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A GENNAIO-FEBBRAIO 2016 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27–02–2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3 – CB–NO/TORINO MARIA AUSILIATRICE RIVISTA DELLA BASILICA DI TORINO–VALDOCCO g e n n a i o - - fe b b r a i o 116 # DON BOSCO, APOSTOLO 1,70 Euro IT ISSN 2283–320X 24 ARTURO BR ACHETTI LA VOCAZIONE DI TENERE TUTTI ALLEGRI 4 CON GESÙ, PERCORRIAMO INSIEME L’AVVENTURA DELLO SPIRITO! UNA SINTESI DELLA STRENNA DEL X SUCCESSORE DI DON BOSCO 14 VIOLENZA E MONDO GIOVANILE DON TESSORE CI PARLA DELL’EDUCAZIONE MALATA E DELLE RELAZIONI FR AGILI DELLA MISERICORDIA

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Anteprima di alcuni articoli del numero 1/2016 di Rivista Maria Ausiliatrice

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A GENNAIO-FEBBRAIO 2016

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116

# DON BOSCO, APOSTOLO

1,70 Euro IT

ISSN 2283–320X

24 ARTURO BRACHETTILA VOCAZIONEDI TENERE TUTTI ALLEGRI

4 CON GESÙ, PERCORRIAMO INSIEMEL’AVVENTURA DELLO SPIRITO! UNA SINTESI DELLA STRENNA DEL X SUCCESSORE DI DON BOSCO

14 VIOLENZA E MONDO GIOVANILEDON TESSORE CI PARLA DELL’EDUCAZIONE MALATA E DELLE RELAZIONI FRAGILI

DELLA MISERICORDIA

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2 3 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016

FotoFOTOLIA: Pressmaster (9); Ayo’s Phot (12); Runzelkorn (13); LvDe-sign (26); Nastya Tepikina (39); iMAGINE (41); Marzanna Syncerz (44) - SHUTTERSTOCK: Yuri Arcurs (40) - DEPOSITPHOTOS: Marcomayer (10); Chaoss (14) - ALTRI: ANS (4-5); Archivio RMA (8,16,20-21,23,24-25,32,36-38,42); Rick Oros (11); Archivio CNOS-FAP (17); Archivio SCS-Piemonte (18-19); Archivio ADMA-Primaria (28-29,31); Missioni don Bosco (34-35)

1 UN ANNO NEL SEGNO DELLA MISERICORDIA

DON FRANCO LOTTO

A TUTTO CAMPO4 CON GESÙ, PERCORRIAMO INSIEME

L’AVVENTURA DELLO SPIRITO! A. FERNÁNDEZ ÁRTIME

LA PAROLA6 L’ANNUNCIO DEL VANGELO NELLO SPIRITO E

NELLA VERITÀ MARCO ROSSETTI

DON BOSCO OGGI16 UNA DISPERSIONE... DA STADIO! LUCIO REGHELLIN

18 I PROFUGHI NOSTRI FRATELLI MARINA LOMUNNO

20 GIULIO VALOTTI, IL COADIUTORE ARCHITETTO TEOTIMO VITTAZ

Direzione:Livio Demarie (Coordinamento)

Mario Scudu (Archivio e Sito internet)

Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Direttore responsabile: Sergio Giordani

Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21–4–80

Progetto Grafico, impaginazione ed elaborazione digitale immagini: at Studio Grafico – Torino

Stampa: Higraf – Mappano (TO)

Abbonamento annuo: ............................................... E 15,00Amico .................................................. E 20,00 Sostenitore ......................................... E 50,00 Europa ................................................. E 15,00 Extraeuropei ....................................... E 18,00 Un numero .......................................... E 1,70Arretrato ............................................. E 3,00

Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 TorinoCentralino 011.52.24.822 Diffusione 011.52.24.203 Fax [email protected] http://rivista.ausiliatrice.net

Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 – 10152 Torino

Per Bonifici: BancoPosta n. 21059100 IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100

PayPal: [email protected]

Collaboratori: Federica Bello, Lorenzo Bortolin, Ottavio Davico, Giancarlo Isoardi, Marina Lomunno, Luca Mazzardis, Lara Reale, Carlo Tagliani

Foto di copertina: Andrea Cherchi

Archivio Rivista: www.donbosco–torino.it

rivista.ausiliatrice

RivMaAus

POSTER DON BOSCO: “DIO È SEMPRE MISERICORDIOSO E GIUSTO” MARIO SCUDU

4 8 14 18 40 POSTERA. FERNÁNDEZ ÁRTIME FRANCESCA ZANETTI ERMETE TESSORE MARINA LOMUNNO ROBERT CHEAIB MARIO SCUDU

hic domus mea

inde gloria mea

23 24 ARTURO BRACHETTI: LA VOCAZIONE DI

TENERE TUTTI ALLEGRI ANDREA CAGLIERIS

26 AVERE TUTTO SENZA AVERE NIENTE UNA VDB

28 ADMAGIOVANI: COS’È ADMA GIOVANI

30 DEVOTI DI MARIA AUSILIATRICE TULLIO LUCCA

CHIESA E DINTORNI32 MOLTI FRUTTI PER DIO MARIO SCUDU

34 #STOPTRATTA DI POTENZIALI MIGRANTI CARLO TAGLIANI

36 UN’ONDA DI MISERICORDIA SI RIVERSA SULL’INTERA UMANITÀ ALESSANDRO GINOTTA

38 COME SORGENTE CHE SGORGA TRA LE ROCCE EZIO RISATTI

40 IMPARIAMO AD AMARE DA DIO ROBERT CHEIAB

42 IL DIAVOLO E L’ACQUA SANTA DIEGO GOSO

44 IL MESTIERE DEGLI ANGELI ANNA MARIA MUSSO FRENI

MARIA8 IL VERO SIGNIFICATO DELL’OBBEDIENZA

FRANCESCA ZANETTI

10 IL GREMBIULE DI MARIA BERNARDINA DO

NASCIMENTO

GIOVANI12 MISERICORDIA VOGLIO, NON “FIORETTI”!

GIULIANO PALIZZI

14 VIOLENZA E MONDO GIOVANILE E. TESSORE

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2 3 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016

FotoFOTOLIA: Pressmaster (9); Ayo’s Phot (12); Runzelkorn (13); LvDe-sign (26); Nastya Tepikina (39); iMAGINE (41); Marzanna Syncerz (44) - SHUTTERSTOCK: Yuri Arcurs (40) - DEPOSITPHOTOS: Marcomayer (10); Chaoss (14) - ALTRI: ANS (4-5); Archivio RMA (8,16,20-21,23,24-25,32,36-38,42); Rick Oros (11); Archivio CNOS-FAP (17); Archivio SCS-Piemonte (18-19); Archivio ADMA-Primaria (28-29,31); Missioni don Bosco (34-35)

1 UN ANNO NEL SEGNO DELLA MISERICORDIA

DON FRANCO LOTTO

A TUTTO CAMPO4 CON GESÙ, PERCORRIAMO INSIEME

L’AVVENTURA DELLO SPIRITO! A. FERNÁNDEZ ÁRTIME

LA PAROLA6 L’ANNUNCIO DEL VANGELO NELLO SPIRITO E

NELLA VERITÀ MARCO ROSSETTI

DON BOSCO OGGI16 UNA DISPERSIONE... DA STADIO! LUCIO REGHELLIN

18 I PROFUGHI NOSTRI FRATELLI MARINA LOMUNNO

20 GIULIO VALOTTI, IL COADIUTORE ARCHITETTO TEOTIMO VITTAZ

Direzione:Livio Demarie (Coordinamento)

Mario Scudu (Archivio e Sito internet)

Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Direttore responsabile: Sergio Giordani

Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21–4–80

Progetto Grafico, impaginazione ed elaborazione digitale immagini: at Studio Grafico – Torino

Stampa: Higraf – Mappano (TO)

Abbonamento annuo: ............................................... E 15,00Amico .................................................. E 20,00 Sostenitore ......................................... E 50,00 Europa ................................................. E 15,00 Extraeuropei ....................................... E 18,00 Un numero .......................................... E 1,70Arretrato ............................................. E 3,00

Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 TorinoCentralino 011.52.24.822 Diffusione 011.52.24.203 Fax [email protected] http://rivista.ausiliatrice.net

Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 – 10152 Torino

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Collaboratori: Federica Bello, Lorenzo Bortolin, Ottavio Davico, Giancarlo Isoardi, Marina Lomunno, Luca Mazzardis, Lara Reale, Carlo Tagliani

Foto di copertina: Andrea Cherchi

Archivio Rivista: www.donbosco–torino.it

rivista.ausiliatrice

RivMaAus

POSTER DON BOSCO: “DIO È SEMPRE MISERICORDIOSO E GIUSTO” MARIO SCUDU

4 8 14 18 40 POSTERA. FERNÁNDEZ ÁRTIME FRANCESCA ZANETTI ERMETE TESSORE MARINA LOMUNNO ROBERT CHEAIB MARIO SCUDU

hic domus mea

inde gloria mea

23 MARMELLATA DI CIPOLLE ANNA MARIA MUSSO FRENI 24 ARTURO BRACHETTI: LA VOCAZIONE DI

TENERE TUTTI ALLEGRI ANDREA CAGLIERIS

26 AVERE TUTTO SENZA AVERE NIENTE UNA VDB

28 ADMAGIOVANI: COS’È ADMA GIOVANI

30 DEVOTI DI MARIA AUSILIATRICE TULLIO LUCCA

CHIESA E DINTORNI32 MOLTI FRUTTI PER DIO MARIO SCUDU

34 #STOPTRATTA DI POTENZIALI MIGRANTI CARLO TAGLIANI

36 UN’ONDA DI MISERICORDIA SI RIVERSA SULL’INTERA UMANITÀ ALESSANDRO GINOTTA

38 COME SORGENTE CHE SGORGA TRA LE ROCCE EZIO RISATTI

40 IMPARIAMO AD AMARE DA DIO ROBERT CHEIAB

42 IL DIAVOLO E L’ACQUA SANTA DIEGO GOSO

44 IL MESTIERE DEGLI ANGELI ANNA MARIA MUSSO FRENI

MARIA8 IL VERO SIGNIFICATO DELL’OBBEDIENZA

FRANCESCA ZANETTI

10 IL GREMBIULE DI MARIA BERNARDINA DO

NASCIMENTO

GIOVANI12 MISERICORDIA VOGLIO, NON “FIORETTI”!

GIULIANO PALIZZI

14 VIOLENZA E MONDO GIOVANILE E. TESSORE

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4 5 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016

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PO

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PO

Con Gesù, percorriamo insieme l’avventura dello spirito!

La vita è il luogo dove tutto si gioca. Tutti conosciamo bene questa esperienza, con la varietà di cammini e di opzioni che ci si presentano. Ed è precisamente nel cammino della vita dove lo Spirito agi-sce e, in libertà, bussa alla porta di ogni cuore umano.

In una maniera o nell’altra, tutti abbia-mo anche l’esperienza di essere dei viag-giatori, specie quando ci sono giornate in cui abbiamo percorso lunghe distanze. Questa esperienza del cammino ci illumi-na nel capire che cosa può significare per-correre un’avventura nello Spirito.

Dalla “Strenna 2016” sulle orme di don Bosco.

to, accompagnato, provocato, guidato...Lo stesso don Bosco ha vissuto tutta la

sua vita aperto allo Spirito, perché il suo desiderio era di rispondere a quello che Dio chiedeva a lui, in se stesso e per i suoi ragazzi. Lo stesso suo cammino percorso a Chieri, le sue ricerche, furono una vera avventura, lasciandosi guidare dallo Spi-rito. Questo cammino lo condusse lungo gli anni a quella armonia ed unità per-sonale, molto distanti da qualsiasi fram-mentazione.

È lo stesso che avvenne nel Signore Gesù, in Maria di Nazareth – essa visse un’avventura dello Spirito che era un fi-darsi di Dio senza sapere quale sarebbe stato il punto di arrivo – e in don Bosco, per il quale il sì allo Spirito fu una reale avventura di vita con incredibili sfide; e noi riceviamo ogni giorno questo invito ad addentrarci in un cammino dello Spirito, nel quale potremo lasciarci accompagna-re, condurre e sorprendere da Lui. Un cammino che ha molto dell’“avventura”, in cui non ci sono certezze, ma il cui pun-to di arrivo è affascinante.

COME VIVERE QUESTO CAMMINOCome si esprime e si manifesta questo

cammino di interiorità e spiritualità che permette di vivere accompagnati dallo Spirito?Si esprime in una profonda esperienza di fede. Nel coltivare la dimensione comu-nitaria di questa stessa fede.Crescendo nella misericordia e nella di-mensione fraterna della vita.

Da ultimo, desideriamo chiedere, in particolare a voi giovani, che ci permet-

tiate di fare questo cammino insieme. Per-corriamo questo cammino insieme! Impa-riamo insieme, facciamo esperienza insie-me, perché questo farà molto bene a tutti. E in questo “tutti”, pensiamo alla Fami-glia Salesiana - nelle sue diverse espres-sioni - come destinataria prioritaria della Strenna, ma pensiamo anche a voi, mi-gliaia e migliaia di giovani, che siete in ogni genere di Paesi, culture e presenze salesiane, animatori di altri giovani, che accompagnerete in questa avventura, in questo cammino da percorrere sotto la guida dello Spirito di Dio che sorprende, stimola, provoca, entusiasma, affascina e accompagna.

A CURA DI LORENZO BORTOLIN [email protected]

INTERIORITÀ E SPIRITUALITÀPerché e che cosa significa percorrere

l’avventura dello Spirito?Anzitutto, è un cammino di interiorià.Però interiorità in noi non è solo un eser-cizio all’interno di se stessi, per quanto sia un buon esercizio. Per noi, come cre-denti, è un cammino di spiritualità, una spiritualità che si coltiva e si esprime in alcune modalità.

Gesù stesso ha percorso un’auten-tica “avventura” di apertura allo Spi-rito. Ha cercato sempre la volontà del Padre che nel suo Spirito lo ha ispira-

All’inizio di ogni anno, sull’esempio di don Bosco, il Rettor Maggiore scrive una Strenna alla Famiglia Salesiana. Nel 2016, don Ángel Fernández Artime, suo decimo successore, ricor-da che la vita è il luogo dove tutto si gioca ed invita a un cammino di interiorità e spiritualità. Eccone una sintesi.

L’INTERIORITÀ NON È SOLO UN ESERCIZIO ALL’INTERNO DI SE STESSI, PER QUANTO SIA UN BUON ESERCIZIO. PER NOI, COME CREDENTI, È UN CAMMINO DI SPIRITUALITÀ.

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Con Gesù, percorriamo insieme l’avventura dello spirito!

La vita è il luogo dove tutto si gioca. Tutti conosciamo bene questa esperienza, con la varietà di cammini e di opzioni che ci si presentano. Ed è precisamente nel cammino della vita dove lo Spirito agi-sce e, in libertà, bussa alla porta di ogni cuore umano.

In una maniera o nell’altra, tutti abbia-mo anche l’esperienza di essere dei viag-giatori, specie quando ci sono giornate in cui abbiamo percorso lunghe distanze. Questa esperienza del cammino ci illumi-na nel capire che cosa può significare per-correre un’avventura nello Spirito.

Dalla “Strenna 2016” sulle orme di don Bosco.

to, accompagnato, provocato, guidato...Lo stesso don Bosco ha vissuto tutta la

sua vita aperto allo Spirito, perché il suo desiderio era di rispondere a quello che Dio chiedeva a lui, in se stesso e per i suoi ragazzi. Lo stesso suo cammino percorso a Chieri, le sue ricerche, furono una vera avventura, lasciandosi guidare dallo Spi-rito. Questo cammino lo condusse lungo gli anni a quella armonia ed unità per-sonale, molto distanti da qualsiasi fram-mentazione.

È lo stesso che avvenne nel Signore Gesù, in Maria di Nazareth – essa visse un’avventura dello Spirito che era un fi-darsi di Dio senza sapere quale sarebbe stato il punto di arrivo – e in don Bosco, per il quale il sì allo Spirito fu una reale avventura di vita con incredibili sfide; e noi riceviamo ogni giorno questo invito ad addentrarci in un cammino dello Spirito, nel quale potremo lasciarci accompagna-re, condurre e sorprendere da Lui. Un cammino che ha molto dell’“avventura”, in cui non ci sono certezze, ma il cui pun-to di arrivo è affascinante.

COME VIVERE QUESTO CAMMINOCome si esprime e si manifesta questo

cammino di interiorità e spiritualità che permette di vivere accompagnati dallo Spirito?Si esprime in una profonda esperienza di fede. Nel coltivare la dimensione comu-nitaria di questa stessa fede.Crescendo nella misericordia e nella di-mensione fraterna della vita.

Da ultimo, desideriamo chiedere, in particolare a voi giovani, che ci permet-

tiate di fare questo cammino insieme. Per-corriamo questo cammino insieme! Impa-riamo insieme, facciamo esperienza insie-me, perché questo farà molto bene a tutti. E in questo “tutti”, pensiamo alla Fami-glia Salesiana - nelle sue diverse espres-sioni - come destinataria prioritaria della Strenna, ma pensiamo anche a voi, mi-gliaia e migliaia di giovani, che siete in ogni genere di Paesi, culture e presenze salesiane, animatori di altri giovani, che accompagnerete in questa avventura, in questo cammino da percorrere sotto la guida dello Spirito di Dio che sorprende, stimola, provoca, entusiasma, affascina e accompagna.

A CURA DI LORENZO BORTOLIN [email protected]

INTERIORITÀ E SPIRITUALITÀPerché e che cosa significa percorrere

l’avventura dello Spirito?Anzitutto, è un cammino di interiorià.Però interiorità in noi non è solo un eser-cizio all’interno di se stessi, per quanto sia un buon esercizio. Per noi, come cre-denti, è un cammino di spiritualità, una spiritualità che si coltiva e si esprime in alcune modalità.

Gesù stesso ha percorso un’auten-tica “avventura” di apertura allo Spi-rito. Ha cercato sempre la volontà del Padre che nel suo Spirito lo ha ispira-

All’inizio di ogni anno, sull’esempio di don Bosco, il Rettor Maggiore scrive una Strenna alla Famiglia Salesiana. Nel 2016, don Ángel Fernández Artime, suo decimo successore, ricor-da che la vita è il luogo dove tutto si gioca ed invita a un cammino di interiorità e spiritualità. Eccone una sintesi.

L’INTERIORITÀ NON È SOLO UN ESERCIZIO ALL’INTERNO DI SE STESSI, PER QUANTO SIA UN BUON ESERCIZIO. PER NOI, COME CREDENTI, È UN CAMMINO DI SPIRITUALITÀ.

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12 13 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016

GIO

VAN

I

GIULIANO PALIZZI [email protected]

da Gesù è proprio l’immagine di Dio sve-lata nella sua anima più profonda, quella di un «Padre misericordioso» (Lc 15) che pur di salvare il più piccolo dei figli è di-sposto a tutto e basta che questo figlio voglia tornare perché la porta di casa è sempre aperta e tracima di gioia e di festa. Ricordi? «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». E poi «Presto, portate qui il vestito più bel-lo... Prendete il vitello grasso, ammazza-telo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Più di così?!

UN CATECHISMO “SENZA PIETRE”Si passa da una catechesi che privilegia

parole come peccato, inferno, paura, di-vieto, osservanza anche nei minimi parti-colari, “fioretti”... a un messaggio fresco e liberante: «Vi do un comandamento nuo-vo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Solo consegnan-do Gesù e non formule si può aprire una strada che porta alla fede. Perché la fede è incontrare Gesù e non delle formule. La fede deve affascinare e non indottrinare. La fede non è dare dimostrazioni che Dio

esiste ma che Dio si è fatto uomo e ci ha amato come solo lui poteva fare. La fede è ricordarsi che saremo giudicati sull’a-more vissuto e non sui dogmi professati: «Non chiunque mi dice: «Signore, Signo-re»..., ma colui che fa la volontà del Padre mio» (Mt 7,21). «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Raccontiamo l’incontro con l’adultera quando tutti erano con le pie-tre in mano pronti a fare giustizia, vittime di una legge miope e discriminante, e di come Gesù con le mani libere ridà digni-tà a quella donna Nessuno è autorizzato a credersi migliore di lui e arroccarsi die-tro leggi da imporre agli altri con minacce varie: «Guai anche a voi..., che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11,45). Piuttosto: «Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, per-ché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio perché anche voi faccia-te come io ho fatto a voi» (Gv 13,13-15).

I DISCORSI DI GESÙ Nel “discorso della montagna” Matteo (cc. 5-7) raccoglie quelli che sono i «ma io vi dico» di Gesù rispetto all’«avete in-teso che fu detto» dell’Antico Testamento. Gesù non toglie la legge ma le da «pieno compimento», cioè ne mette a fuoco l’a-nima, l’angolatura che la rende non solo norma da osservare ma progetto di vita che responsabilizza. È la grande rivolu-zione di Gesù. La legge? Sì, certo. Ma l’uomo da amare viene prima della legge e al di sopra di tutto. La legge viene da Dio solo se è a servizio dell’uomo e mai

contro l’uomo. Anche Luca (c. 6) riprende il tema nel «discorso del-

la pianura» e si concentra su alcune affermazioni.

PERFETTI NELLA MISERICORDIAMatteo dice (5,20): «Se la vostra giu-

stizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Dopo aver descritto alcuni capisaldi del-la giustizia conclude (5,48): «Voi, dun-que, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Luca a sua volta (6,38): «Siate misericordiosi, come il Padre vo-stro è misericordioso». E «come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro» (Lc 6,31). Perché «Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sul-la roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene» (Lc 6,47-48). L’ideale da raggiungere per Matteo è la perfezione di Dio, per Luca invece è la sua misericordia. Ma la conclusione è sempli-cissima, a prova di ateo: la novità portata

Misericordia voglio, non “fioretti”!

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12 13 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016

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GIULIANO PALIZZI [email protected]

da Gesù è proprio l’immagine di Dio sve-lata nella sua anima più profonda, quella di un «Padre misericordioso» (Lc 15) che pur di salvare il più piccolo dei figli è di-sposto a tutto e basta che questo figlio voglia tornare perché la porta di casa è sempre aperta e tracima di gioia e di festa. Ricordi? «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». E poi «Presto, portate qui il vestito più bel-lo... Prendete il vitello grasso, ammazza-telo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Più di così?!

UN CATECHISMO “SENZA PIETRE”Si passa da una catechesi che privilegia

parole come peccato, inferno, paura, di-vieto, osservanza anche nei minimi parti-colari, “fioretti”... a un messaggio fresco e liberante: «Vi do un comandamento nuo-vo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Solo consegnan-do Gesù e non formule si può aprire una strada che porta alla fede. Perché la fede è incontrare Gesù e non delle formule. La fede deve affascinare e non indottrinare. La fede non è dare dimostrazioni che Dio

esiste ma che Dio si è fatto uomo e ci ha amato come solo lui poteva fare. La fede è ricordarsi che saremo giudicati sull’a-more vissuto e non sui dogmi professati: «Non chiunque mi dice: «Signore, Signo-re»..., ma colui che fa la volontà del Padre mio» (Mt 7,21). «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Raccontiamo l’incontro con l’adultera quando tutti erano con le pie-tre in mano pronti a fare giustizia, vittime di una legge miope e discriminante, e di come Gesù con le mani libere ridà digni-tà a quella donna Nessuno è autorizzato a credersi migliore di lui e arroccarsi die-tro leggi da imporre agli altri con minacce varie: «Guai anche a voi..., che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11,45). Piuttosto: «Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, per-ché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio perché anche voi faccia-te come io ho fatto a voi» (Gv 13,13-15).

I DISCORSI DI GESÙ Nel “discorso della montagna” Matteo (cc. 5-7) raccoglie quelli che sono i «ma io vi dico» di Gesù rispetto all’«avete in-teso che fu detto» dell’Antico Testamento. Gesù non toglie la legge ma le da «pieno compimento», cioè ne mette a fuoco l’a-nima, l’angolatura che la rende non solo norma da osservare ma progetto di vita che responsabilizza. È la grande rivolu-zione di Gesù. La legge? Sì, certo. Ma l’uomo da amare viene prima della legge e al di sopra di tutto. La legge viene da Dio solo se è a servizio dell’uomo e mai

contro l’uomo. Anche Luca (c. 6) riprende il tema nel «discorso del-

la pianura» e si concentra su alcune affermazioni.

PERFETTI NELLA MISERICORDIAMatteo dice (5,20): «Se la vostra giu-

stizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Dopo aver descritto alcuni capisaldi del-la giustizia conclude (5,48): «Voi, dun-que, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Luca a sua volta (6,38): «Siate misericordiosi, come il Padre vo-stro è misericordioso». E «come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro» (Lc 6,31). Perché «Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sul-la roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene» (Lc 6,47-48). L’ideale da raggiungere per Matteo è la perfezione di Dio, per Luca invece è la sua misericordia. Ma la conclusione è sempli-cissima, a prova di ateo: la novità portata

Misericordia voglio, non “fioretti”!

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16 17 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016 17 16

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Una dispersione... da stadio!La formazione professionale salesiana, che mette al centro l’intelligenza nelle mani dell’allievo, ha come obiettivo oltre ad insegnare un mestiere combattere gli abbandoni scolastici.

crescita (316 mila iscritti nel 2013-14), accompagnata da un tasso di successo più che significativo: il 50% dei ragazzi hanno trovato un lavoro, grazie alla formazione ricevuta.

«La Formazione professionale ha dimostrato sul campo un’alta capa-cità inclusiva – ha dichiarato il presi-dente Isfol, Pier Antonio Varesi – nel contrastare il fenomeno della disper-sione formativa. Sempre più giovani, scarsamente motivati dalle metodo-logie scolastiche tradizionali, vedono in questi percorsi un’ottima occasio-ne per acquisire una qualifica e un diploma professionale spendibili nel mercato del lavoro».

Pur essendo un segmento non del tutto conosciuto dai ragazzi e dalle famiglie, i percorsi triennali di for-mazione professionale si dimostrano molto competitivi e canali di occu-pazione.

Un altro impegno che come Cen-tri salesiani ci siamo dati è quello di sviluppare i servizi al lavoro cioè l’ac-compagnamento dei giovani al ter-mine degli studi per aiutarli ad inse-rirsi nel mondo del lavoro e trovare un’occupazione.

Vogliamo far sì che i 163 mila ra-gazzi che escono dalla Juventus Sta-dium e dal Meazza di Milano non siano in giro a far niente, tristi ed oziosi, ma acquisiscano delle com-petenze per entrare da protagonisti nel loro futuro.

Non so se siete mai andati allo stadio. Io qualche volta sì. Sono un tifoso appassionato (non dico di che squadra per non vergognarmi!). Quando la partita finisce occorre af-frontare la folla che esce. Qualcuno si alza prima ma è difficile evitare di essere circondati da persone e sen-tirsi come sardine in scatola. È un fiume di gente; alcuni sono soddi-sfatti, altri, come capita a me, delusi per l’ennesima sconfitta!

L’ultima indagine sulla scuo-la dice che la dispersione scolasti-ca nelle scuole superiori è di 163 mila ragazzi all’anno (il 27,3% nel 2014/15). È una cosa incredibile!

Significa che con tutti questi ragaz-zi riempiamo lo Juventus Stadium, il Meazza di Milano e un altro ancora. Ci pensate a quanti ragazzi “escono” senza un titolo di studio e senza una possibilità di andare a lavorare?

I MOTIVI DELLA DISPERSIONENon so quali sono i motivi di

questa dispersione. Forse i genitori che non hanno saputo accompagna-re i propri figli verso un metodo e un impegno serio. Forse gli insegnanti che, invece di incoraggiare e aiutare gli allievi a crescere, li hanno etichet-tati come incapaci. Forse ancora gli

insegnanti che, invece di orientarli per una formazione concreta al lavo-ro, li hanno orientati per delle scuole teoriche. Forse gli stessi ragazzi che hanno scelto il loro percorso di stu-dio più per seguire i propri amici o la scuola “di moda” che per una scelta consapevole. O forse un altro moti-vo che voi conoscete meglio di me.

Ho letto nei giorni scorsi di un istituto scolastico che ha una disper-sione del 50%. Significa che una classe di 20 allievi che inizia al primo anno, si ritrova negli anni successivi solo in 10.

LA SPECIFICITÀ SALESIANAIo lavoro nella formazione profes-

sionale da circa trent’anni. Faccia-mo periodicamente delle indagini. Lo scorso anno abbiamo avuto una dispersione del 10%. Non è un dato confortante ma siamo molto lonta-ni dalle percentuali che ho indicato prima. Dobbiamo cercare di tende-re a zero per aiutare ogni ragazzo a non perdersi. Come fare? Cerchiamo ogni anno di mettere in atto delle metodologie che permettono di ri-durre questa dispersione e favorire il successo scolastico degli allievi. Pun-tiamo a delle metodologie che valo-rizzino in primo luogo il saper fare, accompagnate dal conoscere e del saper essere. Cerchiamo di aggior-nare sempre meglio i laboratori in modo che gli allievi acquistino del-le reali competenze per poi trovare un lavoro. Organizziamo degli stage prolungati nelle aziende per creare un ponte tra la scuola e l’impresa, per favorire l’inserimento lavorativo al termine della formazione.

IL RAPPORTO ISFOL*È stato presentato recentemente

a Roma un rapporto sul sistema di istruzione e formazione professiona-le in Italia. Il dato più eclatante è la

LUCIO [email protected]

*L’ISFOL - ISTITUTO PER LO SVILUPPO DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEI LAVORATORI - È UN ENTE NAZIONALE DI RICERCA SOTTOPOSTO ALLA VIGILANZA DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI.

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Una dispersione... da stadio!La formazione professionale salesiana, che mette al centro l’intelligenza nelle mani dell’allievo, ha come obiettivo oltre ad insegnare un mestiere combattere gli abbandoni scolastici.

crescita (316 mila iscritti nel 2013-14), accompagnata da un tasso di successo più che significativo: il 50% dei ragazzi hanno trovato un lavoro, grazie alla formazione ricevuta.

«La Formazione professionale ha dimostrato sul campo un’alta capa-cità inclusiva – ha dichiarato il presi-dente Isfol, Pier Antonio Varesi – nel contrastare il fenomeno della disper-sione formativa. Sempre più giovani, scarsamente motivati dalle metodo-logie scolastiche tradizionali, vedono in questi percorsi un’ottima occasio-ne per acquisire una qualifica e un diploma professionale spendibili nel mercato del lavoro».

Pur essendo un segmento non del tutto conosciuto dai ragazzi e dalle famiglie, i percorsi triennali di for-mazione professionale si dimostrano molto competitivi e canali di occu-pazione.

Un altro impegno che come Cen-tri salesiani ci siamo dati è quello di sviluppare i servizi al lavoro cioè l’ac-compagnamento dei giovani al ter-mine degli studi per aiutarli ad inse-rirsi nel mondo del lavoro e trovare un’occupazione.

Vogliamo far sì che i 163 mila ra-gazzi che escono dalla Juventus Sta-dium e dal Meazza di Milano non siano in giro a far niente, tristi ed oziosi, ma acquisiscano delle com-petenze per entrare da protagonisti nel loro futuro.

Non so se siete mai andati allo stadio. Io qualche volta sì. Sono un tifoso appassionato (non dico di che squadra per non vergognarmi!). Quando la partita finisce occorre af-frontare la folla che esce. Qualcuno si alza prima ma è difficile evitare di essere circondati da persone e sen-tirsi come sardine in scatola. È un fiume di gente; alcuni sono soddi-sfatti, altri, come capita a me, delusi per l’ennesima sconfitta!

L’ultima indagine sulla scuo-la dice che la dispersione scolasti-ca nelle scuole superiori è di 163 mila ragazzi all’anno (il 27,3% nel 2014/15). È una cosa incredibile!

Significa che con tutti questi ragaz-zi riempiamo lo Juventus Stadium, il Meazza di Milano e un altro ancora. Ci pensate a quanti ragazzi “escono” senza un titolo di studio e senza una possibilità di andare a lavorare?

I MOTIVI DELLA DISPERSIONENon so quali sono i motivi di

questa dispersione. Forse i genitori che non hanno saputo accompagna-re i propri figli verso un metodo e un impegno serio. Forse gli insegnanti che, invece di incoraggiare e aiutare gli allievi a crescere, li hanno etichet-tati come incapaci. Forse ancora gli

insegnanti che, invece di orientarli per una formazione concreta al lavo-ro, li hanno orientati per delle scuole teoriche. Forse gli stessi ragazzi che hanno scelto il loro percorso di stu-dio più per seguire i propri amici o la scuola “di moda” che per una scelta consapevole. O forse un altro moti-vo che voi conoscete meglio di me.

Ho letto nei giorni scorsi di un istituto scolastico che ha una disper-sione del 50%. Significa che una classe di 20 allievi che inizia al primo anno, si ritrova negli anni successivi solo in 10.

LA SPECIFICITÀ SALESIANAIo lavoro nella formazione profes-

sionale da circa trent’anni. Faccia-mo periodicamente delle indagini. Lo scorso anno abbiamo avuto una dispersione del 10%. Non è un dato confortante ma siamo molto lonta-ni dalle percentuali che ho indicato prima. Dobbiamo cercare di tende-re a zero per aiutare ogni ragazzo a non perdersi. Come fare? Cerchiamo ogni anno di mettere in atto delle metodologie che permettono di ri-durre questa dispersione e favorire il successo scolastico degli allievi. Pun-tiamo a delle metodologie che valo-rizzino in primo luogo il saper fare, accompagnate dal conoscere e del saper essere. Cerchiamo di aggior-nare sempre meglio i laboratori in modo che gli allievi acquistino del-le reali competenze per poi trovare un lavoro. Organizziamo degli stage prolungati nelle aziende per creare un ponte tra la scuola e l’impresa, per favorire l’inserimento lavorativo al termine della formazione.

IL RAPPORTO ISFOL*È stato presentato recentemente

a Roma un rapporto sul sistema di istruzione e formazione professiona-le in Italia. Il dato più eclatante è la

LUCIO [email protected]

*L’ISFOL - ISTITUTO PER LO SVILUPPO DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEI LAVORATORI - È UN ENTE NAZIONALE DI RICERCA SOTTOPOSTO ALLA VIGILANZA DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI.

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oltre 4000 bambini costretti a fare i soldati o gli schiavi. Racconta Bra-chetti: «Mi affascinava il precetto che don Silvio mi ripeteva sempre: “Nella vita non è tanto importante la vocazione da prete, quanto averne comunque una. E se la tua è quel-la di far sorridere la gente, seguila credendoci sino in fondo”. Così ho fatto». Ospedali, comunità, associa-zioni. Don Silvio parte dal suo Museo della Magia di Cherasco, nel cunee-

Tutto è andato di corsa come i suoi cambi d’abito: il collegio salesia-no di Lanzo, l’aspirantato a Chieri in cerca di una vocazione che alla fine non c’era, l’incontro alla casa alpina di Gressoney con don Silvio Man-telli, in arte Mago Sales, che lo aiuta a trovare la sua strada: «Mi mise a disposizione la sua stanza piena di giochi di prestigio: è con lui che mi sono fatto le ossa. In tutte le strut-ture salesiane dotate di palcoscenico per l’attività teatrale l’illusionismo è visto con favore: non per nulla don Bosco è considerato il patrono de-gli artisti di strada». Arturo Brachet-ti oggi riempie i teatri di New York, Parigi e Pechino ma non ha dimen-ticato che l’irresistibile ascesa verso il paradiso colorato della metamor-fosi e l’ossessione allegra per il mu-tamento di identità che hanno fatto di lui il Leopoldo Fregoli del Terzo Millennio le ha imparate anche a Valdocco, all’ombra del Santuario di Maria Ausiliatrice.

UNA BACCHETTA CONTRO LA POVERTÀ

«Essere preti tristi non ha senso. Lo diceva anche don Bosco, faccia-mo consistere la santità nello stare molto allegri». Così si presenta don Silvio Mantelli, lo scopritore di Ar-turo. “Prete per vocazione, mago per passione”, è l’anima della Fondazione Mago Sales che negli anni ha realiz-zato villaggi in Africa e Asia, scuo-le in Uganda e Madagascar, aiutato

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Arturo Brachetti: la vocazione di tenere tutti allegri

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se, e va in giro per le strade infelici del mondo a portare un sorriso. Ogni Paese un incontro, un progetto, un’i-dea concretizzata anche grazie all’a-iuto silenzioso di amici come Arturo. È questa la vera magia.

LE MAGIE DI DON BOSCO«Anche se è difficile credermi – è

scritto nelle Memorie autobiografi-che di san Giovanni Bosco –, a 11 anni facevo giochi di prestigio, il sal-to mortale, camminavo sulle mani, saltavo e danzavo sulla corda come un saltimbanco professionista». Non è un mistero: Giovannino era abilis-simo nel carpire i segreti ai vari acro-bati che incontrava nelle fiere dell’A-stigiano. E, tornato a casa, si eserci-tava a ripetere quei numeri finché non era in grado di organizzare lui stesso esibizioni funamboliche. Que-sto aspetto di don Bosco esce fuori anche spulciando la ciclopica raccol-ta di testimonianze storiche messe insieme da don Giovanni Battista Lemoyne. All’entrata in seminario, fece assoluto proposito di rinunciare a quei giochi: fu il suo direttore spiri-tuale don Cafasso a raccomandargli di continuare. E, in effetti, le crona-che narrano del suo talento d’intrat-tenitore nelle feste dei chierici e, più tardi, nell’oratorio da lui fondato.

TANTO PER CAMBIARETra infiniti stracci, piume, copri-

capi, ventagli, strumenti della “gran-de magia” che lo fanno diventare in

pochi attimi un cinese, un nuotatore, un clown, Arturo ha trovato il tempo di scrivere un romanzo autobiogra-fico, “Tanto per cambiare” (Baldini e Castoldi Editore). In quelle pagine c’è tutto Brachetti. Mille volti o, pi-randellianamente, mille maschere. Del suo rapporto con la fede dice: «Più che in una singola confessione credo nell’esistenza di un Dio: tutte le religioni hanno in fondo lo stesso messaggio di amore. Credo in Dio, nell’uomo, in me». Il prodigioso ca-leidoscopio di caratteri che sbalor-disce, ipnotizza, incanta e ha già un erede: Luca Bono, giovane di Chie-ri con la passione sin da piccolo per l’illusionismo. La tradizione di me-ravigliare e meravigliarsi continua.

ANDREA CAGLIERISGIORNALISTA RAI E SEGRETARIO DELL’ORDINE DEI

GIORNALISTI DEL [email protected]

ARTURO BRACHETTI NASCE A TORINO IL 13 OTTOBRE 1957 E IMPARA I GIOCHI DI PRESTIGIO DA UN PRETE ILLUSIONISTA. A 15 ANNI INVENTA IL SUO PRIMO NUMERO DI TRASFORMAZIONI E A 20 ANNI È GIÀ ATTRAZIONE VEDETTE AL PARADIS LATIN DI PARIGI. È CONSIDERATO UNO DEI PIÙ ACCLAMATI PERFORMERS DEL PIANETA TANTO CHE IL GUINNESS BOOK OF RECORDS LO ANNOVERA COME IL PIÙ VELOCE TRASFORMISTA DEL MONDO.

GENNAIO-FEBBRAIO 2016

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oltre 4000 bambini costretti a fare i soldati o gli schiavi. Racconta Bra-chetti: «Mi affascinava il precetto che don Silvio mi ripeteva sempre: “Nella vita non è tanto importante la vocazione da prete, quanto averne comunque una. E se la tua è quel-la di far sorridere la gente, seguila credendoci sino in fondo”. Così ho fatto». Ospedali, comunità, associa-zioni. Don Silvio parte dal suo Museo della Magia di Cherasco, nel cunee-

Tutto è andato di corsa come i suoi cambi d’abito: il collegio salesia-no di Lanzo, l’aspirantato a Chieri in cerca di una vocazione che alla fine non c’era, l’incontro alla casa alpina di Gressoney con don Silvio Man-telli, in arte Mago Sales, che lo aiuta a trovare la sua strada: «Mi mise a disposizione la sua stanza piena di giochi di prestigio: è con lui che mi sono fatto le ossa. In tutte le strut-ture salesiane dotate di palcoscenico per l’attività teatrale l’illusionismo è visto con favore: non per nulla don Bosco è considerato il patrono de-gli artisti di strada». Arturo Brachet-ti oggi riempie i teatri di New York, Parigi e Pechino ma non ha dimen-ticato che l’irresistibile ascesa verso il paradiso colorato della metamor-fosi e l’ossessione allegra per il mu-tamento di identità che hanno fatto di lui il Leopoldo Fregoli del Terzo Millennio le ha imparate anche a Valdocco, all’ombra del Santuario di Maria Ausiliatrice.

UNA BACCHETTA CONTRO LA POVERTÀ

«Essere preti tristi non ha senso. Lo diceva anche don Bosco, faccia-mo consistere la santità nello stare molto allegri». Così si presenta don Silvio Mantelli, lo scopritore di Ar-turo. “Prete per vocazione, mago per passione”, è l’anima della Fondazione Mago Sales che negli anni ha realiz-zato villaggi in Africa e Asia, scuo-le in Uganda e Madagascar, aiutato

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Arturo Brachetti: la vocazione di tenere tutti allegri

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se, e va in giro per le strade infelici del mondo a portare un sorriso. Ogni Paese un incontro, un progetto, un’i-dea concretizzata anche grazie all’a-iuto silenzioso di amici come Arturo. È questa la vera magia.

LE MAGIE DI DON BOSCO«Anche se è difficile credermi – è

scritto nelle Memorie autobiografi-che di san Giovanni Bosco –, a 11 anni facevo giochi di prestigio, il sal-to mortale, camminavo sulle mani, saltavo e danzavo sulla corda come un saltimbanco professionista». Non è un mistero: Giovannino era abilis-simo nel carpire i segreti ai vari acro-bati che incontrava nelle fiere dell’A-stigiano. E, tornato a casa, si eserci-tava a ripetere quei numeri finché non era in grado di organizzare lui stesso esibizioni funamboliche. Que-sto aspetto di don Bosco esce fuori anche spulciando la ciclopica raccol-ta di testimonianze storiche messe insieme da don Giovanni Battista Lemoyne. All’entrata in seminario, fece assoluto proposito di rinunciare a quei giochi: fu il suo direttore spiri-tuale don Cafasso a raccomandargli di continuare. E, in effetti, le crona-che narrano del suo talento d’intrat-tenitore nelle feste dei chierici e, più tardi, nell’oratorio da lui fondato.

TANTO PER CAMBIARETra infiniti stracci, piume, copri-

capi, ventagli, strumenti della “gran-de magia” che lo fanno diventare in

pochi attimi un cinese, un nuotatore, un clown, Arturo ha trovato il tempo di scrivere un romanzo autobiogra-fico, “Tanto per cambiare” (Baldini e Castoldi Editore). In quelle pagine c’è tutto Brachetti. Mille volti o, pi-randellianamente, mille maschere. Del suo rapporto con la fede dice: «Più che in una singola confessione credo nell’esistenza di un Dio: tutte le religioni hanno in fondo lo stesso messaggio di amore. Credo in Dio, nell’uomo, in me». Il prodigioso ca-leidoscopio di caratteri che sbalor-disce, ipnotizza, incanta e ha già un erede: Luca Bono, giovane di Chie-ri con la passione sin da piccolo per l’illusionismo. La tradizione di me-ravigliare e meravigliarsi continua.

ANDREA CAGLIERISGIORNALISTA RAI E SEGRETARIO DELL’ORDINE DEI

GIORNALISTI DEL [email protected]

ARTURO BRACHETTI NASCE A TORINO IL 13 OTTOBRE 1957 E IMPARA I GIOCHI DI PRESTIGIO DA UN PRETE ILLUSIONISTA. A 15 ANNI INVENTA IL SUO PRIMO NUMERO DI TRASFORMAZIONI E A 20 ANNI È GIÀ ATTRAZIONE VEDETTE AL PARADIS LATIN DI PARIGI. È CONSIDERATO UNO DEI PIÙ ACCLAMATI PERFORMERS DEL PIANETA TANTO CHE IL GUINNESS BOOK OF RECORDS LO ANNOVERA COME IL PIÙ VELOCE TRASFORMISTA DEL MONDO.

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#Stoptratta di potenziali migranti

Aiutiamoli a casa loro, ma facciamolo davvero. Sembra questo il tratto distinti-vo della campagna #Stoptratta, promossa da Missioni don Bosco e VIS - Volontariato internazionale per lo sviluppo per contrasta-re il traffico di esseri umani e costruire la speranza in cinque paesi dell’Africa sub-sahariana: Ghana, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio ed Etiopia.

PARTIRE, UNA SCELTA CONSAPEVOLEIl progetto nasce sulla scia delle parole

pronunciate da Papa Francesco, nel giu-gno scorso, dal pulpito della Basilica di Maria Ausiliatrice.

ォ«La Chiesa cammina in mezzo ai po-poli, nella storia degli uomini e delle don-ne. Sono parole del Santo Padre che ab-biamo fatto nostre – confida Giampietro Pettenon, presidente di Missioni don Bo-sco – e ci hanno spinto a camminare al

o d’acqua, tra le dune del deserto o in-ghiottiti dalle onde, vittime di trafficanti senza scrupoli.

COSTRUIRE UN FUTURO POSSIBILEScorrendo i dati contenuti nel 1° Rap-

porto sulle migrazioni dell’Africa sub-saha-riana, realizzato da Vis e Missioni don Bo-sco in Ghana, Senegal e Costa d’Avorio e presentato in occasione del lancio della campagna, un migrante su due non co-nosce o sottovaluta i rischi che comporta il viaggio per l’Europa e sei su dieci am-biscono a raggiungerla per motivi econo-mici e di lavoro. In particolare, l’80% dei ghanesi intervistati pensa che la morte non costituisca un pericolo del mettersi in viaggio, contro il 50% dei senegalesi e il 37% degli ivoriani.

Per contribuire a costruire un futuro possibile nei paesi interessati, #Stoptratta intende affiancare alle numerose occasioni di sensibilizzazione un ampio programma di formazione, affinché chi vuole resta-re abbia opportunità concrete, attraverso progetti di sviluppo specifici, per miglio-rare le proprie condizioni di vita e quelle della propria famiglia. Si tratta di proget-ti di sviluppo orientati a gruppi a rischio traffico o migrazione irregolare e concepiti sulla base delle esigenze emerse nei sin-goli paesi: in Senegal si punterà al raffor-zamento della formazione professionale e dell’inserimento occupazionale a Da-kar e a Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate le attività formative in campo agricolo e per le donne. In Costa d’Avo-rio si prevede il rafforzamento del centro socio-educativo Villaggio don Bosco a Kou-massi, nella periferia popolare di Abidjan, e in Etiopia i primi interventi si concen-treranno su borse di studio e programmi di supporto scolastico e nutrizionale per giovani a rischio.

fianco dei popoli dell’Africa sub-sahariana per dire basta alla tratta degli esseri umani e offrire un’alternativa possibile e concre-ta alla migrazione».

L’obiettivo di #Stoptratta è in primo luogo contrastare il traffico di esseri uma-ni attraverso la sensibilizzazione dei po-tenziali migranti sui molteplici rischi del viaggio verso l’Europa – dalla detenzione alla morte, dalle violenze agli abusi psi-cologici – fornendo informazioni utili at-traverso i social network e contenuti nelle lingue locali per favorire una scelta il più possibile consapevole.

Troppi ragazzi – infatti – sono costretti ad abbandonare le proprie case e a sepa-rarsi dalle proprie famiglie per sfuggire alla fame, alle persecuzioni e alla guerra e tentare la sorte nella speranza di un do-mani migliore. I loro sogni, però, rischia-no d’infrangersi in un cimitero di sabbia

CARLO TAGLIANI [email protected]

«Come non si stanca di ribadire Papa Francesco – conclude Nico Lotta, pre-sidente del VIS – la Chiesa deve sentirsi interpellata nell’emergenza migranti. Ri-teniamo che l’accoglienza sia fondamen-tale, ma che altrettanto fondamentale sia favorire una scelta consapevole da par-te dei potenziali migranti. Perché partire deve rappresentare una scelta, non l’uni-ca strada».

La campagna di Missioni don Bosco e Vis-Volontari per lo sviluppo in cinque paesi dell’Africa sub-sahariana.

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#Stoptratta di potenziali migranti

Aiutiamoli a casa loro, ma facciamolo davvero. Sembra questo il tratto distinti-vo della campagna #Stoptratta, promossa da Missioni don Bosco e VIS - Volontariato internazionale per lo sviluppo per contrasta-re il traffico di esseri umani e costruire la speranza in cinque paesi dell’Africa sub-sahariana: Ghana, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio ed Etiopia.

PARTIRE, UNA SCELTA CONSAPEVOLEIl progetto nasce sulla scia delle parole

pronunciate da Papa Francesco, nel giu-gno scorso, dal pulpito della Basilica di Maria Ausiliatrice.

ォ«La Chiesa cammina in mezzo ai po-poli, nella storia degli uomini e delle don-ne. Sono parole del Santo Padre che ab-biamo fatto nostre – confida Giampietro Pettenon, presidente di Missioni don Bo-sco – e ci hanno spinto a camminare al

o d’acqua, tra le dune del deserto o in-ghiottiti dalle onde, vittime di trafficanti senza scrupoli.

COSTRUIRE UN FUTURO POSSIBILEScorrendo i dati contenuti nel 1° Rap-

porto sulle migrazioni dell’Africa sub-saha-riana, realizzato da Vis e Missioni don Bo-sco in Ghana, Senegal e Costa d’Avorio e presentato in occasione del lancio della campagna, un migrante su due non co-nosce o sottovaluta i rischi che comporta il viaggio per l’Europa e sei su dieci am-biscono a raggiungerla per motivi econo-mici e di lavoro. In particolare, l’80% dei ghanesi intervistati pensa che la morte non costituisca un pericolo del mettersi in viaggio, contro il 50% dei senegalesi e il 37% degli ivoriani.

Per contribuire a costruire un futuro possibile nei paesi interessati, #Stoptratta intende affiancare alle numerose occasioni di sensibilizzazione un ampio programma di formazione, affinché chi vuole resta-re abbia opportunità concrete, attraverso progetti di sviluppo specifici, per miglio-rare le proprie condizioni di vita e quelle della propria famiglia. Si tratta di proget-ti di sviluppo orientati a gruppi a rischio traffico o migrazione irregolare e concepiti sulla base delle esigenze emerse nei sin-goli paesi: in Senegal si punterà al raffor-zamento della formazione professionale e dell’inserimento occupazionale a Da-kar e a Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate le attività formative in campo agricolo e per le donne. In Costa d’Avo-rio si prevede il rafforzamento del centro socio-educativo Villaggio don Bosco a Kou-massi, nella periferia popolare di Abidjan, e in Etiopia i primi interventi si concen-treranno su borse di studio e programmi di supporto scolastico e nutrizionale per giovani a rischio.

fianco dei popoli dell’Africa sub-sahariana per dire basta alla tratta degli esseri umani e offrire un’alternativa possibile e concre-ta alla migrazione».

L’obiettivo di #Stoptratta è in primo luogo contrastare il traffico di esseri uma-ni attraverso la sensibilizzazione dei po-tenziali migranti sui molteplici rischi del viaggio verso l’Europa – dalla detenzione alla morte, dalle violenze agli abusi psi-cologici – fornendo informazioni utili at-traverso i social network e contenuti nelle lingue locali per favorire una scelta il più possibile consapevole.

Troppi ragazzi – infatti – sono costretti ad abbandonare le proprie case e a sepa-rarsi dalle proprie famiglie per sfuggire alla fame, alle persecuzioni e alla guerra e tentare la sorte nella speranza di un do-mani migliore. I loro sogni, però, rischia-no d’infrangersi in un cimitero di sabbia

CARLO TAGLIANI [email protected]

«Come non si stanca di ribadire Papa Francesco – conclude Nico Lotta, pre-sidente del VIS – la Chiesa deve sentirsi interpellata nell’emergenza migranti. Ri-teniamo che l’accoglienza sia fondamen-tale, ma che altrettanto fondamentale sia favorire una scelta consapevole da par-te dei potenziali migranti. Perché partire deve rappresentare una scelta, non l’uni-ca strada».

La campagna di Missioni don Bosco e Vis-Volontari per lo sviluppo in cinque paesi dell’Africa sub-sahariana.

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Impariamo ad amare come Dio

Sul numero precedente Robert Cheaib ha ricordato quattro dei sei verbi sull’amore: offrire, donare, perdonare, domandare.Ora propone la riflessione sui verbi: accogliere e rifutare.

ACCOGLIERE L’accoglienza ha un volto duplice. Essa implica accogliere la domanda e la richie-sta altrui. È la capacità di dire “sì” con tutto l’essere. Possiamo a volte esaudire l’altro, ma controvoglia. Non è accoglien-za, è liberarsi dalle seccature. Anche qui, a volte è una soluzione legittima e neces-saria, ma non si può parlare di vera acco-glienza. Accogliere è esprimere generosità di cuore ed intenzionalità dialogale.

Il secondo volto dell’accoglienza si ri-ferisce ad accogliere l’offrirsi, il dono e il perdono degli altri e dell’Altro. Anche qui può capitare che riceviamo senza ac-cogliere. È quando il dono è considerato come scontato. È il vizio del cuore preten-zioso che non sa gioire del dono. Ricevere

può rimanere indifferente, accogliere non può che generare gioia, riconoscenza e ri-conoscimento.

Accogliere è la riposta adeguata dinan-zi all’amore ricevuto. Il suo paradigma è il fiat di Maria, che non solo riceve, ma accoglie il Verbo nel suo grembo. Acco-glienza è quando la risposta corrisponde al valore del dono, quando si avvalora il dono. C’è da domandarsi con quale amo-re accogliamo i sacramenti che riceviamo. E, ad un livello non meno importante, con quale amore accogliamo il dono dei no-stri familiari che siano essi genitori, figli, fratelli, sorelle, confratelli, consorelle, ma-riti o mogli. L’accoglienza è un elemento incisivo e decisivo per la concretezza e la sopravvivenza dell’amore.

Accogliere, quindi, è imparare ad ac-consentire al dono degli altri. In questo senso accogliere il perdono degli altri e di Dio è anche un gesto di crescita nell’amo-re. Si fa spesso difficoltà a ricevere l’aiuto, il dono e la semplice presenza degli altri. Si vive nella pretesa di autosufficienza, quell’illusoria presunzione che non si ha bisogno dell’aiuto e della presenza altrui. L’amore non è autosufficiente. L’amore è un gesto intenzionale che si lascia li-beramente coinvolgere dall’altro. Non è possibile dire a una persona: «Ti amo, ma non mi interessa la tua risposta d’amore». Amare è, in qualche modo, abbracciare una povertà, fare spazio ed imparare ad accogliere il dono dell’altro.

RIFIUTARESembra quasi un giocare a “trova l’in-

truso”. In realtà, rifiutare è una parola fondamentale nell’amore. Lo sanno bene i genitori. Costano molto quei “no”, ma sono spesso i “no” che fanno crescere. Anche qui, il rifiutare presenta due sfu-mature.

Da un lato, si dice “no” semplicemente e immediatamente per il bene dell’altro. Si dice “no” per educare, perché i tempi non sono ancora maturi. Si dice “no” per differenza legittima di prospettive, perché l’amore non è fusione ma convergenza di visuali. L’amore non solo tollera la plura-lità, ma la esige. Amare un altro è accon-sentire alla sua alterità. Chi non sa dissen-tire, non consente realmente a un altro, è semplicemente sottomesso, annientato.

Rifiutare, d’altro canto, è dire “no” per un realismo che riconosce i limiti propri: quelli della propria salute, della propria disponibilità, delle proprie risorse, ecc. È sapiente dire “no”, per poter continuare a dire “sì” quando è necessario e in modo adeguato e sostenibile. Tante persone buone amano a tal punto da non sapersi rifiutare, da non saper dire di “no” a qual-siasi richiesta e proposta. Sono tenden-

zialmente prigioniere della loro immagi-ne di persone buone, da non essere libere dinanzi alle situazioni. Dicono di sì e ac-consentono, non sempre per convinzione, ma per esigenza intima di approvazione.

Nell’esperienza d’amore, è necessario che ci sia spazio per la dissonanza, per il rifiuto. Chi ama e si sa amato, non ha paura di rifiutare, di riconoscere i propri limiti e di farli conoscere. È qui che si spe-rimenta il potere libero e liberante dell’a-more. «Caritate tam libera quam liberali. Il proprio dell’amore è di essere spontaneo: esso libera colui che lo sperimenta, e lo aiuta a rendere liberi gli altri».

Per chiudere questa polifonia di verbi dell’amore lascio la parola allo stesso Va-rillon che li ha ispirati: «Credo che la mes-sa in pratica dei sei verbi riassuma tutto il Vangelo, perché il Vangelo è al contempo povertà e dipendenza. Questi sono i due componenti essenziali dell’amore. Non si tratta di coniugare indefinitamente il ver-bo amare, di belare l’amore. L’amore è povertà e dipendenza, dono e accoglienza. Il bacio è il simbolo del dono e dell’acco-glienza: accolgo la tua anima e ti dono la mia; il soffio reciproco ne è il simbolo; da cui la bellezza del bacio. Per questo non bisogna rovinare il bacio, o prostituirlo per farne un gioco. È bello il bacio, è lo scambio, l’accoglienza e il dono. È tutto il Vangelo».

ROBERT [email protected]

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40 41 MARIA AUSILIATRICE N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2016

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Impariamo ad amare come Dio

Sul numero precedente Robert Cheaib ha ricordato quattro dei sei verbi sull’amore: offrire, donare, perdonare, domandare.Ora propone la riflessione sui verbi: accogliere e rifutare.

ACCOGLIERE L’accoglienza ha un volto duplice. Essa implica accogliere la domanda e la richie-sta altrui. È la capacità di dire “sì” con tutto l’essere. Possiamo a volte esaudire l’altro, ma controvoglia. Non è accoglien-za, è liberarsi dalle seccature. Anche qui, a volte è una soluzione legittima e neces-saria, ma non si può parlare di vera acco-glienza. Accogliere è esprimere generosità di cuore ed intenzionalità dialogale.

Il secondo volto dell’accoglienza si ri-ferisce ad accogliere l’offrirsi, il dono e il perdono degli altri e dell’Altro. Anche qui può capitare che riceviamo senza ac-cogliere. È quando il dono è considerato come scontato. È il vizio del cuore preten-zioso che non sa gioire del dono. Ricevere

può rimanere indifferente, accogliere non può che generare gioia, riconoscenza e ri-conoscimento.

Accogliere è la riposta adeguata dinan-zi all’amore ricevuto. Il suo paradigma è il fiat di Maria, che non solo riceve, ma accoglie il Verbo nel suo grembo. Acco-glienza è quando la risposta corrisponde al valore del dono, quando si avvalora il dono. C’è da domandarsi con quale amo-re accogliamo i sacramenti che riceviamo. E, ad un livello non meno importante, con quale amore accogliamo il dono dei no-stri familiari che siano essi genitori, figli, fratelli, sorelle, confratelli, consorelle, ma-riti o mogli. L’accoglienza è un elemento incisivo e decisivo per la concretezza e la sopravvivenza dell’amore.

Accogliere, quindi, è imparare ad ac-consentire al dono degli altri. In questo senso accogliere il perdono degli altri e di Dio è anche un gesto di crescita nell’amo-re. Si fa spesso difficoltà a ricevere l’aiuto, il dono e la semplice presenza degli altri. Si vive nella pretesa di autosufficienza, quell’illusoria presunzione che non si ha bisogno dell’aiuto e della presenza altrui. L’amore non è autosufficiente. L’amore è un gesto intenzionale che si lascia li-beramente coinvolgere dall’altro. Non è possibile dire a una persona: «Ti amo, ma non mi interessa la tua risposta d’amore». Amare è, in qualche modo, abbracciare una povertà, fare spazio ed imparare ad accogliere il dono dell’altro.

RIFIUTARESembra quasi un giocare a “trova l’in-

truso”. In realtà, rifiutare è una parola fondamentale nell’amore. Lo sanno bene i genitori. Costano molto quei “no”, ma sono spesso i “no” che fanno crescere. Anche qui, il rifiutare presenta due sfu-mature.

Da un lato, si dice “no” semplicemente e immediatamente per il bene dell’altro. Si dice “no” per educare, perché i tempi non sono ancora maturi. Si dice “no” per differenza legittima di prospettive, perché l’amore non è fusione ma convergenza di visuali. L’amore non solo tollera la plura-lità, ma la esige. Amare un altro è accon-sentire alla sua alterità. Chi non sa dissen-tire, non consente realmente a un altro, è semplicemente sottomesso, annientato.

Rifiutare, d’altro canto, è dire “no” per un realismo che riconosce i limiti propri: quelli della propria salute, della propria disponibilità, delle proprie risorse, ecc. È sapiente dire “no”, per poter continuare a dire “sì” quando è necessario e in modo adeguato e sostenibile. Tante persone buone amano a tal punto da non sapersi rifiutare, da non saper dire di “no” a qual-siasi richiesta e proposta. Sono tenden-

zialmente prigioniere della loro immagi-ne di persone buone, da non essere libere dinanzi alle situazioni. Dicono di sì e ac-consentono, non sempre per convinzione, ma per esigenza intima di approvazione.

Nell’esperienza d’amore, è necessario che ci sia spazio per la dissonanza, per il rifiuto. Chi ama e si sa amato, non ha paura di rifiutare, di riconoscere i propri limiti e di farli conoscere. È qui che si spe-rimenta il potere libero e liberante dell’a-more. «Caritate tam libera quam liberali. Il proprio dell’amore è di essere spontaneo: esso libera colui che lo sperimenta, e lo aiuta a rendere liberi gli altri».

Per chiudere questa polifonia di verbi dell’amore lascio la parola allo stesso Va-rillon che li ha ispirati: «Credo che la mes-sa in pratica dei sei verbi riassuma tutto il Vangelo, perché il Vangelo è al contempo povertà e dipendenza. Questi sono i due componenti essenziali dell’amore. Non si tratta di coniugare indefinitamente il ver-bo amare, di belare l’amore. L’amore è povertà e dipendenza, dono e accoglienza. Il bacio è il simbolo del dono e dell’acco-glienza: accolgo la tua anima e ti dono la mia; il soffio reciproco ne è il simbolo; da cui la bellezza del bacio. Per questo non bisogna rovinare il bacio, o prostituirlo per farne un gioco. È bello il bacio, è lo scambio, l’accoglienza e il dono. È tutto il Vangelo».

ROBERT [email protected]

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44 MARIA AUSILIATRICE N. 1

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ANNA MARIA MUSSO [email protected]

Il mestiere degli angeli

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# DON BOSCO, APOSTOLO

1,70 Euro IT

ISSN 2283–320X

24 ARTURO BRACHETTILA VOCAZIONEDI TENERE TUTTI ALLEGRI

4 CON GESÙ, PERCORRIAMO INSIEMEL’AVVENTURA DELLO SPIRITO! UNA SINTESI DELLA STRENNA DEL X SUCCESSORE DI DON BOSCO

14 VIOLENZA E MONDO GIOVANILEDON TESSORE CI PARLA DELL’EDUCAZIONE MALATA E DELLE RELAZIONI FRAGILI

DELLA MISERICORDIA

Avvisiamo i lettori che da gennaio 2016 l’abbonamento annuale Italia sarà di Euro 15,00 anche per i rinnovi

La Redazione

Difficile spiegare ai bambini la figura dell’An-gelo. Non sanno che cosa sia un messaggero, ma sanno bene che cosa sono i messaggi, come si mandano e come si ricevono. Semplicissimo, per loro, utilizzare gli strumenti mediatici e ri-solvere i problemi di comunicazione con qual-che clic. Meno semplice ascoltare i messaggi del cuore, come quelli dell’Angelo custode. E non è facile scostarsi dall’iconografia classica, che presenta il messaggero di Dio come un essere alato. «A quanti chilometri orari può volare?» si informa subito Matteo, collezionista di mac-chinine. «Come fa a correre con quel vestito lungo?» chiede Simona.

Per rendere concretamente l’idea della cu-stodia e della protezione, propongo un giochino (ma non tanto) inventato anni fa nelle scuole salesiane: diventare “angelo custode” di una compagna di classe, quella con cui avevamo più difficoltà a dialogare, o quella più antipati-

ca. Ma diventarlo in segreto, in modo che nes-suno, nemmeno l’interessata se ne accorges-se. In qualità di angeli dovevamo vegliare sulle nostre “protette”, evitando anzitutto di litiga-re, cercando di compiere atti di gentilezza nei loro confronti, aiutandole se erano in difficol-tà, dando consigli e suggerimenti, ma anche, all’occorrenza, ammonizioni caritatevoli. «Un compito da grandi», commenta, poco convinto, Matteo «Che noia!». «Una noia, forse, ma an-che una sfida con noi stessi, con le nostre ten-denze all’invidia, alla critica, alla mancanza di generosità... Una noia che può diventare quasi un gioco e rendere simpatiche le persone con cui non riuscivamo a fare amicizia. Già, perché prendersi cura di qualcuno significa, per forza, volergli bene, desiderare che sia felice e non gli accada nulla di male, accompagnarlo con la presenza e con la preghiera». Questo è insom-ma il compito dell’Angelo custode. I bambini si guardano un po’ sconcertati. «Possiamo sempre provare!» conclude Manuela. «Ma non hai detto la cosa più importante: che cosa mangiano gli Angeli custodi?»

Se vuoi, anche tu, puoi trasformare la tua

giornata indimenticabile in un gesto di

solidarietà per i “ragazzi di Don Bosco”

che trovano accoglienza e sostegno

presso le nostre comunità!

Nelle bomboniere solidali di

Salesiani per il Sociale è nascosto

un gesto di solidarietà…Dare di più ai

bambini, ragazzi e giovani che dalla vita

hanno avuto di meno!

In occasione di Matrimoni, Battesimi,

Cresime, Comunioni, Anniversari, Lauree

e Nascite, festeggia la tua gioia con le

nostre bomboniere solidali.