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Sommario: 1. Premessa - 2. I connotati della specialità finanziaria - 3. Il dibattito scienti - fico e politico-istituzionale sulla specialità finanziaria nel nuovo assetto costituzionale del siste - ma di finanza pubblica - 4. Le ragioni della persistenza della specialità finanziaria all’interno del mutato quadro costituzionale - 5. Specialità finanziaria e rimozione degli squilibri socio-econo - mici - 6. Il contemperamento tra esigenze della specialità ed istanze unitarie dell’ordinamento nell’orientamento della giurisprudenza costituzionale - 7. La specialità finanziaria nella legge di delega sul cd. federalismo fiscale - 8. Conclusioni 1. Premessa La tematica del rapporto tra prerogative proprie della cd specialità finanziaria ed esi- genze di unitarietà dell’ordinamento giuridico repubblicano, a lungo trascurata dal dibattito scientifico, si è evoluta quasi in sordina attraverso un percorso che, dopo l’iniziale accumu- lo di benefici e privilegi da parte delle regioni speciali, ha visto l’innescarsi di un processo di segno contrario diretto alla progressiva riduzione dei vantaggi di cui le stesse godevano rispetto a quelle a regime comune 1 . In tal senso, sul presupposto che le regioni ad autonomia speciale per svolgere le stesse competenze di quelle a statuto ordinario avevano a disposizione il triplo delle risor- se per abitante 2 , lo Stato, a partire dalla legge n. 40/1989 e con tutte le finanziarie succes- sive, ha perseguito un disegno di progressiva costante riduzione del flusso di risorse loro destinato. Ciò si è realizzato attraverso l’esclusione delle autonomie differenziate da quasi tutti i fondi speciali destinati alle regioni e la riduzione o soppressione dei finanziamenti per la spesa sanitaria corrente e di varie entrate previste dagli statuti speciali, nonché median- Ragioni e prospettive della specialità finanziaria nel nuovo assetto del sistema di finanza pubblica Dario Immordino Dottore di ricerca Università di Palermo 1 Cfr. G. MACCIOTTA, Competenze e finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle forme di autono - mia differenziata, in astrid-online, pag. 1, E. BUGLIONE, Aspetti finanziari della specialità delle regioni a sta - tuto differenziato, in Le nuove specialità nella riforma dell’ordinamento regionale, A. FERRARA, G.M. SALER- NO (a cura di), Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie, CNR, 2001, pagg. 204 e ss.. 2 Tale asimmetria tra costo delle funzioni di competenza e risorse disponibili è stato più volte rilevato in dot- trina e da diversi studi tecnici in materia tra i quali vd. in particolare il rapporto del 1988 della Commissione tecnica per la finanza pubblica su “Il costo delle Regioni a Statuto speciale”. 1

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Sommario: 1. Premessa - 2. I connotati della specialità finanziaria - 3. Il dibattito scienti -

fico e politico-istituzionale sulla specialità finanziaria nel nuovo assetto costituzionale del siste -

ma di finanza pubblica - 4. Le ragioni della persistenza della specialità finanziaria all’interno del

mutato quadro costituzionale - 5. Specialità finanziaria e rimozione degli squilibri socio-econo -

mici - 6. Il contemperamento tra esigenze della specialità ed istanze unitarie dell’ordinamento

nell’orientamento della giurisprudenza costituzionale - 7. La specialità finanziaria nella legge di

delega sul cd. federalismo fiscale - 8. Conclusioni

1. Premessa

La tematica del rapporto tra prerogative proprie della cd specialità finanziaria ed esi-

genze di unitarietà dell’ordinamento giuridico repubblicano, a lungo trascurata dal dibattito

scientifico, si è evoluta quasi in sordina attraverso un percorso che, dopo l’iniziale accumu-

lo di benefici e privilegi da parte delle regioni speciali, ha visto l’innescarsi di un processo

di segno contrario diretto alla progressiva riduzione dei vantaggi di cui le stesse godevano

rispetto a quelle a regime comune 1.

In tal senso, sul presupposto che le regioni ad autonomia speciale per svolgere le

stesse competenze di quelle a statuto ordinario avevano a disposizione il triplo delle risor-

se per abitante 2, lo Stato, a partire dalla legge n. 40/1989 e con tutte le finanziarie succes-

sive, ha perseguito un disegno di progressiva costante riduzione del flusso di risorse loro

destinato. Ciò si è realizzato attraverso l’esclusione delle autonomie differenziate da quasi

tutti i fondi speciali destinati alle regioni e la riduzione o soppressione dei finanziamenti per

la spesa sanitaria corrente e di varie entrate previste dagli statuti speciali, nonché median-

Ragioni e prospettive della specialità finanziaria nel nuovoassetto del sistema di finanza pubblicaDario ImmordinoDottore di ricerca Università di Palermo

1 Cfr. G. MACCIOTTA, Competenze e finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle forme di autono -mia differenziata, in astrid-online, pag. 1, E. BUGLIONE, Aspetti finanziari della specialità delle regioni a sta -tuto differenziato, in Le nuove specialità nella riforma dell’ordinamento regionale, A. FERRARA, G.M. SALER-NO (a cura di), Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie, CNR, 2001, pagg. 204 e ss..2 Tale asimmetria tra costo delle funzioni di competenza e risorse disponibili è stato più volte rilevato in dot-trina e da diversi studi tecnici in materia tra i quali vd. in particolare il rapporto del 1988 della Commissionetecnica per la finanza pubblica su “Il costo delle Regioni a Statuto speciale”.

1

te l’utilizzo generalizzato dell’istituto della riserva all’erario delle nuove entrate e di quelle

derivanti dalle modifiche introdotte alla disciplina dei tributi erariali esistenti 3.

Un’accelerazione di tale processo di ridimensionamento della specialità finanziaria si

è registrato con le ultime leggi finanziarie, con le quali il legislatore statale ha dettato una

serie di norme a vario titolo dirette a realizzare “il coordinamento tra le misure previste dalle

leggi costituenti la manovra finanziaria dello Stato e l’ordinamento della finanza regionale

previsto da ciascuno statuto speciale e dalle relative norme di attuazione...” ed il concorso

delle medesime regioni al riequilibrio della finanza pubblica 4.

Con la riforma del Titolo V parte seconda della Costituzione il tema della specialità

finanziaria è tornato di stretta attualità, se non altro per l’indifferibilità del coordinamento dei

regimi differenziati con il nuovo assetto costituzionale, nell’ambito del processo di realizza-

zione del nuovo sistema di finanza pubblica.

Le teorie che vedevano nella differenziazione dei regimi di autonomia un elemento di

anarchia nel sistema dell’organizzazione statale, in grado di pregiudicarne l’unitarietà, sem-

brano ormai chiuse in una parentesi storica di contrasti ideali superati, mentre continuano

a persistere i dubbi sia in ordine alla tenuta del principio di specialità all’interno del mutato

assetto costituzionale, sia in ordine al fondamento giuridico (ed economico sociale) della

differenziazione dei regimi finanziari.

2. I connotati della specialità finanziaria

Del sistema previgente alla riforma del 2001 non ha mancato di rilevanza negli studi

la distinzione fondamentale tra due gruppi di Regioni, per effetto del trattamento di favore

che l’originario testo costituzionale aveva riservato nell’art. 116 ad alcune di esse con l’at-

tribuzione di “forme particolari di autonomia” 5.

In ambito finanziario la prima espressione della specialità è consistita nello svinco-

lamento di queste regioni dal potere del legislatore statale di determinare le forme e i

limiti dell’autonomia finanziaria regionale, di cui sono noti gli aspetti negativi in termini di

incertezze interpretative e di connessi effetti di compressione sulla potestà delle regio-

2

3 Cfr. G. PITRUZZELLA, C’è un futuro per la specialità della regione siciliana?, in Le Regioni, n. 3/2001, 505.4 Cfr. legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), art. 1, comma 662.5 Cfr. R. BIN, L’autonomia e i rapporti tra esecutivo, legislativo e le commissioni paritetiche, in 1992 - fine diun conflitto, Bologna 2003, 205-218. Nell’analisi di questa dottrina viene rilevato che, al di là del tratto comu-ne della titolarità di forme e condizioni particolari di autonomia, non esiste una categoria omogenea di regio-ni speciali: “ci sono invece cinque regioni ad ordinamento differenziato, cinque realtà notevolmente diverse,diverse tra loro non meno di quanto lo siano rispetto alle regioni ordinarie”. Nello stesso senso G. PASTORI,La nuova specialità, in Le Regioni, 2001, 488.

ni di diritto comune che ne hanno ostacolato fortemente il processo naturale di comple-

ta esplicazione 6.

Sicché, a differenza di quanto avviene per le regioni ordinarie, il coordinamento con il

sistema finanziario della Repubblica è affidato all’autonoma individuazione ed applicazione

da parte dei legislatori regionali dei principi del sistema tributario recati dalla legislazione

esistente, senza necessità di attendere un’apposita legge statale 7.

Di conseguenza, fino all’emanazione della legge statale di coordinamento del sistema

tributario, nei confronti delle regioni ad autonomia differenziata non opera la sospensione

del potere legislativo che la Corte costituzionale ha imposto a quelle di diritto comune, alle

quali è consentita esclusivamente l’istituzione di forme di prelievo aventi presupposti diver-

si da quelli degli esistenti tributi statali 8.

6 Cfr. L. PALADIN: Diritto regionale, pag. 248, il quale rileva che “anche a prescindere dal singolarissimo ordi-namento siciliano, gli Statuti speciali costituiscono, infatti, un titolo bastante per l’esplicazione immediata dellapotestà legislativa regionale tributaria, senza che le Regioni si debbano muovere lungo i binari prestabiliti dallegislatore regionale”.7 In relazione agli aspetti in ordine ai quali il Titolo V della Parte II della Costituzione non prevede un’autono-mia legislativa tributaria più ampia di quella complessivamente attribuita alle regioni speciali dai rispettivi sta-tuti di autonomia questi ultimi costituiscono l’unico parametro applicabile. Di conseguenza ogni forma di con-tenimento della potestà normativa di autodeterminazione della disciplina tributaria di competenza di questeregioni “passa non già attraverso l’emanazione di una legge statale che fissi i principi fondamentali previstidall’art. 117 Cost., ma attraverso la modificazione statutaria” da realizzarsi attivando gli speciali procedimen-ti di collaborazione previsti dagli Statuti. Cfr. sent. n. 102/2008 n. 5.4 del considerato in diritto. Sulla pronun-cia vd la nota di G. C. CARBONI La Corte riconosce la più ampia autonomia finanziaria delle regioni specia -li e detta le regole per la costruzione del sistema tributario della Repubblica, in federalismi.it, n. 14/2008.8 Cfr. sent. n. 102/2008 n. 5.3 del considerato in diritto ove il Giudice delle leggi afferma che il divieto di disci-plinare tributi già istituiti da legge statale o di istituirne altri aventi lo stesso presupposto dei preesistenti tribu-ti statali non rientra tra i principi con i quali la legislazione delle regioni speciali deve armonizzarsi, poiché essocostituisce un principio di coordinamento in senso stretto - individuato in via interpretativa dalla giurispruden-za della Corte e transitoriamente applicabile fino all’emanazione di un’apposita legge statale in materia - cheattiene solo alla ripartizione tra i diversi livelli di governo dei presupposti di imposta, secondo un criterio tem-porale di priorità nell’esercizio della potestà legislativa tributaria. Di conseguenza le Regioni speciali, nell’isti-tuire i tributi propri, possono autonomamente valutare l’armonia del sistema regionale con i «principi del siste-ma tributario dello Stato» e conformare i propri tributi agli elementi essenziali del sistema statale e alle ratio -nes dei singoli istituti tributari mentre, per le Regioni ordinarie i “principi fondamentali di coordinamento delsistema tributario”, in quanto realizzano un coordinamento in senso stretto, hanno per oggetto la delimitazio-ne delle sfere di competenza legislativa tributaria e presuppongono l’esistenza di un’apposita legge (statale)che li stabilisca (punto 5.2 del considerato in diritto). Riguardo all’autonomia tributaria delle regioni ordinariecfr. sentt. nn. 296, 297, e 311 del 2003; 241/2004; 335 e 397 del 2005; 2, 75, 412 e 413 del 2006, 451/2007.In dottrina vd. L. ANTONINI, La Corte assegna l’Irap alla competenza esclusiva statale. Intanto il federalismofiscale rimane al palo mentre decolla il “tubatico” siciliano. (Commento alla sent. n. 296/03 della Corte costi -tuzionale), in Le Regioni, 2004, p. 238 ss; IDEM, La prima attuazione del nuovo art. 119 Cost. e la questionedei tributi propri delle Regioni, Scritti in memoria di Livio Paladin, Jovene, 2004 e Dal federalismo legislativoal federalismo fiscale, Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 400-437; BERTOLISSI M., Unariflessione sul federalismo fiscale, in L. Antonini; Verso un nuovo federalismo fiscale, Giuffrè, 2005, IDEM,Federalismo fiscale: una nozione giuridica, in Federalismo fiscale, 2007, A. BRANCASI, L’autonomia finanzia -ria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., in Le regioni, 2003, n. 1, IDEM, Per “conge -lare” la potestà impositiva delle Regioni la Corte costituzionale mette in pericolo la loro autonomia finanziaria,

3

Nella fase transitoria dell’attuazione delle disposizioni costituzionali, pertanto, le regio-

ni ad autonomia differenziata possono - secondo principi criteri ed entro i limiti stabiliti dagli

Statuti speciali - istituire tributi con legge regionale, anche in relazione a fattispecie assog-

gettate ad imposizione dalla legge statale 9.

Mentre nell’assetto a regime le stesse continueranno a godere dei più ampi margini di

autonomia eventualmente previsti dai rispettivi Statuti, in termini di ampiezza delle preroga-

tive di istituzione e gestione delle forme di prelievo proprie, manovrabilità dei tributi erariali

e minore incidenza del potere statale di coordinamento.

Ne consegue che quelle regioni che, in virtù dei rispettivi statuti speciali e delle relati-

ve norme di attuazione, risultano titolari di competenze maggiori rispetto a quelle attribuite

alle regioni ordinarie, non sono soggette alla disciplina del Titolo V. Sicché la legittimità

costituzionale di ogni forma di esercizio della spettante autonomia tributaria andrà vagliata

principalmente in relazione alle fonti regionali 10 salvo il necessario riferimento a principi fon-

damentali quali quelli della progressività del sistema tributario, di uguaglianza e ragionevo-

lezza, e a quegli altri posti a vario titolo a presidio del carattere unitario e solidaristico del-

l’ordinamento, nonché alle norme che “costituzionalizzano” il vincolo comunitario.

In un simile contesto gli unici vincoli (temporanei e complessivi) che la legge statale

può imporre alle autonomie speciali sono quelli “riconducibili ai principi fondamentali di

coordinamento della finanza pubblica”, i quali, “in ragione dell’imprescindibile esigenza di

assicurare l’unitarietà delle politiche complessive di spesa che lo Stato deve realizzare sul

versante sia interno che comunitario e internazionale” 11, non possono essere sottoposti al

“filtro” dell’interpretazione ed armonizzazione ad opera del legislatore regionale.

4

in Giur. cost. 2003, p. 2562 ss.; dello stesso Autore., Osservazioni sull’autonomia finanziaria, in Le Regioni2004, 451-478, e Riserva di legge e nuovo riparto della potestà normativa in materia tributaria, Convegno“L’attuazione del Titolo V della Costituzione”, Varenna 18 settembre 2004, www.astridonline.it, 138, F. GALLO,Il nuovo articolo 119 della Costituzione e la sua attuazione, in L’attuazione del federalismo fiscale, a cura diF. BASSANINI, G. MACCIOTTA, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 194 ss., D. IMMORDINO, La legge n. 3 del 9febbraio 2006 della Regione Toscana e le prospettive reali di attuazione della riforma degli artt. 117 e 119Cost. negli effetti immediati della sentenza n. 417 del 9-14 novembre 2005 della Corte costituzionale, in LeIstituzioni del federalismo, 2006, 707 e ss., G. MARONGIU, Riflessioni a margine del progetto di “federalismofiscale, in Quaderni regionali, 2009, 57-82, Idem, Il federalismo fiscale, Il risparmio, n. 3 2008, pp. 77-98, C.SALAZAR, L’art. 119 Cost. tra (in) attuazione e “flessibilizzazione” (in margine a corte cost., sentt. Nn. 16 e49 del 2004), in Le Regioni, 2004, 1026 e ss..9 Cfr. sent. n. 102/2008 punti 5.2 e 5.3 del considerato in diritto.10 Cfr. Corte costituzionale, sentt. 74/2009, n. 2 del considerato in diritto, e 102/2008, nn. 5.3 e 5.4 del con-siderato in diritto. Vd. anche G. C.CARBONI, La Corte indica le fonti dell’autonomia finanziaria delle Regionispeciali e anticipa le scelte della legge delega sul “federalismo fiscale”, in Forumcostituzionale.it, pag. 2.11 Cfr. sent. n. 102/2008, n. 5.4 del considerato in diritto.

Ma si tratta di esigenze del tutto differenti rispetto a quelle che attengono al coordina-

mento del sistema tributario delle regioni speciali, la cui coerenza con l’ordinamento è

garantita dalle disposizioni statutarie che a vario titolo subordinano l’esercizio delle prero-

gative di potestà tributaria dei legislatori regionali all’armonia con il sistema statale 12.

Tuttavia neanche il carattere di specialità può rendere senza limiti questa forma di

autonomia, dato che il principio dell’unità del sistema finanziario trova piena salvaguardia

attraverso l’imposizione del dovere di armonizzare i tributi di istituzione regionale con il

sistema tributario nazionale comprensivo di quello statale e di quello degli Enti minori 13,

oltre che del divieto (valevole per tutte le regioni speciali ad eccezione di Sicilia e Sardegna)

di apportare modifiche al regime delle imposte e delle tasse 14.

Allo stesso modo va ricordato il potere dello Stato di modificare l’ordinamento tributa-

rio generale fino al punto di abolire le imposte attribuite alle Regioni ovvero di fissare

aumenti di aliquote o addizionali per fini di interesse nazionale sottraendone il gettito rela-

tivo alle stesse, che, di norma, conservano il diritto agli incrementi naturali 15.

Si tratta di un genere di specialità in relazione alla quale il legislatore statale e la giu-

risprudenza costituzionale si sono dati abbastanza da fare per un sostanziale ridimensio-

namento 16, che in linea di massima rispecchia quello che, in nome degli stessi principi di

unità ed armonizzazione, avrebbero più incisivamente operato sull’autonomia finanziaria

delle Regioni di diritto comune.

Su tale situazione sono maturate le scelte dei legislatori regionali di fare scarso uso

della loro autonomia legislativa adagiandosi su di un sistema di sostanziale finanza deriva-

12 Cfr. sent. n. 102/2008, n. 5.5 considerato in diritto.13 Cfr. sent. n. 9/1957, ove viene affermato che “poiché risponde ad una esigenza fondamentale per l’econo-mia e per l’eguaglianza di tutti i cittadini, a qualsiasi parte del territorio della Repubblica appartengono, chel’obbligazione tributaria si ricolleghi ad un sistema unitario, in ordine alle caratteristiche di ciascun tributo, aicespiti colpiti e alle modalità della riscossione, è palese che, anche a questa esigenza, occorre sia subordi-nata la legislazione regionale; la quale deve essere quindi coordinata con la finanza dello Stato e degli altrienti locali, affinché non derivi turbamento ai rapporti tributari nel resto del territorio nazionale”.14 Anche nei casi (Sicilia e Sardegna) in cui è prevista la possibilità di introdurre modifiche al regime dei tri-buti di istituzione statale in forma di benefici ed esenzioni gli sgravi e le agevolazioni devono essere confor-mi al genere previsto dalla legislazione statale per il medesimo tipo di tributo, oltre che giustificate da speci-fiche esigenze riferibili al territorio regionale, e non possono porsi in contrasto con i principi e gli interessigenerali cui si ispira la legislazione statale in materia. Cfr. sent. n. 9/1957.15 Cfr. sentt. nn. 120/2008, 169/2007, 417/2006, 376/2003; L. PALADIN: op. cit. pagg. 250-251.16 Cfr. L. PALADIN, ibidem 239 G. PASTORI, La nuova specialità, cit., 489.

5

ta, il quale, dopo tutto, non ha mancato di assicurare in certa misura il reperimento dei

mezzi economici per lo svolgimento delle funzioni di competenza 17.

Difatti, al di là dei poteri e delle prerogative di autonomia tributaria, ciò che più ha

caratterizzato i regimi finanziari speciali è certamente la disponibilità di un ammontare di

risorse di gran lunga superiore a quelle concesse alle regioni di diritto comune 18. Si tratta

perlopiù di entrate derivanti dall’attribuzione di quote del gettito di tributi erariali riscossi nei

territori di queste regioni, che prescindono da qualsiasi valutazione in merito all’efficienza

dell’amministrazione beneficiaria 19.

Ciò ha generato la diffusione di una certa ostilità verso la specialità finanziaria, conce-

pita come una forma di anacronistico privilegio ormai privo di valide ragioni giustificatrici, sia

in termini di differenziazione della situazione socio-economica rispetto ad altre regioni meri-

dionali a statuto ordinario, sia in relazione alle originarie cause che determinarono la con-

cessione di un regime di assoluto vantaggio.

3. Il dibattito scientifico e politico-istituzionale sulla specialità finanziaria nel

nuovo assetto costituzionale del sistema di finanza pubblica

Nel dibattito scientifico e politico-istituzionale è piuttosto diffusa l’opinione secondo cui

la riforma del 2001 avrebbe costituzionalizzato la progressiva svalutazione dell’istituto della

6

17 Cfr. L. PALADIN, op. cit., pag. 240 Questa inerzia ha determinato un progressivo appannamento delleragioni della specialità, cfr. in merito R. BIN. , L’autonomia e i rapporti tra esecutivo, legislativo e le commis -sioni paritetiche, cit., il quale constata che, eccettuate la Val d’Aosta e la Provincia di Bolzano,. nelle altrerealtà, “le ragioni della specialità si riducono a pochi tratti, a profili esclusivamente giuridici e a privilegi finan-ziari che, privi di giustificazioni sociologiche, ormai sono odiosi, sono visti dal resto della comunità nazionalecome retaggi ingiustificabili, privi di un valido fondamento istituzionale”, e rileva che, nonostante i numerosiconvegni e seminari organizzati per trovare una risposta sul ruolo e sul senso della specialità “la risposta nonè venuta, per il semplice fatto che è davvero difficile trovare argomentazioni convincenti, capaci di arginare ladiffusa opinione che vadano annullate le differenze di regime con le altre regioni”. Di contro la stessa dottrinaosserva che l’impegno nell’attuazione dei rispettivi ordinamenti autonomistici e l’affidabilità politica e ammini-strativa dimostrata, hanno consentito alla Val d’Aosta e alla Provincia di Bolzano di consolidare e rafforzarel’originaria “ragione giuridica della specialità ... indubbiamente legata ai patti di pace e al fattore linguistico”sicché in atto: “questo è solo l’involucro, perché la ragione attuale della specialità è ben più profonda. La Valled’Aosta e il Sudtirolo sono due comunità autonome, nel senso che, per varie ragioni, hanno maturato una spe-cificità in quanto comunità sociale che oggi è palpabile”, Vd. anche dello stesso Autore, L’asimmetria dellaProvincia di Bolzano: origini, cause e prospettive, in L’ordinamento speciale della Provincia autonoma diBolzano/a cura di J. Marko; S. Ortino; F. Palermo (Ius publicum europaeum; 03), Cedam 2001.18 Per la completa ricostruzione ed analisi modalità di finanziamento delle Regioni a statuto speciale vd. E.BUGLIONE, Aspetti finanziari della specialità delle regioni a statuto differenziato, in Le nuove specialità nellariforma dell’ordinamento regionale, cit., pagg. 204 e ss., V. FICARI, Prime note sull’autonomia tributaria delleRegioni a statuto speciale (e della Sardegna in particolare), in Rass. trib., n. 5/2001, pag. 1284 e ss.; G. MAC-CIOTTA, Competenze e finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle forme di autonomia differenzia -ta, in astrid-online, pagg. 3 e 4.19 Così E. BUGLIONE, Aspetti finanziari della specialità delle regioni a statuto differenziato, cit., pag. 207.

specialità prodotta dalla evoluzione legislativa degli ultimi tempi, consolidando la posizione

di svantaggio delle autonomie differenziate nei confronti di quelle di diritto comune 20.

Secondo questa tesi, assottigliatesi le differenze sul piano istituzionale e funzionale, e

spostatasi a favore delle regioni ordinarie la diversità in termini di autonomia statutaria, la

tradizionale nozione di specialità come sinonimo di condizione di favore sembra aver per-

duto ogni riscontro con la realtà 21.

In particolare, sull’assunto del ridimensionamento - se non sostanziale annullamento

- dei profili di differenziazione in ordine alle competenze legislative e amministrative, non-

ché del venir meno delle originarie ragioni che determinarono la scelta del Costituente a

favore della specialità, è ormai diffuso l’orientamento che propende per la necessità dell’o-

mologazione anche dei regimi finanziari 22.

Si sostiene in merito che la “specialità finanziaria”, nella sua dimensione attuale, si

sostanzi in una disciplina di vantaggio che non è funzionale alla realizzazione di specifici

bisogni meritevoli di tutela differenziata da parte dell’ordinamento giuridico, e quindi in una

vera e propria forma di privilegio. Un residuo tralatizio non più giustificabile, peraltro, nem-

meno alla luce di situazioni di particolare arretratezza degli enti beneficiari, dato che le par-

ticolari forme e quantità di finanziamento riconosciute spettano anche a talune delle regio-

ni più ricche del Paese.

Neanche le altre ragioni di carattere storico o sociale e culturale che hanno determi-

nato l’originario riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia giustifichereb-

bero più la sussistenza di regimi finanziari differenziati.

In questa prospettazione le eventuali differenze residue sotto il profilo dei maggiori

costi legati all’espletamento delle funzioni andrebbero tuttalpiù affrontate sul piano della

normativa transitoria, attraverso la previsione di uno specifico regime che consenta a que-

ste regioni il passaggio verso il sistema generale, previa attribuzione delle risorse necessa-

rie a far fronte alle eventuali maggiori spese accertate 23.

20 Cfr. G. D’IGNAZIO - G. MOSCHELLA, Specialità e asimmetrie nell’ordinamento regionale, in S. GAMBI-NO (a cura di), Diritto regionale e degli enti locali, Milano, 2003, pag. 226, i quali rilevano altresì che alla lucedella nuova disciplina costituzionale si rivela particolarmente improbabile, e comunque difficoltoso, un supe-ramento di tale situazione obiettiva di svantaggio, dal momento che l’assetto statutario ed organizzativo delleregioni speciali risulta sostanzialmente assoggettato alla volontà statale, in virtù della necessità della leggecostituzionale per la modifica degli Statuti e l’ampliamento delle competenze.21 Ibidem; G. PAGANETTO, Il significato della specialità regionale, Le Regioni, 2000, 1101.22 Cfr. G. MACCIOTTA Regioni speciali e federalismo fiscale, in astrid-online; IDEM Normalizzazione delleregioni a statuto speciale dal punto di vista delle entrate, in astrid-online. A. RUGGERI, Le regioni speciali, inForo.it, 2001, n. 7-8, 205, G. PAGANETTO, Il significato della specialità regionale, cit., 1104.23 Cfr. F. BASSANINI - G. MACCIOTTA, Il disegno di legge sull’attuazione dell’articolo 119 della Costituzionein tema di federalismo fiscale: prime riflessioni, in astrid-online; Idem, Il disegno di legge sulla attuazione delfederalismo fiscale all’esame del Senato Osservazioni e rilievi sul testo del relatore”, in astrid-online, 4 e 5.

7

Per quanto più specificamente attiene alle imprescindibili esigenze di solidarietà, quali

ad esempio quelle connesse ai maggiori costi causati dalla discontinuità territoriale di alcu-

ne regioni, le stesse rientrerebbero tra quelle condizioni che legittimano il riconoscimento di

risorse a titolo di perequazione 24.

Le argomentazioni a sostegno della tesi “uniformatrice” vertono essenzialmente sulla

considerazione che di fatto non sussistono spazi per una differenziazione dei regimi finan-

ziari all’interno di un sistema in cui a tutti gli enti è garantita la copertura dei costi di eserci-

zio delle funzioni.

Nel nuovo assetto dell’ordinamento di finanza pubblica, inoltre, a tutte le regioni è rico-

nosciuta la potestà di istituire ed applicare tributi propri (in armonia con la Costituzione e

secondo principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario) e alle

stesse sono attribuite compartecipazioni al gettito dei tributi erariali riferibili ai rispettivi ter-

ritori, trasferimenti perequativi, e risorse speciali diretti a promuovere lo sviluppo economi-

co, la coesione delle aree sottoutilizzate del Paese e la solidarietà sociale, a rimuovere gli

squilibri economici e sociali e a favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona.

In un simile contesto la consistenza della provvista finanziaria di ciascun ente è deter-

minata esclusivamente dall’ampiezza e dalla quantità delle funzioni esercitate, nonché dalla

capacità di gestione delle politiche tributarie e di spesa. E poiché all’interno di un tale asset-

to la titolarità di risorse ulteriori rispetto a quelle previste dal regime ordinario risulta neces-

sariamente collegata a parametri oggettivi di differenziazione dagli altri enti, non ci sarebbe

spazio per una specialità “a prescindere” dalle funzioni in concreto svolte 25.

Ciò perché con l’attuazione della riforma costituzionale si dovrebbe dar vita ad un

sistema di federalismo fiscale che consenta a ciascuna regione, attraverso un’adeguata

dotazione di competenze e risorse, di porre in essere politiche autonome in relazione alle

esigenze delle comunità di riferimento. L’obiettivo è quello di creare non un’omologazione,

8

24 Ibidem.25 Cfr. in merito F. BASSANINI E G. MACCIOTTA Il disegno di legge sulla attuazione del federalismo fiscaleall’esame del Senato Osservazioni e rilievi sul testo del relatore cit., 5, secondo i quali le regioni a statuto spe-ciale possono “avere più risorse perché hanno più poteri e funzioni, non indipendentemente dai poteri, dallefunzioni e dunque dalle prestazioni e dai servizi che devono assicurare ai loro cittadini” IDEM, A.S. 1117Delega al Governo per l’attuazione del federalismo fiscale. Osservazioni a prima lettura sulla bozza governa -tiva di emendamenti al testo del relatore, in astrid-online, G. MACCIOTTA, Regioni speciali e federalismofiscale, in sardegna.eu, ove l’Autore rileva che la conservazione e l’eventuale estensione della “specialità”nelle funzioni esercitate implica inevitabilmente la rinuncia alla “specialità” in materia di entrate, di talché laprovvista finanziaria delle Regioni speciali dovrà essere determinata con il medesimo criterio di stima dei costidelle “funzioni assegnate” e di successiva assegnazione di tributi propri, addizionali, compartecipazioni ai tri-buti erariali e quote del fondo perequativo che si utilizzerà per il complesso delle istituzioni previste nell’arti-colo 114 della Costituzione.

ma una differenziazione fondata sulla responsabilizzazione; un modello istituzionale che

valorizzi la capacità di ciascun ente di garantire ai propri cittadini livelli essenziali di servizi,

a partire da quelli socio-sanitari o infrastrutturali, che le Regioni inefficienti dovranno inevi-

tabilmente realizzare attraverso progressivi incrementi della pressione fiscale, sino al falli-

mento politico.

Un sistema di federalismo a geometria variabile, all’interno del quale perpetuare regi-

mi finanziari differenziati in considerazione di fattori in gran parte venuti meno finirebbe sol-

tanto con l’alimentare forme di inefficienza e di parassitismo, e con il ledere il principio di

solidarietà correttamente inteso.

Simili argomentazioni esprimono la tendenza all’omologazione degli ordinamenti

finanziari di tutti indistintamente i soggetti istituzionali, da realizzarsi attraverso l’attrazione

dei regimi speciali nel contesto generale che risulterà dall’attuazione dei contenuti della

riforma, nell’ottica della stabilizzazione di un sistema unitario.

A seguire questa impostazione il termine adeguamento di cui all’art. 10, l. c. n. 3/2001,

in relazione alla materia finanziaria, andrebbe interpretato nel significato di uniformazione,

da attuarsi attraverso il passaggio tout court delle Regioni speciali dai regimi vigenti a quel-

lo previsto dal nuovo testo costituzionale 26.

Si tratta di considerazioni certamente condivisibili nella parte in cui rilevano la difficoltà

di definire la nuova dimensione della specialità (soprattutto finanziaria), ma lo spirito e la let-

tera delle disposizioni costituzionali inducono ad una analisi più articolata, alla luce della

quale, pur essendo evidente una crisi di identità dell’istituto, non sembra nemmeno revoca-

bile in dubbio che per effetto della riforma si siano prodotti rilevanti effetti anche a favore

delle regioni ad autonomia differenziata.

Nel complesso, infatti, il nuovo assetto costituzionale offre alle autonomie speciali suf-

ficienti elementi per mantenere e sviluppare la specialità, in modo da renderla funzionale a

definire un assetto giuridico differenziato in grado di rispondere alle esigenze del contesto

di riferimento 27.

26 Cfr. F. BASSANINI E G. MACCIOTTA Il disegno di legge sulla attuazione del federalismo fiscale all’esamedel Senato Osservazioni e rilievi sul testo del relatore cit..27 Cfr. G. PITRUZZELLA, Le regioni speciali dopo la riforma del Titolo V, in La specialità siciliana dopo la rifor -ma del Titolo V della Costituzione, Atti del seminario di Palermo, 15 aprile 2002, a cura di G. Verde, pag. 204,G. DEMURO, Regioni ordinarie e speciali, in T. GROPPI-M. OLIVETTI (a cura di) Regioni ed enti locali nelnuovo titolo V, Torino, 2003, 50, ove viene rilevato che “l’art. 10, nello stabilire che le regioni speciali posso-no usufruire di forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite, conferma l’impostazione della spe-cialità come qualcosa di più rispetto al passato - si può andare oltre a ciò che era già stato attribuito - sia peril futuro - si può immediatamente far proprio ciò che viene riconosciuto dal nuovo titolo V come espressionedi autonomia ordinaria”.

9

In particolare è difficile negare che a seguito della riforma sembra definitivamente

superata la necessità di rincorrere un’equiparazione con il regime ordinario, posto che esi-

ste ormai un “diritto” comune a tutte le Regioni, rispetto al quale gli statuti speciali potran-

no introdurre delle deroghe per realizzare un’ulteriore estensione delle forme particolari di

autonomia in considerazione delle esigenze delle collettività di riferimento. Questo nucleo

di disciplina indistintamente applicabile a tutte le autonomie costituisce quindi la base sulla

quale le regioni speciali possono edificare sistemi giuridici ulteriormente specializzanti 28.

Con specifico riferimento alla materia finanziaria la questione si aggrava di ulteriori

profili problematici, concernenti in particolare la possibilità di concepire “una specialità solo

finanziaria”, cioè il riconoscimento a favore di alcuni enti di una maggiore dotazione di risor-

se e di più ampi poteri di gestione delle entrate e delle spese non legati ad una apprezza-

bile differenziazione delle competenze legislative ed amministrative.

Le argomentazioni a sostegno dell’omologazione dei regimi finanziari colgono nel

segno nella parte in cui rilevano il mutamento delle originarie motivazioni della specialità, e

sono ancor più condivisibili se si considera che nella maggior parte dei casi le regioni spe-

ciali non hanno saputo utilizzare le vantaggiose prerogative di cui sono titolari per realizza-

re le esigenze alla base della differenziazione.

Ma tutte queste rilevazioni non sembrano sufficienti a giustificare la soppressione

della specialità finanziaria, ma piuttosto evidenziano la necessità di rifondarla, attraverso la

trasformazione delle forme di differenziazione che ne compongono struttura e contenuti da

“quantitative” a “qualitative”.

Ciò perché la configurazione di sistemi finanziari differenziati, così come tutte le altre

forme e condizioni di autonomia particolari che sostanziano la specialità “senza aggettivi”,

costituisce uno strumento per adeguare gli ordinamenti regionali alle specificità che conno-

tano determinati contesti.

4. Le ragioni della persistenza della specialità finanziaria all’interno del mutato

quadro costituzionale

Le tesi che negano l’utilità e l’opportunità di confermare le differenze che caratterizzano i

regimi finanziari delle regioni speciali vertono per lo più su 3 ordini di motivi: 1) l’eccedenza di

risorse di cui tali regioni disporrebbero per l’esercizio dei compiti istituzionali; 2) l’inutilità e l’ir-

10

28 Così G. PITRUZZELLA, Le regioni speciali dopo la riforma del Titolo V, cit., 205, G. PASTORI, La nuova spe -cialità, cit., 492, G. COINU - G. DEMURO, Regioni a statuto speciale e clausola di adeguamento automatico, inP. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2002,Giappichelli, Torino, 2004, G. SILVESTRI, Le regioni spe -ciali, cit., 1130, sottolinea “le grandi potenzialità offerte dal quadro costituzionale vigente” alle regioni speciali, F.PALERMO, Il regionalismo differenziato, in T. Groppi, M. Olivetti, La Repubblica delle autonomie, 55 ss..

ragionevolezza di regimi finanziari differenziati nell’ambito di un ordinamento caratterizzato da

una sostanziale omologazione delle competenze istituzionali tra tutte le regioni; 3) la circostan-

za che le eventuali differenze in termini di condizioni di svantaggio potrebbero e dovrebbero

essere risolte dallo Stato in virtù del suo ruolo di garante dell’unitarietà del sistema e, di conse-

guenza, della solidarietà tra gli enti che lo compongono e dell’uguaglianza tra tutti i cittadini.

In merito al primo punto è agevole rilevare che, al di là dell’evidenza di una mole di

entrate superiore a quelle fruibili da parte delle regioni ordinarie, la tesi dell’eccedenza di

risorse rispetto ai costi relativi alle funzioni di competenza è assolutamente indimostrata.

Mancano in atto rilevazioni fondate su parametri in grado di ricostruire il fabbisogno

effettivo di spesa di ogni regione sulla base di tutti i fattori che incidono sui costi di eserci-

zio delle funzioni e di erogazione delle prestazioni.

Anche per quanto specificamente riguarda il caso siciliano - generalmente indicato

come il più eclatante ed emblematico esempio della situazione di privilegio in cui versano

le regioni speciali - in realtà risulta oramai assodato che il modello di finanziamento delinea-

to dallo Statuto al fine di garantire l’autosufficienza finanziaria della regione col tempo si è

rivelato inadeguato, sia a causa della lievitazione del costo di esercizio delle funzioni deter-

minata dallo sviluppo del c.d. “Stato sociale”, sia a seguito dell’approvazione della riforma

tributaria del 1971 e del mancato adeguamento della disciplina di attuazione delle disposi-

zioni statutarie del 1965, cui è conseguita la sottrazione al bilancio regionale del gettito di

numerosi tributi attribuiti dallo Statuto 29.

La tesi dell’irragionevolezza della differenziazione dei regimi finanziari in presenza di

una omologazione delle funzioni tra regioni ordinarie e speciali, si fonda sull’assunto che

nell’ambito del nuovo sistema di finanza pubblica l’attribuzione di risorse debba essere

necessariamente collegata a parametri quantitativi oggettivi, cosicché non ci sarebbe spa-

zio per una specialità finanziaria “a prescindere” dalle funzioni in concreto svolte.

Tale impostazione risente dell’influenza della concezione meramente strumentale del-

l’autonomia finanziaria che ha sinora prevalso nel dibattito scientifico e nella prassi politico-isti-

tuzionale. Intesi i poteri e le prerogative finanziarie e tributarie quali strumenti esclusivamente

funzionali al reperimento di risorse, la relativa funzione politica e sociale perde pressoché ogni

rilevanza: ciò che conta è unicamente la quantità di risorse a disposizione, non tanto l’inciden-

za delle politiche finanziarie e tributarie sul sistema socio-economico territoriale.

29 Cfr. in merito la relazione della cd. Commissione Brancasi. Sul sistema finanziario siciliano vd. A. CUVA,L’autonomia finanziaria della regione siciliana. I limiti e le ipotesi di riforma, Quattrosoli, 1999, D. IMMORDI-NO Alla ricerca di prospettive per l’autonomia tributaria della Regione Sicilia fra vecchio Statuto e nuovaCostituzione, in Rassegna amministrativa siciliana, 2004, 583 - 607.

11

Ma in una prospettiva che ne valorizzi l’attitudine a costituire un fondamentale stru-

mento di sviluppo e di realizzazione di condizioni di equità e di giustizia sociale, l’autono-

mia finanziaria non rileva esclusivamente ai fini della sufficienza delle risorse, ma come ele-

mento fondamentale per il raggiungimento dei fini politici, economici e sociali dell’azione

pubblica, e quindi quale pilastro dell’autonomia politica degli enti di riferimento.

E’ notoria infatti la rilevante funzione redistributrice e regolatrice dell’allocazione delle

risorse assolta dalle politiche finanziarie, e tributarie in particolare, nonché l’incidenza rela-

tiva su fattori chiave della politica economica quali l’accumulazione del risparmio, gli inve-

stimenti delle imprese, il contrasto e la riduzione delle disuguaglianze sociali.

In tal senso la leva finanziaria costituisce uno “strumento solidaristico di soddisfaci-

mento di un interesse collettivo e di garanzia dei diritti di libertà e di welfare”, attraverso la

“individuazione e rimozione delle cause di ingiustizia distributiva socialmente inaccettabile,

sia nella distribuzione dei beni primari, sia nel reperimento a carico delle “persone” delle

entrate (soprattutto tributarie) necessarie a garantire una soglia minimale di benessere

nella dignità e a ridurre le disuguaglianze” 30.

Attraverso gli strumenti dell’autonomia finanziaria le autorità pubbliche che ne sono

titolari,nel perseguimento di un ragionevole equilibrio tra libertà, uguaglianza sostanziale e

solidarietà, fanno si che l’utilizzazione dei beni e la fruizione dei servizi e dei benefici pub-

blici “siano consentite e garantite a chiunque non in modo uniforme, conforme ed eterodi-

retto, bensì adeguandole alla capacità differenziata di ciascuno e al progetto di vita che l’in-

dividuo vuole seguire (human functioning)” 31.

In una simile prospettiva è giocoforza ammettere che la funzione finanziaria, e tribu-

taria in particolare, con il connesso potere di autodeterminazione e autogestione delle risor-

se, costituisce oggetto di una competenza a sé stante, dotata di un’identità sua propria,

autonoma, e come tale suscettibile di per sé di un regime speciale, indipendentemente da

una giustificazione in relazione alla quantità e all’ampiezza delle altre funzioni.

In questo senso è evidente la strumentalità diretta dei poteri e delle prerogative di

autonomia finanziaria a sostanziare l’essenza della specialità, riconducibile al particolare

ruolo di soddisfazione dei bisogni e delle istanze territoriali riconosciuto alle autonomie dif-

ferenziate 32.

L’obiezione di fondo a simili argomentazioni, ed in generale al mantenimento di regi-

mi finanziari differenziati nel mutato assetto costituzionale, è riassumibile nelle domande

12

30 Così F. GALLO, Etica e giustizia nella «nuova» riforma tributaria, in Politica del diritto, 2003, 508.31 Ibidem.32 A RUGGERI, Le regioni speciali, cit., 205.

“perché mai la provvista finanziaria di alcune regioni dovrebbe essere maggiormente con-

sistente di quella di altre, quando le funzioni da esercitare si presentano uguali per tutte?”;

ed ancora “perché mai talune regioni contigue dovrebbero essere reciprocamente discrimi-

nate in nome del diverso regime di autonomia propria di ciascuna, pur manifestando esi-

genze complessivamente non differenziate?”.

La risposta a tali interrogativi va ricondotta al concetto di differenziazione insito nel

principio di specialità, inteso come strumento di tutela della diversità che, in virtù della

disponibilità di adeguati poteri e prerogative, consente agli enti che ne sono titolari di ade-

guare i rispettivi ordinamenti alle esigenze delle comunità di riferimento, realizzando model-

li giuridici ed ordinamentali che esulino dal principio di omologazione ed uniformità, in dero-

ga ad un regime che si reputa inappropriato.

In tal senso la differenziazione dei regimi finanziari poggia sulla considerazione che a

causa di peculiari fattori di carattere etnico, sociale, economico, territoriale che caratterizzano

determinati contesti, condizioni economiche di svantaggio o di sottosviluppo oggettivamente

comparabili a quelle di altre realtà assumono connotati, soprattutto sociali, diversamente

caratterizzati rispetto a quelli comuni a queste ultime e richiedono soluzioni differenziate.

In altre parole, sull’assunto che detti fattori di specificità determinano rilevanti differen-

ziazioni delle istanze che promanano dalle relative collettività in termini di domanda, offer-

ta, preferenze e valutazioni di utilità e costi di beni e servizi pubblici, vengono attribuiti agli

enti esponenziali di queste comunità strumenti in grado di consentir loro di porre in essere

forme differenziate di tutela e di salvaguardia degli interessi dei propri cittadini attraverso la

correzione della distribuzione interregionale di risorse.

In linea con l’esperienza del costituzionalismo moderno e contemporaneo basato sulla

molteplicità degli strumenti giuridici ed istituzionali destinati ad attuare gli stessi valori fon-

damentali 33, la scelta del costituente di riconoscere a talune regioni “forme e condizioni par-

ticolari di autonomia secondo i rispettivi statuti speciali” esprime la volontà di fornire rispo-

ste differenziate a forme ed espressioni differenti di valori ed interessi comuni 34.

33 Cfr. G. SILVESTRI, Le regioni speciali tra limiti di modello e limiti di sistema, in Le regioni, 2004, pag.1124, 1130.34 Cfr. G. MOR, Le autonomie speciali alla ricerca di un’identità, Udine, 1988, 25, nella citazione di G. PAGA-NETTO, Il significato della specialità regionale, Le Regioni, 2000, 1102. L’A. rileva che “la previsione di unadisciplina speciale non significa certo realizzare una situazione di privilegio significa piuttosto dare una rispo-sta a delle situazioni differenziate, tali da non poter essere adeguatamente risolte restando all’interno del qua-dro normativo dettato dallo Stato per la generalità delle regioni” attraverso l’attribuzione di “un insieme di stru-menti che possano consentire di rimuovere gli ostacoli che impediscono a queste regioni di godere di unasituazione strutturalmente analoga alle altre”.

13

La giustificazione di tale scelta (e della connessa valutazione in merito alla sussisten-

za di esigenze complessivamente differenziate) va ricercata e trovata esclusivamente nel

campo politico, mentre nel versante giuridico è sufficiente che lo strumentario autonomisti-

co fornito a questi enti non si appalesi irrazionale o in contrasto con valori fondamentali che

informano l’ordinamento nazionale.

La conferma della posizione asimmetrica e derogatoria delle regioni speciali all’inter-

no dell’ordinamento repubblicano nonostante l’equiparazione delle funzioni, indica la

volontà (più o meno cosciente e consapevole) di confermare il valore della specialità nel

suo nucleo fondamentale di poteri e prerogative strumentali a consentire uno sviluppo di

determinati contesti adeguato alla specificità delle situazioni, attraverso mezzi di intervento

diversificati rispetto al modello comune 35.

Posto dunque che la specialità costituisce un dato esistenziale, il punctum crucis non

consiste tanto nella giustificazione delle differenziazioni che la stessa comporta rispetto al

regime ordinario, quanto nella ragionevolezza e proporzionalità degli strumenti che la

sostanziano e ne compongono struttura e contenuto.

Alle origini dell’esperienza delle regioni speciali il ruolo di guida dell’economia e della

società territoriale attribuito a questi enti (Paladin), è stato assolto attraverso la fruizione e l’e-

sercizio di un numero più elevato di competenze legislative ed amministrative (soprattutto di

quelle funzionali a garantire il governo dell’economia locale: commercio, industria, trasporto

locale, agricoltura, lavori pubblici ecc.) e di una potestà normativa qualitativamente più ampia.

Le riforme legislative e costituzionali che hanno caratterizzato la recente evoluzione

dell’ordinamento repubblicano - con l’affievolimento della differenziazione sul piano delle

competenze legislative ed amministrative che ne è conseguito - hanno di fatto determinato

un mutamento dei connotati tipici della specialità e degli strumenti attraverso i quali la stes-

sa si esplica, ma non ne hanno intaccato l’essenza, come dimostra la permanenza della

garanzia costituzionale della titolarità di forme e condizioni particolari di autonomia.

In questa prospettiva pertanto, in considerazione della valenza sempre crescente assun-

ta dalle politiche finanziarie e tributarie nell’esercizio della funzione di governo, il ruolo di guida

dell’economia e della società territoriale attribuito alle regioni speciali deve esplicarsi in forme

e attraverso strumenti nuovi, quali in primo luogo quelli propri dell’autonomia finanziaria.

Ciò perché il potere finanziario assolve nelle moderne democrazie una sempre più

rilevante funzione regolatrice degli interessi primari e dei bisogni della collettività, attraver-

so il bilanciamento dinamico “tra valori collettivi, ascrivibili ad esigenze di tutela e di svilup-

po della comunità generale, e valori individuali, riferiti alla difesa e promozione dei diritti e

14

35 Cfr. G. SILVESTRI, Le regioni speciali tra limiti di modello e limiti di sistema, cit., 1124.

delle libertà dell’individuo riconducibili tanto all’area delle libertà personali quanto alla

capacità contributiva” 36.

Le politiche della tassazione, e quelle strettamente connesse della spesa pubblica,

comportano una capacità di controllo e di indirizzo dell’economia e della società diffusa e

capillare, consentono di rendere le collettività locali realmente partecipi della ricchezza pro-

dotta nel territorio e contribuiscono a porre il tessuto produttivo in condizione di affrontare

la concorrenza globale.

Un corretto uso del potere fiscale sollecita l’imprenditorialità, incentiva la formazione del

risparmio da parte degli individui e delle famiglie, e si rivela un elemento cruciale per la cre-

scita del reddito e per l’occupazione nel lungo periodo, genera un clima favorevole allo svi-

luppo di un’economia improntata ai principi di sussidiarietà, di solidarietà e responsabilità 37.

Ciò ne fa lo strumento più adatto a rimuovere gli squilibri territoriali, a promuovere o

disincentivare metodi produttivi, stili di vita, consumi e, di conseguenza, ad incidere sul con-

testo territoriale di riferimento.

Non è un caso che le politiche fiscali siano state al centro delle strategie riformiste e

solidaristiche di difesa dei gruppi sociali e dell’individuo che hanno finora caratterizzato le

società moderne 38.

Per queste ragioni l’autonomia finanziaria costituisce uno dei principali terreni d’ele-

zione della specialità, e, di conseguenza, il fondamento della differenziazione dei regimi

finanziari va rinvenuto nel ruolo che gli strumenti che li compongono sono in grado di assol-

vere in relazione all’economia e alla società territoriale secondo i principi e le priorità pro-

prie dell’indirizzo politico degli enti autonomi, e prescinde pertanto dall’esclusivo riferimen-

to al numero e alla ampiezza delle funzioni di competenza.

5. Specialità finanziaria e rimozione degli squilibri socio-economici

In tal senso la giustificazione della differenziazione delle provviste finanziarie può

risiedere anche nella esigenza di correggere la distribuzione interregionale di risorse in rela-

zione alla sussistenza di condizioni peculiari o fattori di gap non necessariamente più gravi

36 Così P. BORIA, L’antisovrano. Potere tributario e sovranità nell’ordinamento comunitario, Giappichelli,2004, pag. 8.37 Cfr. R. BIN, Introduzione: che cosa non deve essere scritto negli Statuti speciali, (Relazione introduttiva alConvegno di Udine 12 ottobre 2007) in I nodi tecnici della revisione degli Statuti speciali, a cura di R. BIN EL. COEN, Padova 2008, 13 - 27, che sottolinea il ruolo dell’autonomia tributaria di efficace strumento a scopoprogrammatorio, e di contributo alla implementazione alle politiche di sviluppo e per perseguire gli obiettivipolitico-programmatici della Regione, pg. 6.38 Cfr. F. GALLO, Etica e giustizia nella «nuova» riforma tributaria, cit., 511.

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in assoluto di quelli propri di altre aree del Paese, ma semplicemente diversi, anche in con-

siderazione del contesto socio-economico-territoriale nell’ambito del quale si collocano.

In questi termini, anche all’interno di un sistema di decentramento diffuso e nell’ambi-

to del quale lo Stato si fa carico della gestione della funzione solidaristica, la maggiore

disponibilità di risorse non costituisce una forma di privilegio fine a sé stesso, ma la rispo-

sta ad un’esigenza di tutela rafforzata (rectius differenziata) dei bisogni e degli interessi che

promanano da determinate collettività.

E’ vero che lo Stato, quale garante dell’unità socioeconomico finanziaria nazionale,

deve certamente farsi carico di garantire livelli di prestazioni uniformi in relazione a quelle

funzioni che lo richiedono, e di assicurare agli enti titolari delle competenze relative una

provvista finanziaria adeguata.

Ma in una visione globale della spesa, tendenzialmente diretta a garantire livelli di

assistenza uniformi, risulta estremamente arduo realizzare le condizioni necessarie a sal-

vaguardare l’uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini tenendo specificamente conto, regio-

ne per regione, di tutte le marginali situazioni diversificate, tantopiù in un contesto connota-

to da una profonda eterogeneità in termini territoriali e demografici.

In un periodo, come quello corrente, caratterizzato da una congiuntura economica

tutt’altro che favorevole che impone un rigoroso risanamento della finanza pubblica e ali-

menta una perenne tensione tra enti locali che si contendono le poche risorse disponibili, e

in un contesto all’interno del quale il tessuto delle diverse comunità appare segnato da

sostanziali differenze economiche e sociali, gli strumenti perequativi di diritto comune non

sono strutturalmente adeguati a garantire il pieno soddisfacimento delle istanze socioeco-

nomiche e finanziarie che fanno capo agli enti che lo compongono 39.

16

39 Cfr. DE FIORES, Note critiche sul federalismo fiscale, in Costituzionalismo.it, 2/2009, il quale rileva l’inido-neità del parametro dei livelli essenziali delle prestazioni a garantire una corretta implementazione del princi-pio di uguaglianza, “il cui fine ultimo è innanzitutto quello di porre le condizioni per un progressivo superamen-to (e non solo contenimento) delle diseguaglianze sociali ed economiche.”. In merito viene evidenziato comela funzione del fondo sia stata “drasticamente dirottata dal perseguimento della rimozione degli squilibri eco-nomici e sociali fra le regioni, ad un sostegno limitato (e proprio per questo “essenziale”) a favore delle areedel paese più disagiate”. Sul punto vd. anche F. BASSANINI, Il “modello federale” e il federalismo fiscale, inastrid-online, il quale rileva che nelle società contemporanee, le domande e i bisogni ai quali le istituzionidevono dare risposte, così come i servizi e le prestazioni che servono a rendere concreto l’esercizio dei dirit-ti dei cittadini, sono venuti crescendo, moltiplicandosi, diversificandosi a dismisura. Non è più possibile pen-sare che simili prestazioni e servizi siano assicurati soltanto dallo Stato nazionale; Vd. anche M. LUCIANI, Idiritti costituzionali tra Stato e Regioni (a proposito dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione), in Pol.dir., 2002, 354 ss.; A. BRANCASI, Uguaglianze e diseguaglianze nell’assetto finanziario di una Repubblicafederale, in Dir. pubbl., 2002, 925, L. CHIEFFI, L’effettività del principio di eguaglianza negli ordinamenti poli -centrici: il sistema italiano, in Studi in onore di Gianni Ferrara, Torino, 2005, C. PINELLI, Sui “livelli essenzia -li delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.), in Dir. pubbl., 2002, 881ss.; S. GAMBINO, Normazione regionale e locale e tutela dei diritti fondamentali (tra riforme costituzionali,

Da una parte il fondo di cui al comma 3 dell’art. 119 non garantisce la rimozione degli

squilibri economici e sociali esistenti tra i vari territori 40, dall’altra gli strumenti della cd. pere-

quazione dei bisogni affidano alla discrezionalità dello Stato la corresponsione delle risor-

se speciali dirette a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà socia-

le, senza alcuna possibilità di controllo in merito alla coerenza e ragionevolezza delle deci-

sioni relative 41. La determinazione e modificazione del loro importo, infatti, è frutto di una

valutazione discrezionale del legislatore centrale, momento qualificante della decisione di

bilancio, che non si presta facilmente a censure di irragionevolezza 42.

In un simile contesto affidare la soddisfazione delle istanze e delle esigenze di carat-

tere economico-sociale di cui sono portatrici le regioni speciali esclusivamente ai meccani-

smi finanziari e perequativi previsti dal sistema ordinario, avrebbe innegabilmente l’effetto

di rimetterle alla discrezionalità dello Stato e alle contingenze economico-politiche, quando

invece l’essenza della specialità consiste proprio nella capacità di autodeterminazione ed

autogestione in virtù di un più elevato grado di indipendenza dal potere centrale rispetto a

quello consentito dal regime comune dell’autonomia.

Rispetto ad un modello che subordina alle decisioni discrezionali del legislatore cen-

trale la fruizione delle risorse dirette a realizzare fondamentali obiettivi di perequazione e di

sussidiarietà e diritti fondamentali), in A. RUGGERI (a cura di), Tecniche di normazione e tutela giurisdiziona -le dei diritti fondamentali, Torino, 2007, 56 ss. citati in nota da De Fiores, G. MARONGIU, Riflessioni a mar -gine del progetto di “federalismo fiscale”, cit., G. PISAURO, I rapporti finanziari tra Stato e Regioni (commen -to agli artt. 7, 8, 9, 10 e 20 della legge 42/2009), di prossima pubblicazione nel Commentario ANCI alla leggedelega sul federalismo fiscale, in astrid-online.40 Cfr. DE FIORES, Note critiche sul federalismo fiscale, cit. L’A. rileva la fragilità del modello di fondo pere-quativo delineato dalla legge delega e l’incapacità di arginare i gravi divari sociali esistenti fra i territori e il pro-gressivo declino (di quel che rimane) dello Stato sociale, e sottolinea in particolare che la scelta di individua-re nella capacità fiscale l’esclusivo parametro di commisurazione delle risorse perequative in relazione allefunzioni non essenziali determina l’esclusione di ogni riferimento a coefficienti sociali di ponderazione cheavrebbero potuto consentire al legislatore di intervenire non solo sulle disparità derivanti dalla differente capa-cità fiscale strictu sensu, ma anche sugli altri fattori di squilibrio (territoriale) interpretati alla luce di altri para-metri di ponderazione (quali il costo delle funzioni o l’entità del fabbisogno).41 Cfr. F. PUZZO, Prime considerazioni intorno alla legge delega di attuazione dell’art. 119 della Costituzione, inastrid-online.it, pag. 5. Sulla natura e disciplina degli strumenti della cd. perequazione dei bisogni vd. C. SALA-ZAR, Gli interventi speciali ex art. 119, c. 5, Cost. secondo la sent. N. 451 del 2006: la Corte prosegue nella (ri)definizione del federalismo fiscale a Costituzione inattuata, Le regioni, 2007, 604 ss., G. MACCIOTTA L’attuazionedel quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione (Commento all’articolo 2 della legge n. 42 del 2009) - di pros -sima pubblicazione nel Commentario ANCI alla legge delega sul federalismo fiscale, in astrid-online.it.42 Cfr. F. PUZZO, Prime considerazioni intorno alla legge delega di attuazione dell’art. 119 della Costituzione, cit.L’A. rileva che i fondi riconducibili al V co. dell’art. 119 Cost., “oltre ad essere vincolati nella destinazione, devo-no intendersi come aggiuntivi, e quindi in quanto tali, oltre che connotarsi per il loro carattere facoltativo ed even-tuale, risultano anche essere oggetto di scelte discrezionali sul piano legislativo e quindi dipendenti dall’indirizzopolitico nazionale; in definitiva, questi, si configurano come risorse solo potenziali della cui certezza e garanzia èragionevole dubitare, se solo si avesse contezza, su un piano più generale, del quadro macroeconomico dell’e-conomia italiana caratterizzato da risorse scarse, ovvero delle criticità in cui versano i conti pubblici italiani”.

17

uguaglianza, la specialità si sostanzia quindi nella intensificazione dell’indipendenza di

alcuni enti attraverso l’attribuzione di un insieme di strumenti che possano consentire loro

di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle relative comunità di godere di una situazione

strutturalmente analoga a quella delle altre.

In un simile contesto la differenziazione dei regimi finanziari si rivela in linea con la

scelta di affidare a queste regioni un ruolo primario nel soddisfacimento dei bisogni e delle

esigenze del contesto socioeconomico di riferimento, quali, in primo luogo quelle di pere-

quazione delle disparità che ne impediscono una piena integrazione 43.

In sostanza, in assenza di un sistema di decentramento che sia effettivamente in

grado di consentire a tutti gli enti di conseguire in autonomia detti obiettivi, e che di fatto ne

affidi in larga misura la realizzazione allo Stato, quello che dovrebbe essere il contenuto

della semplice autonomia costituisce l’essenza della specialità.

In questa prospettiva le ragioni di regimi finanziari differenziati potrebbero ritenersi

venute meno solo se si realizzasse un ordinamento di “specialità diffusa” 44, assistito da un

sistema perequativo in grado di realizzare le condizioni necessarie a garantire l’uguaglian-

za sostanziale di tutti i cittadini della Repubblica. Solo allora le differenze di risorse tra siste-

mi finanziari non avrebbero più motivo di sussistere se non agganciate ad apprezzabili dif-

ferenziazioni relative alla quantità ed ampiezza delle funzioni svolte.

Sino ad allora si può a ragione ritenere che la specialità finanziaria trovi fondati moti-

vi di esistenza e addirittura di sviluppo.

6. Il contemperamento tra esigenze della specialità ed istanze unitarie dell’ordi-

namento nell’orientamento della giurisprudenza costituzionale

La giustificazione della persistenza dei regimi finanziari differenziati all’interno del

nuovo assetto costituzionale non implica affatto il mantenimento degli stessi nelle configu-

razioni attuali, immutati, in quanto è invece necessario che l’adeguamento prescritto dal-

l’art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 si traduca in una coerente armonizzazione ai

principi e alle regole del sistema finanziario complessivo maggiormente rilevanti ai fini del-

l’unitarietà dell’ordinamento.

Tanto perché la specialità costituisce un dato costituzionale frutto di una opzione

modificabile esclusivamente nelle forme di cui all’art. 138 Cost., ma la struttura e il conte-

18

43 Cfr. G. PAGANETTO, Il significato della specialità regionale, cit. 1108.44 A. RUGGERI, La “specializzazione” dell’autonomia regionale: se, come e nei riguardi di chi farvi luogo, inLe Istituzioni del federalismo, 1/2008, 30, IDEM, Prospettive di una specialità diffusa delle autonomie regio -nali, in Nuove autonomie, 6/2000, 845 e ss.; M. CECCHETTI, Attualità e prospettive della “specialità” regio -nale alla luce del “federalismo differenziato” come principio di sistema, in federalismi.it, n. 23/2008.

nuto relativo devono essere costantemente aggiornati sulla base di un giudizio di ragione-

volezza e proporzionalità rispetto ai fini che ne costituiscono la ratio, nonché di un bilancia-

mento dinamico con le istanze solidaristiche espressione del principio unitario, inteso quale

baluardo “di un’unità funzionale al perseguimento delle fondamentali finalità di solidarietà

politica, economica e sociale e del principio di eguaglianza sostanziale” 45.

In tal senso i veri limiti degli Statuti speciali sono essenzialmente quelli “dell’unità e del-

l’indivisibilità della Repubblica ... quell’unità che ordinamenti come quello tedesco e spagno-

lo qualificano come le finalità dell’unità economica e sociale dei cittadini in tutto il territorio del

paese e i principi di eguaglianza sostanziale 46. Quindi limiti non di modello, ma di sistema” 47.

In definitiva la primazia del principio unitario, in termini di armonia e coerenza dei

sistemi che compongono la Repubblica con i principi e i valori fondamentali che la ispirano

e con le regole che li sostanziano, non scalfisce minimamente il ruolo della specialità.

Ciò perché l’ordinamento repubblicano è realtà molteplice, complessa ed organica, in

cui si integrano elementi di ordine materiale, sociale, culturale, economico.

Il principio unitario e quello di specialità implicano qualcosa di assoluto ed immutabi-

le, ma possiedono anche una componente relativa e storicamente mutevole, la cui defini-

zione e realizzazione dipende in certa misura da criteri prudenziali di realismo pratico.

Non si può fare a meno di riesaminarne costantemente i contenuti ed i rapporti reci-

proci di fronte ai cambiamenti dell’organizzazione politica, dell’evoluzione economica e

sociale, dello sviluppo della esperienza democratica ed istituzionale e dei diritti umani, del-

l’approfondimento del principio della sussidiarietà ecc..

Ciò posto si tratta di stabilire le possibili forme e modalità e gli equilibri della coesisten-

za delle forme di esplicazione dell’autonomia finanziaria speciale con il nuovo regime costi-

tuzionale della finanza pubblica.

In tal senso il principale nodo problematico si è rivelato quello relativo all’individuazio-

ne di un giusto contemperamento tra concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza

pubblica ed esigenza di salvaguardia dell’autonomia finanziaria speciale in relazione all’am-

montare delle risorse disponibili.

Tale bilanciamento è stato perseguito dalla Corte costituzionale attraverso l’elaborazio-

ne e la strutturazione di un principio di equilibrio finanziario flessibile, in base al quale l’au-

tosufficienza finanziaria delle regioni va garantita secondo un criterio dinamico, atto a con-

45 U. ALLEGRETTI, Ragioni e frontiere dell’autonomia speciale della Sardegna, in federalismi.it, n.1/2009, pag. 10.46 Ibidem pag. 11.47 G. SILVESTRI, Le regioni speciali tra limiti di modello e limiti di sistema, cit., 1119 nella citazione di U.ALLEGRETTI, Ragioni e frontiere dell’autonomia speciale della Sardegna, cit. 11.

19

sentire che la dotazione di risorse sia nel tempo costantemente adeguata alle concrete esi-

genze di espletamento delle funzioni di competenza, nei limiti della compatibilità con i vinco-

li generali nascenti dalle preminenti esigenze della finanza pubblica nel suo insieme 48.

Con riferimento alla situazione delle regioni speciali la giurisprudenza costituzionale dà

per scontato che “la specialità dell’autonomia deve riflettersi anche sul piano finanziario” 49.

Ma ciò non può giustificare la pretesa delle stesse di essere esonerate dal partecipa-

re, insieme a quelle a statuto ordinario, al processo di risanamento della finanza pubblica 50.

Il fondamento di simili argomentazioni poggia sulla considerazione che in un ordina-

mento unitario è indispensabile il concorso di tutti i livelli di governo al perseguimento e alla

realizzazione degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, soprattutto a seguito del-

l’ingresso del Paese nella Unione economica e monetaria a cui si ricollega, fra i tanti, l’ob-

bligo di uniformazione a criteri generali e specifici di contenimento e razionalizzazione delle

spese pubbliche 51.

La finanza delle Regioni a statuto speciale è parte della “finanza pubblica allargata”

nei cui riguardi lo Stato “aveva e conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento,

nell’esercizio dei quali poteva e può chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al

conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli

europei”, come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno 52.

Motivo per cui anche le autonomie differenziate, al pari di tutti gli altri soggetti istitu-

zionali, sono coinvolte nell’opera di risanamento della finanza pubblica, che “richiede un

impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia

costituzionale dell’autonomia finanziaria non può fungere da impropria giustificazione per

una singolare esenzione” 53.

20

48 Cfr. sentt. nn. 245/1984, punto 3 del considerato in diritto e 307/1983, punto 5 del considerato in diritto.49 Cfr. sent. n. 82/2007, punto 6 del considerato in diritto.50 Ibidem, punto 5 del considerato in diritto.51 Si fa riferimento in particolare alle regole del Patto Europeo di Sviluppo e Crescita stipulato dagli Stati mem-bri dell’Unione europea per il controllo delle rispettive politiche di bilancio., che ha il suo fondamento normativonegli articoli 99 e 104 del Trattato CE, e si sostanzia nella imposizione di una serie di vincoli ed adempimenti stru-mentali a rafforzare le politiche di vigilanza sui deficit e sui debiti pubblici. Le regole relative, unitamente alledisposizioni che pongono il principio delle “finanze pubbliche sane” (art. 4 e art. 104 TCE), creano un sistema divincoli che sottopone il regime dei conti pubblici di ciascuno degli Stati membri al rispetto dei noti parametri diconvergenza nella forma di limiti al debito pubblico (60% del PIL) e all’indebitamento netto delle pubbliche ammi-nistrazioni (3% del PIL). Per ciò che attiene agli effetti delle regole del Patto europeo di stabilità sull’ordinamen-to finanziario interno, cfr. G. CARBONI, Il “potere di bilancio” fra processi decisionali interni e comunitari in Quad.cost. n. 1/2006, p. 42 ss.; G. DELLA CANANEA, Il Patto di Stabilità e le finanze pubbliche nazionali in Riv. Dir.Fin. e sc. delle fin. , 2001, p. 565. A.MAJOCCHI Dai vincoli di Maastricht al Patto di Stabilità: un sentiero strettoper la politica fiscale, in “Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze”, dicembre, pp. 4675-485.52 Cfr. sentt. nn. 82/2007, punto 5 del considerato in diritto e 36/2004, n. 6 del considerato in diritto.53 Cfr. sentt. nn. 82/2007 88/ 2006, 417/2005, 353, 345 e 36/2004, 416/1995.

In tal senso vale anche per le regioni speciali il principio elaborato con riferimento a quel-

le di diritto comune per il quale la legge dello Stato può, “nell’ambito di manovre di finanza pub-

blica, anche determinare riduzioni nella disponibilità finanziaria delle Regioni, purché appunto non

tali da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive della spesa regionale” 54.

Ciò in quanto l’attribuzione alle regioni dei mezzi finanziari necessari per il persegui-

mento delle loro finalità non é definita in termini quantitativi, dal momento che le norme

costituzionali perseguono il principio dell’equilibrio di bilancio complessivo 55.

Nell’orientamento della giurisprudenza costituzionale, pertanto, il dovuto rispetto del-

l’autonomia finanziaria speciale non impedisce che il legislatore statale modifichi o manten-

ga ferma, in base alla valutazione comparativa delle esigenze generali, l’entità delle asse-

gnazioni alle regioni, a condizione, ovviamente, “che non venga gravemente alterato il

necessario rapporto di complessiva corrispondenza... fra bisogni regionali e mezzi finanzia-

ri per farvi fronte, impedendo così alle regioni il normale espletamento delle loro funzioni” 56.

In altri termini, anche se il principio di autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost. esige

che sia assicurata la corrispondenza tra “bisogni regionali” e “mezzi finanziari” per farvi fronte,

in modo da garantire alle regioni il normale espletamento delle loro funzioni, rientra nella discre-

zionalità del legislatore statale operare una valutazione comparativa delle esigenze generali 57.

54 Cfr. sent nn. 417/2005, 260/2004, 376/2003, 138/1999, 370/1993, 123/1992, 307/1983.55 Cfr. ordinanza n. 164 /988, nonché sentenze n. 245/1984, punto 3 del considerato in diritto e n. 307/1983,punto 5 del considerato in diritto.56 Cfr. sent. N. 307/1983, punto 5 del considerato in diritto. Per una panoramica completa della giurispruden-za costituzionale in materia cfr. A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzio -nale sul nuovo Titolo V della Costituzione, in Dir. pubbl. 2007, p. 857 ss., M. BARBERO, Una panoramica sullagiurisprudenza costituzionale più e meno recente in materia di federalismo fiscale, in Federalismo fiscale,2/2007, C. SALAZAR, L’art. 119 Cost. tra (in) attuazione e “flessibilizzazione” (in margine a corte cost., sentt.nn. 16 e 49 del 2004), in Le Regioni, 2004, 1026 e ss..57 In merito l’orientamento della giurisprudenza costituzionale è incentrato sul concetto di coordinamento delsistema di finanza pubblica allargata: la titolarità della funzione relativa legittima il legislatore statale ad interve-nire a salvaguardia dell’equilibrio finanziario del sistema, anche attraverso misure riduttive delle capacità finan-ziarie regionali, con il solo limite della palese arbitrarietà e manifesta irragionevolezza della disciplina. Cfr. ex plu -rimis sent. nn. 376/2003, 417/2005, 169/2007 e 120/2008. Vd. F. BASSANINI, Principi e vincoli costituzionali inmateria di finanza regionale e locale nel nuovo articolo 119 della Costituzione, in Astrid Rassegna n. 26/2006, p.13, 14; A. BRANCASI: Il coordinamento della finanza pubblica come potestà legislativa e come funzione ammi -nistrativa, in Le Regioni, 2004, 763 ss., IDEM: Gli orientamenti della Corte costituzionale sull’autonomia finanzia -ria di regioni ed EE.LL, astrid-online; G.M. SALERNO: Coordinamento finanziario, autonomie speciali e coesio -ne nazionale in federalismi.it, nonché dello stesso Autore Alcune riflessioni sulla nuova Costituzione finanziariadella Repubblica, in Federalismo fiscale, n. 1/2007; D. IMMORDINO, La legge n. 3 del 9 febbraio 2006 dellaRegione Toscana e le prospettive reali di attuazione della riforma degli artt. 117 e 119 Cost. negli effetti immedia -ti della sentenza n. 417 del 9-14 novembre 2005 della Corte costituzionale, cit., 707 e ss., IDEM, Il finanziamen -to del sistema sanitario siciliano: problemi e prospettive dell’adeguamento al nuovo assetto del sistema di finan -za pubblica tra esigenze di razionalizzazione e tutela dell’autonomia speciale, in norma.dbi.it (disponibile anchesu astrid-online), 8 - 10, M. BARBERO, Il problematico coordinamento della finanza pubblica, in Riv. Dir. Fin. sc.fin. , 2006, pag. 35 e ss.; ASTRID (gruppo di studio coordinato da F. Bassanini e G. Macciotta) Principi di coor -dinamento della finanza pubblica e attuazione del federalismo fiscale: la proposta di Astrid, in astridonline.

21

In sostanza il principio unitario, con i connessi vincoli solidaristici, si traduce in una

compressione delle prerogative speciali di autonomia finanziaria in vista del perseguimen-

to di obiettivi comuni all’intera nazione 58.

Vi è, sotto questo aspetto, una sostanziale coincidenza tra i limiti posti all’autonomia

finanziaria delle Regioni ordinarie dall’art. 119 Cost. e quelli gravanti sulle autonomie a sta-

tuto speciale 59.

Tuttavia, al fine di coordinare i relativi sistemi finanziari all’ordinamento complessivo,

bisogna tener presente che gli obblighi imposti a queste regioni devono essere contemperati

e coordinati con la speciale autonomia di cui le stesse godono in forza dei rispettivi Statuti 60.

A tutela delle prerogative di autonomia speciale la Corte costituzionale subordina la

legittimità della normativa statale al rispetto di requisiti e condizioni, per lo più di ordine for-

male, funzionali a garantire che il sacrificio delle istanze autonomistiche a favore di quelle

connesse all’unità dell’ordinamento non si risolva in una indebita compressione e in un

sostanziale annullamento dei poteri e delle prerogative delle regioni.

In merito assume particolare rilievo il metodo concertativo - ritenuto un’espressione

della descritta autonomia finanziaria e del relativo contemperamento con i vincoli e gli obbli-

ghi connessi con il principio unitario - che, secondo il Giudice delle leggi, deve essere ten-

denzialmente preferito ad altri, dato che la necessità di un accordo tra lo Stato e gli enti a

statuto speciale nasce dall’esigenza di rispettare l’autonomia finanziaria di questi ultimi 61.

A condizione comunque che lo stesso risulti compatibile con il rispetto degli obiettivi

del patto di stabilità, di cui anche le Regioni speciali devono farsi carico 62.

Nel complesso il necessario bilanciamento delle diverse esigenze sottese alla mate-

ria porta la Corte a ritenere legittimo un sistema ispirato al criterio dell’equilibrio finanziario,

anche se con meccanismi di salvaguardia a favore delle esigenze finanziarie generali più

efficaci di quelli previsti a favore delle regioni 63.

A ben vedere l’assoggettamento delle regioni ad autonomia differenziata agli obblighi

derivanti dalle esigenze del sistema di finanza pubblica, nei termini in cui viene operato

22

58 Cfr. A. BRANCASI, Continua l’inarrestabile cammino verso una concezione statalista del coordinamentofinanziario? In www.forumcostituzionale.it.59 Cfr. sentt. nn. 169/2007, 82/2007, 267/2006, 417/2005, 353/2004, 345/2004, 36/2004, 416/1995.60 Cfr. sent. n. 82/2007, punto 6 del considerato in diritto.61 Cfr. sentt. n. 82/2007, punto 6 del considerato in diritto, e n. 353/2004, punto 4 del considerato in diritto.62 In merito la Corte ha più volte ribadito la legittimità di quelle clausole statali che, in assenza di appositiaccordi tra Stato e regioni speciali, estendono anche a queste ultime la disciplina del regime comune. Cfr.sent. n. 353/2004, punto 4 del considerato in diritto.63 Cfr. D. IMMORDINO, Il finanziamento del sistema sanitario siciliano: problemi e prospettive dell’ade -guamento al nuovo assetto del sistema di finanza pubblica tra esigenze di razionalizzazione e tutela del -l’autonomia speciale, cit. 10.

dalla giurisprudenza costituzionale, non rappresenta una penalizzazione della specialità

finanziaria, ma al contrario ne salvaguarda il ruolo e ne giustifica la persistenza, prefiguran-

do un equilibrio in grado di garantire la piena compatibilità della differenziazione dei regimi

di finanziamento con i principi solidaristici che informano il sistema repubblicano.

Tanto basta a fugare dubbi e remore sulla possibilità di mantenere una differenziazio-

ne dei sistemi finanziari all’interno di un ordinamento unitario improntato alla solidarietà tra

gli enti che lo compongono.

Dall’esame della giurisprudenza costituzionale si ricava infatti la delineazione di asset-

ti finanziari differenziati da quelli delle regioni ordinarie ma pienamente coordinati con l’or-

dinamento complessivo, soggetti, al pari di tutti gli altri, alle limitazioni e compressioni giu-

stificate dalla necessità di perseguire gli obiettivi di risanamento della finanza pubblica.

Nella ricostruzione della Corte la differenziazione delle prerogative autonomistiche

connessa alla specialità si traduce in sostanza in condizioni di favore in relazione a deter-

minati istituti ed elementi del sistema finanziario, strumentali a garantire quel ruolo di gover-

no dell’economia e della società che costituisce la quintessenza della specialità medesima,

ma non può in ogni caso comportare la sottrazione agli obblighi di solidarietà che derivano

dall’appartenenza ad un sistema unitario.

Nella equilibrata prospettiva ermeneutica del Giudice delle leggi la specialità non va

intesa come una forma di refrattarietà all’evoluzione del sistema di finanza pubblica e ai prin-

cipi, doveri e obblighi connessi all’appartenenza all’ordinamento repubblicano, assistita da

una rigida garanzia “quantitativa” in ordine alla disponibilità di entrate non inferiori a quelle

ottenute in passato, ma va piuttosto interpretata ed attuata come una differenziazione che

consente un adeguamento delle disposizioni previste per la generalità degli enti alle specifi-

che esigenze di cui sono portatrici le regioni e le province ad autonomia differenziata.

Se ne ricava la configurazione di una formula di coordinamento che compone le istan-

ze di unitarietà e differenziazione secondo una logica dinamica e flessibile, per cui la com-

patibilità della specialità con il sistema complessivo va valutata non in termini di corrispon-

denza ad un modello determinato, ma di aderenza e coerenza con i principi e valori supre-

mi dell’ordinamento 64.

Una dimensione di specialità suscettibile di sostanziarsi in una valorizzazione del prin-

cipio pattizio che consenta alle regioni ad autonomia differenziata di trattare con lo Stato le

forme e condizioni più adeguate di perseguimento degli obiettivi pubblici in relazione alle

condizioni socio-economico-territoriali degli specifici contesti di riferimento.

64 Cfr. G. SILVESTRI, Le regioni speciali tra limiti di modello e limiti di sistema, cit. 1127.

23

In tal senso gli strumenti appropriati per assicurare un equilibrio tra le risorse finanzia-

rie di cui dispongono gli enti ad autonomia differenziata e i compiti loro assegnati sono le

norme di attuazione, alle quali “spetta una competenza di carattere riservato e separato 65

finalizzata a dare vita, in corrispondenza ai contenuti e agli obiettivi degli statuti, a una disci-

plina che, “nell’unità dell’ordinamento giuridico concilii, armonizzandoli, tanto l’esercizio dei

diritti potenzialmente confliggenti, quanto l’organizzazione delle autonomie regionali con

quella dei pubblici poteri e delle pubbliche funzioni” 66.

D’altra parte la circostanza che le stesse siano il risultato di un procedimento concer-

tato con lo Stato vale a garantire che la disciplina relativa risulti pienamente compatibile con

i principi, le regole e le esigenze dell’ordinamento complessivo 67.

7. La specialità finanziaria nella legge di delega sul cd federalismo fiscale

In coerenza con questa impostazione si muove la legge 15/05/2009, recante delega

al Governo per l’attuazione delle disposizioni costituzionali sul federalismo fiscale 68.

24

65 In merito alla particolare natura delle norme di attuazione degli statuti speciali e alla loro prevalenza sulle leggiordinarie, con possibilità, per taluni ambiti, di introdurre un regime derogatorio rispetto ad esse cfr. Corte cost.sentt. nn. 316/2004, 353/2001, 137/1998, 85/1990, 213/1988, 151/1972, 160/1985, 212/1984, 237/1983 e 180/1980.66 Cfr. sent. n. 213/1998, punto 4.2 del considerato in diritto.67 Sul c.d. principio bilaterale quale elemento caratterizzante la specialità regionale v., in dottrina fra gli altri;U. ALLEGRETTI, La Corte ribadisce l’estraneità del Parlamento all’attuazione degli statuti speciali, in Regioni,1984, 1310 e ss., S. BARTOLE, Le norme di attuazione degli statuti speciali come fonte permanente, inRegioni, 1985, 1141 e ss.; G. MOR, Considerazioni sulle norme di attuazione degli Statuti delle regioni adautonomia differenziata, in Regioni,1981, 431 e ss..68 Su cui vd. tra gli altri L. ANTONINI Le coordinate del nuovo federalismo fiscale, in Dir. prat. trib., 2009, I,pag. 233 e ss.., IDEM Il federalismo fiscale ad una svolta: il nuovo disegno di legge del 6 agosto 2008, in fede -ralismi.it, dello stesso autore La rivincita della responsabilità. A proposito della nuova legge sul federalismofiscale in “I quaderni della sussidiarietà”, n. 7 del 2009, F. BASSANINI e G. MACCIOTTA, I principi della dele -ga per l’attuazione del federalismo fiscale (Commento all’articolo 2 della legge n. 42/2009) (di prossima pub -blicazione nel Commentario ANCI alla legge delega sul federalismo fiscale) in Astrid-online.it, M. BERTOLIS-SI, La delega per l’attuazione del federalismo fiscale: ragionamenti in termini di diritto costituzionale, inFederalismo fiscale 2008, IDEM, Commissioni riunite affari costituzionali, bilancio e finanze e tesoro del Senato- Indagine conoscitiva sul disegno di legge n. 1117, riguardante il federalismo fiscale, Novembre 2008 R.BIFULCO, Osservazioni sulla legge n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale, in astrid-online.it, R. BIN, Cheha di federale il “federalismo fiscale”?, in Quaderni costituzionali, 2009, 127-130, E. BUGLIONE, Alcune osser -vazioni costruttive sul ddl delega in materia di federalismo fiscale in merito al finanziamento delle regioni,Issirfa.cnr, Studi e interventi, G. D’IGNAZIO, S. GAMBINO, E. IORIO, Il federalismo fiscale, Maggioli, 2009, G.FALCON, Che cosa attendersi e che cosa non attendersi dal federalismo fiscale, in Le Regioni, 2008, 765- 770,E. IORIO, La legge delega di attuazione del federalismo fiscale, in federalismi.it, n. 8/2009, G. MACCIOTTA,Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione - Nota dilettura, in astrid-online, G. MARONGIU, Riflessioni a margine del progetto di “federalismo fiscale, cit., 73 e ss.;A. MORRONE, Editoriale, in Federalismo fiscale, 2008, G. PISAURO, I rapporti finanziari tra Stato e Regioni(commento agli artt. 7, 8, 9, 10 e 20 della legge n. 42/2009), di prossima pubblicazione nel Commentario ANCIalla legge delega sul federalismo fiscale, cit., G. RIVOSECCHI Autonomia finanziaria e coordinamento dellafinanza pubblica nella legge delega sul federalismo fiscale: poche luci e molte ombre, in astrid-online.

Dalla lettura del testo è evidente che viene sostanzialmente mutuata l’impostazione

adottata dalla Corte costituzionale in ordine ai requisiti di sostenibilità dei regimi finanziari

differenziati e al contemperamento delle esigenze della specialità con quelle di unitarietà

dell’ordinamento.

La composizione tra istanze unitarie ed autonomistiche viene perseguita da un lato

attraverso l’imposizione anche alle regioni speciali delle regole di matrice solidaristica che

sostanziano il principio unitario, e dall’altro, tramite la valorizzazione del principio bilaterale.

Vengono così rimessi alla leale collaborazione tra Stato e Regioni speciali sia “il coor-

dinamento tra le leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regio-

nali (e provinciali) in materia finanziaria”, sia “la definizione degli stessi principi fondamen-

tali di coordinamento del sistema tributario con riferimento alla potestà legislativa di tali

regioni in materia tributaria” 69.

L’art. 27, c. 2, della legge n. 42/2009 prevede infatti che le modifiche all’ordinamento

finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome siano introdotte con la

procedura delle norme di attuazione, negli stessi termini temporali previsti dalla delega con-

ferita per l’emanazione dei decreti delegati relativi alle regioni a statuto ordinario e agli enti

locali. Al riguardo va tuttavia considerato che detto termine è, di fatto, soltanto ordinatorio

poiché l’emanazione delle norme di attuazione è una potestà legislativa conferita in via per-

manente dagli statuti speciali 70.

Si tratta di un rinvio “dovuto” per quanto riguarda la Sicilia, ma molto significativo per

le altre regioni.

La specialità finanziaria siciliana si caratterizza infatti, oltre che per l’ampiezza della

potestà normativa in materia tributaria e per l’ammontare delle risorse disponibili, anche per

la particolare stabilità nel sistema delle disposizioni che delineano l’assetto finanziario della

regione, che possono essere modificate unicamente attraverso la procedura paritetica pre-

vista dall’art. 43 dello Statuto.

Le previsioni contenute negli Statuti delle altre regioni speciali invece consentono al

legislatore statale di modificare i relativi ordinamenti finanziari con semplice legge rinforza-

69 Cfr. art. 27, comma 2, Legge 5 maggio 2009, n. 42. Sul punto cfr. G. M. SALERNO, Coordinamento finan -ziario, cit., p. 2. L’A. rileva che il naturale corollario di una simile impostazione è che “il regime di coordina-mento, quindi, non sarà unitario ma distinto in relazione ad ogni Regione a statuto speciale o Provincia auto-noma in modo da tener conto degli specifici limiti, delle peculiari condizioni di fatto e delle particolari compe-tenze statutariamente previsti, e per di più anche modificabile - mediante la medesima procedura che vedeparitariamente presenti Stato e Regione - a seconda del variare delle condizioni di contesto, ma sempre entroi termini temporali indicati nella stessa legge di delegazione”.70 Cfr. DOSSIER SERVIZIO STUDI CAMERA DEI DEPUTATI, cit..

25

ta 71, motivo per cui il rinvio alle norme di attuazione va letto come un chiaro segnale di

disponibilità al dialogo e un primo passo concreto verso l’avvio di un percorso di adegua-

mento di questi sistemi all’insegna della leale collaborazione.

Il significato della scelta di valorizzare il principio pattizio e le opportunità che ne deriva-

no per le regioni a statuto speciale sono particolarmente evidenti se si considera che le norme

di attuazione costituiscono una valida garanzia “rispetto ad eventuali reformatio in peius

imposte d’autorità” 72, poiché le stesse possono essere adottate e modificate esclusivamente

attraverso un procedimento normativo che comprende necessariamente una fase consultiva

bilaterale e paritetica, cui partecipano rappresentanti delle comunità interessate 73.

Ma ciò che più conta, in relazione all’esigenza di blindare e sviluppare le prerogative di

autonomia finanziaria regionale, è che si tratta di norme destinate a prevalere sugli atti legisla-

tivi ordinari fino a costituire un parametro di costituzionalità delle leggi 74, e che la giurispruden-

za costituzionale non esclude affatto che la disciplina relativa possa avere contenuto “praeter

legem” nel senso di integrare le norme statutarie, anche “aggiungendo ad esse qualche cosa

che le medesime non contenevano, con l’unico limite della corrispondenza alle norme e alle

finalità di attuazione dello Statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale” 75.

La soluzione adottata da un lato comporta la limitazione dell’efficacia delle disposizio-

ni del regime comune nei confronti delle autonomie differenziate, e, dall’altro, consente di

integrarne i principi nelle competenti sedi paritetiche per adattarle alle peculiari condizioni

socio-economiche che caratterizzano gli specifici contesti territoriali 76.

Va inoltre tenuta presente la clausola evolutiva di cui all’articolo 10 della legge costi-

tuzionale n. 3/2001, per la quale sono suscettibili di estensione automatica alle regioni a

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71 Ad eccezione della Sicilia le leggi costituzionali di adozione degli statuti delle altre regioni speciali dispon-gono un’attenuazione del grado di rigidità del processo di revisione: per es., l’art. 54 dello Statuto della RegioneSardegna (l. cost. n. 3/1948) prevede che le disposizioni statutarie in materia di finanze, demanio e patrimoniopossano essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, inogni caso sentita la Regione. Previsioni analoghe sono contenute nell’art. 63 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia (l. cost. n. 1/1963) e nell’art. 104 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670/1972).72 R. BIN, Introduzione: che cosa non deve essere scritto negli Statuti speciali, cit., 13 - 27, sottolinea la con-venienza di un sistema che preveda, come principio generale valido pro futuro, che l’assetto attuale possaessere modificato non con legge, ma esclusivamente attraverso norme di attuazione, e quindi attraverso ilmeccanismo dell’intesa.73 Cfr. R. BIN Introduzione: che cosa non deve essere scritto negli Statuti speciali, cit., pag. 10, il quale indi-vidua nelle norme di attuazione lo strumento più perfezionato della leale collaborazione tra i due livelli digoverno, e, sulla scorta di esperienze di successo come quelle della regione valle d’Aosta e della Provinciadi Bolzano, sottolinea l’attitudine delle Commissioni paritetiche a costituire “il motore dell’autonomia e il prin-cipale artefice dell’asimmetria, ossia della differenziazione.. dal resto delle regioni”.74 Sent. n. 51/2006 punto 5 del considerato in diritto, e. sent. n. 190/2008, punto 6 del considerato in diritto.75 Sent. 29 giugno 1956, n. 20.76 Vd. DOSSIER DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, n. 109/2009, F. BASSANINI, G.MACCIOTTA, Il disegno di legge, cit., pag. 2.

statuto speciale e alle province autonome le norme che riconoscono potestà, competenze

e prerogative qualitativamente e quantitativamente più estese rispetto a quelle in atto spet-

tanti, e la cui disciplina sia immediatamente applicabile.

L’adeguamento dei sistemi finanziari speciali avverrà dunque sulla base di 3 catego-

rie di norme: le disposizioni di attuazione approvate secondo le procedure descritte dagli

Statuti, le norme dei decreti delegati direttamente applicabili alle autonomie differenziate

sulla base del rinvio contenuto nell’art. 1, comma 2, della legge di delega 77, le disposizioni

che sostanziano forme di autonomia più ampie.

In coerenza con il disposto (e con la giurisprudenza) costituzionale viene dunque posi-

tivizzato un concetto di specialità che consta di tre elementi costitutivi: capacità derogato-

ria rispetto al regime comune, assoggettamento ai principi e alle regole che sostanziano il

principio unitario attraverso il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica

e alla solidarietà interistituzionale, metodo concertativo delle scelte.

Affinché la differenziazione non si trasformi in refrattarietà alle regole destinate ad

improntare il sistema finanziario repubblicano suscettibile di tradursi in astrazione dal con-

testo unitario, viene specificamente previsto che - ferme le prerogative statutarie previste

per ciascuna regione e provincia autonoma - la nuova disciplina dovrà comunque essere

coerente con le regole del regime comune dirette a sostanziare il principio unitario in termi-

ni di concorso di tutti gli enti di governo alla realizzazione degli obiettivi di risanamento della

finanza pubblica e di solidarietà interistituzionale e coesione socio-economica 78.

A tal fine gli enti ad autonomia differenziata vengono inseriti nel sistema generale di

perequazione, e agli stessi viene esteso l’obbligo del progressivo abbandono del criterio dei

costi storici per la determinazione del fabbisogno di spesa relativo al finanziamento delle

funzioni connesse alle prestazioni cd. essenziali.

77 Il comma in parola elenca le disposizioni che in ogni caso troveranno applicazione ai fini dell’adeguamen-to dei regimi finanziari speciali: l’articolo 27, che disciplina l’introduzione della riforma tramite norme di attua-zione degli statuti speciali, l’articolo 15, recante i principi che informano l’istituzione delle città metropolitanee l’articolo 22, che estende alle autonomie speciali la particolare procedura rivolta alla «perequazione infra-strutturale», quale particolare modalità di attuazione del quinto comma dell’articolo 119.78 G.M. SALERNO Coordinamento finanziario, autonomie speciali coesione nazionale, in federalismi.it, n.23/2008. p. 2. L’A. rileva che “il vincolo del coordinamento finanziario su base nazionale... non può nonabbracciare l’intero panorama delle istanze autonomistiche, in quanto esso rappresenta l’evidente corollariodi quel principio di coesione senza il cui rispetto l’intero ordinamento repubblicano perderebbe la sua stessaragion d’essere”; vd. anche IDEM Le regioni ad autonomia speciale ed il federalismo fiscale: una questioneda affrontare, in federalismi.it n. 12/2007.

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Ciò presuppone che anche per le autonomie speciali l’adeguatezza delle risorse dovrà

essere valutata in rapporto al costo efficiente delle funzioni loro attribuite 79.

La norma prevede tuttavia una fase di transizione graduale non sottoposta a termine 80,

e, attraverso la capacità derogatoria delle norme di attuazione, consente l’adeguamento del

sistema alle specifiche esigenze regionali in relazione alle cd variabili territoriali.

Riguardo alle risorse perequative è stabilito che le regioni a statuto speciale e le pro-

vince autonome “sovra media” dovranno contribuire a finanziare il sistema di solidarietà

interregionale anche attraverso l’assunzione - senza corrispettivo - di oneri derivanti dal tra-

sferimento o dalla delega di funzioni statali, o tramite altre misure finalizzate a consentire

risparmi per il bilancio dello Stato, mentre quelle a reddito pro-capite inferiore al valore della

media nazionale usufruiranno dei trasferimenti perequativi 81.

Posta la partecipazione delle autonomie speciali al sistema solidaristico vengono tut-

tavia consentite differenziazioni nell’applicazione delle regole relative 82.

In tal senso, ferma la copertura del fabbisogno standard per il finanziamento dei livel-

li essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’articolo 117, secon-

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79 Sui criteri di individuazione dei livelli di spesa efficiente L. ANTONINI, Il federalismo fiscale ad una svolta:il nuovo disegno di legge, in federalismi.it, n. 16/2008; F. BASSANINI, G. MACCIOTTA, Il disegno di legge sul -l’attuazione del federalismo fiscale all’esame del Senato. Osservazioni e rilievi sul testo del relatore, in astri -donline 2009; A. BRANCASI Esercizio delle funzioni e perequazione: il sistema di finanza delle Autonomie el’art. 119 della Costituzione, Intervento al Seminario di ASTRID “L’attuazione dell’articolo 119 dellaCostituzione (c.d. legge sul federalismo fiscale)”, svoltosi a Roma, il 24 luglio 2007; E. BUGLIONE: La finan -za regionale, in Quarto Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia, Milano, 2007; Idem, Un fede -ralismo fiscale per l’accountability: cosa si può riprendere dal ddl del 2007, in ISSiRFA-CNR, Quinto Rapportoannuale sullo stato del regionalismo in Italia, Giuffré, Milano, 2008, E. IORIO, Il federalismo fiscale esige uneguale punto di partenza. Una prima lettura della proposta Calderoli, in Federalismi.it, n. 16/2008, G. M.SALERNO, Coordinamento finanziario, cit. A. TARDIOLA, Il ruolo del costo standard nella riforma federalistadel welfare, in Rivista delle politiche sociali, n. 3/2008; A. ZANARDI: La ripresa del dibattito sul federalismofiscale: i problemi aperti, in nel merito.com; IDEM: Il problema delle perequazione delle Regioni e degli entilocali, presentazione per il seminario “Il progetto di attuazione del federalismo fiscale in Italia” - Università diRoma La Sapienza, 22 ottobre 2007, in astrid-online.80 Sulla opportunità di un adeguato periodo di transizione dal sistema attuale a quello dei costi standard F.BASSANINI, Principi e vincoli costituzionali in materia di finanza regionale e locale nel nuovo articolo 119 dellaCostituzione, in Astrid, Rassegna n. 26/2006, p. 15, il quale rileva che “sembra.. consigliabile assumere laspesa storica come base anche per la quantificazione delle risorse da attribuire in prima applicazione a cia-scun Ente, affidando a meccanismi evolutivi graduali, ancorché predeterminati, il successivo progressivo rie-quilibrio delle risorse sulla base di standard e indicatori oggettivi dei costi dei servizi e delle prestazioni”. Taleimpostazione dà luogo ad “una soluzione che ha il vantaggio di escludere radicalmente, in prima applicazio-ne, problemi di insufficienza o, all’opposto, di eccesso di risorse rispetto alla spesa consolidata, e dunque diescludere il rischio che ne derivi un pregiudizio dei livelli quantitativi e qualitativi dei servizi finora erogati, o,al contrario, che ne derivino rischi di sprechi e di impieghi inefficienti di risorse”.81 Cfr. DOSSIER SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, n. 109, 2009.82 L’opportunità di attribuire apposito rilievo a determinati fattori di “oggettiva” specificità di determinati conte-sti era stata rilevata dalla dottrina più autorevole; Cfr. F. BASSANINI G. MACCIOTTA - Il disegno di legge sul -l’attuazione del federalismo fiscale, cit. pag. 2.

do comma, lettera m), della Costituzione, alle norme di attuazione è demandata la discipli-

na delle specifiche modalità attraverso le quali lo Stato assicura il conseguimento degli

obiettivi costituzionali di perequazione e di solidarietà per le Regioni a statuto speciale i cui

livelli di reddito pro-capite siano inferiori alla media nazionale.

In relazione al finanziamento delle funzioni “non essenziali” il parametro della capacità

fiscale per abitante è integrato da una serie di fattori di natura socio-economica quali “il red-

dito medio pro-capite degli abitanti, gli oneri effettivamente sostenuti dalla regione per lo

svolgimento delle funzioni, in raffronto a quelli sostenuti dallo Stato e dalle altre regioni per

le medesime funzioni, gli svantaggi strutturali permanenti di cui una particolare regione sof-

fra rispetto ad altre, la ‘dimensione’ della finanza della regione a statuto speciale o provin-

cia autonoma rispetto alla finanza pubblica complessiva” 83, i quali rileveranno altresì ai fini

della determinazione del prezzo giusto di erogazione delle prestazioni essenziali.

Viene così rimesso alle procedure negoziate previste dagli Statuti speciali l’adegua-

mento delle regole di finanziamento previste dal regime comune a fattori di specificità dei

contesti regionali che possono generare una diversa quantificazione dei costi di produzio-

ne di beni e servizi, e che pertanto costituiscono importanti parametri di omogeneizzazione

della quantità e qualità dei servizi prestati dagli enti di governo, al fine di determinare, ad

esempio, i costi standard corrispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni, gli indici di fab-

bisogno ecc. 84.

In particolare la considerazione di tali fattori può determinare rilevanti deroghe al regi-

me generale in materia di finanziamento delle funzioni, attraverso l’adeguamento di para-

metri e criteri di valutazione delle condizioni che legittimano l’accesso alle risorse perequa-

tive, sia sotto il profilo della determinazione dei costi da finanziare che riguardo al calcolo

del deficit di capacità fiscale da compensare con i trasferimenti perequativi.

In sostanza viene positivizzato un principio di specialità quale insieme di poteri, com-

petenze e prerogative funzionali a garantire agli enti che ne sono titolari un certo margine

di differenziazione in ordine a diversi elementi che compongono il regime comune, ma nel

quadro di un contesto di principi e regole sostanzialmente unitario.

Altrettanto denso di implicazioni è il generico riferimento al “superamento del criterio

della spesa storica” che, alla luce del rinvio alle norme di attuazione per la disciplina dell’a-

83 Art. 27, comma 2, della legge delega.84 Cfr. F. BASSANINI, G. MACCIOTTA Il disegno di legge, cit. 2, F. PUZZO, Prime considerazioni intorno allalegge delega di attuazione dell’art. 119 della Costituzione, in astrid-online.it, pag. 4, il quale rileva che, nel perse-guire l’obiettivo di determinare valori standard attraverso i costi efficienti, la disciplina destinata alle regioni di dirit-to comune trascura fattori che incidono in maniera notevole, quale, ad esempio, il deficit infrastrutturale, la disper-sione e/o la densità demografica, od ancora le caratteristiche orografiche e morfologiche dei territori, ai quali,come è noto, corrisponde una diversificata quantificazione dei connessi costi di produzione di beni e servizi.

29

deguamento dei regimi finanziari regionali, e della capacità derogatoria di questa fonte

rispetto alla legge ordinaria (e naturalmente agli atti aventi forza di legge), può giustificare

la previsione da parte delle competenti commissioni paritetiche di fasi transitorie di durata

differente rispetto a quella prevista dal regime comune, in ragione delle specifiche esigen-

ze regionali.

Alle norme di attuazione è rimessa altresì la disciplina del coordinamento tributario

con riferimento alla potestà legislativa in materia di tributi regionali, provinciali e locali, non-

ché la individuazione di forme di fiscalità di sviluppo, frutto dell’esercizio di autonoma pote-

stà tributaria ai sensi dell’articolo 2, c. 2, lett. mm), o nell’ambito degli interventi diretti a pro-

muovere lo sviluppo economico, la coesione delle aree sottoutilizzate del Paese e la soli-

darietà sociale, a rimuovere gli squilibri economici e sociali e a favorire l’effettivo esercizio

dei diritti della persona, secondo quanto previsto dall’articolo 16, c. 1, lett. d).

Ne deriva una nuova dimensione di specialità finanziaria in cui la differenziazione non

è più concepita esclusivamente in termini di quantità di risorse, quanto piuttosto in termini

di possibilità di addivenire, in un contesto di principi e regole idonei a salvaguardare l’im-

prescindibile unitarietà dell’ordinamento, alla definizione di forme di autonomia peculiari,

funzionali a porre le regioni in condizione di rispondere adeguatamente alle esigenze spe-

cifiche (e differenti da quelle di altri contesti) dei rispettivi territori.

In questo senso la imposizione di principi e regole inderogabili derivante dal rinvio

alle norme dei decreti delegati direttamente applicabili alle regioni speciali e dall’espres-

sa individuazione dei principi cui devono rispondere le norme di attuazione è strumenta-

le a garantire l’efficienza dei relativi sistemi finanziari, evitando che le eventuali differen-

ziazioni si traducano in una esenzione dai doveri di efficienza e di concorso alla solida-

rietà infraordinamentale.

8. Conclusioni

A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione il problema della specialità

finanziaria si pone in termini del tutto diversi rispetto al passato, in quanto le differenze

sostanziali tra regimi finanziari ordinari e speciali si sono notevolmente assottigliate, sin

quasi ad annullarsi 85.

Il modello finanziario di diritto comune risulta infatti imperniato su un mix di entrate

derivanti da tributi propri (originari e derivati) compartecipazioni al gettito dei tributi erariali

30

85 Cfr. P. CARETTI, G. TARLI BARBIERI, Diritto Regionale, p. 271.

riscossi sul territorio regionale e risorse perequative (con una netta prevalenza delle com-

partecipazioni) che rispecchia quasi integralmente la struttura degli ordinamenti speciali 86.

Venute meno le asimmetrie strutturali in termini di eterogeneità tra gli istituti, tra i

due regimi permangono essenzialmente differenze di ordine quantitativo, limitate alla

misura delle compartecipazioni, alla struttura degli istituti perequativi e all’ammontare

delle risorse relative.

Per il resto, superato il tradizionale schema di separazione-esclusione, il rapporto tra

regime ordinario e sistemi speciali sembra ormai inquadrarsi in un modello di integrazione

nell’ambito del quale, all’interno di un contesto unitario di principi e regole, alcuni enti pos-

sono prevedere deroghe al regime comune in ordine a taluni elementi del sistema di finan-

ziamento, comunque contenute entro i limiti della strumentalità diretta e della proporziona-

lità rispetto alla realizzazione delle esigenze che le giustificano 87.

A tal fine le disposizioni che delineano il processo e i meccanismi di adeguamento dei

regimi finanziari speciali al nuovo contesto costituzionale riferiscono le variazioni consenti-

te a specifici elementi del sistema generale di finanziamento collegati ai principali fattori di

squilibrio economico e sociale, nel quadro comunque di un sistema di regole strumentali a

garantire la compatibilità di ogni differenziazione con i principi fondamentali e l’assetto del-

l’ordinamento di finanza pubblica complessivo.

Il sistema estende inoltre anche alle autonomie speciali i principi e le regole funziona-

li alla razionalizzazione e all’efficientamento dei regimi finanziari di tutti gli enti che compon-

gono il sistema repubblicano.

La persistenza di differenziazioni del genere di quelle descritte pare del tutto coeren-

te con la scelta di fondare la specialità sulla capacità derogatoria delle fonti statutarie e di

attuazione, e di consentire l’estensione della disciplina costituzionale (fino all’adeguamen-

to dei rispettivi statuti) solo per la parte in cui prevede «forme di autonomia più ampie rispet-

to a quelle già attribuite».

86 L’esigenza di omogeneizzazione della struttura dei sistemi di finanziamento, quale fondamentale aspettodell’unitarietà dell’ordinamento, era stata sottolineata da diverso tempo dalla dottrina Cfr. F. BASSANINI, G.MACCIOTTA, Il disegno di legge sull’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in tema di federalismofiscale: prime riflessioni, in astrid-online, pag. 1, nonché IDEM, Il disegno di legge sull’attuazione del federa -lismo fiscale all’esame del Senato. Osservazioni e rilievi sul testo del relatore, ove gli Autori rilevano che invirtù della nuova formulazione dell’art. 119 “Non è facilmente comprensibile per quale motivo le dimensioni delfinanziamento” delle funzioni di competenza delle regioni speciali “non debbano essere determinate per l’in-tero sistema delle autonomie con criteri omogenei”, nello stesso senso P. CARETTI, G. TARLI BARBIERI,Diritto Regionale, p. 271.87 Nell’impianto delineato dalla legge delega la permanenza di tali indefettibili condizioni sarà garantita da unmeccanismo dinamico in base al quale ogni mutamento delle condizioni iniziali darà luogo a proporzionali esimmetrici adeguamenti della disciplina finanziaria dei regimi speciali.

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In definitiva la disciplina delineata dalla legge delega postula l’avvio di un imponente pro-

cesso di revisione degli ordinamenti finanziari speciali verso un’effettiva realizzazione delle

prerogative di autonomia differenziata nel rispetto dei principi di responsabilità e solidarietà.

Il raggiungimento di una meta così ambita necessita di uno sforzo diretto alla elabo-

razione ed implementazione di principi e strumenti funzionali a coniugare le regole di effi-

cienza e responsabilità con il rispetto delle prerogative autonomistiche, nonché al ricono-

scimento e alla valorizzazione delle specificità dei territori, al fine di evitare che il coordina-

mento con il sistema di finanza pubblica si traduca in una omologazione tout court.

In tal senso il progressivo affermarsi di un modello istituzionale imperniato su forme di

differenziazione meritocratica, da un lato, e dall’altro l’attuale congiuntura economica sfavo-

revole che accentua le condizioni di difficoltà della finanza pubblica, costituiscono rilevanti

fattori di spinta verso un adattamento dei sistemi finanziari speciali alle nuove esigenze che

emergono dal rinnovato contesto finanziario repubblicano.

In questo contesto la chiave per il consolidamento e l’ulteriore sviluppo delle condizio-

ni speciali di cui godono gli enti ad autonomia differenziata è pertanto quella di dar vita ad

una evoluzione dei loro sistemi secondo criteri di efficienza e sana gestione finanziaria.

Si tratta di problematiche che richiedono l’avvio di un confronto fra le parti istituziona-

li, preferibilmente all’insegna della leale cooperazione, che abbia ad oggetto una seria

riflessione sistematica supportata da una concreta opera di ridefinizione dei contenuti della

specialità verso una evoluzione qualitativa dei poteri e delle prerogative che ne costituisco-

no l’oggetto, che possa far conseguire all’istituto una fisionomia che lo renda funzionale a

costituire un efficace strumento di sviluppo istituzionale ed economico-sociale 88.

Per evitare che le spinte verso il coordinamento e la razionalizzazione si traducano in

una uniformazione tout court degli ordinamenti finanziari differenziati è necessario dar vita

a nuove forme di specialità fondate su poteri autonomistici e condizioni finanziarie adegua-

te ad innescare un processo di rivitalizzazione della specialità, creando le condizioni per

una differenziazione virtuosa.

32

88 Cfr. G. MACCIOTTA, Competenze e finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle forme di auto -nomia differenziata, cit. 6.