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Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557 ARTISTI IN RIVISTA Direttore Responsabile: Giorgio Lodetti / Direttore Artistico: Roberto Plevano / Progetto Grafico: Franco Colnaghi Via Molino delle Armi, 5 - 20123 Milano • Tel. 02 58302239 02 58302093 - Fax 0258435413 di B occa di B occa Anno IV, N. 15 • Ottobre-Dicembre 2005 per le Segrete di Bocca in 3 a pagina Linguaggio ed energia, certezze forzate Corona di spine, 2002 olio su tavola, cm 33 x 40 Gabriele Buratti Quello che pubblichiamo di seguito, per gentile concessione di Vittorio Sgarbi, è l’articolo scritto in occasione della mostra personale allo Studio Forni di Milano. Chissà quanto dovremo ancora aspettare per trovare in qualche repertorio, o rivista d’arte contemporanea, il nome di Maurizio Bottoni. Già abbiamo dovuto vede- re esclusi non i tardi cicli, piegati a una dolce maniera, di Pietro Annigoni, ma anche il ritratto del padre, l’au- toritratto, il ritratto di Ferragmo, da tutte le esposizioni sul Novecento.Ma oggi che siamo sulla frontiera di u- na ricerca che consente ogni esperienza, fra nuovi ac- quisti della Galleria d’Arte Moderna, a fianco di un vi- deo spento sul quale si legge un laconico e funebre av- viso: “Opera momentaneamente non in funzione”, mi chiedo perché debba resistere un impenetrabile silenzio rispetto alla lunga e assidua impresa di Maurizio Botto- ni. Me lo chiedo, senza alcun intendimento polemico, pensando alla solerzia con cui una critica sensibile co- me Angela Vettese mi raccomanda l’opera di Grazia To- deri.Alcuni artisti trovano riparo solo in ambienti poli- ticamente scorretti (grandi empori come lo Studio Forni, o tenaci trincee come la Galleria Ceribelli), ma non ci sarà spazio per loro alle Biennali del consueto corso come alle Quadriennali del nuovo. Niente. Con- dannati a restare senza casa, con il conforto del- la parola eretica e rara che fu un tempo di Ro- berto Tassi, ed è ancora Giorgio Soavi, nella te- merarietà di un occhio e di un pensiero liberi, e, ormai da lungo tempo, dell’irriducibile scriven- te, che non intende le ragioni della legittima- zione di alcuni e dell’ e- sclusione di altri, come Maurizio Bottoni. So- prattutto dopo la prova della mostra personale allo Studio Forni, pre- sentata da altri due gio- vani eretici che non in- tendono arrendersi: Al- berto Agazzani e Flavio Arensi. Si gira nella gal- leria, ammirando un impegno illimitato che sembrava esaurito con la pittura romantica: inter- ni di boschi, attraversati dalle luci striscianti dell’alba o del tramonto, castelli e ville alla luce del giorno o al chiaro di luna, paesaggi ideali, che annunciano profeti- camente le speranza di Marte, come se Caspar David Friedrich e Philipp Otto Runge dipingessero ancora e avessero un compagno di squadra non meno radicale di loro. Già immagino che a queste mie parole, i giovani e i più invasati colleghi,persi dietro i profumi di Vanessa Beecroft, esclameranno:“ Vedi che i tuoi artisti sono di un altro tempo, inattuali?”.Appunto. Come lo furono le considerazioni di Nietzsche. Non di un altro tempo è Maurizio Bottoni che nelle Vanitas, più volte ripetuta, non manca di limitare i confi- ni della sua poetica replicando alla minaccia della morte dell’arte:“l’Hanno data per mor- ta tante volte e lei se la ride. Come queste os- sa con un’anima, nervi, muscoli e carne pos- sono rivivere, così ogni volta la pittura. Con tanta buona pace dei tanti becchini”. Oggi Bottoni da una lezione insuperabile, anche nell’insignificanza dei soggetti, esibiti come il- lustrazione per un libro di scienze naturali, dalla Grande mucca alla Coturnice, fino ai Tulipa- ni e ai Gigli in un bicchiere e alle Zucche dalle più diverse forme. Certo ritornano alla mente Memling,Van Eyck, Zurbaràn, Meléndez, o Van der Hamen. Ma la soddisfazione immen- sa, davanti alle croste di quei Formaggi o alla pelle di quelle Melegrane fino al trionfo di quel Festone di frutta e di fiori che aspira a confron- tarsi con Caravaggio. Piace di Bottoni il rigo- re, il radicale estremismo della forma, l’osses- sione della compiutezza, la ricerca implacabi- Su invito del Ministero delle Scienze,delle Ricerche e delle Arti della Turingia Maurizio Bottoni esporrà centoventi opere provenienti da collezioni pubbliche e private al Panorama Museum Maurizio Bottoni “Ecce pictura” Panorama Museum Bad Frankenhausen - Germania dall’8 ottobre 2005 al 15 gennaio 2006 www.panorama-museum.de Interno di bosco, 2002 olio su tavola cm 160 x 150 Cristo morto, 2004, olio su tavola incamottata, cm 67 x 80 Maurizio Bottoni La condanna dell’eretico Vittorio Sgarbi le che non si ferma davanti al soggetto più ingrato e, per se stesso, assoluto: la Corona di spine, davanti alla quale, e solo per amore dell’arte molti dei produttori di “Opere momentaneamente non in funzione” dovrebbero ingi- nocchiarsi, e piangere. 17

Segrete di Bocca N. 15

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Nasce dall’esigenza sempre maggiore di promuovere la giovane Arte contemporanea Italiana, l’esigenza da parte della storica libreria Bocca di Milano di diffondere sempre più capillarmente il proprio notiziario informativo: Le Segrete di Bocca. Quadrimestrale d’attualità artistico e culturale nato nel duemila come inserto della rivista Arte incontro in Libreria, oggi si emancipa da inserto a Rivista indipendente. Forte della distribuzione gratuita ad oltre duemila nominativi di clienti fidelizzati alla Bocca, diffusi sul territorio italiano, specializzati o semplicemente interessati alle arti contemporanee italiane ed internazionali. La Rivista punta su collaborazioni mirate a migliorare i propri contenuti, attraverso l’avallo e il contributo delle Gallerie d’Arte, oltre che a stringere rapporti di collaborazione con strutture organizzative di prima linea presenti sul territorio nazionale. Forte dell’appoggio di oltre trenta collaboratori, tra cui giornalisti e critici d’arte, è oggi possibile far parte di questo nutrito entourage, formatosi in sette anni di attività editoriale. Insieme saremo in grado di dar voce alle più differenti ricerche nel campo dell’Arte Contemporanea Italiana. La Libreria Bocca sempre in prima linea nella promozione, attraverso il vostro contributo, potrà diventare un faro nella nebbia di questo complicato sistema che è l’Arte Contemporanea. Unisciti a questa nuova iniziativa editoriale e collabora con Le Segrete di Bocca, Artisti in Rivista. Per maggiori informazioni contatta Giorgio Lodetti: 338 2966557 oppure via e.mail: [email protected]

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Page 1: Segrete di Bocca N. 15

Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557

ARTISTI IN RIVISTA

Direttore Responsabile: Giorgio Lodetti / Direttore Artistico: Roberto Plevano / Progetto Grafico: Franco Colnaghi

Via Molino delle Armi, 5 - 20123 Milano • Tel. 02 58302239 02 58302093 - Fax 0258435413

diBoccadiBoccaAnno IV, N. 15 • Ottobre-Dicembre 2005

per le Segrete di Boccain 3a pagina

Linguaggio ed energia, certezze forzate

Corona di spine, 2002 olio su tavola, cm 33 x 40

Gabriele Buratti

Quello che pubblichiamo di seguito, per gentile concessionedi Vittorio Sgarbi, è l’articolo scritto in occasione della mostrapersonale allo Studio Forni di Milano.

Chissà quanto dovremo ancora aspettare per trovare inqualche repertorio, o rivista d’arte contemporanea, ilnome di Maurizio Bottoni. Già abbiamo dovuto vede-re esclusi non i tardi cicli, piegati a una dolce maniera,

di Pietro Annigoni, ma anche il ritratto del padre, l’au-toritratto, il ritratto di Ferragmo, da tutte le esposizionisul Novecento. Ma oggi che siamo sulla frontiera di u-na ricerca che consente ogni esperienza, fra nuovi ac-quisti della Galleria d’Arte Moderna, a fianco di un vi-deo spento sul quale si legge un laconico e funebre av-viso:“Opera momentaneamente non in funzione”, michiedo perché debba resistere un impenetrabile silenziorispetto alla lunga e assidua impresa di Maurizio Botto-

ni. Me lo chiedo, senza alcun intendimento polemico,pensando alla solerzia con cui una critica sensibile co-me Angela Vettese mi raccomanda l’opera di Grazia To-deri.Alcuni artisti trovano riparo solo in ambienti poli-ticamente scorretti (grandi empori come lo StudioForni, o tenaci trincee come la Galleria Ceribelli), manon ci sarà spazio per loro alle Biennali del consuetocorso come alle Quadriennali del nuovo. Niente. Con-

dannati a restare senzacasa, con il conforto del-la parola eretica e rarache fu un tempo di Ro-berto Tassi, ed è ancoraGiorgio Soavi, nella te-merarietà di un occhio edi un pensiero liberi, e,ormai da lungo tempo,dell’irriducibile scriven-te, che non intende leragioni della legittima-zione di alcuni e dell’ e-sclusione di altri, comeMaurizio Bottoni. So-prattutto dopo la provadella mostra personaleallo Studio Forni, pre-sentata da altri due gio-vani eretici che non in-tendono arrendersi: Al-berto Agazzani e FlavioArensi. Si gira nella gal-ler ia, ammirando unimpegno illimitato chesembrava esaurito con lapittura romantica: inter-

ni di boschi, attraversati dalle luci striscianti dell’alba odel tramonto, castelli e ville alla luce del giorno o alchiaro di luna, paesaggi ideali, che annunciano profeti-camente le speranza di Marte, come se Caspar DavidFriedrich e Philipp Otto Runge dipingessero ancora eavessero un compagno di squadra non meno radicale diloro. Già immagino che a queste mie parole, i giovani ei più invasati colleghi, persi dietro i profumi di VanessaBeecroft, esclameranno:“ Vedi che i tuoi artisti sono diun altro tempo, inattuali?”.Appunto. Come lo furonole considerazioni di Nietzsche. Non di un altro tempo

è Maurizio Bottoni che nelle Vanitas, piùvolte ripetuta, non manca di limitare i confi-ni della sua poetica replicando alla minacciadella morte dell’arte:“l’Hanno data per mor-ta tante volte e lei se la ride.Come queste os-sa con un’anima, nervi, muscoli e carne pos-sono rivivere, così ogni volta la pittura. Contanta buona pace dei tanti becchini”. OggiBottoni da una lezione insuperabile, anchenell’insignificanza dei soggetti, esibiti come il-lustrazione per un libro di scienze naturali,dalla Grande mucca alla Coturnice, fino ai Tulipa-ni e ai Gigli in un bicchiere e alle Zucche dallepiù diverse forme.Certo ritornano alla menteMemling,Van Eyck, Zurbaràn, Meléndez, oVan der Hamen. Ma la soddisfazione immen-sa, davanti alle croste di quei Formaggi o allapelle di quelle Melegrane fino al trionfo di quelFestone di frutta e di fiori che aspira a confron-tarsi con Caravaggio. Piace di Bottoni il rigo-re, il radicale estremismo della forma, l’osses-sione della compiutezza, la ricerca implacabi-

Su invito del Ministero delle Scienze, delle Ricerche e delle Arti della TuringiaMaurizio Bottoni esporrà centoventi opere

provenienti da collezioni pubbliche e private al Panorama Museum

Maurizio Bottoni “Ecce pictura”

Panorama MuseumBad Frankenhausen - Germania

dall’8 ottobre 2005 al 15 gennaio 2006

www.panorama-museum.de

Interno di bosco, 2002olio su tavolacm 160 x 150

Cristo morto, 2004, olio su tavola incamottata, cm 67 x 80

Maurizio Bottoni La condanna dell’eretico

Vittorio Sgarbi

le che non si ferma davanti al soggetto più ingrato e, perse stesso, assoluto: la Corona di spine, davanti alla quale, esolo per amore dell’arte molti dei produttori di “Operemomentaneamente non in funzione” dovrebbero ingi-nocchiarsi, e piangere.

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Ho visto da Forni, in via Fatebenefra-telli a Milano, uno degli ultimi lavoridi Gianluca Corona.Giorgio, mio figlio, aveva suggeritocon una certa insistenza di non per-dere la novità di un quadro che se-gnava un drastico cambiamento nellatecnica del comune amico. In effettila sorpresa c’è stata perché rispetto aiquadri che conoscevo e a quelli chepossiedo, entrati a far parte della miacollezione nell’arco degli ultimi ottoanni, le novità erano almeno due sutre: il formato, la pittura, non il sog-getto. Che tra quelli preferiti di Co-

rona ci siano le nature morte è noto ormai a tutti deisuoi numerosi estimatori, ma che un suo cedro arrivas-se a raggiungere la dimensione di oltre un metro qua-drato, questo è assolutamente nuovo.L’uso poi dell’olio che l’artista fa nel dipinto gli confe-risce una matericità sconosciuta in passato. In questacircostanza, il frutto occupa per la prima volta uno spa-zio a tre dimensioni, le protuberanze della buccia esco-no dalla tela e sotto l’effetto di una indovinata illumina-zione, esaltata da un fondo scuro, assumono le sembian-ze di un ologramma, mentre la foglia, dipinta nella par-

Gianluca CoronaNature morte giganti

Giacomo Lodetti

Grande Limone, 2005olio su telacm 110 x 90

te che si vede da sotto con le sue nervature, pare essereil capolavoro nel capolavoro. La luce, nella parte destradel dipinto, gioca un azzeccato effetto a corno di luna,mentre sul lato opposto da vita ad un buio mai eccessi-vo, dal quale si intravedono, grazie a sapienti pennellatedi colore, il panno, sui cui poggia il frutto, e parte delpicciolo a cui è attaccata la foglia. Se apparentementepuò sembrare più difficile dipingere un volto umano,perché l’espressione del soggetto che deve anche dareun’idea del suo carattere e della sua personalità, o è pre-sa o è sbagliata, mentre una zucca resta pur sempre unazucca e i suoi bitorzoli non esprimono sentimento e ungufo anche se differisce da un suo simile, resta ai nostriocchi sempre un gufo, dipingere una natura mortacomporta problemi altrettanto difficili da risolvere. Ilprimo è se il dipinto riesce a dare una sensazione diforza o meno e questo può dipendere dalle dimensionidell’oggetto rispetto a quelle della tela. Quindi se l’og-getto galleggia nell’aria o posa naturalmente su di unpiano, non ultimo se la luce giunge da un punto giustoo meno e quanta parte illumina, rispetto al tutto. Allafine le domande a cui dare risposta sono:“c’è equilibriotra tutte le componenti in gioco?” E “che sensazioneprocura il guardarlo?”Spero che questo quadro sia solo un punto di passaggioper Gianluca, non di arrivo.

Apprendimento, o apprendistato, della pittura. E’ laprima espressione che, a mo’ di slogan, ci affiora allamente nel guardare le recenti tele di Bertani. La sua èinfatti, anzitutto, una pittura che apprende se stessa,proprio nel momento in cui con caparbietà crescentel’artista si cimenta e si accanisce, quasi sur le motif, ad e-sempio sui paesaggi che lo hanno più ispirato in que-sti ultimi anni. Nonostante vi sia una chiara derivaverso immagini più naturalistiche e di una costruzio-ne plastica più decisa, soprattutto dove la luce medi-terranea sembra, come negli ultimi paesaggi calabresi,prosciugare le forme e renderle più nitide e perento-rie, resta nondimeno l’impressione che, di fronte al-l’oggetto, alla cosa, l’artista proceda comunque e sem-pre per tentativi e scoperte. Di essi egli non sa, o nonvuol sapere se non ciò che la pittura gli (ci) può inse-gnare. La sua è una condizione, per così dire, esisten-ziale della pittura: questa gli impone sempre una sor-ta di sospensione, di epochè di fronte a ciò che gli stadi fronte, e che perciò diviene per lui problema: qual-cosa che gli si para dinanzi e lo spiazza. Il nitore e il ri-gore formale di certi esisti non deve trarre in inganno:non c’è nulla di descrittivamente pittoresco, perché inBertani è proprio la pittura a esorcizzare il pittoresco.Essa infatti, come linguaggio dei pigmenti e dei valo-ri cromatici, traduce quello che del reale rimane sem-pre in riserva: i movimenti della luce e dell’ombra, ilgioco dei caldi e dei freddi, il tessuto delle macchie,l’osmosi tra il fondo e la forma. Si tratta di quel latointerno del vedere che rende possibile il vedere, quel-la che Merleau-Ponty chiamava la fodera del visibile.Perciò le soluzioni via via trovate dal pittore, special-mente le più felici, non cancellano mai l’azzardo dacui esse sono scaturite, quel tanto di aleatorio che nonriesce a integrarsi nella “buona gestalt”, che rimanefluttuante e provvisorio. La messa a fuoco del sogget-to comporta sempre, anzi, una certa messa in operadella visione periferica, sfuocata.E questo indipendentemente dal grado di definizionedei contorni. E’ interessante come in queste opere re-centi il pittore raggiunga una eccezionale essenzialitàdi forme, in particolare nella figura solitaria che si sta-glia sullo sfondo del cielo e del mare. Ma la strutturaanatomica in taluni casi tanto nitida nasce dall’acco-stamento dei toni, non già da una disegno a priori,che rimane come presupposto, un fuori testo (o fuoritela) subito dimenticato.Il reale è sempre ri-costituto a partire dai valori cro-matici. E’ una questione di metodo. In Bertani larealtà prende la consistenza di un tessuto, spesso mor-bido e poroso: egli non ama lo scheletro delle cose,maha bisogno di ricoprirle di un panno, di un “panneg-gio” (vero grande protagonista della pittura moderna,tra Cinquecento e Ottocento), non per nasconderlema per offrirle al tatto oltre che allo sguardo. La realtà,dunque, qui la si apprende rivestendola - rivestendoladei panni della pittura.

Fosco BertaniRodolfo Balzarotti

Ritorno dal bagno 2, 2005, olio su tavola, cm 80 x 50

Campagna e Resegone viola, 2005, olio su tavola, cm 40 x 50

“Uno specchio di stelle riflette all’orizzonte, una tavola scuraha preso il posto del Mare, una nuvola nera copre il sole, laspiaggia trattiene il respiro. Di nuovo il sole, il vento soffia, laspiaggia torna a respirare, mentre immobile sto a guardare.”Signor Zanaboni, riconosce questi versi? Certo, non solo li riconosco, ma mi ci trovo appieno, lisento parte del mio vissuto,del mio osservare e vivere lanatura ma soprattutto del mio osservare e vivere il ma-re. Il mio modo di intendere il mare, il Mare con la“M” maiuscola, credo che sia molto insolito, almenonon mi è ancora capitato di incontrare qualcuno che lopercepisca così come lo intendo io.Per me il mare è vi-vo, mi comunica messaggi, mi fa provare sensazioni edemozioni,mi fa riflettere,mi trasporta nel profondo,mientra dentro.E’ in riva al mare che scrive le sue poesie?Sì, spesso sulla spiaggia prendo appunti e faccio deglischizzi, ma più per fissare il ricordo delle sensazioni eper imprimere nella memoria la luce e i colori.Già, lei è il pittore del mare, molti dei suoi quadri rappresen-tano il mare.Come le dicevo, il mare è dentro di me e nel mare leg-go e traduco i misteri dell’uomo e dell’universo intero.Tutto è riflesso nel mare.Vuole dire che per lei il mare è come uno specchio?Forse. Lo sento dentro e mi fa nascere pensieri, rivivereemozioni. E allora scrivo oppure dipingo. Dipingo ciòche ho dentro, ciò che sento, faccio rivivere con il co-lore il frutto di una lunga riflessione, di un tormentoche non riesco ad allontanare dalla mente, di un quesi-to al quale non riesco a trovare soluzione.

In un certo senso,nei suoi quadri non dipinge il mare come pae-saggio, ma attraverso il mare vuole suscitare emozioni, è così?Assolutamente sì.Attraverso il mare si possono lanciareinfiniti messaggi, e io questi messaggi li vivo primadentro di me: sono lì, lavorano nel profondo per poi e-mergere, facendomi sentire la necessità di mettere lemani nei colori e di dipingere.Perché dice “mettere le mani nei colori”?Io non dipingo con i pennelli,ma con le mani.Non mipiace che fra me e il quadro ci siano intermediari.Vo-glio che la mia pittura susciti emozioni, si faccia inqualche modo “sentire”, ma devo essere io il primo asentirla con le mani, voglio avere io stesso la sensazionedi plasmare l’immagine. Spandendo i colori do forma aluci e ombre, ma soprattutto visualizzo un’emozione,un pensiero.Quali pensieri, per esempio?Il senso della vita,per dirne uno.Rifletto molto sull’enigmadell’esistenza e credo che traspaia anche dai miei quadri.Già, quando nei suoi quadri vedo la figura che cammina sullaspiaggia, anch’io ho la sensazione di cogliere un interrogativoprofondo, esistenziale…La figura è l’enigma stesso. Non si sa chi è, non ha vol-to, non ha sesso, non ha età, non si sa se è ferma o secammina, però è un grande-piccolo punto di riferi-mento nell’immenso spazio. Potrebbe rappresentarel’umanità intera oppure esserne il simbolo. Chiunquepuò identificarsi in quella figura e questo è molto im-portante ai fini del messaggio pittorico. Ma credo cheuna profonda sensazione si possa avere anche senza lafigura, semplicemente con il colore,basta guardarlo.Ba-sta immaginarlo.“Tutto è calmo, cielo e Mare un unico colore, il biancodell’onda si fonde nella sabbia. L’immenso.”Forse ha ragione, signor Zanaboni, basta lasciarsi trasportaredal mare, dalla pittura, dalla poesia.

Plevano incontraFranco Zanaboni

Senza titoloolio su tela

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pleanno di Joyce: il 2 febbraio 1922, data in cui, ottan-tatré anni dopo, non potevano mancare gli ormai miti-ci “tondi d’artista”.A celebrare, divertire e far volare ilpensiero di Joyce sono infatti opere circolari, rotonde,leggere e spesso bifronti perché appese ai soffitti di que-sti storici ritrovi cittadini. Ricordandoil senso del molteplice, del “doppiofondo” grazie ai recentissimi contri-buti della psicanalisi; mostrandoci imodi sottili e dissacranti di un’ epocache rise della cantata integrità moraleed estetica ottocentesca, i dipinti, lesculture e i disegni degli artisti inmostra si impongono discreti agliocchi dei clienti abituali, viaggiatori,lettori e vagabondi. In un incrocio disguardi gli ondeggianti “punti di vista”osservano, forse giudicano, in alcunicasi riflettono (essendo alcune operefatte non a caso di specchi), i volti e ipassi dei viandanti. È quello che èaccaduto il 16 giugno 2005 fra i lumi-nosi e affascinanti scaffali della LibreriaBocca di Milano.Scivolando dalla cro-nologia biografica a quella letteraria di Joyce infatti, lamostra ha regalato ai passanti della Galleria VittorioEmanuele la possibilità di addentrarsi nel labirintomentale e cittadino dei personaggi dell’Ulisse, proprioil giorno in cui tutta la vicenda ha luogo. L’Odissea diLeopold Bloom e Stephen Dedalus (suo alter ego), nac-que e si spense in un’unica giornata, quella del16 giugno 1904, fra i vicoli di Dublino nonmeno che fra quelli ben più colorati ed impre-visti dell’emergente stream of consciousness (o flus-so di coscienza). Non si sa mai perciò che, comevolante monito artistico, le opere sospese, acuteosservatrici del fermento cittadino, abbiano tra-smesso ai più attenti il dono di un’eroica intro-spezione, ritraendosi inorridendo e svelandosinello specchio del proprio alter ego o, semplice-

mente, quello di una piccola rifles-sione, come quella che mi ha spin-ta a definire Joyce il rapsodo di unsecolo, e la sua opera, come a miogiudizio la stessa struttura e filosofiadella mostra, una musicale rapsodia.Nell’antica Grecia infatti i rapsodi(da __π__= cucire, inventare)erano cantori che girovagando pervillaggi, strade, piazze e corti, narra-vano poemi e leggende “tessendo”storie di varia provenienza inintrecci eroici tramandati daglianziani. Nella sua Storia sociale del-l’arte Arnold Hauser definisce ilnuovo romanzo del ventesimosecolo, di cui l’Ulisse è l’emblema,“rapsodico”, ovvero episodico, iti-

nerante e, perché no, epico. Non più una lette-ratura dai tempi e dagli spazi lineari, progressivie univoci, bensì l’avvento di una metamorfosidei linguaggi che rispecchi l’ormai svelatapolifonia caotica dell’esistenza. Che rifletta cioèla simultaneità degli eventi, delle sensazioni, deiricordi; la sgradevole convivenza degli opposti; ilcosì poco pudico e discreto “flusso di coscienza” che cifa essere “dissociati ma per associazioni”; il brutalesconvolgimento, insomma, dei tradizionali canoni arti-stici, estetici e psicologici dei personaggi. Al centro diun’idea sinestetica dell’arte dove tutto è arte, dove ognicosa esiste se collegata al resto del mondo e gli eroisono dissacrati, i banali oggetti della vita quotidiana sal-tano alla ribalta e il tutto si svela nel ritrovato tesorodell’inconscio, la rivoluzionaria scrittura dell’irlandeseJames Joyce si fa interprete di uno scenario culturaleche ha un indubbio bisogno di essere “tessuto”, smon-tato e ricucito in una lirica e tautologica cerimoniadella disgregazione dell’io. La nuova arte nasce dal caos,quello più interno, che l’autore squaderna senza remo-re nelle pagine del suo capolavoro. Siamo “doppi”, irra-zionali, imprevedibili e ogni nostra giornata non è cheil riflesso delle mille sfaccettature, dei mille colori cheda una vita tessono la loro trama sul telaio della nostraesistenza: non una, ma infinite esistenze, perché nonesiste storia che non si faccia delle parole, delle idee edei ritagli di vita di altre migliaia di persone.Ecco quel-lo che Joyce ha cantato e “cucito” per noi: una nuova

Silenziosa viaggiatrice, senza per questo non orchestra-re una potente sinfonia concettuale, l’esposizione diarte contemporanea promossa e organizzata dallaFondazione D’Ars Oscar Signorini Onlus Omaggio aJames Joyce a cura di Alberto Mattia Martini, continua ilsuo itinerario europeo ospite dei “tempi” e degli spazibiografici e artistici del celeberrimo scrittore irlandese

del secolo scorso. Fu in occasione del centenario dallosbarco di Joyce a Trieste, infatti, che l’Antico Caffè SanMarco inaugurò la mostra lo scorso novembre 2004, inonore dei momenti trascorsi dall’autore stesso ai suoitavoli in compagnia di altri celebri intellettuali comeItalo Svevo, nonché della fertilissima stagione letterariatriestina che lo condusse al compimento della sua per-sonale Odissea letteraria: l’Ulysses. Ed è proprio nelluogo che coraggiosamente diede luce alla prima edi-zione, tremendamente volgare e sconveniente, a giudi-

zio dei più, che la mostra è migrata nel gennaio 2005:a Parigi, nella storica libreria Shakespeare and Com-pany. Fu la ventitreenne americana Sylvia Beach, pro-prietaria della Shakespeare & C. parigina, a voler darefiducia al testo che avrebbe rivoluzionato la letteraturadel ’900, e lo fece in occasione del quarantesimo com-

coscienza “universalistica” del sé. Ci portiamo in tascaun gomitolo di culture, l’intreccio delle nostre apparte-nenze, che se solo viene srotolato ci sorprende per lapluriformità delle nostre storie. Ed è da qui che haanche inizio il polifonico itinerario di un messaggio, di

una biografia che ci rivela il tessuto del mondo tantoconnesso quanto sconnesso, a partire dagli innumere-voli volti in cui potersi ritrovare, sospesi ma presenti. I“tondi d’artista”, ci offrono il filo di quel gomitolo, chesi arricchisce di città in città e che continua a far vibra-re, fra passato e futuro, la rapsodia di un secolo.

Omaggio a James JoyceLa rapsodia di un secolo

Viola Lilith Russi

Artisti

Alberto Allegri, Marilena Annovazzi, GennaroAvano, Celestina Avanzini, Beatrice Bartoluzzi,Beatrice Bausi Busi, Simone Beck, Silvana GabrielaBeju, Massimo Berruti, Roberto Bogo, Pier GiulioBonifacio, Paolo Bosisio,Angela Bucco, Jean PierreBuscaglia, Carlo Caloro, Carmine Calvanese, BrunoChersicla, Pino Chiari, Mariolina Roccella Conti,Ezio Cuoghi, Angelo De Boni, Antonio Dell’Isola,Anna Maria Ducaton, Riccardo Giulietti, Isa DiBattista Gorini, Gruppo Anonima di chi-sì-lu-son,Gruppo Cast, Gruppo G.T. Mutoid,Tomas Heller,Domenica Laurenzana, Grazia Lavia, Britta Lenk,Ciano Liziero, Antonio Massari, Massso, GualtieroMocenni, Marco Mussoni, Laura Olivero, FrancescoPezzuco, Lorenzo Petrantoni, Sergio Roni, R.V.Robin Van Arsdol, Anna Maria Russo, Bruno eGiovanna Signorini, Stefania Siragusa, StefanoSoddu, Anna Spagna, Claudio Spolentini, ManricoStiffi, Giorgio Tonti, Silvia Varini, Silvia Venuti.

Antico Caffé San MarcoTrieste

Antico Caffé San MarcoTrieste

Shakespeare & C.Parigi

Shakespeare & C.Parigi Libreria Bocca - Milano

Libreria Bocca - Milano

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Continua la fortunata serie di artisti al Biffi, coi loroquadri appesi alla parete del ristorante, che ha visto lapartecipazione di Filippo De Gasperi, da giugno a lu-glio, di Giorgio Milani, da luglio ad agosto e di AldoPancheri, da settembre a ottobre. Pittura e cucina sonouniversalmente accettate come formed’arte, capaci di allietare il genere uma-no da sempre, due facce della sua animache lo contraddistinguono da ogni altraforma di vita. Sulla scia di questa consi-derazione ho dato vita al sodalizio tradue storiche aziende della Galleria Vit-torio Emanuele II: il Caffè RistoranteBiffi e la Libreria d’Arte Bocca. Unprogramma di proposte artistiche cheha per obiettivo: avvicinare il grandepubblico della Galleria alla produzionedei nostri più rinomati artisti. L’idea hariscosso e sta riscuotendo un crescenteconsenso di pubblico.Nel periodo aprile-maggio è sta-ta esposta un’opera di Claudio Rotta Loria “Vortice”che gli avventori del locale hanno potuto godere ac-compagnando la visione con le gustose ed esclusive of-ferte culinarie del Biffi.Per chi non le avesse ancora gu-state suggeriamo il famoso ossobuco con risotto allamilanese, la cotoletta alla milanese, il sa-lame d’oca, gli spaghetti alla Biffi, il no-dino alla crema di funghi porcini e ilbranzino alle olive. L’inaugurazione delciclo di esposizioni denominato “AlCaffè degli Artisti”è avvenuta nel settem-bre del 2004 con opere di Max Kuatty. Ilciclo è proseguito con opere di GiovanniSesia,Francesco Chieppa,Walter Valentini,Giancarlo Ossola, Filippo De Gasperi,Claudio Rotta Loria, Giorgio Milani eAldo Pancheri. L’artista Adalberto Boriolista preparando una grande tela,sui toni delgrigio, studiata ad hoc per l’iniziativa,ope-ra che verrà esposta a dicembre.

Valle, già conosciuto e apprezzato per i suoi cicli didipinti, presenta ora per la prima volta le sue fotografie.Una breve selezione estratta dai moltissimi scatti ispira-ti da un suo recente soggiorno in Albania e stampatisenza alcuna manipolazione digitale. E’ il petrolio l’ele-mento unificante e coagulante la sua pittura e la suafotografia. Per Eltjon è una sorta di grumo attaccatoalla memoria e al ricordo della sua terra d’origine coni suoi sogni autarchici. Il viaggio e le fotografie rappre-sentano quindi un recupero del passato e svelano, oltrea un attaccamento ossessivo, l’esistenza di un percorsodi distacco critico e a volte ironico. Del petrolio all’ar-tista interessano gli straordinari effetti materici, la ver-satilità di un miscuglio che può passare da uno stadioliquido a uno più denso e viscoso, quasi plastico.Le questioni da lui affrontate nella fotografia sono lestesse che informano la pittura: la messa a fuoco di unaforma che lo affascina, lo studio dei fenomeni dellamateria (inizialmente provocati dall’artista, poi affidatial caso), la ricerca di un particolare riflesso, l’ambiguitàdella rappresentazione.Eltjon opera sul crinale fra astra-zione e figurazione, sfruttando gli effetti delle colaturedel petrolio oppure, nelle fotografie, quelli generatidalla mescolanza del petrolio con acqua e terra.All’atmosfera cupa dei dipinti, fa riscontro quella chia-ra e luminosa, ricca di riflessi e trasparenze, ma talorainfuocata, delle immagini fotografiche. In queste c’è

Nella splendida cornice di Venezia, in concomitanza della 51°Biennale d’Arte, si è conclusa la Mostra “RIFLESSI” pres-so il Londra Palace (riva degli Schiavoni 4171).

Tiziana Priori non rappresenta qualcosa, la sua arte nonè simbolica ma essenziale: come se sulla superficie“emergesse” l’essenza della pittura, dove tutto ribolle,un istante prima del big-bang, della diversificazionedelle forme, della presa di coscienza che comunquesegna lo stacco dall’unità originaria. I colori sono colo-ri dell’oriente, della vita, del sole. Sono i colori dell’in-teriorità e della spiritualità. Raggiunti, o meglio, ritro-vati attraverso quella necessità interiore che Kandinskychiama nuova bellezza. Emersione anche di formearchetipiche che ci collegano al più importante patri-monio dell’umanità cioè la memoria collettiva.Osservando alcuni dipinti di Tiziana affiorano ricordidi incisioni rupestri, di pitture parietali pompeiane;quei colori, quei grumi di energia rappresa. Scavandodentro se stessa, nel suo percorso interiore, l’artistaritrova, quindi fa emergere, tutta una serie di evocazio-ni ricollegandosi nel profondo, al concatenarsi dimemorie umane. Solo tracce, da inseguire, da decifrare

In questo microscopico, fluttuante puntino nell’uni-verso governato da leggi che non possiamo com-prendere ma vagamente percepiamo, noi viviamoimmersi in ciò che definiamo natura, dalla quale tuttiriceviamo vita, aria, nutrimento...morte, tutto insom-ma; e stupefatti, soggiogati da tanta perfezione e gran-dezza, la identifichiamo con Dio.Non so se la Naturasia Dio o il suo riflesso ma possiamo dedurre che labontà, la giustizia e la bellezza sono cose divine men-tre la loro negazione è cosa quantomeno diabolica emalvagia. Il bello solo invita, suscita stupore e losplendore delle forme porta con sè creatività.Ars imitatur Natura, diceva Aristotele.La natura è bellezza, dove arriva il bello viene scon-fitto il nichilismo. Il bello, a piene mani diffuso nellanatura, è presente nelle opere d’arte suscitandoammirazione e stupore. La cultura odierna brama labellezza. Artista devi ricercare il bello, il bello è nelvero, li sta la tua e la nostra salvezza.Ricorda che il bello s’impone con la sola presenza.Il bello ti porta all’orizzonte dell’essere. Queste breviconsiderazioni sono a commento di Sully Basso, arti-sta della quale lodo le delicate opere e, perchè megliola possiate conoscere, lascerò a Lei la penna per que-sto piacevole e sincero autoritratto.

Amo l’incanto, lo stupore, le forme ela luce su di esse; violenta oppurefioca, a creare una trama di colori edombre, riflessi e “particolari” da sco-prire... Quando guardo una personacontemplo quello che la natura hafatto; vedo cioè trasparenze e contrastidi colore, tratti che esprimono caratte-re, segni, morbidezze... Intuisco lavita che c’è dietro. L’innocenza senzaconfini nello sguardo di un bambino, lapungente insistenza colma di vissuto inquello di un anziano.Il carattere di certivolti ritenuti non belli... Uno spettacoloinvece, affascinante e poetico. E’ questoche cerco di catturare e trasmettere.

Al Caffè degli ArtistiGiacomo Lodetti

Filippo De Gasperi

Giorgio Milani

inoltre una sorta di confessione, un diariointimo dell’artista costruito attraverso alcu-ni oggetti legati alla memoria dell’infanziae al trascorrere del tempo, mentre i quadrihanno temi attuali, quasi alla moda. Eanche quando l’immagine appare più lon-tana dalla rappresentazione, è facile intrave-dere l’autoritratto o il riflesso di Eltjonstesso. Alcune fra le fotografie più astratterichiamano suggestioni organiche o pittu-re spaziali e nucleari; altre sembrano fotoda satellite; tutte colgono la perenne tra-sformazione della materia. Come suggeriva Argan scri-vendo dell’informale, “non è la pittura a fingere larealtà, ma la realtà a fingere la pittura”.Valle tiene molto a un’identità di pittore che ormaicoltiva professionalmente da diversi anni:“Io sono soloun pittore che negli ultimi tempi ha usato la fotogra-fia”, ma ammette che un desiderio di completezza loha spinto di recente ad esplorare anche altri mezzi qualila fotografia, il video e l’installazione. E’ inutile dire cheanche in questi casi il petrolio è sempre in questione,sul piano tematico e concettuale, su quello tecnico eperfino a livello sonoro. Ma tale cammino, appena ini-ziato, è ancora carico di incognite e di aspettative.

Sully BassoGiorgio Salmoiraghi

Tiziana PrioriEmersioni

dal profondoCristina Trevellin

nei loro segreti codici esistenziali. Ma in fondo tracceche già per se stesse significano.La meditazione la portaad un “ascolto” sempre più profondo di vibrazioni geo-logiche, cromatiche, emotive: nelle opere più recenti,l’artista ha spinto avanti il suo cercare il punto in cui lavibrazione si fa suono, musica, parola, mantra. L’energiache ricava dal contatto con le forze dell’universo vieneincanalata nelle “sculture musicali”, fondate sulla pro-porzione matematica. Ma anche in questo caso sonoconoscenze che affiorano, un sapere non acquisito dastudi musicali, ma scaturito dalla costante ricerca diarmonia. L’uno e il tutto, la spiritualità orientale, manon solo, come mezzo di trasporto che la conduce inun viaggio senza inizio né fine, poiché le dimensioniraggiunte non conoscono né spazio, né tempo.

Salita, 2002, acrilico su carta nepalese e ferrocm 51 x 227 x 22

SpazioBoccainGalleriadal 05/10 al 19/10 2005

Galleria MovimentoCso Magenta, 96 - Milano dal 26/10 al 18/11 2005

Eltjon Valle Sara Fontana

Foto digitali

Senza titolo, 2005Petrolio su tela

cm 70 x 50

Filosofo, 2004, grafite su carta

Bracchi italiani, 2003, olio su tavola, cm 30 x 50

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[…] La mostra attuale è una ricapitolazione sistematicadell’ultimo periodo della sua attività, che il catalogoarricchisce testimoniando anche il periodo precedente.Cerri ha avuto una fase figurativa, non di tipo intimi-sta bensì connessa con la realtà storico-ambientale dellacampagna lombarda: fase di una assai apprezzabile in-tensità. Ma l’immagine di sé che oggi ci offre, e nellaquale particolarmente si riconosce, è quella tradotta inun linguaggio astratto, che a poco a poco, senza solu-zione di continuità, è passato da una pennellata pasto-sa, di concreto spessore, cui potremmo applicare la defi-nizione di informale, a una stesura più asciutta, liscianella struttura disegnata: qui, se volessimo attenerci ariferimenti storici, potremmo riconoscere l’improntadella scuola comasca; anche se di geometrismo, nelsenso preciso del termine, per l’opera di Cerri non sipuò parlare mai.Questa semplificazione espressiva e sti-listica, a essere precisi, è il dato più straordinario cheindividuiamo nei suoi dipinti (parliamo sempre ormaidi oli su tela) a partire dall’inizio degli anni Novanta. Laformula disegnativa si è fatta essenziale, procede, di soli-to, su una struttura verticale; e assistiamo a un privile-gio per il colore nero che in questa produzione costi-tuisce il fondamento compositivo, cui si appoggiano

stesure dai toni limpidi e brillanti. L’effetto che le ulti-me opere producono è di presentarsi con emozionan-te varietà, pur nelle affinità di struttura: in genere duepiani, verticali, di cui uno nero, interrotti come staccoda una lingua di colore chiaro; sono quelle che Cerriha definito “sequenze verticali”; ma lo stupore riguar-dante nasce dal fatto che, improntate allo stesso princi-pio e allo stesso schema, non c’è n’è una identica all’al-tra. Il nero, poi, è una sorta di base, o sfondo, che si trat-ti del buio notturno o di una pesante parete. È su que-sto modulo espressivo che a poco a poco, giunti che sisia al Duemila, il disegno diventa più mosso e articola-to, come a dire più sensitivo, nel momento in cui l’ar-tista trascura ogni effetto suggestivo per giungere a unasorta di misteriosa purezza.Così potremmo interpretare le opere che commentanoil drammatico evento dell’11 settembre: qui nessun ele-mento è descrittivo e tuttavia lo schematismo astrattoassume quasi una fisionomia iconografica, mentre ilnero e il rosso, colori potenti, possono essere letti comeespliciti simboli rappresentativi.

Giancarlo CerriLa pittura dipinta

Rossana Bossaglia

Giancarlo CerriEmma Zanella

[…] Il nero ha preso possesso dello spazio, trascorren-do da motivo unificatore degli altri colori a motivogeneratore di forme, di rapporti, di unioni e tensioni.D’altra parte anche la materia cromatica è radicalmen-te mutata: da densa e vibrante è diventata uniforme,stesa a campiture omogenee, vibrata sì ma con delica-tezza di tono e di segno.La pittura di Cerri diventa così pittura pura, puro colo-re, unita a un preciso rigore compositivo e a una mate-ria trattenuta dalla scansione spaziale;pittura pura anchequando a motivare le opere sono suggerimenti tratti dalreale, vuoi il ricordo di un paesaggio, Per amore del pae-saggio, o di un drammatico momento storico, Grandesequenza, 2001. Anche in questi casi il motivo genera-tore viene sublimato dalla composizione formale, dal-l’alternanza di luci e di ombre, dalla potenza della scel-ta cromatica. La quale si muove ormai quasi sempre inuna struttura a dittico, orizzontale e verticale, nellaquale il nero è controcanto di una luce ampia e tesissi-ma e lo spazio è articolato con precisione ma anche,vale la pena sottolinearlo, con la capacità di lasciarecampo alle improvvisazioni, alle deviazioni, agli slab-

bramenti di un segno o di una forma. In questo sensol’Astrattismo di Cerri è il più concreto che ci sia, perchésempre guidato da una ricerca contemporaneamentespaziale, cromatica e lucidamente compositiva.Tanto che per Cerri il disegno è la struttura portante diogni opera.“Prima la carta, poi la tela, così è iniziata lamia vicenda artistica — ammette Cerri — c’è modo emodo di intendere il disegno; a volte può considerarsicome appunto, mentre, quando viene elaborato inchiave chiaroscurale, può assumere l’aspetto di pitturain bianco e nero, rivelandosi molto utile quale studiodefinito per opere che, successivamente, vedranno illoro compimento sulle tele con l’ausilio del colore. Aldi là di queste considerazioni, io prediligo il disegnorealizzato con pochi, puliti, rapidi tratti: questo, a parermio, è il vero disegno”.

Grande Sequenza, 2001, olio su tela, cm 180 x 140

Senza titolo, particolare

Per amore del paesaggio, 2000, olio su tela, cm 130 x 150

Giancarlo CerriLa pittura dipinta

Civica Galleria d’Arte Moderna

Gallarate - Via Milano, 21dal 2 ottobre al 20 novembre

Giancarlo CerriDisegni

SpazioBoccainGalleriadall’11 al 31 gennaio 2006

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Le prime fotografie erano chiamate “impressioni” ealcuni artisti credettero di utilizzare le impressioni sosti-tuendole al disegno e si vollero chiamare impressioni-sti. Da allora la fotografia è entrata a far parte delmondo dell’arte. Questo aspetto del modernismo,secondario ai contenuti, è stato, per la critica, di impor-tanza primaria. La realtà doveva essere il più possibileridotta all’istante temporale e in questo la fotografia èinsuperabile.Tutto sta a vedere se è vero che la realtà siriduce all’istante dello scatto fotografico. In ogni modoutilizzando l’impressione, Chiara Cerati traduce larealtà in valore atemporale e non solo istantaneo.La qualità pittorica, inoltre, è di primo livello.Complimenti e auguri.

Chiara CeratiMario Donizetti

La gallerista Rossella Izzo, puntuale nel “sor-prendere” i visitatori, ha presentato laPersonale MIAMI CRIME di LucaZampetti, affermato artista marchigiano,pre-

sente quest’anno alla 51esima Biennale di Venezia.Una serie di dodici opere, lavorate con grafite e pittu-ra ad encausto, racconta una storia intrigante,“una rapi-na” a Miami: artistici fotogrammi “cinematografici”che in ordinata sequenza, illustrano l’immaginaria sto-ria di un “giallo”dai tratti lievemente “noir”, ideale sce-neggiatura visiva per un corto d’autore.Le opere di Zampetti, regalano realistiche immagini dipersonaggi diversi, scenograficamente inclusi inambientazioni metropolitane, nello specifico in unaMiami dai tratti indistinti. Il bianco-nero, anzi il bian-co-grigio della grafite, enfatizza la durezza del “viverequotidiano” dei suoi “attori” e delle sue “comparse”,rapportabile al sopravvivere degli abitanti di una qual-siasi grande città. A spezzare l’inquietudine dettata daitratti nervosi dei suoi protagonisti, ogni opera ha unaporzione di campo intrisa di unico colore, geometricamacchia, che suggerisce precisi indizi per una piùattenta lettura della situazione raffigurata, una verascannerizzazione dei personaggi, dando con il cromati-smo usato, spessore alla già grande “forza” delle imma-gini, un’ulteriore specificazione del carattere degli stes-si, una profonda corrispondenza con le loro “Anime”.Come non notare il rosso-sangue di “La fine di Robertquel mattino del 4 luglio” o il viola-presagio di “E intanto leisi allenava a colpirlo”. Un’unica opera “Per l’F.B.I. eranoloro i sospettati”, non ha l’ausilio monocromo e raffigu-ra quattro ritratti ancor più decisi degli altri, visi cheparlano di strade, miserie, solitudini, violenza, fin trop-po palesi nel rappresentare Anime senza colore. Il thril-ler è ben spiegato, in catalogo, da un delizioso testo cri-

Gianmaria Giannetti non ama la mediocrità. La suaopera è l’opera dell’eccesso. Formati immensi e lavo-ri piccoli costellavono la mostra che gli ha dedicatola Camera di Commercio Italiana di Nizza, conclu-

sasi del mese di maggio del2005. “Un cerchio c’era unavolta” ecco il titolo e la temati-ca della mostra: “Quando avròcompiuto un cerchio perfetto,dice l’artista ironicamente, pas-serò a fare qualche altra cosa”,inscrivendosi nella linea di unGiotto o di un Vedova, che hadestrutturato il concetto di cer-chio. L’artista sembra privilegia-re l’arte sacra e Jean-MichelBasquiat, ambizione che si arti-cola su una ricerca di purezza, dimessa in luce di una verità,quella dell’artista.Opera magnetizzante quella di

Gianmaria Giannetti, punto d’equilibrio nell’eccesso,nel contrasto dei colori e dei materiali.Legno, plastica, lavori in rilievo che invitano a esse-re toccati, assemblaggi inaspettati che dicono unavolontà più o meno assunta di un ritorno a una

armonia essenziale. Poeta, l’ar-tista è autore di, Escatologia diuna piuma, di cui la sua operaplastica è intrisa. GianmariaGiannetti combina un’ispira-zione vicina all’Art Brut, unavitalità giovanile come unaradiografia dell’inconscio conuna tecnica molto elaborataderivata da influssi di alcuniartisti e riposante su una rifles-sione filosofica complessa.Nell’infinito del suo “cerchio”l’artista si muove con una granlibertà offrendo un’opera forte,sorprendente ed émouvante. Inparticolare con i Pink Memory,lavori realizzati su scritti o sulibri del nonno. Da scoprire.

La quarta di copertina del catalogo della mostra“Nude”, 38 opere, tra disegni ed acquerelli, di LucaVernizzi, testo di Carlo Ghielmetti, tenutasi alla Boc-ca dal 26 giugno al 13 luglio del 2004, è la dimostra-zione di come con pochi segni di matita e qualchetocco di acquerello,un Artista con la A maiuscola,do-tato di naturale abilità nel disegno, possa rappresenta-re e comunicare, ad un tempo, le vibrazioni che susci-tano un erotismo raffinato e una lirica sensualità.L’o-pera di cui parlo,Doppio nudo femminile. Studio per l’8°pannello, una grafite, matite colorate, acquerello e pa-stelli a cera, del 1996, che qui riproduco, è il trionfodell’essenza: una donna, nuda giustappunto, accenna-ta nella sua interezza, sdraiata su di un accenno di let-to, s’intuisce un cuscino, alla sua destra un’altra figurafemminile, in secondo piano, come in dissolvenza,anch’ella nuda, le sta coricata al fianco,nell’atto di vo-lerla accarezzare. Il volto della figura principale, appe-na accennato, in parte coperto da un accenno di capi-gliatura nera è in estasi. Del volto s’intravedono unaccenno di occhio e uno di bocca, sensuale, labbracarnose, rosse, potevano essere di diverso colore? El’insieme dei particolari, l’angolo di visione dei corpifemminili, i toni e le luci dell’acquerello, sussurranouna invitante disponibilità della coppia.Vorresti en-

Luca ZampettiMiami Crime

Antonio Di Gaspero

E intanto lei si allenavaa colpirlo, 2005grafite ed encausto su tavola, cm 70 x 80

La fine di Robert quelmattino del 4 luglio,2005, grafite ed encaustosu tavola, cm 110 x 90

tico di Maurizio Sciaccaluga, per l’occasione nei pannidell’Investigatore Shak, catalogo, che sin dalla sua coper-tina, ispirata alle “famose” dei Gialli Mondadori, intro-duce alla raffinata “ludicità” della mostra di Zampetti.In questa storia, che si conclude senza vere vittime e conuna “fuga di libertà”, il colpevole è, come in ogni “gial-lo” che si rispetti, il più insospettabile! Dopo una perso-nale indagine, posso senza ombra di dubbio asserire chel’Omicida è lo stesso autore Luca Zampetti, nel suo caso,reo di aver ucciso la “banalità”, imperante dilagantepadrona, di quasi tutta l’Arte Contemporanea.

Ritratto, Pastello su carta, 2004

Luca VernizziNude

Giacomo Lodetti

trare nel foglio e chiedere di far parte di quell’angolo diparadiso. Calando, poi, lo sguardo lungo il collo, fino aiseni, grandi e pieni, larghi e sodi, delineati da un accen-no di collana di perle, e giù, solo un poco più giù, lungoil morbido ventre, fino all’incrocio delle gambe, spalan-cate e inguainate da calze rette da un reggicalze merlet-tato, in tono con la collana, avverti una vibrazione chemette contemporaneamente in relazione cervello e sto-maco. Nonostante gran parte dell’opinione corrente ri-tenga non necessaria la capacità di saper disegnare, peressere artista, è mia convinzione che senza disegno, unottimo disegno, l’opera sia come una costruzione in ce-mento armato, senza l’anima di ferro, destinata col tem-po a sgretolarsi e perda quindi la peculiarità di resisterealla critica che muta come il tempo e con il tempo.Questa mostra, seconda di un ciclo che conta nuove a-desioni, ciclo sempre e solo dedicato al tema da me pre-ferito, quello del corpo femminile, a parte un disegnoacquistato da Anna Ludovica Modena e un acquerelloritirato da Franco Colnaghi, per il suo pregevole contri-buto alla resa delle immagini del catalogo, non ha sorti-to alcun effetto, se non quello di riservare al sottoscrittoil piacere di accogliere nella propria collezione tutte leopere invendute.

Gianmaria GiannettiArte dell’estremo

Jacqueline Quehen

Lo specchio si è rotto nelmio numero 1, 2005olio e carta su telacm 150 x 200

Copertina catalogo Bocca

Mondogiraintornoame2005tecnica mista su tela cm 150 x 160

Doppio nudo femminile, 1996tecnica mista su carta

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Sul filo dell’artea cura di Stefano Soddu

arte contemporanea

V.le Col di Lana, 8 - MI0258317556 - 3485630381

via Scoglio di Quarto, 4 - MItel. 0258317556 - [email protected]

I poeti sono sogni / che si infrangono. Armato dicemento / a che pensi / mentre immobili stelle / ti fis-sano? (Ruggero Maggi, artista)

Il lavoro è importante per la mia vita, l’arte ne dà ilsenso. (Adriano Pasquali, artista)

Prima di tutto. Oltre il resto. Desiderio senza destinata-rio e francobollo. (Gabriella Kuruvilla, artista)

Minime finestre per la mente si affacciano nel maredell’arte, certe di aprirsi all’infinito orizzonte dellaconoscenza. (Antonio Pizzolante, artista)

Priority Art? No at all,Art’s priority! (Nicoletta Frigerio, artista)

Amore primordiale, l’arte prioritaria. (Luis Sessa, artista)

Il nutrimento che deriva dall’arte, serve a non perdereil contatto con la natura. Osservazione e Meditazioneè ciò che chiarifica la nostra conoscenza e arricchiscela nostra coscienza. Dare spazio all’intuizione per com-prenderne la poesia. (Cristiano Plicato, artista)

L’artista per sua natura intreccia il passato — intesocome conoscenza storica; quindi connessione con tuttele culture per avviare nuovi itinerari — generail presente, e medita visioni avveniristiche. La prioritànell’ arte ? quella spirituale è cosa necessaria, è comeuna percezione che prende forma, ed ogni osservazio-ne personale è un modo di essere.(Sergio Sansevrino, artista)

Essenziale VITA - Essenziale MORTEEssenziale PACE - Essenziale FAMEPrioritaria ARTE. (Pino Lia, artista)

Coscienza, Conoscenza e Consapevolezza sono l’es-senza portante e trainante dell’Arte, unica testimonereale, in qualsivoglia forma di manifesti, del Tempo incui si vive. (Angelo de Boni, artista)

Con la priorità, diretta arriverà?! Un mittente? Un de-stinatario? Ogni opera ha il suo orario! Urgente, ne-cessaria! È arte prioritaria? Se arriva con l’espresso, chie-do a me, la prendo col caffè?! (Oreste Sabadin, artista)

Arte prioritaria sì, ma con calma. (Maria Mesch, artista)

Le tre A Aria… Amore… Arte… le priorità del mioessere persona.Aria come libertà.Amore come appar-tenenza.Arte come pensiero. (topylabrys, artista)

Segni e colori affiorano emozionati per vivere nelsilenzio. (Adalberto Borioli, artista)

Dentro il mio corpo oscuro asimmetriche emozionivanno e vengono tracciando armoniose risonanzecolorate. (Roberto Origgi, artista)

ARTE PRIORITARIA, La velocità che inventa Amol’arte / quando ferisce / dolcemente. Amo l’arte / dasucchiare / nei posti più nascosti Dove i sogni Siincontrano / con il destino.(Alberto Casiraghy, poeta, artista, editore)

Per far diventare l’arte prioritaria, occorrerebbe cari-carla di valore morale che essa invece non ha e non puòavere essendo, per definizione, volta a creare valoreestetico, quindi amorale. L’arte può favorire prioritàsolo se utilizzata come mezzo, come strumento perscopi di altro valore, non ultimo: di valore morale.“Priorità dell’Arte. (Lucio Perna, artista)

Arte Prioritaria. Divertimento.(Paolo Barrile, artista)

Arte prioritaria, priorità della mente, del pensiero, del-l’idea. Intuizione. (Gabriella Brembati, gallerista)

Amore… Arte… le priorità del mio essere persona.Aria come libertà. Amore come appartenenza. Artecome pensiero.Arte prioritaria è: frammenti di imma-gini in parole. (Marina Falco, artista)

Arte come fenomeno di costume o come scelta divalori? Io mi nutro d’arte, respiro l’arte, tocco l’arte.Essa è per me la sintesi della percezione più fine dellasensibilità umana rispetto allo stesso oggetto: la vita.(Paola Grappiolo, gallerista)

Mistero Ricerca Senso. (Paolo Barlusconi, artista)

strada + street + avenida + rua + strasse = villaggioglobale. (Giovanni Gurioli, artista)

Certe volte, in spazi angusti e tempi limitati, mi conce-do un lungo riposo.Vagabondando fra i sogni, un “emi-sfero lucido” mi ricorda che l’arte è prioritaria.(Antonezio Frau, artista)

Vivere l’arte è prioritaria risposta a chi ne parla.(Claudio Nicolini, artista)

Arte è un linguaggio universale. (Petrit Kossilaj, artista)

Arte che pensa RAPIDA-MENTE.(Laura Pitcheider, artista)

L’arte è come “u letto se non dormi te reposi”.(Emily Joe, artista)

Fare pane è arte, mangiarlo politica.(Malek Pansera, artista)

È arte se è parte di noi, partecipe di sensazioni. Oggi esempre solo arte. (Margherita Fortuna, artista)

Ahh..la vita, che bel sogno. (Simona Severo, artista)

L’unica differenza tra l’uomo e l’animale non è l’intel-ligenza, è l’arte. (Roberto Caramman)

Arte è sperimentazione eclettica dei materiali e delletecniche, come evoluzione del concetto di essere figlidel proprio tempo. (Giuliana Galli, critico d’arte)

Sembra il massimo del superfluo. Si dice: senza arte sipuò vivere, senza lavoro e senza cibo no. Eppure l’arteè il cibo dell’anima e senza di essa la vita non avrebbesenso. (Mimma Pasqua, critico d’arte)

Collana “ARTE PRIORITARIA”Anno 2005Ed. Bazart&Scoglio di Quarto - Edizioni numerate

B. Aprea - P. Barrile - A. Borioli - A. Casiraghy - G. CerriF. Colnaghi - C. Crosio - M. De Maria - M. Falco - R. ForinoG. Fra - N. Frigerio - G. Gurioli - G. Kuruvilla - A. Lambardi M. Marra - E. Moschetti - O. Alvaro - R. Origgi - A. PasqualiG. Pavanello - L. Pescador - L. Pitscheider - A. PizzolanteC. Plicato - D. Premoli - A. Prota Giurleo - G. RubinoS. Sansevrino - L. Sessa - S. Soddu - A. Spinelli - A. VerdirameE. Zanon

“Arte Prioritaria” è un’idea di Gabriella Brembati. Il logo è stato realizzato da Danilo Premoli

Arte Prioritaria, ovvero priorità dell’arte, è un’ideaforte a supporto della libertà di pensiero atta a inci-dere nella coscienza e conoscenza collettiva. È unconcetto che va rafforzato con la partecipazioneattiva degli artisti e di chi tenga a cuore le sorti del-l’arte. Per tale ragione chiediamo soprattutto a que-sti di esprimere un proprio pensiero sull’argomen-to. Desideriamo che sorga un movimento di ideeche, raccolte, formino un documento in progress.

E-mail: [email protected]

L’arte prioritaria è una ovvietà. L’Arte è prioritaria nel-l’animo, esprime i sentimenti e le sensazioni di tuttinoi. È una priorità per tutti. Bravi ad averlo esplicitato.Grazie. (Renato Manhaimer, ricercatore di opinioni)

Ti invio ciò che ho visto… arriveranno… tutte le stel-le del mio cielo… (Carla Crosio, artista)

Nell’urgenza dei nostri tempi l’Arte può ritornare,deve ritornare, ad essere l’istanza più nobile del comu-nicare dell’uomo. L’occhio attento è più profondo sullastoria e il futuro dell’umano divenire. La priorità è lasua qualificazione. (Matteo Galbiati, critico d’arte)

Arte prioritaria è forma d’espressione urgente; un pen-siero che deve necessariamente uscire allo scoperto etradursi in immagine. Sia esso rivolto agli altri, o rifles-sione sul proprio mondo poetico, questo messaggiosarà un frammento di vita depositato nelle mani e negliocchi di chi vorrà accoglierlo. (Giovanni Cerri, artista)

Con l’arte non si mangia, ma ci nutre.(Bruna Aprea, artista)

In arte non è importante cosa produci, crei o inventi.Pochi capiranno cosa stai facendo. È importante invecenon prendere in giro se stessi e chi crede in quello chefai. (Marrani, artista)

Segue sul prossimo numero

domanda surreale

Può l’artelenire il dolore?

risponde

Evelina Schatz

Dedicata a Stefano Sodduper l’edizione “Arte Prioritaria”

... segue dal numero precedente

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Matteo Nannini non giudica! L’ho capito quando,davanti ad un nutrito gruppo di suoi ritratti, ho prova-to una sensazione strana: volti con inquadrature strette,mezzi busti, figure intere; persone comuni intente alleproprie occupazioni, preoccupate dei propri pensieri;donne e uomini solitari, raramente in gruppi e tuttaviail sentimento che ne scaturiva era sempre, comunquesolitudine. Per qualche attimo, mi sono sentita, davantia tanta umanità, non umana! M’è parso d’esser divenu-ta un “angelo”, non un Cherubino d’alte gerarchiecelesti, ma uno di quei silenziosi custodi che in alcunimomenti della vita si ha la sensazione d’aver dietro la

schiena a guardare il nostro cam-mino, a sorreggere le spalle, a rad-drizzare la via. Davanti a una talepalpitante umanità dipinta, invecedi riuscire a farne parte ne sonostata esclusa, straniata come com-mossa spettatrice, invidiosa ditanta vita nel bene e nel male.Esseri umani, con tutte le lorodebolezze, le malinconie, le scon-fitte, i dolori. I volti di alcunierano arresi, altri perduti in chissàquali pensieri, alcuni affaccendati;chi sembrava guardarsi dentro, chifuori dalla tela, lontano, ma nessu-no incrociava il mio sguardo, nes-suno guardava “fuori” verso il“pubblico”e se succedeva,comun-que non si vedeva. Il quadro…limite invalicabile del loromondo, così straordinariamenteterreno, senza dialogo con la mia

Il ristorante NAMELESS, alta cucina creativa, diretto daCristina, inaugura con Leo-Nilde Carabba una serie di

mostre in collaborazione con la Libreria Bocca.

“Questa mostra a prima vista appare molto poliedrica!”Si, in effetti è una celebrazione dell’intensità dell’anno tra-scorso.Presento due,Città Magiche, della serie che ho fattoper Costa Magica, l’ultima ammiraglia di Costa Crociere.Mi avevano ordinato ventisei quadri ed io, presa dall’entu-siasmo,ne ho realizzati due in più,che,quindi,possono esse-re esposti in questa mostra.Ci sono,inoltre,alcuni pezzi,stel-lari, provenienti dalla personale di Schönecken, in cui il filoconduttore proposto dal Ministero per le attività culturalitedesco era l’arte e la scienza. Presentavo tele “cosmiche”asimbolo del ponte universale tra uomo e universo,tra la sco-perta di nuovi mondi astronomici e,parallelamente,l’avvici-narsi di ogni persona alla propria interiorità.“E il riferimento alle mappe di mare e di terra cosa significa?”Il nome Nameless mi ha fatto subito pensare ad Ulisse equindi espongo un pezzo del 1984,periodo in cui vivevoed operavo in California, che s’intitola, L’inferno del piacereo Ulisse tentato dalle Sirene, ed, inoltre, sempre ispirandomiai viaggi dell’eroe mitologico, ho proposto delle vere eproprie mappe di mare e di terra. Nel mio percorso arti-stico, in realtà, ho spesso lavorato con le mappe, non soloquelle che conducono in mondi topografici, ma anchequelle che conducono nei mondi del mito e del sogno.L’arte di Leo-Nilde Carabba spazia tra cielo, terra,mare e cosmo,a simbolo di una libertà intrinseca allo spirito umano, esplorata sìda personaggi mitici,ma anche dalla capacità di ogni singolo uomo.La sua pittorica, fondata su oltre quarant’anni d’incessante lavoroe creatività, oscilla magistralmente tra emozione e consapevolezza,ordine e caos,macrocosmo e microcosmo,vividi colori e bianco e nero,in uno spartito eclettico e poliedrico che fa vivere di vita propria unatecnica già trascesa.

Ristorante NamelessMartedì 04 ottobre dalle ore 18,00 alle 19,30

fino al 31 ottobre 2005Trattamento speciale per la cena - prenotare al 02.4814677

Via Monte Bianco, 2/A - Milano

Matteo NanniniHumana Fragilitas

Sofia Biscaccianti

Roberto, 2004, olio su telacm 120 x 100

dimensione;non potevo parlar loro,né loro a me eppu-re palpitavo della loro vita. Come ha saputo fare que-sto, Matteo Nannini, non so! Credo dipenda dalla suatracotante umanità di venticinquenne di corpo e alme-no cinquantenne di mente. Nannini sembra essere unbambino/anziano o un anziano/bambino, d’una spiri-tualità latente, non del tutto consapevole, ma certa-mente intuita in attesa paziente della sua epifania.Matteo gode di un talento raro, affinato da una dedi-zione al mestiere della pittura costante, da una volontàdi apprendimento e crescita mai pago. La sua ricercatecnica, attraverso il confronto costruttivo e personalis-simo con i maestri dell’arte, ha fatto sì che in lui iltempo dell’apprendistato divenisse veloce, vorace, feb-brile. Lui ha bruciato molte tappe, capace di condensa-re in tempi relativamente brevi e mai pazienti un sape-re tecnico che avrebbe richiesto molti più anni.Ribera,Rembrandt e il ’600 tutto sono fin qui i paradigmidella sua concezione pittorica, tuttavia “rimasticata” e“digerita” dalla sensibilità di un giovane artista che vivea pieno il suo tempo. Il suo tempo è l’oggi, come d’og-gi la sua sintesi grafica, i soggetti e il modus operandi. Leinquadrature ammiccano, da un lato, alla fotografia, dal-l’altro alla tradizione e non disdegnano tagli spazialivolutamente sbilanciati come fermi-immagine di unfilm girato all’insaputa degli attori.Attori “assoldati” trala gente del vivere quotidiano,descritti con pastose cro-mie; il colore è denso, sicuro il tratto; il fondo semprecupo, terroso su cui si accendono, a forte contrastocampiture luminose e poche lumeggiature per descri-vere fisionomie che paiono staccarsi dal buio diffusocome carnosi bassorilievi. Ridottissima la tavolozza:dieci/dodici colori e niente più, sporcati, per effettoatmosferico, da velature e sfregazzi, talvolta “schizzi” odripping che offuscano il dettaglio; …e di nuovo le“paste”, strato su strato, di tale corposa presenza dapotersi leggere con i polpastrelli. Tuttavia la realtà diMatteo non è mai realistica, ma soggettivissima e sem-pre filtrata da un orizzonte poetico costruito sulla sto-ria dell’arte. Cura personalmente l’intelaiatura e l’im-primitura alla maniera antica, con materiali, però, che la

moderna tecnologia mette a disposizione, creando cosìuna particolarissima “ricetta” sospesa fra la tradizione eil mondo attuale. Questa promiscuità credo sia la chia-ve di volta del suo lavoro: lo è nella tecnica, lo è nellapoetica, laddove sceglie il dipingere. Nannini, vive lapittura con totale partecipazione: dipinge per respirare,respira per dipingere ed è capace con simultaneo para-dosso di deporre i pennelli a tempo indeterminato,come se più non gliimportasse, per aderire aquella vita che costante-mente descrive, per cam-minare nelle scarpe deisuoi soggetti così terreni,così umani, così densi dicarne. Matteo vive conloro un’identità, fierodelle sue/nostre debo-lezze, della sua carne, contutti i limiti a noi uomi-ni assegnati o, se volete,da noi stessi scelti.

Elena, 2005, olio su tela cm 100 x 120

Fernanda, 2004, olio su telaapplicata su tavola, cm 35 x 40

Piemonte. Animali selvatici popo-lano i disegni di Marcus Parisini,giovane e già affermato pittorecapace di coglierne gli stati d’ani-mo dal loro sguardo. Ti guarda

con i suoi occhi chiari, vivi, mentreparla di natura, di animali, di vita nei

boschi, di religione, di pittura, di lette-ratura. A 38 anni, Marcus Parisini può

dirsi, con una brutta parola, realizzato.Possiede una casa costruita con le sue mani

a 1.300 metri di altezza in una valle delCuneese, ha una famiglia (moglie, tre figli), i

suoi disegni naturalistici hanno successo, haappena pubblicato un libro “Creature di Dio”, in

cui a racchiuso il suo credo di uomo moderno, chevive da indipendente e fa quello che gli piace. È riu-scito nella difficile equazione di far coincidere leambizioni con i risultati. Non è stato per niente faci-le. È nato a Genova, madre tedesca padre italiano,idee chiare fin da piccolo. Liceo artistico, un anno emezzo a studiare architettura a Firenze, un anno aBrera a Milano. L’accademia nongli bastava, perdeva il suo tempo,sapeva già disegnare, in genere ani-mali, vendeva anche i suoi quadret-ti in piazza del Duomo, ma volevarespirare un’altra aria. Ha lasciatotutto e in autostop ha girato laToscana, il Piemonte, la Liguria allaricerca del luogo ideale in cui vive-re. L’ha trovato nell’88 in Val Grana,una trentina di chilometri daCuneo.C’era un rustico semidiroc-cato e un cartello “in vendita”.“Sembrava che mi aspettasse”, diceridendo e, grazie all’eredità delnonno, l’ha comprato. Per cinqueanni ha vissuto da eremita, senzaelettricità, l’acqua da prendere allafonte. Ha fatto il muratore, il pasto-re, il tempo libero lo passava nellanatura a disegnare. Ora la stradaasfaltata arriva fino a lì, ha anche iltelefono. “Quando disegno parto

dagli occhi”, dice. Siano di un’aquila, di un lupo, diuno stambecco, di una volpe. Gli occhi, per lui,nutrono i sentimenti e la mente, gli fanno capire labellezza di un campo di fieno, l’armonia di un boscodi faggi nella nebbia autunnale, l’anima degli anima-li.Lui,pittore naturalista (ha lavorato per Airone e perBell’Italia), sa che gli animali non posano, non fingo-no, sono e basta. Cerca allora di esprimere, se così sipuò dire, il loro stato d’animo. Stranamente questasensazione di verità si prova anche guardando i suoidisegni, fatti in genere con la biro:“Così sono obbli-gato a non sbagliare”. Chi cerca l’anima negli anima-li la cerca anche in se stesso. Parisini legge di tutto, daGandhi a Hermann Hesse, da Tolstoj a KonradLorenz, in pittura mette al disopra di tuttiMichelangelo, poi Schiele, Vespignani, Friedrich.Nella vita quotidiana il suo maestro è stato Pierin, unvalligiano settantenne che sa fare di tutto. La suaanima la coltiva con André, un buddista che vive lìvicino, e con Maria Luisa, una monaca cattolica digrande spiritualità. Uno strano cocktail di persone,di idee, di arte, di fede. Una favola? No, una realtà.

Marcus ParisiniDagli occhi all’anima del lupo

Roberto Tabozzi

Lupo nella neve, 2003Penna a sfera acquerello e guazzo

Galli forcelli, 2005matite colorate

Leo-Nilde CarabbaSara Verderi

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che sofferenza questo mondoanche quando fioriscono i fiori

e nonostante i fiori haïku

Il senso di sgomento che proviamo per questa umanitàcol suo brulicante carico di giulivi morti viventi ci faoscillare tra rabbia e pietà. La visione del mondo del-l’interessante pittrice bergamasca Patrizia Masserinipropende piuttosto per la seconda. Nudi maschili conmani serrate dietro la nuca, nella tensione di Calvario,arrancano in fila, a dispetto o forse a sfida della giovi-nezza e della vigoria dei corpi, verso un inevitabileGolgota, sacrificali lottatori predestinati nell’impari ga-ra con la morte. In, Vai, olio giocato su cupe tonalitàbluastre in cui balena l’oro sinistro di una falce, si palesaun senso di divina aberrante istigazione al mietitore divite a procedere nel suo cieco sterminio. Nell’impres-sionante, Crocifissione, del 2001, in cui Patrizia Masseri-ni ottiene un culmine di pathos nella precipite posturadi un Cristo cadavere, spoglia esangue e rattratta comeappesa a un gancio di macello, aleggia il livido sconfor-to della vittoria del male. Cioran chiederebbe nella tuaanima c’era un canto: chi lo ha ucciso? Il canto di Pa-trizia Masserini è stato interrotto da mani d’ombra chele hanno rapito un affetto inerme ed immenso. Unasensazione di abbandono, di essere dimenticati da undio distratto e malevolo, l’ha forse sfiorata. Ma convin-zioni tenaci, la risorsa di un lavoro creativo ed intenso evicinanza di affetti l’hanno riconquistata all’arte e quin-di alla vita. L’assillo della corporeità, così fragile e fuga-ce, è divenuto tuttavia cardinale nella sua significantepittura che si è dedicata a tre prevalenti tematiche:figu-ra, paesaggi silvani, racconti metropolitani. I suoi corpi,

di sontuosa nudità, specialmente femminili (Esilio,Ten-sione) e di colta impostazione anatomica, vengono so-vente investiti da sgorbiature, straziati da negazioni se-gniche veementi a sottolinearne la precarietà e l’inutilebellezza, mentre i volti vengono sfumati od elusi peroccultarne il presagio di decomposizione.Ancora per-vicacia del male e inutile rabbia ne, Le donne lungo laValassina, le mani contorte, scottate dalla vampa amara eostile dei copertoni bruciati – esca notturna e rozza di-fesa dal gelo – con riverberi di fuoco sui corpi già arsidentro dal brutale sopruso degli uomini. C’è forse unoscatto, una ripresa di coscienza della potenza del fem-minino, capace di generare, di regalare illusioni di eter-nità al genere umano, in Volare. Con braccia spalancatenel buio, nero uccello femmineo dalle ampie ali spiega-te, irrompe imponente un nudo di donna in un’orgiadi rossi e turgore di seni, il ventre prominente perfettocon l’incavo stregato dell’ombelico e la concupiscentepennellata scura del pube, travolgente dea pronta a ra-pirci in un volo d’amore. Ma nelle allucinatorie se-quenze di, Tutti in fila, e, Lista d’attesa, ove la reiterata ti-tolazione già manifesta il pressante richiamo alla con-danna, ritorna il memento mori che indifferente emaligno ci sospinge in colonna al mattatoio incomben-te, con l’enigma di un breve e fosco futuro. Altri la-vori,Senza fine,Sempre uguale,Moduli continui, ci ricondu-cono all’ossessivo pulsare del tempo ed alla follia di unaspecie raziocinante che si riproduce con monotona ot-tusità, quasi inconsapevole del ben noto destino. Se tuttipensassimo prima....Avvenenti figure in primo piano sisdoppiano in molteplici copie come riflesse in contrap-posizione di specchi, scorrendo sull’impassibile scenadel mondo per dissolversi poco lontano in un polveriosbiadito che si perde nel nulla del tempo.L’ampia gamma cromatica è originale, provocatrice avolte insolente con mistificanti gialli, verdi sfacciati,sepolcrali violetti, tonalità di lilla e di malva, il venta-glio dei rossi, azzurri guizzanti e deliranti oltremare, de-terminando stranianti impressioni di vuoto e silenzio,eleganti pienezze di corpi, bagliori in fuga, deflagrantitramonti, inserendo invenzioni di effetto con segmentiroventi, graffi di luce, tracce di lucciole, scìe di lapilli eimpazzite faville. Curiose e adescanti le rarefazioni bo-reali, Verso sera, su tappeti di neve e licheni con straniaggressivi lucori che rimbalzano contro il nero degli al-beri investendoci in pieno o che improvvisamentequietati riverberano allarmanti riflessi su immobili ac-que rosate. E luminosità apocalittiche e vette abbaci-nanti che appena dissimulano la vertigine dei precipizi,Nascosto nell’immenso.Più recenti le crepuscolari vedute metropolitane, concieli bassi soffocati da raggi furibondi di squallore e dicaos in cui si annida lo smarrimento di una solitudine

nuova.Con l’asfissia di un’edilizia volgare e l’ansia con-fusa della fretta di andare, addensate in tonalità arancio-brune di tramonti spossati e di sporchi riflessi di un so-le ossidato. La nostra passione si concentra tuttavia sullefigure e si fissa sulla rigida tricromia giallo-verde-neroin cui è immerso supino e torto in splendido rilassa-mento prospettico il nudo di donna de, Il corpo, la cuifemminilità carnale irrorata di cromie stralunate riac-cende l’entusiasmo per la bellezza. Non meno radicatonegli occhi della memoria, Nudo disteso, altra opera diforte emozione di Patrizia Masserini, che espone unagiovane donna ignuda adagiata su un tavolo operatorio.O su un gelido marmo di obitorio. Le gambe divarica-te in abbandono. Il sesso indifeso, oscuro come il miste-ro della vita che da quella magica tenebra erompe in unfiore di sangue, perentorio nella sua magnifica oscenitàche intimorisce l’uomo e, irresistibile, lo attira per in-goiarlo. O corpo reso inutile nell’irrealtà della morte,sangue annerito che si è fermato, indecifrabile drammanella quiete di un indaco violetto che invade l’aria co-me un veleno, vincendo residui sfinimenti di azzurro,precipitandoci alfine annientati nel più inestricabile ar-cano dell’anima.La profonda pittura di Patrizia Masserini porge l’amaromiele del vivere alla riflessione di un’umanità tormen-tata, abbarbicata a una roteante astronave bianca di nu-vole, scagliata tra spopolate galassie ove grida, implora-zioni, risa, lamenti si perdono riconfondendosi in que-sto interminabile gioco di acqua di terra e di sangue.

Patrizia MasseriniGiovanni Serafini

Anche Muhammad Alì, prima di diventare il pugile chetutti conoscono, era una persona qualunque, in lottacon la difficoltà del quotidiano, come, Mario, perdutonel suo dubbio, o tutte le altre, ordinary people, che po-polano le tele di Andrea Cereda, un artista sensibile eattento alla realtà che lo circonda, fine osservatore del-l’animo umano, nei suoi molteplici aspetti.Già le operesu tela degli esordi, per lo più ritratti e nudi, tradisconole due grandi passioni di Cereda: la figura umana e lasperimentazione tecnica. Due questioni, queste, chefanno da filo conduttore ad una produzione eterogeneaeppure assai coerente, che non ha paura a rimettersi indiscussione, cercando nuove strade.Il passaggio dalle prime opere su tela alla creazione di

oggetti tridimensio-nali avviene con laserie delle, Conviven-ze: pezzi di legno didifferente natura eprovenienza assem-blati con l’ausilio dichiodi, corde, cucitu-re, quasi “costretti” astare insieme, a fon-dere le proprie indi-vidualità. Pur abban-donando il figurati-vo, Cereda resta coe-rente alla propria ri-cerca sia dal punto divista formale - nellamateria colorata tro-viamo un’eco diquelle larghe campi-

ture di colore che giàgiocavano un ruoloda protagonista nellesue tele - che da quel-lo concettuale. Comenon leggere in questecomposizioni astratteil racconto di esisten-ze diverse, un’indagi-ne sulla difficoltà delvivere (e del convive-re), del faticoso tenta-tivo che ciascuno dinoi compie, giornoper giorno, nel rela-zionarsi con il prossi-mo, nell’affrontare piùo meno felici e soliderelazioni? Dall’unione, seppur faticosa e talvolta innatu-rale, delle Convivenze si passa alla chiusura in se stessidelle Erosioni, traduzione in metallo della serie prece-dente. Ancora una volta la materia si fa interprete deicomportamenti umani e di emozioni che, partendodall’esperienza personale dell’artista, possono riguarda-re tutti: attaccato da agenti esterni, percependo il peri-colo, il metallo (come l’uomo) reagisce, si ribella, com-batte. Le superfici saldate, spaccate, brunite a fiamma,corrose dall’acido (che tra l’altro continua la sua azionemodificando progressivamente lo stato della materiarendendola viva) sembrano contorcersi dolorosamente,cambiando la propria forma per sopravvivere, espan-dendosi nello spazio come magma in ebolizione.Cereda impiega il metallo corroso anche nella serie diopere che fa seguito alle Erosioni: una galleria di ritratti

che racconta di un’umanità aimargini, di esistenze che sem-brano uscite da una pellicolacinematografica e che di unfilm conservano quel vago sa-pore romantico che lascia spe-rare, fino in fondo, nel lieto fi-ne.Cereda è un abile narratore,che sa come catturare l’atten-zione dello spettatore e comemostrargli, senza pietismi o fa-cili sentimentalismi, le speran-ze, le paure, la voglia di riscattodi chi tutti i giorni lotta per so-pravvivere. Simbolo di questarealtà è il pugile: l’uomo deibassifondi che si afferma graziealla propria forza,ma anche allapropria costanza e determina-zione. Ed ecco Muhammad Alì,la cui possente figura si stagliaorgogliosa sul proprio nomescritto a caratteri cubitali, come in un manifesto pub-blicitario, a dimostrarci che si può vincere, che qualcu-no “ce la fa”.Lo accompagna un’umanità varia, pesca-

ta dalla strada, ritratta, con la consueta sensibilità ma alcontempo con un realismo impietoso, da Cereda nelsuo nuovo lavoro, dal titolo assai significativo, Ordinarypeople, nel quale, ancora una volta, egli gioca con la ma-teria, sperimentando una nuova tecnica, semplice mad’effetto.Convivenze, Erosioni, opere su tela altro non sono, dun-que, che le molteplici facce di un’unica realtà, di unasola personalissima ricerca, che Andrea Cereda prose-gue, da anni, con disinvoltura e con coerenza.

Andrea CeredaLa materia Uomo

Simona Bartolena

Convivenze, 2003legno e ferro

h. cm 50

SpazioBoccainGalleriaMercoledì 26 ottobre ore 18,30

fino al 6 novembre 2005

Muhammad Alì, 2004 Tecnica mista su tela

cm 150 x 100

Il dubbio di Mario, 2004tecnica mista su tela

cm 100 x 135

Nudo disteso, 2002olio su tela

cm 100 x 100

Luci, 1999olio su tela

cm 70 x 100

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Notturni, 2005olio su tela

Luca Guaitamacchi è un pittore che ha scelto la città egli elementi che la compongono come oggetto dellasua ricerca artistica.Vissuto e cresciuto in una famigliadi artisti, padre e fratelli pittori, madre scultrice, davent’anni dipinge con i ritmi e i tempi di un pittore diuna volta. La ripresa dal vero, le dimensioni dei suoi

quadri, la cura del dettaglio e la maniacale attenzionealla luce, comportano tempi di esecuzione delle opereche gli impediscono produzioni da “mercato dell’arte”,e così la sua fama e la sua produzione sono destinati elimitati a una stretta cerchia di privati estimatori e raricollezionisti che si contendono le sue tele. I suoi quadrici raccontano la città e rivelano scorci inconsueti doveporti, stazioni, palazzi e monumenti sono i protagonisti.Vedendo tutta la sua produzione artistica, verrebbe dapensare che se non fosse pittore sarebbe architetto. Co-me tale ha grande dimestichezza nel passare da una“scala” di intervento all’altra; dalle spetacolari ampievedute “a volo d’uccello”di Milano, ai porti industrialidi Marghera e Genova, dai palazzi e dai monumentiche svettano tra i tetti, alle banchine tra gigantescheprue di navi mercantili. Recentemente la sua attenzio-ne si è rivolta a due nuovi punti di vista sulla città, am-bientazioni notturne e visioni “aerofotogrammetri-che”. Da questi due nuovi ambiti e dai primi risultati siconferma la grande capacità di Guaitamacchi di sapergiocare tra prospettive e profondità di campo, luci edatmosfere. Un uso esperto dei trucchi della prospettiva:“La mia è un’altra visione rispetto alla fotografia anchese a prima vista le assomiglia”, induce lo spettatore almovimento. Di fronte ai suoi quadri al primo colpod’occhio si percepisce il grande impianto compositivo,la curiosità ci porta poi ad avvicinarci, poi ad allonta-narci e poi a spostarci per cercare di cogliere tutti i det-tagli che ogni volta offrono emozioni diverse.Tecnica-mente colpisce la grande abilità esecutiva nel “dipinge-re a mano” le immagini realistiche che riempiono i

Luca Guaitamacchi Lorenzo Clerici

suoi quadri, come la ruggine delle fiancate delle navi ole marezzature dei muri degli edifici, tecnica sempre sa-pientemente dosata con sfumature e velature a vantag-gio dell’equilibrio compositivo e dell’impianto pro-spettico. Che poi sia un pittore realista o iperrealistanon importa, penso che sia entrambe le cose a secondadel significato che si vuol dare ai termini; si percepisceun forte realismo nel rapporto che instaura con la cittàe nel modo in cui la descrive, spingendosi quando vuo-le oltre fino a mostrare la “conoscenza più esatta possi-bile dell’oggetto e la restituzione più fedele di questaconoscenza”. Questo passaggio fondamentale fra l’os-servazione, la conoscenza e la rappresentazione dellarealtà è il momento in cui si forma la visione dell’arti-sta, l’intuizione del suo senso profondo e simbolico.

Mi occupo di artisti, spesso poco conosciuti, da piùdi quindici anni e la lista dei personaggi che, col pas-sare del tempo, si sono affermati, grazie soprattuttoalle loro doti che avvertivo prima degli altri, è affol-lata.Quasi ogni giorno, certamente almeno due voltealla settimana, me ne presentano uno nuovo, ma lasoddisfazione, la passione per il mio lavoro e la gra-titudine che mi viene restituita con la fedeltà dellaloro amicizia, fa di questa mia occupazione, unadroga, leggera certamente, ma dalla quale non riescoe non voglio sottrarmi. La new entry, presentatamidall’amico Fabrizio Novati, é Antonio Deodato eappena ho visto i suoi quadri, l’ho invitato e sol-

lecitato a lavorare, per preparare una mostra allaBocca. Imbattermi in un problema, stimolato dallasfida di risolverlo, affascinato dall’idea di affrontarlo,dedicandogli tutto il mio tempo, fino a trasformarloin una felice soluzione, sta diventando la chiave dilettura della mia seconda giovinezza. Ma azzerare unproblema comporta il nascerne di altri, in qualchemodo collegati al primo, e così “tiremm innanz”.Questo mi è successo da libraio, questo mi succededa scopritore di talenti artistici.Di Deodato ho subito focalizzato la sua dote natu-rale, quella di cui neanche lui se ne rende conto: lasintesi felice tra luce, segno e materia. Guardando isuoi primi lavori, lo si poteva immaginare un“Alighiero Noschese” dei pittori, vedevi un suo di-pinto e ti sembrava un Pollock, un altro era unRotella, invece quelli di adesso, sui quali ho insistitoperché marcasse sempre più la sua cifra artistica, sonoindiscutibilmente dei Deodato, riconoscibili tra millealtri e a grandi distanze. Qual è l’originalità di questocalabrese trapiantato in Brianza? L’ho visto lavorare,armato di bastone, secchi di vernice, cartoni e cutterin un seminterrato, alla periferia di Milano, illumina-to da tre finestre contigue aperte su un’unica parete.la sua tecnica pittorica non tiene in nessun conto latradizione rinascimentale del nostro paese, Antonionon ha mai letto Cennino Cennini, però quandodeve fare un verde o un blu, non lo batte nessuno, ebenché non fissi le formule sulla carta, saprà semprerifare lo stesso verde e lo stesso blu, come se dentrodi lui agisse, inconsciamente, un regolo infallibile.

Chi vuole fare, simette subito inmoto, partendo daqualsiasi cosa, èindifferente da doveinizia, è come sisviluppa, che quali-fica il suo fare. Loriprendo al lavoro, come se stessi tenendo tra le maniuna cinepresa: intinge il bastone in un secchio, rime-sta per un po’ il colore grasso e pastoso, quindi loestrae e lo fa gocciolare sul cartone steso sul pavi-mento, poi lo intinge in un altro secchio con un altrocolore e ripete la stessa cerimonia. Qualche voltaimprime al bastone gesti semicircolari, altre, lo usa amo’di aspersorio, così, strato su strato, tutto il cartoneviene ricoperto di colore. Lascia asciugare, quindi colcutter lo smembra in mille tessere, di formato diver-so, per ricomporlo successivamente con misure nonprestabilite, come un mosaico nel quale entra ingioco la sua capacità naturale di accostare forme ecolori. Qualunque siano i sentimenti personali del-l’artista, finito il quadro, ha subìto l’influenza di altri,ma da adesso, lui influenzerà gli altri, questo credo epenso di Antonio Deodato.

L’urlo di Giorgia, 2002decollage, cm 70 x 100

Al vento, 2004olio e smalto, cm 80 x 100

Antonio Deodato Giacomo Lodetti

DALLATANGENZIALE

OVEST

350 Artisti con oltre 2000 OpereVia Olona, 16 - 20089 Quinto Stampi - Rozzano (MI)

Nei pressi della Fondazione Arnaldo Pomodoro

La città dell’Artein un solo giorno 6000 libri d’Arte

da 3,00 a 100,00 Euro

2° Domenica del MeseMaggio-Giugno-Luglio-Settembre-Ottobre

dalle 10,30 alle 18,30

Da P.leAbbiategrasso(MM2) prendereViale Missaglia(tram 15) scenderealla fermata succes-siva del CapolineaGratosoglio pren-dere di fronte via F.Maggi e svoltarealla prima a destravia Trebbia, prose-guire dritto fino a Via Olona 16.

DALLA CITTÀ

La città dell’ArteVia Olona, 16 - Quinto Stampi - Rozzano (MI)

P.le Abbiategrasso

Uscita 7 Ticinese,girare subito adestra, seguire indi-cazioni IpermercatoFiordaliso, primadel cavalcavia asinistra in via Curielseguire fino alsemaforo tra i duebenzinai girare asinistra in Via F.Maggi(poi come sopra)

La Libreria Bocca Vi invita a visitare

per informazioni

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Via Olona

Via Olona

SpazioBoccainGalleriaMercoledì 14 settembre ore 18,30

fino al 28 settembre 2005

La Libreria Bocca e Giancarlo Ianuario Solarishanno il piacere di invitarVi presso

La Città dell’Arte

Domenica 9 ottobre 2005dalle 10,30 alle 18,30

per una Performance artistica

Raku e Ragù - Panni al Soledi

Giancarlo Ianuario in arte Solaris

Durante la giornata l’Artista napoletanodipingerà panni (asciugamani, lenzuola,

pantaloni, tovaglie...) di colore bianco appesi a corde,che verranno omaggiati ai partecipanti, a fine serata.

Saranno esposte opere in ceramica di Solaris

Rinfresco a base di specialità napoletane

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30Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557

Le opere di Lucia Pescador hanno girato il mondocon successo e ora tornano a Voghera dove la pittriceè nata. Il suo percorso artistico parte da Brera dove hastudiato decorazione e inizia a lavorare muovendo isuoi primi passi. Le sue tecniche preferite sono ildisegno e l’acquerello che usa con grande disinvoltu-ra su soggetti colti da tematiche molto diverse ed ete-rogenee. Le sue opere spaziano, durante la sua evolu-zione artistica, dalla natura rappresentata in alcune suemanifestazioni, come il cielo, il colore dello spazio, ilvolo degli uccelli… a soggetti che nascono dall’attra-zione per l’esotico, per le culture lontane, fino a cer-care di catalogare, raccogliere tutto lo scibile

Lucia PescadorCinema Roma

Leonardo Gallina*

L’arte si fa. Si usa talvolta, come nel caso del design.Quando invece la si racconta, la si dice la si spiega,spesso la si nega.Anzi la si annega, in un brodo sci-pito di parole sbagliate. Questa volta è diverso. Iltimore delle parole che tendono a dominarci è esor-cizzato. Perché attraverso le ultime opere di MariaTeresa Illuminato, la cui rilevanza estetica è talmenteprensile da non abbisognare commenti,ma sguardi e

carezze, ho visto annidato e pronto all’eruzione un nucleodi idee, che con la loro forza cambieranno la storia.La sto-ria della moda, del design, dell’arte. Questo magma con-cettuale nasce da una consapevolezza, anch’essa storica, delnostro mondo che sta cambiando per colpa nostra e per

merito nostro. Perché parte della smisurata e accre-sciuta quantità di popolazione, che ogni giorno nedevasta le risorse accumulando un mondo di rifiu-ti,è decisa a salvarne la qualità.Partendo proprio dairifiuti, che da ostacolo diventano ricchezza. Siamosommersi dai rifiuti. Siamo inquinati addiritturadalle scorie prodotte dagli inceneritori dei rifiuti.Siamo salvati dal loro recupero, dalle loro più sor-prendenti riutilizzazioni. Una di queste, pensata esperimentata da Illuminato, si chiama appuntoSAVE.Per rendere questo recupero,questa palinge-

nesi della materia, il più possibile docile all’estro e alla crea-tività dell’artista, la ricerca — perché di faticatissima ricercasi tratta — si avvale della tecnologia, invece di fuggire daessa verso l’utopia fumosa di un mondo puro e incontami-nato fuori dal mondo.Arte, scienza e tecnologia svelgono ipaletti dei propri rigorosi domini e si incontrano, si inter-rogano e si rispondono, iniziano un dialogo affascinante einedito destinato a durare. Illuminato usa frullatori,individua sostanze ancora sconosciute per compattareframmenti di materia, interpella tecnici e scienziatidel Centro Nazionale di Ricerca di Biella per trovare gliingredienti per la realizzazione delle sue idee. Accanto aloro, nei laboratori del Centro, continua l’esplorazione diquel fervido dinamismo vitale che solo lo scienziato e l’ar-tista sanno scoprire dietro l’apparenza inerte, la “naturamorta”delle sostanze.Al centro c’è sempre lei, la materia. Ilperno di tutto il percorso creativo di Illuminato.Affascinatama non arresa al potere del colore, l’artista lo ha sperimen-tato e declinato nella carta riciclata, nella buccia di unacipolla, nella terra vulcanica, nella ruggine, nelle plastiche eproprio ultimamente nella stoffa.Destrutturata, sminuzzata,ricreata. Indumenti usati e vissuti sono davvero passati amiglior vita.Adesso sono veri e propri affreschi di lana, seta,acrilico,microfibra e altro, altro ancora.Così il colore in unbaluginio di sfumature e contrasti è ora ruvido, ora serico,filamentoso,filigranato,poroso,peloso,morbidissimo o fru-sciante. Il colore è materico. Non si guarda soltanto. Sitocca. La mescolanza, oltre alla materia, è il nucleo cellula-re inquieto,palpitante,di questa sublime metamorfosi tessi-

SAVECristina Muccioli

Apri la mente a quel ch’io ti paleso e fermalvientro; ché non fa scïenza, sanza lo ritenere,avereinteso. Così Beatrice conduce Dante lungoi sentieri della ‘verità’. Le arti figurativeportano alla vera essenza della vita e solochi si ferma dentro questo meravigliosomondo intenderà la profonda scïenza. Sonosegni a volte comprensibili e altre meno,così come lo sono gli avvenimenti quoti-diani.Turbolenze ansimanti che dormononel profondo di ogni uomo. Sono i motidell’animo i protagonisti di meandri figu-rativi composti dalla sola sostanza del colo-re usato come strumento portante dell’in-tera scena, che la giovane pittrice ci pro-pone. I quadri di Angela Sassu sono ilrisultato di uno studio sull’uomo e la suaessenza, sui gesti e il risvolto creativo cheogni individuo porta in nuce nella suaanima. La debolezza nelle

scelte e la capacità di adeguarsi divengonocaratteristiche morfologiche che si respi-rano tra le pieghe materiche che com-pongono le sue figure. Sono sostanze ina-nimate anelanti a risposte, con la paura disoluzioni avventate per il desiderio, forseanche vano, di detenere tutto sotto con-trollo.Ogni parvenza è densa di una strut-tura generata da getti nervosi e decisi. Lamateria forma corpi che si muovono inuno spazio anonimo che chiede di viverenella dimensione di ogni spettatore attrat-to dai sentimenti che trapelano da queivolti in attesa di una vera identità. Sonodonne consce della loro sovranità, traspi-

umano… Il Mondo intero visto da lei. Inizia così lasua ricerca non di fotografare il mondo come moltiartisti approssimativi fanno, ma di rendere visibiliquelle cose che solo il vero artista sa cogliere, rivelan-dole con generosità a chi guarda ma non vede larealtà che ci circonda nella sua totale essenza. Cosìnasce, agli inizi degli anni ’90, il suo inventario di finesecolo, in cui lavorando con la sua mano più espres-siva, la mano sinistra, l’artista si confronta con il seco-lo appena trascorso e inizia a raccogliere e a interpre-tare quanto del secolo scorso val la pena di tener vivonella nostra memoria. Il tentativo dell’artista diappropriarsi della realtà viene completato da un uti-lizzo di supporti inusuali come le pagine di registricontabili, gli spartiti musicali, le fatture, le pagine diregistri d’albergo su cui, quasi magicamente, vengo-no inseriti disegni che fondono il loro silenzio misti-co con il rumore della vita che scorre vorticosa coni suoi ritmi angoscianti. In Cinema Roma l’artista,ricordando un cinema storico della sua città ormai

chiuso da tempo, esprime al meglio l’astrattismo liri-co che la contraddistingue e che spazia tra il rigoregeometrico e la sensibilità di Malevich e la poesia diKlee con le sue reminiscenze ludiche ed i suoi ricor-di infantili. Le opere sono disposte secondo unasequenza quasi cinematografica in cui convergono datutte le parti le voci, i suoni dell’Oriente, dell’Arte,delle Mode, di tutto quanto l’artista ha creato perquesta manifestazione. La mostra quindi rappresentaun momento importante dell’artista che, sensibile alcontatto con la sua città, esprime in un momentoevocativo della sua infanzia le sue grandi capacitàespressive utilizzando materiali molto vari. La mostra,organizzata dalla Associazione culturale ProgettoVoghera, si tiene a Voghera alla Sala Luisa PaganoPiazza Cesare Battisti dal 1 al 16 Ottobre 2005.Ingresso libero catalogo in mostra.

*Presidente Associazione Progetto Voghera

Vaso giallo, 2002pastelli ad olio su paginecm 131 x 61

Angela SassuI meravigliosi meandri della figura

Antonio D’Amico

Sognare, 2004olio su tavolacm 60 x 120

In silenzio, 2003olio su tavolacm 60 x 40

ranti ruoli densi della sensualità vissuta. Sono uominiricurvi nei pensieri e nei sentimenti fatti di rigida com-prensione del ‘pathos’. Caos e ordine, buio e luce, tra-sparenze e stratificazione del colore fino a creare unaforma che acquista una densità simbolica e che condu-ce agli albori di un ‘eros’ tutto da scoprire. La pittura diAngela Sassu ci riporta al caldo mistero di un’atmosferanotturna.Visi pensierosi che introducono mille solitudi-ni, grandi mani che si toccano cercando protezione.Sono azzurri, sinonimo del raziocinante sentiero masco-lino vissuto con sospetto da un passionale rosso che per-vade le figure femminili. Il sodalizio fra gli oppostiavviene nei grandi abbracci che consolano e ritornano aisolarsi in una individualità vissuta con timore di perde-re la propria aurea di fascino. Il colore dei corpi diventauna tavolozza intensa e infuocata, un sovrano equilibriodi magia cromatica. La pittura di Angela ci riporta a unmondo fatto di sentimenti, di grandi passioni e innume-revoli attese, le stesse della vita!

le. Il citoplasma è la mescola umana, siamo tutti noi. Noicon le nostre identità affidate certo in parte anche all’e-spressività dei nostri capi d’abbigliamento.SAVE fende fulminea la provenienza sociale, l’età, lasobrietà e la preziosità dei tessuti. Li isola in virtù di uncodice estetico-percettivo racchiuso in ciascuno, e li rime-scola secondo canoni artistici ed alchemici da macchiaioli.Illuminato tesse così la trama e l’ordito di una nuovasocietà, rigenerata, in cui ognuno di noi può indossare ilbello dell’altro, offrendogli, condividendo, il bello di sé.Sono le premesse di una nuova estetica morale. La felicecontaminazione assurta a metodo tra arte e scienza e l’es-senza materica di SAVE occuperanno un posto di rilievonel dibattito attuale sull’ecologia, in particolare su quelladella mente. Essa saprà liberarsi dall’insostenibile peso dellapurezza, monolitica e intollerante, discriminatoria e fonda-mentalista.Non esiste una sola verità né un suo unico depo-sitario. Non un solo colore né un solo sapere. Sarebbe“puramente” riduttivo. Le promesse e gli sviluppi ipotizza-bili di questa creazione convergono con forza verso l’uni-verso della moda e quello del design, dove, ancora in fasesperimentale, l’audacia delle tecniche più innovative si èconiugata alla severa accuratezza del più antico imprintingartigianale. È stato un vate dei nostri tempi, Gillo Dorfles,a battezzare, con tutta la sua ieratica autorevolezza, la tecni-ca della pizia dell’arte del futuro: l’ha definita “cromatolo-gia tessile”, tenendo tra le mani pezzi di non-stoffa pittori-ca,senza reprimere la stupefazione di sentirsi in salvo.Lungavita alle idee.

... Il tutto ha come scenario unluogo azzurro o al più striato di rosae ciclamino. Sono i colori del sur-reale e della trasparenza. Sono icolori dell’aria e dell’acqua. Dunquemi pare di capire che c’è un terzoelemento che colpisce la riflessionedi Tarantino ed è l’infinito dell’am-biente nel quale siamo calati, mareacqua aria cielo. Siamo creature diossa e carne, stavo per dire di piom-bo, e dunque legate alla terra, attrat-te da una forza centripeta, ma vivia-mo in un ambiente immateriale qualè l’aria o l’acqua e siamo mossi dauna forza che ci trascina, ci sbatac-chia, ci impedisce la quiete e la serenità direbbe Foscolo.Una forza centrifuga. Nella ricostruzione metaforicadella tela Verso il 2000 una schiera di cavalieri sprona leproprie cavalcature, costringendole a volare verso ilnuovo millennio. I cavalli sono quelli tesi allo spasimo diGuernica e la velocità è la stessa dei pionieri al galoppoalla conquista del nuovo mondo. Picasso e John Ford. Icorpi dei cavalieri alla maniera dei cartoni animati sistaccano dalle selle e quasi volano nell’aria, restando lega-ti solo per le mani che si aggrappano alle criniere. Mavuoi vedere, mi sono detto, che questa forza che ci affa-tica non è solo una qualche energia esterna a noi? Chequesta forza è anche dentro di noi e ci impedisce di vive-re sereni, quieti, appagati? Che c’è dentro l’individuo unapulsione? L’aspirazione a un tempo diverso, a una patriadiversa, a una città ideale della quale abbiamo nella nostramente un’icona? Sarà proprio così.E corriamo alla ricer-ca di quel luogo. Sarà Itaca o sarà Laputa o sarà Utopia ola Città del Sole.Cioè l’isola della memoria o della scien-za o della perfezione e dell’armonia. Comunque un fattoè certo, siamo in corsa.

Franco TarantinoRaffaele Nigro

M. T. IlluminatoTessuto SAVE

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Anubi IIMarmo nero del Belgio

NOVELLO FINOTTI

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