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Quaderni Italiani di Psichiatria 2012;31(2):42—45 Disponibile online all'indirizzo www.sciencedirect.com j ourna l ho me page: www.elsevier.com/locate/quip DOCUMENTO DI GRUPPO DI STUDIO Raccomandazioni inerenti la contenzione fisica Recommendations on physical restraints Introduzione Il fatto di ricorrere o non ricorrere alla contenzione fisica, e il quanto e il come, eventualmente, vi si ricorre, rappre- sentano elementi determinanti e fondamentali della qualità dell’assistenza sanitaria in un determinato territorio: essi investono l’assistenza sanitaria in generale, ma in alcune aree come la medicina di emergenza, la salute mentale e la geriatria il problema riveste maggiore importanza. La frequenza e le modalità della contenzione, e il livello di discussione riguardo a tale problema, rappresentano inol- tre un segno del ruolo che al rispetto della persona viene attribuito da parte degli operatori direttamente interes- sati, del sistema sanitario nel suo complesso e della società civile; ma anche dei diritti e delle garanzie concrete di cui gode la persona, nonché del modo in cui gli psichiatri e gli altri operatori impegnati nella gestione di una crisi, ai diversi livelli di responsabilità, interpretano la propria pro- fessionalità. Ricordiamo che per questa sua valenza, che trascende l’ambito strettamente tecnico, il tema è stato recentemente oggetto di attenzione, tra l’altro, dal Comi- tato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa [1]. Il tema della contenzione ricorre poi, molto frequente- mente, tra i problemi posti da utenti e familiari e dalle rispettive associazioni e riteniamo che una società scien- tifica non possa prescindere dalla necessità di prendere posizione e di fornire indicazioni al riguardo. In questa dire- zione si sono mosse, per esempio, e pur in un contesto ancora caratterizzato dalla persistenza dell’ospedale psi- chiatrico, l’American Psychiatric Association [2] e il Royal College of Psychiatrists [3]. Ricordiamo, per ragioni di carattere storico, che la pratica della contenzione è da molti anni oggetto di discus- sione tra gli psichiatri; nel 1856 John Conolly scrisse un volume di grande importanza dal titolo Trattamento del malato di mente senza metodi costrittivi’’ [4] e già nel 1904, al XII Congresso della nostra società scientifica, tenutosi a Genova, Ernesto Belmondo direttore del mani- comio e titolare della cattedra di Psichiatria a Padova sostenne l’abolizione della contenzione fisica nei manicomi. In tale occasione si sottolineavano i rischi di uno scivola- mento inconsapevole verso l’abuso di questo strumento, dell’instaurarsi di cattive abitudini nello staff e veniva richiamata l’importanza di dare ascolto, su questa pra- tica, all’esperienza dei pazienti. Nel prendere posizione su una questione dibattuta già allora, Belmondo respin- geva l’ipotesi che all’abolizione della contenzione fisica corrispondesse automaticamente un maggiore ricorso a quella che già veniva definita ‘‘camicia di forza chimica’’ [5]. Il successivo regolamento applicativo della legge del 1904 (Regio Decreto n. 615 del 16 agosto 1909) entrava nel merito della contenzione all’art. 60 — che guardava all’abolizione dello strumento —e ne sottolineava il carat- tere di gravità ed eccezionalità: ‘‘Nei manicomi devono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermi e non possono essere usati se non con l’autorizzazione scritta del direttore o di un medico dell’istituto. Tale autorizzazione deve indi- care la natura e la durata del mezzo di coercizione’’ [6]. Oggi la letteratura internazionale, a sua volta, con- ferma una preoccupazione rispetto all’uso della contenzione fisica, ne ribadisce il carattere di eccezionalità, concorda in genere sulla sua pertinenza alla potestà del medico e insiste sull’importanza di evitarla e prevenirne la neces- sità attraverso interventi formativi specifici sul rispetto del paziente e sulla gestione del comportamento violento [7—9]. In Italia, la ricerca ProgRes Acuti ha evidenziato come il fenomeno della contenzione interessi un numero importante di strutture per acuti. In proposito, sono presenti situazioni diversificate [10—19] che è possibile, sinteticamente, ricon- durre a tre tipologie: Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) che rifiutano a priori l’uso dello strumento della contenzione (‘‘coordinamento degli Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura che non legano’’); DSM che hanno messo in atto protocolli, attività formative e/o altri strumenti volti al monitoraggio, alla proceduriz- zazione e alla minimizzazione della contenzione; DSM che non sembrano, almeno sul piano formale, aver assunto posizione rispetto a questo argomento. 0393-0645/$ see front matter © 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. doi:10.1016/j.quip.2012.01.012

Raccomandazioni inerenti la contenzione fisica

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OCUMENTO DI GRUPPO DI STUDIO

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ntroduzione In tale occasione si sottolineavano i rischi di uno scivola-

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l fatto di ricorrere o non ricorrere alla contenzione fisica, il quanto e il come, eventualmente, vi si ricorre, rappre-entano elementi determinanti e fondamentali della qualitàell’assistenza sanitaria in un determinato territorio: essinvestono l’assistenza sanitaria in generale, ma in alcuneree — come la medicina di emergenza, la salute mentale ea geriatria — il problema riveste maggiore importanza.

La frequenza e le modalità della contenzione, e il livelloi discussione riguardo a tale problema, rappresentano inol-re un segno del ruolo che al rispetto della persona vienettribuito da parte degli operatori direttamente interes-ati, del sistema sanitario nel suo complesso e della societàivile; ma anche dei diritti e delle garanzie concrete di cuiode la persona, nonché del modo in cui gli psichiatri eli altri operatori impegnati nella gestione di una crisi, aiiversi livelli di responsabilità, interpretano la propria pro-essionalità. Ricordiamo che per questa sua valenza, cherascende l’ambito strettamente tecnico, il tema è statoecentemente oggetto di attenzione, tra l’altro, dal Comi-ato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa1].

Il tema della contenzione ricorre poi, molto frequente-ente, tra i problemi posti da utenti e familiari e dalle

ispettive associazioni e riteniamo che una società scien-ifica non possa prescindere dalla necessità di prendereosizione e di fornire indicazioni al riguardo. In questa dire-ione si sono mosse, per esempio, e pur in un contestoncora caratterizzato dalla persistenza dell’ospedale psi-hiatrico, l’American Psychiatric Association [2] e il Royalollege of Psychiatrists [3].

Ricordiamo, per ragioni di carattere storico, che laratica della contenzione è da molti anni oggetto di discus-ione tra gli psichiatri; nel 1856 John Conolly scrisse unolume di grande importanza dal titolo Trattamento delalato di mente senza metodi costrittivi’’ [4] e già nel

904, al XII Congresso della nostra società scientifica,enutosi a Genova, Ernesto Belmondo — direttore del mani-omio e titolare della cattedra di Psichiatria a Padova —ostenne l’abolizione della contenzione fisica nei manicomi.

393-0645/$ – see front matter © 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservatoi:10.1016/j.quip.2012.01.012

ento inconsapevole verso l’abuso di questo strumento,ell’instaurarsi di cattive abitudini nello staff e venivaichiamata l’importanza di dare ascolto, su questa pra-ica, all’esperienza dei pazienti. Nel prendere posizioneu una questione dibattuta già allora, Belmondo respin-eva l’ipotesi che all’abolizione della contenzione fisicaorrispondesse automaticamente un maggiore ricorso auella che già veniva definita ‘‘camicia di forza chimica’’5]. Il successivo regolamento applicativo della legge del904 (Regio Decreto n. 615 del 16 agosto 1909) entravael merito della contenzione all’art. 60 — che guardavall’abolizione dello strumento — e ne sottolineava il carat-ere di gravità ed eccezionalità: ‘‘Nei manicomi devonossere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali

mezzi di coercizione degli infermi e non possono esseresati se non con l’autorizzazione scritta del direttore oi un medico dell’istituto. Tale autorizzazione deve indi-are la natura e la durata del mezzo di coercizione’’6].

Oggi la letteratura internazionale, a sua volta, con-erma una preoccupazione rispetto all’uso della contenzionesica, ne ribadisce il carattere di eccezionalità, concorda

n genere sulla sua pertinenza alla potestà del medico ensiste sull’importanza di evitarla e prevenirne la neces-ità attraverso interventi formativi specifici sul rispetto delaziente e sulla gestione del comportamento violento [7—9].n Italia, la ricerca ProgRes Acuti ha evidenziato come ilenomeno della contenzione interessi un numero importantei strutture per acuti. In proposito, sono presenti situazioniiversificate [10—19] che è possibile, sinteticamente, ricon-urre a tre tipologie:

Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) che rifiutano a prioril’uso dello strumento della contenzione (‘‘coordinamentodegli Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura che nonlegano’’);DSM che hanno messo in atto protocolli, attività formativee/o altri strumenti volti al monitoraggio, alla proceduriz-

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Raccomandazioni inerenti la contenzione fisica

Discussione

Ciò premesso, si ritiene che una riflessione sulla conten-zione fisica di persone affette da condizioni psicopatologichedebba tenere conto di alcune considerazioni, esposte qui diseguito.

1. La necessità di conoscere. Il fenomeno della conten-zione fisica di persone affette da condizioni psicopatologicherappresenta un tema importante di salute pubblica edev’essere attentamente studiato e conosciuto attraversoun’attività di monitoraggio della quale le amministrazioniregionali dovrebbero farsi carico e che le società scien-tifiche e le associazioni a più diverso titolo interessatedovrebbero contribuire a promuovere. Solo la conoscenzadei dati reali rispetto a questo fenomeno potrà permetteredi impostare le iniziative volte a evitarlo su basi e conmetodi di carattere scientifico. A oggi, sembrano esistererealtà nelle quali la contenzione viene praticata con rela-tiva frequenza e altre nelle quali essa viene praticata deltutto sporadicamente o non viene praticata affatto, ma nonè possibile comprendere quanto ciò dipenda da differenzerelative alla tipologia di situazioni nelle quali si intervienee quanto, invece, da condizioni operative (per esempio,dal rapporto tra sistema sanitario nel suo complesso eluoghi e servizi psichiatrici, dalla qualità e quantità delpersonale o da aspetti logistici), da stili di lavoro, daabitudini e culture oppure dall’esistenza o assenza di unariflessione sul tema tra i responsabili e nei gruppi di lavoro,nonché da iniziative attivamente volte a minimizzarnel’utilizzo.

2. I luoghi. Il problema della contenzione fisica dipersone affette da condizioni psicopatologiche non riguardasolo i luoghi della Psichiatria, ma può riguardare anchesituazioni a essi esterne quali il trasporto in ambulanza,il Pronto Soccorso, altri reparti ospedalieri, realtà resi-denziali esterne all’ospedale. Un tema molto delicatosotto il profilo etico e tecnico — e particolarmente attualenel momento del passaggio dell’assistenza penitenziariaal Servizio Sanitario Nazionale — è poi rappresentatodall’uso della contenzione in persone affette da condizionipsicopatologiche nei luoghi di reclusione, dove il rischiodi commistione tra motivazioni di carattere sanitario emotivazioni di carattere disciplinare è evidentemente piùelevato e il livello complessivo di trasparenza, rispetto deidiritti e sicurezza nell’identificazione e nel trattamento dieventuali complicanze sanitarie può essere inferiore. Vada sé, tuttavia, che solo a partire da una pratica correttanei riguardi della contenzione fisica all’interno dei propriluoghi, la Psichiatria potrà esercitare un’influenza scienti-fica e culturale volta a minimizzarne l’utilizzo in tutti glialtri luoghi nei quali si può porre la necessità di gestiresituazioni di comportamento violento in persone affette dacondizioni psicopatologiche.

3. Il rapporto tra il reparto e il DSM. L’utilizzo dellacontenzione all’interno di un reparto psichiatrico non èquestione interna al reparto, ma coinvolge tutto il DSM.

Non è infrequente, infatti, che il provvedimento dellacontenzione intervenga prima, o durante, l’ingresso delpaziente in ospedale o in reparto. E il modo in cui l’ingresso

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vviene è in stretta relazione, almeno nel caso dei pazientin carico, con il fatto che il DSM si senta attivamente impe-nato nel perseguire l’obiettivo del superamento dell’usoi strumenti di contenzione fisica nel reparto, evitandol più possibile — attraverso strategie di presa in caricofficace e di riduzione dei dropout — il fatto che il pazienteiunga in ospedale in condizioni di crisi di difficile gestioneerché non è stato seguito con sufficiente continuità eempestività; lavorando per promuovere il più possibilen carattere consensuale ai trattamenti necessari; garan-endo, ogni volta che sia possibile, l’accompagnamento delaziente al Pronto Soccorso da parte di operatori a lui noti.ccorre poi tenere presente che il timore delle pratichei contenzione contribuisce spesso a rendere più ostili oimorosi il paziente e/o i familiari rispetto alla proposta diicovero formulata sul territorio.

4. Le persone e la diagnosi. Diagnosi clinica e altrearatteristiche personali del paziente non sembrano esserei per sé i determinanti assoluti di una maggiore probabilitài ricorso alla contenzione; alcune situazioni però, inarticolare una storia di atti violenti o la presenza dieficit cognitivi che rendano più problematica la comu-icazione, o la comorbilità con uso di sostanze, devonossere considerate fattori di rischio per la violenza e per laercezione in termini di particolare pericolo di eventualitteggiamenti minacciosi del paziente da parte dello staff.rande attenzione, perciò, occorrerebbe dedicare alla

ormazione dello staff nella gestione di queste situazioni.

5. Gli obiettivi. L’obiettivo di evitare la contenzionesica in un reparto rappresenta una condizione in gradoi favorire in modo determinante la serenità dei pazientiche possono anche essere turbati e avviliti dal fatto dissere testimoni, e non solo oggetto, dell’applicazione diuesta misura), dei familiari e degli operatori, nonché lauona qualità delle relazioni tra di loro, oltre a miglio-are l’immagine del paziente psichiatrico e della stessaisciplina psichiatrica: il paziente cesserà di essere, per’opinione pubblica, un ‘‘matto da legare’’ e lo psichiatrai essere ‘‘il medico che lega’’.

6. Le modalità di conseguimento dell’obiettivo di evi-are la contenzione fisica. Evitare la contenzione fisica inn reparto di Psichiatria è un obiettivo ambizioso, che siuò raggiungere solo se esso è formalmente assunto dalSM e dal singolo reparto come un fine centrale nella pro-ria offerta di cura. Coerentemente con questo obiettivo,

necessario che il DSM si impegni a garantire un’offertasichiatrica di elevata qualità tecnica e scientifica, capacen particolare di un’attiva e continua formazione sui temiei diritti dei pazienti, dell’ascolto della voce loro e deiamiliari, della gestione del rischio, della gestione in par-icolare della crisi e della capacità di padroneggiare leroprie emozioni e i propri impulsi al controagito da partei tutto il personale. Ricordiamo che in molte situazioniono stati proposti protocolli per la gestione il più possi-

ra l’altro oggetto di una raccomandazione da parte delinistero della Salute (Raccomandazione n. 8, novembre007).

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1995;107(Parte II):55—84.

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7. Le garanzie di base. La situazione attuale è tale daendere poco realistico ragionare come se l’obiettivo divitare la pratica della contenzione fisica potesse esseremmediatamente e ovunque raggiunto in modo completo.iò rende pertanto necessario accompagnare l’assunzioneorte di questo impegno con l’adozione, in ogni caso, din preciso quadro di garanzie scritte, che costituisca unatto tra il DSM e la sua utenza e, insieme, uno strumentoi crescita culturale, etica e scientifica degli operatori.ueste garanzie devono riguardare, in particolare, il fattohe:

nessuno possa essere sottoposto alla contenzione fisicaper motivi diversi dall’esistenza di una reale situazionedi pericolo imminente. La letteratura internazionale,infatti, tende a concordare esclusivamente su questapossibile giustificazione e a escludere, invece, esplici-tamente quelle relative al perseguimento di obiettivi dicarattere pedagogico o punitivo;si ponga il massimo impegno affinché nei reparti di Psi-chiatria siano rimosse tutte le situazioni di ingiustificatarestrizione della libertà personale (difficoltà di accedereal colloquio con il personale, al telefono, regolazioneeccessivamente restrittiva delle visite dei parenti, dellapossibilità di fumare ecc.), che sono talora all’origine diattrito e tensione evitabili tra il paziente e lo staff e pos-sono determinare condizioni di reazione del paziente talida rendere più probabile l’adozione di provvedimenti dicontenzione;

in ogni reparto siano garantite condizioni logistiche e diorganico, e siano disponibili specifici protocolli e forma-zione, affinché la gestione della crisi possa essere resasempre il meno possibile traumatica e inquietante sia peri pazienti sia per il personale;

prima di giungere alla contenzione siano sempre attivatiin modo tempestivo tutti gli strumenti ambientali, rela-zionali e farmacologici utili al contenimento della crisi,per la cui tempestiva attuazione è necessaria una speci-fica formazione degli psichiatri e degli altri operatori;nessuna persona possa essere forzatamente immobiliz-zata al letto, o essere immobilizzata in altre situazioni dicostrizione, senza che il fatto sia reso pubblico e traspa-rente attraverso un minuzioso resoconto di tutto quantoaccade nella cartella clinica e un monitoraggio periodicodi questi eventi da parte del DSM e del Servizio SanitarioRegionale;

siano evitati in particolare, nel corso del blocco fisico odella contenzione, atti che possano essere pericolosi sottoil profilo sanitario o che possano essere vissuti come par-ticolarmente angoscianti dalla persona che ne è oggetto;

siano sempre spiegate — contemporaneamente alla con-tenzione del paziente — le ragioni e il carattere sanitarioe non punitivo del provvedimento e venga utilizzatoogni strumento comunicativo utile a rasserenare e atranquillizzare la persona che ne è oggetto. Dopo cheil provvedimento ha avuto termine, esso deve essereridiscusso con il paziente, con gli altri pazienti even-tualmente coinvolti come testimoni, con i familiari eall’interno dello staff, chiamato a trasformare questoepisodio di temporaneo fallimento in un’occasione di

crescita professionale affinché situazioni analoghe pos-sano essere gestite, nel futuro, senza giungere allacontenzione;

Documento di gruppo di studio

nessuna persona possa essere forzatamente immobiliz-zata al letto senza che ci si adoperi con ogni mezzo peraiutarla a sopportare nel modo per lei più confortevolee dignitoso questa condizione dolorosa sotto il profiloemotivo e, potenzialmente, pericolosa; siano stabiliti conchiara certezza e resi pubblici i tempi massimi entro iquali ci si impegna al fatto che il paziente sia periodi-camente sottoposto a controllo infermieristico e a visitamedica; gli siano offerti acqua, cibo e possibilità di muo-vere gli arti, nonché l’opportunità di espletare le propriefunzioni fisiologiche nel modo il più possibile confortevolee dignitoso;

particolare attenzione sia dedicata all’attivazione di tuttiquei presidi sanitari necessari a evitare che la contenzionepossa dar luogo a complicanze fisiche di natura orto-pedica, vascolare o neurologica o ad altre conseguenzenegative per la salute del paziente e all’identificazioneprecoce dei fattori di rischio correlati a tale possibile evo-luzione, dal momento che casi di gravi danni alla salute— fino alla morte del paziente durante la contenzione —sono segnalati nella cronaca e nella letteratura scienti-fica, in particolare in soggetti anziani [20] intossicati oportatori di problemi di carattere medico;

in nessun caso la contenzione possa essere protratta oltreil tempo strettamente indispensabile in riferimento alrischio di aggressione imminente e siano esplicitamentedefiniti i tempi massimi nei quali la permanenza dellacondizione che ha portato alla contenzione sarà di voltain volta verificata, affinché la contenzione possa essereinterrotta il più presto possibile;

siano previsti in modo esplicito — aspetto che appareauspicabile — i tempi oltre i quali la permanenza dellacontenzione che tende a prolungarsi in modo particolar-mente significativo dovrà essere supervisionata da unospecialista psichiatra, con funzioni di garanzia, estra-neo allo staff del reparto (per esempio il direttore dellostesso, o di altro, DSM).

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20] Berzlanovich AM, Schöpfer J, Keil W. Deaths due to physicalrestraint. Dtsch Arztebl Int 2012;109(3):27—32.

Questo documento rende conto di un percorsodi riflessione che è iniziato in occasione del Convegno

‘‘Genova 1904—2004: cultura del rispetto e gestione dellacrisi in psichiatria’’, Genova, 21—22 ottobre 2004,

e ha raccolto tra gli altri i contributi di Mariano Bassi,Giuseppina Boidi, Ludovico Cappellari, Gerardo Favaretto,Luigi Ferrannini, Antonio Maria Ferro, Maurizio Marcenaro,

Carmine Munizza, Paolo F. Peloso, Elvezio Pirfo,Francesco Scapati, Caterina Vecchiato.

A cura di Paolo F. Peloso