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Sommario: 1. Premessa - 2. Il riparto della potestà impositiva tra lo Stato e la Regione siciliana - 3. I criteri di riparto della potestà impositiva tra Stato e Regione sici - liana alla luce della recente giurisprudenza costituzionale - 4. L’attuazione degli artt. 37 e 38 dello Statuto regionale - 5. L’impatto dell’attuazione del c.d. “federalismo fiscale” sul sistema di autonomia speciale della Regione siciliana - 6. Il coordinamento tra finanza statale, regionale e locale - 7. Le prospettive future della specialità statutaria - 8. Il concorso agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica - 9. Autonomia finan - ziaria e responsabilità 1. Premessa Le dinamiche dell’esercizio dell’autonomia finanziaria della Regione siciliana ricorda- no, mutatis mutandis, quelle dell’autonomia delle Università, nel senso di una graduale ed inevitabile erosione della stessa, attraverso la progressiva introduzione di limiti imposti dallo Stato, giustificati da quelli che, a torto o a ragione, venivano percepiti come comportamen- ti criticabili. Nel quadro di un contesto economico globale precario, l’insorgenza di imperativi vin- coli esterni di bilancio, inducono a riesaminare l’attualità delle ragioni fondanti della specia- lità statutaria, come è noto, antecedente rispetto alla Costituzione italiana, essendo stato approvato il relativo statuto col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 e convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Da qui, l’esigenza di correlare l’autonomia sempre più alla responsabilità. 2. Il riparto della potestà impositiva tra lo Stato e la Regione siciliana L’art. 36, comma 1, dello Statuto della Regione Siciliana prevede che: “Al fabbi- sogno della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione a mezzo di tributi deliberati dalla medesima”. L’ultima parte della disposizione riconosce la pote- stà di introdurre “tributi propri”, disciplinandone tutti gli elementi fondamentali e non, divenendo soggetto attivo del rapporto giuridico d’imposta, nel rispetto dei principi L’autonomia finanziaria della Regione siciliana alla prova del coordinamento della finanza pubblica Agostino Ennio La Scala Professore Associato di Diritto Tributario - Università degli Studi di Palermo 1

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S o m m a r i o: 1. Premessa - 2. Il riparto della potestà impositiva tra lo Stato e laRegione siciliana - 3. I criteri di riparto della potestà impositiva tra Stato e Regione sici -liana alla luce della recente giurisprudenza costituzionale - 4. L’attuazione degli artt. 37e 38 dello Statuto regionale - 5. L’impatto dell’attuazione del c.d. “federalismo fiscale”sul sistema di autonomia speciale della Regione siciliana - 6. Il coordinamento trafinanza statale, regionale e locale - 7. Le prospettive future della specialità statutaria -8. Il concorso agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica - 9. Autonomia finan -ziaria e responsabilità

1. PremessaLe dinamiche dell’esercizio dell’autonomia finanziaria della Regione siciliana ricorda-

no, mutatis mutandis, quelle dell’autonomia delle Università, nel senso di una graduale edinevitabile erosione della stessa, attraverso la progressiva introduzione di limiti imposti dalloStato, giustificati da quelli che, a torto o a ragione, venivano percepiti come comportamen-ti criticabili.

Nel quadro di un contesto economico globale precario, l’insorgenza di imperativi vin-coli esterni di bilancio, inducono a riesaminare l’attualità delle ragioni fondanti della specia-lità statutaria, come è noto, antecedente rispetto alla Costituzione italiana, essendo statoapprovato il relativo statuto col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 e convertito nellalegge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

Da qui, l’esigenza di correlare l’autonomia sempre più alla responsabilità.

2. Il riparto della potestà impositiva tra lo Stato e la Regione sicilianaL’art. 36, comma 1, dello Statuto della Regione Siciliana prevede che: “Al fabbi-

sogno della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione a mezzo ditributi deliberati dalla medesima”. L’ultima parte della disposizione riconosce la pote-stà di introdurre “tributi propri”, disciplinandone tutti gli elementi fondamentali e non,divenendo soggetto attivo del rapporto giuridico d’imposta, nel rispetto dei principi

L’autonomia finanziaria della Regione siciliana alla prova delcoordinamento della finanza pubblica

Agostino Ennio La ScalaProfessore Associato di Diritto Tributario - Università degli Studi di Palermo

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del sistema tributario nazionale, del diritto dell’Unione europea e del diritto interna-zionale tributario 1.

La Regione ha esercitato il potere di “deliberare tributi propri” solo con l’introduzione(art. 5 della legge finanziaria regionale del 3 maggio 2001 n. 6, modificato, a seguito dell’im-pugnazione da parte del Commissario dello Stato, dall’art. 6 della legge finanziaria regiona-le per l’anno 2002) di un prelievo espressamente definito di tipo “a m b i e n t a l e”, che colpiva laproprietà del metanodotto che trasporta il gas naturale estratto dall’Algeria all’Europa. Ta l etributo è stato ritenuto incompatibile dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea 2, in quantoconfigurato alla stregua di una misura equivalente ad un dazio doganale 3.

L’art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria contenute nel D.P.R. n. 1074 del1965 stabilisce che, oltre ai “tributi propri”, afferiscono alla Regione “tutte le entrate tributarieerariali r i s c o s s e nell’ambito del suo territorio...”, dirette e indirette, comunque denominate, adeccezione di quelle riservate espressamente allo Stato (entrate sui tabacchi, accise s u l l ap r o d u z i o n e, prelievi sul lotto e le lotterie a carattere nazionale), ai sensi dell’art. 36, comma2°, dello stesso Statuto. Il citato art. 2, comma primo, esclude, inoltre, le “nuove entrate tri-butarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfa-re particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime”.

3. I criteri di riparto della potestà impositiva tra Stato e Regione siciliana allaluce della recente giurisprudenza costituzionale

Il riferimento alla fase della “riscossione” comporta la devoluzione allo Stato del getti-to tributario in tutte quelle fattispecie in cui, nonostante il presupposto d’imposta si realizziin ambito regionale, si applichi una ritenuta diretta, oppure l’ammontare del prelievo venga

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1 Con riferimento all’autonomia tributaria della Regione siciliana, in dottrina, limitandoci alle pubblicazioni piùrecenti, in ordine alfabetico, si rinvia ai contributi contenuti nel volume Regionalismo fiscale tra autonomielocali e diritto dell’Unione europea, I “Venerdì” di Diritto e Pratica tributaria, Taormina 27 - 28 aprile 2012. Inparticolare, si v. G. Corasaniti, Territorialità del presupposto e ripartizione del gettito: il caso dell’imposta sulleassicurazioni, 95 e ss.; A. E. La Scala, L’autonomia statutaria della Regione siciliana in materia finanziaria etributaria, 209 e ss.; S. La Rosa, Il riparto delle competenze tributarie nell’esperienza dell’autonomia regiona -le siciliana, 185 e ss.; G. Marongiu, La fiscalità “siciliana” nel restaurato regno borbonico (1816-1861), 221 ess.; A. Quattrocchi, L’autonomia tributaria siciliana nel quadro delle esperienze degli altri statuti speciali regio -nali, 259 e ss. Si v. S. Sammartino, Federalismo fiscale e autonomia finanziaria della Regione siciliana, inFederalismo fiscale e autonomia degli enti territoriali, (a cura di) A. E. La Scala, Torino, Giappichelli, 2010, 19e ss. Sia consentito, inoltre, rinviare a A. E. La Scala, L’autonomia tributaria e finanziaria della RegioneSiciliana ai tempi del c.d. federalismo fiscale, in Dir. e Prat. Trib., n. 4, 2011, 729 e ss. Da ultimo, si v. La pote -stà tributaria siciliana: profili ricostruttivi e prospettive, ricerca condotta su incarico della Confindustria diPalermo, dalla Fondazione Antonio Uckmar, diretta da V. Uckmar e coordinata da A. Quattrocchi.2 Corte di Giustizia 21 giugno 2007, causa C-173/05.3 Sulla tematica, sia consentito rinviare a A. E. La Scala, Il carattere ambientale di un tributo non prevale suldivieto di introdurre tasse ad effetto equivalente ai dazi doganali, in Rass. trib., n. 4, 2007, 1318 e ss..

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versato da soggetti passivi, quali sostituti d’imposta, aventi domicilio fiscale fuori dal territo-rio della Regione stessa.

La Corte costituzionale 4, attenendosi alla lettera della citata disposizione attuativa, haavallato, in modo a nostro avviso censurabile, la devoluzione allo Stato del gettito di quattrotipologie di prelievo tributario rivendicate dalla Regione siciliana, nonostante presentasseroevidenti c o l l e g a m e n t i con il territorio regionale. In particolare, si tratta: a) dell’imposta sulleassicurazioni dovuta e versata dagli agenti assicuratori con domicilio fiscale o rappresentan-za fuori dal territorio regionale, ove i premi riscossi siano riferiti a polizze assicurative stipu-late per fattispecie contrattuali m a t u r a t e in ambito regionale; b) dell’imposta sul valoreaggiunto versata dai depositi periferici di vendita di generi di monopolio ubicati in Sicilia e, invia generale, del gettito IVA sulle operazioni imponibili il cui presupposto si verifichi sul terri-torio dell’isola; c) dell’imposta sugli interessi, premi ed altri frutti e proventi corrisposti a depo-sitanti e correntisti di uffici postali e dipendenze bancarie operanti nella Regione, applicataattraverso le ritenute di Poste italiane s.p.a. e degli istituti di credito con domicilio fiscale fuoridal territorio regionale; d) delle ritenute d’acconto operate dalle amministrazioni periferichedello Stato o da altri enti pubblici, con sede centrale fuori dal territorio regionale, su stipendied altri emolumenti corrisposti in favore di dipendenti o altri soggetti che svolgano stabilmen-te la propria attività di lavoro subordinato nel territorio regionale.

La Corte costituzionale non ha, così, tenuto conto di altre disposizioni contenute nelD . P.R. 1074/1965, le quali, invece, prediligono il criterio sostanziale del luogo in cui simanifesta la capacità contributiva del contribuente 5. Ciò si verifica, ad esempio, in ragio-ne della residenza fiscale del soggetto titolare della ricchezza colpita, nel caso delleimposte sul reddito, o della collocazione territoriale del fatto cui si collega il sorgere del-l’obbligazione tributaria 6.

Sotto il profilo procedurale, l’accertamento dei tributi è di competenza dell’Agenziadelle entrate, sulla base del c.d. istituto dell’avvalimento 7, in forza del quale la Regione uti-lizza le strutture statali per la gestione delle proprie entrate tributarie. La riscossione dei tri-buti di propria spettanza sono di competenza regionale. La Regione siciliana, insieme

4 Corte Costituzionale n. 116/2010.5 L’art. 4 delle norme di attuazione in materia finanziaria stabilisce che alla Regione spettano anche i tributi“ceduti” che, in virtù di esigenze amministrative, quali quelle connesse all’istituto del sostituto d’imposta, sonoriscossi fuori dal territorio regionale, purché il fatto espressione di ricchezza qualificata venga generato nel ter-ritorio regionale.6 Per un’accurata analisi delle correlazioni tra principio di territorialità e principio di capacità contributiva, sirinvia a S. Sammartino, Il principio di territorialità nell’attuazione del federalismo fiscale, in AA.VV., Dal dirittofinanziario al diritto tributario, Studi in onore di Andrea Amatucci, III, Napoli, 2011, 640 e ss..7 Art. 8 del citato D.P.R. n. 1074/1965.

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all’Agenzia delle entrate, riveste la qualità di socio di “Riscossione Sicilia s.p.a.”, la quale,a seguito della fusione con “Serit Sicilia s.p.a.”, dal 1° settembre 2012, si occupa dellariscossione delle entrate tributarie.

D’altra parte, la stessa Corte costituzionale si era già spinta verso una lettura s o s t a n -z i a l e delle norme di attuazione, individuando nel principio di capacità contributiva il criterio dispettanza del gettito dei tributi erariali. Sulla scorta dei principi elaborati in precedenti pro-nunce 8, la Consulta 9 ha, infatti, accolto il ricorso presentato dalla Regione siciliana avversoil diniego dello Stato di riconoscerle la spettanza del gettito a titolo di imposta sulle assicura-zioni per polizze relative ai veicoli a motore iscritti nei pubblici registri automobilistici aventisede nelle Province siciliane, nei casi in cui gli assicuratori avessero domicilio fiscale o rap-presentanza fuori dal territorio dell’isola. Il diniego è stato interpretato in contrasto con gli artt.36 e 37 dello Statuto e delle norme di attuazione in materia finanziaria, il cui combinatodisposto garantirebbe alla Regione: “...il gettito derivante dalla capacità fiscale che si mani-festa nel territorio della Regione stessa, quindi dai rapporti tributari che hanno in tale territo-rio il loro radicamento, vuoi in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del red-dito colpito (come nelle imposte sui redditi), vuoi in ragione della collocazione nell’ambito ter-ritoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria”.

4. L’attuazione degli artt. 37 e 38 dello Statuto regionaleIl criterio di ripartizione del gettito tributario connesso al momento e al luogo della rea-

lizzazione del presupposto d’imposta, a prescindere dagli aspetti procedurali relativi allariscossione, viene ribadito nell’art. 37 dello Statuto siciliano. La norma consente allaRegione di assoggettare ad imposizione la quota dei redditi prodotti dalle imprese industria-li e commerciali con sede al di fuori del territorio regionale, riferita agli stabilimenti e agliimpianti presenti nell’isola, stabilendo che la riscossione venga effettuata dagli organi a ciòpreposti in sede regionale. Coerentemente con i principi di capacità contributiva e di terri-torialità, l’art. 7 delle norme di attuazione riconduce alla spettanza regionale anche il getti-to dei “tributi sui redditi di lavoro” dei dipendenti delle imprese di cui all’art. 37, i quali svol-gono la loro attività negli stabilimenti operanti in ambito regionale. L’art. 7 delle citate normedi attuazione, negli ultimi due commi, prevede in modo simmetrico che le quote di redditoprodotte da imprese che hanno la sede centrale nel territorio della Regione, ma si riferisco-no a stabilimenti situati al di fuori di esso, vengano determinate sulla base degli stessi prin-cipi sanciti nel primo comma e che le relative imposte vengano riscosse dallo Stato.

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8 Corte Costituzionale, sentt. n. 111/1999 e n. 138/1999.9 Corte Costituzionale n. 306/2004.

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Nonostante diversi tentativi, i principi contenuti nell’art. 37 dello Statuto e nell’art. 7 delD.P.R. n. 1074 del 1965, non hanno finora trovato piena e definitiva attuazione.

Le nuove norme di attuazione sancite nel decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241hanno sancito la correlazione tra il trasferimento alla Regione delle “quote di competenzafiscale dello Stato” e la devoluzione alla stessa delle “competenze previste dallo Statuto finoad ora esercitate dallo Stato”.

Al di là dell’aspetto, non soltanto simbolico, di definire come di spettanza statale (enon regionale a titolo originario) il gettito tributario relativo ai redditi prodotti dalle impresecon stabilimenti ed impianti ubicati in Sicilia, aventi sede legale fuori dal territorio regiona-le, le disposizioni in oggetto hanno aperto un vasto contenzioso, riconducibile a due que-stioni principali. La prima relativa alla definizione del criterio da utilizzare per il calcolo dellequote di IRES da attribuire alla Regione, imputabili agli impianti localizzati sul suo territorio,risolta in sede di tavolo tecnico convocato ad hoc, adottando lo stesso sistema di riparto uti-lizzato ai fini dell’IRAP (art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 446 del 1997), nell’ipotesi in cui l’attivitàeconomica venga esercitata nel territorio di più regioni.

La seconda questione, più spinosa e ancora sostanzialmente aperta nonostante unapronuncia della Corte costituzionale 10, riguarda l’interpretazione del principio di simmetriatra l’attribuzione delle risorse finanziarie e l’individuazione delle funzioni esercitate dalloStato, da trasferire alla Regione. L’ultimo intervento normativo risale all’art. 11 del decretolegge 8 aprile 2013, n. 35 convertito dalla L. n. 64 del 2013, il quale si è limitato ad intro-durre un regime transitorio in tema di attuazione dell’art. 37 dello Statuto, liquidando per iltriennio 2013-2015 il maggior gettito da riconoscere alla Regione siciliana, nell’ottica, tutta-via, del principio della neutralità finanziaria (attingendo, cioè, a risorse che erano già statedestinate alla Regione per altri fini), rimandando al 2016 la risoluzione definitiva delle pro-blematiche evidenziate.

Altre importanti disposizioni in materia di autonomia finanziaria che non hanno trova-to nel corso degli ultimi anni compiuta applicazione sono quelle sancite nell’art. 38 delloStatuto 11. Occorre, a tal fine, individuare criteri oggettivi e certi di quantificazione del con-tributo di solidarietà, alla luce del fatto che lo Stato ha finora assegnato importi del tuttoinsufficienti al raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Sarebbe, inoltre, necessario defini-

10 Corte Costituzionale n. 145/2008.11 Si prevede che: “1. Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, unasomma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell’esecuzione di lavori pubblici. 2. Questa sommatenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto della media naziona-le. 3. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni deidati assunti per il precedente computo”.

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re forme di perequazione più adeguate ai livelli di reddito che si realizzano nel territorioregionale, dando al contempo attuazione alla c.d. perequazione infrastrutturale disciplinatadall’art. 15 della L. delega n. 42/2009 (contenente “Delega al Governo in materia di federa-lismo fiscale in attuazione dell’art. 119 della Costituzione”). Il livello della ricchezza pro-capi -te in Sicilia e della capacità fiscale che si manifesta nel suo territorio risulta più basso diquello riscontrabile nelle altre regioni 12.

Il mito di un “federalismo fiscale” senza costi aggiuntivi si è rivelato una chimera. Lasua (seria) attuazione presuppone, al contrario, importanti misure compensative. D’altraparte, non appare più tollerabile, dal punto di vista etico, nonché sociale ed economico, ilmantenimento di disuguaglianze così manifeste all’interno del Paese, in relazione all’eser-cizio dei diritti sanciti nella prima parte della Costituzione e delle funzioni fondamentaliriconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e a quelle di cui all’art. 117, comma 2, let-tere m) e p) della Costituzione.

5. L’impatto dell’attuazione del c.d. “federalismo fiscale” sul sistema di autono-mia speciale della Regione siciliana

L’attuazione del c.d. federalismo fiscale, con l’approvazione della legge delega n. 42del 2009 e dei relativi decreti legislativi, ha sollevato per la Regione Siciliana una serie dicomplesse questioni giuridiche portate all’attenzione della Corte costituzionale. L’attuazionedell’art. 119 della Costituzione, anziché muoversi verso la valorizzazione dei principi diautonomia finanziaria sanciti in ambito statutario fin dal 1946, solleva complesse problema-tiche ed è stata spesso avvertita come un attentato all’autonomia finanziaria della Regione.

Si ritiene, comunque, che quello fin qui delineato possa essere definito un sistema didecentramento più o meno avanzato, lontano dal modello federalista tratteggiato dalla rifor-ma del titolo V della Costituzione, fondato sull’equi-ordinazione dei diversi livelli di governodella Repubblica (art. 114 Cost.) anche in materia di autonomia finanziaria e tributaria (art.119, 1° e 2° comma, Cost.).

L’art. 1, comma 2, della legge delega prevede che per le Regioni a statuto speciale eper le Province autonome di Trento e di Bolzano trovino applicazione “esclusivamente” esempre “in conformità con gli statuti” (c.d. clausola di esclusione), le disposizioni contenu-te rispettivamente negli artt. 15 (“Finanziamento delle città metropolitane”), 22(“Perequazione infrastrutturale”) e 27.

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1 2 Dai dati forniti dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) relativial 2008, emerge che la Regione Sicilia riceve il totale delle entrate tributarie (IRPEF, IRES, IVA, IRAP e addizio-nale regionale IRPEF), rapportate alla ricchezza p r o-capite, più basso di tutte le altre regioni a statuto speciale.

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Quest’ultimo articolo estende anche alle autonomie speciali i doveri di perequazio-ne e di solidarietà, il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica afavore di quello del fabbisogno s t a n d a r d per il finanziamento dei livelli essenziali di cuiall’art. 117 Cost., secondo comma, lett. m) e delle funzioni fondamentali previste dallalett. p) della stessa norma costituzionale, nonché i vincoli derivanti dal Patto di stabilitàinterno e dalle norme dell’Unione europea, rinviandone la definizione in conformità allerispettive norme di attuazione dei rispettivi statuti. Il secondo comma dell’art. 27 prendein considerazione le peculiarità delle autonomie speciali, anche con riferimento a fattoristrutturali ritenuti di svantaggio, quali l’insularità, in relazione ai maggiori costi derivantiper la gestione dei servizi pubblici, oltre ai “livelli di reddito pro capite” riscontrabili a livel-lo territoriale. Il comma 5 prevede il coinvolgimento dei presidenti delle Regioni a statutospeciale nella fase decisionale ascendente, attraverso l’esercizio del diritto di partecipa-re alle riunioni del Consiglio dei ministri per l’esame delle norme di attuazione dei men-zionati principi. L’ultimo comma, quale espressione del principio pattizio e di leale colla-borazione tra i diversi livelli di governo, prevede l’istituzione di un tavolo bilaterale di con-fronto tra il Governo (Ministri per i rapporti con le regioni, per le riforme e il federalismo,per la semplificazione normativa, dell’economia e delle finanze e per le politiche europee)e ciascuna autonomia speciale, per l’individuazione dei criteri direttivi in tema di concor-so ai doveri di solidarietà e per “valutare la congruità delle attribuzioni finanziarie ulterio-ri, intervenute successivamente all’entrata in vigore degli statuti, verificandone la coeren-za” con i principi sanciti dal legislatore delegante.

La Regione siciliana non ha finora, a differenza delle altre regioni a statuto speciale,chiuso la suddetta fase di negoziazione.

I casi di confronto Stato-Regione Siciliana portate all’attenzione della Corte costituzio-nale, sono copiosi. Esempi storici sono rappresentati dalle questioni nate a seguito dellariforma tributaria introdotta in Italia in attuazione della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825e del relativo riassetto complessivo del sistema tributario che ne seguì, nonché da quellescaturenti dall’interpretazione delle c.d. riserve del gettito dei “nuovi” tributi allo Stato 13, aisensi del già menzionato art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria.

1 3 Le questioni attinenti alle clausole di riserva allo Stato delle entrate di spettanza della Regione sono comples-se e sono state oggetto di contenzioso costituzionale fin dagli anni ‘70, coinvolgendo la definizione del concettodi “nuova entrata tributaria”, nonché le problematiche relative ai prelievi aggiuntivi (quali le addizionali), alle impo-ste sostitutive, all’adozione di misure volte all’emersione di basi imponibili e di contrasto all’evasione fiscale, al get-tito derivante dalla definizione agevolata delle controversie pendenti e dai condoni fiscali, e così via. Le questionihanno, inoltre, riguardato il carattere temporaneo ed eccezionale della destinazione, nonché le garanzie procedu-rali in termini di partecipazione della Regione, in armonia col principio di leale cooperazione. Per una panoramicadella giurisprudenza della Corte costituzionale in materia si rimanda alla lettura della sentenza n. 143/2012.

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La Consulta 14 ha costantemente ammesso che, lo Stato, nell’ambito di manovre difinanza pubblica, possa determinare riduzioni nella disponibilità finanziaria delle Regioni,“purché non tali da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive dellaspesa regionale”.

Più recentemente la Corte Costituzionale 15 ha considerato legittima l’attribuzione alloStato del gettito dell’addizionale erariale della tassa automobilistica riscossa nel territoriodella Regione siciliana, avendo ravvisato i requisiti desumibili dalla normativa de qua e,cioè: a) la novità dell’entrata tributaria; b) la destinazione del gettito, con apposite leggi, allacopertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Statospecificate nelle leggi medesime.

La Corte costituzionale 1 6, sulla base delle stesse argomentazioni, ha dichiarato infonda-te le questioni sollevate dalla Regione relative alla legittimità costituzionale dell’art. 37, comma10, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria,convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111), con riferi-mento all’art. 36 dello Statuto, all’art. 2 delle relative norme di attuazione, nonché al principiodi leale cooperazione tra Stato e Regioni. In particolare, le norme citate venivano denunciatenella parte in cui comprendevano nella riserva a favore del bilancio statale il contributo unifi-cato di iscrizione a ruolo dovuto nei processi tributari, senza farne salva, per quelli celebrati inSicilia, la spettanza alla Regione nemmeno della quota sostitutiva dell’imposta di bollo.

La Consulta, richiamando la natura di “entrata tributaria erariale” del contributo unifi-cato 17, ha ribadito che sulla base della sua giurisprudenza 18, ai fini della riserva ex art. 2del D.P.R. n. 1074 del 1965, devono essere considerate “nuove” anche le maggiori entratederivanti da disposizioni legislative che introducono nuovi tributi o aumentano le aliquote ditributi preesistenti e contestualmente dispongono la soppressione di tributi esistenti o lariduzione delle loro aliquote 19.

6. Il coordinamento tra finanza statale, regionale e localeAnche le disposizioni contenute nel Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in mate-

ria del c.d. federalismo fiscale municipale hanno costituito terreno di scontro.

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14 Cfr. ex multis, Corte Costituzionale n. 307/1983, n. 123/1992, n. 370/1993, n. 376/2003, n. 260/2004, n.417/2005 e n. 38/1999.15 Corte Costituzionale 21 maggio 2012 n. 135.16 Corte Costituzionale 13 giugno 2012 n. 143.17 Corte Costituzionale n. 73/2005.18 Corte Costituzionale n. 348/2000.19 Analoghe doglianze sono state ritenute infondate dalla Corte in occasione della pronuncia 19 novembre2012 n. 265.

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Occorre, in primis, rilevare che la Corte costituzionale 20 ha chiarito che la regioneSiciliana, pur avendo competenza esclusiva in materia di “organizzazione degli enti locali”(rectius, “regime degli enti locali”), ai sensi dell’art. 14, lett. o) del proprio Statuto, a differen-za, ad esempio, delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, non ha, tuttavia, compe-tenza sulla “finanza degli enti locali”.

L’ambizione di rendere l’ente comunale, quale livello di governance più prossimo alcittadino sulla base del principio di sussidiarietà, un vero e proprio ente impositore, sogget-to attivo e non soltanto mero destinatario del gettito di prelievi tributari, lasciandogli margi-ni di manovrabilità, pur se entro i limiti dell’aderenza al sistema delle fonti del diritto e delprincipio di riserva di legge in materia tributaria, già ridimensionata in sede di redazionedella legge delega n. 42/2009, non ha trovato compiuta espressione in sede di attuazionedella stessa.

Emerge, salvo in tema di imposta di soggiorno e di imposta di scopo, la mancanza delriconoscimento di una vera e propria autonomia impositiva in capo al Comune. Se per taledebba intendersi, alla luce del combinato disposto degli artt. 23 e 119, commi 1 e 2, dellaCostituzione, l’autonomia di scelta, attraverso l’esercizio della potestà regolamentare, conriferimento a taluni elementi dei tributi locali spettanti, all’interno di un’attività definitoria daparte della legge statale o regionale, quali l’aliquota, la base imponibile, le modalità diaccertamento e di riscossione ed eventuali agevolazioni. Dal nuovo quadro normativo nonemerge l’attribuzione di un’autonomia finanziaria di entrata a favore dei Comuni, da cuidiscenderebbe la titolarità di risorse autonome tributarie, nonché il potere degli stessi di sta -bilire e applicare tributi ed entrate propri, pur “in armonia con la Costituzione e secondo iprincipi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” (art. 119 Cost.),nonché con i principi e le norme di diritto internazionale e comunitario.

Le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 23/2011 prevedono la devoluzione ai Comuni,relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, del gettito, in tutto o in parte, derivan-te da taluni tributi finora di spettanza erariale (il 30% delle imposte di registro, ipotecaria,catastale, tasse ipotecarie e speciali catastali; il 100% delle imposte di registro e di bollo suicontratti di locazione; l’intero gettito dell’IRPEF sui redditi fondiari etc., cfr. art. 2 del citatodecreto). A ben guardare, si tratta di una devoluzione, spesso pro quota, non dei “tributi”,ma del “loro gettito”, senza garantire all’ente comunale autonomia, flessibilità e manovrabi-lità degli stessi. I prelievi devoluti dall’art. 2 del decreto n. 23/2011 ai Comuni, compresa lac.d. cedolare secca, lungi dal costituire espressione della loro autonomia tributaria, rappre-

20 Corte Costituzionale 29 dicembre 2008 n. 442.

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sentano la devoluzione di quote di gettito di tributi erariali non manovrabili dai singoli enti enon dotati di adeguata flessibilità.

Tale attribuzione incide, comunque, sulle prerogative della Regione siciliana inmateria finanziaria, sottraendo alla stessa quote di gettito ad essa spettanti sulla basedelle norme statutarie, ai sensi delle citate norme contenute nell’art. 36 dello Statutoregionale e nell’art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria. Il nuovo assettodella fiscalità locale delineato dal legislatore delegato non tiene conto della specialità sta-tutaria della Regione siciliana, non prevedendo alcuna forma compensativa a favore dellastessa in correlazione dell’attribuzione ai Comuni siciliani del gettito dei tributi ad essastatutariamente assegnato.

La Consulta 2 1 ha ritenuto, in particolare, non fondata la questione relativa al censu-rato art. 2, commi da 1 a 4, del D.Lgs. n. 23 del 2011, per contrasto con il disposto degliartt. 36 e 37 dello Statuto regionale e con le relative norme di attuazione, in quanto lacompartecipazione dei Comuni al gettito dell’IVA e dei tributi concernenti la “fiscalitàimmobiliare” comporterebbe la devoluzione ai Comuni siciliani di un gettito tributario dispettanza regionale. Secondo la Consulta opererebbe, infatti, la clausola di salvaguardiaaccolta dal comma 2 dell’art. 14 dello stesso decreto, coerentemente con l’ambito diapplicazione della legge delega n. 42/2009 definito dal già citato art. 1, comma 2, nonchécon la clausola di salvaguardia a favore delle autonomie speciali contenuta nell’art. 27della stessa legge.

L’art. 14, comma 2, del decreto sul c.d. federalismo municipale sancisce una clauso-la di salvaguardia a favore delle Regioni a statuto speciale, prevedendo che l’applicazionedello stesso avverrà “nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformità con le procedure pre-viste dall’art. 27 della L. n. 42 del 2009”. Tale clausola, tuttavia, si riferisce in modo alquan-to generico a tutte le regioni ad autonomia differenziata (art. 116 Cost.), prendendo in con-siderazione le Regioni speciali il cui sistema finanziario è fondato sulla compartecipazioneal gettito dei tributi erariali, diversamente da quanto previsto per la Regione Siciliana a cuilo Statuto attribuisce, invece, l’integrale devoluzione del gettito dei tributi riscossi nel pro-prio territorio. Tale riferimento è reso evidente dallo stesso art. 14, comma 2, del citatodecreto, ove prevede che: “a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle Regionia statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle per-sone fisiche ovvero al gettito degli altri tributi erariali, questa si intende riferita anche al get-tito della cedolare secca; b) sono stabilite la decorrenza e le modalità di applicazione delle

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21 Corte Costituzionale 21 marzo 2012 n. 64.

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disposizioni di cui all’art. 2 nei confronti dei Comuni ubicati nelle regioni a statuto speciale,nonché le percentuali delle compartecipazioni di cui alla lettera a).....”.

A titolo compensativo viene prevista la compartecipazione delle Regioni a statutospeciale al gettito della c.d. cedolare secca. Tale disposizione, per la Regione siciliana,in virtù delle peculiarità del suo impianto finanziario, dovrebbe a nostro parere essereinterpretata nel senso di un’integrale devoluzione alla regione stessa, pena la violazio-ne delle prerogative statutarie. Lo schema originario del decreto legislativo n. 23/2011 ,sottoposto dal Governo alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome pre-vedeva la sua diretta e immediata applicazione anche alle Regioni a statuto speciale,senza tenere in alcuna considerazione le prerogative ad esse spettanti in materia finan-ziaria e tributaria. La Regione siciliana non ha mancato di esprimere le proprie ragioni,formulando proposte emendative condivise da tutte le altre Regioni speciali; proposterecepite soltanto in parte dall’art. 14 in commento. L’art. 14, comma 3, del decreto incommento contiene un’ulteriore clausola di salvaguardia, prevedendo, in primis, che “lemodalità di applicazione delle disposizioni relative alle imposte comunali ... sono stabi-lite dalle predette autonomie speciali in conformità con i rispettivi statuti e le relativenorme di attuazione”.

Viene, inoltre, prevista la non applicazione dell’art. 2, commi da 1 a 8, per gli enti loca-li ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Provincie autonome “che esercitano le fun-zioni in materia di finanza locale”, attribuendo alle stesse “le devoluzioni e le compartecipa-zioni al gettito delle entrate tributarie erariali previste dal presente decreto nelle misure econ le modalità definite dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione peri medesimi tributi erariali o per quelli da essi sostituiti”.

Altra problematica ravvisabile nell’impianto complessivo del decreto n. 23/2011riguarda a nostro avviso la mancata attuazione dei principi e dei criteri direttivi riguar-danti le esigenze di coordinamento tra Regioni ed Enti locali, facendo esclusivo rife-rimento ai rapporti Stato - Enti locali. Nel disciplinare l’imposta di soggiorno, adesempio, il potere di intervento delle regioni finisce per subire cospicue limitazioni inuno dei pochi settori, in cui l’esercizio dell’autonomia tributaria si ritiene possa con-cretamente trovare sviluppi. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. q) della legge delegan. 42/2009, è consentito alla legge regionale, “con riguardo ai presupposti non assog-gettati ad imposizione da parte dello Stato, ...determinare le variazioni delle aliquoteo le agevolazioni che Comuni, Province e Città metropolitane possono applicare nel-l’esercizio della propria autonomia...”. Sulla base del successivo art. 12, lett. g) leRegioni possono “istituire nuovi tributi dei Comuni, delle Province e delle Città metro-

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politane nel proprio territorio, specificando gli ambiti di autonomia riconosciuti aglienti locali” 2 2.

L’art. 13 del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con modificazioninella legge n. 214/2011, ha anticipato al 2012 l’applicazione dell’imposta municipale propria(IMU) istituita e disciplinata dal citato D.Lgs. n. 23/2011, sostitutiva della “componenteimmobiliare dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali dovutein relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati” e dell’imposta comunale sugli immo-bili. L’art. 48 del decreto legge prevede l’immediata e diretta anticipazione dell’IMU, cosìcome l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2013, del nuovo tributo comunale sui rifiuti esui servizi (art. 14) e l’applicazione delle norme sul “concorso alla manovra degli enti terri-toriali e ulteriori riduzioni di spese” (art. 28), mentre per tutte le altre disposizioni dello stes-so decreto si fa rinvio alle norme di attuazione statutarie di cui all’art. 27 della legge delegan. 42/2009, per definire le modalità di applicazione e gli effetti finanziari delle stesse.Considerato che l’imposta municipale propria sostituisce, per la componente immobiliare,l’imposta sul reddito delle persone fisiche, il cui gettito spetta per intero alla Regione sicilia-na, la devoluzione in parte ai Comuni e in parte allo Stato, comporta la sottrazione di impor-tanti risorse finanziarie statutariamente spettanti alla prima. A prescindere dai rilievi relativialla compatibilità costituzionale delle norme in esame (che non si sono limitate ad “antici-pare” l’applicazione del tributo come disciplinato dal D.Lgs. n. 23/2011, ma hanno apporta-to significative innovazioni, quali quelle sull’estensione del prelievo anche all’abitazioneprincipale e alle sue pertinenze, in evidente contrasto con i principi e i criteri direttivi sanci-ti in sede di legge delega ex art. 12, comma 1°, lett. b), nonché, più in generale, all’utilizzodel decreto legge, l’urgenza e la necessità connesse alla grave crisi economica nazionalee internazionale hanno ancora una volta evitato un confronto preventivo tra Stato e Regioni.

L’abolizione dell’imposta comunale sugli immobili sull’abitazione principale, oltre a priva-re i Comuni di una fonte primaria di entrata “propria”, ha generato un’ingiustificabile deroga aiprincipi di territorialità e di correlazione tra prelievo tributario e beneficio ricevuto dal contri -buente - elettore, riconosciuti per la fiscalità immobiliare anche a livello di diritto internaziona-le tributario. Lo spostamento della tassazione immobiliare quasi esclusivamente su soggettipassivi non residenti rappresentava un ostacolo all’auspicato collegamento tra esercizio delpotere impositivo del Comune e principio di responsabilità degli amministratori locali.

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22 Sul condivisibile carattere non ontologico della qualifica di tributo “erariale” o “regionale”, non dipendente,cioè, “dalla capacità economica assoggettata a tassazione, bensì dall’ente che ne stabilisce la disciplina e puòdecidere in ordine alla destinazione del gettito”, D. Stevanato, I tributi propri delle regioni nella legge delegasul federalismo fiscale, in Dir. e Prat. Trib., 2010, I, 395 e ss..

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L’esenzione dall’imposizione patrimoniale sulla “prima casa”, oltre ad incentivareforme di elusione attraverso la costituzione di nuclei familiari fittizi, era destinata a produr-re un sistema limitato e sbilanciato di autonomia tributaria. Il permanere del divieto di tas-sazione patrimoniale sugli immobili adibiti ad abitazione principale, finiva, inoltre, col pena-lizzare ingiustificatamente i Comuni che erano riusciti a preservare dalla speculazione edi-lizia porzioni del proprio territorio e col premiare, al contrario, quelli che avevano maggior-mente ceduto alla tentazione di favorire uno sviluppo edilizio di natura non residenziale.

La Regione siciliana aveva già sollevato il giudizio di legittimità costituzionale su alcu-ne norme contenute nella legge delega 5 maggio 2009, n. 42, tra le quali quelle contenutenel Capo III rubricato “Finanza degli Enti locali” (artt. 11 e ss.). La Regione, nonostante lariserva sancita nell’art. 1, comma 2, si era rivolta alla Corte costituzionale, considerandoche una modifica così radicale e copernicana come quella relativa alla nuova definizionedei rapporti finanziari tra Stato, Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane, non potes-se non incidere sul proprio impianto statutario. La Consulta, con pronuncia n. 201 del 10giugno 2010 ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artico-li impugnati, ad eccezione di quella relativa all’art. 27, proprio in ragione della presenzadella “clausola di esclusione”, sancita nell’art. 1, comma 2, della legge delega.

Con riguardo alla questione sollevata sull’art. 27 la Consulta si è espressa nel merito,dichiarando infondato il ricorso promosso dalla Regione, in quanto ha ritenuto che il tavolodi confronto ex art. 27 e la Commissione paritetica contemplata dallo Statuto, presentinodifferenti ambiti applicativi e funzioni. In particolare, mentre l’art. 43 dello Statuto 23 attribui-rebbe alla Regione uno strumento di partecipazione al procedimento legislativo, l’art. 27della legge delega si limiterebbe ad attribuire al tavolo di confronto compiti e funzioni poli-tico - amministrative non vincolanti per il legislatore. La diversa natura e funzione dei dueorgani, anche per quanto ne riguarda la composizione, non genererebbe, pertanto, alcunaduplicazione e non attenterebbe alle prerogative statutarie della Regione.

La Corte costituzionale 24 ha ribadito la salvaguardia delle prerogative regionali, affer-mando l’inapplicabilità delle disposizioni attuative dei principi e dei criteri direttivi contenutinella legge delega n. 42/2009 al di fuori del perimetro delineato dall’art. 1, comma 2, dellastessa legge, anche in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’intero decre-

2 3 L’art. 43 dello Statuto siciliano prevede che “Una Commissione paritetica di quattro membri nominatidall’Alto Commissario della Sicilia e dal Governo dello Stato, determinerà le norme transitorie relative alpassaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, nonché le norme per l’attuazione del pre-sente Statuto”.24 Corte Costituzionale 4 aprile 2012 n. 71.

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to legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive edinterventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16della legge 5 maggio 2009, n. 42).

La Regione ha impugnato anche alcune disposizioni del decreto legge 2 marzo 2012,n. 16 in materia di semplificazione della fiscalità locale, in particolare l’art. 4, comma 2° cheprevedeva l’estensione anche alle regioni a statuto speciale della conversione in tributo pro-prio derivato delle Province, dell’imposta sulle assicurazioni in tema di responsabilità civilederivante dalla circolazione dei veicoli a motore (per contrasto con gli artt. 36 dello Statutoe 2 delle disposizioni attuative) e l’art. 4, comma 10 che abrogava, a decorrere dal 1° apri-le 2012, l’addizionale sull’accisa sull’energia elettrica dovuta ai Comuni per le utenze di usodomestico e alle Province per quelle ad uso non abitativo.

La Corte costituzionale 25, mentre ha dichiarato fondata la prima questione di costitu-zionalità, si è espressa negativamente per la seconda, evidenziando che nel caso concre-to non era ravvisabile alcun aggravio finanziario a carico della Regione, ma ribadendo alcontempo un principio già consolidato nella propria giurisprudenza e che costituisce un veroe proprio aspetto fondante dell’effettiva attuazione dell’autonomia finanziaria della RegioneSiciliana, quello che la clausola di neutralità finanziaria non costituisce un diritto statutariointangibile: “....lo statuto di autonomia non assicura alla Regione Siciliana una garanziaquantitativa di entrate, cosicché il legislatore statale può sempre modificare, diminuire operfino sopprimere i tributi erariali, senza che ciò comporti una violazione dell’autonomiafinanziaria regionale, purché la riduzione non sia di entità tale da rendere impossibile losvolgimento delle funzioni regionali o da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigen-ze complessive della spesa regionale”.

7. Le prospettive future della specialità statutariaA d i fferenza delle altre Regioni a statuto speciale, la Regione siciliana non ha

ancora chiuso la trattativa con lo Stato per definire le risorse ad essa spettanti per farfronte alle funzioni attribuite statutariamente (attualmente esercitate o ad essa attribui-te ex lege ma non ancora trasferite), nell’ambito dei tavoli di confronto e x art. 27 dellalegge delega n. 42/2009.

Salva la possibilità di radicali scelte politiche, orientate verso l’eliminazione delle auto-nomie speciali, coniugare l’attuazione del c.d. federalismo fiscale nell’ordinamento giuridi-co italiano e la salvaguardia dell’autonomia finanziaria della Regione siciliana, presuppone

1425 Corte Costituzionale n. 97/2013.

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la valorizzazione dei principi pattizi e di equi-ordinazione, sanciti nell’art. 116 dellaCostituzione e nelle norme statutarie regionali, attraverso l’instaurazione di un continuo dia -logo istituzionale in sede di Commissione paritetica e del citato tavolo di confronto di cuiall’art. 27, comma 7°, della legge delega n. 42/2009.

Occorre, a tal fine, che lo Stato si presenti quale interlocutore aperto alle esigenzeperequative della Regione, scevro da atteggiamenti pregiudiziali o da impostazioni gerar-chiche e unilaterali, le quali hanno storicamente contraddistinto la definizione dei rapportifinanziari Stato - Regione siciliana. E’ auspicabile un recupero sostanziale del principio dileale cooperazione, nonché la partecipazione e il coinvolgimento della Regione, fin dallafase ascendente relativa all’elaborazione delle decisioni di finanza pubblica destinate adincidere nel suo ordinamento giuridico. La Corte costituzionale 26 ha affermato che: “Il prin-cipio.. di leale cooperazione fra Stato e Regione (siciliana), che domina le relazioni fra ilivelli di governo là dove si verifichino....interferenze fra le rispettive sfere e i rispettivi ambi-ti finanziari, esige che si attui tale meccanismo mediante procedimenti non unilaterali, mache contemplino una partecipazione della Regione direttamente interessata”.

La Regione siciliana deve, dal canto suo, presentarsi quale ente territoriale eff i c i e n t e ,responsabile e credibile, promotrice di politiche di discontinuità rispetto ad una certa tradizio-ne di sprechi, inefficienza (si pensi ai risultati fortemente deludenti in tema di utilizzo produtti-vo dei fondi strutturali destinati all’Unione europea, sia in termini qualitativi che quantitativi!),costituzione e mantenimento di privilegi ingiustificati; abbandonare vecchi piagnistei e intra-prendere con decisione la strada delle riforme e della razionalizzazione della spesa pubblica.

In tale direzione sembrano muoversi alcuni provvedimenti: la riduzione delle spese dirappresentanza e degli stipendi dei dirigenti (artt. 9, 10 e 12 della legge regionale n. 2/2007),riduzione del trattamento economico e dei fringe benefits del Presidente della Regione e degliAssessori (atto di indirizzo deliberato dalla Giunta del 5 agosto 2011, n. 207), l’estensione delpatto di stabilità a tutti gli enti regionali e società controllate (legge finanziaria regionale n.11/2010), la riforma sanitaria che ha evitato in extremis il commissariamento della Regione,nonché le più recenti riforme sul trattamento pensionistico e del personale della regione volteal contenimento della spesa (rispettivamente legge regionale n. 7/2012 e n. 9/2012).

Per risolvere le delicate questioni relative alla tutela delle attribuzioni statutarie,potrebbe essere opportuno prevedere, ad esempio, forme di compartecipazione al gettitodi tributi erariali non statutariamente spettanti, quali le accise sui prodotti petroliferi, a cui faespresso riferimento l’art. 27, comma 4, della legge delega n. 42/2009, nonché dare final-

26 Corte Costituzionale n. 98/2000.

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mente completa attuazione alle disposizioni sancite negli articoli 36, 37 e 38 dello Statutodella Regione.

Occorre, inoltre, ridefinire e aggiornare il quadro delle norme di attuazione delloStatuto in materia finanziaria, obsolete perché ideate per l’assetto dell’ordinamento tributa-rio pre-riforma degli anni ‘70, spesso causa del concreto ridimensionamento dell’autonomiadella Regione, coordinandole con i principi del federalismo fiscale 27, verso il sostanzialeabbandono del modello della finanza derivata. Si ritiene necessario, in particolare, valoriz-zare il principio di territorialità, ancorando l’esercizio della potestà impositiva regionale allalocalizzazione del fatto imponibile, a prescindere dalle modalità di riscossione del prelievotributario. Il principio di territorialità viene, d’altra parte, richiamato più volte dalla legge dele-ga n. 42/2009: art. 2, comma 2, lett. e), in merito ai criteri di attribuzione delle risorse aglienti locali e alle regioni, insieme ai principi di solidarietà, di sussidiarietà, differenziazioneed adeguatezza; lett. hh) “territorialità dei tributi regionali e locali e riferibilità al territoriodelle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali”; art. 7, comma 2, lett. d), che, ai fini delladefinizione dei rapporti finanziari Stato - Regioni, individua quattro espressioni del principiodi territorialità, in relazione alle diverse tipologie di prelievo tributario.

8. Il concorso agli obiettivi di risanamento della finanza pubblicaAl di là delle recenti e moderatissime aperture verso la flessibilità da parte dei capi di

Stato e di governo e della Commissione dell’Unione europea, il rispetto sempre più strin-gente dei vincoli alla spesa e alle politiche di bilancio da parte degli Stati membri, anche allaluce dell’applicazione delle regole del Fiscal Compact e delle conseguenti modifiche appor-tate agli artt. 81, 97 e 119 della nostra Costituzione, provoca ripercussioni molto forti nellagestione finanziaria della Regione.

La Corte costituzionale 2 8 qualifica la disciplina relativa al c.d. Patto di stabilità i n t e r -n o quale “diretta promanazione del Patto di stabilità e di crescita stipulato dagli Statimembri dell’Unione europea per il controllo delle rispettive politiche di bilancio”, nonchérientrante “nell’esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di coordinamen-to della finanza pubblica”, evidenziando che, per il conseguimento degli obiettivi connes-si al patto di stabilità interno il legislatore statale possa “legittimamente imporre alleRegioni vincoli alle politiche di bilancio...volte a salvaguardare l’equilibrio unitario dellafinanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali,

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27 Le esortazioni al coordinamento in materia di finanza pubblica da parte della Corte costituzionale, attra-verso nuove norme di attuazione da elaborare con le procedure ex art. 43 dello Statuto, sono risalenti neltempo (cfr. Corte Costituzionale n. 299/1974).28 Corte Costituzionale, sentenze n. 284/2009 e n. 79/2014 e la giurisprudenza costituzionale ivi richiamata.

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condizionati anche da obblighi comunitari tra i quali v’è quello di rispettare il Patto di sta-bilità e di crescita”.

Il concorso agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica e l’imperatività dei vin-coli esterni di bilancio implica di fatto un ridimensionamento dell’esercizio della potestàfinanziaria, almeno in fase transitoria, di tutte le Regioni, anche di quelle a statuto specia-le, sia sul fronte della spesa pubblica che delle entrate, attribuendo allo Stato, nell’eserci-zio del potere di coordinamento della finanza pubblica, l’introduzione di riserve, di tagli e dilimiti volti alla salvaguardia dei principi di equilibrio di bilancio.

La stessa Consulta 29 ha avallato la legittimità dell’estensione dei vincoli finanziarianche alle regioni a statuto speciale, contenute nelle diverse “manovre anticrisi” varate apartire dal 2010, a condizione che l’applicazione delle misure restrittive sia provvisoria enon a tempo indeterminato.

La valorizzazione del principio di determinazione consensuale, alla base dei rapportifinanziari tra Stato e Regioni a statuto speciale, come ribadito nell’art. 27 della legge n.42/2009, dovrebbe spostare la risoluzione delle controversie dal piano giurisdizionale costi-tuzionale a quello della trattativa e dell’intesa politica. In quest’ottica si inquadra l’accordosiglato a giugno 2014 tra lo Stato e la Regione siciliana in materia di finanza pubblica cheprevede, a fronte del ritiro di tutti i ricorsi pendenti contro lo Stato, l’impegno della Regionea fissare un determinato tetto alle spese correnti, nonché l’obbligo di recepire, entro il 2015,nell’ordinamento regionale le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabi-li e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste daldecreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

9. Autonomia finanziaria e responsabilitàL’esercizio dell’autonomia dovrà sempre più coincidere con l’assunzione di responsa -

bilità. Emblematico al riguardo il recente arresto della Consulta 30 che ha esteso allaRegione siciliana il sistema di impugnativa delle leggi regionali previsto dal riformato art.127 Cost., di tipo successivo da parte della Corte costituzionale (promosso dal governoentro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge), sostituendolo a quello preventivodettato dallo Statuto regionale che attribuiva al Commissario dello Stato per la Regione sici-liana il potere di impugnare le leggi regionali approvate 31, in quanto è stato ritenuto confi-

29 Cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 148/2012 e n. 193/2012.30 Corte Costituzionale 3 novembre 2014 n. 255.31 L’art. 28 dello Statuto speciale, in particolare, disponeva che: “Le leggi dell’Assemblea regionale sonoinviate entro tre giorni dall’approvazione al Commissario dello Stato, che entro i successivi cinque giorni puòimpugnarle ...”.

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guri una “forma di autonomia più ampia”, alla luce della “clausola di maggior favore” detta-ta dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 32.

Ebbene, d’ora innanzi l’organo legislativo regionale dovrà, al pari di quanto avviene intutte le altre regioni italiane, prestare molta più attenzione prima di deliberare, essendovenuto meno il controllo preventivo del Commissario dello Stato che, se da una parte, costi-tuiva un limite preventivo alla promulgazione e alla pubblicazione delle leggi regionali, dal-l’altra, in più occasioni si era convertito in un vero e proprio capro espiatorio, imputato dellabocciatura di norme approvate per favorire talune clientele, in modo superficiale e spessocontrastante con i limiti imposti all’esercizio dell’autonomia finanziaria regionale.

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32 Il quale prevede che: “Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costi-tuzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzanoper le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”.