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Arte e Cultura

Si celebra quest’anno il 150 anniversario della nascita di

questo straordinario personaggio che dopo Dante, Piran-

dello e Collodi è l’autore italiano più tradotto nel mondo.

Visse Salgàri solo due anni a Genova tra il 1898 il 1900.

Abitò poco lontano dalla Lanterna nella zona di San Beni-

gno, le lettere che scriveva al suo antico insegnante di let-

tere Pietro Caliari portavano il timbro postale di Sampier-

darena e Salgàri vergava il mittente da Casa Rebora 29 (for-

se dal nome del proprietario del palazzo). Era arrivato in

quella casa in riva al mare con la moglie Ida(che chiama-

va Aida) e i due figlioletti Fatima e Nadir, per mettersi a dis-

posizione dell’editore Antonio Donath di origine berlinese

e libraio in Genova.

Salgàri pensava di avere trovato in Donath l’editore che avreb-

be dato una svolta alla sua vita e in parte questo fu vero.

Donath aveva una avviata Libreria Internazionale in via Luc-

coli 33, aveva fatto tradurre Goethe e studi francesi su Cri-

stoforo Colombo. Le vetrine della sua libreria erano tappez-

zate dalle copertine dei romanzi di Salgàri illustrati da Pe-

pein Gamba (nome d’arte di Giuseppe Garuti). Tra il roman-

ziere e il disegnatore ci fu una simpatia ampia e genero-

sa. La prima edizione del Corsaro Nero viene spesso cita-

ta come un felice connubio tra la scrittura e le arti visive.

A Genova Salgàri, nonostante i tormenti nervosi della mo-

glie viveva una vita di relazioni intense, andava a passeg-

giare tra i vicoli dei Macelli di Soziglia e poi nel consueto

itinerario degli sfaccendati genovesi: Galleria Mazzini, por-

tici dell’Accademia, via XX Settembre. Tra gli amici Gam-

ba e Salgari tenevano banco. Poi a sera il ritorno a casa

davanti alla scrivania, un mucchio di sigarette da assapo-

rare e da spegnere in una bacinella di acqua.

Pare abbia vissuto felice sulle rive del Tirreno (da ragazzo

aveva fatto un breve viaggio percorrendo l’Adriatico da Ve-

nezia, su una piccola nave, fino a Brindisi. Altri mari non

conosceva!). Perché i genovesi sono schivi e da sempre san-

no rispettare le diversità introdotte dai “forestieri”? Perché

il mare e le navi che si affacciavano davanti alla sua fine-

stra erano viatico allegro e suggestivo per la sua fantasia?

O perché in fondo a Genova aveva avuto la possibilità di

respirare l’aria di una delle città più emancipate dal pun-

to di vista industriale dell’Italia intera?

Nel 1900, proprio nell’anno tondo, a Genova ci fu uno scio-

pero generale della città, contro il prefetto Camillo Garroni

che aveva fatto chiudere per motivi politici la Camera del

Lavoro con l’accusa di favorire orientamenti socialisti. Cro-

nista dell’avvenimento fu un tale Luigi Einaudi allora invia-

to della “Stampa” di Torino. Lo sciopero durò cinque gior-

ni, città bloccata, lavoratori di tutte le categorie fermi: alla

fine vittoria operaia ,prefetto deposto, Camera del Lavoro

riaperta. Salgàri, da poco abbandonata la città, quel clima

di crescita sociale aveva vissuto davanti all’operosità dei can-

tieri navali che tra Sampiedarena e Sestri Ponente si affac-

ciavano tra le case. Si racconta che un ammiratore un gior-

no lo apostrofò: ”Lei è il Verne italiano”. Salgari, baffi tre-

manti (li aveva a manubrio) rispose “Verne ama gli inge-

gneri, io amo gli eroi”. Non i superuomini dannunziani dun-

que, malati di estetismo, ma coloro che esaltano la loro di-

Il Conte Emilio di Roccanera, signore di Valpenta e di Ventimiglia,

meglio noto sia ai lettori di libri, sia ai frequentatori dell’archeologia

televisiva, come il Corsaro Nero, è stato tenuto a battesimo

sulle spiagge di Sampierdarena nel lontano 1898 dalla fantasia

creativa e dalla penna magistrale di Emilio Salgàri, veronese

di nascita e irrequieto inseguitore di editori e di fortune economiche

in diverse città italiane.

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Salgàri a Genovadi Matteo Lo Presti

A fronte

Illustrazione di copertina a colori raffigurante il Corsaro Nero

di Piein Gamba per la prima edizione Donath del 1898.

28 Arte e Cultura

mensione umana con la consapevolezza di tenere in ma-

no le fila del proprio viaggio attraverso la vita e che ne san-

no capire e intrepretare i più profondi misteri. Salgari non

manifestò mai apertamente le sue idee politiche, era cer-

tamente un liberale con sfumature nazionaliste: questo si

deduceva con chiarezza dai suoi libri e dagli articoli che

scriveva in gioventù sul giornale “Nuova Arena” di Verona

e nei quali trattava di politica internazionale e male soppor-

tava le prepotenze francesi, magari contro la piccola Sviz-

zera. È comunque inventore di un linguaggio originale, sem-

plice, di grande comunicazione espressiva, accessibile a

tutti e che segna l’animo dei lettori con la forza semplice,

viene voglia di dire, del linguaggio dei manifesti, che nello

sciopero del 1900 per la prima volta in Italia comunicava-

no alle masse operaie la convocazione delle assemblee sin-

dacali, volute da uomini che le cronache del tempo esal-

tavano come “eroi” di una nuova stagione politica.

Ann Lawson Lucas che dall’università di Edimburgo ha irra-

diato sapienza critica e suggestive interpretazioni sul pensie-

ro di Salgàri nel suo volume “La ricerca dell’ignoto. I roman-

zi di avventura di Emilio Salgàri” Olschki editore, spiega “Co-

munque si può senz’altro asserire che l’estrazione sociale nei

personaggi di Salgari, uomini o donne che siano, è irrilevan-

te. È importante invece il fatto che in confronto con la vita

vera, nei suoi romanzi le classi sociali non esistono. Gli ari-

stocratici tranne il Corsaro Nero, non sono considerati come

esseri a parte, speciali o superiori solo per nascita o per ran-

go. Non vengono protetti dagli altri, anzi sono vittime di cir-

costanze difficilissime; a renderli interessanti e degni di una

posizione particolare nella narrazione sono proprio le loro dif-

ficoltà e le qualità morali, pratiche e intellettuali che mani-

festano nel superare gli ostacoli. Vengono giudicati cioè in

base alle loro azioni, non alla loro posizione sociale”. Meglio

non si poteva dire, anche perché i personaggi salgariani val-

gono per le loro doti naturali e per il loro coraggio, spesso

per la loro umiltà, per le loro sofferenze. Ricordate le avven-

ture a Cartagine, nel deserto dei Tuareg, tra i filibustieri dei

Caraibi o tra i seguaci della dea Kalì, tra gli indiani d’Ameri-

ca o tra i minatori dell’Alaska?

Chi ha avuto attrazione per il Corsaro Nero, solitario perso-

naggio che, sul cassero della nave guarda il mare con cuo-

re gonfio di emozioni o ripensa, dall’altra parte del mondo,

a Sandokan (altra maestosa figura della fantasia salgariana!)

che sfida apocalissi metereologiche con lo stesso coraggio

con cui lotta contro i colonialisti inglesi, sente tra le righe del

lavoro di Salgàri battere forte i segnali di una società che a

cavallo tra i due secoli sta cambiando in modo precipitoso.

Soprusi, ingiustizie, illegalità devono essere combattuti per

rispetto della propria singolarità umana. Gli eroi salgariani so-

29Arte e Cultura

no eroi pugnaci che nel percorso della loro vita esibiscono i

loro comportamenti e le loro azioni nella consapevolezza di

un “amor fati” che accettano in una visione della storia non

“progressiva”. Nella ineluttabile ripetitività delle loro passio-

ni, di dolori e di emozioni e di morte si coglie, negli eroi di

Salgàri, la circolarità vitale che è insieme laica e solitaria e

che attrae i lettori con magica aggiunta di profondità.

Scrive ancora la Lawson Lucas “Le tematiche salgariane si

concentrano prevalentemente sulla lotta e anche sul raddriz-

zamento delle ingiustizie. Coloro che hanno subito un torto

e che combattono contro enormi ostacoli per una causa giu-

sta o per quanto è loro dovuto si guadagnano l’ammirazio-

ne del lettore. Quel che conta non è la posizione sociale dei

personaggi, ma la loro scala di valori”.

Come ben si sa, Salgàri e le sue “creature” viste proprio nel-

la accezione popolare di figli da tutelare o da proteggere han-

no ottenuto molte attenzioni critiche, del tipo “era un bravo

romanziere” oppure “era uno scrittore di serie B” e ancora

“era creativo” e altri “era vittima di una scolarizzazione mo-

desta”. Mentre la dimensione sociologica ha meno stimola-

to l’attenzione degli studiosi proprio per questo eccesso di

popolarità che ha scatenato intorno a Salgàri un dibattito mai

sopito neanche nel mondo contemporaneo.

E così non appena un grande scrittore sud-americano co-

me Paco Ignazio Taibo II al salone del libro di Torino l’8 mag-

gio del 2004 rilasciò un’intervista al quotidiano “il Secolo XIX”

di Genova nella quale ricordava la sua grande passione per

il personaggio del Corsaro Nero e il suo desiderio di vedere

onorato questo personaggio letterario con un monumento,

la risposta del pubblico e le adesioni a questa commovente

richiesta furono molte. Se in Danimarca onorano la Sirenet-

ta protagonista di una favola di Andersen, perché in Italia non

dedicare un monumento al Corsaro Nero?

E così Goffredo Parise racconta, in un volume Einaudi de-

dicato al Corsaro Nero, che la sua vita era cambiata a tal

punto, dopo avere letto i romanzi di avventure di Salgàri, da

fargli riflettere in età adulta se era sta-

to Salgàri a stimolarlo a viaggiare op-

pure erano stati i viaggi a ricondurlo

sempre e comunque alla sua imma-

ginazione giovanile stimolata dal gran-

de scrittore veronese.

Appare evidente che Salgàri sopravvi-

ve alla competizione di mezzi di comu-

nicazione di massa. Così come la vec-

chia bicicletta conserva utilità e alle-

grezze nella mobilità cittadina anche

nell’età dei missili, così viene voglia di

sostenere che le opere di Salgàri tro-

vano una loro autenticazione nel rimar-

care forte superiorità sui giornali, su-

gli spettacoli televisivi, perché il letto-

re di buona intelligenza non si lascia

distrarre da gran parte del contenuto

dei “mass-media”. La rigidità del mezzo televisivo rende la

comunicazione superficiale, confusa e frammentaria, non

autentica, incapace di suscitare nel pubblico sentimenti co-

me la meraviglia, il timore, la solidarietà. La libera caotica

organizzazione della cultura popolare di cui Salgàri è sta-

to grande protagonista, non poteva competere con le risor-

se superiore dei mass-media. Ma le piccole isole nelle qua-

li vegetano l’avventura, il combattimento, la sconfitta, le

minacce e le vittorie hanno una indistruttibile fascino.

Giovanni Spadolini, (ministro della Pubblica Istruzione ave-

va legato Salgàri alla storia del costume italiano: con De Ami-

cis e Collodi lo aveva classificato tra i padri della Patria e

sosteneva che “i tigrotti di Mompracem” altri non erano che

le camicie rosse di Garibaldi.

I romanzi di Salgàri hanno raccontato avventure in tutti i ma-

ri del mondo ed in tutti i continenti. “Il Corsaro Nero si sca-

gliò nella mischia urlando con una voce che aveva un sin-

ghiozzo strozzato. A me uomini del mare!”. E chi, liberamen-

te, avrà voglia di fare parte di una ciurma di dissidenti nella

società che tutti vuole omologare risponderà senz’altro al ri-

chiamo con entusiasmo e sicurezza filibustiera (parola che

deriva dallo spagnolo filibustiere = predone del mare). Sal-

gari era stato un pessimo studente, si faceva chiamare “ca-

pitano”, abusando del titolo, era affascinato dalla fiamme co-

me Carlo Marx e Federico Nietzsche, noti piromani. Morì sui-

cida tagliandosi il ventre con un rasoio sulle colline di Torino.

Era stato felice solo davanti al mare di Genova e su quella

costa aveva, tra più di ottanta titoli, scritto il suo capolavoro.

In alto Illustrazioni di Pipein Gamba.

Da sinistra: 1 La Folgore del Corsaro Nero. 2 Carmaux e WanStiller

annunciano al Corsaro Nero la morte del fratello, il Corsaro Rosso,

impiccato a Maracaybo. 3 Il Corsaro Nero uccide in duello

un avversario chiamato l’”avvenuturiero”. 4 Honorata e il Corsaro Nero,

già perdutamente innamorati, a cena sulla Folgore.

5 “Su, all’attacco uomini di mare! Il Corsaro Nero guida i suoi uomini alla

conquista di Maracaybo.

In basso “La Folgore attacca un vascello spagnolo” copertina di quaderno.