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RIVISTA DI STUDI POMPEIANI ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DI POMPEI «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER XXIII 2012

RIVISTA DI STUDI...2012 rivista studi pompeiani XXiii issn 1120-3579 isBn 978-88-913-0493-3 rispo XXiii:rispo XXiii 2013 08/04/14 16:19 pagina 1 NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI DELLA

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ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DI POMPEI

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER«L’ERMA»

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2012

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NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI DELLA RIVISTA

Si prega di inviare i testi per l’approvazione al Direttore della Rivista presso lasede dell’Associazione Internazionale Amici di Pompei entro la fine dell’anno incorso. Gli Autori saranno avvisati dell’avvenuta accettazione. La Direzione siriserva, per motivi di spazio, la destinazione del testo nei successivi fascicoli.

Modalità di invio

I testi dovranno essere inviati sotto forma di una stampa con il relativo dischetto,indicando il sistema usato, con illustrazioni sempre su cartaceo, anche se conte -nute in un dischetto a parte (tabelle e affini). Le illustrazioni devono avere l’indi -cazione chiara del numero, la sigla dell’Autore, l’indicazione per l’impaginato: suuna o due colonne, che sarà rispettata per quanto possibile.

Correzione bozze

Gli Autori hanno diritto ad una correzione della bozza impaginata: ulteriori inviidi bozze, nel caso di particolari problemi specie di impaginato, sono a discrezio -ne della Redazione. Pertanto si prega di correggere con cura, segnalando i puntidifficili.Proprio per snellire il lavoro di correzione e accelerare l’iter di pubblicazione, siraccomanda di inviare testi definitivi, attenendosi alle seguenti semplici norme.Per i casi dubbi, consultare l’ultimo numero della Rivista.

Norme

• NOMI AUTORI: maiuscoletto alto/basso (nel caso che non si sia in possessodi questo carattere, sottolineare tre volte le iniziali, 2 le altre lettere)

• TITOLI MONOGRAFIE o ARTICOLI: corsivo (eventualmente, sottolineare1 volta)

• NOME RIVISTE: in tondo, abbreviazioni secondo Archäologische Bibliografie• A CURA DI: nel caso di volumi collettanei, non “A.A.V.V.” ma nome curato-

re in maiuscoletto alto/basso seguito da “(a cura di)”• EDIZIONI SUCCESSIVE: anno, seguito da esponente in alto (es. 1884)• MISURE: l’unità di misura, senza puntino, dopo il numerale (es. 5 cm); i de-

cimali devono avere la virgola, non il puntino (es. 5,6 cm)• ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE: la sezione va prima delle Note. In

essa i nomi Autori vanno in maiuscoletto, seguiti da anno di edizione, senzavirgola successiva (O. ELIA 1941)

• ABBREVIAZIONI più comuni: seguente, seguenti: sg., sgg.; figura, figure:fig., figg.; confronta: cfr.

• Per l’indicazione delle Case, attenersi strettamente a questo esempio: I 10, 7.

Associazione Internazionale Amici di Pompei Piazza Esedra, 5 - 80045 - Pompei Tel. 081-8575111 - fax 081-8613183

In copertina:

Scena di giardino, particolare, con airone. Pompei,

Casa della Venere in conchiglia, peristilio 8, parete

sud, tratto est.

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NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI DELLA RIVISTA

Si prega di inviare i testi per l’approvazione al Direttore della Rivista presso lasede dell’Associazione Internazionale Amici di Pompei entro la fine dell’anno incorso. Gli Autori saranno avvisati dell’avvenuta accettazione. La Direzione siriserva, per motivi di spazio, la destinazione del testo nei successivi fascicoli.

Modalità di invio

I testi dovranno essere inviati sotto forma di una stampa con il relativo dischetto,indicando il sistema usato, con illustrazioni sempre su cartaceo, anche se conte -nute in un dischetto a parte (tabelle e affini). Le illustrazioni devono avere l’indi -cazione chiara del numero, la sigla dell’Autore, l’indicazione per l’impaginato: suuna o due colonne, che sarà rispettata per quanto possibile.

Correzione bozze

Gli Autori hanno diritto ad una correzione della bozza impaginata: ulteriori inviidi bozze, nel caso di particolari problemi specie di impaginato, sono a discrezio -ne della Redazione. Pertanto si prega di correggere con cura, segnalando i puntidifficili.Proprio per snellire il lavoro di correzione e accelerare l’iter di pubblicazione, siraccomanda di inviare testi definitivi, attenendosi alle seguenti semplici norme.Per i casi dubbi, consultare l’ultimo numero della Rivista.

Norme

• NOMI AUTORI: maiuscoletto alto/basso (nel caso che non si sia in possessodi questo carattere, sottolineare tre volte le iniziali, 2 le altre lettere)

• TITOLI MONOGRAFIE o ARTICOLI: corsivo (eventualmente, sottolineare1 volta)

• NOME RIVISTE: in tondo, abbreviazioni secondo Archäologische Bibliografie• A CURA DI: nel caso di volumi collettanei, non “A.A.V.V.” ma nome curato-

re in maiuscoletto alto/basso seguito da “(a cura di)”• EDIZIONI SUCCESSIVE: anno, seguito da esponente in alto (es. 1884)• MISURE: l’unità di misura, senza puntino, dopo il numerale (es. 5 cm); i de-

cimali devono avere la virgola, non il puntino (es. 5,6 cm)• ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE: la sezione va prima delle Note. In

essa i nomi Autori vanno in maiuscoletto, seguiti da anno di edizione, senzavirgola successiva (O. ELIA 1941)

• ABBREVIAZIONI più comuni: seguente, seguenti: sg., sgg.; figura, figure:fig., figg.; confronta: cfr.

• Per l’indicazione delle Case, attenersi strettamente a questo esempio: I 10, 7.

Associazione Internazionale Amici di Pompei Piazza Esedra, 5 - 80045 - Pompei Tel. 081-8575111 - fax 081-8613183

In copertina:

Scena di giardino, particolare, con airone. Pompei,

Casa della Venere in conchiglia, peristilio 8, parete

sud, tratto est.

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Rivista di Studi Pompeiani, XXIII - 2012

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DirettorePietro Giovanni Guzzo

Comitato ScientificoGiusePPina Cerulli irelli stefano De Caro

antonio varone anDrew wallaCe-HaDrill Paul zanker

RedazionevinCenzina CastiGlione Morelli

Agli Autori si ricorda di comunicare alla Redazione, entro il 31 dicembre di ogni anno, il testo dei propri contributi (compresi quelli del Notiziario), di lunghezza non superiore a 20 pagine di 2000 battute, conforme alle norme redazionali, su supporto cartaceo e informatico, completo delle illustrazioni che si ritengono necessarie.

ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DI POMPEI

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RIVISTA DI STUDI POMPEIANI

XXIII2012

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

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© 2014 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER – Via Cassiodoro 19, Roma

© Associazione Internazionale Amici di Pompei – Piazza Esedra, Pompei Direttore responsabile Angelandrea Casale

Rivista di studi pompeiani / Associazione internazionale amici di Pom-pei. -A. 1 (1987)-, - Roma: «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1987.-, III.; 29 cm.- annuale

ISSN 1120-3579ISBN 978-88-8265-773-4

1. Associazione internazionale amici di PompeiCDD 20. 937.005

Periodico: Autorizzazione Tribunale di Torre Annunziata n. 34 del 26-11-1996

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ernesto De Carolis, franCesCo esPosito, ClauDio falCuCCi, DieGo ferrara, Riflessioni sul quadro della Venere in Conchiglia di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores . . . . . . . . . 7

Appendici:anna Maria Ciarallo, Gli elementi vegetali raffigurati negli affreschi della Casa della Venere in Conchiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25antero taMMisto, Gli uccelli nelle pitture di giardino della Casa della Venere in Conchiglia 29

alessanDro Gallo, Il Santuario Cantonale della Regio IX di Pompei (IX 1, 29) . La decodificazione dei simboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

laura Caso, L’Artemis nella decorazione parietale da Pompei, VI Insula Occidentalis 10 . . 61

JaCobus evert rauws, Decorations on the restored Second Style wall painting of Oplontis Room 23 north . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

Maria Cristina naPolitano, La Villa cd . “Secondo Complesso” di Stabiae . . . . . . . . . . . . . . . . 79

salvatore Ciro naPPo, L’edificio B di Murecine a Pompei: un esempio di architettura ricettiva alla foce del Sarno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

Maria MorisCo, Gli inventari del Museo Archeologico Nazionale di Napoli . . . . . . . . . . . . . 103

Attività di ricerca nell’area vesuviana

Notiziario

a . varone, Ufficio Scavi di Pompei, Attività 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

e . Castillo roMero, El reciclaje de los materiales constructivos y la utilizacìon de los escombros en la Casa de la Diana Arcaizante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112

v . PaPaCCio, Servizio II Tecnico Informatico - Sede di Pompei, Attività 2012 . . . . . . . . . . . . 125

i . berGaMasCo, Schede Interventi (Pompei, Castellammare di Stabia, Boscoreale) . . . . . . . . 128

C . Mazza, Copertura del gruppo di calchi dell’Orto dei Fuggiaschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133

C . Mazza, Restauro degli apparati decorativi parietali e pavimentali della Casa degli Amorini dorati in Pompei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134

u . Pastore, Studio e riproduzione a calco degli scheletri dell’antica marina di Ercolano . . 137

e . De Carolis, Laboratorio Ricerche Applicate, Attività 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140

e . De Carolis, a .M . Ciarallo, M .r . senatore, Nuovi saggi archeologici eseguiti a Pompei. Rinvenimento di resti di viti e di un palo di sostegno al di sotto dei depositi dell’eruzione del 79 d.C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140

l . ferGola, Ufficio Scavi di Oplontis, Attività 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142

a .M . soDo, Ufficio Scavi di Boscoreale, Notiziario 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142

a .M . soDo, Attività SIANV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

Sommario

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M .P . GuiDobalDi, Ufficio Scavi di Ercolano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

M .P . GuiDobalDi, Le attività dell’Herculaneum Conservation Project nel 2011 e 2012 . . . . . 143

D . CaMarDo, M . notoMista, Recenti scoperte archeologiche ad Ercolano . . . . . . . . . . . . . . . 143

G . bonifaCio, Ufficio Scavi di Stabia, Attività 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

a . De luCa, G .f . De siMone, Dati archeozoologici da Pollena Trocchia e alcune considerazioni sull’alimentazione nella Campania tardo antica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159

C . CiCirelli, Ufficio Scavi Zone periferiche, Attività 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163

C . albore livaDie, C . CiCirelli, u . Heussner, P . kastenMeier, M .t . PaPPalarDo, Le analisi dendrocronologiche a Poggiomarino nel 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

Area Vesuviana Orientale:s . CasCella, G . veCCHio, Nota preliminare sulla scoperta della villa rustica di C . Ollius Ampliatus: suburbio sud-orientale di Neapolis (Ponticelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

Discussioni e Recensioni

Recensioni

l . vlaD borrelli, Etica della conservazione e tutela del passato, a cura di G . basile, a . MiGnosi tantillo, Roma 2012 (P .G . Guzzo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183

a . D’aMbrosio, La necropoli protostorica di Striano . Gli scavi dal 1983 al 1994, con un contributo di G . Di Maio, C . sCala, Roma 2009 (QuadStPomp, III) (C .s . naPPo) . . . . . . . . . . 184

l . GarCia y GarCia, Nova Bibliotheca Pompeiana, I Supplemento (1992-2011), Roma 2012 (a . Casale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184

C . bertoni (a cura di), Carteggio Croce-Ricci, Milano 2009 (P .G . Guzzo) . . . . . . . . . . . . . . . 185

M . roMero reCio, Viadores espanoles en Pompeja (1748-1936), Madrid 2012 (f . GarCìa JuraDo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186

w .f . JasHeMski, Wildflowers amid the Ruins of ancient Greece and Pompeii, a cura di M . riCCiarDi, Pompei 2012 (v . CastiGlione Morelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187

a . varone, G . stefani (a cura di), Titulorum pictorum Pompeianorum qui in CIL vol . IV collecti sunt Imagines, Roma 2009 (Studi della Soprintendenza Archeologica di Pompei, 29) (G . CaMoDeCa) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188

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1. INTRODUZIONE

La domus della Venere in Conchiglia1 (II 3, 1-3), il cui nome deriva dalla mega-lografia (fig. 1) raffigurante la dea sul-la parete sud del peristilio rinvenuta nel luglio del 19522, venne edificata nell’a-rea sud della città presso il limite orienta-le della Regio II. Lo scavo venne esegui-to da Amedeo Maiuri che, tra il 1933 ed il 1935, nel prolungare lo scoprimento di Via dell’Abbondanza rinvenne solo il fronte dell’Insula mentre dai primi mesi del 1952 fino al 1953 riportò alla luce l’intera abitazione, eseguendo numerosi interventi di restauro ricostruttivo delle strutture. Sulla base dell’esame dei dia-ri, conservati presso il Deposito Archeo-logico di Pompei, si è potuto constatare l’estrema frammentarietà delle relazioni di scavo che risultano in gran parte man-canti. Dai dati recuperati si evince che lo scoprimento dell’Insula iniziò sul fi-nire del 1951 partendo dal lato sud con il rinvenimento della Bottega del Vasa-io3 (II 3, 7.9) per poi proseguire verso nord4. Per avere ulteriori notizie dobbia-mo arrivare al mese di Ottobre del 1952 quando nelle relazioni viene descritto lo scavo del peristilio e degli ambienti del settore dell’atrio affacciati su Via dell’Ab-bondanza5. La denominazione di “Casa della nascita di Venere” che ritroviamo in queste relazioni ci permette di dedur-re che la megalografia di Venere con le due scene di giardino ai lati, dipinte sulla parete sud del peristilio, venne rinvenu-

ta nei mesi precedenti confermando così la data del Luglio del 1952 riportata dal Maiuri6. Infine altre relazioni redatte nei mesi di Ottobre-Novembre del 1953 illu-strano una serie di interventi di restauro ricostruttivo del colonnato del peristilio e di altri ambienti della domus7 .

Lo stato di devastazione del settore dell’atrio fece ipotizzare al Maiuri8 che in quell’area caddero alcuni ordigni in se-guito al bombardamento di Pompei del 1943 ma recenti studi non hanno rileva-to questo distruttivo evento per la Casa e pertanto è molto probabile che quan-

to venne segnalato al momento del rin-venimento sia da attribuire a scavi di re-cupero effettuati in epoca posteriore agli eventi eruttivi come del resto è attesta-to dall’asportazione del quadro centrale della parete sud dell’oecus n. 10 e dal-la presenza di sfondamenti delle pare-ti nel muro nord dell’atrio e nel muro sud dell’ambiente n. 69. La Casa nasce da diverse trasformazioni che hanno in-teressato questa parte dell’Insula, a par-tire dalla seconda metà del I secolo a.C., dove erano tre abitazioni affiancate di epoca sannitica, forse edificate nel II se-

ERNESTO DE CAROLIS, FRANCESCO ESPOSITO, CLAUDIO FALCUCCI, DIEGO FERRARA

Riflessioni sul quadro della “Venere in Conchiglia” di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores*

Cytherea Venus ad urbe Cythera,in quam primum devecta essedicitur concha, cum in more esset concepta(Sextus Pompeius Festus III, 2)

1. Casa della Venere in Conchiglia, megalografia raffigurante la dea sulla parete sud del peristilio.

The Domus is named from the painting representing Venus lying in her shell and accompanied by Cupids in the waves.The representation relates to the famous myth of the goddess’ birth and to her role of patroness of sailors, beside the function as goddess of love and beauty. Furthermore, the side friezes with garden scenes refer to her aspect as goddess of nature and ferti-lity. The analysis of the fresco allowed the author to recognize several features of the painting technique.

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8 Ernesto De Carolis – Francesco Esposito – Claudio Falcucci – Diego Ferrara

colo a.C., con ingresso su Via dell’Ab-bondanza. Al momento dell’eruzione la domus apparteneva ad un ramo dell’im-portante gens Satria, famiglia adotta-ta dai Lucretii dopo la metà del I seco-lo d.C., già presente a Pompei in epoca preromana, come si evince in particolare da due iscrizioni elettorali dipinte sulla facciata della Casa di fronte10 (III 6).

Inoltre, ad avvalorare questa ipotesi, nel peristilio era un titulus pictus con i nomi di Satrius, della moglie Iusta, della figlia Valentina, e del figlio D . Lucretius Valens11 che abitarono la Casa negli ulti-mi anni di vita della città. Il padre è pro-babilmente da identificare in D . Lucre-tius Satrius Valens che ricoprì la carica di flamen Neronis tra il 50 ed il 54 d.C. e di duoviro praefectus iure dicundo nel 53-54 o 54-55 d.C., oltre a curare dei ludi gladiatorii negli ultimi anni di vita della città insieme al figlio D . Lucretius Valens candidato all’edilità.

La più importante trasformazione edi-lizia dell’abitazione avvenne con l’elimina-zione del tablino collegando così diretta-mente l’atrio con il quartiere del peristilio a tre porticati, delimitante un ampio spa-zio verde12, e con la realizzazione sul lato ovest dell’atrio di una grandiosa sala tricli-niare (n. 5), inferiore per dimensione solo a quella della Casa del Menandro. Nel 79 d.C. la decorazione pittorica era stata ter-minata nel settore del peristilio dominato dal grande quadro della “Venere in Con-chiglia” a testimonianza forse della prote-zione invocata dal dominus alla dea per la sua casa e quanti vi abitavano. Nel resto dell’abitazione invece i lavori erano anco-ra in corso per gli interventi di ristruttu-razione o in seguito ad eventuali danni subiti dall’abitazione, come in altri edifi-ci della città, per le scosse sismiche che avevano preceduto i fenomeni eruttivi. In particolare la sala tricliniare (n. 5) presen-ta infatti completata la sola pavimentazio-ne musiva mentre le pareti sono ricoperte dall’arriccio e dall’intonaco dello strato di preparazione.

Tutto il ciclo pittorico della Casa è stato realizzato in Quarto Stile, le cui composizioni architettoniche e figurative rientrano nella produzione usuale del-le botteghe pittoriche locali. Spicca sulla parete sud del viridarium, con all’ango-lo sud-est un piccolo sacello, il grande quadro della “Venere in Conchiglia” in-quadrata da due scene di giardino13.

La composizione14 inizia dalle pareti esterne a fondo giallo del sacello (n. 13)

con in primo piano due arredi di giar-dino, ambedue su piedistallo, in mono-cromia bianca ad imitazione del marmo. L’arredo del lato nord presenta la forma di un calice a campana, decorato da un tiaso di figure femminili alate, mentre sul lato ovest di un cratere con due anse a volute. Gli arredi sono posti davanti ad una staccionata ad incannucciata, con alle spalle un giardino con fiori e arbusti di varie dimensioni con uccelli posati sui rami o in volo. In particolare si ricono-sce un tordo in volo a destra sulla parete nord ed una colomba15, appollaiata sul-la cima di un pino al centro della parete ovest. Sulla parte superiore di ambedue le pareti è una ghirlanda a foglie di ede-ra16 con sospeso centralmente un clipeo sulla parete nord ed un elmo su quella ovest, con un evidente richiamo alla fi-gura di Marte nel pannello successivo.

Sulla parete sud la composizione si suddivide in tre parti con al centro il quadro della “Venere in Conchiglia” ed ai lati due scene di giardino, di diversa di-mensione, incorniciate da una ghirlanda a fitte foglie d’edera presentante al cen-tro del tratto est una maschera maschi-le, con vicino una rondine appesa all’in-treccio dei rami, mentre sul tratto ovest è una maschera femminile. Il tratto est è dominato in primo piano dalla statua di Marte17, con elmo piumato, su piedistallo quadrato, dipinto in monocromia bian-ca ad eccezione della clamide di color rosso. La figura regge una lancia con la destra ed uno scudo con la sinistra. Alle spalle è una staccionata ad incannuccia-ta, con foglia in ogni rombo formato dal-le canne, sul cui bordo, ai lati della sta-tua, sono poggiati due aironi affrontati.

Dietro, su fondo azzurro, è un lussu-reggiante giardino con arbusti ed uccelli in volo o posati sui rami. Tra le piante in primo piano si distinguono in particolare l’oleandro, il mirto ed un pino18 mentre tra i volatili abbiamo, oltre ai due aironi, un giallo oriolo, un tordo ed una rondine.

Punto focale dell’intera composizione è il quadro raffigurante Venere19, adagiata con il lato destro del corpo su una con-chiglia, con alle spalle il velo rosso gon-fiato dal vento che, tenuto per un lembo dalla mano sinistra, si avvolge sull’avam-braccio destro. Un ventaglio con lunga asta terminante a forma di foglia è impu-gnato con la mano destra. La dea ingio-iellata con aurei monili porta nei capelli a riccioli ondulati, secondo la moda ne-roniana-flavia, un diadema a fascia liscia

sormontata da una fila di elementi sferi-ci identificabili come perline, orecchini a pendente con due gemme sovrapposte di cui il superiore è uno smeraldo e l’infe-riore una perla, una collana con pendenti e gemma rossa centrale, un bracciale ser-pentiforme al braccio sinistro ed alle cavi-glie armille tortili20. Ai lati la dea è scortata da due Amorini: quello di destra, corona-to e con manto azzurro, è a cavalcioni di un delfino ed impugna un probabile ves-sillo con ambedue le mani, quello di sini-stra, con collana aurea a doppio filo, è in parte coperto dalla valva superiore della conchiglia. Anche in questo settore del-la parete inferiormente prosegue l’incan-nucciata con foglie nei rombi.

Sul tratto ovest è un’altra scena di giardino su fondo azzurro, incorniciata da una ghirlanda d’edera con masche-ra femminile centrale. In primo piano, davanti alla staccionata ad incannuccia-ta, è una fontana, su base rettangolare, in monocromia bianca, con vasca circo-lare scanalata presentante al centro uno zampillo e piedistallo a foggia vegeta-le. Sull’orlo perlato della vasca sono un oriolo ed una colomba. Dietro è un lus-sureggiante giardino, con uccelli in volo o appollaiati sui rami, mentre ai lati della vasca sono due aironi poggiati, come nel riquadro est, sul bordo della staccionata. Sulla sinistra della vasca è poi un cespu-glio di rose, piante di mirto, un oleandro ed una felce. Sul lato destro della fon-tana si distinguono in particolare un al-tro oleandro, con appollaiato su un ramo una grigia averla maggiore ed un mirto. Sempre in questo pannello è una nicchia lunata con funzione di Larario interna-mente decorata da arbusti.

Le due scene di giardino ai lati del quadro della Venere trovano diversi signi-ficativi esempi nelle abitazioni dell’area vesuviana. Elemento comune a queste raf-figurazioni21 è la presenza della bassa stac-cionata, preceduta talvolta da arredi da giardino, dalla chiara funzione illusionisti-ca di separare lo spazio verde allontanan-dolo dallo spettatore. Senso di profondità che viene ribadito non solo dalla resa dei particolari botanici delle piante, precisi in primo piano e sfumati sempre più allon-tanandosi dallo spettatore, ma anche dal colore dello sfondo tendente al verde nel-la parte inferiore della composizione per poi trasformarsi nell’azzurro del cielo nella parte superiore. Arricchiscono la composi-zione l’inserimento di volatili di varie spe-cie posizionati sui rami o in volo.

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Riflessioni sul quadro della “Venere in Conchiglia” di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores 9

2. IL MITO

La nascita di Afrodite/Venere22, la più amata tra le dee, nella tradizione miti-ca greco-romana non è unanime bensì viene narrata in diverse versioni. In par-ticolare Igino23 sostiene che nacque da un uovo caduto nel fiume Eufrate, Apol-lodoro24 ed Omero25 dall’amore di Zeus con Dione, figlia dell’Oceano e di Teti ritenendola pertanto una divinità olim-pica alla quale spetta l’epiteto di ‘celeste’ e di ‘aurea’, mentre Esiodo26 dalla spu-ma delle onde fecondate dai genitali di Urano che Crono aveva tagliato e getta-to in mare, conferendole così l’aspetto di dea della fecondazione e della vita ses-suale27. In questa ultima versione, la più diffusa nel mondo antico, Afrodite emer-se nuda dal mare sulla spiaggia di Citera per poi essere sospinta da Zefiro fino a Cipro, dove nella città di Paso venne edi-ficato uno dei santuari più famosi del-la dea. Sulla spiaggia la dea, sotto i cui piedi spuntavano l’erba ed i fiori men-tre camminava28, venne accolta dalle Ore che la vestirono ed ornarono di preziosi gioielli prima di essere condotta nella di-mora degli dei.

Una ulteriore tradizione di cui abbia-mo notizia riferisce invece che Afrodite sarebbe nata da una conchiglia approda-ta nell’isola di Citera. Le principali fonti che riferiscono questa versione sono un noto passo di Sesto Pompeo Festo29 ed un altro, molto breve, in Plauto30.

Oltre alle fonti relative alla nasci-ta della dea il legame tra Afrodite e la conchiglia viene ribadito da Tibullo31, da Stazio32 e da Plinio il Vecchio, che iden-tifica con il suo nome una specie di mol-luschi33 mentre in Claudio Eliano viene narrata la sfortunata storia d’amore di Nerite trasformato in conchiglia da Afro-dite34. Legame che ritroviamo anche nel-la fama che aveva l’isola di Citera per la pesca delle conchiglie, mentre a Cnido, città sulle coste dell’Asia Minore, que-sto mollusco era considerato sacro alla dea35. Non possiamo pertanto escludere che nella fantasia popolare la tradizione della nascita della dea dalla spuma delle onde si sia trasformata successivamente in quella di una nascita dalla conchiglia il cui corpo vivo all’interno del guscio è morbido e molto simile al condensarsi della spuma del mare.

Al di là dell’universale fama di dea dell’amore nel mito della sua nascita vie-ne ben evidenziato anche il suo aspet-

to di dea della bellezza, dispensatrice di grazie femminili, in quanto è circondata dalle Ore che la vestono e l’adornano di gioielli oltre ad essere giustamente rico-nosciuta come protettrice dei naviganti in quanto, essendo nata dal mare, ave-va il potere di calmare i venti ed i flutti.

Un ulteriore aspetto che dobbiamo considerare è lo stretto rapporto di Afro-dite, dea dell’amore, con il mondo natu-rale36. A lei è infatti sacra la primavera, in particolare il mese di aprile, che si ma-nifesta nell’incanto della fioritura e della fruttificazione, di ciò che rinasce e dona gioia, e per questo motivo in alcuni casi viene messa a protezione di spazi verdi, come attestano in particolare un passo di Pausania37 relativo ad una località de-nominata ‘Giardini’ nella Valle dell’Ilisso all’esterno della cinta muraria di Atene, dove era un famoso Tempio di Afrodite ed un altro di Claudio Eliano38 sul ‘mira-colo’ dell’altare del Tempio della dea ad Erice, affacciato sul golfo di Marsala, che ogni mattina appariva ricoperto di fresca erba. Questa stretta connessione con il mondo naturale, del resto già evidenzia-to nella descrizione del suo arrivo sulla spiaggia di Citera39 nei passi di Esiodo e Lucrezio, con l’apparire di erbe e fiori sotto i suoi piedi, viene ulteriormente ri-badita in altri brani che attestano come diverse specie vegetali quali la rosa, il mirto, il melo ed il melograno siano da considerarsi attributi della dea40.

Tutti questi aspetti di Afrodite si tra-sferirono nella Venere romana, il cui cul-to assunse una sempre maggiore diffu-sione a partire dal III secolo a.C. ed in particolare per il suo ruolo di protettrice degli orti e soprattutto dei vigneti ven-nero istituite in suo onore le feste rusti-che dei Vinalia che si celebravano il 19 di agosto41.

Dobbiamo sottolineare inoltre che nel mondo romano già nel I secolo a.C. si affermò anche un ruolo ‘politico’ del-la dea, rivendicata in particolare come antenata da Cesare e scelta come patro-na da Silla che, definendosi lui stesso epaphroditus (favorito di Venere), dopo la sua vittoria nella guerra civile pose sotto la protezione della dea la città di Pompei quando divenne colonia roma-na nell’80 a.C., con il nome di Colonia Veneria Cornelia Pompeianorum, dan-do così nuovo impulso al suo culto. In suo onore venne eretto un tempio, non ultimato al momento dell’eruzione, su una terrazza affacciata sul mare, fra Por-

ta Marina e la Basilica, in modo da es-sere ben visibile dal mare, confermando così lo stretto legame con la navigazione e il commercio della dea, il cui culto era infatti particolarmente diffuso nelle città portuali lungo le coste più battute dalle linee commerciali42. Non sono attestati a Pompei santuari di epoca preromana ma sicuramente il suo culto si innestò su di uno precedente, come dimostra il rinve-nimento di alcune iscrizioni43, che veni-va tributato alla Venus Fisica in qualità di dea della natura e come tale della ferti-lità e dell’abbondanza44. L’importanza di Venere per la città viene in particolare ri-badita dai due famosi quadri collocati su Via dell’Abbondanza, all’esterno dell’Of-ficina IX 7, 1 e 245 e dell’Officina di Ve-recundus46 (IX 7, 7), entrambi laboratori di feltrai, nei quali l’immagine della dea si riveste di maestà come potente patro-na della città, simboleggiando i concetti di Vittoria e di prosperità, oltre ad essere ben evidenziato, per la presenza del ti-mone a cui si appoggia, lo stretto lega-me con l’elemento marino47 e la naviga-zione. Ma la Venus Pompeiana conserva, e non poteva essere altrimenti, anche il suo universale ruolo di dea della passio-ne amorosa, venendo quindi spesso raf-figurata nella pittura parietale, in parti-colare nel celebre episodio d’amore con Marte48. Tutti gli aspetti di Venere sia come protettrice dei naviganti che come dea della natura e dell’amore attraverso i diversi reperti rinvenuti ben esprimono la concezione esistente nella città di una dea ufficiale da cui attendersi fortuna e prosperità, tanto da far definire a Marzia-le che Pompei era Veneris sedes49 .

3. ICONOGRAFIA

L’importanza di Venere nel pantheon greco-romano ed il vasto seguito che aveva il suo culto nelle popolazioni ha dato origine ad una serie di raffigurazio-ni, caratterizzate dal concetto di grazia e bellezza muliebre, nelle più diverse pro-duzioni artistiche, ma sarà però solo a partire dall’Ellenismo che la nascita dal mare verrà tradotta nella rappresentazio-ne della dea, con il solo busto o a figura intera, entro una conchiglia bivalve aper-ta, in alcuni vasi plastici e terrecotte po-licrome databili fra il IV ed il III secolo a.C.50. Successivamente nel I secolo d.C., grazie ai rinvenimenti in area vesuviana che ci mostrano un esauriente quadro

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10 Ernesto De Carolis – Francesco Esposito – Claudio Falcucci – Diego Ferrara

d’insieme dell’iconografia della dea nel mondo romano, abbiamo alcune signi-ficative raffigurazioni nelle quali la dea appare languidamente distesa su un fian-co all’interno della valva di una conchi-glia cullata dai flutti del mare.

A Pompei, oltre al nostro quadro, un’altra replica pittorica, con ai lati due composizioni di giardino, venne rinve-nuta il 6 marzo del 1762 sulla parete di fondo dello spazio verde, delimitato da un peristilio a tre bracci, della Casa VII 6, 751. Altre due versioni musive, di ridot-te dimensioni, sono nel catino absidale delle fontane del tipo ad edicola rivesti-ta da tessere vitree policrome della Casa dell’Orso52 (VII 2, 45) e della Casa IX 7, 1653 lungo il Vicolo di Tesmo. Nella pri-ma fontana Venere è raffigurata distesa entro la valva di una conchiglia, con al di sotto un fregio presentante al centro Poseidone con il tridente ed ai lati varie specie di fauna ittica tipica del Mediter-raneo. Nella seconda la raffigurazione è molto più complessa in quanto presen-ta, in due momenti, la nascita di Venere dalle onde del mare che bagna l’isola di Citera ed il suo successivo viaggio fino a Cipro, entro la valva di una conchiglia, sospinta da Zefiro. Nella parte inferiore del catino abbiamo infatti la dea, di cui è visibile la sola parte superiore del cor-po, che emerge dalle onde con un velo sollevato sul capo, mentre le Horai assi-stono in piedi o sedute su scogli al mi-racoloso evento. Fanno da contorno alla scena alcuni Amorini ed una colomba appollaiata su uno scoglio54. Nella parte superiore invece viene raffigurata Vene-re distesa entro una conchiglia e scortata nel mare dagli Amorini.

Questa rappresentazione, pur se con una resa miniaturistica, presenta un no-tevole interesse in quanto l’ignoto arti-sta è stato in grado di rendere con effi-cacia e fedeltà la più diffusa tradizione mitica, riportata in particolare da Esiodo e nel Sesto Inno Omerico, in una sce-na dal carattere narrativo con i due mo-menti fondamentali dell’inizio della sto-ria della dea: la nascita dai flutti a Citera ed il successivo viaggio a Cipro.

Strettamente legato alla nostra raffi-gurazione è invece il quadro55 rinvenuto nella Casa VII 6, 7 in quanto presenta lo stesso schema iconografico, anche se con alcune lievi differenze, con la dea nuda sdraiata sul fianco destro nella valva della conchiglia e analoga posizione degli arti. La dea, scortata da un solo Amorino sul

lato destro della conchiglia, appare inol-tre meno adornata di monili, mancando la corona, la collana e gli orecchini. Nel-la relazione degli scavi del 191056, quan-do venne riscoperta l’intera Insula, sap-piamo inoltre che il quadro presentava ai lati una composizione di giardino come nella nostra abitazione. Una ulteriore te-stimonianza pittorica, sempre databile al I secolo d.C., venne rinvenuta a Roma, sul Celio, nel cd. Sepolcro Corsini, dove l’ignoto pictor ha voluto chiaramente raf-frontare il viaggio della dea a Cipro con quello della defunta verso la pace eter-na57. In questo dipinto che decorava una lunetta della tomba, lo schema iconogra-fico è notevolmente diverso in quanto viene raffigurata la dea che nuota tra i flutti scortata dagli Amorini due dei quali, in volo, sorreggono un velo arcuato sul-la sua figura, mentre sulla spiaggia sono diverse figure festanti, forse dei bambini, che assistono al passaggio della dea. Un particolare interessante è costituito dal-la posizione degli arti inferiori della dea, che risultano identici alle due raffigura-zioni pittoriche ed alla versione miniatu-ristica musiva della Casa IX 7, 16 rinvenu-te a Pompei.

Complessivamente, nelle produzio-ni artistiche esaminate l’iconografia della “Venere in Conchiglia”, almeno fino alla prima età imperiale, risulta abbastanza rara rispetto alle altre immagini della dea di cui possediamo innumerevoli repli-che. Abbiamo infatti un primo nucleo di opere databili al IV-III secolo a.C. ed un secondo inseribile cronologicamente nel I secolo d.C., rinvenute esclusivamente nell’area vesuviana. Rimane anche incer-to il significato di questa rappresentazio-ne che potrebbe riferirsi alla nascita del-la dea dalla parte viva della conchiglia o invece al suo successivo viaggio verso l’isola di Cipro, utilizzando il mollusco come mezzo di trasporto nel mare.

Questa seconda interpretazione sem-brerebbe la più convincente proprio dall’esame della raffigurazione nel cati-no della fontana della Casa IX 7, 16 di Pompei, dove si vede chiaramente che la conchiglia viene utilizzata dalla dea dopo la nascita. Il nostro quadro e l’al-tro simile rinvenuto nella Casa VII 6, 7 si possono pertanto considerare come le migliori raffigurazioni conservate del tema del viaggio della dea fra le due iso-le. Inoltre, proprio la stretta somiglianza fra i due quadri in particolare nel posi-zionamento del corpo della dea reclinata

su un fianco con gli arti inferiori incro-ciati all’altezza delle caviglie che ritrovia-mo anche nella ridotta versione musiva della Casa IX 7, 16 ci permettono di ipo-tizzare la derivazione dell’immagine da un unico modello utilizzato dalle botte-ghe pittoriche e musive.

Tuttavia pur non essendo in posses-so di elementi attendibili per poter risa-lire all’origine del tema è stata avanzata l’ipotesi che questa particolare iconogra-fia possa derivare da un originale pitto-rico ignoto della fine del V secolo a.C.58 raffigurante la dea con la sola parte su-periore del corpo tra le due valve del-la conchiglia per poi trasformarsi, in un momento successivo, nella figura distesa su un fianco come vediamo negli esem-plari pompeiani. Allo stato attuale degli studi questa ipotesi non è da escludere in quanto, come è noto, gran parte del-le composizioni presenti nella pittura di I secolo derivano dalle produzioni arti-stiche di età classica ed ellenistica. Rima-ne inoltre da considerare la particolarità che gli unici tre esempi conservati del-la Venere distesa nella conchiglia, data-bili al I secolo d.C., sono stati rinvenuti a Pompei, città che come è stato prima evidenziato è sotto la diretta protezione della dea. Non possiamo pertanto esclu-dere, proprio per questi motivi, che ci troviamo di fronte, anche se non abbia-mo elementi per poterlo dimostrare, ad una creazione delle botteghe pittoriche locali che hanno rielaborato il tema ori-ginario del V secolo a.C., arrivando a raf-figurare la dea distesa nella valva della conchiglia59.

Un ultimo aspetto che dobbiamo af-frontare è relativo al significato dell’in-tera composizione pittorica della parete sud del peristilio, dal cui esame risulta innegabile, anche in questo caso, il ruo-lo primario svolto del committente che ha incaricato la bottega pittorica di ese-guire il lavoro60. Il quadro centrale della Venere, infatti, e le scene di giardino sia dei due grandi pannelli laterali che della analoga decorazione sulle pareti esterne del sacello, sono infatti tra loro stretta-mente legate attraverso i vari aspetti ri-vestiti dalla dea, ed universalmente noti nella società romana del I secolo d.C.

Le folte ghirlande di edera che incor-niciano tutti i pannelli sono un chiaro riferimento alla sacra unione della dea con Dioniso, dalla quale venne partorito Priapo, mentre l’elmo ed il clipeo appe-si centralmente alle decorazioni sulle pa-

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Riflessioni sul quadro della “Venere in Conchiglia” di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores 11

reti esterne del sacello, oltre alla statua di Marte del pannello est, sono un evi-dente richiamo al famoso episodio degli amori di Marte e Venere. L’insieme del-le pitture di giardino con arbusti, fiori e frutta, oltre alla presenza dei volatili in volo o appollaiati sui rami, rivestono una chiara ed evidente attinenza del legame della dea con il mondo naturale ed in particolare al suo riconosciuto ruolo di protettrice degli spazi verdi. La presen-za in particolare di fiori e frutta, oltre alla raffigurazione di alcune colombe, han-no una stretta connessione con l’aspetto di dea dell’amore e quindi della fecon-dazione e procreazione, presente in tut-te le creature sia del mondo naturale ed animale che tra gli uomini. Dea dell’a-more ma anche dea della bellezza e del-la seduzione, come traspare dal morbido corpo nudo languidamente disteso nella conchiglia, e nel sostenere leziosamen-te con due dita un lembo del manto che leggero si gonfia con le folate di vento mandate da Zefiro e le incornicia il capo e le spalle, mentre gli Amorini la scorta-no, tra le onde, ed uno di essi, cavalcan-do un delfino, impugna un vessillo pre-annunciando agli umani l’arrivo trionfale della dea. E come vuole la tradizione la dea è rivestita di preziosi gioielli che le avevano offerto le Horai al suo arrivo a Citera per far risaltare la sua bellezza. Evidente è anche il suo legame con il mare e quindi il ruolo di protettrice dei naviganti per il suo innegabile potere di placare i venti ed i flutti.

Il committente è stato quindi in gra-do, nella accurata selezione dei temi e delle decorazioni, oltre alla volontà, in questo caso forse secondaria, di dilatare illusionisticamente il modesto giardino, di far tradurre nella pittura tutti gli aspet-ti della dea, unendoli anche allo speci-fico ruolo rivestito da Venere a Pompei come protettrice della città e per que-sto venerata dai suoi abitanti. Felice an-che la scelta del dominus dell’abitazione, appartenente all’importante gens Satria, che ha deciso di far decorare con queste composizioni la parete sud del peristi-lio, rivolta verso il mare, immaginando, e forse peccando di orgoglio, che la stes-sa dea approdasse nel giardino della sua domus per onorarlo con la sua presenza.

I pannelli con scene di giardino ri-mandano a soluzioni iconografiche che traducono le esigenze immaginifiche del committente, secondo i dettami di un gu-

sto diffuso e rilevato già dalle fonti: da Vitruvio61 che aveva descritto un tipo di ambienti tricliniari denominati ‘Cyzicenos’ con ampie finestre aperte sugli spazi ver-di fra le parti più emblematiche della casa e dello status del dominus, al ricordo let-terario di Plinio il Giovane 62, che dedica un’epistola alla descrizione della sua vil-la in Toscana e in particolare a quella di un cubiculum decorato con vegetazione popolata da volatili . E se l’immaginazione è suggestionata da meccanismi costruiti nella società e da esigenze abitative che alimentano una moda e l’inevitabile do-manda di un genere pittorico, verosimil-mente si potrebbe supporre la presenza di botteghe di pittori che erano in grado di poter offrire al committente anche que-sto particolare tipo di composizioni, ca-ratterizzate da una attenta e minuziosa os-servazione della realtà riproducendo, da ‘quaderni di disegni’, piante e volatili per-fettamente identificabili.

Ipotesi convincente se messa in re-lazione con un passo di Orazio63 “… Sai magari copiare dal vero un cipresso, ma a che ti serve, se chi paga vuole piuttosto che tu lo dipinga mentre miracolosamen-te si salva a nuoto dai flutti della nave . . .” che sembrerebbe infatti indicare l’esi-stenza di pictores, verosimilmente dotati di brillante perizia tecnica, specializzati nel dipingere alberi e pertanto, allargan-do il concetto, anche composizioni di giardino. Nonostante questo interessante passo di Orazio è ben noto che nel mon-do romano l’autografia del pictor era completamente marginale all’opera stes-sa, tanto che della loro paternità riman-gono ben pochi nomi, come del resto nelle altre produzioni artistiche di que-sta epoca. In ogni caso Plinio il Vecchio64 menziona, nelle due varianti di Ludius o Studius, un pictor, vissuto in età augu-stea, da lui considerato l’inventore di una “... assai leggiadra pittura delle pareti . . .” consistente nella raffigurazione di: “ . . . case di campagna, porti e temi paesaggi-stici, boschetti sacri, boschi, colline, pe-schiere, canali, fiumi, spiagge, secondo i desideri di ognuno, e in quell’ambien-te vari tipi di persone che passeggiano ... Tra i suoi soggetti compaiono anche delle nobili dimore di campagna ... Lo stesso pittore cominciò a dipingere cit-tà marittime su muri all’aperto, opere di bellissimo aspetto e costate pochissimo”. Autore quindi poliedrico, almeno secon-do il passo pliniano, e che sviluppò, for-se adattandolo ai gusti della committen-

za romana, anche la pittura di giardino, le cui radici risalgono tuttavia ad epoche precedenti.

I primi esempi pervenuti di questa ‘moda’ sono da ricercarsi nella Roma de-gli ultimi decenni del I secolo a.C., dove abbiamo gli importanti esempi, conside-rati i capostipiti di questo genere, costi-tuiti dall’ipogeo sotterraneo della Villa di Livia a Prima Porta, da un ambiente aper-to, forse delimitante un giardino, dalla Villa della Farnesina e dall’edificio semi-sotterraneo denominato Auditorium di Mecenate, le cui pitture sono però data-bili al primo decennio del I secolo d.C65.

Se infatti possiamo affermare che le più antiche raffigurazioni compiute di questo genere pittorico sono state rinve-nute a Roma, nell’ambito della commit-tenza imperiale, non è altrettanto sicura l’origine della pittura di giardino. Tutta-via è logico ipotizzare che questa pro-duzione artistica trovi le sue radici nel mondo ellenistico, in particolare nelle correnti paesistiche di origine alessandri-na66, e nello spiccato gusto per le sceno-grafie illusionistiche tipiche del Secondo Stile della pittura parietale. Non è inoltre da escludere una derivazione dai giardi-ni privati dei monarchi iraniani, i famosi paràdeisoi, che si diffusero in Grecia a partire dal III secolo a.C. ed erano carat-terizzati dalla presenza di un’area colti-vata con alberi e fiori disposti in rigorosa simmetria affiancata ad un’altra, popola-ta di animali, tenuta al contrario allo sta-to selvaggio e boscoso67.

A partire dai primi decenni del I se-colo d.C., secondo un tipico fenomeno di imitazione delle mode nate in ambien-te aristocratico, assistiamo al diffonder-si delle pitture di giardino nella società romana.

Le abitazioni dell’area vesuviana han-no restituito il più ricco repertorio di af-freschi raffiguranti rigogliosi giardini sul-le pareti di spazi aperti e più raramente in ambienti tricliniari o cubicula, inseri-bili nel Terzo (tra il 25-20 a.C. ed il 40-50 d.C.) e Quarto Stile (50 ca.-79 d.C.).

I numerosi esempi rinvenuti sono l’e-vidente testimonianza del loro grande successo presso la committenza dell’e-poca che, come possiamo vedere dall’in-serimento nelle differenti tipologie abi-tative, taglia trasversalmente l’intera società vesuviana.

Il desiderio del committente di dila-tare illusionisticamente lo spazio verde di sua proprietà determina la frequente

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12 Ernesto De Carolis – Francesco Esposito – Claudio Falcucci – Diego Ferrara

scelta di far eseguire, su una o più pareti che lo racchiudono, queste composizio-ni con l’evidente desiderio di compensa-re con la fantasia all’impossibilità di pos-sedere un rigoglioso giardino con statue e fontane, delimitato da un porticato, ti-pico delle case urbane di censo elevato che a loro volta ricopiano, miniaturizzan-doli, i grandiosi parchi delle ville della prima età imperiale68.

Il maggior numero di pitture di giar-dino le ritroviamo infatti nelle abitazio-ni del ceto medio-alto vesuviano, qua-si sempre disposte sulle pareti di piccoli cortili o di peristili incompleti, delimitan-ti uno spazio verde, talvolta facendo da sfondo ad una fontana mosaicata che, grazie ad elaborate decorazioni realizza-te con tessere vitree o lapidee dai vivaci colori, contribuisce a valorizzare la limi-tata area a disposizione. Si distinguono all’interno di questa tipologia pittorica in area vesuviana gli esempi della Casa della Venere in Conchiglia e della Casa VII 6, 7 dove i pannelli con le scene di giardino sono posizionati ai lati del qua-dro della Venere, che diventa il punto fo-cale dell’intera composizione sul quale si indirizza lo sguardo del visitatore.

4. IL LAVORO DEI PICTORES

Negli ultimi anni sembra finalmente prendere forma un nuovo filone di ricer-ca sempre più orientato all’individuazio-ne delle dinamiche delle botteghe pitto-riche69 e sulle possibili specializzazioni decorative, che sarebbero rintracciabi-li secondo alcuni studiosi in un reperto-rio decorativo modesto e ripetitivo oltre al loro modus operandi70, secondo altri invece attraverso confronti morelliani ed analisi formali delle mani dei pittori71. In questa ultima tendenza di ricerca si posi-zionano gli studi condotti con acribia dal Richardson, sulla scia del Ragghianti72, che portano all’identificazione, nell’am-bito del Quarto Stile, di una serie di pit-tori attivi a Pompei, fra cui in particola-re il Pittore di Adone Ferito dal nome dell’omonima Casa, al quale viene attri-buito il quadro della “Venere in Conchi-glia” e le scene di giardino laterali, oltre a numerose altre composizioni73.

Senza entrare nel merito di tutte le attribuzioni proposte dal Richardson ab-biamo estrapolato dal suo elenco le sole raffigurazioni che sono sembrate le più pertinenti per un confronto con il no-

stro quadro, costituite da una serie di tondi con volti femminili e dalle figure di Adone e Venere dalla Casa VI 7, 18 (Casa di Adone Ferito)74. In particola-re, tutti i volti sono caratterizzati da una serie di elementi comuni costituiti da guance paffute, fronte larga e bassa ed occhi spalancati con sguardo fisso. Inol-tre una ampia ombra sotto le sopracci-glia superiori ed una piccola che defini-sce la parte inferiore dell’occhio donano allo sguardo un aspetto vagamente ‘so-gnante’. Il naso risulta prominente, drit-to, con la punta aguzza mentre la bocca è piccola con fossette agli angoli e lab-bra serrate. I capelli infine sono folti, on-dulati, con una serie di riccioli che scen-dono sinuosamente sulla fronte. Sulla base pertanto del loro esame è senz’al-tro credibile l’ipotesi del Richardson che tali raffigurazioni si possano riferire ad un unico pictor attivo a Pompei nell’ul-tima fase di vita della città. Somiglianze nella costruzione del volto ben evidenti anche nel quadro della “Venere in Con-chiglia” che permettono di confermare l’inserimento di questa raffigurazione nel catalogo delle opere attribuite al Pittore di Adone Ferito. Meno palesi sono sem-brati invece i raffronti relativi alla resa pittorica del corpo femminile, sia per le ridotte dimensioni di gran parte dei di-pinti considerati dal Richardson che per il loro stato di conservazione abbastanza degradato. Tuttavia, osservando in par-ticolare la “Venere in Conchiglia”, tra le rare composizioni con il corpo della dea a figura intera attribuite a questo pictor, le caratteristiche principali sono da ri-cercare nella assenza di definizione del-le masse muscolari, nelle mani con dita lunghe ed affusolate, corto collo, parte superiore del corpo snella mentre l’infe-riore presenta un bacino stretto, larghe cosce e gambe lunghe.

Per quanto riguarda invece il con-fronto con il quadro della Casa VII 6, 7, presentante la stessa iconografia, l’osser-vazione diretta di quanto resta dei parti-colari del volto sembrerebbe indicare la mano di un altro pictor che ha utilizza-to lo stesso modello anche se con alcu-ne varianti75.

Nel complesso, il Pittore di Adone Ferito si presenta come un autore mol-to prolifico particolarmente abile nel-la resa dei particolari del volto, mentre si dimostra alquanto impreciso nel raf-figurare il corpo che appare appiattito e non coerente nella resa dimensionale dei

vari arti, inserendosi pertanto nella me-dia della produzione pittorica vesuviana.

In generale la lettura interpretativa di documenti iconografici, più volte evoca-ti all’interno di studi specialistici, come il rilievo di Sens76, la rappresentazione di Amore e Psyche nel papiro PSI VIII 919 del II sec. d.C.77, o la testimonian-za epigrafica della camera sepolcrale di Patron, quasi una descrizione puntuale del giardino raffigurato sulla parete, le-gittimano l’idea dell’esistenza del pro-getto legato ai gusti e alle intenzioni del dominus della casa, da cui si ricavano una serie di riferimenti da consultare du-rante la realizzazione del dipinto78. Ave-re un progetto di riferimento permetteva una migliore organizzazione ed econo-mia del cantiere, una continua verifi-ca dell’impresa decorativa da realizzare, una velocizzazione del lavoro, oltre ad un controllo di eventuali slanci artistici autonomi degli esecutori. Quindi la riu-scita del lavoro sicuramente dipendeva non solo dalla perizia tecnica ma anche da quella progettuale, a sua volta deri-vante dalla scelta delle composizioni dai ‘quaderni di disegni’ in possesso della bottega, tanto più necessaria in comples-se raffigurazioni79.

La parete sud dello spazio verde, deli-mitato dal peristilio incompleto, sul qua-le è stato eseguito il dipinto presenta, sul lato est, un piccolo ambiente, il cd. sa-cello, dove rimangono a vista il supporto murario e gli strati successivi di intona-ci. In tale ambiente è stato possibile pre-levare un frammento di malta profonda, il ‘rinzaffo’, a contatto con i litotipi del supporto murario (campione 08/014), un frammento di intonaco a livello interme-dio (campione 08/013), uno di intonaco più superficiale (campione 08/012) ed uno adiacente agli strati pittorici (cam-pione 08/011). Dalle analisi microstrati-grafiche su sezione lucida emerge una diversa composizione e microstruttura della malta di ‘rinzaffo’, rispetto alle mal-te impiegate per gli intonaci di prepara-zione (arriccio) e di finitura (intonaco). La malta profonda è infatti di colore d’in-sieme grigiastro, con un legante torbido, probabilmente impuro per la presenza di materiale argilloso, e con inerti di origi-ne tufaceo-pozzolanica a granulometrie grossolane. Le malte degli intonaci più superficiali, al contrario, mostrano un le-gante carbonatico bianco e l’intonaco, in particolare, assume una tonalità cal-da, per la presenza di finissime impurità

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Riflessioni sul quadro della “Venere in Conchiglia” di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores 13

ocracee e di un aggregato pozzolanico e tufaceo, esso stesso contenente com-ponenti gialle, aranciate e rosse. Il cam-pione prelevato più in superficie, sulla partitura rossa che delimita il pannel-lo di sinistra con composizione di giar-dino, mostra una malta di quest’ultimo tipo, a tonalità calda, con una superfi-cie notevolmente levigata, sulla quale lo strato pittorico di colore rosso appa-re applicato a secco. Sul dipinto murale della parete del portico è stato reperito, in alcuni campioni prelevati a sufficien-te profondità (campione 08/007 in pros-simità della valva ai piedi della Venere, campione 08/009 sul braccio destro della Venere), un sottile strato di intonachino bianco, contenente scarsissimo e finissi-mo aggregato incolore e traslucido (ve-rosimilmente minime quantità di polvere di marmo). Gli strati pittorici appaiono in alcuni casi, come sugli incarnati della Venere (campione 08/009), applicati con una tecnica a fresco, evidenziata da una certa compenetrazione fra gli strati pit-torici stessi e l’intonachino; in altri sem-brano piuttosto applicati con una tecnica

mista, al limite tra l’affresco e la pittura a calce (quando non più vicina a quest’ul-tima), caratterizzata da molteplici stesure pittoriche sovrapposte e poco compene-trate (campione 08/007).

L’osservazione ravvicinata delle su-perfici conferma tale quadro interpreta-tivo della tecnica di esecuzione e ne de-linea più approfonditamente i dettagli. I tre grandi riquadri nei quali è suddiviso il dipinto murale risultano eseguiti cia-scuno in una fase a sé stante. La stesura delle tre aree rettangolari d’intonaco, le giornate, è avvenuta in successione tem-porale da destra verso sinistra: l’intona-co del primo riquadro di sinistra è infatti leggermente sbordante su quello del ri-quadro centrale, a sua volta applicato a ricoprire il bordo dell’intonaco del primo riquadro di destra, che risulta pertanto il primo ad essere stato eseguito. Le gior-nate seguono quindi i confini dei tre ri-quadri decorati (le due scene di giardino e il riquadro centrale con la Venere) con maggiore aderenza al disegno composi-tivo e meno condizionate da rigidi sche-matismi geometrici delle pontate, deter-

minate dalla struttura delle impalcature e dalle misure della parete (fig. 2). È sta-ta rilevata anche la traccia di una ponta-ta sul registro decorativo superiore del-la parete sul lato est e sullo zoccolo. Le giunzioni fra le diverse porzioni di in-tonaco sono molto ben mascherate e di non immediata lettura, ma sono state in-dividuate e documentate inequivocabil-mente per mezzo di macrofotografie in luce diffusa e radente. Sempre in luce radente, soprattutto per quanto riguar-da le due scene laterali, è possibile evi-denziare la notevole corposità di alcune pennellate, difficilmente compatibile con una tecnica esecutiva a ‘buon fresco’. La staccionata che corre lungo la parte infe-riore del dipinto, inoltre, appare chiara-mente visibile in rilievo anche al di sot-to degli arredi di giardino dipinti (ad es.: piedistallo della fontana sul pannello di destra) che la nascondono, dipinte in un momento successivo, (fig. 3) molto pro-babilmente a calce, come pure, al di sot-to degli uccelli raffigurati nelle scene di giardino, traspaiono in luce radente le precedenti e spesse stesure della vege-

2. Rilievo grafico con individuazione delle giornate e delle pontate.

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14 Ernesto De Carolis – Francesco Esposito – Claudio Falcucci – Diego Ferrara

tazione. Le morfologie di degrado osser-vate, consistenti in distacchi e ‘sbollature’ della pellicola pittorica, sono anch’esse difficilmente correlabili con una tecnica esecutiva a ‘buon fresco’, mentre sem-brano ricondurre a stesure localizzate con una tecnica a secco, molto proba-bilmente a calce. Non è escluso, tuttavia, che alcune forme di degrado abbiano origine da passati interventi conservativi poco idonei80.

Per quanto riguarda la realizzazio-ne del quadro oggetto del presente stu-dio possiamo fare delle ipotesi sull’or-ganizzazione della bottega partendo da un punto di vista stilistico, attraverso il quale si osserva un certo dislivello qua-litativo fra l’esecuzione dei dettagli più importanti, quali i volti della Venere e degli Amorini, di gradevole fattura, e quelli secondari. Appare molto verosi-mile l’ipotesi già formulata che le figu-re siano state affidate ad un pictor più esperto, il Pittore di Adone Ferito, che potrebbe aver lavorato in tempi legger-mente sfalsati rispetto ad una maestran-za meno qualificata, impiegata, ad esem-pio, per la stesura delle campiture più vaste e dei particolari decorativi secon-dari e ripetitivi, secondo una prassi logi-stica, che imponeva di eseguire impre-se decorative mai totalmente autografe,

se non principalmente nella mera defini-zione del progetto, dell’organizzazione e delle parti più significative. Ciò nono-stante, se la programmazione dei tem-pi, l’organizzazione dei compiti tra i vari uomini della bottega, impegnavano il pictor a svolgere un ruolo risolutivo so-prattutto di pianificazione in base alle abilità esecutive delle maestranze impe-gnate nel cantiere, ciò non esclude una sua partecipazione diretta anche in alcu-ne fasi secondarie di realizzazione della decorazione.

L’osservazione delle caratteristiche superficiali del dipinto sembra confer-mare ulteriormente tale ipotesi. Nel ri-quadro centrale, ad esempio, il fondo mostra ovunque evidenti segni del pen-nello impiegato per la stesura del pig-mento blu, mentre gli incarnati della Ve-nere e degli Amorini presentano una superficie piuttosto levigata, come se la campitura del mare fosse stata applica-ta su un intonaco in una fase prematura di presa (quando il pennello ancora ‘im-pasta’ nella calce fresca, non carbonata-ta), ed i visi fossero invece stati eseguiti successivamente, nella fase più oppor-tuna, quando l’intonaco ‘tira’. A ulteriore conferma dell’esecuzione degli incarnati in una fase successiva rispetto alla rea-lizzazione della campitura del mare, le

macrofotografie in luce diffusa e raden-te evidenziano in maniera indubbia la presenza di piccoli avvallamenti di for-ma circolare, impressi nell’intonaco an-cora morbido ma già in fase di presa, che corrispondono probabilmente a se-gni lasciati da un poggiamano, sfruttato per la realizzazione dei dettagli princi-pali delle figure (fig. 4). Nessuna delle riprese all’infrarosso ha evidenziato la presenza di disegni preparatori sottogia-centi alla stesura pittorica propriamen-te detta, né l’osservazione ravvicinata in luce radente ha mostrato segni di inci-sione, né di battitura di corde o di tecni-che simili per la definizione dei volumi. Appare tuttavia evidente come per alcu-ni dettagli sia stato previsto un ingom-bro già durante la stesura delle campitu-re dei fondi: se si osserva, ad esempio, il particolare del viso dell’amorino a de-stra della Venere, è possibile notare che solo il lato sinistro del viso è stato ese-guito al di sopra della campitura blu del mare, visibile in trasparenza attraver-so i sottili strati pittorici dell’incarnato e dei capelli; il lato destro del viso, al contrario, appare eseguito direttamente sull’intonaco. In questo caso, al confine tra le due metà, sulla prosecuzione del-la linea del naso, appare in riflettografia una sottile fascia scura, presumibilmen-te da ricondurre alla delimitazione origi-nale dell’ingombro della testa. La riflet-tografia evidenzia alcune ridefinizioni/ripensamenti dei profili, come ad esem-pio quello del collo della Venere, origi-nariamente meno esteso a sinistra, e poi ampliato nella stesura definitiva (figg. 5-6). Un vero e proprio pentimento in-teressa infine la conchiglia che, all’infra-rosso, mostra una diversa articolazione dell’attaccatura della valva, con una pro-tuberanza poi coperta dal rosa dell’inter-no della conchiglia stessa. Tornando alla stesura del cielo, la presenza di colatu-re di un pigmento blu analogo a quel-lo del fondo, sulla gamba della Venere (fig. 7), lascia ipotizzare che il cielo sia stato ripreso dopo la stesura degli incar-nati, come sembra testimoniato anche da alcune macrofotografie dove il cielo sormonta il margine del braccio sinistro dell’amorino di destra.

L’insieme di questi dati inediti dimo-stra che il pictor nel trasportare il mo-dello di base sulla parete senza esegui-re il disegno preparatorio, come invece ritroviamo in altre composizioni di area vesuviana, è stato costretto ad una serie

3. Particolare del piedistallo della fontana sul pannello di destra (macrofotografia in luce radente).

4. Particolare della gamba della Venere (ma-crofotografia in luce radente).

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Riflessioni sul quadro della “Venere in Conchiglia” di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores 15

di ripensamenti per tentare di dare una maggiore organicità alla sua opera e per adattarla dimensionalmente allo spazio a sua disposizione.

Altra questione che sembra interes-sante sottolineare nei pannelli con scene di giardino è l’osservazione degli airo-ni sul recinto, che testimoniano in modo eclatante un’uniformità nelle proporzioni che legittima l’ipotesi del ricorso all’in-terno della bottega ad un metodo mec-canico di trasposizione delle immagini con sagome/patroni81 utilizzati per trac-ciare i contorni delle figure, o comunque dimostra che il pictor e la sua bottega di-sponevano di un disegno di riferimento ben preciso.

L’analisi incrociata dei risultati delle indagini microstratigrafiche e di quelle in fluorescenza dei raggi X (Tabb. 1-2) porta ad ipotizzare l’impiego di una ta-volozza piuttosto semplice, con i ros-si ed i gialli ottenuti con terre naturali (ocre), i verdi con terra verde e mala-chite, i blu con azzurrite e forse con piccole quantità di fritta egizia, il bian-co con calce carbonata; come enfatiz-zato dal Richardson la tavolozza del pittore è abbastanza smorta in quanto non si concede mai il lusso della bril-lantezza dei rossi dei blu o dei verdi82. È comunque interessante l’impiego piuttosto esteso di cangiantismi, otte-nuti a volte per sovrapposizione di sot-

tili strati pittorici di diverso colore, al-tre per miscelazione non omogenea di pigmenti all’interno dello stesso strato, per la definizione di minuzie di parti-colari.

Su un brano della parete sud-ovest vi è la traccia anche di un restauro an-tico (rilevato anche sul grafico) ricono-scibile per l’attacco delle giunzioni dei profili della ‘toppa’ rispetto alla deco-razione preesistente, difficile da datare ma eseguito probabilmente in seguito al terremoto del 62 d.C. o alla successiva instabilità sismica dell’area prima dell’e-ruzione o ancora ad un microevento le-gato a piccoli interventi di manutenzio-ne effettuati nell’abitazione.

5. Particolare del ritratto della Venere (macro-fotografia in luce diffusa).

6. Particolare del ritratto della Venere (riflet-tografia IR).

7. Particolare della gamba della Venere (ma-crofotografia in luce radente).

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TABELLA 1: ANALISI XRF

N. PuNto DescrizioNe PigmeNti risultati localizzazioNe

1 Conc. 1 Zigomo della Venere

Terre Ca Fe Sr Pb

Cont. 129 25 398 68

Perc. 20.81 4.03 64.19 10.97

2 Conc. 2 Velo della Venere

TerreNote: la presenza di rame è da riferire alla azzurrite o al blu egi-ziano.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 270 373 286 498 49

Perc. 18.29 25.27 19.38 33.74 3.32

3 Conc. 3 Cielo a sinistra dell’amorino sx

Terre, Blu egiziano, Az-zurriteNote: la presenza di rame è da riferire alla azzurrite o al blu egi-ziano.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 153 103 1309 230 22

Perc. 8.42 5.67 72.04 12.66 1.21

4 Conc. 4 Conchiglia, sotto la mano destra della Venere, tonalità rosata

Terra rossaNote: la presenza di rame è da riferire alla azzurrite o al blu egi-ziano aggiunto alla ter-ra rossa per l’otteni-mento della tonalità viola.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 346 183 81 653 44

Perc. 26.47 14.00 6.20 49.96 3.37

5 Conc. 5 Conchiglia sotto al ginocchio destro

Terra rossaNote: la presenza di rame è da riferire alla azzurrite o al blu egi-ziano aggiunto alla ter-ra rossa per l’otteni-mento della tonalità verdastra.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 139 409 104 773 79

Perc. 9.24 27.19 6.91 51.40 5.25

6 Conc. 6 Base per il verde della conchiglia sotto al piede sinistro

Terra rossaNote: la presenza di modeste quantità di rame è da riferire a re-sidui della stesura ver-de, quasi completa-mente caduta.

Ca Fe Cu Sr Zn Pb

Cont. 223 347 70 467 46 135

Perc. 17.31 26.94 5.43 36.26 3.57 10.48

7 Conc. 7 Naso dell’Amorino a destra della Venere, in luce

Terre Note: la presenza di modeste quantità di rame è da riferire ad un pigmento verde/az-zurro utilizzato per raf-freddare il tono dell’in-carnato.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 304 87 78 1300 239

Perc. 15.14 4.33 3.88 64.74 11.90

8 Conc. 8 Naso dell’Amorino a destra della Venere, profilatura scura

TerreNote: la presenza di rame è da riferire ad un pigmento verde/azzurro utilizzato per raffreddare e scurire il tono dell’incarnato.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 264 297 283 1065 96

Perc. 13.17 14.81 14.11 53.12 4.79

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Riflessioni sul quadro della “Venere in Conchiglia” di Pompei: dal mito al lavoro dei pictores 17

TABELLA 1: ANALISI XRF

N. PuNto DescrizioNe PigmeNti risultati localizzazioNe

9 Conc. 9 Mare sotto alla conchiglia

Terre, Blu egiziano, Az-zurriteNote: la presenza di rame è da riferire ad un pigmento del tipo dell’azzurrite o del blu egiziano.

Ca Fe Cu Sr Zn Pb

Cont. 145 333 320 104 93 27

Perc. 14.19 32.58 31.31 10.18 9.10 2.64

10 Conc. 10 Lumeggiatura sulla caviglia sinistra della Venere

TerreNote: la presenza di piombo è da correla-re all’impiego di minio e/o bianco di piombo.

Ca Fe Sr Pb

Cont. 256 266 1184 129

Perc. 13.95 14.50 64.52 7.03

11 Conc. 11 Cornice all’altezza del piede della Venere

Ocra giallaNote: la presenza di mo-deste quantità di rame è da riferire ad un pig-mento verde/azzurro uti-lizzato per raffreddare il tono ell’incarnato.

Ca Fe Sr Pb

Cont. 221 759 68 22

Perc. 20.65 70.93 6.36 2.06

12 Conc. 12 Fiore dell’oleandro

Terra rossa, Bianco di piombo, MinioNote: la presenza di rame è da riferire ad un pigmento del tipo dell’azzurrite o del blu egiziano. La presenza di piombo potrebbe inve-ce essere da correlare all’utilizzo di minio e/o bianco di piombo.

Ca Fe Cu Sr Zn Pb

Cont. 203 210 234 229 38  582

Perc. 13.57 14.04 15.64 15.31 2.54 38.90

13 Conc. 13 Foglia dell’oleandro, tono scuro

Terra verdeNote: La presenza di rame è da riferire ad un pigmento del tipo dell’azzurrite o del blu egiziano.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 112 407 221 232 64

Perc. 10.81 39.29 21.33 22.39 6.18

14 Conc. 14 Cielo, sotto alla reintegrazione

Azzurrite, Blu egizianoNote: la presenza di rame è da riferire ad un pigmento del tipo dell’azzurrite o del blu egiziano.

Ca Fe Cu Zn Sr Pb

Cont. 139 275 799 29 122 27

Perc. 9.99 19.77 57.44 2.08 8.77 1.94

15 Conc. 15 Fiore Bianco di piombo, TerreNote: la presenza di rame è da riferire ad un pigmento del tipo dell’azzurrite o del blu egiziano.

Ca Fe Cu Sr Pb

Cont. 182 178 426 218 441

Perc. 12.60 12.32 29.48 15.09 30.52

16 Conc. 16 Staccionata TerreNote: la colorazione nera è ottenuta mediante un pigmento nero di natu-ra organica, non diretta-mente rivelabile median-te l’analisi di fluorescenza dei raggi X.

Ca Fe Sr Zn Pb

Cont. 301 157 152 39 19

Perc. 45.06 23.50 22.75 5.84 2.84

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