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Venezia IL MERCURIO PRESENTA: “PAROLE IN VIAGGIO” CONOSCERE VENEZIA ATTRAVERSO... LE PAROLE, LE POESIE E I RACCONTI...

Parole in Viaggio 1

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inserto del mercurio

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Parole in viaggio.... VeneziaIL MERCURIO PRESENTA:

“PAROLE IN VIAGGIO”

CONOSCERE VENEZIA ATTRAVERSO...

LE PAROLE, LE POESIE

E I RACCONTI...

Parole in viaggio.... VeneziaParole in viaggio.... Venezia

L’EDITORIALE

“Parole in viaggio” è il nuovo inserto de “Il Mercurio”. Nasce come un progetto ambizioso, volendo raccon-tare luoghi, tematiche, miti attraverso le parole di co-loro che hanno contribuito e che contribuiscono alla diffusione della cultura e della letteratura nella Storia dell’umanità.In questo primo numero abbiamo cercato di rendere omaggio allla città di Venezia che nel corso degli anni ha fatto innamorare e scrivere moltissimi virtuosi della penna.Attraverso una lenta e lirica passeggiata, verremo catapultati in un’atmosfera nuova e particolare senza che la redazione aggiunga una sola virgola a ciò che i maestri hanno finemente creato. Parleranno i versi e le frasi conducendoci per un sen-tiero originale, lastricato di emozioni tradotte in pura cultura.La scelta dei testi è stata molto difficile e non tutto il materiale recuperato è stato riproposto nelle pagi-ne che seguono. Siamo però convinti di aver operato una selezione molto interessante che rispecchi e ren-da viva la città lagunare attraverso le pagine di grandi autori.Venezia attraverso gli occhi di Proust, Hesse, Brod-skij, Calvino,Capote, Gatto, Pamuk e tanti altri...

Buona passeggiata e buona lettura.

Alessandro Frau

Parole in viaggio.... VeneziaParole in viaggio.... Venezia

“Scrivo questi versi, seduto all’aperto su una sedia bianca, d’inverno, con la sola giacca addosso. Dopo molti bicchieri, al-largando gli zigomi con frasi in madrelin-gua. Nella tazza si raffredda il caffe’. Scia-borda la laguna, punendo con cento mi-nimi sprazzi la torbida pupilla per l’ansia di fissare nel ricordo questo paesaggio, capace a fare a meno di me”.

Josif Brodskij

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Venezia è...............Questa era Venezia, la bella lu-singhiera e ambigua, la città metà fiaba e metà trappola, nella cui at-mosfera corrotta l’ arte un tempo si sviluppò rigogliosa, e che sug-gerì ai musicisti melodie che cul-lano in sonni voluttuosi...

Thomas Mann

Così disposte ai due lati del cana-le, le abitazioni facevano pensare a luoghi naturali, ma di una natura che avesse creato le proprie opere con un’immagine umana....

Marcel Proust

Se dovessi cercare una parola che sostituisce “musica” potrei pensare soltanto a Venezia.

Friedrich Nietzsche

Venezia è come mangiare un’intera scatola di cioc-colata al liquore in una sola volta.

Truman Capote

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Le immagini della memoria, una volta fissate con le parole, si cancellano... Forse Venezia ho paura di perderla tutta in una volta, se ne parlo. O for-se parlando d’altre città, l’ho già per-duta a poco a poco...

Italo Calvino

Venezia si è macchiata di un crimine. Il suo crimine è la bellezza.

Josif Brodskij

Nonostante il mio ardente amore per Venezia la laguna veneziana sarebbe per me rimasta una curiosità, estra-nea, bizzarra, incompresa, se una vol-ta, stanco di fissarla come un idio-ta, non avessi diviso per otto giorni e otto notti la barca e il pane e il letto di un pescatore di Torcello. Ho re-mato lungo le isole; Ho camminato coi piedi nell’acqua per le brune barre

di foce, col retino in mano; ho imparato a conoscere l’acqua, flora e fauna della laguna; ho respirato e os-servato la sua aria particolarissima; e da allora mi è familiare ed amica. Quegli otto giorni, avrei forse potu-to dedicarli a Tiziano e Veronese, ma in quel peschereccio dalla vela trian-golare d’un bruno dorato ho impara-to a capire Tiziano e Veronese meglio che all’Accademia o nel Palazzo dei Dogi. E non soltanto qualche quadro, ma tutta Venezia non è più per me un enigma bello quanto opprimente: anzi, è una realtà molto più bella, che mi appartiene, verso la quale ho il diritto che deriva dalla comprensione.”

Herman Hesse

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Venezia in versi....AUTUNNO

VENEZIANO

VINCENZO CARDARELLI

L’alito freddo e umido m’assaledi Venezia autunnale.Adesso che l’estate,sudaticcia e sciroccosa,d’incanto se n’è andata,una rigida luna settembrinarisplende, piena di funesti presagi,sulla città d’acque e di pietreche rivela il suo volto di medusacontagiosa e malefica.Morto è il silenzio dei canali fetidi,sotto la luna acquosa,in ciascuno dei qualipar che dorma il cadavere d’Ofelia:tombe sparse di fiorimarci e d’altre immondizie vegetali,dove passa sciacquandoil fantasma del gondoliere.O notti veneziane,senza canto di galli,senza voci di fontane,tetre notti lagunaricui nessun tenero bisbiglio anima,case torve, gelose,a picco sui canali,dormenti senza respiro,io v’ho sul cuore adesso più che mai.

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AUTUNNO VENEZIANO

Qui non i venti impetuosi e funebridel settembre montanino,non odor di vendemmia, non lavacridi piogge lacrimose,non fragore di foglie che cadono.Un ciuffo d’erba che ingiallisce e muoresu un davanzaleè tutto l’autunno veneziano.

Così a Venezia le stagioni delirano.

Pei suoi campi di marmo e i suoi canalinon son che luci smarrite,luci che sognano la buona terraodorosa e fruttifera.Solo il naufragio invernale convienea questa città che non vive,che non fiorisce,se non quale una nave in fondo al mare.

VINCENZO CARDARELLI

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Venezia in versi....

Natale al caffè FlorianLa nebbia rosae l’aria dei freddi vaporiarrugginiti con la sera

il fischio del battello che sparvenel largo delle campane.Un triste davanzale,Venezia che abbruna le rosesul grande canale.

Cadute le stelle, cadute le rosenel vento che porta il Natale.

Alfonso Gatto

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Venezia. Silenzio. Il passodi un bimbo scalzosulle fondamentaempie d’echiil canale.

Venezia. Lentezza. Agli angolidei muri sboccianoalberi e fiori:come se durasseun’intera stagione il viaggio,come se maggioorali sdipanasseper me.

Al pozzo di un campielloil tempotrova un filo d’erba tra i sassi:lega con quelloil suo battito all’aladi un colombo, al tonfodei remi.

Antonia Pozzi

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A Venezia...

Ero a Venezia sul Ponte dei Sospiri; un palazzo da un lato, dall’altro una pri-gione; vidi il suo profilo emergere dall’acqua come al tocco della bacchetta di un mago....

George Byron

Io vidi il nostro secolo quattro volte. La prima volta fu sulla terrazza dello Sta-bilimento del Lido, a Venezia, tre anni orsono. Egli sedeva tutto grigio fra due scarpi-ni gialli e una cravatta rossa, presso l’entrata del caffè, al tavolino di destra. Era cer-to più giovanilmente elegante che non convenisse alla sua vecchiaia; ridicolo, però, non era.

Antonio Fogazzaro

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A Venezia, basta che alzi gli occhi e vedrai mol-ti cartelli gialli, con le frecce che ti dicono: devi andare per di là, non confonderti, Alla ferrovia, Per san Marco, All’Accademia. Lasciali perdere, snobbali pure. Perché vuoi combattere contro il labirinto? As-secondalo, per una volta. Non preoccuparti, lascia che sia la strada a de-cidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a va-gabondare. Disorientati. Bighellona...

TIziano Scarpa

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Gli ospiti a Venezia...

I piccioni si erano impadroniti di Piazza San Marco. Erano centinaia: grassi, grigi, tozzi e si-lenziosi, becchettavano le briciole di pane lascia-te dai turisti distratti. Era mezzogiorno, ma le nuvole coprivano il sole e sulla città era calato una sorta di lugubre sudario. Le gondole erano allineate ai moli, vuote, i gondolieri con le tipiche casacche a strisce appoggiati al lungo remo, in attesa di clienti che non arrivavano. C’era la bas-sa marea, e sulle facciate dei palazzi era visibile la patina scura dell’acqua alta.

Melissa De la Cruz

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I barbari sono in pieno possesso della città e si tre-ma al pensiero di quel che ne possono fare. Dal mo-mento che vi si arriva, ci si rende conto che Venezia quasi non esiste più come città, che esiste soltanto come consunto spettacolo volgare e bazar. C’era un’orda di tedeschi selvaggi accampati in Piaz-za, e il loro chiasso rimbombava nel Palazzo Ducale e all’Accademia...

Henry James

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Muoversi a Venezia....

Il lento procedere del vaporetto attraverso la notte era come il passaggio di un pensiero co-erente attraverso il subconscioL’atmosfera complessiva aveva qualcosa di mi-tologico, anzi di ciclopico, per essere preci-si; ero entrato in quell’infinito che contem-plavo dai gradini della Stazione, e ora avanzavo tra i corpi dei suoi abitanti, passavo davanti al capannello di ciclopi assopiti che ogni tanto, nell’acqua nera che li cingeva, alzavano e poi abbassavano una palpebra

Josif Brodskij

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Questa gondola rassomiglia alla culla che dolcemente dondola... J. W. Goethe

La gondola è oggi un’espressione d’arte e di poesia: l’anima di Venezia.. Aldo Palazzeschi

Asilo di dolci peccati, ausiliatrice di trepidi amori Pompeo Molmenti

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Racconta....Il mercoledì mattina tengo la mia lezione all’ Univer-sità Ca’ Foscari, qui a Ve-nezia. Devo alzarmi presto e passare sull’ altra riva del Canal Grande. Non ho voglia di camminare fin giù al ponte dell’ Accademia; allora salgo in gondola con altri veneziani diretti al la-voro, e traghetto. Una vol-ta imbarcato, mentre scor-ro un’ ultima volta in

fretta i fogli con gli ap-punti sollevo ogni tanto la testa dalle carte, a rivedere la bellezza del mattino ve-neziano, fresco, stupendo. Il giorno nuovo, la mera-viglia della visione, il leg-gero cullarsi della gondola risvegliano in me l’ idea di avere davanti un tempo in-finito, cento, mille anni. E credo di vedere nel cielo azzurro qualche stella ri-masta lì dalla notte.

Orhan Pamuk

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La dolce umidità della sera, in cui era così piacevole camminare qual-che ora prima, era diventata pioggia. I turisti a spas-so erano svaniti. Una o due persone passarono accanto a lui, affrettandosi sotto l’ombrello. Questo è quello che vedono le

persone che vivo-no qui, egli pensò. Questa è la vera vita. Strade vuote la notte e la calma umida di un cana-le stagnante sotto

case dalle imposte chiuse. Il resto è una facciata scin-tillante montata su per essere esibita, lucente al sole..

Daphne du Maurier

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Racconta....Cominciò così. Con Regi-na che cantava. La sua voce usciva dalla chiesa sconsa-crata, in prossimità del Rio dell’Arsenale, dove gli atto-ri avevano provato lo spet-tacolo fino alle prime luci del giorno. Era un canto di saluto, con una nostalgia di vita persa. Pareva sorge-re da un magico campiello – l’altoparlante lo amplifica-va, senza nulla togliere alla suggestione e al segreto – diffondendosi in quel’angolo di Venezia da cui si allonta-nava una notte temporalesca, lasciando posto allo schiet-to sereno di una giornata di domenica.

La voce di Regina spaziava in quell’inatteso chiarore di cristallo. Marco Donati ebbe la sensazione di coglierla, con un presentimento, pri-ma ancora di udirla: sembrava rivolgersi a lui soltanto, per attirarlo e indurlo a reagire con una felice concentrazio-ne dei sensi e della memo-ria. Egli si abbandonò a quel richiamo che intese come un misterioso messaggio, e respirò a fondo l’odore dell’acqua che scorre intor-no alle case, un odore uni-co al mondo, che stimola la mente più di qualsiasi pro-fumo....

Alberto Bevilacqua

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Quale città, unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico ri-fugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cer-cano di condurre tranquilla la vita. Città ricca d’oro ma più di nominanza, potente di

forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma so-pra più solide basi di civile concordia ferma ed immo-bile e, meglio che dal mare d’ond’è cinta, dalla prudente sapienza de figli suoi minuta e fatta sicura...

Francesco Petrarca

Quale nell’arzanà de’ Vinizianibolle l’inverno la tenace pecea rimpalmare i legni lor non saniche nevicar non ponno – in quella vece

chi fa suo legno nuovo e chi ristoppale coste a quel che più viaggi fece;chi ribatte da proda e chi da poppaaltri fa remi e altri volge sarte

chi terze ruolo e artimon rintoppatal non per foco ma per divin’ artebollia là giuso una pegola spessache ‘nviscava la ripa d’ogne parte”.

DIVINA COMMEDIA, Inferno XXXI

DANTE ALIGHIERI

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Racconta....CAMILLO BOITOIL COLORE A VENEZIA

Dovevo andare al Ponte del Se-polcro. Era notte buia; tirava vento; alcune grosse goccie di pioggia cadevano sul felse della gondola. Lo sportello e i fine-strelli stavano aperti. Il fanaletto della mia propria barca, che m’era vicino a tre spanne, mi sembrava distante come un faro nel mare. Si tra-versò una parte del Gran Canale, poi s’entrò in certi rivi stretti, dove a lunghe distanze le lan-terne mandavano la loro pallida striscia di luce sull’acqua agi-tata.Il gondoliere, incurvandosi, passava sotto l’arco dei pon-ti scuri. Sui gradini delle rive e sui basamenti delle case, certe macchie nere si muovevano len-te, poi all’avvicinarsi della gon-dola davano un tonfo nell’acqua.

Non mi raccapezzavo in mezzo a quei canali gobbi, storti, stretti, incassati fra le alte case. Guarda-vo se alla deserta imboccatura di qualche viuzza ci fosse una scritta, e finalmente, fissando lette-ra per lettera, lessi in un angolo oscuro: Calle dei Morti...

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Non mi raccapezzavo in mezzo a quei canali gobbi, storti, stretti, incassati fra le alte case. Guarda-vo se alla deserta imboccatura di qualche viuzza ci fosse una scritta, e finalmente, fissando lette-ra per lettera, lessi in un angolo oscuro: Calle dei Morti...

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Il cortiletto di un’oste-ria sulle Zattere al ponte del-la Calcina, ombreggiato appena con qualche foglia di vite, e dal quale si vede il largo specchio dell’acqua verdognola, che ri-flette le tristi case della Giu-decca, era lo scorso autunno sull’ora del mezzodì pieno zep-po di pittori francesi, tedeschi, spagnuoli, che mangiavano senza badare al tondo e bevevano senza badare al bicchiere, come tra-sognati in mezzo alle bellezze di quella città, con le quali lotta-vano dall’alba alla sera, tentando di rapire ad esse il segreto del loro colore....

Parole in viaggio.... Venezia

È fosco l’aere, il cielo è muto; ed io sul tacito veron seduto, in solitaria malinconia ti guardo e lagrimo, Venezia mia !

Fra i rotti nugoli dell’occidente il raggio perdesi del sol morente, e mesto sibila per l’aria bruna l’ultimo gemito della laguna.

Passa una gondola della città: - Ehi, della gondola, qual novità ? - - Il morbo infuria il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca ! -

No, no, non splendere su tanti guai, sole d’Italia, non splender mai ! E su la veneta spenta fortuna si eterni il gemito della laguna.Venezia ! L’ultima ora è venuta; illustre martire, tu sei perduta

… Il morbo infuria, il pan ti manca, sul ponte sventola bandiera bianca !

Ma non le ignivome palle roventi, né i mille fulmini su te striden-ti, troncâro ai liberi tuoi dì lo stame …

Viva Venezia ! muore di fame !Su le tue pagine scolpisci, o storia, l’altrui nequizie e la sua glo-ria, e grida ai posteri: - Tre volte infame chi vuol Venezia morta di

fame ! -Viva Venezia ! L’ira nemica la sua risuscita virtude antica;

ma il morbo infuria, ma il pan ci manca … sul ponte sventola bandiera bianca !

Ed ora infrangasi qui su la pietra, finché è libera questa mia ce-tra. A te, Venezia, l’ultimo canto, l’ultimo bacio, l’ultimo pianto !Ramingo ed esule in suol straniero, vivrai, Venezia, nel mio pensie-

ro; vivrai nel tempio qui del mio core come l’immagine del primo amore.

Ma il vento sibila ma l’ombra è scura, ma tutta in tenebre è la natura: le corde stridono,

la voce manca … sul ponte sventola bandiera bianca !

Arnaldo Fusinato