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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. 70% regime libero – ANNO XXIII n° 12 15 novembre 2014 – AUT.DR/CBPA/CENTRO1 – VALIDA DAL 27/04/07 Q uattro colonne Multe: quando l’infrazione manda avan un Paese pag. 2 Criminalità: parla il capo del Reparto prevenzione pag. 6 SGRT Notizie Periodico del Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento di Giornalismo Radiotelevisivo Rugby maschile: il coach veste rosa pag. 12 Settimo Natale di crisi Aumentano le vertenze aziendali e le paure dei lavoratori. Intanto all’Ast di Terni si ra un sospiro di sollievo

Quattro Colonne N. 12 (Anno XXIII)

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Quindicinale della Scuola di Giornalismo di Perugia

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Quattro colonne

Multe: quando l’infrazionemanda avanti un Paese

pag. 2

Criminalità: parla il capodel Reparto prevenzione

pag. 6

SGRT Notizie Periodico del Centro Italiano di Studi Superioriper la Formazione e l’Aggiornamento di Giornalismo Radiotelevisivo

Rugby maschile:il coach veste rosa

pag. 12

Settimo Natale di crisiAumentano le vertenze aziendali

e le paure dei lavoratori.Intanto all’Ast di Terni

si ti ra un sospiro di sollievo

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Att ualitàla crisi, che ormai da sette anni attana-glia lo Stato e ancor più gli Enti locali, ha lei stessa contribuito all’aumento delle infrazioni verbalizzate, con la speranza che queste, una volta riscosse, possa-no riempire i forzieri sempre più vuoti.

Da una parte, per le casse affamate dei Comuni italiani, le multe rappresen-tano un tesoretto preziosissimo con il quale cercare di far quadrare i bilanci. Dall’altra, agli occhi dei cittadini, assu-mono spesso il profi lo di tasse travestite da infrazioni al Codice della strada.

Città e multeStando ai dati raccolti quest’estate

dall’indagine del Sole24Ore, in vetta alla classifi ca delle città più «infrazio-nate» d’Italia si trova Milano, con 170,5 euro di multe a patentato e un introito totale pari a 132 milioni. Firenze e Bo-logna seguono rispettivamente con 145 e 143. A registrare il più alto introito complessivo è invece Roma, incassan-do poco più di 154 milioni in un anno. Un quadro che dipinge un Nord più incline all’infrazione, anche se l’ultimo posto di Caserta (solo 60 centesimi a patentato) richiederebbe un’analisi più approfondi-ta della contabilizzazione dei Comuni.

Previsioni. Riscossioni. IncassiChiara è invece la tendenza di molti

Comuni per il 2014: un netto rialzo delle stime sugli introiti previsti. L’asticella si alza da 1,4 miliardi di euro, raccolti nel 2013, a 2 miliardi, con un aumento sti-mato del +15%. Il bilancio del Comune di Milano, reso noto insieme agli altri da un’indagine di Adn Kronos, prevede un aumento del 10% rispetto al 2013. Bologna, addirittura del 20%. Poco im-porta se la discrasia tra multe previste e multe comminate e tra multe commi-nate e multe riscosse sia evidente già nei bilanci dello scorso anno. 232 i mi-lioni previsti dal comune lombardo, a fronte dei 132 effettivamente incassati.

Il problema della riscossione è al tem-po stesso punto dolente e cruciale, e offre l’immagine di un’Italia nella quale l’evasione dei pagamenti supera in al-cuni casi persino il 50%, su cui si attesta la media nazionale.

Colpa degli Enti o dei cittadini? L’Unione nazionale consumatori evi-den zia come sei automobilisti su dieci siano pronti a contestare una multa in-giusta. Peccato che defi nire il «giusto» o «l’ingiusto», nel quadro del Codice della strada, sia spesso del tutto alea-

Autoveloxbancomat

Scattodopo scatto: istantanea di un’Italia che fa dell’infrazione una fonte di sopravvivenza

di Paolo Andreatta

L’Italia c’è. Nonostante la crisi, il primato italiano in alcuni settori resiste. Secondo le statistiche del

Centro studi e ricerche di Krls Network of Business Ethics, il nostro Paese è leader per numero di infrazioni al Codice della strada: 78,5 milioni in un anno.

Un primato che non ci fa onore ma che deve essere letto anche nella sua chiave più emblematica: quella econo-mica. Il dato sociologico che vuole gli italiani insofferenti alle regole è inne-gabile. Il proliferare dei verbali, però, nasconde anche un altro dato di fatto:

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Attualitàtorio. Il polverone provocato dalle multe comminate a chi sosta su strisce blu oltre l’orario indicato sul ticket ne è solo un esempio. Alla fine, ogni singolo Co-mune ha dovuto munirsi di un regola-mento proprio, altrimenti niente multa e niente riscossione.

Stesso discorso per gli odiati auto-velox: speed-check, laser, postazioni mobili. Garanti della sicurezza, innan-zitutto; spesso gestiti, però, come trap-pole per i conducenti. Mal segnalati, poco visibili, non conformi alle norme previste dalla legge Maroni. Un’altalena continua tra Comuni e Forze dell’Ordine da una lato, impegnati a far rispettare le norme, e cittadini dall’altro, che da quelle norme si sentono minacciati più che tutelati.

Entrate straordinarie e vincolateLa conseguenza è un’identificazione

velocità=entrate di bilancio, secondo l’equazione proposta da Ugo Terrac-ciano, Dirigente della polizia di Stato e Docente di Politiche di Sicurezza all’Uni-versità di Bologna. Fare affidamento su introiti derivanti da contravvenzioni stradali significa basarsi su entrate ipo-tetiche, dando per scontata la morosità dei cittadini. «Beato quell’ente che ha addirittura il coraggio di non prevedere alcun introito di questo tipo» azzarda Terracciano. Entrate straordinarie e per di più vincolate; perché il 50% dell’in-casso deve comunque essere destinato alla manutenzione e alla sicurezza stra-dali.

Perugia: tra elogi e criticheL’Umbria, con i suoi 50,5 euro di

multe a patentato, si dimostra in linea con la media nazionale. Nel confronto interno, invece,Terni si rivela più incline di Perugia all’infrazione stradale. Anche qui, la chiave di lettura è doppia. Merito dei cittadini poco interessati all’ebrezza della velocità o pregio di un’amministra-

zione meno orientata a fare delle multe una fonte di guadagno?

A Perugia, da gennaio ad oggi, si sono incassati due milioni circa, su un totale di tre milioni di euro di multe ac-certate.

Sono sei i milioni indicati dal Co-mune di Perugia nel bilancio preventivo 2014. Lo stesso importo previsto per il 2013. Un atteggiamento prudente, quello dell’amministrazione perugina, che tiene conto già oggi delle possibili difficoltà di riscossione. «La voce multe – ricorda l’assessore al Bilancio Cristi-na Bertinelli – è una voce importante.

Ma non dimentichiamo il suo carattere labile, difficilmente codificabile e non costante nel tempo. Sarebbe meglio che fosse il senso civico del cittadino ad essere incentivato».

Una visione vicina a quella dell’asses-sore alle Infrastrutture Francesco Ca-labrese, che in commissione comunale spending review, a settembre, ha pro-posto di abbassare le multe e tagliare altre voci di bilancio; come i 600 mila euro pagati dal Comune alla Maggioli S.p.a., per la gestione della riscossione delle multe. «Le multe non sono meren-dine con cui si mangia – ha ricordato – ma sanzioni che i cittadini pagano». In ogni caso, anche per il biennio 2014-2016, la riscossione sarà affidata alla Maggioli S.p.a., che si è aggiudicata il nuovo bando comunale.

Quello che resta sono la crisi e i ta-gli, tanto ai Comuni, che con l’attuale Legge di Stabilità hanno perso 1,2 mi-liardi, quanto ai cittadini. Cittadini i qua-li, secondo l’Adoc (Associazione per l’orientamento e la difesa dei consuma-tori e degli utenti) sembrano propensi a pensare che, in questa corsa a incas-si e pareggi di bilancio, saranno loro a pagare. «In molti si rivolgono a noi» spiega amareggiato Angelo Garofalo, presidente dell’Adoc umbra. «I cittadini spesso si sentono turlupinati e, quel che è peggio, rassegnati. C’è una legge cer-to. Ma ci sono delle norme che franca-mente lasciano perplessi. I limiti di ve-locità, per dirne una, sono irragionevoli. All’uscita di Orte c’è un limite ridicolo. Tra Perugia e Magione ci sono i 50 di qua e i 60 di là. Perché? Se non rendia-mo credibili i limiti nessuno li rispetta e si finisce per andare a occhio. Poi arri-vano i controlli, delle tonnare in cui tutti rimangono fregati. Vedere queste cose ci amareggia. La legge è legge, ma toc-ca anche applicarla con intelligenza e con consapevolezza della situazione in cui tutti stiamo vivendo».

Polizia municipale39.000 - divieti di sosta14.000 - accesso nella ZTL7.391 - semafori306 - omessa revisione200 - omessa precedenza168 - copertura assicurativa137 - guida in stato d’ebrezza

Polizia stradale289.000 - eccesso di velocità58.100 - cinture di sicurezza38.000 - velocità pericolosa25.300 - uso dell’auricolare16.797 - guida in stato d’ebrezza12.863 - sistema di illuminazion2.217 - uso del casco

I numeri delle multe a Perugia

Dati al 19.11.2014 Via eugubina, Perugia

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Attualità

Silvia (nome di fantasia) pesava meno di 40 kg quando è stata ri-coverata in ospedale. Come tante

adolescenti non accettava il suo corpo e non accettava sé stessa, ma riusciva a mascherare bene il suo stato d’animo. Non sembrava che avesse rapporti con-flittuali col cibo: mangiava davanti ai ge-nitori,insieme agli amici, a volte in segre-to si abbuffava, ma poi di nascosto nel suo bagno, infilava due dita in gola e vomitava tutto.

Silvia è arrivata in ospedale quando la malattia aveva totalmente condi-zionato le sue abi-tudini, quando non riusciva più ad es-sere indipendente, quando la bulimia aveva assorbito tutta la sua vita. Ha dovuto interrompere gli studi, non è riuscita a finire l’ultimo anno scolastico in tempo perché non era in grado di stu-diare per sostenere gli esami di maturità. Soffriva di disturbi d’ansia e usava il vo-mito per controllare l’angoscia.

Dopo il ricovero è arrivata a Terni a Città Giardino, una comunità terapeu-tica riabilitativa per i disturbi del com-portamento alimentare che si occupa di anoressia, bulimia nervosa e disturbi di alimentazione incontrollata. È una casa molto accogliente in cui non ci sono infer-

mieri, ma operatori che vivono insieme ai pazienti che sono costantemente seguiti da un’equipe formata da psicologi, me-dici, dietisti e personal trainer. Sono loro che esaminano la condizione del mala-to e propongono programmi terapeutici che possono essere ti tipo residenziale o semi- residenziale, a seconda della gravità della malattia e della condizione familiare del paziente.

A Città Giardino Silvia ha iniziato un percorso di riabili-tazione in regime semi residenziale: andava al centro quattro volte a set-timana, consumava i pasti insieme alle altre ragazze rico-verate e partecipava alle iniziative che il centro proponeva. Con grande difficol-

tà, ha accettato la sua malattia ed è riu-scita a guarire. La terapia psichiatrica e le sedute di educazione alimentare sono state fondamentali per capire cos’è la sana alimentazione e per ricominciare a mangiare. Nel giro di qualche mese il suo peso è aumentato, si è sentita sempre meglio ed anche il sintomo del vomito si è ridotto, fino a scomparire. Grazie alla terapia psicologica con la famiglia è riuscita a ristabilire le rela-zioni conflittuali che aveva con i genito-ri. Silvia è guarita, è una ragazza nor-mopeso che ha ricominciato a vivere. È riuscita a prendere il diploma di matu-rità ed ora lavora in un negozio, ma con-tinua ad andare a Città Giardino periodi-camente per i controlli di routine.

Elisa Reginato, medico nutrizionista e direttrice sanitaria della struttura afferma: «È importante seguire i pazienti anche dopo la guarigione. Rendiamo graduale il loro rientro a casa per evitare che dopo il ricovero si sentano persi».

Ora Silvia è una ragazza sana e so-prattutto felice.

pagina a cura di Lorenza Sbroma Tomaro

Anoressiae bulimia:

malattie chedivorano l’anima

Città Giardino

La fame di vitache fa guarireDopo sei mesi Città Giardino festeggiala prima guarigione dalla bulimia

L’anoressia e la bulimia costitui-scono la prima causa di morte per malattia tra le giovani italia-

ne. Sono circa 200.000 le ragazze tra i 12 e i 25 anni di età che soffrono di di-sturbi del comportamento alimentare. Vere e proprie patologie dell’anima che affliggono anche 10.000 giovani umbre. Dati allarmanti se si pensa che questo fenomeno è in crescita ed oggi colpisce anche i bambini a partire dagli otto anni di età. L’anoressia è stata definita dalle associazioni mediche statunitensi una vera e propria epidemia che si manifesta in tutti gli strati sociali e in tutte le etnie. Intanto spopolano i siti web pro “ana” e pro “mia”, che osannano le dee ano-ressia e bulimia, incitando le ragazze a mangiare sempre meno, a fare una conti-nua attività fisica per bruciare quante più calorie possibili, a diventare sempre più magre, a perdere sempre più peso per diventare sempre più belle.

La moda non è un esempio positivo, se da un lato alcuni brand ingaggiano anche modelle di taglia 44, testimonial dell’orgo-glio “curvy”, dall’altro sono sempre più i marchi che propongono abiti a taglia uni-ca, vestibili solo da ragazze esili.

«La moda e il mito della magrezza sono sicuramente dei fattori di rischio per lo sviluppo della malattia – afferma la dot-toressa Elisa Reginato – ma anoressia e bulimia sono solo il mezzo attraverso il quale le donne esprimono un disagio psi-chico che va oltre la mera apparenza». Sono manifestazioni di un malessere che viene da dentro, che affligge perso-ne fragili con problemi personali, sociali o anche familiari e trova espressione in modelli poco salutari che incitano a mal-trattare il proprio corpo fino a diventare quasi invisibili, fino a scomparire.

È una comunità di riabilitazione, operativa da sei mesi a Terni

che ha già accolto diciotto pazienti provenienti da tutta Italia. Un team composto da un medico, due psico-loghe e due nutrizionisti organizza quotidianamente attività innovati-ve, come l’educazione alimentare o i laboratori di arte espressiva, dedicate alla cura dei disturbi e alla riabilitazione del paziente.

Corso di pittura a città giardino

Elisa Reginato

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Attualità

«Mi sono trovato come in un film, in una situazione tipo Guantanamo». A parlare

è Stefano Colalelli, uno dei tre cacciato-ri detenuti per 25 giorni nella caserma di polizia di Vranje, Serbia del sud. Il moti-vo? La mancanza di una specifica auto-rizzazione per il trasporto di munizioni.

Lo scorso 13 novembre Colalelli (50 anni), avvocato di Terni, si è diretto con gli amici Piero Giacomini (57), veterina-rio anch’egli ternano, e Lorenzo Ange-letti (59), ex comandante reatino della Forestale, alla volta di Skopje, in Mace-donia. Una vacanza di quattro o cinque giorni «per andare a beccacce o starne, uccelli che da noi sono scomparsi» ha detto, in un’intervista telefonica. Privi di fucili – se li sarebbero procurati sul posto – si sono portati dietro soltanto 400 cartucce e il porto d’armi. «Il nostro errore è stato quello di non telefonare all’ambasciata italiana a Belgrado, che ci avrebbe informato di questa autoriz-zazione». Se all’ingresso in Serbia tutto è filato liscio («hanno chiesto i docu-menti e se avevamo armi, punto»), alla frontiera d’uscita, al confine con la Ma-cedonia, la polizia doganale ha voluto vedere anche le munizioni e il relativo permesso. Non essendo sufficiente il solo porto d’armi, i tre sono stati quindi condotti alla caserma di Vranje, con la

prospettiva di passarvi una notte, per poi in mattinata recarsi al vicino tribu-nale di Bujanovac, pagare una multa e riprendere il viaggio.

Colalelli ricorda la prima sera nel car-cere di Vranje, una trentina di camere di sicurezza dove i detenuti non hanno contatti con l’esterno: «Ho aperto questa porta: una stanza di tre metri per quattro, una puzza allucinante e quattro persone in pantaloncini corti e dorso nudo che sta-vano lì a vedersi una televisioncina di 12 pollici». Ammette, ri-dendo, di aver pensa-to inizialmente «questi mi ammazzano». E continua: «Io ero il quinto, con quattro brande. Arriva il poliziotto, prende un materasso zozzo, lo butta per terra con una copertina e un cuscino per farmi dormire. Fortunatamente [i compagni di cella] mi hanno ceduto il posto sul letto, dimostrandosi gentili nei miei confronti».

Oltre alla durezza del carcere, il ter-zetto ha subito un trattamento giudizia-rio decisamente kafkiano. Per pagare la multa e uscire di prigione, ai cacciatori è stato imposto di dimostrare che potesse-ro portare le cartucce anche fuori dall’I-talia. Colalelli e Giacomini possiedono la Carta europea d’arma da fuoco – un

documento che consente il trasporto delle armi e delle munizioni denunciate nei Paesi membri dell’Unione europea – ma durante il viaggio non l’avevano con loro. Giacomini addirittura sostiene di averla tolta dal passaporto prima di partire. Una leggerezza? «La Carta non era mai interessata a nessuno prima d’ora, quando sono stato all’estero» ha precisato il veterinario ternano, raggiun-to telefonicamente. Il pm, forse spinto anche dai recenti negoziati per l’adesio-ne della Serbia all’UE, ha considerato il documento accettabile, purché l’amba-sciata italiana trasmettesse l’originale.

Nonostante ciò, il giudice ha conva-lidato trenta giorni di fermo, l’accusa di trasporto illegale di munizioni – un cri-mine per il quale il codice penale serbo prevede da due a dieci anni di carcere –

e fissato il dibattimento per l’8 dicembre. Non sapen-do chissà quanto ancora sarebbe rimasto chiuso a Vranje, Colalelli ha vis-suto «momenti di grossa depressione», senza la possibilità di chiamare i

propri cari o ricevere telefonate. «Tutta la settimana tu potevi a rotazione uscire circa un’ora su un cortile interno, però non potevi parlare con nessuno e do-vevi camminare a testa bassa per non avere guai con le guardie».

Grazie anche a un pool di avvocati di Belgrado (e all’arrivo dei documenti dall’Italia), la vicenda si è conclusa per il meglio: assoluzione piena, niente multa e ritorno a casa. Solo dopo però aver firmato un foglio con cui i tre hanno ri-nunciato ad eventuali richieste di risar-cimento per ingiusta detenzione.

VaLerio penna

«All’interrogatorio non avevoné un avvocato,né un interprete»

Noi cacciatori,come a GuantanamoErano in carcere perché sprovvistidi un documento. «Fine di un incubo»

Cacciatori nella neve, Pieter Bruegel il Vecchio

Sempre meno cacciatori

Secondo la Federcaccia Umbra, la richiesta di licenze di caccia

è ormai in calo dal 2004, subendo una flessione annua del 4-5%: Tra le cause, il mancato ricambio generazionale (circa il 70% dei cac-ciatori ha un’età media superiore ai 55 anni) e l’alto costo della tas-sa, nel 2014 pari a 232 euro (di cui 64 per la concessione regionale e 168 per quella governativa) (dati: Regione Umbria). Senza contare il mantenimento dei cani, i fucili, le cartucce e l’assicurazione.

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Attualità

La notte del primo novembre 2007, quando Meredith Kercher fu ritro-vata sgozzata nella sua camera

da letto, i riflettori sulla città di Perugia si sono accesi per non spegnersi più. Sono ormai passati sette anni da quel giorno e la città stenta ancora a ritrova-re la normalità.

Un’oasi felice che in pochi anni viene definita un inferno, è allarme “criminali-tà”, si parla di capitale della droga per poi finire con gli arresti per infiltrazione mafiosa degli ultimi giorni. Ma qual è la reale situazione di Perugia, c’è davvero un’emergenza continua o si tratta solo di psicosi?

All’inizio di dicembre l’inchiesta Quarto Passo ha portato all’arresto di 61 perso-ne ed alla confisca di beni per 30 milioni di euro. Il Gip di Perugia nell’ordinanza di custodia cautelare la descrive come «un’autonoma associazione composta da soggetti residenti in Umbria da oltre un decennio» che «operano autonoma-mente ed in via esclusiva in Umbria, conservando sempre un ‘basso profilo’ criminale, al fine di non attirare sull’or-ganizzazione l’attenzione delle forze dell’ordine in un territorio, quale quello umbro, a torto ancora ritenuto da taluni ‘isola felice‘ ed invece in via di progres-siva ‘mafizzazione’». L’Umbria come le altre regioni del centro-nord non può più considerarsi immune dalle infiltrazioni

mafiose. La differenza sta nel fatto che qui le organizzazioni criminali sono ar-rivate con qualche anno di ritardo. Di ‘Ndrangheta e della presenza di clan come quello dei Di Stefano si parla già dai primi anni novanta, ma alcune ‘ndri-ne muovevano i primi passi nella regio-ne ben dieci anni prima. I Facchineri originari di Cittanova (Reggio Calabria) e stabilitisi a Città di Castello (Perugia) erano operativi dai primi anni ottanta, furono proprio loro ad organizzare il se-questro dell’imprendi-tore Vittorio Guarinei nel 1983.

Il capo del gabi-netto della questu-ra, Salvatore Barba, spiega come l’analisi dei dati sulla crimina-lità, in Umbria come in ogni parte d’Italia, è da sempre ar-gomento difficile da trattare. Ad entra-re in ballo sono una serie di fattori che le statistiche non possono prendere in considerazione perché il fenomeno è in continua evoluzione. Barba prende come esempio le rapine a Perugia ed in provincia, dati non ancora certificati: agli inizi del 2014 sembravano in calo, ma negli ultimi mesi c’è stato un impre-visto aumento e a fine anno i numeri del 2013 saranno superati.

Nell’ultima riunione del Comitato Pro-

vinciale per l’ordine e la sicurezza con-vocata ad ottobre dal prefetto, Antonella De Miro, si è parlato di una sostanziosa diminuzione degli illeciti. Da gennaio alla fine di settembre 2014 risultano de-nunciati 7592 delitti, di cui 3717 furti, 92 rapine e 702 danneggiamenti, mentre nello stesso periodo 2013 risultavano denunciati 9000 reati, di cui 4613 furti, 143 rapine e 1076 danneggiamenti. Nel contempo, si registra un incremento nel 2014 dei reati scoperti, con un aumento pari al 4% nel capoluogo. Nell’incontro si è parlato anche di un ampliamento dei sistemi di videosorveglianza e della situazione di Fontivegge, dove il degra-do urbano sta favorendo la presenza di elementi delinquenziali.

Il progressivo potenziamento dei di-spositivi di prevenzione, vigilanza e controllo del territorio, anche grazie all’istituzione del Reparto Prevenzione Crimine Umbria-Marche, avvenuto ne-gli ultimi due anni, ha portato a buoni risultati anche sul versante della lotta al traffico di stupefacenti. Nel 2014 sono stati espulsi o allontanati 305 cittadini stranieri ritenuti dediti allo spaccio di droga. Una buona risposta all’inchiesta della trasmissione “Gli intoccabili” che nel febbraio del 2012 definì Perugia “capitale della droga”. In quel periodo due inviati del programma di La7 setac-ciarono le strade del capoluogo ed in cinque mesi d’indagine confezionarono un accurato reportage sullo spaccio ed il consumo di droga nella città.

Tutto partì dalle statistiche sull’alto tas-so di morti per overdose del 2011, dove

Perugia spicca per una mortalità 4 volte superiore alla media italiana: quasi 4 morti ogni 100mila abitan-ti, rispetto agli 0,9 a livello nazionale. Nel caso delle morti per

overdose i numeri parlano chiaro ma bisogna comunque tener presente che questi studi rivelano delle imprecisioni. Mettendo infatti a confronto due città come Napoli – un milione di abitanti e 29 decessi per overdose nel 2010 – e Pe-rugia – 167mila abitanti e 24 morti per overdose nel 2010 – all’apparenza po-trebbe sembrare che il capoluogo Umbro sia un vero e proprio caso nazionale, ma quante sono le morti non calcolate dalle stime a Napoli, città molto più grande e popolosa?

giacomo prioreSchi

Il nuovo prefetto, Antonella De Miro, parla di illecitiin diminuzione

Criminalità in calo a PerugiaIl lento processo di rinascita del capoluogo umbro

Controlli della polizia in centro a Perugia

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Attualità

Quarantadue anni, una carriera nella Squadra mobile della Po-lizia, prima a Cagliari, poi a Fi-

renze: Michele Santoro dal 7 gennaio 2013 è a capo del Reparto prevenzione crimine Umbria-Marche. Conosce bene i problemi del territorio umbro e le cause del degrado del capoluogo. Quello che ha sede a Perugia è il più recente tra i Reparti prevenzione crimine: sono strut-ture autonome, che non rispondono alla Questura, ma direttamente al ministero dell’Interno.

Quando è nata l’esigenza di creare anche a Perugia un Reparto pre-venzione crimine?«Penso che le difficoltà per l’Umbria

siano cominciate dopo il terremoto del 1997. L’urgenza di ricostruire ha spin-to le ditte umbre a servirsi di ogni ge-nere di manodopera, anche di quella di immigrati. Così sono diventati sempre più numerosi gli stranieri, e alcuni tra loro hanno approfittato della ricchezza del territorio, organizzandosi in piccole bande criminali: sono cominciati i furti, poi si è passati allo spaccio, fino ad arri-vare a veri e propri regolamenti di conti nel centro storico.

Anche l’Università per Stranieri ha contribuito a peggiorare la situazione: oggi il numero di iscritti è molto diminui-to, ma negli anni successivi al terremoto arrivavano studenti da ogni parte d’Eu-ropa, alimentando la richiesta di droghe leggere. Il 2011 è stato poi un anno di svolta: le primavere arabe hanno abbat-tuto le dittature in Nord Africa, aprendo la strada verso l’Italia a migliaia di im-migrati. La Direzione centrale dell’immi-grazione ha indirizzato molti di loro in Umbria, perché la regione ha una den-sità di popolazione più bassa rispetto ad altre. Non avendo occupazione fissa, gli immigrati corrono più di altri il rischio di infrangere la legge: sono infatti diventati sempre più frequenti a Perugia i furti e le rapine».

È stato allora che i cittadini hanno sollecitato un maggiore controllo sul territorio?«Sì, soprattutto quando è parso chia-

ro che c’erano delle bande specializ-zate nelle rapine in villa. Nel 2012 la situazione è precipitata con gli omicidi di Cenerente e Ramazzano: in entrambi i casi si trattava di rapine finite male. Fu allora che il Ministero decise di creare anche a Perugia il Reparto prevenzione crimine».

È vero che Perugia ha un tasso di criminalità più alto rispetto alla me-dia delle città italiane?«No, i numeri rientrano nella media.

L’unico dato rilevante è che Perugia ha il più alto tasso in Europa di morti per overdose. Per il resto la criminalità è proporzionata al numero di abitanti».

Quali sono i reati più frequenti?«Spaccio, furto, ricettazione. Lo spac-

cio poi può sfociare in reati di altro ge-nere: sono per lo più immigrati a gestire i traffici di stupefacenti, e a volte capita che ci siano scontri armati per il control-lo del territorio».

Come opera il Reparto prevenzione crimine? Che risultati avete ottenu-to in quasi due anni di attività?«Abbiamo iniziato con 35 uomini, ora

siamo 60. Le pattuglie sono 12 e ope-rano tre alla volta, a disposizione della Squadra mobile o dei commissariati. I ri-sultati ci sono stati: solo nel primo anno 60 arresti e 3 chili di droga sequestrati. Senza contare che facciamo preven-zione non solo penale, ma anche am-ministrativa: controlliamo la sicurezza dei locali, i night club, le slot machine, i registri dei compro oro, anche le assicu-razioni delle auto. Facciamo sentire ai cittadini la nostra presenza».

I perugini sono soddisfatti della vostra attività?«Pare di sì, soprattutto perché abbia-

mo reso più sicuro il centro storico. Gli spacciatori non hanno più il controllo delle vie principali».

nicoLeTTa SoaVe

«Né isola felice, né capitale della droga»L’Umbria secondo il capo del repartoprevenzione crimine a due annidall’apertura della sede perugina

60 arresti e 3 chilidi droga sequestrati: il bilancio del primo anno di attività del reparto

Michele Santoro, capo del reparto prevenzione crimine Umbria-Marche

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Economia

Ancora un Natale sotto tono. I risultati dell’ultimo rapporto Istat confermano che l’Umbria, così come l’Italia, è an-

cora in crisi.I disoccupati sono 43.000 rispetto ai 40.000

dello scorso anno e il tasso di disoccupazio-ne sale dal 10,1% al 10,4%. Per quelli che, invece, un lavoro ce l’hanno gli stipendi sono il 5,6% in meno rispetto alla media nazionale.

I giovani restano al palo e la classe operaia sembra destinata a scomparire. La vertenza simbolo, insieme alla Ast di Terni, è quella della Antonio Merloni, che per la sua gravità ha segnato l’inizio della crisi aziendale in tut-to il Paese. L’azienda è in crisi ormai da anni e, per lo stabilimento di Nocera Umbra, la recessione ha signifi cato la messa in cassa integrazione di 630 operai per sospensione dell’attività. Nono-stante la rilevazio-ne da parte della JP Industries dei tre stabilimenti ex Merloni umbri e marchigiani, la questione non si è ancora risolta e i rappre-sentanti sindacali continuano a sollecitare un incontro con il governo che aveva pro-messo un decreto per garantire la continu-ità dell’impresa e la cassa integrazione ai dipendenti ma che non è ancora concreta-mente intervenuto.

Nella sola giornata del 12 ottobre, 1450 la-voratori della ex Merloni sono diventati disoc-cupati aggiungendosi a quei colleghi che da tre anni sono in cassa integrazione. Ridotti senza voce o ad un ruolo marginale rispetto a quello assunto dagli operai dell’ Ast di Terni, i lavoratori della ex Merloni – giovedì 4 dicem-bre – si sono ritrovati davanti alla sede dello stabilimento a Colle di Nocera per una fi acco-lata culminata davanti alla sede dei Vigili del Fuoco che in quel giorno festeggiavano la loro protettrice, Santa Barbara.

L’obiettivo è stato quello di mantenere accesa la fi amma della speranza, di fare in modo che la storia della ex Merloni e dei suoi lavoratori non vada a fi nire nel dimenticatoio. E di storie la Merloni ne ha tante da raccon-tare. Davanti a quei cancelli, con le fi accole in mano, in un corteo composto e dignitoso,

c’erano tante storie tra cui quella di Fiora-vante Fabozzo, per gli amici Floriano, classe 1980.

Originario di Sant’Antimo in provincia di Napoli, si trasferisce in Umbria dodici anni fa e da allora ha sempre lavorato alla Merloni al reparto stampaggio la-miere dei frigoriferi.

«Sono venuto in Umbria con un sogno: lavorare per avere una vita normale» dice Floriano e lo ripete insistentemente: la normalità, questa la sua ambizione; at-traverso un lavoro che gli permettesse di vivere dignitosamente e che riuscisse a giustifi care quella scelta così diffi ci-le di abbandonare la sua famiglia poco più che ventenne.

«Quando sono arrivato, nel mio reparto eravamo una cinquantina; adesso siamo in sette e lavoriamo saltuariamente – dice ram-maricato – Quando siamo chiamati a lavorare, invece,

ci pagano alla giornata sot-traendo i soldi dalla cassa integrazione, già ridotta di 130 euro, perciò molti pre-feriscono non essere chia-mati, non ci conviene in termini economici». La sua storia, e quella degli altri lavoratori della ex Merloni, è la storia di un Pae-se al suo settimo Natale di crisi.

Ma cosa chiedono dunque per il nuovo anno gli operai di No-cera Umbra? «Vorrem-mo che il Governo e le istituzioni intervenissero per risolvere la vertenza della JP Industries e per defi -nire un accordo di programma». In una parola: lavoro. Questo il regalo più grande.

maria gioVanna La porTa

Floriano: da Napoli a Nocera per (non)migliorare la vita

«Destinati a scomparire»Ma gli operai non mollanoI lavoratori della ex Merloni stanno uscendo da un anno di delusioniAl 2015 chiedono soltanto due cose: un lavoro ed un futuro

c’erano tante storie tra cui quella di Fiora-vante Fabozzo, per gli amici Floriano, classe

Originario di Sant’Antimo in provincia di Napoli, si trasferisce in Umbria dodici anni fa e da allora ha sempre lavorato alla Merloni al reparto stampaggio la-

«Sono venuto in Umbria con un sogno: lavorare per avere una vita normale» dice Floriano e lo ripete insistentemente: la normalità, questa la sua ambizione; at-traverso un lavoro che gli permettesse di vivere dignitosamente e che riuscisse a giustifi care quella scelta così diffi ci-le di abbandonare la sua famiglia poco più che ventenne.

«Quando sono arrivato, nel mio reparto eravamo una cinquantina; adesso siamo in sette e lavoriamo saltuariamente – dice ram-maricato – Quando siamo chiamati a lavorare, invece,

ci pagano alla giornata sot-traendo i soldi dalla cassa integrazione, già ridotta di 130 euro, perciò molti pre-feriscono non essere chia-mati, non ci conviene in termini

Ma cosa chiedono dunque per il nuovo anno gli operai di No-cera Umbra? «Vorrem-mo che il Governo e le istituzioni intervenissero per risolvere la vertenza della JP Industries e per defi -nire un accordo di programma». In una parola: lavoro. Questo il regalo più

maria gioVanna La porTa

«Destinati a scomparire»Ma gli operai non mollanoI lavoratori della ex Merloni stanno uscendo da un anno di delusioniAl 2015 chiedono soltanto due cose: un lavoro ed un futuro

aLbero deLLa criSi

La crisi colpisce anche gli alberi di Natale. Secondo un curioso studio della Coldiretti , infatti , dal 2008 ad oggi l’altezza degli alberi di Natale degli italiani si è abbassata di mezzo metro. Molti degli alberi acquistati negli ulti mi anni sono inferiori a 1,5 metri di altezza, e in alcuni casi non superano nemmeno il metro.

L’

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15 dicembre 2014 | 9

Economia

47% degli italiani

percepisce che il picco negati vo della crisi sia alle spalle (+12% rispett o allo

scorso anno)

2.435.000i Neet, l’esercito di ragazzi italiani tra i

15 e i 29 anni che non studiano né cercano

lavoro (nel 2007 erano 1.832.000)

82.000gli italiani che

nel 2013 si sono trasferiti all’estero: si tratt a del numero più alto negli ulti mi dieci

anni, il 20% in più rispett o al 2012

10,4%il tasso di

disoccupazione in Umbria, sostanzialmente stabile rispett o a quello

dello scorso anno. È inferiore a quello nazionale (13%)

-5%il calo dei consumi natalizi (per regali,

addobbi, viaggi, ecc.) in Umbria rispett o allo scorso anno, secondo

le previsioni del Codacons

90%l’adesione fra gli

operai della Perugina allo sciopero generale

dello scorso 12 dicembre

47%degli italiani

percepisce che il picco negati vo della crisi sia alle spalle (+12% rispett o allo

scorso anno)

2.435.000i Neet, l’esercito di ragazzi italiani tra i

15 e i 29 anni che non studiano né cercano

lavoro (nel 2007 erano 1.832.000)

82.000gli italiani che

nel 2013 si sono trasferiti all’estero: si tratt a del numero più alto negli ulti mi dieci

anni, il 20% in più rispett o al 2012

90%l’adesione fra gli

operai della Perugina allo sciopero generale

dello scorso 12 dicembre

aLbero deLLa criSi

In sett e anni i consumi natalizi in Italia sono crollati di quasi il 46%: se nel 2007 nel nostro paese per tali consumi si era speso esatt amente 18 miliardi di euro, quest’anno secondo le previsioni del Codacons non si dovrebbero superare i 9,8 miliardi di euro.

165le vertenze aperte in

Umbria. Dalle più note Ast, Merloni e Perugina, alle decine di realtà più piccole.

Sono 11.900i posti di lavoro persi in Umbria nei primi due

trimestri del 2014

La crisi colpisce anche gli alberi di Natale. Secondo un curioso studio della Coldiretti , infatti , dal 2008 ad oggi l’altezza degli alberi di Natale degli italiani si è abbassata di mezzo metro. Molti degli alberi acquistati negli ulti mi anni sono inferiori a 1,5 metri di altezza, e in alcuni casi non superano nemmeno il metro.

In Italia sono quasi 8 milioni i senza lavoro. Di questi , i disoccupati sono oltre 3 milioni, mentre 1,8 milioni di persone sono inatti ve perché scoraggiate. Poi ci sono 3 milioni di persone che, pur non cercando atti vamente un impiego, sarebbero disponibili a lavorare.

a cura diiacopo barLoTTi

13 i trimestri

consecuti vi da cui l’Italia è in

recessione

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Economia

L’accordo è stato trovato, gli sti-pendi arretrati e la tredicesima sono in arrivo: gli operai dell’Ast

ritrovano una parvenza di normalità. Ar-riva dopo un anno difficile, una vertenza durissima durata cinque mesi, 35 giorni consecutivi con le braccia incrociate. Ma c’è, e tanto basta. Anche dovendola accompagnare ad un filo di inquietudine per le incognite che riserverà il futuro.

Alla messa prenatalizia celebrata dal vescovo Piemontese sotto i capannoni di viale Brin c’erano meno operai del solito. Ma l’amministratore delegato di Ast Lucia Morselli era seduta in prima fila, ed a margine della funzione ha deciso per la prima volta di parlare in pubblico. Richiamandosi alla Bibbia per trovare due termini chiave della sua fi-

losofia: custodire e coltivare. «Questo piano – ha detto la Morselli – garanti-sce serenità per l’attività industriale, è un patto solido e condiviso. I tempi brutti sono definitivamente alle spalle, abbia-mo solo buone notizie davanti a noi.

Abbiamo fatto un piano – è la conclu-sione, con metafora calcistica – non per la salvezza. Io vorrei vincere la serie A. L’obiettivo è fare in modo che questa re-

altà desse lavoro e continuasse a dare lavoro a migliaia di persone. Nel futuro vedo solo assunzioni».

Un clima di distensione confermato da un sollievo tangibile per le famiglie degli operai: il pagamento degli stipen-di di novembre e l’annuncio che entro Natale arriverà anche quello della tre-dicesima. È stato inoltre comunicato che nella prima decade di gennaio sarà pagato agli operai lo stipendio di dicem-bre, comprensivo dei 180 euro del rateo trimestrale del premio di produzione. Su questo punto nelle ultime settimane si era riacceso lo scontro tra le due parti.

Meno ottimista della Morselli, durante l’omelia, il vescovo Giuseppe Piemonte-se: «Sarà pace? Sarà armistizio? Sarà moratoria? Mi auguro che sia pace,

Ast, sollievo e incognite

A Ternisi tornalentamente alla normalitàMa con quale futuro?

di Alessandro Salveti

’Il vescovo Piemontese: «Rapporti da ricucire. Difficile far finta che non sia successo nulla»

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Economiaconcordia ed amicizia. Vanno ricuciti i rapporti interpersonali e istituzionali all’interno della fabbrica, dove certa-mente sarà difficile far finta che non sia successo nulla».

Toccante e in questo senso di buon auspicio l’incontro tra la manager e Marco Catinelli, uno degli operai in pri-ma linea durante la lotta di questi mesi. Una stretta di mano, qualche parola e l’uomo ha sciolto la tensione nel pian-to: «Le parole della Morselli sono state rassicuranti. Adesso speriamo nei fatti».

È una Ast diversa quella che si ritro-va oggi e che si appresta a sperare in un futuro migliore. Chi ha accettato di andarsene si prepara a farlo davvero: destinazione estero. Sono coloro che vogliono ricominciare da zero: giovani, spesso sotto ai trent’anni, senza fami-glia, con sogni nel cassetto da realizza-re lontano da viale Brin. Una scelta dif-ficile ma a detta loro inevitabile: «Basta guardare – racconta uno di loro – come si comporta la politica italiana nei con-fronti della Germania per capire che per l’Ast non c’è futuro. Chi lavora in accia-ieria lo fa per lo stipendio, non certo per piacere. Ma se questo dovesse ridursi, inutile continuare con un lavoro alienan-te che annulla la mente. Mal che vada, uno stipendio da 1.200 euro lo si gua-dagna con un altro lavoro». Nord Euro-pa, Canarie, Germania. Chi parte vuole cambiare vita drasticamente, puntando sul bonus da 80mila euro (cui va ag-giunto un anno di mobilità) per togliersi di dosso la puzza della fabbrica. Lo fan-no i giovani, che ancora possono: «Chi ha moglie e figli resta ma ci consiglia di fuggire. Anche se in fabbrica non ci

sono più anziani: al massimo il capotur-no ha 45 anni».

Chi resta sopravvive e guarda al fu-turo con un misto di speranza e pre-occupazione. «Non sono – racconta

Alessandro – un classico padre di fami-glia: piuttosto un trombettista jazz che per coltivare la sua passione si man-tiene facendo l’operaio. Sono entrato in acciaieria nel 2008, a 31 anni: era la soluzione migliore per i non laureati, quasi come fosse un pubblico impiego. Nonostante i tempi mi considero anco-ra molto fortunato, anche se in attesa di notizie certe sul futuro della fabbrica viviamo tutti in una sorta di limbo. Cer-cando di non pensare al domani».

Niente licenziamenti forzosi, ma 290 esuberi con adesione volon-

taria e un indennizzo da circa 80mila euro per ciascun lavoratore in usci-ta. Una cifra cui bisogna aggiungere anche gli emolumenti che verranno corrisposti per un anno di mobilità. È questo il punto nodale dell’accordo sottoscritto tra l’azienda tedesca e i sindacati sul tavolo del ministero del-lo Sviluppo Economico.

L’intesa industriale prevede una produzione minima di acciaio cola-to pari a 1 milione di tonnellata su base annua ed un programma di in-vestimenti da 100 milioni di euro per

aumentare l’efficienza dei due forni fusori. In programma anche l’incre-mento delle produzioni a freddo (in prospettiva fino a 700mila tonnella-te annue) grazie al completamento della nuova linea (con un altro inve-stimento vicino ai 30 milioni). I sinda-cati monitoreranno semestralmente l’attuazione del piano e verificheran-no il rispetto degli impegni assunti da ThyssenKrupp.

L’approvazione dell’intesa raggiunta è stata subordinata al risultato di un referendum interno. Alle urne sia i la-voratori di Ast che quelli dell’indotto: vincolante solo il voto dei primi.

Cosa prevede l’accordo

La fabbrica ha riaperto il 26 novembre, dopo 35 giorni di sciopero

’Chi lascia va verso l’estero, sperando di cambiar vita con ilbonus da 80mila euro

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Sport

I giganti buoni dello sport sono sicura-mente loro: piloni, prime linee, media-ni di mischia: i giocatori di rugby, mus-

colosi, ma anche teneri. Non a caso uno dei più famosi campioni italiani, Martin Castrogiovanni (veterano della Nazio-nale, ora nel Tolone, prima nel Leices-ter) è diventato testimonial di una pub-blicità di materassi.

Ma il rugby non è solo disciplina da uomini, anzi. Stesse regole, stesso contatto fisico e stesso fair play anche nella versione femminile. Il team rosa perugino ha ormai una tradizione di tutto rispetto e Paola Ignozza, ex gioca-trice del CUS Perugia Donne, è diventa-ta allenatrice di una squadra di uomini.

Per dodici anni ha rivestito il ruolo da tre quarti nel suo club, ma l’esperienza più forte è stata sicuramente quella in Nazionale femminile, cominciata nel 2002, quando aveva 18 anni. Dei ritiri e dei match internazionali Paola parla con gli occhi lucidi: «Ogni inno che ho cantato con la maglia azzurra mi ha

fatto emozionare fino alle lacrime, per-ché sapevo che avrei giocato per il mio Paese». Il giorno che si va a meta con quella maglia si ricorda per sempre: per

Paola era il 2007 e la partita era Italia – Russia.

Quindi la decisione di allenare: al corso federale si è trovata ad essere l’unica donna in Italia. Da tre anni il passaggio definitivo alla panchina, pri-ma con i bambini e adesso alla Amatori Perugia, una squadra di 15 uomini tra i 18 e i 35 anni, che lei è riuscita a recu-perare dopo una stagione sfortunata. Oggi i suoi ragazzi dicono che la sua principale caratteristica di donna coach è la “tigna”, ostinazione e carisma in grado di compattare un gruppo ete-rogeneo e di farlo emergere. Secondo lei, invece, il valore aggiunto è la ca-pacità di comprensione complessiva e l’attenzione per i singoli, qualità che spesso gli allenatori maschi non han-no. «Il passaggio dall’ex coach a me è stato quasi naturale, non ho dovuto faticare per guadagnarmi il loro rispet-to», dice orgogliosa mentre segue con gli occhi la mischia che si sta formando in campo durante gli allenamenti. Ep-pure all’inizio la novità era sembrata strana a qualcuno, ammette Trinchini, capitano della squadra: «Ora però sia-mo felicissimi di averla… sarebbe bello regalarle il campionato, sarebbe una cosa nuova nella storia del rugby italia-no». E allenare una squadra femminile come sarebbe? «Diverso, perché le donne di solito sono più competitive», ammette Paola.

Chissà se le ragazze del CUS Peru-gia, team di rugby femminile a 7 ad ottimo livello nei tornei nazionali, la pensano allo stesso modo. In realtà per Bianca, Elena ed Eleonora la squa-

A meta con la coach, il rugby in rosaUna squadra maschile perugina guidatada una veterana della Nazionale,e anche il team femminile è in crescita

Disciplina di origine anglosasso-ne, attualmente a contendersi il

primo posto in Europa ci sono team francesi e britannici. Sport naziona-le in Nuova Zelanda: la sua squadra, gli All Blacks, si contende il prima-to mondiale con gli Aussie, il team australiano. Dopo il 2000, quando l’Italia è entrata nel Sei Nazioni – il torneo delle sei più forti nazionali europee e il più antico del mondo – le iscrizioni ai club anche da noi sono aumentate con una crescita media annua del 15%. Questi i dati della Federugby: prima dell’ingres-so nel torneo i praticanti in Italia erano circa 25mila, oggi si attesta-

no intorno ai 105mila. In Italia oltre ai tre campionati di serie A, B, C, la serie più importante è l’Eccellenza (ex Super10): campionato in cui mi-litano le squadre più forti del Paese, da cui provengono la maggior parte dei campioni della Nazionale. Uno sport di contatto ma per questo mol-to regolamentato: più arbitri per una sola partita, la torretta di controllo e la moviola in campo. E soprattutto uno sport in cui, a differenza del cal-cio, commettere fallo non conviene a nessuno: perché il tempo di gioco viene fermato e perché i falli ven-gono esaminati con le telecamere e sanzionati immediatamente.

I numeri del rugby

Paola ignozza, 30 anni, allenatrice della amatori perugia, squadra di rugby maschile in serie c

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15 dicembre 2014 | 13

Sport

dra è soprattutto un gruppo di amiche. Per il terzo tempo – il dopo partita ca-ratteristico del rugby in cui le squadre avversarie mangiano insieme – prepa-

rano torte e si scambiano consigli e, se necessario, scuse per qualche fal-lo di troppo. Il club è stato fondato nel 1987 da Maria Cristina Tonna. Allora il rugby era praticato in Italia da un paio d’anni al massimo e le squadre fem-minili c’erano solo nelle grandi città. Maria Cristina decise inizialmente di allenarsi con gli uomini; lo sguar-do dei compagni e dell’allenatore era incredulo. Ma in pochi anni anche a Perugia, con il suo esempio, si formò un club femminile. Al primo campio-nato nazionale furono solo cinque i team che parteciparono, ma nel 1992 il torneo venne riconosciuto dalla FIR (Federazione Italiana Rugby) e la pri-ma finale fu proprio Treviso-Perugia. In nazionale dal 1985 al 2001, Maria Cristina è stata anche allenatrice della maschile di Siena e Città di Castello.

Il futuro del rugby femminile perugino oggi è di un’altra ragazza determinata:

Miriam Keller, tallonatrice attuale della Nazionale e pilastro del CUS Perugia: bionda, occhi azzurri e sguardo deciso. Non parla delle sue caratteristiche di atleta ma ci pensano le sue compagne: «Sembra che non sia mai stanca, gioca allo stesso modo dall’inizio alla fine». Ma nel rugby, si schermisce Mi-riam, l’individuo conta poco: «Questo è davvero l’unico sport in cui, se uno ha la palla, gli altri non possono mai las-ciarlo solo: si avanza in gruppo e tutti insieme si sta costantemente di fronte all’avversario».

maria TereSa SanTaguida

Inizio ’800, Rugby – piccola cittadina della campagna inglese,

sede di un’università storica – e William Gilbert, fabbricante di stivali. La città ha dato il nome allo sport e il suo calzolaio al marchio più famoso di palloni ovali. La storia comincia con quattro strisce di cuoio cucite insieme per trattenere, all’interno, una vescica di maiale gonfiata. La sfera però non viene mai perfetta perché la vescica del maiale, per sua naturale conformazione, è ovoidale o – come dicono gli esperti – a forma di prugna. Gilbert cuciva i palloni per i ragazzi dell’Università, quando del rugby come sport ancora nessuno parlava. Quel laboratorio è adesso è un museo e nello spazio di due generazioni – da quella di William, il nonno, a quella di James che eredita la bottega – la disciplina è stata codificato ed è stata fondata la Rugby Football Union, il 26 gennaio 1871 al ristorante Pall Mall di Londra. Quindi è stato varato il primo campionato. La famiglia Gilbert ha proseguito l’impresa fino al 1978, nel frattempo i suoi palloni si sono affermati in ogni Paese in cui si gioca a rugby.

Breve storiadella palla ovale

Il rugby piace alle donne: il numero delle squadre è salito in pochi anni da venti a ottanta in tutta Italia, sempre di piùanche le donne arbitro

il pallone ovale gilbert, simbolo della storia del rugby

Le ragazze del Cus Perugia donne durante un allenamento serale

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Nella vita si può camminare per tanti motivi. Lo si può fare per-ché non si trova altro modo per

andare “dove dobbiamo andare”, detta alla Totò e Peppino; si può camminare perché si è scelto che quello è il modo migliore per raggiungere un luogo. Ma si può camminare anche solo perché ci va di farlo, e perché farlo è un bene sia per il corpo sia per la mente. Proprio da questa frase, tanto ovvia quanto vera, nascono i gruppi di cammino. Gruppi di persone che si vedono per godere as-sieme dei benefi ci di una bella cammi-nata.

In Umbria un gruppo di amici acco-munati da una visione del mondo che concepisce l’uomo come parte del pae-saggio in cui vive, parte di una natu-ra che non è altra da sè, organizzano durante tutto l’anno passeggiate dove gente di ogni età e di ogni genere s’in-contra per camminare insieme. Ogni fi ne settimana un nuovo sentiero. Tra le 70 e le 200 persone partono e, attraver-so un percorso ad anello, camminano anche 14 km con dislivelli sino a 400 m.Gianermete Romani, Graziano Vinti, Giampiero Zurli e Louis Montagnoli, chiamato a mo’ di presa in giro Monta-gnolì per le sue origini francesi, hanno iniziato a fare tutto questo grazie alla Comunità montana del Trasimeno e del medio Tevere e al C.U.R.I.A.M.O. (Centro universitario ricerca interdipar-timentale arteriosclerosi, osteoporosi, invecchiamento). Quest’ultima è un’im-portante istituzione legata all’Università di Perugia che si occupa di curare e aiutare persone affette da obesità, dia-

bete e altri tipi di patologie che traggono benefi cio dall’attività fi sica.

«Il motivo per cui sono andato al C.U.R.I.A.M.O. è dei più deprecabili – racconta Luciano, un signore che da anni prendeva fi no a 4 dosi di insulina al giorno per curare il diabete – Pensavo, ma sì, vado in palestra gratis! Poi inve-ce, ho scoperto che si sarebbe rivelato davvero utile, e oggi grazie alle cammi-nate ed una dieta adeguata, non prendo più nulla, se non una compressina».Le iniziative del gruppo ormai sono molte e oltre alle passeggiate “regolari”, divise in quattro serie che rispettano il ritmo delle stagioni, ci sono anche veri e propri viaggi a piedi. Giannermete Romani racconta del “coast to coast” dell’Italia fatto nell’estate del 2011 «da Ancona a Talamone in quattordici giorni, 400 km, dormendo in alcune fattorie vi-cine al precorso. Trentacinque persone che camminano insieme. Alcune anche con problemi di obesità e diabete di tipo 2, perché sì, con attenzione, anche loro possono camminare così tanto!». Cam-minare è parte essenziale della fi losofi a di vita di Romani, «perché camminando si è a livello della terra e si va al ritmo giusto per sentire, vedere e toccare le cose: si ri-entra davvero nel paesag-gio a cui apparteniamo. Viene naturale ascoltare l’ambiente e gli altri: è il modo migliore per stare insieme. Non per niente durante le passeggiate sono nati grandi amori e bellissime amicizie».

Le iniziative del gruppo hanno crea-to con il tempo una vera e propria rete di cittadini. Il fi lo conduttore non è solo l’amore per la natura, ma anche un’idea

sana di cittadinanza attiva. Non è un caso che “il cammino di Francesco e Benedetto” un viaggio a piedi di sei-sette giorni tra Assisi- Norcia, sarà l’es-tate prossima uno dei progetti di soste-nibilità per EXPO 2015. Come non è un caso che il progetto “i giovani natura-listi” con i ragazzi del Liceo scientifi co Galilei di Perugia, nasca dalla volontà di genitori e docenti che conoscendo le iniziative principali, hanno deciso di pro-porre ai loro fi gli di riscoprire Perugia e il suo verde per fare come facevano i naturalisti nel passato: conoscere e far-si domande partendo dall’osservazione del paesaggio.

Fra le tante iniziative che si sono così a poco a poco formate, c’è anche “Beat the street, muoviamo Terni”, che ri-prendendo i più noti esempi di Londra, New York e Shangai, si propone meta-foricamente di portare Terni sulla Luna. Nelle settimane tra il 14 febbraio e il 29 marzo del prossimo anno, attraverso l’utilizzo di smart card fornite ai residenti da vidimare all’inizio e alla fi ne del pro-prio percorso in apposite colonne poste sui pali della luce, si proverà tutti insie-me a coprire la distanza Terra-Luna.

gianLuca de roSa

Sì, camminare ci rende felici

Le affollate passeggiate tra i sentieri dell’Umbria dove si sta bene e si fa amicizia

Tempo libero

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15 dicembre 2014 | 15

Tempo libero

Hydnon per i greci, Tuber per i Ro-mani, Ramech Alchamech Tufus per gli arabi: il tartufo è conos-

ciuto, raccolto e apprezzato da tempi antichissimi, almeno fin dal 1700 a.C. quando è attestato che gli antichi Sumeri lo mischiassero ai cereali. Questo frutto della terra raro e squisito ha ispirato da sempre miti e leggende. Sulla sua miste-riosa origine si sono arrovellati – a partire da Plinio il Vecchio – i naturalisti di ogni secolo. Impossibile da coltivare, il tartufo è stato sempre accolto come un vero e proprio dono della natura. Non stupisce dunque che intorno alla sua raccolta si sia consolidata una tradizione di rispet-to dell’ambiente e degli animali. Attività amatoriale per i nobili in cerca di diverti-mento, così per i contadini desiderosi di arrotondare, la ‘caccia’ al tubero pregiato dopo millenni sta cambiando volto.

Sempre più conosciuto, sempre più costoso, il tartufo dagli anni ’80 viene coltivato e commercializzato nelle forme più diverse sugli scaffali della grande distribuzione. In Italia – paese leader nel settore – il nuovo business convive con le antiche tradizioni, in una situazione normativa ambigua e facilmente espos-ta agli abusi. A pagarne lo scotto sono i cani, l’ambiente e i cultori tradizionali.

Anche in Umbria, dove si raccoglie circa il 30% del tartufo italiano e l’atti-vità di raccolta ha un impatto econo-mico superiore a quello della caccia, la compresenza di amatori tradizionali e affaristi non è priva di conseguenze. A spartirsi le circa 25 tonnellate annue sono 8.000 tartufari autorizzati (oltre – secondo la Polizia Provinciale perugina – un equivalente numero di abusivi). La concorrenza è spietata e sempre più spesso sfocia nell’illegalità: chiodi a tre punti per bucare le gomme delle auto dei rivali sono il metodo pacifico, ma purtroppo la violenza contro gli animali è la strategia più diffusa per aggiudicar-si l’esclusiva su una zona. Lumachina, diserbanti, antiparassitari e la letale strecnina sono i veleni più usati per eliminare i cani concorrenti e uccidono solo nella Provincia di Perugia oltre 20 animali l’anno, a fronte di 217 denunce solo nel 2013.

La maggior parte degli abusi però non vengono neanche segnalati alla Polizia: «Se la gestiscono tra loro» commenta un agente della provinciale, che conti-nua «Si tratta spesso di dispetti tra vi-cini e da una ruota forata è un attimo passare all’avvelenamento». In questa ‘guerra di quartiere’ non è raro che i tar-

tufari s’improvvisino veterinari pronti a soccorrere i loro cani con acqua ossige-nata e sale – come raccontano i soci di “Tartufai il Perugino”, associazione sportiva dilettantistica che in Umbria conta 600 iscritti e s’impegna nel diffon-dere il rispetto verso la natura.

Il rischio infatti è che a pagare il prezzo dei tanti abusi sia l’ecosistema naturale stesso. Nella ‘corsa all’oro nero’ sono tanti purtroppo che non rispettano la stagionalità del tubero, non ripristinano le tartufaie dopo averlo cavato o utiliz-zano per farlo ‘vanghini’ troppo gran-di, che possono danneggiare le radici delle piante. Trasgressione frequente è anche quella oraria: «Nell’eugubino – spiega l’agente della Provinciale – l’80% di quelli che cercano il bianco pre-giato viaggiano di notte, per mantenere segreti i luoghi di raccolta». Al buio però è impossibile ripristinare la flora, come le regole imporrebbero.

Il guadagno non proviene solamente dal tartufo e dai suoi derivati, ma anche dagli stessi animali. L’addestramento dei cani è infatti un vero e proprio bu-siness, in cui non mancano i disonesti che approfittano degli inesperti: li porta-no a ‘provare il cane’ in una zona non naturale dove hanno nascosto i tartufi, per convincerli a spendere i 1.500-2.000 euro necessari per l’animale.

È anche per questo che all’hobby del tartufo si è aggiunto quello dell’ad-destramento: sono sempre più numero-si gli appassionati umbri che attraverso il gioco preparano i loro cani per la ri-cerca del tubero, costatando così che «il rapporto tra il tartufaro e il cane vale più del tartufo» – come ha raccontato un amatore di Ponte Felcino.

aLice beLLincioni

25 tonnellatedi tartufo raccolte

in Umbria ogni anno

30%della produzione nazionale

arriva dall’Umbria

12.000i cani da tartufo della regione

20gli animali morti ogni annonella Provincia di Perugia

Le cifre

8.000 umbri a tartufi:quando il business minaccia la tradizione Avvelenamenti, illeciti e frodi per il tubero più pregiato

Paco, cane da tartufo di 7 anni a Ponte felcino, frazione di Perugia

Page 16: Quattro Colonne N. 12 (Anno XXIII)

Quattro colonneSGRT Notizie

Periodico del Centro Italiano di Studi Superioriper la Formazione e l’Agg.to di Giornalismo Radiotelevisivo

Presidente: Nino Rizzo NervoDirettore: Antonio Bagnardi

Direttore responsabile: Antonio SocciCoordinatori didattici:

Luca Garosi – Marco Mazzoni

Redazione degli allievi della Scuolaa cura di Sandro Petrollini

In redazionePaolo Andreatta, Iacopo Barlotti, Alice Bellincioni, Alessia Benelli, Simone Carusone, Gianluca De Rosa, Davide Denina, Marco Frongia, Davide Giuliani, Ruben Kahlun, Maria Giovanna La Porta, Elisa Marioni, Francesco Mariucci, Giulia Paltrinieri, Simona Peluso, Valerio Penna, Giulia Presutti, Giacomo Prioreschi, Valentina Russo, Alessandro Salveti, Maria Teresa Santaguida, Lorenza Sbroma Tomaro, Nicoletta Soave, Dario Tomassini, Nicola Tupputi

Anno XXIIInumero 12 – 15 dicembre 2014

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Prima col rossetto, le scarpe col tacco, la collana di perle, gli smalti rubati alla mamma. Poi

collezionando fantasticherie ed in-ciampi. All’inizio per tentativi, quindi sul serio. Dopo anni spesi a saggiare la donna che saresti diventata, final-mente sperimenti la bellezza. Le insi-curezze si trasformano in potenzialità, le paure in consapevolezze, i sogni in traguardi: bella non soltanto per lo specchio, ma per stare finalmente bene con te stessa.

Chissà se anche per lei sarà anda-

ta così. Lei che bella è nata, che avrà sentito ripeterselo da uomini e donne indistintamente in giro per il mondo, che passerelle televisione copertine pellicole ne hanno consacrato all’e-ternità sensualità e fascino. Lei che avrà dovuto ingegnarsi per fare della bellezza esteriore più che un vezzo, perché le fosse riconosciuta anche quella interiore.

Splendore tutto italiano invidiatoci ad ogni latitudine, Monica Bellucci a cin-quant’anni compiuti lo scorso 30 set-tembre per la regia del britannico Sam

Mendes reciterà al fianco dell’agente segreto Daniel Craig nell’attesissimo ventiquattresimo 007. Quale miglio-re icona di lei, che bellissima lo è da mezzo secolo a dispetto del tempo, di gelosie o pregiudizi? Nell’era della gioventù a qualunque prezzo, super-ficialità e magrezze malate, Monica Bellucci è d’una bellezza spettacolare che aumenta con l’età. D’una bellezza che riflette l’orgoglio dei giorni vissuti, che splende di fierezza per quelli che verranno. Bella che ti viene voglia di sentirti così, bella. VaLenTina ruSSo

Monica Bellucci nel nuovo 007 a 50 anni Icona di bellezza tutta italiana da mezzo secolo, reciterà a fianco

di Daniel Craig nel ventiquattresimo episodio sul famoso agente segreto