, che tengano conto dei bisogni educativi di ciascuno;

> Di dialogare con il territorio e condividere il progetto formativo con le famiglie;

> Di avvalersi di modalità didattiche innovative e aggiornate, che comprendano l’uso delle nuove tecnologie e strategie di insegnamento cooperativo;

> Di dotare gli alunni, oltre che delle imprescindibili conoscenze, di competenze e strumenti trasferibili a tutti i campi della vita personale, sociale e lavorativa, realizzando così un apprendimento per la vita;

> Di ricoprire, all’interno dell’istituzione scolastica, ruoli di carattere organizzativo e gestionale - come lo staff del Dirigente, le figure strumentali e i coordinatori di classe - necessari nella scuola dell’autonomia.

Una figura professionale così complessa e articolata richiede la valorizzazione di numerosi aspetti, riguardanti non solo la dimensione disciplinare, ma anche competenze trasversali sul piano didatt ico e metodologico, comunicativo, gestionale.

VALUTAZIONE E CARRIERA PER MERITO: UN’ESIGENZA NON PIÙ ELUDIBILEIn un s imi le quadro, i l Part i to Democrat ico è convinto che la valutazione professionale dei docenti agganciata alla progressione di carriera è divenuta un’esigenza non più eludibile, di cui è necessario farsi carico già a partire dalla prossima tornata contrattuale.

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CONDIVIDERE LA VALUTAZIONE CON GLI INSEGNANTI

Sul piano politico, la storia recente - italiana e non solo - mette in luce le enormi resistenze che ogni tentativo di valutazione degli insegnanti ha provocato nella categoria: dal tentativo fallito del Ministro Berlinguer nel 1999, alle polemiche dell’anno scorso intorno alla “Buona Scuola”.

Sarà dunque necessario farsi carico in modo serio delle perplessità e dei timori della categoria, assicurando un sistema di valutazione obiettivo e trasparente, che riduca il rischio di favoritismi e discriminazioni. Contestualmente, sarà necessario invertire il paradigma vigente, nel quale la verifica del proprio lavoro viene avvertita come una procedura meramente punitiva, e ogni proposta di una valutazione sistematica viene percepita come un pretesto che prelude a tagli e decurtazioni stipendiali. Il Partito Democratico del Trentino propone perciò di andare oltre il provvedimento della “Buona Scuola” - basato su un meccanismo di semplice premialità - per costruire in Trentino un modello di valutazione maggiormente strutturato e completo.

Il principio dovrà essere quello di rendere la valutazione un’opportunità per l’insegnante, fino a farla diventare desiderabile: la valutazione dovrà essere uno strumento di valorizzazione che consenta di far emergere il lavoro sommerso dei docenti, premiando quelle specifiche competenze e quelle buone prassi che attualmente vengono spesso portate avanti in regime di gratuità, ben oltre le ore riconosciute per contratto. Sempre di più, l’insegnamento dovrà essere visto come una professionalità, e non solo come una vocazione.

A tal fine, è evidente che una positiva accettazione, nonché la stessa efficacia, del sistema della valutazione non possono prescindere da un significativo investimento economico

da parte dell’Amministrazione: non si può pretendere che gli insegnanti accettino di essere valutati senza che questo comporti un adeguato incentivo dal punto di vista economico.

Come sottolineato dal rapporto della Fondazione Giovanni Agnelli sulla valutazione della scuola1, infatti, per essere davvero efficace un sistema di valutazione deve essere compreso e condiviso dalla maggioranza degli insegnanti.

Cosa dice la Legge 107 sulla valutazione dei docenti?

I commi 126-130 della “Buona Scuola” istituiscono un fondo da 200 milioni all’anno per la valorizzazione del merito del personale docente. La distribuzione alle scuole terrà conto dei territori con maggiori criticità educative. Ogni anno il dirigente scolastico assegnerà i fondi ai docenti tenendo conto dei criteri stabiliti, in base a linee guida nazionali, da un apposito nucleo di valutazione composto da: dirigente, tre docenti, due genitori (dall’infanzia alle medie) oppure un genitore e uno studente (alle superiori) ed un componente esterno individuato dall’Ufficio scolastico regionale.

LA FASE SPERIMENTALE

Il PD propone che in una prima fase transitoria, la valutazione venga limitata ad una sperimentazione su base volontaria e/o a campione, che non sia penalizzante, ma solo premiante per i docenti coinvolti.

Tale fase sperimentale sarà necessaria perché il già esistente Comitato provinciale di valutazione del sistema educativo2 metta a punto - attraverso un processo trasparente e partecipato, che coinvolga anche gli stessi docenti - gli strumenti e le modalità di valutazione più adatte ed efficaci.

1  Fondazione Giovanni Agnelli, “La valutazione della scuola. A che cosa serve e perché è necessaria all’Italia” Laterza: Roma - Bari (2015).2  Per approfondimenti vedere del. n. 484 del 30/03/2015.

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PER UNA PROFESSIONE DOCENTE PIÙ ATTRATTIVAIl contratto attuale fa parti uguali fra diseguali, generando appiattimento (salariale e professionale) e frustrazione in molti docenti, e facendo sì che la professione di docente non sia ambita dai migliori laureati e non goda del giusto riconoscimento sociale.

Il tema non è nuovo - l’OCSE, già nel 2005, aveva lanciato un serio allarme con un’indagine3, in cui prospettava uno scenario a rischio per il sempre minor numero di laureati disposti a dedicarsi all’insegnamento - e si riflette anche sul piano educativo, perché spesso l’insegnante non viene avvertito dalla società, e quindi da famiglie e studenti, come un riferimento autorevole.

La tendenza può essere invertita in modo significativo solo applicando politiche in grado di premiare il merito, diversificando le carriere e svincolandole da criteri di mera anzianità: non è infatti più immaginabile un sistema di sviluppo professionale e di carriera che non sia ancorato anche alla valutazione del servizio.

La valutazione professionale, peraltro, non deve essere occasionale ed episodica, ma deve divenire una dimensione ordinaria e continua della funzione docente, sia per il personale a tempo indeterminato, sia per quello a tempo determinato con contratto annuale.

LA NOSTRA PROPOSTANel sistema attuale, la progressione di carriera dei docenti non comporta differenziazioni in merito a mansioni ed orario, mentre la progressione stipendiale è legata unicamente all’anzianità di servizio. Oggi infatti tutti gli insegnanti hanno, di base, mansioni e orario identici: le eventuali funzioni aggiuntive sono del tutto indipendenti dalla progressione di carriera.

3  OCSE, “Attracting, Developing and Retaining Effective Teachers” (2005).

Il criterio dell’anzianità, invece, non andrebbe secondo noi del tutto abbandonato, ma andrebbe integrato con una progressione di carriera, per così dire, meritocratica: gli insegnanti verrebbero suddivisi in fasce , i l passaggio tra le quali sarebbe legato alla valutazione e non a requisiti anagrafici, di modo che anche un docente giovane meritevole possa collocarsi in breve tempo nella fascia più alta.

Le fasce non dovranno essere a numero chiuso, ma vi dovranno rientrare tutti i docenti che abbiano raggiunto determinati standard.

QUALI CRITERI DI VALUTAZIONE?

Per evitare i sempre paventati rischi di favoritismi e discriminazioni, il passaggio ad una fascia superiore dovrà essere legato alla verifica di requisiti basati su una tabella obiettiva e condivisa.In essa, potranno rientrare per esempio: > Crediti acquisiti per meriti

culturali e professionali (titoli di servizio; copertura di ruoli gestionali all’interno dell’istituzione scolastica; documentazione di buone pratiche didattiche; gestione di progettualità significative; pubblicazioni; attività di ricerca);

> Crediti formativi, che riconoscano il superamento positivo di corsi di aggiornamento e master;

> Valutazione del servizio (buone prassi didattiche; gestione e motivazione del gruppo classe; capacità di lavorare in gruppo; efficacia nel migliorare l’apprendimento). Ad essere valorizzati, infatti, devono essere soprattutto l’impegno e l’efficacia dell’attività didattica ordinaria e del rapporto quotidiano con gli alunni. Tale valutazione non dovrà essere appannaggio esclusivo del Dirigente, ma dovrà coinvolgere anche valutatori esterni (ispettori) e l’utenza (studenti4 e famiglie).

4  Sul modello della sperimentazione nell’anno scolastico 2014-2015

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QUALI INCENTIVI?

La progressione di carriera connessa alla valutazione potrebbe procedere su diversi binari:

> Incentivi economici, legati alla progressione stipendiale e non a premi una tantum;

> Reclutamento di determinati ruoli scolastici (figure strumentali, capi di dipartimento, coordinatori di classe etc.) all’interno delle fasce più alte, con corrispondente riconoscimento dell’impegno in termini orari o finanziari;

> Coinvolgimento dei docenti appartenenti alle fasce più alte nella formazione e nel tutoraggio dei futuri docenti e nell’aggiornamento.

In caso di risultato negativo della valutazione, il PD propone c h e p o s s a n o e s s e r e a t t i va t i percorsi di formazione in servizio specificamente volti a potenziare gli aspetti più carenti, secondo un modello già sperimentato in diversi Paesi europei.

“VALUTAZIONE DEI DOCENTI, COME SI FA IN EUROPA?”

Esistono diversi modelli di valutazione degli insegnanti in Europa, da cui è possibile prendere spunto. La valutazione dei docenti viene effettuata in 7 paesi europei, che sono Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Polonia, Olanda e Portogallo. Fra questi le modalità sono differenti: la valutazione del dirigente scolastico è quella più frequente, presa in considerazione in Germania, Inghilterra e Francia, e a seguire troviamo i colloqui individuali con gli insegnanti, adottati in 6 paesi europei, l’osservazione in classe, la valutazione degli ispettori esterni, adottata in Finlandia, Germania, Inghilterra e Francia e l’autovalutazione. In Olanda, in Polonia e in Ungheria vengono anche presi in considerazione i pareri degli alunni e dei genitori. Anche per quanto riguarda le conseguenze della valutazione abbiamo una divisione. C’è chi, come

dalla Provincia di Trento in collaborazione con il movimento studentesco Stazione Futuro.

Germania, Polonia, Inghilterra e Finlandia, applica dei bonus economici a chi ottiene buone valutazioni. Mentre la progressione di carriera è la conseguenza più frequente, utilizzata in Inghilterra, in Francia, in Spagna e in Olanda. In Olanda e in Polonia è anche prevista una formazione obbligatoria in caso di valutazione negativa, e successivamente - in caso di valutazione nuovamente negativa - il passaggio ad altra professione. Esistono differenti modalità di progressione di carriera: da alcuni paesi viene preso in considerazione l’aggiornamento, in altri il CV, in altri ancora esiste il comitato di valutazione, mentre in Francia è previsto un esame nazionale. Ed infine la cadenza della valutazione. In alcuni stati è prevista ogni anno, per esempio in Finlandia, in Olanda, in Inghilterra e in Francia. In altri ogni due anni, come in Olanda dove sono previsti colloqui sulla performance professionale. Esistono poi altre modalità: il Portogallo valuta i propri docenti alla scadenza del contratto, mentre Germania, Ungheria e Portogallo procedono con la valutazione per promozione o su richiesta dell’insegnante stesso.

RECLUTAMENTO, FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

RECLUTAMENTO E FORMAZIONENel quadro nazionale, la “Buona Scuola”5 ha mosso un passo importante, ipotizzando un sistema unico che ancori in modo saldo i due momenti, finora distinti, della formazione e del reclutamento e - al contempo - riordini la frammentazione del quadro attuale, in virtù del quale negli ultimi due decenni si sono susseguite e sovrapposte almeno cinque modalità diverse per l ’accesso all ’ insegnamento nella scuola secondaria. Per un maggiore approfondito si veda il capitolo relativo all’autonomia, ai docenti e ai dirigenti.

5  Legge n. 107 anno 2015 - art. 1, c. 181, punto 5b.

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L’ANNO DI PROVAPer quanto riguarda il periodo di prova6, i numeri relativi al suo superamento dimostrano che, al momento, esso è percepito per lo più come un pro forma . Con il nuovo sistema, che àncora formazione e reclutamento, è importante che esso venga ripensato e meglio articolato, in modo da divenire uno strumento realmente efficace di valutazione delle competenze del docente in prova e, al tempo stesso, rappresenti un momento significativo e completo di formazione.

LA FORMAZIONE IN SERVIZIOIn una vita lavorativa sempre più longeva, e con la velocità dei cambiamenti socioculturali in atto, un costante e approfondito aggiornamento delle competenze professionali diviene una necessità ineludibile, un diritto e un dovere professionale.

L’attuale sistema di formazione in servizio propone un’offerta troppo disomogenea e frammentata, che rischia di non incidere in modo significativo sulle pratiche di insegnamento.

Secondo i l Part i to Democrat ico urge, pertanto, pensare ad una razionalizzazione, nella quale - anche a fronte di un innalzamento dell’attuale limite di 10 ore annue riconosciuto ad attività di aggiornamento - la formazione in servizio si inserisca coerentemente in un progetto di sviluppo professionale personale pluriennale che risponda ad almeno due criteri:

> Attrezzare il docente affinché acquisisca le competenze necessarie per mettere in atto le innovazioni richieste dal sistema;

> Potenziare alcune sue qualità professionali e/o compensare alcuni

6  Il periodo di prova corrisponde al primo anno di servizio in ruolo: viene monitorato da un docente tutor e prevede anche la documentazione di una esperienza didattica significativa realizzata dal docente in prova durante l’anno scolastico e poi valutata, assieme al suo operato complessivo, da un comitato di docenti interno all’istituto.

limiti evidenziati in sede di valutazione;

> Formare il docente a seconda dei progetti e dei bisogni del progetto d’istituto di ogni scuola.

Oltre a IPRASE, a cui oggi sono affidati gran parte della formazione e dell’aggiornamento, potrebbe essere istituita anche la figura del docente tutor. Questi, docenti di riconosciuta p rofess iona l i tà ed esper ienza , seguirebbero i docenti in formazione, in anno di prova e gli specializzandi in conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento. Gli insegnanti a loro affidati potrebbero quindi essere formati ed aggiornati tramite tirocinio, alla cui valutazione prenderebbe parte anche lo stesso docente tutor.

La formazione dovrebbe inoltre essere soggetta a valutazione e, in caso di esito positivo, portare all’ottenimento di crediti; in tal modo ciascun docente potrebbe costruirsi gradatamente un vero e proprio portfolio delle competenze professionali, spendibile anche in termini di progressione di carriera.

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PROPOSTE CONCRETE

# 18 Stabilire che almeno il 50% delle attività in alternanza scuola lavoro deve svolgersi al di fuori delle mura scolastiche;

# 19 Riconoscere in parte allo studente anche periodi di attività di volontariato e di lavoro estivo retribuito autonomamente svolte;

# 20 Offrire la possibilità agli studenti di svolgere attività di alternanza anche all’interno dello stesso istituto;

# 21 Stringere una forte alleanza tripartita tra Scuola, Università e sistema produttivo e della ricerca, soprattutto a favore degli studenti liceali;

# 22 Individuare in ogni scuola un coordinatore per l’alternanza, e in ogni Consiglio di Classe un insegnante referente, opportunamente formati, utilizzando anche l’organico di potenziamento;

# 23 Recepire al più presto la “Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro”;

# 24 Mettere a disposizione un registro online delle strutture e degli enti disponibili ad ospitare studenti in alternanza.

PERCHÉ È IMPORTANTE IL COLLEGAMENTO CON IL MONDO DEL LAVORO

In Trentino la disoccupazione giovanile si attesta a livelli stimabili a poco meno del 24%. Un dato minore1 rispetto al resto d’Italia ma che rimane molto preoccupante. In questo quadro il sistema educativo trentino non può non interrogarsi sulla propria efficacia e qualità. Se infatti è vero che la Scuola ha il ruolo di promuovere negli studenti la cittadinanza attiva, lo sviluppo personale e il benessere, non può esimersi dal compito formativo e orientativo di permettere a tutti i giovani - a prescindere dal livello di scolarizzazione e di reddito famigliare - di inserirsi con successo nel mondo del lavoro. Lavoro che è cultura e non può essere contrapposto al sapere, con cui invece deve poter interagire. Se il nostro obiettivo è formare cittadini consapevoli non possiamo non prendere in considerazione il valore della professione, che rappresenta una componente ineludibile della persona intesa come essere sociale. D’altronde basta leggere il primo comma dell’articolo 1 della Costituzione italiana per comprendere l’importanza di una commistione tra conoscere e saper fare: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”; dove lavoro è inteso come occasione di crescita personale.

Senza dimenticare il fatto che esperienze di avvicinamento al lavoro, come possono essere i tirocini formativi, possono - grazie al metodo di apprendimento esperienziale - contribuire positivamente alla formazione personale e civica degli studenti, attraverso l’apprendimento di competenze trasversali spendibili sul piano personale, di cittadinanza e professionale. Non è infatti un caso che la Commissione Europea abbia indicato

1  Ma molto maggiore rispetto alla Provincia Autonoma di Bolzano, che nel passato si è dotata di un sistema formativo duale caratterizzato da una stretta connessione tra sistema educativo e mondo del lavoro, sul modello tedesco.

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l’obiettivo di “favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro mediante un’azione integrata che comprenda, tra l’altro, orientamento, consulenza e apprendistati” come una delle azioni principali dell’agenda Europa 20202 e delle successive comunicazioni ed indicazioni agli Stati membri3. Fondamentali in questo senso possono essere le esperienze formative organizzate dagli istituti scolastici di alternanza scuola lavoro. I tirocini formativi possono rappresentare un importante passo in avanti nel superamento della storica dicotomia tra sistema produttivo e sistema formativo. Certo non bastano: ulteriori significativi miglioramenti potrebbero essere importati dall’estero, come il modello delle Fachochschulen in Germania per esempio. Tuttavia siamo convinti del fatto che cambiamenti tanto radicali del concetto stesso di educazione necessitino processi graduali e condivisi, che si possono sviluppare solo nel lungo periodo.

Sistema formativo e mondo del lavoro non devono essere considerati due ecosistemi a sé stanti. Hanno il dovere e la necessità di comunicare ed interagire. Non nell’ottica di una Scuola al servizio del mercato del lavoro, ma al fine di costruire un percorso formativo organico e continuo per offrire a studenti e studentesse l’apprendimento delle competenze necessarie al successo personale e, quindi, anche professionale. In questo senso perciò l’organizzazione - impresa o ente che sia - che ospita lo studente assume il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell’aula e del laboratorio.

Le opportuni tà che la prat ica dell’alternanza scuola lavoro offre in questo senso sono importanti. In Trentino già le conosciamo avendole

2  Strategia adottata nel 2010 dalla Commissione Europea per rilanciare l’economia dell’Unione Europea; in particolare sull’alternanza scuola lavoro vedere p. 15 del documento integrale.3  In particolare la comunicazione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Ripensare l’istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici” (2012).

potute apprezzare nella Formazione Professionale che nelle sue ultime riformulazioni ha previsto momenti strutturati di alternanza tra formazione nel contesto scolastico e formazione nel contesto lavorativo ed è riuscita così a migliorare in modo considerevole il livello di apprendimento dei propri studenti4. Inoltre nel 20155 la Provincia Autonoma di Trento ha promosso esperienze di avvicinamento al mondo del lavoro tramite l’attivazione di tirocini estivi retribuiti organizzati dalle istituzioni scolastiche e formative, rivolti agli studenti della Scuola secondaria di secondo grado. 4  Per approfondimenti vedere Working paper n° 2/2015 “I risultati dell’indagine OCSE PISA 2012 per il Trentino in un’ottica di confronto internazionale” redatto dall’IPRASE, pp. 23-27.5  Delibera n. 676 del 27/04/2015, “Sviluppo delle esperienze di tirocinio estivo dei giovani frequentanti i percorsi del secondo ciclo”, ora abrogata.

LA BUONA SCUOLA E IL RECEPIMENTO PROVINCIALE

La Scuola trentina ha tutte le carte in regola per costruire un’alternanza scuola lavoro di altissima qualità. Il nostro contesto socio-economico, caratterizzato da realtà economiche, sociali e culturali a vari livelli, ha le potenzialità per ospitare parte della formazione dei nostri studenti. È tuttavia necessario puntare ad una vera e propria alleanza tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro. Quella che stiamo provando a immaginare è una Scuola che mantenga un rapporto organico con la società e con il territorio nelle sue plurime espressioni, in una coesione coinvolgente e responsabilizzante: la Scuola della civitas. E quando si parla di territorio non si può non fare riferimento anche al sistema economico e produttivo. Il nostro sistema scolastico deve recuperare il rapporto perduto con il territorio ed anche con le istituzioni comunali di appartenenza. Una ricchezza che è andata via via perdendosi, a favore di una governance sempre più centralista e miope.

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La Giunta Provinciale ha recepito alcune delle norme della “Buona Scuola”, nella recente delibera del 26 febbraio 20166 che va a specificare quanto già previsto dalla Legge provinciale7. In sintesi la delibera prevede già a partire dall’anno scolastico 2015-2016 in corso le 400-200 ore obbligatorie di alternanza scuola-lavoro attraverso tirocini formativi ed una serie di indicazioni e facilitazioni burocratiche per gli istituti scolastici e gli enti ospitanti, e stabilisce che i tirocini estivi già citati potranno essere attivati solo nel caso in cui lo studente abbia già assolto gli obblighi riguardanti i tirocini formativi.

Ma quali possono essere le competenze trasversali che lo studente potrebbe acquisire durante i tirocini formativi? Tirocini in azienda di durata così ridotta non possono garantire l ’acquis iz ione di competenze specifiche, ma offrono la possibilità di sperimentare un contesto organizzativo produttivo (di beni e di servizi) nel ruolo di “lavoratori”, sviluppando competenze trasversali relative alla comunicazione , alla lettura del contesto , al rispetto delle regole, alla conoscenza delle gerarchie e dei ruoli. Proprio in forza di quanto sopra, non si ravvede il rischio di sostituzione di posti di lavoro retribuiti attraverso tirocinanti, come invece paventato da qualcuno. I tirocini formativi possono inoltre contribuire alla piena valorizzazione delle vocazioni personali, degli interessi e degli stili di apprendimento individuali, andando a rafforzare quella didattica personalizzata che abbiamo ripreso in altre parti del documento. Senza dimenticare inoltre l’importante funzione orientativa che potrebbero svolgere rispetto alle scelte professionali e formative degli studenti e delle studentesse.

A parere del Partito Democratico del Trentino si tratta di un importante e coraggioso provvedimento, i cui

6  Delibera n. 211 del 26/02/2015, “Attuazione dei tirocini curriculari nell’istruzione secondaria di secondo grado e approvazione schemi di Intesa per la promozione dell’alternanza scuola lavoro e convenzioni tipo per la realizzazione del tirocinio curriculare”.7  Legge provinciale n. 5 anno 2006 - art. 65.

effetti dovranno essere continuamente monitorati, in particolare per quanto riguarda l’andamento dei tirocini, le ripercussioni sul percorso formativo degli studenti e gli impatti sul mondo del lavoro8. Tuttavia il Partito Democratico del Trentino ritiene che il Dipartimento della Conoscenza dovrebbe mettere in campo un’azione organica di supporto nei confronti degli istituti scolastici, di tipo informativo e di coordinamento9. A parte i casi virtuosi, le nostre scuole non sono infatti pronte ad un cambiamento tanto radicale, introdotto ad anno scolastico in corso. Il rischio è quindi - almeno per i primi anni dall’introduzione - di offrire ai nostri studenti tirocini formativi senza la necessaria qualità e senza le dovute finalità formative previste dalla delibera e dalla Legge 107/2015. I t irocini formativi non possono e non devono diventare dei meri obblighi burocratici, formalmente ineccepibili, ma elusivi degli obiettivi reali. Uno stage non è formativo perché si realizza una semplice collocazione fisica in un ambiente lavorativo. È necessario impostare un lavoro, seppur semplificato, di lettura e interpretazione delle logiche che presiedono al contesto di lavoro, agli obiettivi, alla distribuzione delle responsabilità, al senso delle funzioni e mansioni richieste allo studente. Tutto ciò per permettere la sperimentazione consapevole di importanti competenze trasversali quali la capacità di adattamento e di sapersi relazionare, dello spirito di iniziativa e della creatività, della responsabilità e della flessibilità, della capacità di gestire l’imprevisto.

I n o l t re p r o v v e d i m e n t i t a n t o importanti vanno accompagnati da un percorso approfondito di condivisione con gli insegnanti e con i dirigenti scolastici. Al pari di tutti

8  Azione effettivamente previste nella delibera, al punto 8.9  Ad esempio sarà importante il lavoro del Dipartimento per organizzare i periodi di alternanza dei vari istituti: risulta infatti improbabile che il sistema produttivo trentino sia in grado di rispondere alle domande di ospitalità degli studenti se queste fossero concentrate tutte nello stesso periodo dell’anno.

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i provvedimenti che vanno a modificare in modo radicale il sistema educativo, anche l ’ introduzione dei t irocini formativi deve essere condivisa nella sua attuazione con chi dovrà assumersi l’onere e la responsabilità di organizzare effettivamente queste opportunità di alternanza. Non tanto nell’ottica di una concertazione, ma in quanto senza l’appoggio degli operatori scolastici anche le più innovative novità non possono essere attuate nel concreto, con il rischio di corto circuiti all’interno del nostro sistema formativo.

In chiave propositiva, offriamo al dibattito una serie di integrazioni e di proposte - nate anche dal confronto con le associazioni di categoria - da attuare coerentemente ai risultati dell’attività di monitoraggio dei risultati dei tirocini formativi. Molti sono i temi che dovrebbero essere trattati in modo organico quando si riflette sull’alternanza scuola lavoro, dalla valutazione delle esperienze alla programmazione triennale. In questo documento abbiamo deciso tuttavia di focalizzarci su cinque aspetti che ci stanno particolarmente a cuore:

> Sottolineare il fatto che l’alternanza è una modalità di apprendimento al pari delle lezioni in classe ed in laboratorio, e per questo deve essere organizzata ricercando la massima qualità;

> Proporre una nuova organizzazione del personale per fare in modo di poter disporre delle competenze e delle professionalità necessarie all’organizzazione dei tirocini;

> Prevedere nuove forme di collaborazione e di dialogo tra sistema educativo e enti ospitanti;

> Dare piena dignità alla valutazione dell’esperienza, al pari delle altre discipline. Alla valutazione far concorrere obbligatoriamente le osservazioni formulate dall’ente ospitante;

> Responsabilizzare gli studenti e le studentesse e stimolarne l’intraprendenza attraverso una loro collaborazione attiva nella definizione e nella scelta dei tirocini.

Cosa dice la “Buona Scuola” sull’alternanza scuola lavoro? La riforma10 ha introdotto un elemento di novità per il secondo ciclo di istruzione, portando la pratica dell’alternanza scuola lavoro anche nei percorsi cosiddetti umanistici. In particolare:

• Prevede percorsi obbl igator i d i alternanza nel triennio finale della Scuola secondaria di secondo grado, anche durante la sospensione delle attività didattiche e di periodi all’estero. Almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei, da inserire nel Piano triennale dell’offerta formativa. Tali tirocini formativi in alternanza potranno essere promossi grazie a particolari convenzioni stipulate con gli ordini professionali e con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio artistico, culturale e ambientale o con enti di promozione sportiva;

• Emana un regolamento con cui è definita la “Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro”, con la possibilità, per lo studente, di esprimere una valutazione sull’efficacia e sulla coerenza dei percorsi con il proprio indirizzo di studio;

• Stanzia 100 milioni di Euro annui per sviluppare l’alternanza scuola lavoro nelle Scuole secondarie di secondo grado. Tali risorse finanziano l’organizzazione delle attività di alternanza, l’assistenza tecnica e il monitoraggio dei percorsi;

• Prevede la stesura di una scheda di valutazione finale sulle strutture convenzionate, redatta dal dirigente scolastico al termine di ogni anno scolastico, in cui sono evidenziate le specificità del loro potenziale formativo e le eventuali difficoltà incontrate nella collaborazione.

• Prevede la costituzione del Registro nazionale per l’alternanza scuola lavoro, in cui sono visibili le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili ad accogliere studenti per percorsi di alternanza.

10  Legge n. 107 anno 2015 - art. 1, cc. 33-43.

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L’ALTERNANZA È UNA MODALITÀ DI APPRENDIMENTO

L’attività di alternanza scuola lavoro è da considerare una modalità di apprendimento trasversale, che rientra nell’offerta formativa della scuola. Di più, potrà rappresentare un’occasione di ricomposizione delle conoscenze e delle competenze fino a quel momento apprese nelle singole discipline, grazie al suo valore interdisciplinare. Dovrà quindi essere un progetto del Consiglio di Classe che ne definisce le finalità formative specifiche in coerenza con il progetto d’istituto, co-progettato dalla comunità scolastica e dai soggetti ospitanti. Nessuna attività di alternanza scuola lavoro può avvenire al di fuori della coprogettazione scuola-struttura ospitante, al fine di garantire che le esperienze di scuola lavoro siano effettivamente di carattere formativo per gli studenti. Il meccanismo si basa quindi su quattro punti imprescindibili:

> Sistema duale della formazione;

> Centralità delle competenze;

> Pratica del learning by doing;

> Formazione in door e out door.

Affinché l’attività di alternanza sia efficace e seria riteniamo che almeno il 50% dell’attività venga svolta out door nella struttura ospitante. Nel monte ore obbligatorio dovrebbero inoltre essere compresi anche il corso sulla sicurezza e le attività di preparazione, realizzazione, rielaborazione e valutazione degli stage. Altre forme di alternanza potrebbero essere:

> Visite aziendali;

> Simulazioni di impresa11 e di cooperativa;

11  Sul modello di SimulImpresa.

> Attività di orientamento verso il mondo del lavoro e della formazione terziaria;

> Partecipazione a seminari e incontri con associazioni di categoria, aziende, professionisti;

> Attività di alternanza scuola lavoro all’estero12.

Secondo i l Part i to Democrat ico andrebbero inoltre ritenute esperienze format ive anche le att ività di volontariato scelte autonomamente dallo studente purché concordate con il tutor scolastico (di cui si tratterà in seguito) e la struttura ospitante e le attività legate al lavoro estivo retribuito legalmente riconosciuto, individuato e scelto in modo autonomo dallo studente purché ancora una volta concordato con il tutor scolastico e la struttura ospitante. Esperienze di questo tipo andrebbero valorizzate e premiate per l ’ intraprendenza dimostrata dallo studente, vincolando però il riconoscimento a un massimo di 10 ore riconosciute come tirocinio formativo. Sempre nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione dello studente proponiamo che possano essere svolte attività di alternanza scuola lavoro anche all’interno dello stesso istituto, a patto che non sia l’unica modalità di alternanza prevista. Questo potrebbe essere possibile per esempio per la gestione del sistema informatico dell’istituto13, oppure per la gestione dell'edificio e delle attività extrascolastiche in orario pomeridiano o durante il periodo estivo14.

Nei licei la novità si fa ancora più delicata. È chiaro che per gli studenti liceali sia molto più complicato ottenere benefici dai tirocini formativi in merito alla loro funzione di apprendimento di competenze tecniche specifiche.

12 Ne scriviamo al capitolo "Una nuova Scuola Globale" a pagina 71.13 Del tema scriviamo nel capitolo "Scuola digitale per un Trentino digitale" a pagina 55.14 Si trovano varie proposte al capitolo "Partecipazione studentesca in un mondo che cambia" a pagina 89.

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Questo perché con ogni probabilità gli studenti dei licei continueranno il proprio percorso di studi verso l’istruzione terziaria. Per questo motivo, per quanto riguarda i percorsi liceali, diventa imprescindibile un’alleanza tripartita tra Scuola, Università e sistema produttivo, con un’attenzione particolare ai centri di ricerca. D’altronde sono molti gli esempi di istituti scolastici liceali che riescono con successo ad organizzare attività formative in alternanza15. Per loro, il percorso si potrebbe articolare in questo modo:

> Terzo anno – avvicinamento al mondo del lavoro, 1 settimana di stage durante il periodo scolastico;

> Quarto anno - periodo di stage il più possibile attinente al curriculum formativo e agli interessi dello studente, 2 settimane di stage durante il periodo scolastico;

> Quinto anno - attività di orientamento attraverso rapporti con l’Università, le associazioni di categoria ed enti di ricerca.

15  Ad esempio il liceo Beccaria di Milano, dove gli studenti lavorano come guide museali e al reparto di Neuroscienze dell’ospedale S. Raffaele. Oppure il liceo Marco Polo di Venezia che lavorano al polo d’arte contemporanea di Palazzo Grassi. E ancora il liceo Manzoni di Milano che ha organizzato stage di una settimana al Corriere della Sera, mentre il Plinio Seniore di Roma fa volontariato alle mense della Caritas.

NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL PERSONALE SCOLASTICO

Come già sottolineato, l’introduzione di esperienze di alternanza scuola lavoro deve essere condiviso con docenti e dirigenti, altrimenti il rischio è quello di prevedere provvedimenti la cui attuazione risulterà inesistente o addirittura nociva.

Oltre ad un coordinatore referente per l’istituto scolastico, adeguatamente formato da IPRASE, è indispensabile almeno un insegnante referente

dell’alternanza all’ interno di ogni Consiglio di Classe, che potrebbe assumere il ruolo di tutor e seguire personalmente i percorsi degli studenti della classe e che si confronterà direttamente con gli enti ospitanti. L’intero corpo docenti, attraverso il Collegio Docenti, dovrebbe essere coinvolto nella programmazione di inizio anno scolastico del percorso di alternanza scuola-lavoro. Ovviamente a fronte di un impegno di risorse umane tanto esigente è necessario anche un investimento economico . Non dimentichiamoci che la “Buona Scuola” stanzia ben 100 milioni di Euro all’anno per promuovere l’alternanza16. Secondo il Partito Democratico sarà quindi necessario una formazione adeguata ed approfondita per i docenti che assumeranno l’incarico di tutoraggio, oltre ad una disponibilità oraria superiore rispetto ai colleghi docenti. In questo senso una priorità per l’organico di potenziamento, recentemente previsto dalla Giunta Provinciale17 nell’ordine di alcune centinaia di insegnanti, dovrebbe essere proprio quella di organizzare e seguire le attività di alternanza.

Anche il personale ATA dovrà essere coinvolto, in quanto parte fondamentale per l’adempimento delle pratiche a m m i n i s t ra t i ve , g i à co m u n q u e semplificate dalla delibera della Giunta

Provinciale.

16  Legge n. 107 anno 2015, art. 1, c. 39.17  Previsto dal nuovo “Piano assunzionale programmatico per il personale docente anni scolastici 2016/2017 - 2017/2018 - 2018/2019” contenuto nella delibera n. 269 del 4/03/2016.

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RECETTIVITÀ DEL TERRITORIO

Per costruire un sistema di alternanza formativa tra gli istituti scolastici e gli enti ospitanti, pubblici e privati, sarà necessario costruire una reale collaborazione ed un clima di fiducia reciproco tra le parti. Dobbiamo evitare in ogni modo di costruire un modello di alternanza scuola lavoro scuola-centrico: abbiamo bisogno di un sistema di formazione duale, in cui Scuola e ente ricettivo (azienda, cooperativa, ente pubblico, ente di ricerca, ecc) abbiano uguali diritti e dignità. Tutti i percorsi andranno coprogettati dalla scuola - in particolare dal Collegio Docenti e dal dirigente scolastico- e dall’ente ospitante, che lavoreranno allo stesso livello concentrandosi ovviamente su ambiti differenti.

CARTA DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEGLI STUDENTI IN ALTERNANZA SCUOLA LAVOROCome Partito Democratico del Trentino siamo convinti inoltre della necessità di recepire velocemente anche la “Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro”18, prevista dalla Legge 10719 ma non dalla delibera provinciale di febbraio 2016. Agli studenti partecipanti andranno garantiti tutti i diritti previsti dal regolamento adottato dal MIUR e soprattutto la garanzia che le attività del tirocinio dovranno avere carattere formativo.

REGISTRO PER L’ALTERNANZA SCUOLA LAVOROMutuando in parte un provvedimento della “Buona Scuola”20, molto utile potrebbe essere istituire un registro

18  Di cui aveva scritto anche Scuola24, il quotidiano dedicato all’istruzione e all’Università de Il Sole 24 Ore.19  Legge n. 107 anno 2015, art. 1, c. 37.20  Legge n. 107 anno 2015 - art. 1, c. 41.

delle strutture disponibili in Provincia di Trento ad ospitare gli studenti in stage, accessibile online alle organizzazioni di categoria, agli istituti scolastici ed anche ai singoli studenti in modo che possano scegliere autonomamente l’esperienza in alternanza, esprimendo delle preferenze. Una simile piattaforma potrebbe fungere da raccordo tra la domanda e l’offerta di esperienze in alternanza, dando spazio anche ai singoli studenti con l’intento di coinvolgerli direttamente fin dall’organizzazione del tirocinio e di stimolarne la responsabilizzazione e l’intraprendenza.

LIMITARE GLI ADEMPIMENTI BUROCRATICINell’attuazione dei provvedimenti riguardanti i tirocini formativi bisognerà inoltre prestare molta attenzione a non gravare ulteriormente gli enti ospitanti - le aziende, le cooperative e gli enti pubblici - dal punto di vista burocratico ed amministrativo. Bisogna incentivare il territorio ad essere ricettivo, sottolineando i benefici a breve e a lungo termine fino a rendere i tirocini formativi un’opportunità desiderabile per le aziende, anche in un’ottica di formazione e di fidelizzazione dei giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro.

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Per una Scuola fondata (anche) sul Lavoro

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Scuola Media, da anello debole a punto di forza

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PROPOSTE CONCRETE

# 25 Formare adeguatamente ed in modo specifico gli insegnanti per studenti di questa fascia d'età;

# 26 Introdurre maggiore flessibilità nell’organizzazione scolastica, oraria e didattica, favorendo momenti interdisciplinari e di incontro tra le varie classi;

# 27 Istituire il ruolo del docente tutor, che segua un certo numero di studenti, e le loro famiglie, nell’affronto delle difficoltà e nell’orientamento.

CONDIZIONI PER UNA BUONA SCUOLA DI MEZZO

La Scuola secondaria di primo grado, la ex Scuola media, è da anni considerata l’anello debole del sistema educativo italiano. Nata dalla riforma del 1962, con gli obiettivi di accrescere il livello di scolarità, ed eliminare i divari fra le opportunità scolastiche, oltre che svolgere un’azione orientativa. Ad oggi possiamo affermare che solo il primo dei due obiettivi è stato raggiunto; per quanto riguarda i divari sociali la Fondazione Agnelli1 ci indica come questi si acuiscano nel corso dei tre anni delle scuole secondarie di primo grado invece che ridursi. Ciò significa che i livelli di istruzione e di reddito delle famiglie incidono molto di più sui risultati scolastici degli studenti rispetto alla Scuola primaria. Con il risultato di un notevole aumento della forbice delle differenze tra i risultati degli studenti. Proprio il contrario di quanto previsto nel 1962.

1  Fondazione Giovanni Agnelli, Rapporto sulla Scuola in Italia (2011).

La funzione orientativa2, oltre che formativa, della Scuola secondaria di primo grado (d’ora in poi chiamata SSPG) presuppone che offra a tutti gli studenti la possibilità di un primo riconoscimento consapevole di potenzialità, vocazioni e talenti, e lo faccia a partire dalle discipline che insegna, dalle metodologie che utilizza, dalla strutturazione del curricolo.

Questo può accadere a certe condizioni, che oggi si realizzano solo in parte, più per volontà dei singoli docenti o delle singole istituzioni scolastiche, che non a livello di sistema.

Secondo il Partito Democratico del Trentino la Scuola secondaria di primo grado ha perciò bisogno di:

> Una formazione adeguata e specifica per gli insegnanti3;

> Una revisione del sistema scolastico, al fine di renderlo maggiormente flessibile;

> Un apprendimento più personalizzato e attento alle caratteristiche e ai bisogni degli studenti;

> Un nuovo rapporto tra Scuola secondaria di primo e Scuola secondaria di secondo grado.

FORMAZIONE ADEGUATA E SPECIFICAUna prima condizione è l’adeguata formazione specifica degli insegnanti. Fin dal percorso universitario e successivamente in accesso alla professione e in servizio, tale formazione dovrebbe prevedere - oltre allo studio approfondito dei contenuti - anche un’analisi epistemologica delle discipline, tesa a mettere in luce gli aspetti che più di altri formano e

2  Il miglioramento del sistema di orientamento è uno degli obiettivi per la legislatura evidenziato dal Dipartimento della Conoscenza della Provincia di Trento nel documento di “Indirizzi alle istituzioni scolastiche e formative per la XV legislatura”, del. n. 1907 del 02/11/2015, allegato B.3 Per quanto riguarda la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti leggere le proposte più generali al capitolo "La professione Docente" a pagina 29.

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orientano, rendono leggibili i processi di apprendimento e fanno emergere gli stili e le potenzialità cognitive di ciascuno.

Altrettanto decisiva è la formazione sullo sviluppo psicologico e cognitivo del preadolescente, che - potremmo dire semplificando - muove dall’approccio prevalentemente o l i s t ico del la Scuola primaria a quello specialistico della secondaria di secondo grado, con riguardo sia alla costruzione e formalizzazione del sapere, sia alla contemporanea scoperta del senso per sé di quanto si apprende, da cui derivano la motivazione ad apprendere e il piacere dell’imparare, dello stare a scuola per apprendere con gli altri.

Ancora, è fondamentale la formazione s u l l e m e to d o l o g i e d i d a t t i c h e specificamente rivolte a questa fascia di età, nonché sugli scopi, i sistemi, gli strumenti di osservazione e verifica degli apprendimenti. Con particolare attenzione all’apprendimento di abilità manuali e creative, che dovrebbero rappresentare buona parte del curricolo degli studenti della secondaria di primo grado.

A questo proposito, riteniamo che potrebbe essere illuminante riflettere sul conseguimento dei risultati al termine della SSPG - accanto alla correlazione degli stessi con la scelta della Scuola secondaria di secondo grado - da studiarsi in relazione non solo alle capacità e alle condizioni personali dello studente, ma anche alle scelte metodologiche degli insegnanti. Un ambito interessante ed esemplare può essere quello delle differenze di genere4. È noto che la componente femminile ottiene risultati più alti di quella maschile, al termine della SSPG, e risultati diversi in alcune discipline: entrambe le componenti scelgono poi la Scuola secondaria di secondo grado o la formazione professionale anche e soprattutto in funzione di tali esiti. Posto che è troppo

4  Per approfondimenti vedere Working paper n° 2/2015 “I risultati dell’indagine OCSE PISA 2012 per il Trentino in un’ottica di confronto internazionale” redatto dall’IPRASE, pp.27-30.

facile e assolutorio liquidare queste differenze come inevitabile frutto della diversa maturazione personale di maschi, ci si dovrebbe interrogare sul tipo di approccio al sapere che la nostra Scuola propone e valorizza: richiede diligenza, sistematicità, precisione? Quanto spazio riserva a creatività, scoperta, ricerca? Che relazione promuove tra il saper fare e il saper essere? In quale rapporto stanno sviluppo delle capacità critiche e bisogno di approvazione del preadolescente? Come si rivolge la SSPG all’elemento maschile e femminile con le loro specifiche necessità e potenzialità, come lavora su quelle presunte e risponde a quelle reali?

Le differenze di genere costituiscono, ovviamente, solo uno dei punti di vista sulla SSPG, uno dei numerosi oggetti da studiare per fondare la proposta del curricolo di fatto, quindi i contenuti, le metodologie, i sistemi di valutazione: se ogni studente ha diritto a divenire consapevole delle proprie potenzialità di apprendimento, vocazioni e talenti, occorre che gli insegnanti siano adeguatamente formati su tutti gli aspetti che entrano in gioco in questa decisiva impresa.

REVISIONE DELL’ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA

Una seconda condizione sta nella revisione dell’organizzazione scolastica.

Accanto alla formazione sulla funzione orientativa della SSPG nei termini complessi e articolati cui si è accennato, occorre lavorare sulla traducibilità in prassi dei principi enunciati. Si propongono tre criteri base da seguire:

a) l’orientamento interno della didattica delle discipline, attraverso l’applicazione del dispositivo della competenza;

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b) la realizzazione di esperienze significative per alunni e genitori, per la condivisione ed il rispetto delle scelte dei figli;

c) il rapporto reale e più strutturale con le scuole del secondo ciclo di istruzione e formazione professionale.

GRUPPI CLASSE E MAGGIORE FLESSIBILITÀ

La SSPG richiede la capacità di rivolgersi, motivare, stimolare un’utenza complessa, variegata, eterogenea per interessi e competenze, specchio dell’intera società. Basti pensare agli alunni stranieri di recente immigrazione o di seconda generazione, agli alunni con disabilità o BES, alle già sottolineate differenze di genere, alla necessità di promuovere e valorizzare le eccellenze nei vari settori. L’organizzazione attuale costituisce un ostacolo alla costruzione di una risposta ad un tempo personalizzata e socialmente accettabile.

Ad oggi la classe e il suo orario scolastico sono infatti strutture rigide, che rendono difficile realizzare percorsi specifici e flessibili. E anche la diade obbligatorio/facoltativo - che in molti casi governa il rapporto tra insegnamenti comuni a tutta la classe e insegnamenti diversificati - non basta a garantire un efficace accompagnamento dei singoli alunni e di gruppi di alunni nel processo di apprendimento.

Per questi motivi il PD propone di assumere la flessibilità come principio guida dell’organizzazione della SSPG e di riservare, sistematicamente, un monte ore alla costituzione di gruppi di competenza per classi parallele, come già avviene, ad esempio, in Germania5.

Perciò diventa necessario il recepimento della “Buona Scuola”6 per quanto riguarda l’attivazione di gruppi classe aperti e la flessibilizzazione dell’orario.

5  Vedere rapporto Eurydice “Sistemi scolastici europei 2012”, pp. 22-24.6  Legge n. 107 anno 2015 - art. 1, c. 3, punti b) e c).

C i ò n o n s i g n i f i c a r i n u n c i a re completamente al valore pedagogico delle classi così come le conosciamo oggi e alla conseguente elaborazione spontanea di competenze sociali, ma affiancare alle classi costituite dalla prima dei momenti di apertura per la creazione di gruppi, flessibili e mobili nel corso dell’anno, mutevoli ed elastici in qualsiasi momento. Questo almeno negli assi fondamentali in lingua madre, nelle lingue straniere e in matematica. I gruppi lavorerebbero sui nuclei fondanti delle discipline per sottoporre all’attenzione degli alunni compiti sfidanti adatti ai tanti livelli di competenza che coesistono nelle nostre classi. Si ritiene che questa proposta abbia anche il pregio di motivare tutti gli alunni ad una partecipazione consapevole e orientante della loro vita scolastica.

Gli incontri di tali gruppi dovrebbero avvenire in contemporanea, con i docenti interessati presenti nelle medesime ore, ma con gruppi di lavoro diversificati.

N e c o n s e g u e u n a m o d i f i c a della struttura della SSPG, con programmazione condivisa di materiali, attività, prove, obbligatoria e riconosciuta settimanalmente o mensilmente. Per attuare una così radicale modifica della struttura scolastica e didattica sarà infatti necessario poter disporre di competenze e professionalità.

APPRENDIMENTO PERSONALIZZATO E INCLUSIVOProponiamo inoltre di attivare la figura strutturale del docente Tutor che segua, supporti, orienti e motivi un gruppo di alunni a lui affidati. La proposta riguarda tutti i docenti e tutti gli studenti sul modello olandese7 e non è esclusivamente rivolta agli alunni con Bisogni Educativi Speciali.

7  Nel sistema scolastico olandese, agli studenti viene assegnato un tutor, che segue loro e le famiglie, nel momento in cui si osserva una flessione negli esiti delle verifiche oppure quando si riscontra una certa discontinuità negli esiti.

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Questa figura seguirebbe nell’arco del tempo gli studenti con l’obiettivo di raccogliere le esigenze personali, i livelli di competenza, le aspettative e per indirizzare con un maggior livello di personalizzazione le scelte future degli studenti, soprattutto nel passaggio medie-superiori. Il tutor potrebbe svolgere anche la funzione di dialogo tra Scuola e famiglia con riguardo ai temi orientativi, come sopra declinati. Anche in questo caso c’è il bisogno di riconoscere un monte ore agli insegnanti perché svolgano tale nuovo compito.

RAPPORTO TRA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO E DI SECONDO GRADOSe vogliamo riformare la SSPG dobbiamo anche rivedere il rapporto tra secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado: proponiamo infatti di attivare strategie comuni perché il primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado venga concepito ancora come Scuola dell’obbligo in continuità con la Scuola secondaria di primo grado.

Al momento, invece, i due universi non dialogano, anche per la rigida proiezione sociale della quale sono investiti gli indirizzi degli istituti superiori. Sarebbe necessario un dialogo costante e continuo tra i due ordini per verificare a livello paritetico le modalità di lavoro e darsi linee guida per sviluppare le competenze necessarie ad un inserimento proficuo negli indirizzi di ciascuna SSSG. Ma su questo anche la Scuola secondaria dovrà fare la propria parte al fine di valorizzare questo delicato momento di formazione.

ADEGUAMENTO SALARIALE A prescindere da quanto proposto in questo documento, rilevata la specificità della Scuola secondaria di primo grado, il Partito Democratico evidenzia la necessità di procedere alla modifica

del contratto dei docenti delle SSPG: esistono infatti, a parità di formazione e di titoli, delle discrepanze contrattuali con i colleghi delle Scuole secondarie difficilmente comprensibili e spiegabili. Un docente delle SSPG non ha diritto ad alcuna indennità per gli Esami di Stato, è obbligato a recuperare tutta la flessibilità oraria per il raggiungimento dei 60 minuti orari e percepisce uno stipendio nettamente inferiore, che arriva a circa 150 Euro mensili in meno a fine carriera. Ciò, aggiunto alle difficoltà che comporta la carenza di formazione di cui sopra, spinge chi può a chiedere il passaggio di cattedra verso gli istituti delle secondarie di secondo grado e alla permanenza nella Scuola media non per scelta ma per mancanza di alternative. Dobbiamo bloccare questa tendenza , che danneggia i nostri istituti e che provoca un turnover tra i docenti - ed annessa discontinuità didattica - maggiore che negli altri cicli8. Lavorare all’interno della Scuola superiori di primo grado deve avere pari dignità che lavorare negli altri cicli scolastici. Prima di tutto per la tutela e la qualità della didattica e degli studenti, che attraversano in questa fase uno dei periodi più delicati della loro crescita ed educazione. Per l’adeguamento si dovrebbero accettare alcune premesse fondamentali, quali il riconoscimento della specificità delle SSPG con annessa formazione e quindi il blocco dei passaggi verso le SSSG in assenza di una formazione specifica, le 2 ore mensili da prestare per la programmazione delle attività di costituzione dei gruppi di competenza, e la funzione di Tutor.

8  Fondazione Giovanni Agnelli, Rapporto sulla Scuola in Italia (2011) - presentazione “Scuole media, l’anello debole?”, p. 10.

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S C U O L E S U P E R I O R I A L L ’ A LT E Z Z A D E L L A S F I DA E D U C AT I VADopo aver dedicato tanto spazio alla Scuola secondaria di primo grado intendiamo sviluppare un focus per il grado successivo, la Scuola secondaria di secondo grado. Non si tratta di un ragionamento organico e strutturato per tutti gli aspetti della "Scuola superiore" di secondo grado, ma di alcuni punti cruciali che andrebbero rivisti nel breve e nel lungo periodo. Per una superiore realmente personalizzata, responsabilizzante e inclusiva.

CURRICULUM DELLO STUDENTE E FLESSIBILITÀCome abbiamo scritto nel paragrafo dedicato all’autonomia scolastica, la flessibilità dovrà diventare una caratteristica chiave della nuova Scuola trentina. Nel corso del triennio della Scuola secondaria di secondo grado gli studenti dovranno poter personalizzare il proprio curriculum e scegliere tra più discipline opzionali. A questo proposito la “Buona Scuola” ha introdotto un importante strumento normativo, il Curriculum dello Studente9, valutato all’Esame di Stato, che raccoglierà tutte le informazioni relative ad ogni studente riguardo al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico.

9  Legge n. 107 anno 2015, c. 28.

Come già proposto10, lo studente dal terzo anno dovrebbe poter avere come minimo due possibilità di scelta per quanto riguarda le discipline opzionali e i potenziamenti. Al fine di distribuire gli studenti secondo i più alti gradi motivazionali proponiamo che per l’accesso ad ogni disciplina opzionale o potenziamento sia richiesta una lettera motivazionale, valutata dal docente referente, che esprima le ragioni della scelta. In questo modo si potenzierebbero anche le competenze di scrittura formale, sempre più richieste al momento della ricerca di un’occupazione.

CARENZE: UN PUNTO INTERROGATIVOQuelle che in passato si chiamavano debiti. Nel resto d’Italia anche una sola carenza non sanata all’esame di riparazione a settembre equivale alla bocciatura; in Provincia di Trento11 invece questo non accade e lo studente, dopo diversi occasioni di riparazione tramite esame o nel corso dell’anno, è nella possibilità di non sanare la carenza e di continuare il proprio percorso di studi senza ripercussioni rilevanti sul proprio rendimento formale. Questo atteggiamento ha provocato negli anni una deresponsabilizzazione degli studenti che hanno potuto accumulare carenze non sanate senza conseguenze.Dobbiamo chiedere agli studenti un’assunzione di responsabilità. Se da un lato nell’ultimo triennio della Scuola secondaria di secondo grado potranno scegliere tra una gamma di discipline a scelta, dall’altro per queste discipline opzionali gli studenti non potranno accumulare carenze formative, pena la bocciatura. Un ulteriore accorgimento potrebbe inoltre essere anticipare le prove di

10 Leggere capitolo "Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una nuova Scuola" a pagina 15.11  Secondo l’art. 8 del Regolamento sulla valutazione del 2010.

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riparazione ai mesi di giugno e luglio, contemporaneamente all’Esame di Stato, per evitare di abbandonare nel limbo dell’incertezza fino al mese di settembre gli studenti con carenze. Insomma, è necessario un giro di vite sulle carenze. Uno studente non può uscire da una scuola secondaria di secondo grado avendo registrato ogni anno carenze non sanate. Si potrebbe anche stabilire un tetto alle carenze: al massimo due in cinque anni, e poi si viene rimandati.

MODELLO UNIVERSITARIO, PER PIÙ LIBERTÀ E RESPONSABILITÀOggi la Scuola secondaria di secondo grado ha una durata di cinque anni. Esistono diverse proposte per accorciarla a quattro anni, al fine di equipararla alla maggior parte degli altri sistemi europei e di garantire ai nostri studenti le stesse possibilità di competitività rispetto ai loro coetanei. A partire da questo punto, risulta necessaria una riflessione sui cicli e delle loro durata. Sarà certamente un percorso lungo e complesso, che con ogni probabilità non potrà essere completato nel recepimento della Legge 107. Tuttavia la Scuola trentina potrebbe confermarsi anche in questo capitolo laboratorio innovativo per il resto del Paese, con un quinto anno in chiave orientativa.Tornando alla contingenza, un ripensamento del triennio della Scuola secondaria di secondo grado nei contenuti e nelle forme di didattica potrebbe essere invece più agevole. È utile vessare gli studenti con interrogazioni a sorpresa, temi, verifiche orali e scritte quasi quotidiane? Questo atteggiamento incentiva realmente uno studio approfondito oppure spinge gli studenti a preferire uno studio a

breve termine ed un nozionismo esasperato? Sono domande che dobbiamo porci. La Scuola non può rapportarsi con gli studenti ormai quasi maggiorenni come si rapporta con gli studenti appena entrati nella "Scuola superiore". A maggior ragione poiché all’Università verrà richiesto loro tutt’altro tipo di impegno e di metodo di studio. Per questo il Partito Democratico del Trentino propone che nel corso dell’ultimo triennio la didattica si sviluppi sempre più secondo il modello universitario, prevedendo periodi di lezioni liberi da esami, svolti invece su base trimestrale. Dobbiamo chiedere maggiore responsabilità agli studenti, capacità di sapersi gestire, di organizzare autonomamente il proprio studio, a fronte di una maggiore libertà.Si tratta di un cambiamento anche organizzativo degli istituti scolastici e della didattica, per cui sarà necessario il supporto ed il coordinamento del Dipartimento della Conoscenza.

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PROPOSTE CONCRETE

# 28 Cablare tutti gli ambienti interni delle strutture scolastiche per la connessione wireless;

# 29 Rendere disponibili nelle scuole ambienti dedicati all’apprendimento digitale adeguati e funzionali alla nuova didattica ed allo sviluppo delle competenze trasversali;

# 30 Promuovere la pratica del “Bring your own device”, cioè la possibilità per gli studenti di portare e utilizzare come strumento didattico il proprio PC o tablet;

# 31 Incentivare e promuovere la migrazione dei software didattici e gestionali all’open source;

# 32 Prevedere la figura dell’animatore digitale;

# 33 Rivedere i piani didattici per introdurre nuove competenze digitali, tra cui il pensiero computazionale ed il coding;

# 34 Istituire la banca dei piani pedagogici e dei processi didattici, per diffondere le buone pratiche didattiche;

# 35 Promuovere l’utilizzo delle biblioteche scolastiche;

# 36 Istituire un unico accesso digitale alle proprie informazioni per studenti ed operatori scolastici;

# 37 Promuovere l’utilizzo del registro elettronico;

# 38 Rendere pubblici e accessibili i dati relativi per esempio al bilancio delle istituzioni scolastiche, alle spese derivanti dai versamenti volontari delle famiglie, ai libri di testo adottati, all’età media dei docenti, e tanto altro.

LA SCUOLA ENTRA NELL’ERA DIGITALE

In Italia ed in Europa sono anni di grandi novità per l’innovazione nella Scuola e per il sistema educativo tutto, che sta finalmente entrando - con grande ritardo - nell’era digitale. Finalmente le potenzialità offerte dalle più recenti innovazioni cominciano a essere riconosciute.

Il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, attraverso la Legge 107/2015, ha emanato il Piano Nazionale Scuola Digitale1 (d’ora in poi chiamato PNSD), un importante piano operativo che delinea - attraverso decine di azioni concrete - una nuova strategia pluriennale sui temi dell’innovazione digitale del sistema scolastico e dell’educazione. L’investimento è importante: più di un 1 miliardo di Euro dal 2015 al 2020, fondi che provengono dal bilancio statale e da investimenti della programmazione europea (fondi PON 2014-2020).1  Decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 851 del 27/10/2015.

È UNA SFIDA CULTURALE

Il PNSD del MIUR si fonda su un importante principio che il Partito Democratico del Trentino condivide, un principio non sempre scontato negli anni passati, nemmeno nella nostra regione: l’innovazione digitale del nostro sistema scolastico non si basa esclusivamente su un investimento in tecnologia ed

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Scuola digitale per un Trentino digitale

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in hardware. Per portare davvero la Scuola italiana (e trentina) nell’era digitale c’è bisogno di un grande cambiamento culturale della società intera. Occorre ragionare in termini educativi, non più solamente nell’ottica tecnologica; e questo significa che per innovare il nostro sistema scolastico è necessario investire prima di tutto sui rapporti umani, sull’interazione tra docente e discente e sulla collaborazione positiva tra tutti i partecipanti alla comunità educante e tra la comunità ed il territorio in cui è inserita. Questa indicazione emerge chiaramente dalle più recenti pubblicazioni dell’OCSE, del World Economic Forum2 e del think tank Ambrosetti3.

Dunque, portare la Scuola nell’era digitale è innanzitutto una sfida culturale ed educativa. Ma, nel concreto, cosa significa questo per il PD? Significa che l'obiettivo del nostro sistema educativo rimane lo stesso: offrire agli studenti adeguate competenze e conoscenze per permettere loro di realizzarsi dal punto di vista umano, culturale e professionale. Si modificano invece gli strumenti. Le tecnologie diventano abilitanti, propedeutiche ed al servizio dell’innovazione della didattica e dell’apprendimento di nuove metodologie e competenze trasversali (pensiero critico, problem solving , creatività, comunicazione, collaborazione)4, sempre più richieste dalla società e dal mondo del lavoro. La didattica si modifica: attraverso il digitale si facilitano le pratiche del cooperative learning , della flipped classroom, della peer education. Inoltre la didattica affiancata da strumenti digitali è un’opportunità per la riduzione della dispersione scolastica, come indicato in una recente ricerca INDIRE5,

2  World Economic Forum, “New Vision for Education, unlocking the potential of technology” (2015).3  The European House Ambrosetti, “L’Educazione per il XXI secolo - La chiave per il rilancio e la competitività dell’Italia” (2014).4  Competenze indicate come fondamentali per il World Economic Forum, “New Vision for Education”.5  Ricerca di INDIRE presentata a Firenze il 23 ottobre 2015 in occasione del Primo Forum sulla Scuola del Futuro.

oltre che per l’integrazione di studenti con bisogni educativi speciali (BES). Ma la sfida culturale che abbiamo davanti non si ferma qui: le tecnologie ci danno infatti l’opportunità non solo di innovare la didattica ed il curriculum dei nostri studenti, ma la stessa organizzazione dell’intero sistema educativo, a partire dalle segreterie didattiche fino al Dipartimento della Conoscenza della Provincia di Trento. Tuttavia è bene ribadire che l’innovazione digitale della Scuola non può essere portata avanti a scapito di ciò che di buono il passato ci offre: il compito della politica è migliorare e rinnovare la Scuola quando ne intravede nuove potenzialità, non operare un cambiamento fine a sé stesso.

A tutti i componenti delle comunità educanti è chiesto di mettersi in gioco, accompagnati nel percorso dai tanti - tra professori, dirigenti, studenti, famiglie e personale amministrativo - che portano già oggi l’innovazione nelle classi e nelle scuole. Serve uno sforzo collettivo, che però non si deve concretizzare - come accaduto troppo spesso in passato - in un investimento solo sull'hardware, ma piuttosto sul software della Scuola: vale a dire i rapporti umani. Come scritto nel PNSD “la scuola è, potenzialmente, il più grande generatore di domanda di innovazione, e quindi di digitale”6. Niente di più vero, probabilmente ancor più nella nostra Provincia in cui la Scuola ed il territorio sono già pronti ad accogliere l’innovazione portata dal digitale, grazie alle scelte lungimiranti operate negli anni passati e ad un migliore humus ricettivo.

6  Piano Nazionale Scuola Digitale, p. 9.

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COSA HA GIÀ FATTO IL TRENTINO

La nostra Provincia ha già destinato importanti investimenti alla digitalizzazione del sistema scolastico, che tuttavia non sempre hanno portato agli esiti sperati.. La Provincia Autonoma di Trento infatti - dal 2006 ad oggi - ha già messo in piedi dei provvedimenti per innovare il sistema educativo trentino dal punto di vista digitale.

Lo sforzo maggiore è stato fatto a livello infrastrutturale . Seguendo indicazioni nazionali, negli anni scorsi è stata rinnovata la dotazione tecnologica a disposizione degli istituti scolastici, grazie all’acquisto di centinaia di lavagne interattive multimediali (LIM), con l’obiettivo che in ogni istituto scolastico fossero installate in almeno il 50% delle classi, con un costo cadauna di oltre 1300 Euro ed un investimento complessivo che tocca i 2 milioni.

In tempi più recenti, grazie alla delibera n. 617/20157, che dà attuazione alle leggi provinciali di assestamento di bilancio del 2015, sono stati investiti 10 milioni di Euro per il collegamento in fibra ottica di tutti gli istituti scolastici della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado. Si tratta di un provvedimento importante che coinvolge circa 295 scuole (56 quelle invece già connesse), le quali saranno collegate alla fibra ottica dalla società Trentino Network entro il 2017.

In Trentino, nel passato, si è investito anche su un altro nodo cruciale per l’innovazione digitale della Scuola: la formazione. Se infatti vogliamo che le buone pratiche si diffondano sul territorio non abbiamo strumento più potente della formazione dei docenti e dirigenti scolastici. La sfida culturale del digitale non può essere vinta senza il loro contributo, bensì grazie ad esso.

7  Delibera n. 617 del 13/04/2015, “Indirizzi per lo sviluppo ed il completamento del progetto di infrastrutturazione in banda ultralarga del Trentino”.

COME COSTRUIRE IL PIANO TRENTINO PER LA SCUOLA DIGITALE

Il disegno di Legge provinciale di recepimento della Buona Scuola non potrà non prevedere articoli sulla digitalizzazione della Scuola e dell’educazione. Nello specifico i punti di riferimento saranno i commi 56, 57, 58, 59, 60, 61 e 62 della Legge n. 107/2015, che porteranno il Dipartimento della Conoscenza a formulare a sua volta un Piano Trentino per la Scuola Digitale. Serve un processo aperto, multiforme e diacronico, che coinvolga soggetti e strumenti differenziati e riesca anche a correggere in corso d’opera le ipotesi progettuali iniziali. Fondamentale sarà infatti prevedere delle supervisioni e dei controlli sull’attuazione del Piano trentino che andrà a recepire il decreto ministeriale. Al raggiungimento di tale obiettivo potrebbero servire gli animatori digitali8, gli accordi territoriali tra istituti scolastici e con partner terzi ed un osservatorio provinciale istituito appositamente dal Dipartimento della Conoscenza.

Al fine di ottenere un disegno coerente e completo, il Piano Trentino per la Scuola Digitale dovrà prevedere interventi su tre pilastri fondamentali, ognuno dei quali accompagnato dalla formazione di insegnanti, dirigenti Scolastici e personale ATA:

> Gli strumenti;

> La didattica;

> La digitalizzazione amministrativa e il piano trasparenza.

8  Piano Nazionale Scuola Digitale, azione #28, p. 117.

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GLI STRUMENTI

CONNETTIVITÀ WIRELESS

L’investimento sul collegamento delle strutture scolastiche è il presupposto per ogni altra innovazione, è la porta di accesso. È perciò strategico l’investimento di 10 milioni di Euro destinato dalla Giunta Provinciale per l’allaccio alla fibra ottica delle 295 scuole trentine ancora mancanti all’appello. A questo dovrebbe però seguire un ulteriore intervento, previsto tra l’altro dal PNSD: cablare tutti gli ambienti interni delle strutture scolastiche per la connessione wireless, come già previsto da precedenti interventi nazionali tra cui il Decreto-Legge n. 104/20139 che ha stanziato 15 milioni di Euro per la connettività wireless nelle scuole. La rete Wi-Fi nelle classi è imprescindibile per una reale innovazione della didattica in senso digitale; l’accesso al web offre a studenti e docenti miriadi di nuove opportunità: non bisogna averne paura, ma averne il controllo.

AMBIENTI DEDICATI

Sempre a livello infrastrutturale, la Scuola del terzo millennio richiede ambienti dedicati all’apprendimento adeguati e funzionali alla nuova didattica ed allo sviluppo delle competenze. Gli spazi infatti possono rappresentare un importante impulso per le nuove competenze trasversali, sempre più richieste ai nostri studenti, per la didattica attiva e per rimuovere gli ostacoli agli studenti affetti da disabilità e bisogni educativi speciali (BES). Il PNSD indica come prioritaria la costruzione di spazi alternativi alle classiche aule, più grandi e che permettano la rimodulazione continua degli spazi in coerenza con l’attività didattica prescelta, per accogliere attività diversificate, per più classi, o gruppi classe, in attuazione del comma 3 della Legge 107/2015.

9  Decreto Legge n. 104 del 12/09/2013, articolo 11, “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca”.

Per quanto riguarda la strumentazione digitale la PAT negli anni scorsi ha deciso di investire importanti risorse per dotare più aule possibili di un accesso al web e - per circa il 50% delle aule - di una lavagna LIM. Benché a questo investimento fossero seguiti dei corsi di formazione per i docenti sull’utilizzo e sulle potenzialità di questi nuovi strumenti, possiamo senza dubbio affermare che i benefici sono stati inferiori alle aspettative. Per un motivo molto semplice: “l’educazione nell’era digitale non deve porre al centro la tecnologia, ma i nuovi modelli di interazione didattica che la utilizzano”10, come recita il PNSD e come da anni vanno ripetendo gli innovatori che nella Scuola già ci sono. I piani per dotare gli istituti scolastici di strumenti tecnologici per la didattica su larga scala - a partire dalle LIM fino ai tablet in classe - hanno due grossi difetti: sono molto costosi e i dispositivi che vengono acquistati risultano in pochi anni obsoleti ed inutilizzabili. Bisogna puntare a sistemi più personalizzabili e flessibili , che vadano di pari passo con una formazione continua dei docenti e dei dirigenti scolastici per fare in modo che i nuovi strumenti digitali non vengano percepiti nell’ambiente scolastico come estranei ed ostili.

BRING YOUR OWN DEVICE (BYOD)

In questa direzione va l’azione #6 del PNSD11: la definizione delle linee guida per la diffusione della pratica del BYOD, acronimo per “Bring your own device”. Uscendo dalla definizione inglese, il BYOD permette agli studenti di portare da casa il proprio device, a partire dagli smartphone fino ai PC portatili, per utilizzarli in classe a fini didattici. Non come corpi estranei, ma per sfruttare le opportunità delle nuove pratiche didattiche, più flessibili, trasversali ed interattive. Nuove pratiche già diffuse in Trentino ma che devono essere

10  Piano Nazionale Scuola Digitale, p. 28.11  Piano Nazionale Scuola Digitale, Linee guida per le politiche attive di BYOD, pp. 47-48.

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accompagnate da un cambiamento culturale della Scuola, che fino ad oggi ha guardato al digitale come ad un nemico più che come ad un alleato. Per permettere la diffusione di questa pratica sono necessarie diverse azioni:

> Cablaggio di tutte le aule per la connettività wireless;

> Modifica dei regolamenti scolastici (in particolare la Direttiva del MIUR del 15/3/200712)

> Formazione di insegnanti e dirigenti scolastici.

L’utilizzo flessibile dei device personali non porterebbe benefici solamente per la didattica: può infatti rappresentare un importante passo in avanti per il diritto allo studio. Verrebbe infatti realmente permesso l’acquisto delle versioni digitali dei libri di testo, con una consequenziale riduzione della spesa per le famiglie attorno al 50%. Per permettere un reale cambiamento in questo senso bisognerà garantire la completezza di informazioni alle famiglie e permettere l’acquisto dei dispositivi anche alle famiglie con redditi più bassi, tramite contributi pubblici provinciali.

SOFTWARE LIBERO

Infine per il Partito Democratico del Trentino non si può parlare di Scuola digitale senza trattare approfonditamente delle opportunità aperte dal software libero13, un tema lasciato invece inevaso dal Piano del Governo. La Provincia di Trento ha già legiferato sul tema, con la Legge provinciale n. 16 del 201214, in particolare con l’articolo 11 della stessa Legge. Articolo 11 che però è necessario attuare, uscendo dalle logiche di

12  Direttiva del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 15/03/2007 “Linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti”.13  Il software libero è un software pubblicato sotto i termini di una licenza libera, a differenza del software proprietario il cui utilizzo è regolamentato dai diritti del produttore.14  Legge provinciale n. 16 del 27/07/2012, “Disposizioni per la promozione della società dell’informazione e dell’amministrazione digitale e per la diffusione del software libero e dei formati di dati aperti”.

sperimentazione e tentando la diffusione strutturale del FLOSS (Free Libre Open Source Software) negli istituti scolastici della Provincia di Trento.

La diffusione massiccia del software libero, nelle attività didattiche quanto in quelle gestionali-organizzative, porterebbe una serie di benefici non indifferenti, riassunti nel “Piano di diffusione del software libero nella comunità scolastica trentina” a cura del LiTsA15:

> I programmi sono liberi e ridistribuibili senza nessuna restrizione di utilizzo;

> Permette di fornire un servizio pubblico a costi minori (le spese per le licenze software a carico degli enti scolastici trentini sono quantificabili in 4 milioni all’anno);

> Le applicazioni possono essere modificabili e adattabili;

> I contenuti digitali realizzati in formato aperto e con strumenti aperti permettono il completo e libero riutilizzo;

> I programmi stessi possono essere studiati;

> Limita il proliferare dell’uso illegale di software e della pirateria informatica;

> Educa alla legalità; si copiano programmi che legalmente si possono ridistribuire;

> Educa alla collaborazione e alla partecipazione;

> Emancipa gli utilizzatori da dipendenze di mercato;

> Aumenta le conoscenze sul corretto utilizzo delle licenze e del diritto d’autore.

Lo stesso LiTsa si interroga su come attuare la diffusione del FLOSS nella Scuola trentina. E, come per qualsiasi altra novità, nella Scuola non si può procedere

15  Massimo Bosetti, Matteo Ruffoni, Pitro Pilolli di LiTsA (Laboratorio Tecnologico a Supporto dell’Apprendimento), “Openschool 2013-2016, Piano di diffusione del software libero nella comunità scolastica trentina”.

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che a piccoli passi, accompagnando le comunità, facendo comprendere loro le potenzialità. La formazione di dirigenti scolastici, insegnanti e personale ATA diventa quindi prioritaria e va attuata in collaborazione con IPRASE di seguito a un’ampia ricognizione e mappatura16 delle esperienze open source negli istituti trentini. Già molti insegnanti e molti dirigenti scolastici promuovono infatti quotidianamente il FLOSS: queste persone vanno sostenute e va con loro condiviso il piano di diffusione del software libero. Proprio sul modello di quanto prevede il PNSD con l’istituzione della figura dell’animatore digitale17 e con il sostegno alle community degli innovatori.

Ma è necessario un ulteriore passo per la piena attuazione della Legge 16/2012: gli istituti scolastici, dopo le sperimentazioni e i corsi di formazione, devono procedere con le migrazioni da sistemi operativi e software proprietari a open source, con l’aiuto organizzativo e finanziario del Dipartimento della Conoscenza. Un significativo passo in avanti era stato compiuto nel novembre del 2012, con la distribuzione da parte del Dipartimento di 500 copie di WiildOs, un sistema operativo open source dedicato alla didattica e all’apprendimento.

Al fine di portare sempre più realtà scolastiche trentine a migrare i propri software e per riuscire a sviluppare le metodologie didattiche che grazie a questi strumenti hanno la possibilità di diffondersi, è necessario un piano organico di attuazione della Legge 16/2012, attraverso la condivisione del percorso con le community spontanee e attraverso un continuo supporto e controllo della diffusione da parte del Dipartimento della Conoscenza della Provincia Autonoma di Trento.

16  Qualcosa è già stato fatto dalla community di crowdmap.com, in particolare la mappatura delle scuole e degli insegnanti che utilizzano software libero in tutta Italia.17  Piano Nazionale Scuola Digitale, azione #28, p. 117.

LA DIDATTICAIl Partito Democratico è convinto che il digitale non sia semplicemente uno strumento per la didattica: può infatti diventare esso stesso veicolo per lo sviluppo di competenze trasversali. Citando il PNSD del Ministero, “I nostri studenti, come raccomandato anche dall’OCSE, devono trasformarsi da consumatori in “consumatori critici” e “produttori” di contenuti e architetture digitali, in grado di sviluppare […] competenze trasversali ad ogni settore e ambito occupazionale; in grado di risolvere problemi, concretizzare le idee, acquisire autonomia di giudizio, pensiero creativo, consapevolezza delle proprie capacità, duttilità e flessibilità nella ricerca di soluzioni.”18 L’obiettivo che ci deve guidare è comprendere quali sono le competenze necessarie ai nostri studenti e alle nostre studentesse per orientarsi nel mondo di oggi da cittadini consapevoli e non da meri consumatori. Da questo punto di vista il PNSD delinea i percorsi da mettere in campo19. Per le classi di “base”:

> I diritti della rete;

> L’educazione ai media e alle dinamiche sociali online;

> La qualità, integrità e circolazione dell’informazione.

Per le classi “caratterizzanti” invece:

> L’economia digitale;

> La comunicazione e l’interazione digitale;

> Le dinamiche di generazionale, analisi, rappresentazione e riuso di dati;

> Il making, la robotica educativa, l’internet delle cose;

> L’arte digitale, la gestione digitale del patrimonio culturale;

> La lettura e la scrittura in ambienti digitali e misti, il digital storytelling, la creatività digitale.

18  Piano Nazionale Scuola Digitale, p. 70.19  Piano Nazionale Scuola Digitale, pp. 77-78.

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In questo quadro la didattica attiva, a cco m p a g n at a d a g l i s t r u m e nt i t e c n o l o g i c i , p u ò s u p p o r t a r e l’apprendimento di molte dimensioni delle competenze trasversali. Ma non solo: la vera sfida è raggiungere una nuova alfabetizzazione, a partire dalle basi del pensiero computazionale. È necessario che i nostri studenti apprendano almeno i principi del pensiero computazionale, per metterli nelle condizioni di apprendere e di comprendere i fondamenti culturali e scientifici dell’informatica, competenza divenuta fondamentale per una cittadinanza consapevole.

BANCA DI PIANI PEDAGOGICI E PROCESSI DIDATTICI

In questo senso è interessante la proposta del PNSD che prevede la creazione di una banca di piani pedagogici e processi didattici20, a cui tutto il personale scolastico e gli enti formatori potranno accedere. Questa proposta potrebbe essere estesa fino a raccogliere buone pratiche non solo digitali, ma didattiche in genere. Coerentemente con l ’at tuazione dell’intero Piano per la Scuola Digitale, fondamentale sarà anche la formazione di dirigenti e insegnanti, attraverso un piano specifico da parte di IPRASE.

PENSIERO COMPUTAZIONALE

Il MIUR indica la via principale per l’apprendimento delle basi del pensiero computazionale in esperienze di coding per tutti gli studenti della scuola primaria. Già diversi percorsi sono attivi a livello nazionale, come “Programma il Futuro”21: in Trentino sono invece attivi da tempo progetti di coding organizzati da associazioni spontanee della community CoderDojo22, che già offrono

20  Piano Nazionale Scuola Digitale, azione #15, p. 77.21  Programma il Futuro, un progetto del MIUR in collaborazione con il CINI che ha l’obiettivo di fornire alle scuole una serie di strumenti semplici, divertenti e facilmente accessibili per formare gli studenti ai concetti di base dell’informatica. Per l’anno scolastico 2015/2016 intende coinvolgere almeno il 35% degli studenti delle scuole primarie.22  CoderDojo, una community internazionale di volontari impegnati per

esperienze didattiche a istituti scolastici trentini. Insieme al contributo di questi innovatori naturali bisogna immaginare un piano organico che estenda tali esperienze formative, oggi distribuite a macchia di leopardo sul territorio trentino. Per quanto riguarda invece le Scuole secondarie di I e di II grado è necessario aggiornare e potenziare i percorsi di studio già previsti, e dare la possibilità a più studenti possibile di accedere ad esperienze formative di coding, anche attraverso i progetti d'istituto e la flessibilità dei piani didattici.

IMPRENDITORIALITÀ, RIDUZIONE CONFIDENCE GAP, ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Il Partito Democratico del Trentino è favorevole anche ad altre proposte contenute nel PNSD, che dovranno essere declinate secondo le esigenze del nostro territorio: dal curricolo nazionale per l’imprenditorialità23, alla necessità di colmare il confidence gap24 che colpisce le studentesse in particolare verso le carriere in ambiti tecnologici e scientifici, le cosiddette discipline STEM (in Provincia di Trento questo percorso è già stato avviato, come indicato dai risultati dell’indagine OCSE PISA 201225 che riferiscono di un gap di genere ormai colmato in scienze e in forte diminuzione in matematica), alla valorizzazione delle competenze digitali ed imprenditoriali attraverso la pratica dell’alternanza scuola-lavoro, che in Trentino potrebbe essere attuata attraverso accordi con enti di ricerca ed incubatori di start-up.

insegnare a bambini e bambine tra i 7 e i 17 anni il coding, a sviluppare siti, app, programmi, giochi e a esplorare in genere la tecnologia in un modo informale e interattivo.23  Piano Nazionale Scuola Digitale, azione #19, pp. 86-88.24  Piano Nazionale Scuola Digitale, azione #20, p. 89.25  Working paper n° 2/2015 “I risultati dell’indagine OCSE PISA 2012 per il Trentino in un’ottica di confronto internazionale” redatto dall’IPRASE, pp. 27-30.

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RISORSE DIDATTICHE APERTE E BIBLIOTECHE SCOLASTICHE

Il digitale apre inoltre nuove strade alla didattica: già da qualche anno si sono diffuse le Risorse Didattiche Aperte (OER), cioè quei contenuti didattici digitali - preferibilmente con licenze Creative Commons (CC) - autoprodotti da insegnanti o interi istituti. Il PNSD compie un’azione importante in questo senso: riconosce la loro importanza (sia per abbattere i costi, sia per migliorare la varietà dei contenuti didattici) e intende istituire linee guida chiare26 per la loro adozione e produzione da parte di insegnanti e istituti scolastici. Questa misura, che il PD propone venga recepita nella sua interezza in Provincia di Trento, potrà essere valorizzata se messa a sistema assieme alla diffusione della pratica del BYOD, creando una sinergia tra software e hardware flessibili e personalizzabili. Il PNSD si prende cura anche di un altro aspetto spesso dimenticato: le biblioteche scolastiche . Il MIUR indica il loro potenziamento come fondamentale per attività di lettura e scrittura su carta e in digitale, anche nella logica della battaglia contro la dispersione scolastica. In generale gl i spazi delle biblioteche scolastiche vanno ripensati e trasformati da raccoglitori chiusi di sapere e conoscenza a spazi aperti e vivi ove tutte queste fonti vengano messe realmente a disposizione degli studenti e della comunità intera. Potrebbero diventare spazi di aggregazione e di studio, per le attività mattutine e pomeridiane, mantenendo la loro funzione di centri di documentazione e alfabetizzazione, cartacea e digitale allo stesso tempo. Per il raggiungimento di tali obiettivi, i l Dipartimento della Conoscenza potrebbe agevolare il loro utilizzo e la loro apertura durante l’intera giornata attraverso indirizzi chiari agli istituti e conseguenti fondi aggiuntivi.

26  Piano Nazionale Scuola Digitale, azione #23, p. 98-89.

LA DIGITALIZZAZIONE AMMINISTRATIVA E IL PIANO TRASPARENZAIl digitale nella Scuola ha il potenziale per rinnovare il sistema scolastico trentino, non solo nella didattica ma anche nella stessa organizzazione e gestione, con ricadute positive per educatori e studenti. Attraverso le innovazioni offerte dal digitale infatti le organizzazioni scolastiche possono ottenere una maggiore “efficienza […] ed un innegabile impatto migliorativo su tutta la comunità scolastica”27. È inoltre possibile creare una sinergia virtuosa tra alternanza scuola-lavoro, didattica digitale e digitalizzazione dell’organizzazione scolastica: gli studenti della scuola secondaria di II grado potrebbero, all’interno di percorsi specifici di alternanza scuola-lavoro declinati alle attività digitali, contribuire alla creazione, alla manutenzione ed all’innovazione delle infrastrutture informatiche dell’istituto scolastico di appartenenza, in collaborazione con docenti, tecnici di laboratorio e personale ATA28.

ACCOUNT DIGITALE

I l PNSD per quanto riguarda la digitalizzazione organizzativa - ancora una volta - compie dei passi in avanti. Adotta infatti un unico strumento di riconoscimento per permettere ad ogni studente e docente di accedere a una serie di servizi disponibili e al proprio profilo digitale, all’interno della più ampia strategia del Governo “Italia Login"29. Così gli studenti potranno accedere in modo più semplice ai finanziamenti per il diritto allo studio ed al proprio curriculum dello studente (di cui al comma 28 della 107/2015): altre utili possibilità non citate dal PNSD ma che in Trentino potremmo

27  Piano Nazionale Scuola Digitale, p. 62.28  A questo proposito leggere il capitolo "Per una Scuola fondata (anche) sul Lavoro" a pagina 37.29 Italia Login è la strategia del Governo italiano - di responsabilità dell’Agenzia per l’Italia Digitale - affinché ogni cittadino possa interfacciarsi con ogni sito e servizio della PA attraverso un unico account. Il sistema in particolare è chiamato Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID).

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introdurre potrebbero essere quelle di offrire agli studenti un unico indirizzo di posta elettronica istituzionale, attraverso il quale contattare ed essere contattati dagli istituti scolastici e dai docenti, e dare la possibilità agli studenti di accedere, tramite il proprio profilo, ai giudizi conseguiti durante l’anno, alle varie valutazione definitive di ogni quadrimestre, alle proprie assenze e ritardi raccolti attraverso il registro elettronico. I professori invece, attraverso il profilo personale, potranno accedere al proprio portfolio professionale e all’elenco delle esperienze formative conseguite durante la propria carriera.

REGISTRO ELETTRONICO

Per quanto r iguarda i l registro elettronico il Trentino deve proseguire sulla strada già intrapresa negli anni scorsi. A livello nazionale si è sancito il suo obbligo nel 2012 ma la sua adozione, come in Trentino, prosegue in modo disomogeneo. I ritardi che abbiamo accumulato in Provincia sono stati dovuti a problemi organizzativi riguardo l’acquisto delle licenze informatiche dalle software house: una soluzione potrebbe essere quella di affidarsi a strumenti open source, come LampSchool30 e altri servizi che si appoggiano a server Ubuntu31. D’altro canto è necessario formare insegnanti, dirigenti e personale ATA in modo che venga sfruttata ogni potenzialità di questo strumento: dalla dematerializzazione degli atti, all’accesso facilitato ai dati da parte di famiglie e studenti.

Strumenti come il registro elettronico e i portali informatici personali possono infatti agevolare la dematerializzazione della documentazione e della burocrazia scolastica, per i singoli istituti ma anche per lo stesso Dipartimento della Conoscenza. Gli istituti trentini dedicano ampi spazi della propria struttura ad

30  Un registro elettronico open source dedicato alla didattica, di cui aveva scritto a dicembre 2015 tecnicadellascuola.it.31  Sistema operativo per PC open source, distribuito da GNU/Linux.

archivi cartacei in cui vengono raccolti per anni i registri di classe, i temi scritti ed altro materiale burocratico. La nostra proposta è che tali spazi vengano via via liberati attraverso un processo di dematerializzazione degli atti grazie alla raccolta dei dati direttamente attraverso l’interfaccia digitale, oppure grazie ad una successiva trasformazione in formato digitale degli atti cartacei. Gli spazi che gli istituti scolastici riusciranno a liberare dagli archivi dovranno in modo prioritario essere destinati ad attività di studio individuale e collettivo per gli studenti, ove praticare forme di didattica che necessitano spazi differenti dalla classica aula.

PIANO TRASPARENZA

Tra le possibilità offerte dal digitale non possiamo infine tralasciare la trasparenza. Nella società del XXI secolo vi è una enorme domanda di trasparenza da parte della Pubblica Amministrazione: sia per motivi economici - gli Open Data offrono sterminate possibilità - che per motivi di opportunità e di rendicontazione pubblica. La Scuola, in qualità di ente educatore, non può essere da meno. Il MIUR, anche nell’ottica di un miglioramento dell’offerta informativa legata all’orientamento scolastico, ha creato il sito cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola, in cui vengono raccolti tutti i dati riferiti ad ogni singolo istituto: il numero di studenti, docenti e classi, gli indirizzi di studio, il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, i libri di testo adottati, le infrastrutture informatiche e la dotazione della scuola, l’età media dei docenti, i finanziamenti ricevuti e i pagamenti effettuati, il Rapporto di AutoValutazione (RAV) e i dati inerenti all’edilizia scolastica. Un ottimo passo in avanti - permesso proprio dalla Legge 107/2015 - che certamente può essere ulteriormente migliorato nella completezza delle informazioni e nella loro accessibilità. Il Partito Democratico del Trentino propone che i dati degli

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istituti scolastici trentini confluiscano nel sito del Ministero (ad oggi purtroppo le scuole trentine non offrono tutte queste informazioni pur comparendo nel sito); oppure, nel caso tale soluzione non fosse praticabile, la nostra proposta è che venga messo online un sito simile per gli istituti, pubblici e paritari, della Provincia Autonoma di Trento.

Un ulteriore provvedimento che potrebbe andare a migliorare la trasparenza delle informazioni e la possibilità di accountability di famiglie e studenti prevede che nel caso in cui l’istituto scolastico chieda alle famiglie di contribuire con un versamento volontario al fine di finanziare attività facoltative, l’istituto scolastico sia successivamente tenuto a rendicontare alle stesse famiglie l’util izzo dei fondi raccolti, in modo dettagliato ed accessibile. Stesso discorso varrebbe quindi anche per i f inanziamenti provenienti dal territorio, dalle aziende, dalle cooperative e dai privati cittadini; la trasparenza deve diventare di moda.

Il digitale nella Scuola non è l’ultima delle tante mode educative. È un mezzo grazie al quale - se ben implementato - gli studenti potranno imparare di più e meglio, con uno sguardo più attento e consapevole al mondo che cambia. È una sfida che apre miriadi di opportunità, da una più efficace inclusione scolastica a maggiori competenze digitali, sempre più richieste.

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La Creatività ritorna a Scuola

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PROPOSTE CONCRETE

# 39 Recepire la Buona Scuola e fare in modo che l’arte, la musica, il disegno, l’arte drammatica, l’espressione teatrale, la storia dell’arte e della musica vengano valorizzate dagli istituti scolastici grazie all’organico di potenziamento.

CREATIVITÀ COME METODO DI APPRENDIMENTO

La Scuola trentina, e quella italiana in genere, considera ancora troppo poco il valore della creatività, fondamentale per favorire l'apprendimento e la formazione degli studenti . Ancora in modo insufficiente la si incentiva e la sviluppa come metodo di apprendimento e di crescita per gli studenti.

Il metodo didattico che prende in considerazione lo sviluppo creativo dello studente incentiverebbe la presa d’iniziativa e la coscienza delle proprie capacità. Riprendendo discorsi cari all’ex Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, la Scuola trentina è ancora troppo logo-centrica e forma solo l’homo rationalis, tralasciando, le modalità di espressione artistiche e creative. Anche nella prospettiva di una scuola realmente inclusiva, che sia in grado di intercettare bisogni educativi e stili di apprendimento diversi, riteniamo che, al contrario, esse vadano stimolate, anche nell’ottica di costruire una scuola più coinvolgente, di cui gli studenti si sentano realmente parte, dove trovino spazi per esprimersi e dove si sentano ascoltati e valorizzati, in un reale patto educativo che coniughi rigore e impegno da un lato, autenticità e libertà di espressione dall’altro.

LA “BUONA SCUOLA” È UN PRIMO PASSOLa “Buona Scuola” in questo compie dei passi in avanti. Infatti la riforma della Scuola per l’impiego del nuovo organico di potenziamento indica come prioritario il “potenziamento delle competenze nella pratica e nella cultura musicali, nell’arte e nella storia dell’arte, nel cinema, nelle tecniche e nei media di produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni;” e “l’alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini”.1

Il Partito Democratico del Trentino propone di recepire questa norma nazionale e fare così in modo che l’organico di potenziamento2 recentemente previsto in Trentino possa essere impiegato anche per promuovere progettualità e attività che riguardino l’arte, la musica ed il teatro nella Scuola, sia nella loro forma pratica e creativa, che teorica e storica. Crediamo che questo sia ancora più necessario alla luce del taglio del monte ore riservato alla storia dell’arte nei licei3, una materia che certamente può promuovere la capacità di lettura e interpretazione di diversi tipi di linguaggi, come quello visivo o quello plastico.

In questo senso particolare attenzione dovrebbe essere posta sulla Scuola primaria e ancor più sulla Scuola secondaria di primo grado4, nelle quali potrebbe risultare particolarmente ef f icace una d idat t ica basata sull’apprendimento esperienziale, sulla creatività, sul problem solving. La “Scuola media” dovrebbe avere il compito di aiutare ad elaborare un metodo di studio, non di ripetere i contenuti che verranno poi sviluppati più approfonditamente negli anni successivi.

1  Legge n. 107 dell’anno 2015, art. 1, c. 7.2  Previsto dal nuovo “Piano assunzionale programmatico per il personale docente anni scolastici 2016/2017 - 2017/2018 - 2018/2019” contenuto nella delibera n. 269 del 4/03/2016.3  Piani di studio provinciali aggiornati.4 Ne scriviamo al capitolo "Scuola Media, da anello debole a punto di forza" a pagina 47.

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La Creatività ritorna a Scuola

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A COSA SERVONO LA STORIA DELL’ARTE E DELLA MUSICACome abbiamo scritto, se da una parte è necessario che l’apprendimento coinvolga anche le competenze creative dello studente, d’altra parte è utile che queste esperienze possano successivamente essere messe in correlazione con la storia dell’arte e della musica. Tale apprendimento nel 2016 è utile prima di tutto a formare un atteggiamento culturale e, non secondariamente, un comportamento consapevole nei confronti del patrimonio storico-artistico e musicale che segna e contraddistingue il nostro Paese. Atteggiamento culturale che risulta quanto mai urgente promuovere, visti gli enormi margini di miglioramento che il nostro Paese mostra nella promozione e valorizzazione delle ricchezze artistiche e culturali della penisola. Il rafforzamento di queste competenze non avrebbe quindi solo una ricaduta in termini disciplinari e accademici, ma anche sociali e civili.

Insegnare la storia del patrimonio artistico e musicale italiano ed europeo non deve limitarsi a snocciolare dati storici, una serie di descrizioni sommarie e di aneddoti saporiti. Si tratta invece di collocare la produzione artistica all’interno del più ampio scenario degli studi umanistici di ambito antichistico, letterario, storico e filosofico.

Attraverso lo studio della produzione artistica e i suoi differenti linguaggi si riesce a presentare lo spaccato di un’epoca e di una società, sviluppando le competenze trasversal i della contestualizzazione e favorendo i legami tra le diverse discipline storico-umanistiche. L’alfabetizzazione al linguaggio artistico e musicale consente di educare gli studenti alla Bellezza, al gusto artistico, all’ascolto, competenze ad oggi assai lacunose, la cui importanza è stata rivista recentemente

anche dalla neuropsicologia5. Inoltre, è la stessa società del XXI secolo, rapida e liquida, che ci impone un ripensamento sulle competenze necessarie agli studenti per orientarsi nella realtà. Viviamo quella che viene definita la società delle immagini, in cui ognuno di noi viene sommerso quotidianamente da stimoli visivi, foto e grafiche. Risulta quindi necessaria un’educazione all’uso delle immagini ed al loro significato, per sapersi orientare e per non divenire semplici consumatori ma cittadini consapevoli del terzo millennio.5  Michael Posner, Brenda Patoine, “How Arts Training Improves Attention and Cognition” (2009).

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PROPOSTE CONCRETE:

# 40 Aumentare i fondi destinati alla promozione delle esperienze di studio all’estero;

# 41 Formare gli insegnanti in modo che diventino reale punto di riferimento per gli studenti all’estero;

# 42 Semplificare l’iter burocratico per le partenze e per il recupero delle discipline una volta tornati in Trentino;

# 43 Raccogliere su una piattaforma online le esperienze di chi è partito, anche in ottica orientativa;

# 44 Sperimentare scambi linguistici e periodi all’estero anche per gli insegnanti.

A COSA SERVONO LE ESPERIENZE ALL’ESTERO

Il Piano Trentino Trilingue1, approvato dalla Giunta provinciale a novembre 2014, prevede lo stanziamento di 15 milioni di Euro per il potenziamento delle esperienze all’estero di studenti delle scuola secondarie di secondo grado e della formazione professionale. Si tratta di un investimento molto importante, nell’ottica di un trilinguismo sempre più diffuso tra i nostri studenti. Infatti le esperienze di mobilità internazionale scolastica possono offrire importanti possibilità per lo sviluppo educativo e personale degli studenti. In particolare:

> Sviluppo di competenze trasversali degli studenti come la capacità di leggere e analizzare

1  Approvato dalla Giunta provinciale con la delibera n. 2055 del 29/11/2014.

il contesto, le capacità relazionali e di comunicazione, il problem solving, la capacità di iniziativa, di imparare ad imparare, autonomia;

> Sviluppo di competenze interculturali;

> Sviluppo di competenze specifiche rispetto alla lingua straniera;

> Sviluppo di conoscenze rispetto a sistemi scolastici diversi da quello italiano a livello di organizzazione, interazione docenti-discenti dentro la scuola, metodologie nella didattica, contenuti.

COSA BISOGNA FARE PER INCENTIVARE LE PARTENZE

Nella nostra Provincia circa 400 studenti delle “superiori” passano alcune settimane linguistiche all’estero e più o meno 90 frequentano il quarto anno all’estero2. Numeri ancora migliorabili a fronte di 19 1893 studenti totali frequentanti gli istituti superiori provinciali. Non a caso sembra che nel 2015 gli studenti che hanno trascorso alcune settimane in paesi dell’Unione europea per migliorare le proprie competenze in inglese ed in tedesco siano cresciuti a 615. Secondo il Partito Democratico del Trentino bisogna quindi proseguire su questa strada, aumentando i finanziamenti a disposizione per i voucher e per le borse di studio, destinate in particolare per i nuclei famigliari con reddito basso. Il dato degli studenti frequentanti il quarto anno all’estero, che rappresentano soltanto lo 0,4% della popolazione studentesca delle “superiori”, è quello che mostra i maggiori margini di miglioramento.

Per riuscirci, oltre ad aumentare i

2  Dati relativi all’anno scolastico 2013-2014.3  Dati relativi all’anno scolastico 2014-2015.

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finanziamenti, è necessario formare gli insegnanti in modo da renderli un punto di riferimento per gli studenti in soggiorno studio all’estero, e non un ostacolo come talvolta accade. Ogni istituto potrebbe dotarsi di un referente per l’internazionalizzazione. Inoltre sarebbe un grande passo in avanti se gli insegnanti fossero formati ed informati riguardo all’impatto positivo che questo tipo di esperienze ha sugli studenti e sulla loro crescita. D’altro canto serve incentivare gli studenti a partecipare a programmi di internazionalizzazione attraverso crediti scolastici ed il nuovo strumento del curriculum scolastico4.4  Legge n. 107 anno 2015, c. 28.

VALORIZZIAMO LE ESPERIENZE

Ma aumentare il numero di studenti trentini che passano un soggiorno di studio all’estero non basta. Servirà valorizzare le esperienze, anche per creare un reale ritorno per tutta la comunità scolastica. Agli studenti che hanno partecipato ad un programma di soggiorno all’estero quindi potrebbe essere chiesto di raccontare la loro esperienza, raccontare la società in cui sono stati accolti e le caratteristiche del sistema scolastico che hanno frequentato. Tutto questo materiale verrebbe raccolto su una piattaforma digitale e potrà servire a condividere esperienze importanti: sia per gli studenti che intendono partire, come forma di orientamento, sia per i docenti e gli istituti che volessero mettersi in gioco e migliorarsi anche a partire da esperienze e buone pratiche adottate all’estero.

MENO INCERTEZZA E PIÙ SICUREZZA

Vi è anche un altro passaggio: oltre ad offrire maggiori opportunità agli studenti trentini ed a valorizzare l’esperienza di chi torna dopo un soggiorno di studio, serve pure semplificare l’iter burocratico del recupero scolastico che gli studenti - in particolare coloro che perdono parti considerevoli del programma scolastico - devono affrontare al ritorno dal soggiorno all’estero. Spesso infatti vengono riservate brutte sorprese per quanto riguarda le discipline che il consiglio di classe impone di recuperare allo studente perché non sufficientemente affrontate nel corso del soggiorno nell’’istituto ospitante. Non è raro che gli studenti si trovino in difficoltà. Importante sarebbe quindi offrire il maggior numero di informazioni possibili agli studenti prima della loro partenza. In quest’ottica i programmi Erasmus+ possono essere d’esempio: agli studenti universitari in partenza viene richiesto di formulare un learning agreement che deve essere poi ratificato da una apposita commissione di docenti, il quale prevede quali corsi gli studenti frequenteranno e quali di questi potranno essere riconosciuti una volta tornati. L’incompletezza di informazioni è uno dei deterrenti maggiori a partire per gli studenti e le famiglie, spesso ancor più che gli oneri economici.

ARRIVI E NON SOLO PARTENZE

Gli scambi non sono fatti di sole partenze degli studenti trentini, ma anche di arrivi di studenti stranieri in Provincia di Trento. Le esperienze e le competenze di questi studenti vanno valorizzate, senza lasciarli isolati nelle classi ma coinvolgendoli. Per riuscirci dobbiamo

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dotarci di docenti formati appositamente e - nell’ottica del Piano Trentino Trilingue - che sappiano dialogare almeno in lingua inglese. Questi ragazzi e ragazze portano con sé un bagaglio linguistico, culturale ed esperienziale che talvolta purtroppo non viene condiviso con chi li accoglie. Un esempio concreto di come poter valorizzare queste esperienze è coinvolgere questi studenti e queste studentesse straniere sui percorsi CLIL5.5  Acronimo di “Content and Language Integrated Learning”, cioè apprendimento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera veicolare. In pratica l’insegnamento ed apprendimento delle diverse discipline attraverso l’inglese ed il tedesco.

ANNO ALL’ESTERO ANCHE PER I DOCENTI

La Provincia di Trento ha già intrapreso passi importanti per la mobilità e l’internazionalizzazione dei docenti. Grazie alla delibera n. 1952 del 2014 è stato attivato l’accordo tra Trentino e Land Tirolo per l’attuazione del progetto di cooperazione tra le scuole “superiori” delle due Regioni. Questo accordo, in fase sperimentale, è volto a favorire lo scambio tra i due sistemi formativi, che può avvenire su tre livelli: scambio tra studenti, tra classi e tra docenti.

Particolarmente innovativi - anche nel contesto europeo - sono questi ultimi, gli scambi linguistici tra insegnanti. La delibera provinciale afferma infatti che “la presenza all’interno dell’istituzione scolastica dei docenti del Land Tirol deve essere considerata come un’occasione per accrescere le proprie competenze linguistiche e per mettere a confronto la propria attitudine didattica, alla luce dell’esperienza sul campo e del confronto con i colleghi tirolesi […]”. Una collaborazione di questo tipo può risultare utile sia per raccogliere spunti dall’organizzazione del sistema formativo austriaco sia per immaginare l’elaborazione di un comune curricolo disciplinare o di area disciplinare, anche

nell’ottica di diffondere l’insegnamento in modalità CLIL.

Ad oggi questa sperimentazione biennale riguarda 5 istituti provinciali, ai quali sono stati affiancati 5 istituti austriaci gemelli. Importante sarà - se la sperimentazione garantirà buoni risultati - proseguire su questa strada ed estenderla ad altri istituti provinciali sempre seguendo la pratica del job-shadowing degli insegnanti. Tutto ciò tenendo conto delle possibili problematiche che gli studenti degli insegnanti in scambio possono avvertire, soprattutto in termini di mancanza di continuità didattica.

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T R I L I N G U I S M O , U N A S F I DA DA V I N C E R ESull’apprendimento delle lingue molto è stato in Provincia di Trento negli ultimi anni. Il Piano Trentino Trilingue6 destinerà 36 milioni di fondi fino al 2020 per la promozione e il potenziamento dell’insegnamento della seconda e della terza lingua. È un tassello senz’altro fondamentale per offrire ai nostri studenti le competenze adeguate per affermarsi come individui e cittadini e per competere nel mondo. Tuttavia molte polemiche ha scatenato negli ultimi mesi l’attuazione del Piano, soprattutto per via dell’uso massiccio della pratica didattica del CLIL7.Il Partito Democratico del Trentino è convinto delle scelte compiute, che altro non sono che il frutto del rispetto degli impegni assunti in campagna elettorale dalla coalizione di centro-sinistra autonomista . Siamo inoltre convinti però che sia necessaria un’opera di controllo e valutazione dell’attuazione del Piano Trentino Trilingue, al fine di assicurare la qualità didattica in questa fase così delicata di transizione. Vediamo quindi posit ivamente eventi di studio e di approfondimento come il recente Festival delle Lingue8. Chiediamo inoltre al Dipartimento della Conoscenza di continuare e di rafforzare gli sforzi con la sua opera di coordinamento e di attuazione del potenziamento del trilinguismo, valutando passo passo le novità

6  Approvata dalla Giunta provinciale con la delibera n. 2055 del 29/11/2014.7  Acronimo di “Content and Language Integrated Learning”, cioè apprendimento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera veicolare. In pratica l’insegnamento ed apprendimento delle diverse discipline attraverso l’inglese ed il tedesco.8  Organizzato a Rovereto il 18 e il 19 marzo.

introdotte. Attuazione durante la quale bisognerà mantenere alta l’attenzione sulla necessità prioritaria di mandare in classe insegnanti preparati e competenti sia dal punto di vista linguistico che disciplinare e di garantire il diritto allo studio agli studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES), che spesso riscontrano difficoltà a contatto con la pratica CLIL. Particolare focus inoltre dovrà essere speso per comprendere quanto tale pratica didattica sia efficace, e se lo sia per tutti gli studenti o se sia il caso di proporlo sistematicamente solo per alcune classi di età e per alcune discipline.Contestualmente potrebbero essere messe in campo e rafforzate altre pratiche, da affiancare al CLIL. Una di queste è certamente la possibilità degli studenti di trascorrere dei periodi di studio all’estero , di cui abbiamo scritto nelle pagine precedenti; questo è una possibilità già prevista, anche nel recente Piano Trilingue. Novità sarebbe invece la possibilità di avere una massiccia presenza di lettori in classi, vale a dire docenti madrelingua. O ancora - altra ipotesi - ci si potrebbe orientare sul modello bilingue sviluppato in modo sperimentale in Germania, dove le classi seguono lezioni disciplinari con docenti della materia tedeschi e, contemporaneamente e in compresenza, con il docente di inglese, secondo il principio didattico “un volto, una lingua”.

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PROPOSTE CONCRETE

# 45 Indicare come prioritaria alle scuole secondarie di secondo grado l’attivazione di percorsi didattici volti a rafforzare le competenze civiche nel quadro degli insegnamenti opzionali;

# 46 Istituire in tutti gli ordini e gradi l’iniziativa annuale della “Settimana della democrazia”. Un’esperienza forte, concentrata, richiamata durante l’anno da altre esperienze di partecipazione nella classe e nella scuola;

# 47 Istituire un premio provinciale per progetti scolastici indirizzati all’educazione interculturale e alla cittadinanza attiva, volto a promuovere e sostenere a livello pluriennale le migliori progettualità promosse dai docenti trentini.

RICOSTRUIAMO LA CITTADINANZA

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Questo recita l’articolo 3 della nostra Costituzione. Ed è proprio la Scuola pubblica aperta a tutti uno di quegli strumenti della Repubblica attraverso cui permettere ad ogni cittadino il pieno sviluppo personale e l’effettiva possibilità di partecipare alla vita pubblica, politica e sociale. La scuola ci insegna delle cose, ma dovrebbe soprattutto insegnarci a dubitare di

quello che essa stessa ci insegna.

Chiediamoci ora se la Scuola italiana, e trentina, adempie a tale compito tanto fondamentale per la vita democratica. In parte certamente sì, ma persistono ancora ampi margini di miglioramento. Ancora troppo spesso l’istruzione delle nuove generazioni è considerata un insieme di insegnamenti nozionistici e di programmi scolastici da completare. Se l’apprendimento delle conoscenze è certamente parte imprescindibile dell’educazione, non può in alcun modo rappresentare l’unica istruzione che offriamo ai nostri giovani. La Scuola ha il dovere di garantire a tutti - a prescindere dalle condizioni socio-economiche di partenza - di poter raggiungere i migliori risultati e di potersi formare come cittadini e come professionisti, italiani ed europei. Formare cittadini non può che significare rendere capaci gli studenti di esercitare e difendere i loro diritti e le loro responsabilità democratiche nella società, di apprezzare la diversità, di contribuire alla costruzione di una cultura universale dei diritti umani e di giocare un ruolo attivo nella vita democratica. Per tutti questi motivi il Partito Democratico del Trentino ritiene che uno strumento efficace e necessario per la Scuola del XXI secolo possa essere quello dell’educazione alla cittadinanza e all’intercultura.

Il contesto sociale trentino - seppure con minore impatto rispetto alla situazione italiana e europea - è caratterizzato da un ancora insufficiente senso di appartenenza alla comunità civica e da un limitato riconoscimento dei luoghi in cui poter esercitare la propria cittadinanza. I risultati elettorali delle elezioni provinciali del 2013 ci mostrano dati inquietanti, in particolare un’affluenza di poco superiore al 60%1 degli elettori. Inoltre i sempre più massicci flussi migratori in entrata che coinvolgono

1  62,82%, nel 2008 l’affluenza era stata pari al 73,13%.

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il Paese e la Provincia di Trento, che hanno portato conseguentemente all’aumento degli studenti stranieri di prima e seconda generazione nelle nostre classi, rendono necessario anche un rafforzamento delle attività volte all’integrazione e all’intercultura. Proprio nella direzione indicata dal documento di indirizzo sull’educazione alla cittadinanza interculturale “Oltre l’immigrazione. Per una scuola diversa”2 promosso dall’Assessorato all’Istruzione e Sport della Provincia Autonoma di Trento nel 2013. Dobbiamo superare il modo di affrontare la gestione delle differenze culturali intesa come emergenza sociale da risolvere, e lavorare invece per maggiore coesione sociale in comunità ormai stabi lmente mult icultural i garantendo a tutti gli studenti “una formazione adeguata che consenta di partecipare attivamente alla vita sociale e culturale dei territori in cui abitano.”3

In questo quadro la Scuola trentina - in particolare quella dell’obbligo - deve interrogarsi sulla propria efficacia. Il nostro sistema educativo può e deve essere uno dei luoghi da coinvolgere nella ricostruzione della cittadinanza. D’altronde non siamo all’anno zero: la letteratura sul tema è vasta4 e pure la Provincia di Trento nel 2012 ha deliberato5, prevedendo che s iano def in i te apposite linee guida per le istituzioni scolastiche per l’elaborazione dei piani di studio. Anche a livello nazionale si è legiferato, introducendo la nuova materia “Cittadinanza e costituzione”6 e la stessa Unione Europea si è espressa7

2  Documento di indirizzo sull’educazione alla cittadinanza interculturale dell’Assessorato all’Istruzione e Sport della Provincia Autonoma di Trento, “Oltre l’immigrazione. Per una scuola diversa” redatto dalla Commissione di Studio sull’educazione interculturale e alla cittadinanza (CSEIC), a cura di Massimiliano Tarozzi, (2013).3  “Oltre l’immigrazione. Per una scuola diversa”, 2013.4  Un esempio sono le opere di Milena Santerini, in particolare “Fare il cittadino. La formazione di un nuovo soggetto sociale nell’Europa tra XIX e XXI”, Rubettino, Bari, 2012.5  Del. n. 1819 del 27/08/2012.6  DL del 1/09/2008, n. 137, “Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università”, art. 1, c. 1; convertito in Legge il 30 ottobre dello stesso anno.7  Raccomandazione CM/REC del Comitato dei Ministri agli stati membri sulla Carta del Consiglio di Europa sull’educazione per la cittadinanza democratica e l’educazione ai diritti umani - 2010; Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio relative a competenze chiave per l’apprendimento permanente, 2006/962/CE e

raccomandando i l rafforzamento dell’ “educazione per la cittadinanza democratica” e dell’ “educazione ai diritti umani”. Allo stesso modo la “Buona Scuola” si esprime sull’educazione alla cittadinanza e all’intercultura. Lo fa in relazione alle priorità per le scuole riguardo al potenziamento dell’offerta formativa, indicando come fondamentale lo “sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza att iva e democratica attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture, il sostegno dell’assunzione di responsabilità nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri […]"8.2008/C 111/01.8  Legge n. 107 anno 2015, c. 7, punto d).

COME EDUCARE ALLA CITTADINANZA

L’educazione alla cittadinanza è una curricularità trasversale : si tratta perciò di una competenza fondamentale per l’educazione degli studenti e delle studentesse, che può essere trasmessa all’interno di più discipline curricolari e di progetti scolastici. In virtù di tale classificazione deve rientrare nei progetti d'istituto delle nostre scuole, su spinta del Dipartimento della Conoscenza che dovrebbe farne una delle priorità del nostro sistema educativo.

VALUTAZIONE E COMPETENZECome ogni altra disciplina dovrà prevedere una valutazione delle competenze, attraverso il cosiddetto “voto di condotta”, oggi definito capacità relazionale, che è la prima espressione delle capacità civiche e democratiche.

Le competenze vanno individuate in senso multidimensionale, come è complesso e multidimensionale il

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#UnanuovaScuolaperilTrentino

concetto stesso di cittadinanza. Acquisita una base di conoscenze adeguate sulle istituzioni - con un focus anche sulle specificità dell’Autonomia - e sulle forme di partecipazione, sarebbe opportuno che si completasse il quadro degli apprendimenti con un’esperienza di democrazia partecipata, per esempio attraverso la sperimentazione di pratiche partecipative e giochi di ruolo, e una conoscenza diretta delle istituzioni, sfruttando anche la possibilità di visite guidate alle istituzioni comunali, provinciali e nazionali.

CERCANSI ORGANICITÀ E SUPPORTODobbiamo tuttavia riconoscere che ad oggi gran parte della responsabilità di attuare nella pratica questi apprendimenti è lasciata alla buona volontà di docenti e gruppi di docenti che autonomamente o in collaborazione con associazioni promuovano progetti che forniscano le competenze civiche e interculturali tanto importanti per lo sviluppo dei nostri giovani. Evidentemente, si tratta di iniziative che da sole non sono in grado di rispondere alle sempre più urgenti e complesse sfide che la nostra società ci pone innanzi. Iniziative che richiedono non pochi sforzi, anche per quanto concerne l’aggiornamento personale, che meriterebbero di essere supportate e sostenute al fine di permettere la crescita e lo sviluppo dei progetti, anche attraverso una loro articolazione pluriennale. Il Dipartimento della Conoscenza in questo potrebbe svolgere una funzione fondamentale di raccordo e coordinamento delle varie iniziative, indicando agli istituti come prioritari l’attivazione ed il sostegno a simili progettualità. In questo modo si potrebbe colmare il “divario fra politiche educative e operatori della scuola, poiché non di rado si sperimenta uno scollamento fra il livello normativo e la pratica scolastica. In particolare è importante, a questo livello, rinforzare la collaborazione fra i

diversi soggetti istituzionali […] e sostenere la realizzazione di interventi strutturali e stabili” come cita il rapporto della Commissione di Studio sull’educazione interculturale e alla cittadinanza.

IDEE DI SPERIMENTAZIONEPoiché risulta inapplicabile l’introduzione di una nuova disciplina in modo strutturale all’interno dei piani didattici provinciali, diverse, secondo il Partito Democratico del Trentino, potrebbero essere le vie di rafforzamento dell’apprendimento di competenze civiche-interculturali:

> Indicare come prioritario alle scuole secondarie di secondo grado l’attivazione di percorsi didattici volti a rafforzare tali competenze nel quadro degli insegnamenti opzionali9;

> Istituire in tutti gli ordini e gradi l’iniziativa annuale della “Settimana della democrazia”. Un’esperienza forte, concentrata, richiamata durante l’anno da altre esperienze di partecipazione nella classe e nella scuola;

> Istituire un premio provinciale per progetti scolastici indirizzati all’educazione interculturale e alla cittadinanza attiva, volto a promuovere e sostenere a livello pluriennale le migliori progettualità promosse dai docenti trentini;

> Rafforzare e favorire le possibilità di democratizzazione della governance scolastica10;

> Promuovere in modo strutturale presso le scuole le opportunità offerte da diverse realtà associative11;

> Promuovere percorsi pratici di iniziativa civile in funzione di bisogni sociali specifici.

Per garantire il successo di questo

9 Come proposti al capitolo "Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una nuova Scuola" a pagina 15.10 Diverse proposte sono disponibili al capitolo "Partecipazione studentesca in un mondo che cambia" a pagina 89.11  Ad esempio il network "Generazioni Consapevoli", del Comune di Trento.

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processo di rafforzamento degli apprendimenti civici, si rende necessaria anche la mappatura di quanto già oggi le scuole accolgono e promuovono a riguardo. Nell’ottica di estendere le buone pratiche e di creare reti di docenti e dirigenti che possano influenzarsi positivamente l’un l’altro.

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#UnanuovaScuolaperilTrentino

PROPOSTE CONCRETE

# 48 Favorire l’unione e l'interazione tra spazi urbani e spazi fisici degli istituti scolastici, per una Scuola più aperta al territorio e alla comunità;

# 49 Istituire la figura del mediatore pedagogico, che garantisca il legame tra il pensiero pedagogico e la sua traduzione progettuale al momento della costruzione o ristrutturazione di un edificio scolastico;

# 50 Garantire per ogni nuovo progetto il concorso di progettazione.

NUOVE SCUOLE PER LA NUOVA DIDATTICA

La nostra società è influenzata da mutamenti che si avvicendano con una velocità che non ha eguali. In tale contesto i recenti approcci pedagogici tentano - sovente a fatica - di abbandonare i vecchi modelli di apprendimento, per cui qualcuno detiene un sapere che trasferisce a qualcun altro, verso approcci più deduttivi che valorizzano l’apprendimento dall’esperienza.

In sostanza una didattica pensata non solo per riempire di contenuti, ma piuttosto per ricomporli, per contaminare e generare pensieri. Didattica che ha bisogno quindi di spazi urbani e spazi immateriali per stimolare e concretizzare, creare nuove coesioni e relazioni. I mutamenti pedagogici in atto, che non possono non influire anche sulla progettazione degli edifici scolastici1, hanno ispirato il decreto del

1  La provincia dell’Alto Adige offre diversi esempi innovativi, come la scuola elementare di Monguelfo, in Alta Pusteria, che ospita circa 100 alunni. Ristrutturata nel 2009 il nuovo progetto è stato concepito di concerto con gli educatori, con specifica attenzione ad offrire spazi

MIUR adottato l’11.04.20132, alla base della rigenerazione degli edifici esistenti e della realizzazione di nuove costruzioni. Tale decreto, che stabilisce le Nuove Linee Guida per l’Edilizia Scolastica, individua cinque spazi identificati come modelli di ambienti di apprendimento. Questi sono lo Spazio Agorà, lo Spazio Classe, lo Spazio Laboratoriale, lo Spazio Individuale e lo Spazio Informale. Anche l’Alto Adige ha legiferato sul tema, con le Direttive per l’edilizia scolastica3 del 2010.

Come ben descrive un documento propositivo dell’Ordine degli Architetti di Trento4, “per molto tempo l’aula è stata il luogo unico dell’istruzione scolastica”. Gli altri spazi, come il corridoio, il laboratorio ed il cortile, detenevano invece un’importanza secondaria, erano semplicemente complementari allo spazio centrale dell’aula. Ognuno di questi spazi aveva un particolare scopo per cui era stato progettato, e perciò rimaneva inutilizzato durante le altre attività. Da anni tuttavia la letteratura ha compreso gli errori del passato e questo modello di edilizia scolastica è mutato. Oggi siamo consapevoli che lo spazio fisico influenza l’apprendimento ed il benessere degli studenti, e che può potenzialmente favorire le interazioni tra i protagonisti della Scuola. Non a caso non si parla più di spazi, ma di luoghi. Siamo consapevoli che l’apprendimento può avvenire anche e soprattutto attraverso i sensi, l’uso delle cose attraverso le azioni e la comunicazione. “Il primo tipo di conoscenza si acquisisce attraverso l’interazione con i fenomeni di un luogo, con l’uso dei sensi. Il secondo

che permettano di mescolare le classi e rimodulare gli spazi didattici che devono quindi essere flessibili. Molti altri esempi sono visibili nel catalogo “Costruire scuole in Alto Adige tra architettura e pedagogia”, curato da Paolo Bellenzier e Beate Weyland ed edito dalla Provincia Autonoma di Bolzano.2  Decreto Interministeriale dell’11 aprile 2013 “Adozione delle linee guida contenenti indirizzi progettuali di riferimento per la costruzione di nuove scuole, anche in linea con l’innovazione introdotta nell’organizzazione della didattica con la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.3  Decreto del Presidente della Provincia di Bolzano, 23 febbraio 2009, n. 10.4  Trimestrale di informazione dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Trento, n. 2/2015, che riporta i contenuti del workshop organizzato sempre dall’Ordine degli Architetti “Progettare la Scuola nell’era digitale”, svoltosi nel novembre-dicembre 2014.

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tipo di conoscenza è il modo in cui un luogo supporta la vita di una cultura, ed infine il terzo tipo di conoscenza riguarda l’articolazione di un luogo”5.

In Trentino la situazione è differente rispetto al contesto nazionale: nella nostra Provincia i casi di crolli degli edifici scolastici sono molti minori e la sicurezza delle strutture non è un’emergenza come invece in molte regioni del resto d’Italia. Partendo da questo presupposto possiamo quindi puntare a una qualità degli edifici scolastici innovativi che raggiunga l’eccellenza europea. Serve perciò prima di tutto un recepimento della normativa nazionale del 2013, per un’edilizia scolastica che sia legata alla didattica e metta a disposizione spazi funzionali alle nuove forme di insegnamento.5  Trimestrale di informazione dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Trento, n. 2/2015, p. 28.

SCUOLA INTEGRATA NEL CONTESTO CITTADINO

La progettazione della scuola non è solo il manufatto, ma deve diventare una piattaforma creativa che coinvolga educatori e progettisti. È necessario superare il pensiero di Scuola come metafora della città, ed indirizzarsi invece verso l’idea di scuola come propulsore della città. In altre parole nella Scuola non si devono ricreare gli spazi e le logiche urbane, ma deve essere essa stessa generatrice di innovazioni e modifiche della città. Favorendo anche una commistione tra spazi urbani e spazi fisici degli istituti scolastici. Questo vale sia per i centri urbani sul fondovalle che per le comunità montane. Per una Scuola che si apra al territorio anche fisicamente, per un progetto sistemico volto a dilatare lo spettro progettuale dal singolo edifico verso tutto il sistema urbano.

MEDIATORE PEDAGOGICO

Allo stesso modo cambia anche il concetto di progettazione, sia per la riqualificazione che per i nuovi edifici, che non può esser più affidata al singolo progettista ma deve fare parte di un modello interdisciplinare, evoluto, composto da numerose competenze, in sincronia con l’innovazione dei modelli pedagogici, della tecnologia, del rinnovo urbano e infrastrutturale. Dal punto di vista più pratico, è fondamentale che ci sia quindi un forte legame tra il pensiero pedagogico e la sua traduzione progettuale ; è quindi da istituire la figura del mediatore pedagogico, già prevista in Alto Adige. Il mediatore pedagogico avrebbe il compito di accompagnare il team della scuola a sviluppare un documento (il piano organizzativo a indirizzo pedagogico) che, secondo le attuali Direttive di Edilizia Scolastica altoatesine, deve essere per Legge consegnato dai dirigenti alla committenza, prima di fare partire la procedura del concorso di progettazione.

CONCORSO DI PROGETTAZIONE

Per migliorare la qualità dei nuovi progetti di edilizia scolastica diventa altresì necessario il concorso di progettazione per la scelta del progetto per la costruzione e la ristrutturazione degli edifici scolastici. Concorso che dovrebbe garantire la massima efficienza e trasparenza, le cui scelte vanno demandate ad una giuria competente piuttosto che agli amministratori locali come invece accade spesso oggi. La Provincia di Trento e i Consorzi dei Comuni - assieme agli ordini professionali - hanno firmato nel dicembre 2014 un protocollo in tal senso. Tale protocollo istituisce il concorso di progettazione

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#UnanuovaScuolaperilTrentino

come prassi per la riqualificazione e costruzione delle nuove scuole. Regola che va implementata e incentivata, per promuovere la qualità delle strutture scolastiche e le nuove forme di didattica.

Altra questione fondamentale, oltre a quella relativa al risparmio energetico che ha una valenza anche educativa per gli studenti, sono i costi futuri di gestione ed in particolare il BIM6 (Building Information Modeling), che, oltre ad abbattere i costi di progettazione e ridurne gli errori, rappresenta uno strumento valido per una gestione razionale per tutto il ciclo di vita dell’edificio.6  Il BIM è un processo di sviluppo, crescita e analisi di modelli multi-dimensionali virtuali generati in digitale per mezzo di programmi su computer. Il ruolo del BIM nell’industria delle costruzioni è di sostenere la comunicazione, la cooperazione, la simulazione e il miglioramento ottimale di un progetto lungo il ciclo completo di vita dell’opera costruita. Sul tema nel 2014 l’Unione Europea ha legiferato tramite direttiva (2014/24/EU), recentemente recepita dallo Stato italiano e dalla Provincia di Trento.

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Partecipazione studentesca in un mondo che cambia

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LE PROPOSTE CONCRETE

# 51 Porre come una priorità per gli istituti scolastici trentini la creazione di un clima sereno e di collaborazione reciproca tra gli studenti, per evitare la disaffezione dalla Scuola;

# 52 Attivare percorsi formativi per i rappresentanti d’istituto, volti a migliorare la capacità di gestire i processi decisionali collettivi;

# 53 Formare tutti gli studenti sui propri diritti e doveri;

# 54 Istituire la Consulta Provinciale dei Genitori;

# 55 Incentivare l’attivazione di progetti e di strumenti di partecipazione già a partire dalla Scuola secondaria di primo grado;

# 56 Riconoscere a chi tra gli studenti si dedica alla comunità scolastica le competenze acquisite, attraverso i crediti formativi e il curriculum dello studente;

# 57 Dare la possibilità alla Consulta dei genitori e a quella degli Studenti di portare proposte formali e interrogazioni in Collegio Docenti;

# 58 Rivedere le modalità di elezione dei rappresentanti degli studenti;

# 59 Creare reti territoriali di scambio e progettualità tra i rappresentanti degli studenti di scuola vicine, nella dimensione delle Comunità di Valle;

# 60 Raddoppiare l’apertura delle scuole, fino alle 18 ogni giorno e durante l’estate.

LA PARTECIPAZIONE STUDENTESCA È UNA RICCHEZZA

Oggi anche in Trentino, come in tutta Italia, la rappresentanza studentesca è in crisi. Se le motivazioni potrebbero anche derivare da una crisi generale che sta colpendo i corpi intermedi e le forme di rappresentanza partecipativa, come Partito Democratico del Trentino riteniamo fondamentale spendere una riflessione su un tema così delicato.

Genera l i zzando, le cause che portano alla crisi della partecipazione democratica degli studenti possono essere individuate in:

> Ragioni storiche che hanno portato alla nascita della rappresentanza studentesca venute meno;

> Scollegamento tra organi di partecipazione istituzionali e organi di partecipazione spontanei;

> Frammentazione tra istituti e mancanza di cooperazione;

> Scarsa consapevolezza degli studenti in materia di diritti e doveri;

> Partecipazione studentesca meno attiva e rappresentanza meno efficace in istituti tecnici e nella formazione professionale.

Tuttavia, la partecipazione studentesca all’interno degli istituti scolastici è ancora oggi, forse ancor più di ieri, una ricchezza. Spesso malvista e poco considerata, se organizzata per i giusti fini può diventare un elemento di crescita personale e formativa per gli studenti e per l’intera comunità scolastica. Inoltre, rivedere e potenziare gli strumenti di partecipazione diventa prioritario nel momento in cui

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pare evidente che gli studenti non provano un senso di appartenenza alla comunità scolastica, bensì una certa disaffezione nei confronti della Scuola. Possiamo notare chiaramente questo fenomeno dai dati che ci forniscono le rilevazioni OCSE PISA del 20121, che indicano il Trentino come una delle aree, fra quelle prese in considerazione, con uno dei tassi di assenteismo degli studenti più alti, seguendo un trend che coinvolge tutta Italia. Lo stesso elaborato dell’Iprase mostra inoltre come ci sia una correlazione diretta fra il tasso di assenteismo e le performance medie degli studenti, dimostrando quanto il tema sia d’attualità se vogliamo migliorare la Scuola trentina.

Dobbiamo quindi porci una domanda che a qualcuno potrebbe sembrare banale, ma che per molti versi è rivoluzionaria: “perché agli studenti non piace andare a scuola?”. Riflettere su questo punto non significa semplificare l’istruzione scolastica per renderla più accogliente per gli studenti, né renderla più accattivante attraverso riformulazioni formali e seguendo mode educative. Se così fosse, non faremmo il bene dei nostri studenti. Cercare di ricucire il distacco tra studenti e Scuola - oggi tanto ampio - significa mettere finalmente gli studenti al centro della comunità educante; significa pensare a nuove didattiche che possano coinvolgerli maggiormente e valorizzarne appieno le potenzialità; significa chiedere maggiori responsabilità ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze; significa rendere maggiormente flessibile la struttura organizzativa e didattica della Scuola, per andare incontro alle loro esigenze educative ed aiutarli a colmare le carenze e a valorizzare i punti di forza. E significa anche ascoltare la voce degli studenti anche sulle scelte di merito della Scuola, che come abbiamo già ripetuto, è una comunità e come tale vive della partecipazione democratica di tutti i suoi attori.

1  Working paper n° 2/2015 “I risultati dell’indagine OCSE PISA 2012 per il Trentino in un’ottica di confronto internazionale” redatto dall’IPRASE, pp. 31-33.

RINNOVARE LA RAPPRESENTANZA

I Decreti Delegati2, adottati nel 1974, intendevano trovare valvole di sfogo istituzionali al bisogno degli studenti di esprimersi, sentirsi rappresentati ed essere partecipi all’interno della vita scolastica. Furono probabilmente uno degli strumenti che resero gli istituti scolastici delle vere e proprie comunità educanti, abbandonando la rigida organizzazione gerarchica precedente ed aprendosi alla partecipazione di studenti e genitori.

Tuttavia oggigiorno le ragioni storiche che erano così forti negli anni ‘70 - in principal modo le proteste studentesche del 1968 - non esistono più. Tanto è vero che c’è una tendenza a limitare le occasioni di partecipazione.

Questo cambiamento dei tempi possiamo inoltre osservarlo nella modifica dei programmi delle stesse assemblee d’istituto: i dibattiti politici, filosofici, storici sono in diminuzione a favore di incontri più ludici quali giochi sportivi, visioni di film, iniziative musicali ed artistiche. Non che questo sia a prescindere un male, ma dobbiamo prenderne atto.

Interroghiamoci quindi su quali possono essere le finalità educative delle forme di partecipazione e di rappresentanza studentesca nel 2016. Certamente elementi come le assemblee d’istituto e le forme di rappresentanza sono in grado di far crescere gli studenti e sviluppare in loro l’appartenenza ad una comunità, il rispetto delle regole, lo sviluppo di opinioni personali, l’impegno sociale, tutte competenze trasversali necessarie al cittadino consapevole. Sono dunque momenti e modalità da promuovere e potenziare. Dobbiamo sviluppare e diffondere la

2  Decreto Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica”.

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coscienza che questi momenti e spazi autogestiti devono essere tutelati, partendo dal responsabilizzare gli stessi studenti. Ciò è più facile in quegli istituti ove la consapevolezza di essere un gruppo, una comunità studentesca, è maggiore.

Si potrebbe iniziare dall’indicare agli istituti come prioritario - proponendo anche alcuni strumenti - creare un clima sereno e di collaborazione reciproca tra gli studenti, con l’obiettivo di favorire la nascita di un sentire di appartenenza alla comunità scolastica e studentesca. Molto importante sarebbe se un lavoro di coordinamento e di persuasione fosse portato avanti dal Dipartimento della Conoscenza.

Fondamentale inoltre, per il Partito Democratico del Trentino, formare i rappresentanti degli studenti attraverso specifici percorsi di formazione di empowered peer tutoring3, già messi in piedi da alcuni istituti trentini, che offrano loro ogni conoscenza - anche legislativa - sul proprio ruolo istituzionale, promuovano la cooperazione tra istituti scolastici ed affinino le metodologie di lavoro e la capacità comunicativa al fine di gestire i processi decisionali collettivi. Un rappresentante degli studenti che non conosce le potenzialità e i limiti del proprio ruolo è un rappresentante dimezzato . Altra misura in questo senso potrebbe essere la messa a disposizione da parte del Dipartimento della Conoscenza di un tutoraggio e di una consulenza a distanza per rappresentanti, studenti e genitori su eventuali dubbi normativi e controversie che nascessero all’interno dell’istituto. Si tratterebbe di un canale semplice, informale e neutrale. Risulta inoltre necessario formare tutti gli studenti sui propri diritti e doveri attraverso opuscoli e corsi di formazione, che potrebbero

3  Un esempio positivo lo porta il Liceo A. Rosmini di Trento, che durante l’anno scolastico 2013-2014 aveva organizzato un progetto scolastico in questo senso. Più recentemente l'ufficio delle Politiche Giovanili del Comune di Trento ha attivato il percorso “PARTECIPAZIONE.LAB”, coinvolgendo diverse scuole della città.

anche essere gestiti dagli stessi studenti più anziani, insieme a personale del Dipartimento della Conoscenza. Questi percorsi formativi dovrebbero essere previsti dai progetto d’istituto, rientrando formalmente nella programmazione delle scuole.

Anche gli stessi insegnanti che andranno a seguire gli studenti nei percorsi di rappresentanza andranno formati. Se consideriamo la partecipazione degli studenti alla vita della comunità scolastica come una priorità educativa e quindi didattica non possiamo lasciare tutta la responsabilità agli studenti. I docenti, nel loro ruolo di educatori, dovrebbero prendere parte a questo processo, e quindi essere formati a dovere. Quanto più temi e strumenti della partecipazione fanno parte del bagaglio degli insegnanti, tanto più abbiamo garanzia di memoria, continuità, crescita, supporto esperto all’attività degli studenti.

Ma tutto ciò non basta. Bisogna educare gli studenti alla cultura della partecipazione democratica: magari predisponendo i primi strumenti di partecipazione già a partire dalle scuole secondaria di primo grado, seguendo sperimentazioni già in corso in Trentino4.4  In particolare il progetto “Tessere alleanze tra generazioni” dell'ufficio delle Politiche Giovanili del Comune di Trento.

RI-IMMAGINARE LE FORME DI RAPPRESENTANZA

Oggi in molte scuole del secondo ciclo possiamo notare un dualismo tra gli organi di rappresentanza studentesca: tra quelli più istituzionali ed altri invece più spontanei ed autogestiti.

Tra i primi figurano i rappresentanti di classe, i rappresentanti degli studenti nel Consiglio dell’Istituzione, e quelli in Consulta Provinciale, oltre che la

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Consulta Interna degli studenti. Gli organi spontanei più diffusi invece sono:

> Collettivi o simili - gruppi di studenti particolarmente attivi che supportano i rappresentanti di istituto soprattutto nella loro attività di organizzazione e gestione delle assemblee di istituto e di comunicazione interna con gli studenti, incontrandosi regolarmente; spesso costituiscono l’humus in cui crescono i futuri rappresentanti di istituto ed è il luogo metaforico dove viene trasmessa alle generazioni di studenti più giovani la memoria dei meccanismi di partecipazione dentro ciascun istituto;

> Giornalini - le redazioni dei giornalini sono costituite da studenti attivi che attraverso l’informazione favoriscono la partecipazione dei propri compagni, oltre a sviluppare competenze di scrittura e di team working;

> Gruppi vari che lavorano a progetti specifici, come i gruppi teatrali, musicali e di volontariato.

La tendenza che si può facilmente osservare nelle nostre scuole è la maggiore partecipazione degli studenti all’interno degli organi più informali rispetto a quelli istituzionali. Non che questo rappresenti necessariamente un elemento negativo, se non fosse che - spesso e purtroppo - proprio per questo motivo la partecipazione risulta meno efficace ed incisiva. Infatti i meccanismi decisionali formali degli istituti prendono in considerazione e coinvolgono quasi esclusivamente gl i organi istituzionali, spesso non rappresentativi e di conseguenza dotati di un potere di influenza e di lobby sempre minore.

A fronte di questa situazione riteniamo utili alcuni spunti propositivi:

> Rendere più consapevoli gli studenti - attraverso i percorsi di formazione - dell’importanza della comunicazione e del coordinamento tra organi istituzionali in primis, e tra

gli organi istituzionali e quelli più informali in seconda battuta. Maggiore comunicazione e coordinamento tra questi diversi organi garantirebbe maggiore efficacia nell’azione di tutti;

> La Consulta Interna potrebbe svolgere un ruolo chiave, includendo altri studenti oltre ai rappresentanti di classe e diventando di fatto il nuovo collettivo. Andrebbero però di pari passo ridotti gli obblighi burocratici che sono necessari per la sua gestione. Inoltre bisognerebbe passare da una funzione quasi esclusivamente informativa - quale è oggi - a propositiva e decisionale;

> Chi svolge ruoli istituzionali, come i rappresentanti d’istituto, rappresentanti di Consulta Provinciale e presidente della Consulta Interna, dovrebbe ottenere un riconoscimento, a partire dal credito formativo fino al riconoscimento delle competenze trasversali acquisite nell’attività di rappresentanza, attraverso lo strumento del curriculum dello studente5. Anche gli studenti che organizzano e partecipano ad attività extra curricolari all’interno del contesto scolastico dovrebbero poter essere valutati sulla base delle competenze acquisite, da valorizzare anche queste nel curriculum dello studente. Pure questa è Scuola ed educazione;

> All’interno dello staff del dirigente scolastico6 ci sia un docente che si occupi anche di partecipazione studentesca;

> Potenziamento degli strumenti istituzionali di democrazia diretta e di influenza sulle decisioni didattiche prese dal Collegio dei Docenti, con l’introduzione un nuovo strumento consultivo. Attraverso la Consulta Interna - degli studenti e dei genitori

5  Legge n. 107 anno 2015, c. 28.6 Di cui scriviamo al capitolo "Autonomia, Dirigenza ed Insegnanti per una nuova Scuola" a pagina 15.

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- dare quindi la possibilità di porre un’interrogazione o una mozione ed esprimere un parere obbligatorio non vincolante al Collegio Docenti, che dovrà rispondere per iscritto;

> Rafforzare il ruolo dei rappresentanti di istituto, facendo in modo che anche i rappresentanti minorenni abbiano diritto di voto su questione economiche in Consiglio dell’Istituzione. Inoltre sarebbe importante modificare le modalità di elezione dei rappresentanti studenti7. Oggi in caso di dimissioni dei rappresentanti d’istituto prima dei 3 anni previsti dal mandato vengono automaticamente nominati i primi tra i perdenti delle ultime elezioni, con evidenti problemi di mancanza di democrazia rappresentativa e di qualità stessa dei rappresentanti.

7  In particolare l’articolo 16 capo II del Decreto del Presidente della PAT n. 8-10/Leg (2009).

CONSULTA PROVINCIALE, TANTE POTENZIALITÀ, POCHI RISULTATI (PER ORA)

La mancata cooperazione tra gli studenti di istituti differenti impedisce lo scambio di informazioni e di buone pratiche; favorirla diventa quindi centrale. Per riuscirci, oltre alla già citata formazione dei rappresentanti , determinante potrebbe essere la Consulta Provinciale degli Studenti8.

Si tratta di un organo con grandi potenzialità, probabilmente fino ad oggi non valorizzate al meglio, prima di tutto per la mancata consapevolezza tra gli studenti di quanto possa essere prezioso un organo rappresentativo sovra-scolastico come questo.

In virtù di ciò è necessaria una riforma

8  Per approfondimenti visitare il sito www.spazioconsulte.it.

della Consulta Provinciale degli Studenti per come la conosciamo oggi, sfruttando gli spazi di libertà della normativa nazionale9 e modificando i regolamenti interni dell’organo.

Prima di tutto è necessario un maggiore coinvolgimento ed ascolto da parte del Dipartimento della Conoscenza, perché la Consulta possa effettivamente incidere sulle scelte politiche ed amministrative. Inoltre i l Dipart imento potrebbe mettere a disposizione professionalità e competenze che seguano in modo più strutturale la Consulta Provinciale degli Studenti nei suoi lavori sia dal punto di vista burocratico e tecnico, sia dal punto di vista politico, oltre a garantire finanziamenti certi e programmati.

Uno dei problemi principali che depotenzia oggi la Consulta Provinciale è, come già dicevamo, la scarsa consapevolezza delle sue potenzialità da parte degli studenti. Prioritario è quindi pubblicizzare di più e meglio l’operato e le attività della Consulta, attraverso canali online e social.

Potrebbe essere inoltre importante creare delle reti territoriali di scambio e progettualità tra rappresentanti degli studenti di scuole vicine, nella dimensione minima delle Comunità di Valle. Un modello potrebbe essere la Consulta degli Studenti del Comune di Trento10, prevedendo però un maggior equilibrio tra studenti medi e studenti universitari.

Infine, utile potrebbe essere anche l’istituzione della Consulta Provinciale dei Genitori, sul modello di quella studentesca. Ad oggi infatti le possibilità di rappresentanza delle famiglie a livello provinciale sono nella pratica nulle.

9  Decreto Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567 “Regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche”.10  Si tratta di uno strumento di collegamento, confronto e collaborazione tra il Comune di Trento e gli studenti che vivono a Trento o frequentano le sue istituzioni scolastiche ed universitarie.

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ISTITUTI TECNICI E FORMAZIONE PROFESSIONALE, SERVE LA CULTURA DELLA PARTECIPAZIONE

È risaputo che negli istituti tecnici e nella formazione professionali vi sia - in termini generali - un ambiente meno favorevole allo sviluppo di occasioni di partecipazione e di aggregazione studentesca. Per diverse ragioni, non da ultimo le spesso più complicate condizioni economiche e sociali delle famiglie di provenienza degli studenti. Ma questa - oltre ad essere una problematica - è anche la ragione che ci deve spingere con ancor più forza a fare in modo che anche questi studenti possano disporre degli spazi e dei momenti di cui hanno diritto, non sempre consapevolmente. L’esistenza di una collaborazione positiva tra gli studenti, di momenti autorganizzati e di forme di rappresentanza attiva - che insieme possono sviluppare il senso di comunità - potrebbero favorire questi studenti a sviluppare competenze di cittadinanza che altrimenti difficilmente la Scuola riuscirebbe a fornirgli.

Provvidenziale su questo fronte può essere la possibilità di scambio e di collaborazione tra rappresentanti e studenti di istituti diversi, magari durante gli stessi spazi autogestiti come le assemblee d’istituto. La formazione inoltre può essere di fondamentale importanza per fare in modo che queste forme di partecipazione democratica possano essere accolti in un clima più positivo da parte di studenti, docenti e dirigenti scolastici anche negli istituti non liceali.

APRIAMO LE SCUOLE

Il nostro sistema scolastico è una ricchezza assoluta per la comunità trentina. Poter contare su un sistema d’istruzione di qualità è fondamentale per il benessere e la competitività di un territorio. Eppure probabilmente le nostre scuole potrebbe offrire una ricchezza che oggi sfruttiamo ancora molto poco: i 348 istituti scolastici distribuiti sul territorio provinciale rappresentano un'enorme risposta alla sempre più forte domanda di socialità e di spazi.

Immaginiamo una Scuola che raddoppi l’orario di apertura e che resti aperta fino alle 18, diventando punto di riferimento per gli studenti e per tutta la comunità del territorio in cui è inserita. Immaginiamo istituzioni scolastiche territoriali in rete e in rapporto organico con la società nelle sue plurime espressioni, in una coesione coinvolgente e responsabilizzante: la Scuola della comunità, la Scuola della civitas.

Non è utopia, dobbiamo riappropriarci di un modello di Scuola fortemente legata al territorio e al contesto in cui è inserita - che sia un quartiere o un piccolo Comune -, a partire dallo stretto legame che gli istituti scolastici dovrebbero saper stringere con le istituzioni comunali di appartenenza. I progetti dei Piani Giovani di Zona11 della Provincia di Trento potrebbero essere i primi ad essere coinvolti in questa ridefinizione degli obiettivi e degli strumenti della nostra Scuola. Proponiamo che le strutture formative siano aperte a studenti, associazioni, cooperative, aziende, cittadini, non solo per il momento didattico, ma pure per fini culturali, sociali, sportivi, produttivi e politici, nella versione alta del termine.

11  I Piani Giovani di Zona sono spazi privilegiati di costruzione delle politiche giovanili territoriali. Giovani e attori del territorio (amministrazioni locali, associazioni, imprese) co-progettano azioni a favore dei giovani che mirano alla formazione dei giovani, allo sviluppo di competenze attraverso l’esperienza e il fare e a coinvolgere i giovani stessi nella proposta di progetti.

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Ovviamente solamente un percorso complesso e profondo può trasformare secondo questo pattern le nostre scuole, ad oggi ancora troppo chiuse in sé stesse. Eppure - ad esempio - le esperienze di alternanza scuola lavoro andrebbero proprio nella direzione auspicata, di un sistema formativo sempre più legato al sistema sociale, culturale e produttivo. Ed è sempre per questo motivo che il Partito Democratico del Trentino propone di aprire i nostri edifici scolastici durante l’intero giorno, prima di tutto per garantire spazi dedicati allo studio per gli studenti, e durante il periodo estivo. Le nuove possibilità sarebbero di forte impatto per la qualità della vita nei nostri territori e nelle nostre città: nelle scuole aperte si potrebbero organizzare corsi di musica, di inglese, attività sportive, cene sociali come anche attività volte all’integrazione degli stranieri e conferenze. Ma non si tratta solo di avere a disposizione nuovi spazi fisici; è molto di più. I primi a poter essere coinvolti in queste attività potrebbero essere gli stessi studenti, sia come fruitori ma anche come protagonisti e responsabili, nell’ottica di una restituzione sul territorio delle conoscenze e delle competenze acquisite. Gli esempi12 sono numerosissimi in giro per l’Italia, ed anche in Trentino13, lo stesso MIUR collabora con ANCI e con VITA per il progetto “Scuole Aperte”, e gli strumenti per riuscirci sono numerosi: istituire per ogni scuola un insegnante referente per la gestione dell’orario extra scolastico e per i rapporti con il territorio, regolamentare l’utilizzo dell’edificio e dei suoi spazi in orario extrascolastico da parte di associazioni, aziende ed altri enti riconosciuti, rendere possibile la collaborazione di associazioni di genitori14 e di studenti maggiorenni nella gestione degli spazi.

12  Ben raccolti nel sito www.forumscuoleaperte.it.13 Come per esempio il progetto "Notte a scuola", alla seconda edizione, organizzato dalla scuola elementare "F.lli Filzi" di Borgo Sacco.14  Seguendo il modello dell’esperienza della scuola Di Donato a Roma.

D a u n a r i o r g a n i z z a z i o n e amministrativa del nostro sistema scolastico potrebbe nascere una nuova possibilità di inclusione e di coinvolgimento dei nostri studenti e delle famiglie, possibilità che come sappiamo sono fra le più preziose per combattere la disaffezione nei confronti della Scuola, che nei casi più cronici arriva fino alla dispersione scolastica15. Questa può e deve essere una delle priorità della politica educativa trentina. 15  In Trentino comunque molto inferiore rispetto al livello nazionale, in termini percentuali.

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H anno partecipato al percorso partecipativo “Una nuova Scuola per il Trentino”: Francesca Arrigoni, Stefano Auriemma, Pietro Bizzaro, Alice Bonandini, Lorenzo Borga, Max Bortolameotti, Paolo Cagol,

Matilde Carollo, Giuseppe Cavaleri, Tiziana Chemotti, Antonella Collini, Lucia Fronza Crepaz, Sofia di Crisci, Luigi Dappiano, Donatella Dappiano, Silvia Defrancesco, Maria Rosa Degasperi, Osvaldo Dongilli, Elisabetta Doniselli, Michele Facci, Elisa Filippi, Silvia Franceschini, Alessandro Friz, Laura Froner, Lorenza Gelmi, Federica Graffer, Crescenzo Latino, Marco Linardi, Nikola Lukovic, Lucia Maestri, Mattia Maistri, Francesca Mazzini, Cecilia Meggio, Stefano Paternoster, Silvia Petrantonio, Nicola Pifferi, Pierfrancesco Rensi, Vito Rovigo, Matteo Ruffoni, Franco Sandri, Giuseppe Santoli, Laura Scalfi, Sandra Sighele, Nicola Spagnolli, Stefania Trentin, Simone Valle, Rosanna Wegher, Sandra Zandonai, Alberto Zanutto, Laura Zoller, Elvira Zuin.

Un ringraziamento particolare va a Stefano Auriemma, Alice Bonandini, Maria Rosa Degasperi, Silvia Franceschini, Laura Froner, Crescenzo Latino, Franco Sandri, Simone Valle, Rosanna Wegher, Elvira Zuin, Laura Zoller per l’impegno e la dedizione, a Elisa Filippi, membro della Direzione nazionale del Partito Democratico, ed a Sara Ferrari, Assessora Provinciale all'Università, alla Ricerca, alle Pari opportunità, alle Politiche giovanili e alla Cooperazione allo sviluppo, e Lucia Maestri, Presidente della Quinta Commissione permanente, che fin dal principio hanno seguito i lavori di approfondimento e di proposta. Grazie infine a Sergio Barbacovi, segretario provinciale del Partito Democratico del Trentino, senza il quale il progetto non sarebbe mai nato.

Logo di Michelangelo De Cia, grafica di Filippo Battiti.

Coordinatore e responsabile del progetto: Lorenzo Borga.

RINGRAZIAMENTI

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Terminato nel mese di aprile 2016

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