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Pada: il piede nella cultura e nella religione dell'India

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Pada

Il piede nella cultura e nella religione dell’India

Pada Abyangam: Il massaggio ayurvedico del piede

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Introduzione alla cultura induista Ogni religione del mondo ha la propria cultura, che porta con sé usanze, tradizioni e peculiarità caratteristiche. La cultura induista è incentrata su amore, rispetto, devozione verso il prossimo e controllo dell’ego individuale, in modo che l’essenza interiore dell’individuo, che è per natura limpida e semplice, possa rivelarsi. Di seguito sono descritti alcuni comportamenti tradizionali tipici della religione induista. Rispetto e devozione 1. Rispetto per gli anziani: l’attenzione verso gli anziani costituisce uno dei cardini della cultura induista. Il naturale riconoscimento dell’importanza del loro ruolo si esplica attraverso un atteggiamento di grande rispetto, sottolineato da azioni simboliche come ad esempio sedersi alla loro sinistra, portar loro doni in occasioni speciali, non sedersi quando un anziano rimane in piedi, non indulgere in troppe parole, non sbadigliare o assumere pose scomposte, non cercare di imporre le proprie opinioni, evitare il più possibile di contraddirli, domandare loro consigli e richiedere la loro benedizione, concedere loro di scegliere per primi in ogni occasione, servirli per primo nell momento dei pasti. 2. Utilizzo dei nomi: i più giovani non si riferiscono mai a coloro che sono più anziani di loro utilizzando il loro nome proprio. Nella tradizione tamil, per esempio, un fratello minore si riferisce al maggiore con l’appellativo di annan, o periannan, e non chiamandolo per nome. Il più anziano, al contrario, può riferirsi al più giovane chiamandolo per nome. I bambini sono educati a fare riferimento a tutti gli adulti come “zia” o “zio”. Solo i coetanei si relazionano tra loro chiamandosi reciprocamente per nome. Una moglie induista non pronuncia mai il nome del proprio marito: per riferirsi a lui usa termini come “mio marito”, “lui” o, per esempio, “Athan”, “Mama”, eccetera. 3. Toccare i piedi: si usa toccare i piedi di uomini e donne ritenuti maestri, santi o venerabili come segno di riconoscimento della loro santità e qualità interiore. Un ballerino o un musicista tocca i piedi del suo insegnante prima e dopo ogni lezione. I bambini si inchinano a toccare i piedi della loro madre e del loro padre nelle festività e in momenti particolari, come le ricorrenze o prima di partire per un viaggio. 4. Darshana: darshana significa “vista”, “visione”: vedere ciò che è divino. Si tratta della pratica di contemplare, mediante l’effettivo atto del guardare o ricorrendo ad una visione introspettiva, l’immagine di un tempio, una divinità, una persona o un luogo sacro, con lo scopo di stabilire un contatto interiore e ricevere la grazia e la benedizione da colui che viene venerato. 5. Dakshina: È tradizione offrire al sacerdote il dakshina, un’offerta in denaro o un dono in natura, al termine del rito da lui celebrato. Il dakshina è offerto anche ai guru in segno di rispetto e per le loro benedizioni spirituali. Purezza La purezza e il suo opposto, la contaminazione, sono concetti fondanti della cultura induista. La purezza può essere di tre differenti generi – purezza nella mente e nella parola, purezza nel corpo, purezza nel pensiero e nell’azione. La purezza è la condizione originaria e naturale dell’anima. L’impurità, o contaminazione, costituisce l’offuscamento di questo stato, adulterando le esperienza e confondendo i pensieri. Nella vita quotidiana, gli induisti si impegnano a proteggere questa purezza innata vivendo in modo saggio, seguendo i precetti del dharma. Tra questi vi è il controllo delle pulsioni sessuali, la frequentazione di persone virtuose, l’evitare il ricorso a un linguaggio severo, irritato o sconveniente, il mantenere il proprio corpo pulito e in salute. Di seguito sono illustrate alcune

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norme di cui la cultura induista si avvale al fine di preservare la purezza. 1. Purezza del cibo: la purezza è fondamentale nell’alimentazione e nella nutrizione, in quanto il tipo e la qualità degli alimenti influiscono profondamente sulla natura fisica, mentale ed emotiva dell’individuo. Colui che cucina per altre persone non dovrebbe mai, dopo avere assaggiato con un cucchiaio ciò che sta preparando, rimettere quel cucchiaio nella pentola. Qualora desideri assaggiare il cibo durante la cottura, deve metterne una piccola parte nella mano destra e poi portarla alla bocca. Allo stesso modo, non si dovrebbe toccare le labbra un recipiente (una bottiglia, un bicchiere) se è destinato a essere utilizzato anche da altri. Né si deve offrire agli altri qualcosa a cui si ha già dato un morso o preso un sorso. 2. Offerte floreali: non si devono odorare i fiori raccolti per essere donati in offerta alle divinità: anche l’odore è destinato agli Dei. I fiori che cadono a terra non devono essere offerti. 3. Offerte: qualsiasi offerta, viene effettuata ponendo entrambe le mani sul lato destro del corpo, in modo tale che non venga sfiorata dal respiro del donatore. Tutti gli oggetti offerti vengono prima puliti, e qualora debbano essere trasportati, avvolti o coperti. 4. La mano sinistra: nella cultura induista la mano sinistra è considerata impura perché è usata per l’igiene personale. Porgere qualcosa a un’altra persona utilizzando la mano sinistra è considerata una forma di disprezzo. 5. Scarpe: le scarpe sono considerate impure. Un induista non indossa mai scarpe o sandali all’interno di un tempio o di un santuario, né nella sua casa o nelle case di altri induisti. Anche portare in mano le scarpe attraverso le stanze dell’abitazione è una pratica che si preferisce evitare. Tirare una scarpa ad un’altra persona è considerato un grave insulto. È molto importante scusarsi prontamente se si urta una persona con la propria scarpa, e ciò viene fatto toccando con la mano destra il punto in cui è avvenuto il contatto e poi portando la stessa mano a sfiorare i propri occhi, prima il sinistro e poi il destro. Questo stesso modo di scusarsi è praticato anche nel caso in cui si colpisca inavvertitamente qualcuno o si vada a sbattere contro di lui. Scambio di Prana 1. Dare e ricevere con entrambe le mani: porgere e accogliere le cose da uno all’altro, presentare le offerte alla divinità, eccetera, è un gesto che andrebbe fatto utilizzando entrambe le mani. La ragione di ciò è che in questo modo assieme all’offerta si trasmette anche il prana, che si propaga attraverso il contatto con le mani, conferendo così maggiore energia all’oggetto. Il destinatario riceve a sua volta con entrambe le mani l’offerta e il prana del donatore. Questo scambio di energie è molto importante nel consolidare amicizia e armonia, e sancisce la totale assegnazione del dono nelle mani del destinatario e la separazione da colui che lo offre. Gli induisti tendono a non accettare regali da estranei o da sconosciuti. 2. Abbracci: l’atto dell’abbracciare non è estraneo alla cultura induista, ma è limitato a parenti stretti, al rapporto tra guru e discepoli e si svolge sempre in un luogo privato. Nel Mahabharata e nel Ramayana questo concetto viene ripetutamente esemplificato. L’abbraccio incrementa l’energia pranica, ed è una pratica non consentita con gli estranei. 3. Non puntare il dito: indicare con il dito indice della mano destra o agitare l’indice mentre si parla non è considerato un gesto corretto. Questo perché la mano destra possiede una elevata energia pranica. Puntare il dito indice canalizza la forza in un unico flusso, e la densità di questa energia potrebbe influire sul sistema nervoso del destinatario. Pittosto che puntare o agitare il dito indice per indicare o per enfatizzare il proprio discorso, si utilizza l’intera mano per indicare, con il palmo rivolto verso l’alto e il pollice a contatto con le altre dita. 4. Strette di mano: La formula tradizionalmente utilizzata dagli induisti per salutarsi è Anjali mudra, praticato unendo tra loro i palmi delle mani con le dita puntate verso l’alto. Quindi si portano le mani unite verso l’altra persona e le si stringono entrambe, in un trasferimento intenzionale di

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prana: le mani del meno anziano sono delicatamente abbracciate da quelle dell’altra persona. Durante il saluto ci si rivolge guardandosi negli occhi e sorridendo, chinandosi leggermente in segno di rispetto. La stretta di mano non è ferma, ma rilassata e gentile. 5. Non gettare le cose: tirare qualsiasi oggetto a un’altra persona è considerato un gesto estremamente inopportuno, anche qualora tra i soggetti vi sia una grande confidenza. La cultura induista considera questo gesto rozzo e velatamente violento, anche qualora venga fatto per scherzo o per risparmiare tempo. 6. Cura nel sedersi: È inappropriato sedersi con le gambe aperte davanti a un tempio, un altare, o anche un’altra persona, ed è considerato un grave insulto. Anche accavallare le gambe all’altezza del ginocchi quando ci si siede è considerato un gesto da evitare, mentre è consentito accavallarle all’altezza delle caviglie. Per una corretta postura è conveniente seguire l’esempio degli anziani, custodi della tradizione. Pregare, meditare o rimanere semplicemente seduti sulle ginocchia è una postura ritenuta inaccettabile tra gli induisti. 7. Varcare la soglia: non di dovrebbero intrattenere conversazioni sulla soglia delle porte, in quanto è considerato nefasto. Allo stesso modo, per scambiare o porgere degli oggetti, si dovrebbe essere entrambi all’interno della stessa stanza e ciò non dovrebbe mai essere fatto attraverso una porta o una finestra. Riserbo 1. Riserbo: Le interazioni in pubblico tra uomini e donne sono molto più contenute nella cultura induista rispetto a quella occidentale. Nella cultura induista, generalmente, gli uomini socializzano con altri uomini, e donne con altre donne. Gli uomini non toccano mai le donne in pubblico, a meno che la donna non sia molto anziana o malata e abbia necessità di essere sorretta. 2. Manifestazioni d’affetto: le coppie sposate non si abbracciano, non si baciano né tengono per mano in pubblico. Abbracciarsi negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie è considerato un gesto poco giudizioso. Tra uomini, tuttavia, è consentito passeggiare tenendosi per mano. Il ruolo della donna Nella cultura tradizionale induista le donne sono tenute in grande considerazione e sono molto più rispettato che in Occidente. Ma questo non implica il tipo di parità o di libertà di interazione e partecipazione alla vita pubblica che sono comuni in Occidente. Le qualità tradizionalmente più ammirate in una donna induista sono la riservatezza dei modi, la timidezza e l’autocontrollo. Gli atteggiamenti aggressivi o sfacciati sono guardati con circospezione. La sensibilità femminile viene manifestata e tutelata in numerose usanze. 1. Riservatezza femminile: In una compagnia mista, soprattutto in presenza di estranei, una donna induista tenderà a non mettersi in mostra e parteciperà alla conversazione solo se direttamente interpellata. Questo comportamento, naturalmente, non si applica negli incontri tra parenti e amici. 2. Camminare dietro il proprio marito: la moglie cammina un passo o due dietro il marito, e qualora cammini al suo fianco si tiene comunque uno o due passi dietro a lui, in modo che sia il marito a decidere quale direzione prendere. In Occidente accade invece spesso il contrario. 3. Servire in tavola: durante i pasti, è usanza che le donne servano prima gli uomini. 4. Accompagnamento: È consuetudine che una donna sia sempre accompagnata quando lascia la casa. Anche vivere da sola è considerata cosa inusuale per una donna. 5. La donna in pubblico: in genere è inopportuno per una donne parlare con sconosciuti in strada, e soprattutto attaccare discorso con altre persone. Allo stesso modo, bere alcolici o fumare in pubblico è interpretato come un sintomo di rilassatezza morale e non è ritenuto accettabile.

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Ospitalità 1. Visite a casa: gli amici intimi possono farsi visita reciprocamente in qualsiasi momento, senza essere invitati o prendendo accordi preventivamente. Almeno una bevanda rinfrescante deve essere offerta quando si riceve questo tipo di visite. 2. Accogliere ospiti: i bambini in genere lasciano la stanza con un sorriso quando gli ospiti fanno il loro ingresso. La madre invece resta e si occupa di servire gli ospiti. Il padre, se presente, parlerà con l’ospite. Se non è presente, la madre e il figlio maggiore svolgeranno questo ruolo; se non è presente alcun figlio, la madre agirà come padrona di casa, ma solo in compagnia di qualche persona vicina alla famiglia. 3. Moglie sola in casa: se la padrona di casa è in casa da sola e un ospite maschile viene a cercare il marito, non è appropriato per lei invitarlo ad entrare, né per lui chiedere di entrare. In questo caso si usa lasciare un messaggio e andarsene. 4. Fare regali: vengono sempre portati dei regali quando ci si reca in una casa o vi si trascorre la notte come ospiti. Il valore del dono varia notevolmente a seconda delle circostanze. È appropriato fare regali separati per la moglie e per il marito. Alla moglie è solitamente riservato il dono più bello. Il linguaggio del corpo Tutti gli induisti sanno che la vita è fatta per essere vissuta con gioia: Dio è dappertutto, e in tutte le cose vi è la presenza di Dio. Questa comprensione e apprezzamento sono esemplificati in ogni aspetto del comportamento. 1. Gentilezza negli atti e nelle parole: gli induisti cercano di mantenere una piacevole espressione sul viso, di rivolgere un sorriso dolce e una parola gentile a tutti coloro che incontrano. Sono consapevoli che Dio è ovunque e che tutto nell’universo è perfetto, in ogni luogo e in ogni tempo. Questa comprensione dà loro forza e coraggio per affrontare il proprio karma quotidiano con grazia e positività 2. Eleganza nei gesti: gli induisti sanno che ogni movimento del corpo, del viso, mani, occhi, bocca, testa, eccetera, ha un significato. Ai giovani viene insegnato a essere sensibili e ricettivi verso i pensieri e i sentimenti del prossimo, anche osservando il linguaggio del corpo. 3. Sguardo: Gli occhi sono un mezzo primario di comunicazione, e interpretare il significato dello sguardo è piuttosto semplice: per esempio osservando lo sguardo si può capire il grado di interesse del nostro interlocutore in ciò stiamo dicendo; sorridere con gli occhi, oltre che con la bocca, esprime sincerità. Ci sono tre livelli di sorriso (e infinite sfumature e gradi in ognuno di essi): avere gli occhi solo leggermente aperti indica un interesse tiepido; occhi più aperti e un sorriso più grande indicano maggiore interesse ed entusiasmo; occhi spalancati accompagnati da un enorme sorriso, uniti a cenni di assenso e espressioni verbali indicano un grande interesse o una grande felicità.

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La sublime essenza dei piedi di loto

I piedi di loto di Krishna I piedi di loto di Radha Presente nella filosofia e nella religione orientale da migliaia di anni, l’immagine del piede di loto è la metafora con la quale vengono rappresentati i piedi divini degli dei, dei santi e degli altri esseri spirituali elevati. Il linguaggio figurativo, le analogie e le descrizioni mistiche sono comunemente utilizzati in molti insegnamenti di tipo spirituale. Il loto è un simbolo con valenza spirituale in numerose religioni e culture, e tra i principali significati che gli vengono attribuiti ci sono quelli di sviluppo spirituale, creazione, purezza e rinascita.

Il vero significato del termine “piedi di loto”, è trascendente, e non può quindi essere immediatamente compreso con il solo intelletto.

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Uno studente o un seguace di una tradizione spirituale volta alla ricerca di una verità superiore, un discepolo di un maestro spirituale, un maestro, santo o guru, o il devoto a una particolare divinità può manifestare la propria umiltà, rinuncia, devozione, rispetto, dedizione e amore attraverso l’atto del venerare, contemplare o meditare rivolto ai piedi di loto del proprio maestro spirituale o della divinità. In questo modo, stabilisce una comunione con il divino.

Il piede di loto di A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

Si usa dire, metaforicamente, che il maestro spirituale pianti i propri piedi di loto nel cuore del proprio discepolo. Coloro che vengono indirizzati verso le pratiche spirituali sono incoraggiati a conservare i piedi di loto della divinità o i piedi di loto del loro maestro all’interno dei loro cuori. Numerosi sono gli esempi nella letteratura orientale, religiosa e non, in cui il novizio delle pratiche spirituali è incoraggiato a cercare rifugio e protezione nei piedi di loto del suo insegnante, maestro, divinità o signore supremo. I piedi dei santi sono sempre paragonati al loto, non esiste altro modello metaforico. La levità dei piedi dei santi è quindi considerata così unica, non comparabile con nulla eccetto che con la delicatezza dei petali del loto: il loto è delicato, nobile, sacro e armonioso, e queste stesse caratteristiche appartengono ai piedi di loto. Meditando sui piedi di loto è possibile intraprendere uno sviluppo spirituale, e toccare i piedi di loto equivale a ricevere una benedizione. Questo concetto presente nella cultura orientale è del tutto simile alla pratica trascendentale del lavare, ungere o baciare i piedi di Gesù nella religione cristiana.

        Maria Maddalena lava i piedi di Gesù Gesù lava i piedi a un discepolo

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Un altro punto in comune è l’asserzione che ciò che appartiene a un essere divino o ciò che viene a contatto con un essere divino sia benedetto in quanto intriso di potenza spirituale, come per esempio un lembo della sua veste, la sedia o la pietra sopra cui si è seduto, o le cose che ha utilizzato. Nelle tradizioni spirituali orientali si attesta inoltre che il fedele che tocchi i piedi di loto venga liberato dalle conseguenze karmiche negative della vita terrena, permettendogli così di assurgere alla comprensione di una verità superiore. Allo stesso modo, tutte le aspirazioni positive, pure e autentiche possono essere soddisfatte attraverso una meditazione profonda sui piedi di loto. Meditare sui piedi di loto con atteggiamento devoto può dissipare le preoccupazioni terrene dell’ego, come per esempio i desideri originati dalla vanità, dall’orgoglio e dall’avidità. Sofferenza, afflizione, dolore, paura e malcontento svaniscono nel momento in cui corpo e mente si purificano concentrandosi e meditando sui piedi di loto. In questo modo l’illusione di separazione dal divino svanisce, e la comunione con esso può avere luogo. Si ritiene che osservando i piedi di loto sia possibile percepire – per via sensoriale – il freschi profumo dei fiori di loto, e che contemplare i piedi di loto possa illuminare l’anima. Attraverso l’atto di prostrarsi ai piedi di loto, toccare i piedi di loto, contemplare i piedi di loto o raccomandarsi ai piedi di loto, l’ego viene sottomesso a favore di un superiore livello di consapevolezza.

Krishna orna i piedi di loto di Radha

“Entrare in contatto con i piedi di loto di un guru” è una frase comunemente usata per esortare ad entrare in unione con un maestro spirituale e seguire i suoi insegnamenti. Essere attratti dai piedi di loto è considerato un atto di grazia divina. Rifugiandosi sotto la protezione dei piedi di loto del maestro, il devoto può ricevere innumerevoli benefici spirituali, gli stessi che è possibile conseguire attraverso i pellegrinaggi, il digiuno, gli atti di carità, praticando l’austerità e impegnandosi nella disciplina dello yoga. Talvolta i piedi di loto vengono descritti come “un lago di nettare sacro che garantisce la salvezza ai pellegrini stanchi di camminare sui sentieri del mondo”.

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Numerosi maestri spirituali sostengono che la devozione verso i piedi di loto di un maestro spirituale porta a percepire la luce ed il suono della divinità, e tale esperienza viene descritta come l’abbeverarsi alla fonte della vita che scaturisce dai piedi di loto del Signore. Si usa anche dire che i piedi di loto siano la sorgente stessa dell’acqua della vita. Si ritiene che la sacra immagine dei piedi di loto abbia la stessa valenza della raffigurazione dell’entità spirituale nella sua interezza, in particolare della sua forma radiante (nota anche come corpo di luce), che si manifesta al devoto particolarmente fervente.

Radha orna i piedi di loto di Krishna

Quando un discepolo spirituale concentra la propria attenzione sullo spazio tra le sopracciglia, l’occhio spirituale, ha la possibilità di scorgere la luce divina che scaturisce dai piedi di loto del maestro, nella sua forma radiante sul piano astrale. La luce divina è stata descritta come la visione dei piedi di loto del Signore o del maestro che ardono al centro della fronte del discepolo. In alcune tradizioni orientali, ai piedi di loto sono attribuite le medesime qualità della luce e del suono della divinità, che promanano attraverso i livelli superiori dell’universo per manifestarsi qui sulla Terra, e che sono percepibili attraverso l’esperienza mistica. La devozione alla luce e al suono è quindi spesso semplicemente definita come la devozione nei confronti dei piedi di loto. I piedi di loto sono ritenuti possedere saggezza spirituale in se stessi, o anche pura coscienza. Si dice che i piedi di loto di Dio siano il supporto e il sostegno dell’anima.

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Radha venera i piedi di loto di Krishna

I piedi di loto possono essere evocati nella mente attraverso una regolare e costante pratica spirituale, concentrando la propria interiorità attraverso esercizi di devozione e controllo. Tra questi, vi è la ripetizione dei nomi di santi. Poiché si ritiene che ciò che la mente pensa nel momento della morte dell’individuo determini il luogo in cui l’anima si recherà in seguito, coloro che sono devoti a Krishna nelle loro preghiere invocano di poter ricordare i piedi di loto del loro Signore nel momento della morte, al fine di potere raggiungere Krishna nella sua dimora spirituale. Ai piedi di loto possono essere donate offerte. Tra le più comuni troviamo fiori, riso e acqua. Ai piedi di loto vengono inoltre offerte preghiere, invocazioni e atti di devozione. Secondo la Scrittura vedica, le piante dei piedi di loto dei santi sono decorate con diversi simboli sacri. Tra essi ricorrono la conchiglia, il fulmine, la mezza luna e – ovviamente – il loto. I piedi di loto di Sri Nityananda Sri Nityananda è identificato in alcune tradizioni religiose orientali come l’incarnazione del Signore Balarama, fratello maggiore di Krishna. La tradizione descrive diversi simboli sacri impressi sulla pianta dei suoi piedi. La conchiglia alla base dell’alluce del piede destro rivela che coloro che prendono rifugio ai piedi di loto di Sri Nityananda saranno salvato da ogni genere di sofferenza, scacceranno le paure e raggiungeranno i loro obiettivi. Nelle cerimonie spirituali, la conchiglia contiene viene riempita d’acqua per indicare come i piedi di loto di Nityananda siano la fonte da cui scaturisce la verità divina che si rivela ai devoti.

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             I piedi di loto di Nityananda I piedi di loto di Sri Advaita Acarya Il segno della mezza luna marcatura sul tallone del piedi destro di Nityananda costituisce una rappresentazione simbolica di Shiva. Proprio come la luna irradia la sua fredda luce, i piedi di loto di Nityananda sono ritenuti capaci di emanare benedizioni che hanno l’effetto di placare le sofferenze di coloro che sono oppressi dalle preoccupazioni materiali e desiderino trovare rifugio nella conoscenza spirituale. I piedi di loto raffreddare il fuoco che spinge l’uomo a cercare di soddisfare i propri desideri terreni. Le scritture vediche affermano: “I piedi di loto di Sri Nityananda rinfrescano come un milione di lune”. Il marchio del fulmine sulla pianta dei piedi di loto di Nityananda comunica che meditando sui piedi di loto di Nityananda ci si può liberare dal karma negativo, liberandosi dagli effetti nefasti dell’attaccamento alle gratificazioni dell’ego. Sovrano del cielo e dio del tuono e della pioggia, il Signore Indra, re degli dei, regge fulmine come arma. Padma-Madhu Padma-Madhu è il nettare raccolto dal fiore di loto. I medici ayurvedici raccomandano di sfregare il Padma-Madhu sugli occhi per curare le affezioni che colpiscono la vista. Così come le malattie degli occhi impediscono di vedere in modo chiaro e causano dolore, ma sono guarite da Padma-Madhu, si ritiene che il Guru-Pada-Padma-Madhu (il nettare trascendentale che sgorga dai piedi di loto di un Dio, di un santo o di un maestro) possa ripulire lo sguardo spirituale del discepolo scacciando le tenebre dell’ignoranza, restituendo una visione della verità eterna ed alleviando il dolore causato dalla mancanza di conoscenza spirituale. Padma-Madhu, il nettare del fiore di loto, è considerato un potente rivitalizzante. Allo stesso modo, il nettare trascendentale fluendo con grazia dai piedi di loto di un Dio, di un santo o di un maestro, fornisce nutrimento spirituale. 

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Il piede nella cultura indiana L’Induismo fa riferimento a molteplici oggetti ed eventi associati alle diverse Divinità. Questa tradizione, chiamata Personificazione, è profondamente radicata nel tessuto della religione induista. Gli oggetti e gli eventi legati al Dio e regolano ed influenzano quei particolari aspetti della natura o dell’esistenza umana che ad essi si associano, regolandone rituali e usi quotidiani. Per esempio, è considerato improprio toccare con i piedi i libri, i quaderni, la carta sui cui abitualmente si scrive, in quanto ciò costituirebbe una mancanza di rispetto nei confronti della Dea dell’apprendimento, Saraswati. Questo concetto si estende anche alle interazioni tra gli individui. Il contatto con un’altra persona attraverso la scarpa o il piede può essere considerato un insulto. Se avviene accidentalmente, le scuse devono essere rivolte secondo una precisa consuetudine, toccando con la mano destra la persona che ha subito l’offese e poi sfiorando leggermente con la stessa mano il proprio occhio sinistro e infine il destro. Inoltre, non si devono mai puntare i propri piedi verso un’altra persona, in particolare verso coloro considerati Guru o maestri spirituali, né posare i propri piedi davanti ad un altare. Al contrario, toccare i piedi di un anziano, uomo o donna, di un santo, del proprio maestro e dei genitori è considerato un segno di rispetto. Si dice che i santi e le divinità abbiano piedi di loto. I giovani toccano i piedi dei loro genitori prima di un evento importante, o durante un pooja, un rito, o ancora prima di intraprendere un viaggio. È considerato segno di grande rispetto toccare i piedi nudi di un’altra persona. Le scarpe, poiché coprono i piedi, diventano il simbolo materiale della parte più bassa del corpo. L’entrare in contatto con il terreno e raccogliere lo sporco e i microbi, crea impurità; l’usanza induista considera per questo un grande insulto toccare una persona con la suola di una scarpa, e lanciare una scarpa contro un altro individuo è l’insulto più tremendo. Le scarpe dovrebbero essere tolte quando si entra in una casa, e a maggior ragione in un tempio. L’atto di lasciare le proprie scarpe prima di entrare in un tempio rappresenta simbolicamente l’allontanamento del piede, ma altresì raffigura anche l’abbandono del mondo materiale per fare ingresso in un regno spirituale. Le scarpe dovrebbero essere tolte senza usare le mani. Se le mani giungono in contatto con le calzature devono essere lavate prima di toccare qualsiasi cosa all’interno del luogo sacro. Tutti i templi di solito hanno un posto in cui lasciare le scarpe e, in luoghi dove il clima è rigido possono essere fornite calzature di legno o di stoffa. La pratica di togliersi le scarpe prima di entrare è consuetudine nella maggior parte delle case abitate da induisti. È inoltre considerato improprio portare le scarpe da una stanza all’altra anche utilizzando le mani. I precetti relativi alle calzature e ai piedi derivano dai concetti vedici di divinità, personificazione e purezza. Durante una visita ad un tempio induista o quando si è ospiti in una casa è importante adattarsi alla cultura, alle credenze e alle usanze del luogo e rispettarle. A piedi nudi nei templi Come abbiamo accennato, i piedi sono dotati di un potente simbolismo nell’ambito della cultura induista. Si tolgono le scarpe quando si fa ingresso in un tempio, il luogo sacro in cui vengono venerati i piedi del Dio, chiamati “piedi di loto”. I devoti si prostrano davanti ai piedi della divinità sino a sfiorarli con il capo. È consentito loro bere l’acqua con la quale vengono benedetti e purificati i piedi del Dio come un prashad e cospargere sulla testa l’acqua utilizzata per l’abluzione dei piedi del guru. Secondo la concezione Vedica dell’universo, così come un organismo è dotato di elementi alti e bassi anche, l’universo è costituito da sedi alte e basse, pure ed impure. I piedi toccano la terra,

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che è in basso, e quindi quando si entra in un tempio si lascia la parte bassa alla porta. Ci togliamo la nostra parte impura, simboleggiata dall’atto di lasciare le scarpe sulla soglia, dal momento che facciamo ingresso in uno spazio sacro. Si potrebbe dire che lasciamo il nostro lato materiale alla porta quando entriamo nello spazio spirituale. Perché non bisogna toccare documenti, libri e persone con i piedi? Perché non possiamo spegnere un fuoco con il nostro soffio? La risposta ad entrambe queste domande ha a che fare con uno degli elementi fondamentali dell'Induismo, ossia la personificazione. L’Induismo permea praticamente ogni aspetto della vita. Il vento non è solo aria che soffia spostandosi da una zona ad alta pressione a una zona a bassa pressione: è un Dio, Vayu. Il sole non è un semplice corpo celeste: è il Dio sole, Surya. Allo stesso modo, la pioggia è un Dio, la luna è un Dio, tutti i pianeti sono Dei e ogni altro aspetto della realtà è oggetto di personificazione. Pertanto, tutto ciò che di apprendiamo o che utilizziamo per imparare: documenti, libri, strumenti musicali, penne, macchine da scrivere e computer possono anche essere visti come personificazioni della Dea dell’apprendimento, Saraswati. E a noi che ora conosciamo il simbolismo legato al piede appare ovvio che non è corretto venire a contatto con questi oggetti attraverso i piedi. Allo stesso modo, non dobbiamo soffiare su una fiamma con il nostro respiro perché non sarebbe opportuno nei confronti della divinità: la fiamma è Agni, il fuoco divino, e soffiare in faccia al Dio è inappropriato! Per la mentalità occidentale queste consuetudini potrebbero apparire difficili da comprendere, ma il concetto di personificazione, a noi estraneo, è la chiave per capire e interpretare questo approccio. La personificazione conferisce la capacità di comunicare con la divinità e quindi dialogare, confrontarsi, chiedere e ricevere sostegno e favore dalla divinità. La personificazione è la base della pooja, il rito.

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Bharata-Natyam: Shiva Nataraja, il Dio danzante Il simbolismo della danza di Shiva è rappresentato dalla postura chiamata Ananda Tandavam, la danza dell’estasi; Shiva ha quattro braccia: una mano destra tiene il damaru, simbolo della creazione dal suono essenziale; in una delle mani di sinistra porta il fuoco purificatore, simbolo della trasformazione; l’altra mano di destra fa un gesto di pace e rassicurazione, l’altra a sinistra un gesto di protezione. Il piede sinistro alzato della divinità evoca la liberazione e la sicurezza, il piede destro schiaccia i demoni dell’ignoranza e della malvagità. Infine, il cerchio di fuoco rappresenta la vita e la luna rappresenta lo spirito.

Tra le otto danze in stile classico dell'India, una delle più importanti e delle più eleganti è il Bharata Natyam, praticato in tutto il Sud del subcontinente, soprattutto nella città di Thanjavur in Tamil Nadu. È la più fedele rappresentazione delle regole espresse nel Natya Shastra, il trattato sull’arte drammatica e sulla danza codificato ne primo secolo avanti Cristo, su cui i ballerini studiavano le migliaia di sculture dei templi e imitavano con le loro movenze gli atteggiamenti dei danzatori di pietra. Precedentemente lo stile Bharata Natyam veniva danzato esclusivamente nei templi dalle Devadasis, figure femminili che servivano il Dio sotto forma di danzatrici ed ereditavano quest’arte legata al tempio di appartenenza dedicandosi sin dall'infanzia alla divinità, della quale venivano considerate come mogli. Il Bharata Natyam nel tempo si trasferì dai templi allo spazio scenico. In passato l’atto del danzare costituiva una offerta alla divinità e era parte integrante del culto quotidiano, anzi costituiva l’atto più importante e culminante della cerimonia in quanto, affermano i libri sacri, “nessuna preghiera, nessuna offerta è più piacevole a Dio della danza”. Adavu è il termine con cui ci si riferisce ai differenti tipi di movenze del piede e di contatti col pavimento nell’esecuzione dei modelli ritmici. Adavu dà importanza alla posizione dei piedi, alla distanza tra i talloni, alla flessione delle gambe, alla posizione delle ginocchia, del corpo, delle braccia e della testa. Chi danza Bharata Natyam deve accollarsi il disturbo di porre attenzione in ogni singolo momento della sua esibizione. Adavu si può nel complesso suddividere in 15

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categorie caratterizzate da separate sillabe ritmiche. Generalmente per ogni adavu ci sono tre velocità: singola, doppia e quadrupla. Questa tecnica richiede forza e grazia, equilibrio e flessibilità, una buona resistenza fisica e uno spiccato senso del ritmo. I movimenti sono ampi, precisi, sempre simmetrici. Il repertorio tecnico comprende salti, piegamenti profondi, giravolte e posture nel difficile equilibrio dei piedi. Le danze possono presentare tre tematiche: esibizioni di pura tecnica, senza altro oggetto che il piacere estetico derivante dalla bellezza degli atteggiamenti e dalla complessità dei ritmi; la danza può essere espressione di uno stato d’animo, di un sentimento, in base a un argomento specifico: un abhinaya, danza narrativa; o un padams, in cui l’artista mima attraverso il linguaggio simbolico del segno di mudra le più sottili sfumature del canto di invocazione o di culto. Mudra significa gesto. Ecco: questi gesti rappresentano l’azione di offrire. Il mudra è imitazione, evocazione o puramente simbolismo, e i diversi gesti vengono chiamati Divya-kriya o “azioni divine”, perché permettono di ottenere il risveglio delle forze spirituali associate a determinati atteggiamenti e posizioni che favoriscono la concentrazione. Avendo il potere di risvegliare la coscienza e per raggiungere le parti profonde dell’essere, la danza è considerata una disciplina.

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L’occhio segue la mano: dove va l’occhio va lo spirito, dove va lo spirito risiede il cuore, dove è il cuore è la realtà dell’essere.

I piedi di loto delle divinità I piedi di loto sono l’allegoria dei piedi sacri delle divinità, dei santi e degli altri esseri spirituali, esaltati dal linguaggio figurativo, da analogie e descrizioni mistiche, e sono rappresentati e venerati in tutte le zone dell’India. Il loto rappresenta un simbolo spirituale in numerose religioni e culture, e tra significati ad esso associati vi sono la crescita spirituale, la creazione, la purezza e la rinascita. Un devoto della verità superiore, un discepolo di un maestro, di un santo, di un guru, o il seguace di una particolare divinità può esprimere l’umiltà, la rinuncia, la devozione, la deferenza, la dedizione e l’amore adorando, contemplando o meditando sui piedi di loto del maestro spirituale scelto, stabilendo in questo modo la comunione con il divino. Si dice, metaforicamente, che le piante dei piedi di loto del maestro spirituale risiedano nel cuore del discepolo. In tutte le Scritture e in molte rappresentazioni della letteratura orientale, il discepolo è incoraggiato a mettersi spiritualmente al riparo, o a trovare rifugio, sotto i piedi di loto del suo insegnante, maestro, o divinità. I piedi di questi esseri santi vengono associati al loto: la loro grazia e delicatezza è considerata così qualcosa di speciale, paragonabile solo alla bellezza dei petali del loto. Così come il loto è morbido, sublime, sacro e dolce, allo stesso modo lo sono i piedi di loto. Meditando sui piedi di loto è possibile realizzare la propria crescita spirituale; toccare i piedi di loto equivale a ricevere una benedizione. Così è parimenti inteso l’atto trascendentale di lavare, ungere o baciare i piedi di Gesù, il figlio di Cristo: quando Maria Maddalena lavò i piedi di Gesù, il figlio di Dio, fece comprendere a tutti che qualsiasi parte dell’essere divino con cui si venga a contatto è da considerarsi sacra e intrisa di potenza spirituale Nelle tradizioni religiose di tutto l’Oriente, viene affermato che toccare i piedi di loto permette all’allievo di sperimentare la vicinanza alla verità superiore. Allo stesso modo, tutti i desideri del buono, del vero e del puro possono essere soddisfatti attraverso una meditazione sincera sui piedi di loto. Ponendo l’attenzione sui piedi di loto con un atteggiamento reverenziale è possibile dissipare le preoccupazioni mondane dell’ego, come i desideri originati dalla vanità, l’orgoglio e l’avidità. Sofferenza, afflizione, dolore, paura e malcontento svaniscono quando il corpo e la mente si purificano. L’illusione della separazione dal divino svanisce. Offerte possono essere fatte ai piedi di loto. Alcune tra le più comuni sono fiori, riso e acqua, oltre a preghiere, invocazioni e omaggi di altro tipo.

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Sri Vishnu Padam: le impronte di Krishna Le divine decorazioni della Terra Quando, nel 1951 sul ghiacciaio del Menlung, tra le montagne al confine tra Nepal e Tibet centrale, in Cina, Eric Shipton e il suo compagno di spedizione Michael Ward fotografarono una serie di impronte gigantesche ipotizzando che si trattassero delle orme lasciate sulla neve da uno Yeti, la notizia si diffusa immediatamente a macchia d’olio. Questo piccolo esempio dimostra che le persone sono attratte dalle notizie e dagli avvenimenti spettacolari, anche se il più delle volte non si rivelano benefiche per il loro avanzamento spirituale. Questo scritto è un tentativo di descrivere alcuni fatti incredibili e spettacolari per mezzo dei quali la suprema personalità di Dio si è manifestata al fine di aumentare la devozione dei credenti e per lasciare la prova della sua venuta attraverso la sua impronta in vari luoghi del nostro pianeta. Se siete curiosi di sapere dove sono queste impronte, vi auguro buona lettura. E se decidete di visitare alcuni tra i luoghi sacri in cui quelle impronte si trovano, vi sia di incoraggiamento il Garga Samhita quando dichiara: “La persona che vede le impronte delle mani e dei piedi di Krishna, e si prostra per offrire loro rispetto, sarà certamente in grado di raggiungere la sua dimora trascendentale”.

  La Terra, fortunato pianeta Ogni volta che la Persona Suprema nella sue varie incarnazioni giunge sulla Terra, marchiandola con le sue impronte di loto, tutto il mondo subisce un influsso benefico. Grazie ai buoni auspici delle sue orme il peso della terra diminuisce e tutte le azioni si indirizzano verso il bene. In molti luoghi le impronte di loto delle incarnazioni del Signore sono accuratamente conservate e venerate da devoti di diverse religioni. Dal momento che essi conservano nei loro cuori l’amore per i piedi di loto, l’acqua che lava i loro piedi è capace di mondare tutti i peccati. Per questo le scritture vediche affermano che la Terra si purifica attraverso il tocco dei piedi dei seguaci dei grandi maestri, che venerano le diverse incarnazioni del Signore Supremo come Krishna, Rama, Vishnu, eccetera. Le impronte di Vishnu Per cominciare, desideriamo citare alcuni luoghi sacri in cui si trovano le benefiche orme del Signore Vishnu. Haridwar Anche se non vi sono informazioni dettagliate circa la discesa di Vishnu in Haridwar e come abbia lasciato lì le sue orme, questo luogo sacro è considerato molto importante. Haridwar significa letteralmente “la porta di Vishnu” ed è uno dei sette luoghi di pellegrinaggio più importanti in India. Il fiume più famoso e sacro dell’India, il Gange, attraversa questa città e purifica la terra dove scorre, scendendo dall’Himalaya estendendosi per più di 2000 chilometri

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fino al golfo del Bengala. Ogni sera presso i ghat, le scalinate affacciate sul fiume, e soprattutto là dove si trovano le sante orme del Signore Vishnu, migliaia di persone si radunano per compiere un bagno purificatore e liberarsi dalle costrizioni materiali a cui le vincola l’esistenza terrena. Ognuno porta una lanterna da offrire come segno di buon auspicio, affidandola alla corrente del fiume. Il significato di questa semplice cerimonia è di esprimere devozione (bhakti) verso la madre Gange e il Signore Vishnu. Si dice che anche coloro che si limitano a osservare questa cerimonia di buon auspicio ne vengano beneficiati. In ogni caso, l’atmosfera che si instaura è molto gradevole e positiva. Oltre ad altri posti interessanti come Kapilasthan, dove il saggio Kapila meditava, o il sacro ghat di Brahmakunda, il tempio di Har-ki-Pauri è il luogo più significativo per i seguaci di Vihsnu. Har-ki-Pauri significa letteralmente “i piedi del Signore Vishnu”. Significativamente, in prossimità del tempio vi è il luogo Charan o “orma di Vishnu”, dove si può ammirare la sua impronta impressa sulla pietra situata sulla parete superiore del ghat. Questo è certamente il ghat più importante del Gange, in cui è considerato quasi un obbligo compiere un bagno purificatore almeno una volta nella vita. Durante le celebrazioni del Kumbha Mela, che si svolgono ogni dodici anni, milioni di persone accolgono per ottenere la liberazione mondarsi dai loro peccati o semplicemente pregare ed esprimere la propria devozione. La Mecca Nell’Harihareshwar Mahatmya un mantra cita tre luoghi santi in l’incarnazione di Vishnu, Vamana, ha lasciato le sue orme:

Ekam Gayayantu Padam Makkayaantu Dwitiyakam Tritiyam Sthapitam Divyam Muktyai Shuklasya sannidhau

Ciò che può sorprendere non è il fatto che vengano citati, tra i luoghi in cui il Signore ha lasciato la sua impronta, Gaya e Shukla Tirtha, ma che tra essi sia menzionata La Mecca, il luogo di pellegrinaggio più sacro ai musulmani. Questo indica che, sebbene ovviamente i musulmani ritengano che le impronte divine siano quelle di Maometto, anche per la cultura vedica rivestono un valore cultuale riferito a Vamana. Una spiegazione in questo senso è fornita da Sri Nandanandana. “l’usanza di venerare le impronte scolpite dei piedi dei santi è tipica della tradizione vedica, e i musulmani convertiti l’hanno inglobata e perpetuata nel loro sistema di culto. Nel fare questo, hanno attribuito a Maometto le impronte che essi venerano in diverse moschee e altri luoghi sacri della loro religione. A sostegno di questa tesi vi è il fatto che l’usanza di venerare le impronte è in contraddizione con i postulati religiosi islamici, secondo i quali dovrebbe costituire un atto di idolatria. In secondo luogo, a Maometto non viene riconosciuto di avere effettuato alcun miracolo, di conseguenza non avrebbe potuto imprimere sulla pietra l’impronta del proprio piede. Infine, tutte le impronte venerate dagli induisti appaiono sempre a coppie, mentre nella maggior parte dei santuari musulmani la traccia è di singola, quasi a suggerire che chi la ha lasciata abbia camminato su un piede solo. Un altro problema che emerge è che le impronte custodite nei diversi santuari tendono ad essere tutte delle stesse dimensioni. Ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che, quando il tempio vedico della Kaaba alla Mecca fu invaso dai musulmani, le coppie di impronte dei piedi della divinità vedica furono trafugate, divise tra loro e poi cedute ai devoti musulmani come impronte del profeta al fine di ottenere favori o per profitto personale da parte di mercanti senza scrupoli, che per moltiplicare i guadagni avrebbero anche eseguito delle copie”. Questo santuario, a cui i musulmani di tutto il mondo rendono omaggio, sorge in realtà in luogo di un più antico tempio di Brahma: Si noti come la parola Ibrahim potrebbe essere una

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derivazione della parola Brahma. La griglia ottagonale che protegge le impronte del santo è anch’essa un tipico disegno vedico, che rappresenta l’inizio della creazione. Tutte queste ipotesi sono a sostegno del fatto che prima di diventare un luogo di culto islamico quello della Mecca fosse un santuario internazionale dedicato alla trinità vedica.

Gaya I Purana sono testi religiosi in forma narrativa contenenti la storia dell’universo dalla sua creazione alla sua distruzione, oltre alle genealogie di sovrani, saggi, eroi e alla descrizione della cosmologia, filosofia e geografia induista. In alcuni di essi, come Vayu, Agni e Garuda Purana, ma soprattutto nel Mahatmya Gaya, è narrata la storia del demone Gayasura che acquisì poteri divini tanto che chiunque lo vedesse o toccasse ascendeva immediatamente al cielo. Poiché ciò interferito con i compiti di Yamaraja, il signore della morte, e dal momento che altri semidei soffrivano a causa della potenza di Gayasura, il Signore Vishnu decise di uccidere il demone. Tuttavia, concesse a Gayasura il privilegio che il terreno che avrebbe accolto il suo corpo, per una decina di miglia di estensione, sarebbe divenuto il luogo più sacro sulla terra e sarebbe stato conosciuto col nome di come Gaya ksetra, ossia il terreno sacro a Gayasura. Al momento di uccidere Gyasura, l’impronta di Vishnu rimase impressa nel blocco di basalto ora chiamato Dharmasila ed oggetto di culto. La cerimonia del Sraddha e le offerta agli antenati effettuate in questo luogo liberano gli antenati dal ciclo di nascite e morti ripetute. Fu in questo luogo che Caitanya incontrò Isvara Puri, suo maestro spirituale. Sri Caitanya disse a proposito del suo pellegrinaggio: “Ora la mia visita a Gaya ha davvero dato i suoi frutti, perché venendo qui ho avuto la possibilità di vedere i tuoi piedi di loto Eseguendo un pellegrinaggio in un luogo sacro e facendo un’offerta alla divinità è possibile liberare i propri antenati (colui che pratica l’offerta può liberare solo i suoi antenati e non quelli di altri). Ma colui che ti vede automaticamente rende liberi milioni di antenati, e non solo essi divengono liberi dai loro peccati, ma tutti otterranno la

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liberazione eterna dalle schiavitù materiali. Quindi questo pellegrinaggio da me intrapreso non ha eguali, grazie alla vostra santità che ha reso tutto di così grande auspicio.

Shukla Tirtha Il tredicesimo capitolo dello Skanda Purana descrive la località di Shukla Tirtha come il luogo in cui il grande saggio Bhrigu muni insieme ad altri sapienti bramini cantava i quattro Veda. Nelle vicinanze si trova il fiume Reva, che si ritiene scorra delimitando il centro dell’universo. Coloro che ricordano ciò possono ottenere una felicità duratura per sette kalpa, pari a circa 30 milioni di anni, e coloro che rendono omaggio al fiume ne ottengono la sua santificazione. C’è una storia interessante legata a questo luogo, riportata nello Skanda Purana. Una volta, un lavandaio incaricato di lavare i panni di un importante bramino, li mise erroneamente nell’indaco e li tinse rendendo impossibile riportarli al colore originario. Temendo una possibile maledizione del bramino, decise di partire con tutta la sua famiglia per andare a vivere in un altro luogo. Quando sua figlia fece visita a un’ amica per raccontarle il motivo dell’improvvisa partenza e dare l’ultimo saluto, l’amica le raccontò dell’esistenza di un piccolo lago in mezzo a una vicina foresta, la cui acqua aveva il potere di far divenire immediatamente bianco qualsiasi cosa vi si immergesse. Anche l’erba che cresceva intorno a quel lago era bianca (shukla, in sanscrito). La figlia tornò subito dal padre esortandolo a provare a lavare i panni in quello stagno, e anche se dubbioso circa l’esito il lavandaio decise di andare, perché comunque non aveva più nulla da perdere. La storia si rivelò vera, i vestiti del bramino tornarono bianchi e la notizia circa l’acqua miracolosa dello stagno si diffuse rapidamente. I vantaggi di immergersi pieni di fede nelle acque di Shukla Tirtha sono molteplici: si può raggiungere la purezza, ottenere il beneficio di bagnarsi in tutti i luoghi santi; liberare i propri antenati dalla dannazione. Sacrificare un cavallo o eseguire la cerimonia del Sraddha a Shukla Tirhta garantisce gli stessi benefici descritti per Gaya, portando alla liberazione delle anime degli antenati. Per quali ragioni Shukla Tirtha è considerato un luogo di purificazione così importante? Lo Skanda Purana afferma che Shvetadvipa fu portato qui da Vishnu, preoccupato che questo luogo sacro non perdesse il suo candore a causa dell’influenza nefasta di Kali. Il colore di Shvetadvipa non diventa scuro neanche a contatto con Kali. In questo luogo sacro si possono osservare le orme di Vishnu, pregando le quali si può raggiungere la propria elevazione spirituale.

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 L’impronta di Vishnu a Badrinath

Badrinath I luoghi sacri più importanti della Terra sono cinque, tutti in India e già noti in epoca antica: Badrinath a nord; Jagannath Puri lungo la costa occidentale; Rameswaram nel sud; Dwaraka sulla costa orientale; Vrindavana nel centro del Paese. A proposito di Badrinath, lo Skanda Purana afferma: “Vi sono diversi luoghi sacri al culto in cielo, in terra e nell’inferno, ma nessuno di essi è come Badrinath”. Questo è il luogo in cui la coppia di saggi Nara-Narayana praticava l’austerità, è il luogo che fu visitato dall’amico e consigliere di Krisna, Uddhava, oltre 5000 anni fa, ed è il luogo in cui giunsero numerosi santi, come Gautama Rishi, Kapila, Kasyapa, Sankaracharya, che qui istituì anche un tempio. Anche Ramanujacarya e Madhvacharya visitarono questo importante luogo sacro. Badrinath è uno degli otto luoghi auto-rivelatisi santi in India, e per questo motivo è meta di pellegrinaggio da parte di coloro che desiderano raggiungere mukti (o anche moksha, “liberazione” in sanscrito)o praticare bhakti (“devozione”) verso Vishnu. A Badrinath vi è anche un luogo chiamato Charanpaduka dove un enorme masso reca le impronte di Vishnu, da lui impresse dopo la sua discesa dal Vaikuntha, la sua dimora celeste. Purtroppo, non si hanno informazioni su quale incarnazione di Vishnu abbia lasciato qui le sue orme. Varanasi A Varanasi, in prossimità di Manikarnika, il luogo dove vengono cremate le persone, vi è un altro luogo dove sono conservate le orme di Vishnu. Secondo la tradizione locale, qui Vishnu praticò la tapasya, l’austerità spirituale, per non meno di 7.000 anni. Le sue orme si scorgono su un masso chiamato Caranpaduka, una lastra di pietra tra la fonte e il luogo in cui viene praticata la purificazione. Nelle vicinanze sorge un tempio in onore di Ganesha, adorato come colui in grado di rimuovere tutti gli ostacoli sul sentiero della pratica spirituale.

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Le calzature e le impronte di Rama Prima di menzionare i luoghi in cui si possono trovare le orme di Rama, è interessante riportare una storia riguardante le sua calzature. Quando Ramacandra fece ritorno dal suo esilio, la gente lo salutò con gioia e gli riferì: “Durante la vostra assenza Bharat, il tuo fratello minore, è stato un sovrano esemplare, buono e degno di lode”. Ma Bharat fu subito pronto a precisare: “Tutto è andato bene solo grazie alle sante calzature del mio amato fratello Ramacandra, che egli aveva posto sul trono”. Gandhamadana Una delle impronte divine che Rama ha lasciato sulla terra si trova sulla collina di Gandhamadana, che è la dimora favorita di Hanuman (Gandhamadana saila sthainai namaha). Il motivo per cui essa fu lasciata è suggestivo. Nel Ramlila si narra che Laksmana, fratello di Rama, era gravemente ferito e aveva bisogno di un erba sacra per guarire. Hanuman portò l’intera collina di Gandhamadana nel luogo in cui Laksmana giaceva malato. Siushena allora raccolse le erbe curative richieste e Rama lasciò in quel luogo la sua impronta. Dopo qualche tempo Hanuman riportatò la collina di Gandhamadana nella sua collocazione originaria, alle pendici dell’Himalaya. Nel sud dell’India, dove la collina di Gandhamadana fu temporaneamente portata, esiste ancora un luogo chiamato Gandhamadana Parvatam, una sorta di replica della collina di Gandhamadana. Anche lì l’impronta di Rama è sono conservata e venerata in un piccolo tempio posto proprio sulla sommità. Secondo la tradizione, in quel luogo Ramacadra convocò il suo esercito e decise di occupare lo Sri Lanka. Rameshwaram Un altro posto che deve essere menzionato quando si parla delle impronte di Ramacandra è un luogo sacro che ogni devoto fedele di Rama deve visitare almeno una volta nella vita. In questo luogo Rama adorò lo Shiva lingam rivelandosi come il più fervente devoto di Shiva. La venerazione non fu certamente eseguita per procacciarsi la benedizione di Shiva al fine di distruggere Ravana, perché questo sarebbe stato contraddittorio: perché mai Shiva avrebbe dovuto benedire Rama così che riuscisse a sconfiggere Ravana, a sua volta uno dei suoi fedeli più devoti? D’altro canto, poiché neanche Shiva riuscì a preservare Ravana dalla distruzione, ciò dimostrerebbe che Shiva non sarebbe il Signore Supremo, o per lo meno non superiore a Rama. Lo Shrimad Bhagavatam dichiara: “yatha Shambhu vaishnavanam, Shiva è il migliore di tutti i Vaishnava”, di conseguenza Rama avrebbe venerato Shiva per fornire un esempio di come si dovrebbe glorificare e mostrare devozione verso colui che è di rango più elevato. Rameshvaram è un luogo caro sia per i devoti a Vishnu che per i devoti a Shiva. Kamadgiri Sulla sommità della collina di Kamadgiri vi è un luogo chiamato Sita Rasoi, ossia “il tempio della cucina di Sita”, perché lì cucinò i suoi pasti durante i primi due anni del suo esilio. È interessante notare che nel Ramayana non vi è menzione della cucina di Sita, e per di più che questo non è l’unico posto a Kamadgiri in cui si dice abbia cucinato per Rama e Laksmana. Nei pressi del Sita Rasoi si può osservare la statua a grandezza naturale di Tulsidas, colui che scrisse il Ramayana, e le impronte lasciate da Ramacandra.

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Le orme di Krishna e Balaraam Nel Srimad Bhagavatam (10.38.30) possiamo leggere questo meraviglioso passaggio: “Due grandi personalità, Krishna e Balarama, avevano entrambe reso di grande bellezza la terra di Vraja, ornandola con le loro impronte che recavano molti segni di buon auspicio come la bandiera, il fulmine, il bastone per controllare gli elefanti, e il fiore di loto. Con grande generosità, gettano il loro sguardo benevolo su Akrura”. Jiva Goswami ha fornito un interessante commento su questo versetto, scrivendo che Krishna e Balarama sono descritti come recanti i segni distintivi della Persona Suprema sulla pianta dei piedi, caratteristica che non tutte le incarnazioni dirette (shakty) o indirette (avesa) possiedono. Questi segni distintivi di buon auspicio appartengono infatti solo alle impronte dei piedi delle divinità eccelse. Prima di procedere oltre per citare altri luoghi in cui Krishna ha lasciato la sua impronta divina, vediamo nel dettaglio quali sono i segni che imprime con le piante dei suoi piedi e che denotano la sua essenza come quella della Divinità Suprema. Nei seguenti versi dello Skanda Purana sono elencate le zone dei piedi di Krishna in cui sono presenti i segni, la loro descrizione e la spiegazione del loro significato: “Alla base dell’alluce del suo piede destro, colui che non è mai nato porta la traccia di un disco, che abbatte i sei nemici della mente dei suoi devoti”. “Nella parte inferiore del dito medio dello stesso piede il divino Acyuta porta un fiore di loto, che accresce il desiderio per la sua grazia nella mente dei devoti che meditano venerando i suoi piedi”. “Alla base del suo mignolo vi è un fulmine, che spezza le montagne in reazione ai peccati commessi dai suoi devoti, e al centro del suo tallone vi è il segno di un pungolo per gli elefanti, che stimola le menti dei suoi devoti ad esercitare il controllo”. “L’articolazione dell’alluce del suo piede destro porta il segno di un chicco d’orzo, in rappresentanza di tutti i generi di gradevoli ricchezze”. Più oltre lo Skanda Purana così prosegue: “Un fulmine si trova sul lato destro del suo piede destro, e un pungolo per elefante al di sotto di esso”. Gli acarya che studiano le tradizioni legate a Vishnu spiegano che, poiché i piedi oggetto di discussione appartengono al Signore Krishna, dovremmo sapere che il fulmine è situato alla base del suo mignolo e il pungolo per l’elefante al di sotto di esso. Il marchio del pungolo sul tallone appartiene piuttosto a Narayana e altre espansioni del tattva (o principio) di Vishnu. Riassumendo, lo Skanda Purana descrive sei segni sul piede destro di Krishna: il disco, la bandiera, il loto, il fulmine, il pungolo per elefanti, e il chicco d’orzo. Il Vaisnnava-tosani, oltre a questi, menziona altri segni: una linea verticale che origina in mezzo alla pianta del piede e continua sino al punto di giuntura tra l’alluce e il secondo dito; un ombrello al di sotto del disco; al centro della base del suo piede, un gruppo di quattro svastiche nelle quattro direzioni cardinali, nei quattro punti in cui ogni svastica fronteggia le altre quattro mele di colore rosa, e in mezzo alle svastiche un ottagono, per un totale di ben undici segni sul piede destro di Krishna. Shrila Vishvanatha Cakravarti Thakura descrive così i simboli sul piede sinistro di Krishna: “Alla base dell’alluce vi è una conchiglia con l’apertura dalla parte del dito. Alla base del dito medio vi sono due cerchi concentrici, che rappresentano l’universo interiore e quello esteriore. Sotto di questo marchio vi è un arco privo di corde, alla base dell’arco vi è un triangolo, e attorno al triangolo vi è un gruppo di quattro brocche per l’acqua. Alla base del triangolo vi è una mezza luna con altri due triangoli che ne toccano le punte, e sotto alla mezzaluna vi è un pesce”. Unendo le due descrizioni, arriviamo quindi a contare diciannove segni distintivi sulle piante dei piedi di loto del Signore Krishna.

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Le impronte di Radha A questo punto è inevitabile parlare delle orme lasciate dalla divina Shrimati Radharani, eterna consorte di Krishna, così come lo sono Sita nei confronti di Rama o Lakshmi per Narayana (Vishnu). Shrila Vishvanatha Cakravarti Thakura cita la seguente descrizione dettagliata delle impronte di Shrimati Radharani, come tramandata da Shrila Rupa Gosvami nel suo Shri Ujjvala-nilamani: “Alla base dell’alluce del suo piede sinistro vi è il segno di un chicco di orzo; sotto tale marchio vi è un disco, sotto al disco vi è un ombrello, e sotto all’ombrello vi è un braccialetto. Una linea verticale si estende dal centro del suo piede sino al punto di giuntura tra l’alluce e il secondo dito. Alla base del dito medio vi è un fiore di loto, al di sotto del quale vi è una bandiera con un vessillo, e sotto alla bandiera vi è una pianta rampicante, insieme a un fiore; alla base del suo dito mignolo vi è un pungolo per elefante, e sul suo tallone vi è una mezza luna”. Ci sono quindi undici segni sopra il piede sinistro della dea. “Alla base dell’alluce del suo piede destro vi è una conchiglia, e sotto di essa una lancia; alla base del mignolo del piede destro vi è un altare sacrificale, al di sotto di esso un orecchino, e sotto all’orecchino vi è una lancia; lungo la base del secondo, del terzo, del quarto dito e del mignolo è raffigurata una montagna, sotto alla quale vi è un carro; mentre sul tallone vi è un pesce”. Quindi in totale sono elencati diciannove segni distintivi sulle piante dei piedi di loto di Radha. Impronte mai calpestate Shrila Sanatana Goswami attribuisce il seguente significato al verso 10.16.18 del Bhagavata: “Dal momento che Krishna era passato per lo stesso luogo qualche tempo prima, per quale motivo le impronte dei suoi piedi, alle quali si sono affiancate quelle delle mucche, dei pastori e di tanti altri, non sono state sovrapposte e cancellate? Perché le sue impronte non sono state sostituite da quelle più recenti delle bestie e degli uccelli del bosco di Vrindavana? La risposta è fornita dalle parole del capo dei pastori della comunità: poiché il Signore Krishna è in realtà la ricchezza di tutti gli esseri viventi, tutti gli abitanti della foresta di Vraja preservavano con attenzione le sua impronte come un grande tesoro, un ornamento della terra. Quindi nessuna creatura di Vrindavana avrebbe mai camminato sopra le orme del Signore Krishna. Tutti gli esseri viventi di Vrindavana, compresi gli uccelli e gli animali della foresta, avrebbero sempre conservato con cura le impronte del Signore come il più grande dei loro tesori e mai ci avrebbero camminato sopra calpestandole”. Kaliya benedetto dai piedi di loto di Krishna Un tempo, quando il demone serpente Kaliya stava gettando il suo veleno nel fiume Yamuna, provocando la morte dei pesci, rendendo secca la vegetazione intorno al fiume e facendo precipitare a terra perfino gli uccelli che volavano sopra di esso a causa dei fumi venefici che si alzavano, Krishna decise di punire il demone malvagio e si gettò nello Yamuna. Vedendo ciò, un pastorello subito corse al villaggio per avvertire gli abitanti di Vrindavana che Krishna si trovava in pericolo. Immediatamente tutta la gente del villaggio si recò di corsa sul fiume per soccorrere Krishna, seguendone le impronte sino al punto in riva allo Yamuna dove il Signore si trovava. Ancora una volta, pervasi dall’influenza di Yogamaya – la potenza spirituale illusoria di Krishna – non riuscivano a rendersi conto che non vi era alcun pericolo per lui. Non solo la terra di Vrindavana veniva benedetta dai piedi di loto di Sri Krishna, ma anche coloro che da questi piedi erano toccati. I devoti avevano sempre invocato rifugio e protezione venerando i piedi di loto di Krishna, e persino Kaliya, pur essendo un demone, vene raggiunto dalla sua benedizione: danzando tra le spire del serpente Kaliya, che stava contaminando il fiume Yamuna col suo veleno, Krishna giunse quasi ad uccidere il demone ma a causa della richiesta

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della moglie di Kaliya non si spinse oltre. Dopo avere ricevuto la promessa che non avrebbe mai più avvelenato il fiume Yamuna e non sarebbe più tornato in quei luoghi, Krishna benedisse Kaliya con le seguenti parole: “Siccome tu adesso sei contrassegnato con l’impronta dei miei piedi, Garuda non tenterà più di mangiarti”. Vrindavana e madre Yasoda Più di 5000 anni fa, quando Sri Krishna e Balarama erano soliti trascorrere il tempo nelle terre di Vrindavana, le loro impronte erano presenti ovunque. Ogni giorno Krishna e Balarama attraversavano lieti quei luoghi, purificando così la terra con le loro impronte di loto. Queste sacre impronte di Krishna e del suo eterno compagno sono il principale motivo per cui Vrindavana è celebrato dai devoti a Krishna come il più importante luogo sacro dell’intero universo. Del resto, se le impronte di un devoto fedele sono esse stesse in grado di rendere puro un luogo, come descrivere l’effetto del passaggio di Krishna? Persino i posti in cui si recò per rubare burro quando era bambino sono diventati tra i più sacri e degni di venerazione. Madre Yasoda, la madre più fortunata dell’universo, fu in grado di ritrovare Krishna seguendo le sue orme macchiate di burro. La maggior parte delle volte, quando vedeva il suo Krishna che disobbedendole riusciva a inventarsi modi sempre diversi e ingegnosi per raggiungere i posti in cui venivano appesi i recipienti del burro, si limitava a sorridere. Madhuvana e Dhruva Maharaja Si narra che quando Narada Muni consigliò a Dhruva di meditare e adorare il Signore Vishnu, Dhruva si recò nella foresta di Madhuvana. Anche in quel tempo a Madhuvana vi erano numerose impronte di Krishna dovute ai suoi precedenti passaggi, e l’intera foresta era quindi un luogo di ottimo auspicio per la pratica di austerità e meditazione di Dhruva. Egli diligentemente adorò e glorificò il Signore Krishna cantando il mantra om namo bhagavate vasudevaya. Oltre alla foresta di Madhuvana, ci sono molti altri luoghi in cui ancora oggi sono conservate le impronte di Krishna. Passiamo allora continuare con il nostro pellegrinaggio.

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Charan Pahari Charan Pahari si trova nel territorio di Vrindavana, un paio di chilometri fuori del paese di Kaman, sulla cima di una piccola collina. Questo luogo fu visitato in passato da molti e acarya (sapienti), tra cui Sri Caitanya, Sri Nityananda, Advaita Acarya, Madhavendra Puri, Madhvacarya, Vallabhacarya e i sei Goswami di Vrindavana, che frequentarono questo luogo per avere il darshana delle impronte di Krishna. Si dice che quando Krishna si mise a suonare il flauto in questo luogo la collina iniziò a fondersi. In realtà, il suono del flauto di Krishna è così potente che gli alberi iniziano immediatamente a versare lacrime di miele, il fiume ferma il suo scorrere e diventa come di pietra, oppure comincia a fluire in direzione opposta, le pietre cominciano a sciogliersi, i cervi si bloccano in preda allo stupore mentre l’erba cade fuori dalla loro bocca aperta; le mucche odono il loro nome portati dal suono del flauto. A Charan Pahari si possono osservare le impronte dei piedi di Krishna, che in questo luogo trascorse lunghi periodi della sua infanzia meravigliosa. Fu inoltre qui che Krishna effettuò un sacrificio per espiare l’uccisione di Vyomasura, figlio di un bramino. Nelle vicinanze di Charan Pahari vi è un luogo chiamato Pichel Pahari (o Pichalini-shila), dove si trovano impresse nella pietra altre orme di Krishna e Balarama. Diversi luoghi in cui Krishna trascorse l’infanzia (Charan Pahari, Pichel Pahari, grotta di Vyomasura, Bhojana Sthali per citare i più importanti) si trovano all’interno della foresta di Kamyavana. Nell’Adi Varaha Purana è scritto: “La quarta foresta è Kamyavana, la più bella di tutte. O mia dea, colui che vi si reca rende omaggio alla mia dimora”. E ancora, nel Mathura Khanda dello Skanda Purana leggiamo “O mio re, poi c’è Kamyavana, dove il Signore Hari (altro nome per Krishna) soggiornò nella sua infanzia. A chi si purifica qui sarà concesso di realizzare tutti i desideri”. A Vrindavana, nei pressi del tempio di Govindaji vi è una grotta in cui fu rinvenuta una statua di Govinda (altro appellativo per Krishna). Si dice che questo fosse il luogo prescelto da Rupa Goswami per praticare la sua meditazione japa (ossia la ripetizione meditativa di un mantra o del nome di un Dio). In questo luogo si può avere il darshana di uno Yogamaya a otto braccia seduto su un leone e di una lastra di pietra recante l’impronta del piede di Krishna. La Shaligram Shila di Sanatana Goswami Cinque secoli or sono, a causa del pericolo delle invasioni dei musulmani, molte divinità custodite a Vrindavana furono trasportate a Jaipur. Tra esse vi sono le Radha Damopdara che furono adorati da Jiva Goswami e la Govardhana Shila (La rapppresentazione di una divinità per mezzo di un simbolo invece che per mezzo di una immagine) venerata da Sanatana Goswami, che qui è particolarmente interessante ricordare in quanto su di essa sono conservate le impronte di Krishna. La storia di come Sanatana Goswami ne venne in possesso merita di essere menzionata. Egli era solito soggiornare presso Chakra Tirha, e da lì ogni giorno si recava presso la collina di Govardhana (distante oltre 20 chilometri) per esprimere la propria devozione a Krishna. Quando divenne anziano questo pellegrinaggio quotidiano divenne estremamente disagevole per lui, e Krishna mosso a compassione si recò da lui travestito da fanciullo e portando in mano un ventaglio. Il giovane cominciò a fare aria per rinfrescare Sanatana Goswami e gli disse: “Swami, è divenuto molto difficile per voi recarsi ogni giorno a piedi sulla montagna facendo tutta questa strada. Vi prego di accettare il mio consiglio: questa Shila reca su di sé le impronte del Signore Krishna, e il pujari (il bramino) potrà dirti dove si possono scorgere il bastone, un flauto, e l’orma degli zoccoli del vitello. ho portato questo Shila per voi dalla cima di questa montagna, e contemplarla ha lo stesso valore di tutto ciò che si può contemplare sulla collina di Govardhana”. Dopo aver riferito questo suo consiglio, il misterioso ragazzo scomparve. Sanatana Goswami fu molto felice di accettare.

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Le divine impronte di Caitanya Caitanya (1486-1534) fu un uomo ritenuto santo dagli induisti, che lo ritenevano una reincarnazione di Krishna. Nella sua infanzia il suo nome era Nimai, e già dimostrava in molti modi di possedere qualità straordinarie. Nel Bhagavata Citanya è riportata la seguente descrizione: “Quando cominciò a camminare, sulle sue piccole orme erano impressi i segni del Signore Vishnu, vale a dire la bandiera, il fulmine, la conchiglia, il disco e il pesce. Vedendo questi segni, né suo padre né sua madre pensarono che quelle impronte potessero essere state lasciate da lui. Quindi, stupiti, si domandavano come quei marchi potevano essere stati impressi nella loro casa. Un’altra volta, obbedendo alla richiesta dei suoi genitori, Nimai si stava recando in un’altra stanza quando il tintinnio delle cavigliere fu udito alzarsi dai piedi nudi del bambino. Quando il bambino fu uscito per giocare, i genitori, con loro grande stupore, videro le tracce del figlio e capirono che erano le orme del Signore Vishnu. Così si prostrarono davanti a Lui”. Kanai Natshala Quando Sri Caitanya si recò a Gaya per compiere la cerimonia dello Sraddha (il rituale con il quale si rende omaggio ai propri antenati) in onore del suo defunto padre, incontrò il suo maestro spirituale, Ishvara Puri, e prese da lui l’iniziazione. Durante il tempo della sua formazione subì una profonda trasformazione, facendo esperienza dell’amore profondo di Krishna. Sulla via del ritorno a Navadvipa si fermò presso Kanai Natshala, che si trova sulla cima di una piccola collina vicino al Gange, e la sua devozione fu ricompensata col ritrovamento delle impronte di loto di Krishna. Nel luogo in cui sono custodite le impronte fino a pochi anni or sono sorgeva un piccolo tempio sotto la cura di un sadhu (mistico) devoto a Ramanuja Sampradaya. Il tempio fu da lui donato alla ISKCON (International Society for Krishna Consciousness), e ricostruito. Oggi custodisce le divinità di Radha-Krishna e Sri Caitanya Mahaprabhu. Ramakeli Il motivo per cui Ramakeli è significativo per i devoti a Vishnu è perché in questo luogo Caitanya incontrò Sri Rupa e Sri Sanatana Gosvami. Il Caitanya Caritamrita menziona il fatto che i due fratelli non solo avevano preso nomi musulmani ed erano impiegati come funzionari del governo islamico, ma avevano anche adottato usanze musulmane, vestendo come arabi e parlando in arabo e persiano. Lavorando per il re del Bengala, Hussain Shah, a Sanatana fu assegnato il titolo di Mallik Sakara, primo ministro, mentre Rupa era stato insignito della qualifica di Dabir Khas, ossia segretario privato. Erano divenuti così importanti per Hussain Shah che il sovrano non faceva nulla senza prima consultarli. Curiosamente però, essi si comportavano come musulmani solo durante il giorno, mentre la sera si recavano a purificarsi bagnandosi nel fiume e impegnandosi nel dovere religioso di cantare i nomi santi (japa), studiando le Scritture e impegnandosi in discorsi di teologia. Quando Sri Caitanya si recò a Ramakeli, entrambi i fratelli vennero a sottomettersi a lui recando una pagliuzza in bocca in segno di umiltà, invocando una benedizione che li liberasse da quella scomoda situazione. Fu proprio nel luogo di questo loro incontro che le impronte di Shri Chaitanya Mahaprabhu rimasero impresse e sono conservate. Qui, si può anche avere il darshana di Shri Radha-Madan Mohan e Sri Sanatana Goswami, e visitare il luogo dove fu tenuto agli arresti da Nawab Hussain Shah.

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Le impronte di Sri Caitanya e Nityananda a Radha Kund Quando Signore Sri Caitanya Mahaprabhu visitò Vrindavana fece la scoperta di due tra i più sacri e cari luoghi della giovinezza di Radha-Krishna: Radha kund e Shyama Kund. Quando giunse sul posto e chiese alla gente dove si trovassero questi Kund, nessuno fu in grado di dargli una risposta. Ma grazie al fatto che egli era l’onnisciente Signore Supremo, riuscì a riconoscere al centro di una risaia i luoghi che stava cercando. A quel tempo erano poco più di un semplice stagno, ma Caitanya vi si immerse offrendo alla divinità la seguente, meravigliosa preghiera: “Di tutte le gopi, Radharani è la più cara. Allo stesso modo, il lago conosciuto come Radha Kund è molto caro al Signore, perché è molto caro a Shrimati Radharani. Shrimati Radharani è molto cara al Signore Krishna, e il suo lago conosciuto come Radha Kund è quindi molto caro anche a lui. Di tutte le gopi, Shrimati Radharani è certamente la più amata. Nelle acque di quel lago il Signore Krishna e Shrimati Radharani erano soliti giocare, e sulle sue rive danzare. E Krishna dona amore estatico, come quello di Shrimati Radharani, a colui che si bagna nel lago anche solo una sola volta nella vita. Il fascino emanato da Radha Kund è dolce come quello di Shrimati Radharani. Allo stesso modo, le glorie del kunda (lago) sono grandi come quelle di Shrimati Radharani. Grazie alle sue meravigliose qualità trascendenti, Radha Kund è caro a Krishna quanto la è Shrimati Radharani. Fu in quel lago che l’onnipotente Signore Krishna trascorse il suo temo con Shrimati Radharani con grande piacere e felicità assoluta. Chiunque si bagni anche solo una volta nel Radha Kund si congiunge all’amorosa attenzione di Shrimati Radharani verso Sri Krishna. Chi in questo mondo può descrivere le glorie e la dolcezza di Sri Radha-kunda?”. Nell’estremità orientale inferiore dello Shyama Kund vi è il luogo in cui Caitanya usava sedersi per cantare il santo nome, Hare Krishna. Questo è un altro luogo in cui sono conservate le sue impronte divine impresse sulla pietra. Curiosamente, sul Radha Kund sorge anche il luogo in cui era solito meditare per qualche tempo Nityananda, e anche lui lasciò lì la sua impronta divina lì come atto di misericordia per tutti i devoti che si recavano in pellegrinaggio. Osservare le impronte di Krishna Qualcuno potrebbe ora chiedere: “Perché in tutta questa discussione sulle orme di Krishna, Rama, Caitanya? A che serve sapere queste cose?”. La risposta è che quando il nostro amore verso Dio non è ancora completamente maturato si fanno questo genere di quesiti, ma quando sarà finalmente sbocciato la nostra domanda sarà “È possibile sapere di più sulle impronte di Krishna?”. Sono molto attraenti Radharani a Visakha: Amica mia, di chi sono queste impronte che recano il segno della ruota del carro, del fiore di loto e del fulmine? Queste impronte sulla riva della Yamuna agitano il mio cuore e fanno rizzare i miei capelli per la felicità. Sebbene fosse un sannyasi (asceta), Caitanya glorificò il puro amore delle gopi nei modi della separazione: esse andavano alla ricerca di Krishna, e seguivano le sue orme discutendone tutti i dettagli proprio come esperti investigatori. Talvolta gruppi di dieci-quindici gopi sedevano intorno a una serie di stampe e discutevano per stabilire se esse appartenessero effettivamente a Krishna. La ricerca di Krishna Una volta nel bel mezzo della danza, Krishna se ne andò via con la più fortunata delle gopi, Radharani. Quando il tempo passò e non lo videro tornare, le altre gopi cominciarono a cercarlo, cercando attentamente per trovare le sue impronte. Quando finalmente scorsero le orme, notarono che erano di due serie diverse: le prime appartenevano a Krishna e le altre a Shrimati Radharani. Alcune di loro si incupirono, pensando: “Forse camminava tenendole il braccio sulla

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sua spalla”. Più tardi, quando videro che la serie di orme era divenuta una sola, iniziarono a elaborare molte ipotesi diverse. Chandravali disse alle altre gopi: “Amiche, vedete? In questo luogo non scorgiamo le orme di quella gopi. Forse a causa delle punture provocate dall’erba secca, Krishna l’ha presa sulle sue spalle?! Dunque è così caro a Lui”. Un altra gopi detto: “Cosa sarà accaduto a Radharani? Ah, è qui che Krishna ha preso su di sé la sua amata per proteggere i suoi piedi da queste erbe e germogli acuminati... Guardate, notate come a causa del peso le impronte di Krishna sono premute più profondamente nel terreno... E qui, qui l’ha messa giù a cogliere dei fiori per decorare i suoi capelli. La parte anteriore della sua impronta è molto più profonda. Deve essersi alzato sulla punta dei piedi per mettere i fiori lassù”. Mentre Krishna passava il suo tempo meraviglioso in compagnia di Shrimati Radharani, un giorno notò che ella era divenuta troppo presuntuosa, quindi decise di scomparire. Il gruppo di gopi si imbattè in Shrimati Radharani, sola e completamente smarrita. Vedendo le altre gopi, recitò la seguente poesia devozionale:

aslisya va pada-ratam pinastu mam adarsanan marma-hatam karotu va yatha tatha va vidadhatu lampato mat-prana-nathas tu sa eva naparah

(non riconosco nessuno oltre Krishna come il mio Signore, ed egli rimarrà tale anche se mi tratta con durezza quando mi abbraccia o mi spezza il cuore non facendomi dono della sua presenza. Egli è completamente libero di fare qualsiasi cosa, Egli è sempre il mio Signore adorato, incondizionatamente).

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Osservarle risveglia la compassione Nel suo Bhakti rasamrita sindhu, Shrila Rupa Goswami offre due meravigliosi esempi su come il semplice osservare le impronte di Krishna risvegli la compassione nel cuore. Una volta le gopi chiesero a Hamsaduta di cercare le impronte dei piedi di loto di Krishna e di accoglierle così come Brahma le aveva accolte sul suo elmo dopo avere derubato i pastori di Krishna. Rammaricandosi per la sua provocazione verso Krishna, il Brahma era chino davanti al Signore, e il suo elmo fu marchiato con le impronte di Krishna. Le gopi ricordarono ad Hamsaduta che talvolta anche il grande saggio Narada raggiungeva l’estasi nel contemplare queste impronte, e che molti grandi saggi aspiravano a vederle. “Dovresti pertanto con grande entusiasmo metterti alla ricerca delle orme di Krishna”, lo sollecitarono. Un altro esempio di servizio devozionale nella compassione menzionato da Rupa Goswami è l’episodio in cui Sahadeva, il fratello minore di Nakula, provò una gioia immensa nel vedere splendere le luminose impronte di Krishna. Egli iniziò a piangere e gridare: “Madre, dove sei adesso? Padre Pandu, dove sei adesso? Mi dispiace molto che non siate qui a vedere queste orme di Krishna!”. Attraverso questi esempi si può capire quanto sia benefico contemplare le impronte divine di Krishna. Inoltre, tutti i vari simboli impressi dal piede di Krishna possiedono un peculiare significato e scopo. Ad esempio, il disco è l’arma che annienta i sei nemici che infettano la mente dei devoti, ossia lussuria, ira, avidità, illusione, follia e invidia. E, per fare un altro esempio, il simbolo del loto rappresenta la grazia di Krishna e provoca un aumento della devozione per lui nelle menti dei suoi devoti. Per questo, colui che cerca rifugio tra i piedi di loto di Krishna ottiene il pieno sostegno da parte dal Supremo Protettore, Govinda. Akrura vede le impronte di Krishna Contemplare le impronte di Krishna è causa della grande gratificazione per un devoto che prova puro amore verso di lui. Nel Srimad Bhagavatam è raccontato che quando Akrura giunse a Vrindavana in cerca di Krishna, trovò le orme del Signore sulla polvere di Nanda-grama ed i suoi occhi si inondarono di lacrime a causa del sopraggiunge dell’estasi grazie all’amore trascendentale verso Krishna. Subito si gettò sulla terra di Vrindavana e si rotolò fra quelle impronte, esclamando: “Ah, questa è la polvere toccata dai piedi del mio padrone! Che bello! Che cosa meravigliosa!”. Simili sentimenti furono sperimentati dalle gopi di Vrindavana, quando camminando sulle rive dello Yamuna e videre le impronte di Krishna nella polvere. Quando Krishna camminava sulla terra di Vrindavana, i segni presenti sui suoi piedi (la bandiera, il fulmine, il pesce, il pungolo per il controllo di elefanti e il fiore di loto) rimanevano impressi sulla polvere della terra. Le gopi vennero completamente sopraffatte dalla vista quei segni sul terreno. Quando Krishna se ne fu andato via da Vrindavana, le gopi non potevano che continuare a evocare colui che più amavano. E in realtà non avrebbero potuto fare diversamente, poiché tutti i laghi di Vrindavana, le rive del fiume Yamuna, la collina di Govardana, i pascoli, recavano tutti le impronte delle orme di Krishna sul terreno. Le gopi dissero a Uddhava: “Lo ricordiamo mentre gioca in quei luoghi, perché qui era solito stare. Quando la sua figura si manifesta nelle nostre menti, veniamo totalmente assorbite nel pensiero di lui. [...] Sul suolo di Vrindavana sono impresse le sue orme, che sono la residenza della dea della fortuna, e a causa di tali segni non possiamo dimenticarlo”. Quindi, alla semplice vista delle impronte di Krishna, la mente delle gopi veniva subito pervasa dalla sua visione. Esse rivivevano la sua presenza rivedendo nel ricordo Krishna con un elmo sormontato da una piuma di pavone, gli orecchini alle orecchie e gli indumenti giallo-oro

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ricoperti di gioielli e perle. Il ricordo di Krishna viene da loro perpetuato suonando il suo flauto, e tutti i giovani pastori cantano le glorie del loro Signore. Talvolta le gopi lo rievocano nei discorsi e ripensano alle sue soffici unghie, alle sue sopracciglia e ai suoi denti, che si coloravano di rosso quando masticava betel. Alleviare il dolore della terra Molti devoti sanno che Bhumi, la Madre Terra, viene benedetta ogni volta che Krishna appoggia i suoi piedi di loto su di essa, e ciò è per lei causa di grande sollievo e felicità. Un devoto di Krishna un giorno dichiarò: “Mio caro amico, quando Krishna torna a casa con le sue mucche, l’impronta della pianta dei suoi piedi allevia il dolore che la terra sente quando le mucche la calpestano.”. Grazie alle impronte lasciate da Krishna, ogni luogo in cui si è recato è divenuto beato, prospero e incantevole. Quando Krishna si trovava ad Hastinapura, la regina Kunti lo lodava con le seguenti parole: “Krishna, tu ora cammini nel nostro regno, e le impronte dei tuoi piedi stanno rendendo tutto bellissimo. Vi è acqua e frutta in abbondanza, e tutto appare meraviglioso, ma quando ci lascerai, non lo sarà più”. Il modo in cui le parole della regina Kunti si possano adattare alla nostra situazione presente è molto ben spiegato da Bhaktivedanta Swami Prabhupada Shrila, che considera le sue parole nel modo seguente: “Non dobbiamo riferirci a questo episodio pensando a quando Krishna era presente e Kunti stava pronunciando le sue parole: le cose non sono mai cambiate. Nonostante il progresso della nostra civiltà, se non possiamo portare Krishna e la coscienza di Krishna al centro di tutto, la nostra civiltà non diventerà mai bella. I giornali spesso descrivono i devoti come “dall’aspetto radioso”, evidenziando quanto gioiosi e belli siano questi ragazzi e ragazze. Oggi le giovani generazioni di tutto il mondo appaiono confuse e prive di speranza, e il loro volto è triste. Perché? Perché non afferrano ciò che è essenziale, sono privi di uno scopo nella vita. Mentre i devoti di Krishna appaiono belli grazie alla presenza di Krishna”. In sintesi, quindi, il vero scopo di questo scritto è esortare a pensare a Krishna, Vishnu, Rama. E ricordare che in sono giunti sul nostro pianeta per salvare le nostre anime oppresse dalla materia, condizionate dalla materialità del mondo. Per ricordarci questo ci hanno lasciato le loro impronte divine, esortandoci così a ricercare la nostra meta spirituale, compito supremo della vita, prima di tornare alla dimora spirituale dove eternamente risiedono. Per fare questo dobbiamo seguire una formula semplice ma sublime della Bhagavad Gita:

man-mana bhava mad-bhakto mad-yaji mam namaskuru mam evaisyasi satyam te pratijane priyo 'si me

(Pensa sempre a me, divieni mio devoto, adorami ed offrimi il tuo omaggio. Così giungerai a me senza sbagliare. Io te lo prometto in quanto ti ho come carissimo amico). Quindi, qualora avessimo la possibilità di recarci in luoghi in cui possiamo contemplare le impronte divine delle varie incarnazioni della Persona Suprema, inchinandoci davanti a esse ci otterremo sicuramente grande beneficio. Quale sia la misura di tale beneficio è molto ben descritto nel Garga Samhita (3.7.39): “Colui che osserva l’impronta della mano o del piede di Sri Krishna, la Persona Suprema, e si prostra per offrire loro rispetto, ascende alla dimora trascendentale del Signore Krishna”.

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Pada Abyangam: il massaggio ayurvedico del piede Come i serpenti non si avvicinano alle aquile, così le malattie non si avvicinano a colui che si massaggia i piedi prima di dormire. Nella la cosmologia indiana, la natura dell’universo viene concepita come un alternarsi di periodi di attività ed espansione ad altri periodi di riposo e contrazione: è il cosiddetto respiro del cosmo. Tra un ciclo e l’altro Vishnu riposa; in questa rappresentazione egli è raffigurato nel suo triplice aspetto: come se stesso, come il serpente che forma il suo letto e come l’oceano cosmico sul quale ambedue galleggiano. In una scena cosi altamente simbolica, il massaggio ai piedi si presenta a sua volta come simbolo di rigenerazione: Vishnu ricerca le sue forze per il successivo periodo di attività e di espansione dell’universo.

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Secondo la tradizione, la bellezza del corpo deriva da una schiena forte e diritta. Un corretta postura della spina dorsale dà stimoli di qualità a tutti gli organi e permette movimenti aggraziati. Ma per muoversi nel mondo con grazia bisogna avere piedi forti e stabili in modo da poter sostenere i propri passi ed avere una base per la propria energia individuale. Come per le mani e le orecchie, massaggiare la pianta dei piedi stimola, purifica, e conferisce equilibrio a tutti gli organi del corpo: questo è un buon motivo per camminare a piedi nudi. Non c’è nulla di più bello di camminare su una spiaggia ciottolosa o correre su di un prato coperto dalla rugiada mattutina. Per questa ragione massaggiare i piedi ha un effetto rilassante. Il massaggio dei piedi previene e cura secchezza, intorpidimento, ruvidezza, fatica e screpolatura dei calcagni. Rafforza la camminata e la corsa. La riflessologia del piede, un’arte che si rivolge prevalentemente ai piedi considerandoli la zona in cui si riflettono di tutti gli organi e strutture del corpo, è un metodo efficace per alleviare dolori acuti, migliorare la salute e promuovere la il buon funzionamento degli organi. Secondo i medici Ayurvedici, le terminazioni nervose presenti sulla pianta dei piedi sono connesse con occhi e orecchie, quindi il massaggio dei piedi può influire sul funzionamento di questi organi di senso. Un buon massaggio prima di dormire assicura un buon sonno ristoratore.

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Come si esegue il massaggio Lavorare delicatamente e per brevi periodi di tempo sui punti specifici del piede, insistendo sulla stessa area in ambedue i piedi. Utilizzare i Tailam secondo i bisogni e le circostanze. Usare in generale olio di sesamo raffinato. L’olio di sesamo e l’olio di Brammi inducono un buon sonno ristoratore. L’olio di senape protegge i piedi dall’arsura provocata dal freddo e previene il piede d’atleta. L’olio essenziale di lavanda e rosmarino aggiunti a un olio base stimolano la circolazione venosa e linfatica delle gambe. Massaggiare la caviglie stendendo l’olio su tutta l’articolazione della caviglia, sopratutto sulle aree intorno alle giunture. Afferrare il tendine d’Achille che unisce il muscolo del polpaccio al calcagno e eseguire un movimento verso il basso. Ripetere il movimento e il massaggio del tendine varie volte. Massaggiare la punta del piede, sostenere il piede reggendo il calcagno e appoggiare l’arco del piede sulla mano, usare il pollice dell’altra mano per massaggiare energeticamente partendo dalla caviglia, poi tra i tendini fino allo spazio tra le dita. Ripetere due volte. Massaggiare le dita incominciando dall’alluce fino al quarto dito, pizzicare dalla base di entrambi i lati fino alla punta delle dita, tirare, ruotare ogni dito massaggiando su tutti i lati. Ungere bene tra le dita. Riferendosi alla riflessologia, lavorare sulle aree del piede corrispondenti a testa e collo, spalle, spina dorsale, qualsiasi area che presenta dei problemi negli organi corrispondenti. Terminare con i reni. Ricordarsi che il lavoro sui punti di riflessologia non è consigliato durante la gravidanza.