27
SINTESI DELLA RASSEGNA STAMPA SALONE EDITORIA SOCIALE 2014

SINTESI DELLA RASSEGNA STAMPA - editoriasociale.info · la crisi irachena, la situazione in Turchia e in Egitto). Senza dimenticare i momenti dedicati al fumetto (è di sabato, a

  • Upload
    ngodien

  • View
    214

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

SINTESI DELLA RASSEGNA STAMPA

SALONE EDITORIA SOCIALE 2014

Il Salone dell’Editoria Sociale è giunto anche quest’anno ai blocchi di partenza. Dal 16 al 19 ottobre si svolge infatti la nuova edizione della manifestazione che dal 2009, ogni inizio autunno, riunisce operatori sociali, organizzazioni del terzo settore, editori, ma anche ricercatori, sociologi e giornalisti. Un luogo di incontro che fisicamente si identifica ormai da un po’ di tempo nello spazio Porta Futuro, nel cuore dello storico quartiere di Testaccio, tra via Galvani e l’ex Mattatoio, a Roma.

“Ormai da sei anni – racconta a Reset Giuliano Battiston, curatore del programma – abbiamo cercato di creare uno spazio di discussione fra coloro che operano nel terzo settore, nel volontariato, nell’associazionismo e chi produce letteratura di argomento sociale, tanto che anche il programma è per metà appannaggio delle società promotrici (come Lunaria, Edizioni dell’asino, Lo Straniero, Gli asini, Redattore Sociale, la Comunità di Capodarco, ndr) e per l’altra metà appannaggio delle case editrici e delle associazioni che si occupano di queste tematiche”. Inoltre, negli anni il salone ha portato in Italia ospiti internazionali della levatura di Zygmunt Bauman, Richard Sennett, Saskia Sassen, Susan George, Tariq Ali, Robert Fisk, Mariusz Szczygiel, Agnes Heller, Adam Michnik e molti altri.

Quattro giorni e 40 appuntamenti dedicati alla cultura, alla politica, all’economia, all’arte e, soprattutto, alla riflessione sulla società contemporanea.

Dove sta andando l’Europa? È quella dell’austerity e dei mercati senza regole la strada giusta? E qual è la via per uscire dal tunnel delle paure, degli egoismi sociali e nazionali per imboccare la via che trasformi il “Vecchio Continente” in un’entità politica realmente nuova? Il tema della sesta edizione del Salone dell’Editoria Sociale ha per titolo proprio “L’Europa in cammino” per fare il punto, nel centenario della Prima Guerra Mondiale, sulle prospettiva di crescita misurate non solo in termini economici, ma soprattutto sociali e culturali.Con gli ospiti del salone si parlerà infatti di “incontro”, “integrazione”, “federalismo democratico” e “coesione sociale”, come sfida da giocare proprio mentre le difficoltà economiche, la crisi dei mercati e le politiche dell’austerità sembrano aver creato il terreno fertile per la nascita di nuovi individualismi e nuovi steccati. Il riferimento non è solo all’affermarsi dei partiti populisti, estremisti o xenofobi che hanno preso posto anche all’interno del Parlamento Europeo dopo le ultime elezioni, ma, a livello più microscopico, è quel sentimento di insicurezza, diffidenza e quindi di chiusura che pervade le società europee al loro interno, soprattutto quelle in cui il costo della crisi si è fatto sentire di più. Il Salone dell’Editoria Sociale, tenendo fede alla filosofia che lo ha caratterizzato sin dalla nascita, s’interroga così sulle possibilità di inclusione in termini di diritti, di cittadinanza, di religione e sulla possibilità di capovolgere la logica finanziaria ed economicistica che ha guidato le scelte delle politiche nazionali e transnazionali negli ultimi anni.

L’“Europa in cammino” si discute a Roma Dal 16 al 19 il Salone dell’Editoria SocialeAntonella Vicini15 ottobre 2014

“L’obiettivo è di favorire la discussione su temi che hanno a che fare con le politiche economiche in seno all’Unione Europea e con le politiche migratorie per capire come trasformare la Fortezza Europa in un’Europa accogliente e democratica”, spiega ancora Battiston.

“Per far questo abbiamo invitato, fra gli altri, personaggi come lo storico Paul Ginsborg (in programma venerdì 17, alle 18.15) perché per disegnare la strada da compiere è necessario prima fare i conti con le nostre responsabilità passate”. “Chiederemo poi – prosegue – al geografo Franco Farinelli (lectio magistralis di sabato 18, ore 10.45 ) se l’Europa può essere definita geograficamente e culturalmente), e al filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs come conciliare giustizia sociale e tessuto giuridico-istituzionale (sabato 18 alle 17.45)”.

Salone editoria sociale 3 Saskia SassenE ancora, il salone – che resta pur sempre un’esposizione libraria con 34 case editrici e 24 stand – disegna una mappa costellata di incontri, tavole rotonde, dibattiti che guardano anche all’interno del nostro territorio nazionale. Lo fa, per esempio, con la presentazione del libro “Cronache di ordinario razzismo. Terzo libro bianco sul razzismo in Italia”, Lunaria 2014, con un approfondimento sulla Terra dei fuochi a cui partecipano ricercatori, attivisti ed epidemiologi, o con la presentazione del primo rapporto sullo stato dei diritti in Italia. Guardando più lontano, non mancheranno analisi e approfondimenti sull’attualità in politica estera (Tra gli altri, la crisi irachena, la situazione in Turchia e in Egitto). Senza dimenticare i momenti dedicati al fumetto (è di sabato, a partire dalle 21, l’incontro con Gipi) e al cinema (domenica 19, alle 21, saranno presenti invece Mario Martone, Saverio Costanzo e Francesco Munzi, reduci dall’ultimo Festival di Venezia), e gli spazi rivolti agli studenti delle scuole, nella consapevolezza che spetta all’educazione, più che al resto, il compito primario di abbattere le barriere di diffidenza e del pregiudizio nell’Europa in cammino.

A Roma pubblicazioni e dibattiti sulla realtà dell’EuropaSi terrà dal 16 al 19 ottobre 2014, presso la sede di Porta Futuro (Via Galvani 108, Roma), la sesta edizione del Salone dell’Editoria sociale, l’iniziativa culturale promossa dalle Edizioni dell’Asino, dalla rivista “Lo Straniero”, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, dall’agenzia giornalistica Redattore sociale e dalla Comunità di Capodarco.Sono previsti numerosi ospiti italiani e stranieri tra scrittori, giornalisti e politici, 22 stand con oltre 40 editori e organizzazioni del volontariato e del terzo settore, vari incontri tra tavole rotonde, dibattiti, presentazioni di libri, musica e video.Quest’anno anche la nostra testata Sociale.it sarà presente alla manifestazione, aperta alle informazioni e alle proposte innovative che saranno presentate al Salone.L’Europa ed il socialeLa sesta edizione del Salone dell’editoria sociale ha per titolo “L’Europa in cammino”. Quello intrapreso negli ultimi anni è deludente: la strada dell’austerity, della “Fortezza Europa”, dei mercati senza regole ci sta conducendo in un tunnel senza uscita in cui si affermano populismi, xenofobia, egoismi sociali e nazionali.L’Europa può intraprendere un cammino diverso da quello del Novecento: quello dell’incontro e dell’integrazione, del federalismo democratico e della coesione sociale, della solidarietà e della piena cittadinanza, della pace e dei diritti umani.È questo il senso delle decine di incontri, presentazioni di libri e tavole rotonde di questa sesta edizione che ci ricordano come il cammino dell’Europa non sia segnato, ma dipenda dalla nostra capacità di orientarne il corso, a partire dalla consapevolezza delle molte sfide che abbiamo davanti.Il ruolo del Terzo settoreTra gli appuntamenti nel Programma, venerdì 17 ottobre, ore 14.30 – 16.00 nella Sala B –Forum del Terzo Settore Lazio vi sarà la presentazione del libro di Mario Campli “Europa, ragazzi e ragazze riscriviamo il sogno europeo” presentato al Forum Terzo Settore Lazio durante la scorsa edizione di Estate Tuscolana 2014.In tale libro si parlerà anche della recente attenzione all’ agricoltura sociale da parte delle istituzioni comunitarie, maturata sotto l’intelligente stimolo dello stesso autore nella sua veste di membro del Comitato economico e sociale europeo.

Ritorna il Salone dell’Editoria socialePubblicato 13 ottobre 2014 | Da Riccardo Fanales

ROMA - É dedicata a L'Europa in cammino la sesta edizione del Salone dell'editoria sociale,l'iniziativa promossa dalle Edizioni dell'asino, dalla rivista Lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco. Più di 40 incontri, tra tavole rotonde, dibattiti, presentazioni di libri, video e letture musicate, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore, ospitati negli spazi di Porta Futuro, in via Galvani (Testaccio) a Roma, da giovedì 16 a domenica 19 ottobre.

Un nuovo spazio europeo democratico. Un'occasione per riflettere sui deficit dell'Europa attuale e sulle risorse con cui costruire un nuovo spazio europeo democratico e inclusivo, a partire dalla questione della giustizia sociale, di cui discuterà il filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs, intervistato dal giornalista Giuliano Battiston. Ai confini culturali e simbolici dell'Europa è dedicata la lezione del geografo Franco Farinelli, mentre gli storici Paul Ginsborg e Mario Isnenghispiegheranno l'importanza della famiglia nel Novecento e l'eredità della Grande Guerra.

Al centro Politica ed economia. L'economia e la politica sono al centro dell'incontro su "L'Italia, l'Europa, l'austerity", con Giorgio Airaudo e Giulio Marcon, Stefano Fassina e il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio. Tra le tavole rotonde, da segnalare gli omaggi agli scrittori Thomas Bernhard e Toni Morrison e al teologo valdese Tullio Vinay, oltre al dibattito sull'attivista ed ecologista Alexander Langer, con Adriano Sofri, Goffredo Fofi e Giulio Marcon.

Diritti, pace e guerre. Anche quest'anno molti gli incontri sui diritti, la pace e le guerre: la presentazione del Terzo libro bianco sul razzismo in Italia, a cura dell'associazione Lunaria, con Grazia Naletto, Guido Caldiron e Annamaria Rivera; l'incontro su "La Fortezza Europa" con gli studiosi Giuseppe Bronzini, Chiara Favilli e Gianfranco Schiavone; la presentazione in anteprima del libro La crisi irachena, a cura dell'associazione Un Ponte per...

La realtà con i fumetti. Uno spazio particolare è dedicato all'arte di raccontare la realtà con i fumetti e le illustrazioni, grazie alla partecipazione del disegnatore svizzero Armin Greder, di Paolo Bacilieri, Marco Corona, Alessandro Sanna e del più noto fumettista italiano, Gipi, che sabato 18 ottobre verrà intervistato dalla giornalista Maria Teresa Carbone. Alle responsabilità degli scrittori e dei giornalisti nel raccontare l'Italia che cambia è dedicato l'incontro con Paolo Di Stefano, Giorgio Falco e Lorenzo Pavolini.

La conclusione. Domenica 19 ottobre alle 21 la tavola rotonda su "Il cinema italiano dopo Venezia" chiuderà la sesta edizione del Salone dell'editoria sociale, con i registi Saverio Costanzo, Francesco Munzi e Mario Martone.

Editoria sociale, stavolta si parla d'Europa e del suo incerto camminoA Roma la sesta edizione del Salone dell'editoria sociale promossa dalle Edizioni dell'asino, dalla rivista Lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco

Dal Salone dell’Editoria Sociale di Roma vengono nuovi suggerimenti e stimoli per interpretare il mondo delle migrazioni.Dal “Terzo libro bianco sul razzismo in Italia” fino agli albi illustrati di Armin Grader, i racconti di viaggio, le storie degli sbarchi, gli episodi di discriminazione diventano il fulcro dal quale partire per comprendere il presente.Sfogliando il “Terzo libro bianco sul razzismo in Italia” a colpirci sono immediatamente una serie di episodi discriminatori che speravamo confinati in tempi lontani.L’istituzione di una “classe ghetto”, o “ponte” come usano chiamarla altri, in una scuola media di Bologna, i bandi per il Servizio Civile Nazionale aperti ancora solo ai cittadini italiani fino alla lunga epopea dell’informazione nostrana costantemente costellata da articoli razzisti pubblicati con il benestare dei direttori editoriali.È ancora questa l’Italia con la quale il “Terzo libro bianco sul razzismo in Italia” ci fa confrontare, un’Italia in cui, sfortunatamente, sono più importanti il numero di copie dei giornali venduti, lo share dei TG o il conteggio dei voti elettorali piuttosto che l’avvio di serie politiche di protezione e inclusione sociale per i soggetti discriminati.Ospiti della puntata:Grazia Naletto, Presidente di LunariaSerena Chiodo, Cronache di Ordinario Razzismo

Fiumi di parole. Saggi e albi illustrati per raccontare le migrazioni

La finanza solidale? Non è roba per «alieni»Alice ScialojaNon è facile spiegare meccanismi complessi con semplicità, specialmente quando si parla di economia e finanza. Ci riesce bene Marco Marcocci nel suo libro Missih - Un alieno sulla Terra alla scoperta della finanza inclusiva (Ecra –Edizioni del Credito Cooperativo, 2014), che sarà presentato domani 17 ottobre al Salone dell’Editoria Sociale a Roma.

Il testo, in meno di un centinaio di pagine, esplora le numerose forme della finanza inclusiva: quella finanza che consente l’accesso al credito anche a chi è privo di reddito o quasi. Si passa dai meccanismi che regolano la microfinanza, a quelli della finanza islamica, alle caratteristiche del commercio equo e solidale, al migrant banking.

La chiave che consente all’autore di affrontare ogni punto in modo piano e di illustrarlo, con relative osservazioni di merito, in un libro per tutti è il viaggio dell’extraterrestre Missih, residente su un pianeta milioni di anni luce dal nostro, giornalista per il Financial Astra e incaricato di fare un’inchiesta sulla finanza terrestre di cui è totalmente digiuno.

Il suo modo di vedere le cose è chiaro sin dalle prime righe: bocciati i meccanismi alla base della crisi economica e finanziaria del pianeta. “Per lui lo sgonfiarsi della bolla immobiliare e la grande recessione mondiale susseguente altro non erano che le conseguenze logiche, terrificanti e prevedibili di una finanza speculativa, irresponsabile ed egoista”. Non è questo quel che gli interessa raccontare sul suo giornale; e il viaggio procede all’insegna della “ricerca di una finanza migliore e veramente utile alle persone e alla società”.

Da subito nasce, quindi, spontanea la domanda se esista una finanza buona e giusta. L’indagine dell’alieno sembra dirci di sì: la finanza inclusiva “tra l’altro persegue il benessere e l’emancipazione dei singoli e delle collettività”. Ma la risposta positiva ai bisogni delle persone è prevalentemente esterna al sistema bancario. “Non andava dimenticato che circa il 70% della popolazione dei paesi in via di sviluppo è scartato dalla finanza formale e ottiene l’accesso al credito, indispensabile per la realizzazione di microattività, solo grazie ai meccanismi sommersi”.

Colpa delle banche, insomma, che non garantiscono a tutti l’accesso al credito, più che delle persone, se queste si rivolgono a canali informali e illegali, come per esempio i banchieri di strada, che “sono leader mondiali nel settore delle rimesse e riescono a movimentare più denaro di quanto ne transita per i canali formali”.La finanza informale, scopre l’alieno, “nonostante l’elevato livello di attenzione a cui quotidianamente è sottoposta da parte degli organismi di vigilanza di tutto il mondo, continua a crescere liberamente”. Perché presenta modalità di accesso estremamente semplici, è funzionale ed efficiente e “ricopre un ruolo significativo nella vita economica e finanziaria di molti poveri”.

Il libro, però, non certo è un’apologia della finanza illegale. Marcocci lavora nel Credito Cooperativo presso IccreaBanca a Roma ed è fondatore e presidente dell’associazione di volontariato Migranti e Banche. Oltre a uno spiccato interesse per la componente mutualistica e solidale alla base di molte forme di microcredito, il suo lavoro si concentra sull’ importanza dell’alfabetizzazione finanziaria degli utenti e sull’offerta che alcune banche italiane riservano alla clientela migrante.

Un fronte sul quale ci sarebbe parecchia strada da fare, se è vero, come dice il libro, che per quanto le rimesse dei migranti nei loro paesi d’origine siano difficili da stimare, gli osservatori del fenomeno ritengono che quelle rientranti nel sommerso siano superiori a quelle processate dai canali formali, e che “anche in tempi di crisi economica globale, le rimesse hanno continuato a essere una sicura risorsa per lo sviluppo delle economie di molti paesi nonostante il contesto generale”.Il viaggio di Missih si conclude con un’analisi del “mix di azioni che le banche devono attuare per agevolare il complesso processo di bancarizzazione dei migranti”. Per allargare i confini della finanza inclusiva e di una più equa redistribuzione del reddito.

.Anche a sinistra le ricette per affrontare la profonda crisi economica dell’Eurozona – alti tassi di disoccupazione e una crescente disuguaglianza – sono accomunate dall’idea che occorra puntare alla “crescita” e che la crescita (eventuale) porti automaticamente a una maggiore giustizia sociale. Lei invece sembra guardare altrove, a una maggiore e diversa redistribuzione, a politiche di sicurezza sociale transnazionali. Ci spiega meglio cosa intende?Per ragionare sulla questione nella giusta prospettiva, proviamo a comparare la situazione attuale con i “magnifici” anni Sessanta. Una delle differenze è che oggi proporzionalmente ci sono più disoccupati e, insieme, più precari, angosciati dall’eventualità di diventare disoccupati a loro volta. Ma un’altra differenza èche oggi godiamo di una ricchezza più che doppia rispetto ad allora, e che il reddito reale è cresciuto in maniera spettacolare. Ciò in apparenza non dovrebbe farci dubitare che la soluzione fondamentale alla complicata situazione sociale ed economica dei nostri tempi sia lavoro-lavoro-lavoro mediante crescita-crescita-crescita. Ma la questione non è così semplice.Vuole forse dire che la sinistra non dovrebbe più sostenere il keynesianismo contro le politiche di austerità?Significa piuttosto che la sinistra dovrebbe guardare alla coerenza tra le due intuizioni di Keynes. Per evitare che le fluttuazioni economiche degenerino nelle depressioni, abbiamo bisogno di stabilizzatori economici, preferibilmente automatici, orientati alla crescita, come le nostre istituzioni del welfare state. Ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di riconoscere e affrontare un problema ancora più fondamentale. Negli stessi termini di Keynes, “la nostra scoperta dei mezzi per economizzare l’uso del lavoro” tende a “superare il ritmo con cui siamo in grado di trovare nuovi usi per il lavoro”. La soluzione strutturale di Keynes a questo problema fondamentale non è la crescita-crescita-crescita, ma la traduzione dei benefici della produttività in una riduzione del tempo di lavoro. Il compito del futuro, scriveva nel 1930, sarà di “fare in modo che il lavoro che rimane da fare sia il più ampiamente condiviso”. Oggi questo è diventato l’obiettivo più urgente. Significa che dobbiamo garantire sicurezza e inclusione senza fare affidamento sul lavoro. Per questo, abbiamo bisogno di ristrutturare in profondità il nostro welfare state, il nostro sistema educativo, il mercato del lavoro, così da distribuire meglio l’occupazione tra le persone e tra le diverse fasce di età. Ciò può essere fatto senza ostacolare l’innovazione e senza gravare l’economia con lacci non necessari. Non c’èbisogno di una riduzione della settimana lavorativa ufficiale, che venga imposta dall’alto in basso. Ciò che serve è un reddito minimo incondizionato, una componente centrale della strategia di cui parlo.

Filosofo ed economista, docente a Oxford e a Lovanio, dove dirige la Hoover Chair di Etica economica e sociale, Philippe Van Parijs ha costruito la sua originalissima fisionomia intellettuale studiando etica e filosofia politica, filosofia della scienza ed economia politica. Negli anni Settanta ha partecipato alla creazione del “September group”, il gruppo di ricerca a cui si deve l’affermazione del “marxismo analitico”, mentre dagli anni Ottanta si è dedicato a alla questione del reddito minimo garantito, di cui è uno dei piùconvinti sostenitori. Fondatore del Basic Income European Network (nel frattempo ampliato su scala mondiale), non ha mai smesso di credere che non ci sia questione economica o sociale di una qualche rilevanza che non implichi anche una riflessione specificamente etica (come scrive in Cos’èuna società giusta? e in Quanta disuguaglianza possiamo accettare?). Oggi vede nell’introduzione di un Euro-dividendo uno degli strumenti necessari per dare vita a una società più giusta e scongiurare la fine del welfare state europeo. O, in altri termini, una via per avvicinarsi al regno della libertà di cui parlava Marx: “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”. Lo abbiamo incontrato a Roma, dove sabato 18 ottobre ha partecipato al Salone dell’editoria sociale

Philippe Van Parijs: un Euro-dividendo per un’Europa più giusta e inclusivaIntervista di Giuliano Battiston17 ottobre 2014

Lei suggerisce infatti di adottare un reddito minimo, una sorta di Euro-dividendo, come meccanismo stabilizzatore e come strumento per la giustizia sociale. Ci spiega di cosa si tratta, di quali sarebbero i benefici derivanti dall’introduzione di una misura simile e di come verrebbe finanziata?Nel prossimo futuro, buona parte della redistribuzione in Europa rimarrà localizzata al livello degli Stati membri. Ma i sistemi nazionali devono essere integrati con uno schema più ampio, di portata europea. Una delle ragioni più immediate è che dobbiamo assicurare la sostenibilità dell’euro. Per questo, c’è bisogno di potenti meccanismi di stabilizzazione con cui gestire le divergenze economiche temporanee o permanenti tra gli Stati membri. Gli Stati Uniti hanno due meccanismi che operano in questo senso: un welfare state federale e le migrazioni interstatali. In Europa non possiamo contarci. Ecco perché sono ancora più necessari i trasferimenti interstatali automatici. Per un certo periodo l’Eurozona potrebbe continuare a essere fortunata come è stata nel corso del suo primo decennio di vita, ma senza l’effetto stabilizzatore offerto da un potente schema di trasferimenti sarà destinata a inciampare di crisi in crisi. Affinché sia praticabile, uno schema simile deve essere semplice nel suo finanziamento così come nella sua erogazione: propongo che un reddito minimo incondizionato, o un Euro-dividendo di 200 euro, venga corrisposto a ogni individuo che risieda nell’Unione europea e che sia finanziato da un’imposta sul valore aggiunto (Iva) europea del 19% circa. Non solo sarebbe uno strumento per aiutare l’Unione europea a garantire il futuro della moneta comune. Permetterebbe anche che l’Europa apparisse ancora a lungo come “l’Europa che si prende cura”, che protegge i suoi cittadini condividendo i benefici che rivendica di produrre.L’introduzione di un Euro-dividendo – ha spesso sottolineato – non presuppone l’imposizione di un “mega welfare state”; inoltre, non solo non sarebbe in contraddizione con le altre misure di protezione sociale nazionali già esistenti, ma sarebbe uno strumento per preservare la diversità dei diversi sistemi di welfare. Ci spiega come?È vero, non intendo l’Eurodividendo come un sostituto ai welfare state nazionali in Europa. Piuttosto, come un fondamento che dovrebbe aiutarli ad affrontare la duplice minaccia che subiscono a causa dell’apertura dei confini interni all’Unione europea. In primo luogo, un euro-dividendo fornisce un modesto contributo che non sollecita né è suscettibile alla competizione fiscale e sociale tra gli Stati membri. Le aziende e le famiglie ricche contribuiranno a questa porzione di tutti i trasferimenti di una certa popolazione a dispetto del posto in cui vivono nell’Unione europea, mentre i più poveri ne saranno beneficiati a dispetto del posto in cui vivono. Come risultato, verrà ridimensionata la pressione sui governi affinché riducano la portata del sistema nazionale di trasferimento: il budget nazionale avrà meno da perdere con la partenza di un contributore netto o con l’arrivo di un beneficiario netto. In secondo luogo, perfino un modesto Eurodividendo di 200 euro incrementerà significativamente il reddito medio dei paesi più poveri come la Romania e la Bulgaria, e in questo modo agirà da stabilizzatore della popolazione. Ridurràil trasferimento massiccio nelle città in boom di quegli immigrati poveri che avrebbero preferito rimanere a vivere più vicini alle loro radici. Ciò attenuerà il sovraccarico del mercato del lavoro, del sistema scolastico ed educativo e dei servizi sociali dei centri urbani, controbilanciando le reazioni negative politiche contro un generoso welfare state nazionale.

Affinché l’Euro-dividendo sia politicamente realizzabile, lei sostiene che occorra passare dalla demoi-crazia alla demos-crazia, “passando dall’accountability verso le diverse popolazioni dell’Europa all’accountability verso il popolo d’Europa nel suo complesso”. Cosa intende? E di quali cambiamenti avremmo bisogno per favorire questo passaggio?Credo che la praticabilità e la sostenibilità politica di un Euro-dividendo e di ogni altro schema redistributivo di livello europeo sarebbero favorite se l’Unione europea funzionasse politicamente attraverso la deliberazione in un demos condiviso piuttosto che attraverso la negoziazione in demoiseparati. Ciò richiede uno spazio elettorale comune. Alcuni passi in questa direzione sono stati compiuti con il ruolo crescente che è stato giocato dalle più o meno coese federazioni di partiti politici su scala europea, compreso il tentativo riuscito di presentare l’elezione europea come una contesa tra Spitzenkandidaten alla presidenza della Commissione europea. Un passo fondamentale ulteriore sarebbe l’elezione di una parte dei deputati europei, diciamo 25, sulla base di un collegio elettorale su scala europea. Ma un demos condiviso non è soltanto una questione elettorale. Rimanda anche a uno spazio condiviso di discussione e mobilitazione.A questo proposito, lei ha scritto che, data la diversità linguistica dell’Europa, una demos-crazia su scala europea sia destinata a rimanere un sogno irraggiungibile senza un plurilinguismo diffuso o almeno “una convergenza generalizzata verso una lingua franca”. Ciò rimanda a un quesito fondamentale, di cui si è occupato nel libro Linguistic Justice forEurope and for the World: come favorire la democratizzazione della conoscenza della lingua franca – l’inglese – senza venir meno alla necessità di proteggere la diversità delle lingue nazionali ?L’importanza che attribuisco alla disseminazione della lingua franca non deriva da un’attrazione intellettuale verso il multilinguismo, ancora meno dalle richieste di competitività. La democratizzazione della competenza nell’inglese è essenziale per fornire alla politica e alla societàcivile paneuropea uno strumento di comunicazione economico ed efficiente. Nel mio libro sostengo che un processo simile, già ampiamente in atto tra le generazioni più giovani d’Europa, sia coerente con la legittima protezione territoriale delle lingue più “deboli” attraverso l’imposizione delle varie lingue nazionali come lingue dell’educazione pubblica (intesa in senso ampio) e della comunicazione pubblica all’interno di ciascun territorio nazionale.Ritiene che la democratizzazione della lingua franca sia una condizione sufficiente per reimpostare le nostre concezioni della sfera pubblica in chiave post-westfaliana, così da archiviare l’idea che l’identità politica corrisponda ai confini nazionali?Una lingua franca comune non è una condizione sufficiente per l’emergere di una sfera pubblica sovranazionale: anche le istituzioni politiche devono essere ripensate. Ma è una condizione necessaria. In ogni caso, il fatto che una sfera pubblica su scala europea ci sia e sia disponibile non implica che l’identificazione politica debba necessariamente avvenire soltanto a quel livello. Le identità politiche, l’impegno verso una determinata comunità politica, sono importanti in qualunque livello vengano assunte le decisioni politiche, da quello locale a quello europeo. Su ogni livello, il patriottismo è legittimo e desiderabile. Ma deve trattarsi di un patriottismo che rimanda a un’identitàterritoriale inclusiva, aperta verso ciascun individuo che scelga di vivere in una certa parte del pianeta, non a un’identità etnica, circoscritta alle persone che condividono i nostri stessi antenati, la nostra stessa religione o lingua madre.

Al via il Salone dell’editoria sociale di Barbara Baroni

shadow

E’ dedicata a L’Europa in cammino la sesta edizione del Salone dell’editoria sociale, l’iniziativa promossa dalle Edizioni dell’Asino, dalla rivista Lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco. Più di 40 incontri, tra tavole rotonde, dibattiti, presentazioni di libri, video e letture musicate, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore, ospitati negli spazi di Porta Futuro a Roma, da giovedì 16 a domenica 19 ottobre.Un’occasione per riflettere sui deficit dell’Europa attuale e sulle risorse con cui costruire un nuovo spazio europeo democratico e inclusivo, a partire dalla questione della giustizia sociale, di cui discuterà il filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs, intervistato dal giornalista Giuliano Battiston.Ai confini culturali e simbolici dell’Europa è dedicata la lezione del geografo Franco Farinelli, mentre gli storici Paul Ginsborg e Mario Isnenghi spiegheranno l’importanza della famiglia nel Novecento e l’eredità della Grande Guerra.L’economia e la politica sono al centro dell’incontro su “L’Italia, l’Europa, l’austerity”, con Giorgio Airaudo e Giulio Marcon, Stefano Fassina e il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio.Tra le tavole rotonde, da segnalare gli omaggi agli scrittori Thomas Bernhard e Toni Morrison e al teologo valdese Tullio Vinay, oltre al dibattito sull’attivista ed ecologista Alexander Langer, con Adriano Sofri, Goffredo Fofi e Giulio Marcon.Anche quest’anno molti gli incontri sui diritti, la pace e le guerre: la presentazione del Terzo libro bianco sul razzismo in Italia, a cura dell’associazione Lunaria, con Grazia Naletto, Guido Caldiron e Annamaria Rivera; l’incontro su “La Fortezza Europa” con gli studiosi Giuseppe Bronzini, Chiara Favilli e Gianfranco Schiavone; la presentazione in anteprima del libro La crisi irachena, a cura dell’associazione Un Ponte per…Uno spazio particolare è dedicato all’arte di raccontare la realtà con i fumetti e le illustrazioni, grazie alla partecipazione del disegnatore svizzero Armin Greder, di Paolo Bacilieri, Marco Corona, Alessandro Sanna e del più noto fumettista italiano, Gipi, che sabato 18 ottobre verrà intervistato dalla giornalista Maria Teresa Carbone.Alle responsabilità degli scrittori e dei giornalisti nel raccontare l’Italia che cambia è dedicato l’incontro con Paolo Di Stefano, Giorgio Falco e Lorenzo Pavolini.Domenica 19 ottobre alle 21 la tavola rotonda su “Il cinema italiano dopo Venezia” chiuderà la sesta edizione del Salone dell’editoria sociale, con i registi Saverio Costanzo, Francesco Munzie Mario Martone. Programma completo: http://www.editoriasociale.info/calendari/

Le utopie letali e il quinto stato di Barbara Baroni

Esistono delle utopie letali che provocano catastrofi e fanno ritirare indietro il mondo come l’inizio di un maremoto. Ne è convinto Carlo Formenti, giornalista e scrittore, che ha presentato il suo ultimo libro “Utopie letali. Contro l’ideologia postmoderna” (Jaca Book) al Salone dell’Editoria Sociale a Roma.Carlo Formenti, quali sono le utopie letali?Classifico sotto questa etichetta tutte le ideologie, le pratiche, i progetti politici di una parte dei nuovi movimenti, per esempio gli ecologisti tedeschi, una parte dei movimenti femministi…Anche i no-global?I no global forse sono gli ultimi che hanno avuto un residuo di progettualità politica universalista, con un’idea di alternativa sistemica all’esistente modello economico-sociale. Mentre gli altri sono movimenti che chiedono diritti individuali anziché collettivi, che chiedono una sorta di loro riconoscimento culturale. Per esempio, la fecondazione assistita è un diritto individuale. Che esista un diritto a procreare è opinabile nella misura in cui questa scelta ha a che fare con l’individuo e il suo sentire. Mentre il diritto alla salute è sicuramente un diritto universale. Voglio dire che c’è un progressivo slittamento dei diritti universali a favore di quelli individuali. Del resto, questi ultimi vanno a braccetto con l’ideologia liberale e indirettamente con quella liberista.Tu sei stato il primo ad usare in Italia l’accezione quinto stato… puoi spiegarci chi sono oggi coloro che compongono il quinto stato? E se hanno consapevolezza e coscienza del loro stato sociale?Chiamo quinto stato i lavoratori della new economy. Nella seconda metà degli anni Novanta avevamo fatto la scommessa che, prima o dopo, si sarebbe sviluppata la loro coscienza di classe, anzi la presa di consapevolezza del loro stato perché avevano assunto una forza contrattuale notevole. Ma le mie aspettative sono andate deluse. Essi sono stati fatti fuori dalla crisi del 2000/2001 e solo per una piccola minoranza si sono aperte le porte della stanza dei bottoni mentre la stragrande maggioranza è precipitata nel ceto medio proletarizzato. Sono in tanti oggi alavorare nei Burger King o nei MacDonald’s per arrotondare il lavoro sottopagato della neweconomy. Rispetto al quarto stato, capace delle grandi lotte e battaglie di inizio Novecento, che cosa manca al quinto stato di oggi?Manca il riconoscimento sociale. Siamo di fronte a persone che, individualmente, si mettono in relazione e contrattano con la controparte, non hanno un progetto collettivo. E’ strano come ,nell’epoca della comunicazione a 360 gradi, i lavoratori moderni manchino di un progetto comune e collettivo…La comunicazione, oggi, non viene usata come un effettivo momento di presa di consapevolezza ma come un chiacchiericcio, almeno in occidente. In Cina, al contrario, i social sono diventati strumento principe per le lotte sindacali…In un capitolo analizzi forme di lotta e modelli organizzativi. Ma esiste un modello che a tuo avviso può essere capace di incidere sul cambiamento della società?! Perché l’impressione è che tutto cambi per restare invariato, che si urli ma senza ottenere niente…Manca un dialogo tra le due parti in lotta che permetta di andare avanti… oggi esistono pratiche di lotta antagonista (come i no-tav), pratiche di consumo alternativo (come i GAS) però sono tutte scollegate: manca un progetto, un modello da seguire e realizzare.

La radio (di periferia) salverà il mondo di Barbara Baroni

La radio ci salverà? Studiosi e giornalisti hanno cercato di rispondere a questa domanda durante il dibattito sulla buona informazione e sul ruolo della radio che si è svolto oggi al Salone dell’Editoria Sociale (Roma), proprio nell’anno in cui si festeggiano i suoi novant’anni. Inevitabili le riflessioni post-dibattito sul compito sociale e culturale che questo “vecchio” mezzo di comunicazione può ancora avere nella nostra società.Ivano Maiorella, direttore del Giornale Radio Sociale, sostiene con forza che la radio ha ancora numerose risorse, nonostante qualcuno le abbia già celebrato l’ultima dipartita. «La radio è come noi, come il terzo settore – afferma – perché ha costi di produzione bassi e arriva da tutte le parti, èantica e moderna, sfrutta una risorsa fondamentale che è il rapporto stretto e diretto con il territorio, tipico del mondo sociale. In fondo in questi novant’anni la radio non ha mai perso credibilità e non ha mai venduto l’anima al diavolo, è riuscita a mantenere il suo baricentro tanto che noi l’abbiamo scelta come canale privilegiato per la comunicazione sociale».Ed è anche convinto del ruolo sociale che ricopre: «Il mondo della web radio è una rivoluzione e la si può accomunare a quello che è stato il grande cambiamento della radio transistor negli anni Sessanta. Dallo sport alle informazioni alla musica, tutto, ancora oggi, passa per la radio solo che ècambiato lo strumento di ascolto”. E i social, come facebbook e twitter, possono essere una minaccia? Secondo Andrea Volterrani (studioso di sociologia della comunicazione e teoria e tecnica della comunicazione di massa, Università Tor Vergata, Roma) sono semmai una risorsa: «La radio si è sempre basata sul filo diretto con l’ascoltatore: il popolo è abituato a telefonare per dire la sua opinione e, oggi, fa la stessa identica cosa, solo che usa i nuovi strumenti relazionali: un post, un tweet, un sms…».Secondo Volterrani esistono tre motivi per cui la radio può mantenere la sua importanza sociale: “Il primo è sicuramente la sua prossimità rispetto alle persone e ai fatti; il secondo concerne la sua capacità di stare sia nel centro che nella periferia; e il terzo motivo riguarda l’ottimo rapporto di contaminazione che è riuscita ad avere con i social media relazionali come facebook e twitter”. Maiorella, dal canto suo, individua però alcune criticità: «E’ vero che, non avendo la possibilità di dare spazio all’immagine, la radio è costretta a ossificare i contenuti ed è immune dal problema per esempio della curiosità morbosa. Ma ha altre problematiche come la segmentazione del pubblico, pensiamo per esempio alle radio delle squadre sportive o a quelle ideologico-confessionali che ne fanno un uso autoreferenziale. E l’unico modo per combattere ciò è entrare in tutte le notizie, quindi senza sceglierne alcune a danno di altre, ma con un preciso punto di vista che, nel nostro caso, èquello del territorio, del volontariato e dei suoi protagonisti».Lo studioso di Tor Vergata, però, fa un passo avanti e individua un elemento fondamentale che

potrebbe condurre lontano: «La novità nel rapporto radio-società è l’esperienza delle web radio sociali che nascono nelle periferie. Queste saranno sicuramente capaci di aggiungere e modificare i metodi e i processi di comunicazione conosciuti fino ad oggi. E ciò deriva anche dal fatto che la radio è il medium più giovane, nonostante i suoi novant’anni: sia per età media degli ascoltatori, sia perché ha ancora forte dentro di sé la capacità di raccontare e renderti protagonista».Insomma, dal Salone dell’Editoria Sociale, è scaturita una certezza: non solo la radio non sarà

debellata dalla tecnologia ma addirittura ci salverà, almeno nella misura in cui è oggi l’unico mezzo di comunicazione che non ha ancora sgretolato il patto che lega la realtà a colui che la racconta.

(AGENPARL) – Roma, 15 ott – “La radio ci salverà? La buona informazione nell’epoca delle bufale e del giornalismo choc”: è questo il titolo dell’incontro che si terrà a Roma giovedi 16 ottobre, ore 14.15, nella sala B del Salone dell’Editoria Sociale.Partecipano: Andrea Guiso della Sapienza Università di Roma e Andrea Volterrani dell’Universitàdi Tor Vergata,Francesco De Vitis, vicedirettore Radio 1 Rai e Ivano Maiorella, direttore del Giornale Radio Sociale. Sarà presente la redazione del GRS.Perchè la radio ci salverà dall’informazione spazzatura? Parchè è un canale controcorrente, antico e modernissimo. Agile perchè riesce a divincolarsi dalle strettoie del giornalismo-guardone e del giornalismo spia. Il canale radiofonico arriva dappertutto ed ha bassi costi di produzione, ha anticipato la digitalizzazione e la moltiplicazione dei canali. Fa compagnia, stimola la fantasia senza falsare la realtà. E soprattutto non soffoca il pubblico. Dalle valvole al transistor, sino al web: la radio è passata indenne attraverso le rivoluzioni tecnologiche perché ha saputo modificare linguaggi e generi.Anche per tutto ciò il giornalismo radiofonico si adatta alla comunicazione sociale: immediato, senza fronzoli, con l’unico effetto speciale che è rappresentato da voci, suoni, rumori riprodotti dalla realtà. Dal territorio, dove il sociale è più radicato, la voce della radio arriva in diretta, senza mediazioni: questa è la forza dell’informazione radiofonica.Forse per questo la radio racconta il sociale di più e meglio di altri canali? Oppure non è così e l’ibridazione con altri canali è inevitabile? E l’epoca delle bufale giornalistiche non risparmia niente?La redazione del Giornale Radio Sociale ha organizzato questo incontro per parlarne con esperti di comunicazione sociale, di giornalismo radiofonico e di storia della radio.Seguite l’incontro con hashtag #laradiocisalverà

(ASCA) - Roma, 3 ott 2014 - Si apre a Roma il 16 ottobre prossimo la nuova edizione del Salone dell'editoria sociale con due incontri

sui temi dell'immigrazione, dell'accoglienza, dei diritti e della cittadinanza europea. Ad essere presentati al pubblico saranno due libri: giovedi' 16 ottobre alle ore 17.45 sara' presentato il Terzo libro

bianco sul razzismo in Italia a cura di Lunaria: ''Cronache di ordinario razzismo''. Venerdi' 17 alle ore 12.30, invece, sara' la volta

del libro: ''Fortezza Europa''. La sesta edizione del Salone dell'editoria sociale avra' quest'anno per titolo ''L'Europa in

cammino''. gc/

Cultura: si apre il 16 ottobre a Roma Salone dell'editoria

sociale

Sitografia:

http://www.lazioinfesta.com/evento/52716/salone-dell-editoria-sociale.htmlhttp://www.romaitalialab.it/salone-editoria-sociale-roma-europa-diritti/http://www.fondazioneunipolis.org/notizie/salone-editoria-sociale-roma/http://www.siae.it/edicola.asp?view=4&open_menu=yes&id_news=14599http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=63791&typeb=0http://www.lanuovafrontiera.it/component/k2/item/385-salone-dell-editoria-socialehttp://www.dsps.unict.it/Didattica/Corso%20di%20Laurea%20in%20Programmazione%20e%20gestione%20delle%20politiche%20e%20dei%20servizi%20sociali/Avvisi/SALONE%20DELL%E2%80%99EDITORIA%20SOCIALE%20Roma%2016-19%20ottobre%202014https://www.portafuturo.it/attivita/salone-editoria-sociale-7http://www.cesvot.it/usr_view.php/ID=16557https://letteratitudinenews.wordpress.com/tag/salone-editoria-sociale-2014/http://www.lantanaeditore.com/site/2014/lantana-al-salone-delleditoria-sociale/http://gavrocheblog.blogspot.it/2014/10/al-salone-delleditoria-sociale-la.htmlhttp://www.capoverso.org/2014/10/13/ses2014/http://www.nelpaese.it/index.php/archivio-cultura/1738-grs-al-salone-editoria-sociale-la-radio-ci-salverahttp://www.asinoedizioni.it/2013/11/questa-settimana/http://www.ecoincitta.it/dal-16-al-19-ottobre-sesta-edizione-del-salone-delleditoria-sociale/http://www.cronachediordinariorazzismo.org/tag/salone-editoria-sociale/http://www.unimondo.org/Notizie/Eventi/Salone-dell-editoria-sociale4http://blocnotes.rivistatradurre.it/salone-delleditoria-sociale-roma-16-19102014/http://culturability.org/blog/nuovi-progetti/a-ottobre-torna-il-salone-delleditoria-sociale/http://asud.net/events/venues/salone-delleditoria-sociale-porta-futuro-via-galvani-108/http://www.ediesseonline.it/agenda/salone-editoria-sociale-articolo3-primo-rapporto-sullo-stato-dei-diritti-http://www.educareallaliberta.org/salone-delleditoria-sociale-sesta-edizione-leuropa-in-cammino-roma-16-19-ottobre-2014/http://sviluppo.lazio.it/nl_news.asp?id=7158&title=salone_dell_editoria_socialehttp://www.romacheap.it/libri/20656/salone-editoria-sociale.htmlhttp://www.terzosettore.tv/index.php/notizie/copertina/4922-roma-torna-il-salone-delleditoria-socialehttp://www.edizioninottetempo.it/it/news/view/i/16-ottobre-laura-barile-legge-amelia-rosselli-al-salone-delleditoria-sociale

http://www.associazioniinrete.it/europa-in-cammino-sesto-salone-delleditoria-sociale/http://www.zoes.it/cultura/eventi/pop-economix-salone-delleditoria-sociale-romahttp://ilmegafonoquotidiano.it/contenuto/presentazione-non-c%C3%A8-euro-che-tenga-al-salone-delleditoria-socialehttp://roma.zero.eu/2014/10/16/salone-delleditoria-sociale-3/http://www.giuntiscuola.it/sesamo/magazine/news/roma-al-salone-dell-editoria-sociale-due-appuntamenti-su-immigrazione-e-cittadinanza/http://247.libero.it/rfocus/21493988/0/salone-dell-editoria-sociale/http://www.osservatoriomigrantibasilicata.it/tag/salone-delleditoria-sociale/http://www.confronti.net/confronti/tag/salone-editoria-sociale/http://www.elsedizioni.com/it/edizioni/presentazioni-e-fiere/54-else-al-salone-dell-editoria-socialehttp://www.romadaleggere.it/editoria-sociale-incontro-sulla-radio/http://www.pensieridintegrazione.it/component/k2/974-salone-sociale-dell-editoriahttp://www.inyourlife.it/vacanze/eventi/arte_e_musica/roma-rm/evento_e10346/index.phphttp://tuttofiere.blogspot.it/2014/09/al-salone-delleditoria-sociale-tre.htmlhttp://www.cancelloedarnonenews.com/2014/09/23/van-parijs-e-farinelli-al-salone-delleditoria-sociale/http://www.volontariato.lazio.it/notiziari/dettaglio.asp?idcanale=14&idinfo=10607&idarg=http://www.romacheverra.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=4245:per-discutere-di-uneuropa-dei-diritti-si-apre-il-salone-delleditoria-sociale&Itemid=53http://marconicolosi.wordpress.com/2014/10/17/salone-delleditoria-sociale/http://www.etinomia.org/eventi/634-salone-dell-editoria-sociale-l-europa-in-cammino.htmlhttp://www.eticanews.it/2014/10/se-sei-buono-ti-compro/http://www.austriacult.roma.it/it/evento/il-piu-grande-scrittore-europeo-omaggio-a-thomas-bernhard/http://www.sentieriselvaggi.it/5/59299/Il_cinema_italiano_dopo_Venezia.htmhttp://www.popeconomix.org/it/pop-economix-al-salone-delleditoria-socialehttp://www.comune.bologna.it/sportellosociale/notizie/2731/77054http://www.bed-and-breakfast.it/fiera.cfm?id=8027http://www.improntalaquila.org/2014/prende-via-sesta-edizione-salone-delleditoria-sociale-77466.htmlhttp://www.consorzioparsifal.it/agenda/n9249_p1/editoria-l-europa-in-cammino-al-festival-letterario-del-sociale.html

http://ilmanifesto.info/storia/democrazia-militare-al-salone-delleditoria-sociale/http://culturability.org/blog/nuovi-progetti/a-ottobre-torna-il-salone-delleditoria-sociale/http://www.interris.it/roma-europa-in-cammino-sesto-salone-delleditoria-sociale/http://comune-info.net/2014/10/raccontare-migrazioni/http://www.cartadiroma.org/news/al-salone-delleditoria-sociale-il-primo-rapporto-sullo-stato-dei-diritti-in-italia/http://www.cdca.it/spip.php?article2571http://www.radiocolonna.it/agenda/20141015/15341/lagenda_di_roma_del_16_ottobre/http://www.unimondo.org/Notizie/Italia-quella-giustizia-lumaca-che-nega-i-diritti-148292http://www.lospaziobianco.it/129866-sesta-edizione-del-salone-editoria-sociale-a-fumettihttp://tuttoteatro.blogspot.it/2014/10/pop-economix-la-tournee-di-ottobre-2014.htmlhttp://www.giornaleradiosociale.it/notizie_extra/la-radio-ci-salvera-la-buona-informazione-nellepoca-delle-bufale-e-del-giornalismo-choc/http://www.uisp.it/nazionale/index.php?contentId=5344