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Rivista di Studi Pompeiani, XXV - 2014

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ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DI POMPEI

PresidenteFAUSTO ZEVI

DirettorePIETRO GIOVANNI GUZZO

Comitato ScientificoGIUSEPPINA CERULLI IRELLI STEFANO DE CARO

ANTONIO VARONE ANDREW WALLACE-HADRILL PAUL ZANKER

RedazioneVINCENZINA CASTIGLIONE MORELLI

Agli Autori si ricorda di comunicare alla Redazione, entro il 31 dicembre di ogni anno, il testo dei propri contributi (compresiquelli del Notiziario), di lunghezza non superiore a 20 pagine di 2000 battute, conforme alle norme redazionali, su supporto car-taceo e informatico, completo delle illustrazioni che si ritengono necessarie.

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RIVISTA DI STUDIPOMPEIANI

XXV2014

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

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© 2015 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER – Via Cassiodoro 19, Roma© Associazione Internazionale Amici di Pompei – Piazza Esedra, Pompei

Direttore responsabile della Rivista Angelandrea Casale

Periodico: Autorizzazione Tribunale di Torre Annunziata n. 34 del 26-11-1996

Rivista di studi pompeiani / Associazione internazionale amici di Pompei. -A. 1 (1987)-, - Roma: «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1987.-, III.; 29 cm.- annuale

ISSN 1120-3579ISBN 978-88-8265-773-4

1. Associazione internazionale amici di PompeiCDD 20. 937.005

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PIER GIOVANI GUZZO, L’Internazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7

ALESSANDRO GALLO, Il progetto architettonico-strutturale della Casa di M.E pidio Sabino aPompei (IX,1, 22-29). Una lettura diacronica in chiave politica-sociale . . . . . . . . . . . . 9

RICCARDO FUSCO, Frammenti inediti di interni pompeiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

MASSIMO RICCIARDI, Frutti, fiori e piante nei dipinti murali della Villa A (Villa di Pop-pea) ad Oplonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

FABRIZIO RUFFO, Osservazioni sull’ager pompeianus e sugli effetti della colonizzazionesillana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

MICHELE DI GERIO, Studio sugli strumenti chirurgici nel Museo Archeologico Nazionaledi Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

Notiziario

Attività Soprintendenza speciale per Pompei Ercolano e Stabia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

Nota del Direttore (P.G. GUZZO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

Attività Ufficio Scavi di Pompei (G. STEFANI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

Ufficio mostre (G. STEFANI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

Attività del Laboratorio Ricerche applicate (E. DE CAROLIS) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

Ufficio Editoria (M.P. GUIDOBALDI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

Ufficio Tecnico: Cinta muraria; Necropoli di Porta Nocera (V. PAPACCIO); Interventi almuro di cinta della Soprintendenza (V. PAGANO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117

Indagini nel territorio: Via Nolana (U. PAPPALARDO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144

Nuova Cartografia di Pompei (R. MORICHI, R. PAONE, P. RISPOLI, F. SAMPAOLO) . . . . . . . . . 146

Ufficio Scavi di Boscoreale (A. M.SODO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

Ufficio Scavi di Oplontis (L. Fergola); Indagini archeologiche nell’area della Villa A diOplontis (A. BONINI, M. PREVITI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

Ufficio Scavi di Ercolano (M.P. GUIDOBALDI); Le attività a gestione diretta del partner pri-vato nell’ambito dell’Herculaneum Conservation Project (D. CAMARDO, M. NOTOMISTA) . 153

Notiziario Ercolano, Territorio: Carotaggi geoarcheologici nell’area della nuova Caser-ma dei Carabinieri a Ercolano (M.P. GUIDOBALDI, D. CAMARDO, M. NOTOMISTA); Portici,campagna di carotaggi geo-archeologici in Piazza San Ciro (M.P. GUIDOBALDI, D. CA-MARDO, A. ROSSI); Torre del Greco, Villa Sora (M.P. GUIDOBALDI) . . . . . . . . . . . . . . . . 166

Ufficio Scavi di Stabia (G. BONIFACIO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174

Alcune riflessioni su Stabiae: Stabiae, San Marco: la villa, le Terme, il Narcisso (F. RUFFO);Il settore termale di Villa San Marco (L. JACOBELLI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174

Ufficio Scavi Zone periferiche (C. CICIRELLI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183

Sommario

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Discussioni

La forma del Vesuvio: On the shape of Vesuvius before A.D. 79 (and why it should mat-ter to modern archaologists) (G.F. DE SIMONE); Mediando ricerca e divulgazione: unnuovo modello del Vesuvio per il grande pubblico (E. QUINTO, P. SILVESTRI); Le lucernein sigillata africana dalla villa romana di Pollena Trocchia (V. CASTALDO) . . . . . . . . . . . 201

Recensioni

E. DE CAROLIS, Robert Rive,Un album fotografico di Pompei, Ass. Amici di Pompei, Qua-derno St.Pomp VI 2013 (F. PROTO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212

V. SAMPAOLO, A. HOFFMAN, Pompeji, Götter, Mythen, Menschen (Bucerius Kunst Forum;

Munchen: Hirmer 2014) (F. PROTO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212

A. PISTILLO, IL Museo civico G. Barone.Vetri e bronzi, Palladino ed., Campobasso 2013(M. CASTOLDI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213

Ager pompeianus et ager stabianus. L ’esempio della Villa B di Oplontis e della Villa Cuo-mo a S. Antonio Abate, Istituto per la diffusione delle scienze naturali, ed. f.c., 2013(V. CASTIGLIONE MORELLI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214

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L‘ultimo anno del XIX secolo havisto nominare il primo professore or-dinario di archeologia classica nelleuniversità italiane nella persona diEmanuele Loewy, suddito austriaco.Così, prima di lui, Holm e Beloch,ambedue prussiani, avevano tenutocattedra di storia greca in universitàitaliane. L’Italia, unificata da appenauna generazione, si affidava ad unostraniero per (ri)fondare la disciplina,nata in Italia ad opera del sassoneWinckelmann. L’insegnamento a Ro-ma di Loewy durò fino all’inizio dellaprima guerra mondiale. Quel checonta, e che oggi vale la pena di ricor-dare, è che nel campo archeologico,per tenerci al nostro, non si è mai fat-ta, da parte italiana, mostra di sciovi-nismo o, peggio, di xenofobia. Ai no-stri giorni, ad esempio, la lezione stra-tigrafica inglese, quella delle Annalesfrancesi, quella antropologica statuni-tense sono ascoltate e seguite, con-tando fra gli Italiani non pochi entu-siasti seguaci. In tutto questo, quelloche si è cercato di apprendere, daparte degli Italiani archeologi, è statoquanto elaborato oltralpe che appari-va (e di frequente in realtà era) più

avanzato, più profondo, più organiz-zato, più efficace nel raggiungere laconoscenza di quanto era in uso al diqua delle Alpi. In questa mancanza diconfini nello scambio di apprendi-mento e di confronto hanno avuto unruolo importante le Scuole di Archeo-logia straniere con sede in Italia. Oltreche la bibliografia, gli Italiani archeo-logi hanno di conseguenza imparatoa conoscere le persone fisiche, allequali quella bibliografia era dovuta. Eil parlare, il discutere, il confrontarsi,il bere un bicchiere insieme sono at-tività che portano ad una chiarifica-zione ed alla costruzione di rapportiduraturi ben più solidi che solamenteil leggere. Al di là di qualunque falsosentimento di xenofilia, gli Italiani ar-cheologi hanno molto imparato dailoro colleghi stranieri, ai quali un talgenere di scambio ha apportato unuguale arricchimento.

Nelle settimane centrali dell’ago-sto 2015 un tale equilibrato rapporto,di reciproco vantaggio, è stato brutal-mente ed immotivatamente alterato.A seguito di un bando ministeriale,sono stati individuati i direttori diquei musei italiani i quali, non si

comprende a fondo per quali motivi,sono stati ritenuti i più importanti ditutti quanti gli altri. Fra questi cosìscelti, se ne contano anche di interes-se archeologico. Ebbene, in situazio-ni che, ad occhi esperti, possonoconsiderarsi di equilibrio per titoliposseduti, esperienze attraversate econoscenze dimostrate, ai candidatiitaliani sono stati preferiti quelli stra-nieri. In qualche caso, ad aggravarelo squilibrio inferto, lo straniero pre-ferito si è dimostrato inferiore, perqualità scientifica e gestionale, ai can-didati italiani.

Nella generale, e progressiva, rivi-sitazione e riduzione verso il bassoche l’attuale responsabilità politicasta operando del modello italiano ditutela e gestione del patrimonio cul-turale, queste scelte sono state, perora, l’ultimo colpo. Tanto più grave,non solo in sé, ma in quanto aprevarchi a sentimenti xenofobi che nonavrebbero nessuna ragione di essere.È che errori del genere, sorti dal-l’ignoranza della storia e dal provin-cialismo pseudo-culturale, produco-no danni maggiori di quanto si possaprevedere.

PIER GIOVANNI GUZZO

L’Internazionale

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Qualsivoglia discorso su una realtàarchitettonico-strutturale pompeiananon può prescindere dall’analisi stori-co-urbanistica ed ambientale in cui es-sa si colloca nel territorio cittadino.Anche se l’argomento del nostro esa-me è una domus privata, occorre co-munque tener presente se ed in qualemisura gli aspetti del pubblico-politicoda un lato e del sacro dall’altro abbia-no condizionato la realizzazione edili-zia del privato o viceversa, come so-vente accade nel mondo antico1. Lastoria architettonico-strutturale delladomus IX 1, 22-29, cd. di M. Epidio Sa-bino, abbraccia in effetti un lungo arcotemporale, che parte dal III secolo a.C.fino al I secolo d.C. con un prologo inetà arcaico-classica. Le ricerche cheandiamo conducendo da alcuni annisull’Insula IX 12, (fig. 1) e negli ultimitempi sul settore orientale di essa, oc-cupato quasi interamente dalla domuspredetta3 (fig. 2), hanno dimostrato,tra l’altro, che proprio attraverso variefasi della complessa vicenda architet-tonico-strutturale della dimora, sonoipotizzabili vicende e condizionamentidi carattere politico sociale e religiosodi coloro che l’abitarono4. La città diPompei cela ancora molti preziosi te-sori, ma più che statue e dipinti – e loha ben detto Pier Giovanni Guzzo nel-la prefazione al nostro volume5 – oc-corre arricchire la conoscenza storicadella città arcaica ed ellenistica me-diante ricerche in tal senso, che negliultimi quindici anni hanno squarciato

ALESSANDRO GALLO

Il progetto architettonico-strutturaledella Casa di M. Epidio Sabino a Pompei (IX 1, 22-29)

Una lettura diacronica in chiave politico-sociale

This is an exhaustive architecturtal and structural profile about building story of the domus: the preexisting testimonies of sacredcharacter of arcaic-classical period, then ellenistic and imperial period, finally the last phases after earthquake, between 62 and79 AD. In following chronological moments are unterlined the most qualifying aspects in different periods of execution: the pre-existing sacred area; the protocasa rising, based on a probable ellenistic temenos; possible inspiring models of reference; thefollowing loss of functionality; the sanctuary area monumentalization; amìplificationand fusion with the adjoining house n.22;the importance of productive and commercial structures in the abode spaces distribution; the armonizing decorative testimoniesfrom II century before Christ to last restoration after earthquake.Key words: sanctuary; monumentalization; fusion by merges; Epidii; eschara.

1. Pianta dell’Insula IX, 1 con l’indicazione dei saggi effettuati (da FIORELLI, 1873).

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molti veli della caliginosa tradizionepompeianistica, illuminando ignotiaspetti della storia cittadina di quei pe-riodi6. Anche il presente contributo èfinalizzato a questo: l’attenta, minuzio-sa schedatura condotta negli anni pas-sati su ogni struttura emergente delladimora e la ricerca stratigrafica di re-cente pubblicata ci auguriamo possa-no consentire una lettura diacronicadel progetto architettonico e della suarealizzazione nelle varie fasi.

A titolo di premessa esplicativa diquanto sopra enunciato, diremo su-bito che la domus oggetto della no-stra indagine (cd. di M Epidio Sabi-no) occupa due distinte realtà abitati-

ve, la n. 22 a sud e la n. 29 a nord,con ingressi, ambienti e servizi divisi,e costruite altresì in periodi diversi(fig. 3); la cui fusione avvenne in etàtardo sannitica, come vedremo me-glio nel prosieguo7.

La domus fu messa in luce dal Fio-relli tra il 1866 e il 1867: essa occupaquasi per intero il settore orientaledell’Insula IX 1, (fig. 2) settore indaga-to per ultimo dallo scavatore con nu-merose maestranze, impiegate sia perlo sterro che per i più urgenti lavori diconsolidamento delle strutture perico-lanti, con la costante presenza del So-prastante, che annotava quotidiana-mente la forza lavoro ed i rinvenimen-

ti più significativi, ovviamente con i si-stemi molto selettivi usati all’epoca8.

Nel capitolo iniziale della nostramonografia abbiamo esposto le moti-vazioni che ci hanno indotto a privi-legiare, per la nostra indagine di sca-vo, la casa 29 ubicata nella zona set-tentrionale; rinviamo quindi a quelnostro scritto9, avvertendo che nelpresente lavoro ci occuperemo, oltreche della fase progettuale delle duedomus e dei possibili modelli cui po-trebbe essersi ispirato l’architetto-co-struttore, della realizzazione struttura-le dei vari ambienti e del loro recipro-co armonizzarsi nelle varie fasi crono-logiche, privilegiando, ovviamente,

10 Alessandro Gallo

2. Reg. IX ins. I. Planimetria del settoreorientale.

3. Planimetria delle due domus con le relative tipologie strutturali (da FIORELLI, rive-duta da Arch. Simona Scognamiglio).

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quelli che non sono stati ancora esa-minati nella nostra trattazione10.

Così come attualmente si presentain pianta, la domus mostra due ingres-si: quello meridionale corrispondenteal civico 22 si apre su Via dell’Abbon-danza e quello settentrionale indicatocol civico 29 è sul Vicolo di Tesmo.Tra i due accessi è stato calcolato undislivello di 1,50 m ca; infatti la dispo-sizione dei vari ambienti delle due di-more su quote diverse, lasciano pre-supporre una notevole arditezza pro-gettuale, che sfrutta l’accentuata pen-denza del costone lavico di base inquel punto, predisponendo massiccecolmate di materiali per la creazionedi piani di posa sostenuti da muri dicontenimento; su tali livellamenti arti-ficiali s’impiantano le strutture sopra-stanti in posizione panoramica versooriente e verso mezzogiorno11.

FASE I – LA FREQUENTAZIONEARCAICO-CLASSICA

Certamente il sito dove verrà edifi-cata la nostra domus fu frequentato inetà arcaico-classica fino alla secondametà del V secolo a.C. Parliamo moltoprudentemente di frequentazione, an-che se la scoperta di un bothros con

materiale votivo al di sotto dei livelliellenistici, costituisce pur sempre undeposito riguardante uno spazio ritua-le, che lascerebbe pensare ad un’arcasacra12. Il deposito votivo, sigillato dauna spessa lente di bruciato, ci ha re-stituito un contesto intonso i cui re-perti, disposti a vari livelli, non solo cioffrono uno spaccato cronologico cheparte dalla fine del VII secolo a.C. etermina agli ultimi decenni del V seco-lo a. C.13, ma ci rivelano una immaginequasi fotografica di un rito di oblitera-zione, riferibile molto probabilmentead un santuario colà esistente14. È pro-prio la sacralizzazione d’immagini di-vine e di strutture ad esse afferenti,con la loro disposizione in fosse voti-ve, ad indicarci la volontà di perpetua-re la memoria di un luogo sacro esi-stente nella zona, come si verifica an-che in altri siti italici, sia in età arcaicache ellenistica15. Ora l’Insula IX 1, incui trovasi la domus oggetto del no-stro studio, è parte di quel duplice fi-lare di insulae di forma sub quadrata,ad oriente di Via di Stabia, che si di-spongono “a cerniera” tra la cd. Al-tstadt ed il sistema di isolati per strigasche gravitano su Porta Nocera16. An-che se una lottizzazione vera e pro-pria della nostra zona si avrà solo conla costruzione della rete stradale, av-

venuta all’indomani della edificazionedella cinta muraria cd. “ad aggere”della I fase sannitica tra fine IV ed ini-zio III secolo a.C.17, per quest’area im-mediatamente ad est della Via Stabia-na si è parlato di una “proto urbaniz-zazione spontanea”18, come dimostre-rebbero i rinvenimenti di strutture ar-caico classiche nella vicina Insula IX7, indicanti una precoce occupazionedell’area tra fine VI e V secolo a.C.19.Tali scoperte si affiancano ad altre indiverse zone della città, per cui conmaggiori prove archeologiche si puòoggi ragionevolmente parlare di unaoccupazione della città “a macchia dileopardo” nel periodo arcaico20, men-tre, invece, la cd. Altstadt, che tuttauna tradizione di ricerca ha considera-to come il nucleo urbanizzato più an-tico della città21, starebbe a testimonia-re un secondo momento urbanistico“di riflusso” in cui l’abitato si sarebberistretto in uno spazio minore, raffor-zando contemporaneamente le difesein presenza di un pericolo esterno22. Èben spiegabile nel nostro sito quellache abbiamo indicato come “area sa-cra di frontiera”, sia nel periodo arcai-co che nella fase successiva di contra-zione dell’abitato. Sicuramente tra lapredetta fase arcaico-classica e la nuo-va urbanizzazione sannitica di fine IV-

Il progetto architettonico-strutturale della Casa di M. Epidio Sabino a Pompei 11

3a. Planimetria della domus 29 con le relative tipologie struttu-rali.

3b. Planimetria della domus 22 con le relative tipologie strut-turali.

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inizi III secolo a.C. non c’è continuitàproprietaria, anche se, i “direziona-menti” topografici degli assi stradali ri-mangono i medesimi, spesso le arcai-che strutture in pappamonte, rinvenu-te in più punti, assumono orientamen-ti diversi rispetto ai muri sannitici dellafase posteriore. Ciò che unisce, inve-ce, effettivamente Altstadt e Neustadt,nonostante lo iato temporale tra essecon la rarefazione di strutture e mate-riali, constatate anche nel nostro sca-vo, è proprio la memoria del sacro,che, con il perpetuarsi degli antichiculti attraverso la sacralizzazione ri-tuale, condizionano politicamente esocialmente i nuovi quartieri ed i sin-goli impianti edilizi24.

FASE II – LA PROTOCASAED IL TÉMENOS ELLENISTICO

Una serie di quattro battuti pavi-mentali, occupanti in sezione un’al-tezza di 0,20/0,25 m, prevalentementesterili o con scarsa presenza di mate-riali, separano il bothros arcaico ed illivello ellenistico riferibile all’area sa-cra scoperta25. La rifondazione delsantuario si attua negli ultimi decennidel IV secolo a.C. con un documenta-

to rito di riconsacrazione e propizia-zione alla divinità ctonia della faseprecedente, della quale vi era pienaconsapevolezza da parte dei promo-tori, che delimitano lo spazio sacroesattamente nella medesima area deltémenos arcaico-classico26. Nel rinvia-re alla recente monografia per la det-tagliata descrizione delle strutture edei depositi votivi rinvenuti con i ri-spettivi materiali27, qui ci preme sotto-lineare appunto i vari momenti dellapredetta liturgia sacra, ed una serie dicircostanziati indizi che sembrano av-valorare l’ipotesi del sorgere dellaprotocasa in funzione del santuario edel reciproco loro condizionamento.La deposizione nel cavo di fondazionedel cantonale d’angolo dell’atrio inblocchi calcarei di opera quadrata, diresti osteologici del banchetto sacrifi-cale e di vasellame prezioso d’impor-tazione di alta cronologia, mostranoun deposito votivo chiuso al momen-to dell’impianto delle strutture portan-ti delle domus, tra fine IV e primi de-cenni del III secolo a.C.28. Un diversorito celebrato qualche decennio dopo,al termine della costruzione della do-mus, questa volta di inaugurazione epropiziazione, è documentato da unaseconda serie di rinvenimenti: la de-posizione del calice miniaturistico sul-la soglia interna del primo pavimentodell’atrio29; uno scodellone in bucche-ro rinvenuto sull’eschàra, orientataverso l’ingresso della domus ad orien-te30; ancora resti del banchetto ritualenella fossa-braciere U.S. 6ı, accanto al-la predetta eschàra ed, ai margini diessa, un frammento di parete di formaaperta in ceramica corinzia, probabil-mente un cratere, con altri preziosi va-si funzionali al banchetto31; a norddella fossa U.S. 6ı, infisso nel battutoU.S.11, l’imboccatura di un doliolumdisposto quasi perfettamente sull’assedel bothros arcaico sottostante, servitoper le libagioni rituali offerte alle divi-nità sottostante32. Due liturgie diverse,celebrate ad una certa distanza di tem-po l’una dall’altra, ma entrambe con-nesse alla edificazione della domus,che, come vedremo anche da altri in-dizi, sembra strettamente condiziona-ta in questa fase dall’aspetto sacro giàpresente nel sito.

La prima domus edificata nell’area,così come è stata da noi ricostruita inpianta, attraverso le strutture emergen-ti e quanto scoperto dalle indagini discavo, occupa una superficie di circa200 mq, e si presenta come un bloccorettangolare, circondato da un’areascoperta a forma di L (elle capovolta);parte della quale era occupata dallestrutture sacre del santuario33 (fig. 4).Abbiamo accennato alle relative somi-glianze della nostra protocasa con al-tre realtà pompeiane, specialmenteper quanto concerne la cubatura com-plessiva, considerando anche i coeviesempi delle cd. “case gemelle”34. Esa-minando più nel dettaglio la nostraplanimetria, ci avvediamo che ai dueingressi verso l’esterno, l’uno superio-re più a nord, l’altro più stretto a sud,entrambi orientati ad est, sullo stessocardine di Tesmo, corrispondono esat-tamente sullo stesso asse, all’interno,altri due accessi all’area santuariale,egualmente gerarchizzati nelle loro di-mensioni. Circa la disposizione degliambienti, non considerando la piccolaappendice del cubicolo marginaleU/V a meridione, l’intera lunghezzadel complesso è occupata da due solivani: l’atrio compluviato d1 a nord el’oëcus tı a sud35, che risultano essereanche quelli più vasti, delimitati adoriente da una cintura di ambienti mi-nori che si aprono all’interno su di unpiccolo atriolo testudinato36, tutti adi-biti a funzioni di servizio o al riposo(fig. 4). Il prevalere in superficie diquesti due ambienti e la loro stessa di-sposizione di apertura verso l’esternoe verso lo spazio sacro interno, li cari-ca di valenze pubbliche e sacre allostesso tempo, e sembra lecito ipotizza-re per essi un significato funzionaleparticolare. I saggi di scavo nell’atriodı (fig. 1) hanno accertato archeologi-camente la fase d’impianto ed il primopiano pavimentale in cocciopesto da-tabile ai primi decenni del III secoloa.C.37. La presenza di un mosaico pa-vimentale in cocciopesto di fine II se-colo a.C. ha impedito di eseguire ana-loghi sondaggi nel contiguo oëcus tı,ma l’allineamento dei due ambienti econtemporaneità d’impianto dellestrutture lasciano pensare anche quiad un complesso edilizio in cui il gran-

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4. Ipotesi ricostruttiva della planimetriadella protocasa IX, 1, 29.

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de salone tı potrebbe aver avuto, inquesta fase, una funzione di ritrovosimposiale di carattere sacro e pubbli-co, come è stato accertato per l’edifi-cio da banchetto al di sotto della casaVII, 4, 6238. Non si riesce a reperire inambito pompeiano altro confrontocoevo più efficace di quello citato, siaper la disposizione e la strutturazionedegli ambienti che soprattutto per lafunzione pubblica che vi si intrave-de39. Nel momento storico in cui sicolloca la cd. “ rifondazione” della no-stra area sacra “di frontiera” come ab-biamo voluto definire il nostro santua-rio cantonale, peraltro non unico nellacasistica pompeiana40, in presenza diuna urbanizzazione ancora scarsa-mente sviluppata della zona e che siandrà intensificando nel corso del IIIsecolo ed in quello successivo, questispazi di aggregazione delle etnie rag-guardevoli cittadine all’insegna del“sacro” ben si spiegherebbero nei sin-goli quartieri, avendo presente la dif-fusa pratica del banchetto sacro epubblico anche presso le comunitàsannitiche, specialmente nella formadegli isonomici “sissizi”, riecheggiantila tradizione pitagorica di matrice ta-rantina41. Ora se in un ambiente grecoe magnogreco la tipologia di tali edifi-ci, con ambienti disposti intorno aduna corte porticata, hanno trovato illoro modello nel Katagogion o, ancormeglio, nell’hestiatorion e ne sonostati riconosciuti diversi esempi42, al dilà del raffronto con l’edificio pompeia-no più sopra citato, gli esempi più si-gnificativi di questa realtà vanno cer-cati in località italiche, come, ad esem-pio, in primo luogo quello rinvenuto a

Buccino qualche decennio addietrodal compianto W. Johannowsky43; enella medesima località il santuario diS. Mauro della fine del III secolo a.C.che annovera nel suo temenos un alli-neamento di tre ambienti con valenzepubblico-sacre molto simili al nostro44.

Uno sviluppo del sacro che va dipari passo con lo sviluppo socio-po-litico è soprattutto leggibile nell’inse-diamento di Roccagloriosa in dueedifici di carattere collettivo, entram-bi collegati a strutture cultuali45. Altroinsediamento lucano che appare unacopia perfetta del nostro è a Pomari-co Vecchio: un’ampia corte con bo-thros centrale ricolmo di rifiuti orga-nici, ceramiche e resti di pasti sacrifi-cali e due grandi vani rettangolarisimmetrici, definito “complesso confunzioni pubblico-private” e parago-nato con il precedente46. Funzioni diraccordo tra piano socio-politico epiano religioso rivestono molti san-tuari cantonali della Daunia, che neicentri di Tiati (Teanum Apulum),Ascoli Satriano, Canosa e Lavello pre-sentano complessi sacro-abitativianaloghi al nostro in un arco crono-logico racchiuso tra il medio e tardoperiodo ellenistico47. Una scelta diordine politico-religiosa guida l’orga-nizzazione degli spazi e l’impiantodelle strutture anche in area peuceta,a Monte Sannace ed in altri centri, apartire dal periodo arcaico e fino alIII secolo inoltrato48. Una intensifica-zione di luoghi di culto cosiddetti diconfine, tra città e campagna, tra luo-ghi intensamente abitati e periferie,come il contesto di cui trattiamo, èstato segnalato ancora molto recente-mente per il periodo ellenistico nellazona messapica, ad oriente di Taran-to, proprio nella organizzazione delleforme insediative tra il IV e III secoloa.C.49. Ora, in tutta la casistica citata aconfronto, gli elementi determinantiper l’identificazione dei culti e so-prattutto dei riti sono state le offertevotive custodite nei depositi sacri edinfatti, il dono dei dedicanti costitui-sce un basilare elemento indicatoreper le letture delle varie forme di re-ligiosità, come c’insegna la BonghiIovino50. Tale assioma di carattere ge-nerale è particolarmente valido ed ef-

ficace per i reperti ceramici e per ilvasellame in specie, attraverso i qualiè possibile non solo ricostruire le ce-rimonie sacre, ma anche lo spaccatosociale in cui l’elemento religioso sicolloca in un determinato periodo51.Alla luce di quanto ipotizzato sullafunzione simposiale dell’ambiente tıben si colloca temporalmente nelcontesto stratigrafico del saggio Iotascavato nel vicino ambiente S2, loscarico di un cospicuo numero di va-sellame da mensa a vernice nera, co-stituito prevalentemente da forme ti-piche del banchetto (piatti, coppe)nella loro esemplarità binaria o terna-ria, in quest’ultimo caso con presen-ze miniaturistiche per le simbolicheofferte alla divinità52. La modularitàbinaria, riscontrata anche negli altridepositi votivi, a partire dal bothrosarcaico UU.SS.23/25, potrebbe forsecollegarsi a due personaggi detentoridi una qualche autorità o insigniti difunzioni sacerdotali, officianti nellesingole cerimonie, come avviene adesempio a Pontecagnano53.

Sul piano della realizzazione, nellafase esecutiva del predetto impiantoprogettuale, con la tecnologia struttu-rale più in voga all’epoca, specialmen-te per costruzioni di un certo impe-gno, si adottano le due tipologie mu-rarie dell’opus quadratum e dell’opusafricanum o a telaio; la prima per lemurature perimetrali, la seconda per

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5. Parete settentrionale dell’atrio d1 inopera quadrata. (Ingresso est alla zonaservizi, Ingresso ovest al triclinio iı).

6. Muro perimetrale sud della protocasain opera a telaio.

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le partizioni interne, con cronologiainiziale ai primi decenni del III secoloa.C., secondo quanto emesso dai datidei saggi di scavo condotti nell’atrio54.Sia la lunga facciata nel Vicolo di Te-smo (18,40 m) che la parete settentrio-nale dell’atrio dı (lunghezza attuale3,30 m) (fig. 5), che in origine si pro-lunga sino al pilastro d’angolo dellafacciata, erano strutture perimetrali ederano in opera quadrata, ben confron-tabili con le murature degli atrii dellaCasa del Naviglio VI 10, 11, della Casadel Chirurgo VI 1, 10 e di quella degliScienziati (VI 14, 43)55. Il muro peri-metrale sud come quello occidentale,considerate strutture interne, in quan-to proiettate la prima verso un’areaverde in questa fase e la seconda ver-so lo spazio sacro del santuario, furo-no edificate in opera a telaio con ca-tene di grossi conci calcarei disposti inverticale ed in orizzontale ed interval-lati da blocchetti di dimensioni minorisommariamente squadrati tendenti adisporsi in filari quasi orizzontali lega-ti da malta (fig. 6). In sostanza si ripetequi nella nostra protocasa la sistema-zione architettonico – strutturale dellemurature perimetrali della Casa del-l’Ancora VI, 10, 756. Per quanto con-cerne il muro occidentale, in questafase con ingresso aperto sull’area sa-cra, originariamente in opera a telaio,ha subito numerose trasformazioni inseguito alla tamponatura del predettoaccesso nei periodi successivi57. Unaterza tipologia muraria presente inquesta fase è l’opus incertum preva-lentemente di calcare riservato ad al-cune tramezzature interne degli am-bienti minori, in cui gli elementi litici,di grandezza media, risultano piutto-sto squadrati e tenuti insieme da ampirinzaffi di malta. (fig. 7) Tale tecnicacostruttiva si accompagna a robusti pi-lastri calcarei che inquadrano i vari in-gressi agli ambienti, e sembra collo-carsi cronologicamente in base ai re-centi studi in età tardo sannitica inizia-le, tra fine III e prima metà del II se-colo a.C.58. In molti ambienti della no-stra protocasa, restano avanzi delleoriginali tramezzature in opera a tela-io di calcare, che spesso risultanocompletati da parziali ristrutturazioniin incerto con caementa di calcare, da

collocarsi prevalentemente verso la fi-ne di questa fase cronologica59. Perquanto concerne la facciata della pro-tocasa in opera quadrata si è già detto;la restante parte del muro di confineinsulare, recingente l’angolo nord esttra Vicolo di Balbo e Vicolo di Tesmo,oltre al rifacimento in opus listatummixtum con specchiature in reticola-to, realizzato nella fase postsismica60,appare strutturato in incerto di scapolicalcarei ben squadrati con rare pre-senze laviche, struttura di confine che,come abbiamo detto precedentemen-te, potrebbe essere stata edificata in-torno ai decenni finali del III secoloa.C., cioè in un secondo momento ri-spetto alla facciata dell’edificio. In ef-fetti proprio in tale circostanza sareb-be anche stato aperto l’accesso al-l’area sacra del Vicolo di Balbo, tam-ponato poi nella fase successiva conla costruzione dell’oëcus bı61. La soli-dità e nel contempo l’essenzialità del-le strutture erano completate da battu-ti pavimentali di cocciopesto, come sidiceva in precedenza (cfr. nota 37) perl’atrio, al centro del quale vi era unavasca impluviale in lavapesta, scoper-ta al di sotto della posteriore tuttoravisibile in tufo62 (fig. 8). Anche nelsaggio Iota è stato messo in lucenell’U.S.8 il primo pavimento del cu-bicolo S2 formato da un compatto esolido battuto di calce e frammenticalcarei63.

Rimane da segnalare, inoltre, il rin-venimento di frammenti d’intonaci di-pinti recuperati nel saggio Delta del-l’atrio, nella fossa U.S.6 al di sotto delpavimento tardo-ellenistico, moltoprobabilmente riferibili ad una decora-zione pittorica “a bugne” di I stile, da-tabile archeologicamente tra III e II se-colo a.C. e quindi connesso con ognievidenza all’impianto originale del-l’ambiente, con pavimento in battutodi cocciopesto e vasca in lavapesta64.

FASE III – AMPLIAMENTO EMONUMENTALIZZAZIONE DELLAPROTOCASA – REALIZZAZIONEDELLA DOMUS 22

Un generale innalzamento dellequote pavimentali segnala, qui come

altrove65, il passaggio alla fase ediliziasuccessiva tardo sannitica di II secoloa.C.. È stato definito questo il “periodod’oro” della città66 per le grandi realiz-zazioni edilizie sia in ambito pubblicoche privato, dovute principalmente al-l’accresciuta ricchezza proveniente dafortunate speculazioni commerciali daparte di ragguardevoli famiglie cittadi-ne ed al contatto diretto con la culturaellenistica, che si afferma attraversonuovi modelli architettonici e decora-tivi. Questa scalata economico-socialedel ceto gentilizio si fortifica grazie alfoedus con Roma ed agli aiuti fornitidurante la guerra Acaica, come testi-monia il donario di Lucio Mummio nelSantuario di Apollo67. Conseguenzaparticolare nella nostra domus di taleaccresciuto prestigio economico-so-ciale è il prevalere della ricchezzasull’aspetto religioso che porta al-l’obliterazione ed alla sconsacrazionedell’area sacra ed alla costruzione,nell’area dell’antico temenos, del peri-stilio y e degli altri ambienti di rappre-sentanza intorno alla corte porticata. Ildeposito sacro U.S. 12 con il seppelli-mento dei resti del sacrificio rituale edelle forme vascolari intenzionalmen-te fratturate, con i frammenti custoditi

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7. Ambiente tı. Parete est. Opera incertadi calcare con uscio tamponato.

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all’interno ed orientati ad occidente edegli altri oggetti dell’instrumentumsacrum, documenta la celebrazionedel rituale di abbandono e di oblitera-zione dell’area sacra68, mentre la favis-sa U.S.18, ai limiti della zona indagata,è da considerarsi un deposito di“sconsacrazione”, i cui reperti cerami-ci forniscono una cronologia per lasua chiusura intorno ai decenni cen-trali del secolo69. L’essenzialità dellestrutture e la sobrietà delle decorazio-ni della protocasa cedono il passo almoltiplicarsi di ambienti con superficisempre più vaste ed alla magnificenzadi partiti decorativi, che tendono a ri-specchiare l’aumentato prestigio eco-nomico -sociale del proprietario emolto probabilmente la sua ascesa nelcursus honorum delle magistraturecittadine. Pressoché tutti gli spaziaperti, un tempo destinati alle struttu-re sacre, vengono occupati dai nuoviambienti. Viene tamponato l’anticoaccesso all’area sacra dal Vicolo diBalbo; nella zona nord est, un tempoa cielo aperto, s’impiantano i locali diservizio. Il centro della domus divieneil nuovo pseudo-peristilio y, intorno alquale si focalizza l’interesse del pro-prietario con la costruzione sui latisettentrionale e meridionale di am-bienti e saloni di soggiorno destinati astupire il visitatore: è il trionfo dellacultura ellenistica, un nuovo stile di vi-ta, che, in nome dell’acquisito concet-to greco di paideia, monumentalizzal’antico spazio verde, trasformandoloin un’area completamente indipen-dente della dimora da mostrare conorgoglio70. Non sappiamo se tali e tan-te trasformazioni furono dovute aduna nuova proprietà, ma se le ricerchefuture dovessero dimostrare, o alme-no fortemente indiziare, l’appartenen-za della domus alla gens Epidia, con-siderando i posteriori livelli economi-co-sociali ed il potere politico acquisi-to da tale etnia nella seconda metà delII secolo a.C., potrebbe essere questoil periodo del loro insediarsi nella no-stra Insula in generale e nella abita-zione di cui trattiamo in particolare71.Nell’atrio dı l’antico pavimento in coc-ciopesto con impluvio in lavapestavengono defunzionalizzati; i loro restiandranno ad ingrossare la colmata di

0,30 m che fa da supporto al nuovopiano pavimentale in battuto di calcee tritumi calcarei U.S.3, al centro delquale, nella stessa posizione della pre-cedente, s’impianta una nuova vascain blocchi di tufo nocerino del tipo A1Fadda72 (fig. 8). La costruzione dellopseudo peristilio y è l’elemento strut-tivo determinante per la completa tra-

sformazione della zona al di là del-l’atrio, un tempo occupata dall’areasacra: un triportico per complessive 9colonne in muratura rivestite in stuc-co, liscio nel terzo inferiore e scanala-to nella restante parte superiore, scan-disce gli spazi dei tre ampi pterà late-rali (fig. 9); mentre cinque semicolon-ne, delle quali restano solo due, com-

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9. Pseudo – peristilio y. Colonnato (angolo nord-est).

8. Atrio d1 della protocasa. Impluvio in tufo di seconda fase.

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pletavano il versante occidentale dellungo muro di confine73. Una partico-lare attenzione si dedica all’imbriglia-mento ed alla raccolta delle acquemeteoriche: una canaletta in muratu-ra, rivestita d’intonaco idraulico, con-voglia le acque provenienti dal tettodel porticato in un bacino di raccolta,la cui imboccatura in pietra lavica sitrova all’angolo nord est del porticatotra la prima e la seconda colonna74.Nell’area del porticato lungo orientale,si abbatte il vecchio impianto di cana-lizzazione U.S.4 che convogliava leacque meteoriche dell’area esternanella cisterna dell’atrio e, parallela adesso più a nord, si provvede ad edifi-care un nuovo condotto intonacatoU.S.5, che sottopassa la parete occi-dentale dell’atrio dı75. In conclusione,le acque che fluivano nel predetto ba-cino di raccolta in parte venivano con-vogliate tramite il canale U.S.5 verso lacisterna al di sotto dell’atrio, ed in par-te, attraverso l’ampio collettore idricoU.S.14, erano indirizzate ad un pozzonella zona servizi della casa76. Dueampie sale di soggiorno e ricevimentocompletano la monumentalizzazionedel settore settentrionale del portica-to: l’exedra aı e l’oëcus bı, entrambeorientate a sud sull’ambulatio ed incomunicazione tra loro (figg. 1-3). Gliampi ingressi sono sottolineati da so-

glie in pietra lavica con incassi rettan-golari agli angoli per il fissaggio delleante, foro centrale per la chiusura77. Ipilastri in blocchi di calcare conferi-scono per la notevole altezza partico-lare solennità ai predetti accessi, com-pletamente aperti sul portico setten-trionale78. Mentre nell’exedra aı siconserva un ampio tratto di pavimen-to in scaglie di calcare, nel vicino oë-cus bı restano, presso la soglia di lava,due frammenti di uno splendido man-to pavimentale in opus signinum dicocciopesto rosso con inserti sparsi dipietre a scaglie colorate (arancione,verde, bruno, viola), che conferisconoall’insieme un effetto fantasmagoricodi colori, completando l’acceso cro-matismo delle bugne e degli ortostatiin finti marmi preziosi della decora-zione di I stile che adorna le pareti.Occorre anche aggiungere, a riguar-do, che queste pitture costituisconouno dei pochi esempi pompeiani di Istile figurato e sono databili nella se-conda metà del II secolo a.C.79. L’im-pianto strutturale dei due ambientipredetti denuncia uno scarto cronolo-gico di qualche decennio tra loro: l’oë-cus bı con il suo opus incertum di cae-menta di calcare di media pezzaturaabbastanza omogenei e ben connessisembra il più antico, databile nei de-cenni centrali del II secolo a.C.80,mentre l’exdra aı presenta una tessitu-ra litica caratterizzata da un incertumdi lava nella zona inferiore della pare-te e di calcare nella parte medio-alta.Tale tipo di struttura muraria, in basealle indagini archeologiche degli ulti-mi anni, sembra attestarsi in età tardo-sannitica avanzata, tra la seconda me-tà del secolo ed il primo decennio delsuccessivo81. Modifiche strutturali edecorative si verificano anche nei re-stanti ambienti dell’antica protocasa:nell’atriolo testudinato t (successiva-mente cucina) l’originale parete occi-dentale, probabilmente in opera a te-laio o in opera incerta di calcare fu so-stituita da un muro strutturato nellastessa tecnica, ma con zoccolo in pie-tre laviche e l’occlusione di un proba-bile uscio che introduceva nell’oëcustı, del quale resta unicamente l’incassodell’architrave ad un’altezza di 1,67 m.Sulle pareti dello stesso ambiente si

provvede ad una decorazione in I stilearchitettonico; ne restano scarsissimiavanzi sulla parete orientale (partedello zoccolo giallo, sovrastato da unpianetto violaceo)82. Dette trasforma-zioni sembrano databili agli anni finalidella fase cronologica in esame o agliinizi di quella successiva (2° metà IIsecolo a.C.). Rialzo della quota pavi-mentale anche nel cubicolo S2, comenell’atrio, mediante un accumulo dimateriali molto eterogenei (U-S-5) sucui si distende un nuovo battuto pavi-mentale molto solido (U-S-4) drenatoda un’anfora greco-italica dispostaverticalmente al di sotto (U-S-6). Lacronologia rilevata del giacimento sot-tostante data la messa in opera del pa-vimento nei primi decenni della se-conda metà del II secolo a.C.83. Nelsettore nord dell’abitazione, oltre ai

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10. La domus ellenistica (in grigio chiarola protocasa).

11. Insula IX, 1. Settore orientale. Parcel-lizzazione in 3 parti.

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due vasti ambienti aı e bı, occorre se-gnalare ancora che nel periodo in ar-gomento è molto probabile sia statoedificato anche il triclino Iı, anch’essoun vasto ambiente finestrato sul peri-stilio y, con accesso dall’atrio dı, concui ha in comune la parete meridiona-le in opera quadrata (fig. 10). Della fa-se originale, oltre alla predetta struttu-ra, resta parte del settore meridionaledel muro ovest in opera a telaio. Sia laparete settentrionale che quella orien-tale, ampiamente rimaneggiata e con-solidata in laterizi nella fase postsismi-ca, conservano parte della strutturad’incerto con caëmenta di calcare ri-salente a questa fase. Sulla parete set-tentrionale si dispone l’incasso per illetto. Scarsi resti di un acciottolato cal-careo pavimentale e sulle pareti avan-zi molto scoloriti di una decorazione apannelli (IV stile?) di tipo molto cor-rente, probabilmente non completata.Sia questo ambiente che i due prece-dentemente trattati obbediscono sen-z’altro a quelle esigenze di conferireparticolare enfasi a questo settore del-la domus da parte dei molto probabilinuovi propretari come si diceva dian-zi, sia con il moltiplicare i luoghi disoggiorno e di riunioni conviviali checon l’impreziosirli con particolari de-corazioni84. In conclusione le modifi-che apportate alla protocasa in questafase, se da un lato, come abbiamo ri-ferito in precedenza, monumentaliz-zano gli spazi aperti dell’antico san-tuario con il peristilio y, ed i vasti am-bienti circostanti, riservano al quartie-re dei servizi spazi molto limitati edappartati della parte nord-orientale,

accessibili esclusivamente dall’unicoingresso sull’atrio85. (fig. 5)

Durante questa fase tardo-sanniti-ca si procede anche all’occupazionedei due lotti meridionali, con la co-struzione delle domus 22 e 26 con re-lativi impianti commerciali su Viadell’Abbondanza86 (figg. 1-2). In que-sta sede tratteremo in prevalenza del-la prima, la cui edificazione, iniziatanella prima metà del II secolo a.C.,verrà completata nella fase successi-va, cioè nei decenni finali del secolo.Le due parcelle in cui si articola lametà meridionale del settore insularevengono ripartite con una superficiespaziale in proporzione di 2:1. Infattial proprietario della casa 22 viene as-segnato uno spazio quasi doppio ri-spetto all’area assegnata all’occupan-te della casa 26, cui viene riservato ilpiccolo lotto angolare di poco più di300 mq87 (fig. 11). Già questo divarionotevole tra le misure superficialipredette dovrebbe dirla lunga sull’ef-fettivo status economico-sociale delpossessore del lotto maggiore rispet-to all’altro occupante, certamente inposizione subalterna rispetto al pri-mo88. La superficie da occupare deli-nea uno schema planimetrico ad Lcapovolta ed è appunto a tale model-lo che si riferisce l’architetto progetti-sta nell’armonizzare i rispettivi volu-mi dei pieni (ambienti coperti) e deivuoti (aree a cielo aperto). Osservan-do, infatti, la pianta della domus ciavvediamo che il braccio verticaledella G (elle capovolta), è orientatonord-sud, con una lieve inclinazionead occidente dovuta alla non perfetta

assialità delle strutture di confine del-la contigua casa 20 (fig. 3). Tale brac-cio, oltre all’ingresso su Via dell’Ab-bondanza, occuperà la maggior partedegli ambienti concentrati intornoall’atrio b, orientato a mezzogiorno. Ilbraccio orizzontale della nostra G (el-le capovolta), invece, è orientatoovest-est, con fronte ad oriente, ed èimpegnato per 3/5 dal viridario mcon relativo ninfeo circondato da untriportico colonnato (fig. 12), chiusoad occidente da un oëcus finestrato ne dal vicino ambiente O, mentrel’exedra triclinio r, aperto sull’areaverde, conclude il lato orientale (fig.13). Completava questo schema pla-nimetrico la zona servizi della dimo-ra, che, in questa fase, cioè prima cheavvenisse la fusione con la casa 29 –occupava presumibilmente parte diquello che sarà poi il cd. stabulum diTesmo al civico 28 e, per la precisio-ne, almeno gli ambienti d-e, che mo-strano usci tamponati con accessiverso il porticato (figg. 1-2). Ora, aparte il condizionamento del sito daimpegnare, occorre anche doman-darsi, come abbiamo fatto per la do-mus 29, quali furono i modelli ispira-tori di una simile realizzazione archi-tettonica. I precedenti di uno schemaplanimetrico ad L (diritta o capovol-ta) si rinvengono in piena età elleni-stica in Sicilia, ad Agrigento89 ed inMagna Grecia, a Locri90 ma anche indiversi centri italici del meridione co-me a Moltone di Tolve, ove nella pri-ma fase della fattoria che poi assume-rà la forma dell’oikos quadrato, gliambienti si disponevano in uno sche-ma ad G (elle capovolta) intorno ad

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12. Viridario con portico colonnato m,visto da oriente.

13. Viridario m da occidente. In fondol’exedra r.

14. Atrio b (visto da Nord). Ingresso: fau-ces a e cubicoli c e d. In angolo lararioarchitettonico.

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un cortile antistante91. Stesso modelloin territorio peuceta a Monte Sanna-ce92 e messapico a Grottaglie ed a Va-ste93. È ovvio che in tutti i casi citatie, come vedremo, anche nel nostroin esame, la formulazione del model-lo abitativo è condizionata dallo spa-zio a disposizione e dal livello socialedel proprietario. A questo secondoaspetto abbiamo già accennato; perquanto concerne il primo, l’elementodeterminante per la scelta del model-lo fu il notevole salto di quota tra il li-vello del limite settentrionale e quel-lo meridionale riscontrabile all’in-gresso su Via dell’Abbondanza94. Insostanza si ripropone qui, in scalaminore, il dilemma che fu anche delcostruttore della Casa dell’AncoraVI,10,7 ed anche nel nostro caso lasoluzione fu analoga: “un sistema bi-nario che sfrutta la doppia opposizio-ne di orientamento e di quota di fre-quentazione”95, qui però all’inversorispetto alla Casa dell’Ancora: orien-tamento N-S per la zona residenzialegravitante intorno all’atrio b; E-W perquella centrata sul viridario porticatom. La pianta della domus aveva lostesso profilo ad L, ma nella nostracasa risultava capovolta e con ingres-so non ad ovest ma a sud96. La dispo-sizione degli ambienti sembra obbe-dire al modello della tradizionale ca-sa ad atrio tuscanico, con ambientidisposti su di un unico lato; infatti aicanonici due cubicoli C e D che fian-cheggiano le lunghe fauces a, seguo-no una serie di ambienti residenzialilungo il solo versante orientale, poi-ché il muro cieco occidentale fa da

confine alla contigua casa 20 (figg. 3-14). Il lato settentrionale dell’atrio b,in asse con l’ingresso, l’ampia apertu-ra del tablino h risulta affiancato adovest dall’apotheca. Il lato posterioredel tablino h risulta completamenteaperto verso il porticato m. Il dislivel-lo tra il piano pavimentale del tablinoed il portico è superato da due gradi-ni marmorei97 (figg. 3-15). L’oëcus n,finestrato sul portico ed accessibileanche dal tablino h, costituisce l’am-biente di raccordo tra la zona delladimora gravitante sull’atrio e quellaintorno al giardino porticato m. Sullato orientale del tablino h, l’andronK, un corridoio in pendenza versol’atrio, delimitato da soglie di pietralavica (fig. 15), conduce verso il viri-dario m a settentrione ed, in questafase, doveva aprirsi anche ad orienteverso la zona dei servizi, come dice-vamo in precedenza98. Ora, il dislivel-lo che si rileva tra l’ala settentrionaledel porticato m e quella meridionale,misurabile in ca 0,80 m, viene supe-rata con un soluzione anche qui mol-to simile a quella adottata per la Casadell’Ancora, che, come giustamentenota F. Pesando, imita quelle speri-mentate per le ville suburbane cheandavano sorgendo in quel periodosu più livelli impostati artificialmen-te99. Premesso che il versante setten-trionale del colonnato verrà comple-tato solo nella fase successiva, allor-ché si addiverrà alla fusione delledue unità abitative, la posizione “in-fossata” del viridario viene delimitataa sud da un basso parapetto in mura-tura che unisce le colonne. Lo splen-

dore dei marmi del Ninfeo absidato,il candore della vasca centrale, il ver-de delle aiuole, le tenui pitture richia-manti simboli ed arredi aurei, le fon-tane zampillanti (fig. 16), enuncianoquasi la sacralità del luogo, facendo-ne uno spazio privilegiato a ciò desti-nato, un vero e proprio paradiso di-mora degli Dei100. Un gradino in cal-care molto mal conservato ed un pia-no pavimentale in cocciopesto in lie-ve pendenza verso ovest costituivanola deambulatio del porticato meri-dionale, mentre i versanti orientale esettentrionale di esso si disponevanoad una stessa quota e tuttora conser-vano resti del signinum pavimentale.Lo pseudo-peristilio si componeva di9 colonne in laterizi, rivestite in stuc-co rudentato imitanti l’ordine dorico,sormontato da abaco ed echino confascia e collarino sottostante (figg.12-17). Il colonnato si articolava con4 elementi su ogni lato lungo ed unasola colonna centrale sul lato breveorientale. La relativa scansione degliintercolumni prevedeva una distanzamaggiore per i primi due a partire daovest, mentre per i rimanenti tre glispazi erano pressoché costanti su en-trambi i lati lunghi; differisce invecela posizione dell’unica colonnaorientale, che non sembra confor-marsi ad alcun modulo101. Caposaldocronologico della realizzazione strut-turale della nostra domus è il muro diconfine occidentale che la separadalla casa n 20, in opus africanum ditipo C, datato dal Peterse ai decennicentrali del II secolo a.C.; in quantoper le sue caratteristiche tecniche

18 Alessandro Gallo

16. Viridario m. Vasca marmorea centra-le.

17. Porticato settentrionale. Particolaredelle colonne con abaco ed echino.

15. Tablino h. In fondo, ingressi al tricli-nio n ed al viridario m.

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rientra tra le tipologie più recenti dital tipo di muratura102 (fig. 18). Sem-pre in opera a telaio è anche il muroorientale della lunga fauce d’ingressoa, corrispondente alla parete occi-dentale del cubicolo d. Le altre tipo-logie edilizie della fase di impiantoche caratterizzano tutti gli altri am-bienti sono: l’opera quadrata di cal-care riservata alle pilastrature che in-corniciano i vari accessi agli ambientie l’opus incertum con caementa pre-valentemente dello stesso materia-le103. Ovviamente quasi tutti i vanimostrano ampie ristrutturazioni inopus latericium ed opus vittatummixtum sia nei pilastri d’accesso chenei vari rifacimenti dei setti murari,frutto prevalentemente dei lavori in-trapresi nelle fasi successive, special-mente per le riparazioni dei danni su-biti con il terremoto del 62 d.C.104.

La facciata della nostra domus 22 èinteramente occupata dall’alto ingres-so incorniciato da pilastri e con soglia-gradino in pietra lavica105; ed affianca-ta ad occidente dall’ingresso della bot-tega 21 e sul lato opposto da quellidegli esercizi commerciali 23 e 24, tut-ti in comunicazione con gli ambientidella nostra dimora, almeno in questaprima fase106 (figg. 2-3). Anche la co-spicua superficie riservata alle attivitàcommerciali è particolarmente elo-quente sulla natura della fortuna eco-nomica del nostro proprietario, alme-no in questa prima fase, che, oltre aitre esercizi prospicienti via dell’Ab-bondanza, riserva anche un altro spa-zio aperto sull’atrio, l’apotheca I, qua-le deposito presumibilmente per der-rate alimentari o attrezzature107. Perquanto concerne l’aspetto decorativonon sembra si siano conservate signi-ficative testimonianze pittoriche relati-ve a questa prima fase, tranne le se-guenti: nell’ambiente di soggiorno e,probabilmente un triclinio, nell’ango-lo della parete di N-E, al di sotto di unframmento di cornice “a gola rove-scia”, due scolorite bugne in giallo ri-quadrate in rosso, che lascerebberopensare ad un I Stile. Tutti gli altri co-spicui resti conservati nei vari ambien-ti si riferiscono prevalentemente a pit-ture di IV Stile. Maggiori testimonian-ze si conservano della prima decora-

zione pavimentale: Vestibolo e fauce asono separati da una soglia-gradino inpietra lavica e conservano cospicui re-sti di pavimenti in cocciopesto108. Deltablino h avanzano le soglie e buonaparte del manto pavimentale in mo-saico di cocciopesto rosso decoratocon tessere calcaree disposte ad ordi-to obliquo109 (fig. 19). Risalenti a que-sta fase sono anche le due soglie di la-va dell’andron k tra atrio e peristilio eresti di un rudus pavimentale in coc-ciopesto, il cui strato superiore apparecompletamente saltato110. Per quantoconcerne il viridario con peristilio m,rimane una soglia in lavapesta tra il IIintercolumnio da ovest; l’ingresso cheintroduce nel viridario era sottolineatoda una soglia in cocciopesto, dellaquale avanzano scarsissimi resti edanche il tappeto pavimentale dellostesso materiale, che adornava il por-ticato, mostra pochi frammenti lungoi lati nord e sud111. Resti di pavimentoin cocciopesto sono anche nell’am-biente p, che si apre sul portico meri-dionale112 e nell’exedra-triclinio r chesi apre sul versante orientale113.

La canonica successione: faucescontornate da cubicula, atrium, tabli-nium, è quì solo apparente, dovuta,come si è già riferito, alla non perfettaassialità del muro di confine occiden-tale dell’atrio, che porta di conseguen-za ad una inclinazione ancora più ac-centuata del lato orientale. Il risultatoplanimetrico che ne deriva è un atrionon perfettamente rettangolare, conun’ampiezza maggiore sul lato brevesettentrionale che va restringendosi ameridione, situazione metrologica chenon si rispecchia in alcuna delle tre ti-pologie previste da Vitruvio per questiambienti114 (figg. 1-2). Per contro, al-l’inclinazione dei due lati lunghi del-l’atrio, corrisponde la perfetta perpen-dicolarità del muro orientale del tabli-no, ma non quella corrispondente oc-cidentale; qui infatti lo spazio canoni-co riservato all’ oëcus triclinio è statooccupato parzialmente, per esigenzedi tipo utilitaristico, dall’apotheca I,mentre l’ambiente di soggiorno pre-detto (n) è stato disposto alle spalle diquest’ultima, ma orientandolo non piùverso l’atrio ma verso il giardino por-ticato m, e facendone l’ambiente di

raccordo tra i due settori della dimora.A tal fine, infatti, con una soluzioneplanimetrica almeno fuori del consue-to, l’ampia apertura posteriore del ta-blino h dava accesso sia al predettoambiente che al portico meridionale,mediante due ingressi ben distinti nel-l’ordine di grandezza115 (figg. 1-2-15).Ora i percorsi interni della dimora,nella fase di cui trattiamo, erano so-stanzialmente due: l’uno nord-sud el’altro est-ovest; infatti, attraverso unoschema planimetrico così concepito,la selezione tra visitatori clienti edospiti avveniva nell’atrio b e nel tabli-no h. L’andron k, a destra menavanella zona-servizi della casa raggiun-gibile, probabilmente, per le fornitureanche da un ingresso sul Vicolo di Te-smo. Solo agli intimi, infine, era con-sentito di accedere alle sale di ban-chetto e di godere delle delizie delgiardino-ninfeo, nel settore posterioredella domus raggiungibile attraverso idue ingressi descritti dal tablino h116.In conclusione, la scansione degli spa-

Il progetto architettonico-strutturale della Casa di M. Epidio Sabino a Pompei 19

18. Atrio b. Muro ovest in opera a telaiodi tipo C.

19. Tablino h. Mosaico pavimentale incocciopesto. Particolare del tappeto cen-trale a losanghe.

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