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Università Telematica Pegaso Nozioni introduttive allo studio del diritto
dei mezzi di comunicazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 LA COMUNICAZIONE ED I MEZZI DI COMUNICAZIONE ----------------------------------------------------- 3
2 LA DISCIPLINA GIURIDICA ---------------------------------------------------------------------------------------------- 8
3 L’EVOLUZIONE DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE ------------------------------------------------------------- 11
4 LA STRUTTURA DEL DIRITTO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE E I PRINCIPI ISPIRATORI --- 13
NOTE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19
Università Telematica Pegaso Nozioni introduttive allo studio del diritto
dei mezzi di comunicazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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1 La comunicazione ed i mezzi di comunicazione
Il termine comunicare deriva dal verbo latino “communicare”, che in italiano è tradotto in
“condividere”. Tale termine è a sua volta messo in relazione con un’altra parola latina “communis”
che in italiano si traduce in “comune”.
È difficile formulare una definizione universalmente valida di tale termine; a ben vedere, infatti,
esso è impiegato in numerosi campi di applicazione come la biologia, psicologia, sociologia e così
via.
Tuttavia, si può tranquillamente affermare che per comunicazione si intende lo scambio di messaggi
tra individui (o sistemi), uno scambio che avviene attraverso un preciso canale ed un codice
prestabilito. Più precisamente, attraverso la comunicazione, si partecipano agli altri, idee, pensieri,
opinioni, emozioni.
La comunicazione è lo strumento attraverso cui noi incrementiamo la nostra conoscenza condivisa,
favoriamo, cioè, il senso comune, ponendo in essere la precondizione essenziale per l’esistenza di
qualsiasi comunità1 .
Benchè sia per lo più acclarato che gli attori della comunicazione siano gli individui e gli altri
essere viventi, ad oggi ancora si discute in dottrina se la comunicazione presupponga
necessariamente una coscienza (propria ed esclusiva dell’essere umano e, ad opinione di scrive,
animane) o se possa definirsi anche comunicazione quella che avviene tra macchine.
In ogni caso la comunicazione presuppone una interazione tra soggetti anche diversi: ragione per
cui si impone ai protagonisti di essa una capacità di cooperazione. Il processo comunicativo è
sempre un processo di cooperazione, in cui due o più persone negoziano una certa visione della
realtà, attribuendo dei significati soggettivi ai contenuti della comunicazione stessa.
Non si può parlare di comunicazione se essa avviene a senso unico; a ben vedere, infatti, ogni
processo comunicativo richiede la bidirezionalità, laddove gli individui sono emittenti e allo stesso
tempo riceventi.
Come si può rappresentare il processo bidirezionale? Come una correlazione tra due postazioni che
sono contemporaneamente emittente e ricevente.
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EMITTENTE
↓ ↑
↓ ↑
↓ ↑
RICEVENTE
Integra, invece, una semplice trasmissione di segni o informazione la comunicazione unidirezionale
in cui un soggetto parla ad uno o più soggetti senza la necessità di ascoltare,.
Ma anche in questo caso, chi emette riceve dall’ascoltatore un feedback continuo, ad esempio i
messaggi non verbali.
Ad integrare una comunicazione valgono i seguenti elementi.
L’emittente è la fonte delle informazioni attraverso una codifica in messaggio.
Il ricevente accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende.
Il messaggio è formato da un codice: la parola, lo scritto, l’immagine, il tono; mediante il quale
viene data una forma linguistica all’informazione, che viene, cioè, significata.
Il canale è il mezzo di propagazione fisica del codice: onde sonore, elettromagnetiche, scrittura, bit,
necessario per trasferire l’informazione.
Il contesto è l’ambiente nel quale si sviluppa l’atto comunicativo.
Il contenuto (o referente) è l’oggetto della comunicazione, a cui si riferisce il messaggio.
Individuati gli elementi della comunicazione, si impone la rappresentazione di un sintetico quadro
di riferimento storico e teorico delle principali teorie della comunicazione.
Ad opinione di Paul Watzlawick, considerato il massimo esperto della pragmatica della
comunicazione umana, “la comunicazione è un processo di scambio di informazioni e di
influenzamento reciproco che avviene in un determinato contesto”. Secondo lo psicologo austriaco
in situazione di prossimità non si può non comunicare. Significativo che per lo studioso, persino in
una situazione anonima, come in un vagone della metropolitana, emettiamo a chi ci sta intorno
messaggi non verbali del tipo: non sono una minaccia per te e non intendo immischiarmi nella tua
sfera intima, così i nostri vicini accolgono il messaggio “bene, lo stesso vale per me nei tuoi
confronti”2.
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Altra teoria è da ascrivere a Luigi Anolli, specialista in psicologia. Lo studioso definisce la
comunicazione come “uno scambio interattivo osservabile tra due o più partecipanti, dotato di
intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un
determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di
segnalazione secondo la cultura”. Secondo l’accademico è un errore sovrapporre i concetti di
comunicazione e di comportamento, a ben vedere, infatti, questo impedirebbe di comprendere la
specificità della comunicazione3 .
E allora, è necessario fare una distinzione tra comunicazione, comportamento, informazione e
interazione.
Il comportamento è una qualsiasi azione motoria, messa in atto da un individuo per diverse ragioni,
anche per natura riflessa e percepibile da un altro4 . E mentre ogni comunicazione presuppone un
comportamento, non è vero l’inverso. In considerazione di ciò, l’autore ritiene che Watzlawick,
Beavin e Jackson, sovrapponendo i concetti di comunicazione e comportamento abbiano inficiato la
possibilità di comprensione della specificità della comunicazione.
L’informazione è un processo di acquisizione di conoscenze, trasmesse autonomamente da chi le
elabora, in base alla sua capacità, rispetto un certo oggetto o soggetto.
L’interazione è, invece, quel contatto anche involontario tra individui in grado di modificare la
situazione preesistente delle cose tra loro. In ciò avvicinandosi al pensiero di Paul Watzlawick
secondo il quale in una situazione in presenza di persone, "non si può non comunicare".
Insomma, non è necessariamente intenzionale e, quindi, non implica necessariamente una
comunicazione, essa si trova in posizione intermedia tra la comunicazione e il comportamento.
Così opinando, per Anolli, le principali dimensioni della comunicazione atterrebbero da una lato,
alla funzione prettamente proposizionale, in quanto le conoscenze sono organizzate e trasmesse
sotto forma di proposizioni e, quindi, si ricorre al linguaggio per poter concettualizzare, significare
e comunicare il proprio pensiero; e, dall’altro lato alla funzione relazionale, in quanto la
comunicazione genera e rinnova le relazioni generando quell’intersoggettività dialogica che
consente di negoziare significati e condividere scopi.
Felice Cimatti5 considera la comunicazione un fenomeno non autosufficiente, ma che tuttavia
rappresenta uno sviluppo delle interazioni non ancora comunicative che hanno luogo nella
percezione che in tal modo costituirebbe il fondamento della comunicazione che in quanto
fenomeno naturale, non sarebbe altro che la trasposizione a livello semiotico della più antica
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(evolutivamente) e generale capacità non semiotica di percepire e spostarsi nello spazio; con la
differenza che, nella comunicazione, lo spazio fisico diventa uno spazio mentale.
Altra teoria è da ascrivere al Consonni6 (1971) per il quale la comunicazione implica un’idea di
partecipazione, un progetto nel quale gli interlocutori hanno lo stesso peso e i destinatari possono
agire anche come emittenti.
È, inoltre, da ricordare che il testo può contrapporsi alla sua manifestazione significante e alle tracce
di intenzionalità comunicative che vi sono presenti.
Quanto, infine, a Gianfranco Bettetini, gli elementi individuabili a vario livello nella
comunicazione, al di là dei singoli ambiti disciplinari, sarebbero, caratterizzazione aperta o
bidirezionale (a volte pluridirezionale) dello scambio; possibilità di inversione dei ruoli fra
emittente e destinatario; valorizzazione dell’attività partecipativa del destinatario, anche nei casi in
cui ricopra il semplice ruolo di ricettore; attenzione agli effetti dell’azione comunicativa;
tendenziale disponibilità a considerare il rapporto di comunicazione come un’interazione paritetica
e, quindi, come una forma di conversazione almeno potenziale7 .
Gli elementi che principalmente contraddistinguono la comunicazione da una attività
semplicemente informativa sono: la parità di ruolo fra gli interlocutori e la partecipazione allo
scambio.
La comunicazione, inoltre, non è processo unidirezionale, ma, come si diceva, è un processo
relazionale, in cui due o più individui negoziano un insieme di significati condivisi.
L’informazione è un insieme di dati che ha un valore per chi la riceve, in quanto è potenzialmente
utile per i suoi scopi ed apporta un aumento della conoscenza8
.
L’informazione è quindi solo un aspetto della comunicazione, la quale prevede invece meccanismi
sociali ben più ampi.
Ciò che si dovrebbe mettere in atto è di fatto una conversazione.
Si è assistito però nel tempo al fenomeno dell’appiattimento della comunicazione
sull’informazione.
Per dirla con Bettetini, si è rinunciato a tener conto del contatto compartecipativo fra gli
interlocutori, del fatto che ogni scambio comunicativo implica e coinvolge la loro "personalità"
(individuale o collettiva), li mette in gioco soggettivamente nell’incrocio che il loro rapporto va
costruendo, al di là dei dati e dei contenuti oggettivamente scambiabili.
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Nel messaggio funzionalmente costruito per Bettetini vi sarà spazio per tre aspetti: l’ethos, inteso
come credibilità di chi parla; il pathos, inteso come stimolo delle passioni; il logos, inteso come
ordinamento delle ragioni.
Ebbene, ognuno di questi modi di osservare la comunicazione ha prodotto frutti importanti e gli
stessi studiosi spesso hanno fatto riferimento a più di un approccio per suffragare le loro teorie, per
cui non sempre è possibile inquadrarli entro un unico ambito di ricerca: la comunicazione da
sempre viene studiata partendo da più angoli visuali e con una grande varietà di strumenti
epistemologici. Vediamo di seguito quale è l’approccio prettamente giuridico che attiene alla
comunicazione.
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2 La disciplina giuridica
Ora, alla stregua di qualsiasi altra attività umana capace di interferire nella vita di relazione,
anche la comunicazione non può non essere considerata un fenomeno rilevante per l’ordinamento
giuridico e, dunque, non può non essere regolata dal diritto.
Tuttavia, poiché, come si diceva poco sopra, non è stata ancora coniata una nozione universale di
comunicazione, acquisendo essa significati diversi in relazione al contesto al quale si riferisce, è di
tutta evidenza anche la complessità della sua disciplina giuridica.
Punto di partenza è che la comunicazione rappresenta un aspetto essenziale della vita umana. Più
precisamente, essa ha una doppia valenza:
1 condivisione di idee, pensieri, osservazioni e fatti ragione per cui in quest’ottica la
comunicazione è in se stessa concezione;
2 collegamento fisico da un luogo ad un altro ed in questo la comunicazione si manifesta quale
strumento.
L’approccio giuridico, allora, deve tenere conto della distinzione tra la disciplina del contenuto
della comunicazione e la disciplina degli specifici mezzi attraverso i quali essa si compie.
Si tratta di una disciplina giuridica, quindi, interdisciplinare, trasversale, dinamica, che trae la sua
forza da variegati riferimenti normativi fondamentali e da principi e regole tanto nazionali quanto
internazionali.
La disciplina del contenuto è costituita da un insieme di regole cardinali, applicabili a tutti gli
scambi di informazione, fortemente garantite dalle carte fondamentali dei diversi Stati sviluppatesi
nell’ampio processo di allargamento di protezione e realizzazione della persona. A titolo
esemplificativo basti pensare alle attività di comunicazione poste in essere dalle agenzie di stampa.
Il sistema giuridico che ruota attorno alla libertà di espressione e di manifestazione del pensiero fa
quindi riferimento a capisaldi normativi che sono alla base di una società democratica. Di ciò si
parlerà nella lezione dedicata alla libertà di espressione, nel corso della quale saranno evidenziate le
fonti internazionali, comunitarie, costituzionali e nazionali della comunicazione.
La disciplina dei mezzi di comunicazione, invece, è costituita da disposizioni strutturate in maniera
differenti ed in relazione alle specifiche esigenze dei vari strumenti di diffusione della
comunicazione. Si tratta di una disciplina dinamica ed elastica che segue l’evoluzione tecnologica
entro la quale si sviluppa la comunicazione e l’interazione tra soggetti diversi.
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Da qui la varietà e complessità degli interessi coinvolti nella comunicazione.
Per poter individuare la disciplina giuridica della comunicazione occorre fare una diversa
classificazione, rispetto al modello tradizionale di bipartizione del diritto.
Il nostro modello, in base ai diversi interessi protetti, è diviso in diritto privato e pubblico.
il diritto privato disciplina i rapporti intersoggettivi tra individui della stessa comunità,
persone fisiche o persone giuridiche, per quanto attiene alla sfera personale, familiare,
patrimoniale. È un diritto per così dire personale che interviene solo se richiesto dai soggetti
interessati;
il diritto pubblico, contiene disposizioni inderogabili a tutela degli interessi dell’intera
comunità. Disciplina lo Stato, gli enti pubblici, i loro rapporti con i privati ove questi
agiscano in funzione di auctoritas.
La principale differenza tra i due diritti consiste nel fatto che il primo prende in considerazione
soggetti i cui rapporti sono assolutamente paritari, il secondo disciplina rapporti tra soggetti di cui
almeno uno ha funzioni o attribuzioni di salvaguardia dell’interesse pubblico.
Tuttavia, la linea di demarcazione tra diritto privato e pubblico non è poi così netta. In alcuni casi lo
Stato può agire come un privato oppure utilizzare strumenti privatistici per la realizzazione dei
propri scopi. Ben può un ente pubblico partecipare ad una società o stipulare contratti. In simili casi,
lo Stato rinuncia alla funzione di auctoritas.
Ebbene, proprio esaminando la disciplina delle comunicazioni, emerge quanto sottile, variabile e
controverso sia il confine tra le due parti del diritto.
Ed è in ciò che emerge con tutta evidenza la trasversalità della disciplina della comunicazione.
Laddove sotto il profilo privatistico entra in gioco la tutela della dignità, lo sviluppo della persona
umana, la privacy; sotto il profilo pubblicistico entra in gioco la libertà di pensiero e la possibilità
che si formi un’opinione consapevole strumentale all’effettiva attuazione della democrazia.
Se, dunque, la libertà di pensiero è strumentale alla democrazia, assume rilevanza in uno stato
democratico, l’esercizio professionale delle attività attraverso le quali si attua la comunicazione, si
tratta di uno degli aspetti di maggiore complessità della disciplina de quo.
E allora, da chi sono esercitate in forma professionale le attività attraverso le quali si attua la
comunicazione? Dalle imprese di comunicazione9 i cui peculiari profili le differenziano nettamente
dalle altre imprese. A ben vedere, infatti, elemento strutturale di un sistema democratico è la
garanzia del pluralismo dell’informazione, se del caso, anche ai danni di del criterio economico di
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efficienza del mercato che nei settori diversi dalla comunicazione vede con un certo favore il venir
meno delle imprese non competitive.
La trasversalità si evidenzia quindi proprio per la presenza di questo terzo gruppo di interessi che
ruota attorno al mondo della comunicazione, costituito appunto dalle imprese di comunicazione,
costrette a dividersi tra funzionalità ed efficienza in ossequio alle esigenze del mercato ed etica
della comunicazione quale valore fondamentale del pluralismo.
Orbene, la difficoltà della disciplina della comunicazione attiene proprio alla ricerca di un punto di
equilibrio tra le esigenze di mercato delle imprese e le ragioni politiche della comunicazione.
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3 L’evoluzione dei mezzi di comunicazione
Seppur scontato, nell’esaminare l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, non si può non
partire da un dato di fatto: la necessità di comunicare costituisce una caratteristica propria
dell’uomo, non a caso, siamo stati tradizionalmente ascritti alla categoria degli “animali sociali”,
“l’uomo è un animale sociale”: tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in
società10
.
Se, dunque, l’uomo, principale attore della comunicazione è inserito in un contesto sociale in
continua fisiologica evoluzione, anche i mezzi di comunicazione si sono evoluti in relazione ai
mutamenti che hanno impresso le varie forme sociali.
È sin dall’età della pietra che l’uomo preistorico ha cercato l’approccio con i suoi simili: con la
pietra, che ben può definirsi il primo strumento mediatico verso l’esterno, l’uomo disegnava i suoi
graffiti. Dalle forme più semplici, rivolte ad una cerchia ristretta di soggetti, si è passati
successivamente alla comunicazione attraverso forme più complesse in grado di raggiungere una
vasta gamma di utenti.
Con il tempo, la tradizione orale delle conoscenze tramandate di padre in figlio ha avviato un
processo evolutivo che ha condotto a alla individuazione di tre principali veicoli di informazione
nello scritto, nelle immagini e nei suoni, quali media fondamentali.
Ma la vera trasformazione della vita degli individui e della società avviene grazie a quell’evento
straordinario che fu la rivoluzione industriale di duecento anni fa e che ha portato l’uomo a
cimentarsi in nuove sfide evolutive anche nel campo della comunicazione.
Negli ultimi anni lo sviluppo della tecnologia ha consentito traguardi inimmaginabili sino a qualche
decennio addietro, ha reso possibile uno scambio sempre più ampio e veloce dell’informazione,
soprattutto grazie alla varietà di mezzi a disposizione per il passaggio e lo scambio di dati di ogni
genere. Televisione, giornali, radio e soprattutto internet hanno fatto sì che si sviluppasse una sorta
di cultura di massa, accessibile a tutti in ogni momento.
Oggi, con il termine “mass-media” si intendono generalmente quei mezzi di comunicazione di
massa in grado di diffondere informazione e conoscenza, nel più breve tempo possibile.
Il termine “media” proviene dalla lingua inglese ma a sua volta mutuato dal latino ove media è il
plurale latino di “medium” che tradotto significa “mezzo”.
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I mezzi di comunicazione di massa sono quelli che per la universalità della loro funzione
raggiungono una diffusione su scala planetaria. Sono i protagonisti del fenomeno della
“globalizzazione”.
Tra questi si annovera:
1. Televisione
2. Cinema
3. Radio
4. Stampa
5. Internet
Orbene, proprio in considerazione dell’accelerato progresso tecnologico, ad oggi si prospetta
l’avvento di telecomunicazioni di tipo “integrato”, per le quali un unico tipo di segnalazione
impulsiva e codificata consentirà la trasmissione di qualsiasi tipo di informazione. La sfida, cioè, è
quella di realizzare sistemi integrati di comunicazione attraverso un sistema unico ove attuare la
comunicazione individuale, la distribuzione e la fruizione di entertainment, la diffusione di
informazione e la compravendita di beni e servizi.
La svolta è possibile, quanto ad esempio al settore televisivo, grazie alla tecnologica digitale11
, che,
utilizzando il linguaggio binario composto da bit elettronici, è in grado di essere impiegata
all’informazioni, informatica, radiotrasmissioni, telecomunicazioni, elettronica di consumo12
.
Con l’evoluzione tecnologica si è trasformato il modo di intendere la telecomunicazione13
. Se in
passato si riferiva alla sola telefonia fissa, oggi è un complesso di comunicazione elettronica che
comprende qualsiasi trasmissione di segnali via cavo, via radio, a fibre ottiche, reti satellitari e così
via.
Posto che l’evoluzione tecnologica è decisamente più veloce dell’evoluzione della società, si
impone oggi più che mai, un intervento urgente da parte del legislatore con il preciso scopo di
coniugare i nuovi approcci tecnologici con i valori comunemente condivisi.
Compito del diritto, quindi, per garantire standard di protezione adeguati, è quello di colmare le
inevitabili lacune generate dalle evoluzioni tecnologiche, attraverso l’approfondimento e la
conoscenza dei diversi sistemi di trasmissione dati ed intervenendo con riferimenti normativi precisi
che adattano tali evoluzioni con i principi generali esistenti.
Nell’attuale momento storico, dunque, il diritto dei mezzi di comunicazione deve essere
necessariamente concepito come un sistema in movimento.
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4 La struttura del diritto dei mezzi di comunicazione e i principi ispiratori
Come già accennato, il diritto dei mezzi di comunicazione ha una struttura particolare
perché è destinato ad incidere sia sui rapporti privati che su quelli pubblici della vita di relazione.
Per questo motivo, esce, come visto, dalla tradizionale bipartizione tra diritto pubblico e diritto
privato assumendo un carattere interdisciplinare.
E allora, posto che il settore della comunicazione è uno dei responsabili della globalizzazione,
condizionato come è dall’evoluzione tecnologica, anche rispetto a tale settore si impone una
globalizzazione del diritto. È necessaria una omogeneizzazione e un coordinamento tra norme
nazionali e sovranazionali, per eliminare le zone d’ombra che impediscono un serio sistema di
controlli e limiti.
Infatti, non è possibile immaginare che le singole legislazioni nazionali possano gestire in
autonomia un processo di comunicazione globale di cui Internet ne è la massima espressione. A ben
vedere, infatti, la comunicazione via internet è per lo più “svincolata” dalle singole legislazioni
nazionali. Non più controlli, né i limiti di provenienza strettamente nazionale riescono a reggere in
rete. Si tratta di un profilo, questo, che non può non preoccupare, rischiando di compromettere
seriamente la tutela di situazioni giuridiche soggettive rilevanti di coloro i quali in tale processo
comunicativo sono in qualche modo coinvolti.
È per questo che le fonti del diritto vanno ricercate, oltre che in ambito costituzionale e nazionale,
soprattutto in ambito internazionale, al fine di individuare un punto di equilibrio al di sopra delle
singole legislazioni.
La libertà di manifestazione del pensiero, infatti, è solennemente affermata in diverse Dichiarazioni
universali succedutesi a partire dal 1948 ad oggi.
E così, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino approvata dall'Assemblea Nazionale il
26 agosto del 1789 che, all’art. 11 afferma che la libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni
è uno dei diritti più preziosi dell’uomo. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare
liberamente salvo a rispondere dell’abuso di tale libertà nei casi previsti dalla legge e che il diritto
alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto a non essere molestato per la propria
opinione è quello di cercare, ricevere, e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e
senza riguardo alle frontiere.
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Ancora, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali di Roma del 1950, afferma che ogni persona ha il diritto alla libertà di espressione,
precisando che tale diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o comunicare
informazioni idee senza che vi possa essere interferenza di pubblica utilità e senza riguardo alla
nazionalità e, ancora, che “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la
libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza
alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo noti
impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione,
di cinema o di televisione”.
Quanto al quadro di riferimento offerto dal diritto comunitario, la Costituzione europea14
in merito
alla comunicazione conferma e ribadisce quanto già affermato dalla Carta di Nizza. E così,
attraverso la libertà di espressione la persona umana realizza la propria identità e partecipa al
processo democratico.
Direttive e regolamenti comunitari fino ad oggi si sono ispirati al principio della liberalizzazione del
mercato delle comunicazioni e a quello della tutela del consumatore. La tendenza del legislatore
comunitario è infatti quella di introdurre la concorrenza nel mercato delle comunicazioni in armonia
con l’evoluzione tecnologica.
Quanto, infine ai principi costituzionali, non è dato riscontrare una precisa enunciazione di quelli
attinenti alla comunicazione, in ragione del fatto che all’epoca della emanazione della Costituzione,
come noto, nel 1948, non esisteva un sistema dei mezzi di comunicazioni così complesso articolato
e transazionale quale quello attuale. Gli unici riferimenti che è dato riscontrare sono negli artt. 215
e
316
quanto al concepimento del sistema dei mezzi di comunicazione quale strumento per favorire lo
sviluppo della personalità dell’individuo nell’ambito delle formazioni sociali, nella misura in cui
tuteli sia il diritto ad essere informati, sia quello ad informare che, infine, quello a comunicare.
Negli artt. 1517
e 2118
il tema è affrontato nella prospettiva della libertà di comunicazione. Altri
riferimenti costituzionali sono negli articoli 4119
e 4320
.
Una definizione esaustiva sui differenti piani di cui si compone oggi il diritto dei mezzi di
comunicazione, toccando aspetti riguardanti l’informazione, il commercio e lo sviluppo tecnologico
nel pubblico e nel privato, la fornisce il Prof. Astolfo Di Amato secondo il quale tale diritto è ”parte
del diritto che disciplina accesso, esercizio e fruizione di un qualsivoglia strumento che la
tecnologia abbia messo a punto per consentire la comunicazione sia tra soggetti determinati, sia tra
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soggetto determinato e una schiera indeterminata di destinatari e sia tra soggetti del tutto
indeterminati tanto relativamente all’emissione della comunicazione quanto alla sua ricezione”21
.
A tale definizione va riconosciuto l’indiscusso pregio di consentire di comprendere al suo interno
anche quelle forme di comunicazione fortemente caratterizzate dalla specificità del mezzo
adoperato (telecomunicazioni, comunicazione radio o tv, informazione a mezzo stampa o on line
etc.).
In questa definizione, infatti, è fortemente valorizzato il profilo della convergenza, nella cui
direzione ad oggi si sta muovendo l’evoluzione tecnologica. Non vi è chi possa negare che ad oggi
una medesima piattaforma tecnologica può essere utilizzata per svariate forme di comunicazione:
attraverso internet, si può telefonare, leggere un giornale, seguire una partita di calcio, guardare un
film, inviare e ricevere e. mail etc.
Insomma, la comunicazione elettronica che include qualsiasi trasmissione di segnali via cavo, via
radio, a mezzo fibre ottiche, di reti satellitari, si sostituisce al tradizionale concetto di
comunicazione22
.
Delicato il compito così assegnato al diritto de quo: dirimere il conflitto tra contenuto e mezzi
tecnici, tenendo conto da un lato dei fondamentali diritti delle persone quali il diritto
all’informazione, reputazione, privacy, immagine, nome, identità personale, dall’altro della
disciplina delle piattaforme tecnologiche, della diffamazione, della normativa Antitrust, del
commercio elettronico e della firma digitale.
Quanto alla struttura del diritto dei mezzi di comunicazione, allo stato attuale, si tratta di un sistema
in continua evoluzione che necessita di costanti riassetti interpretativi, per il quale è impensabile
intravederne un approdo23
.
Alla luce di ciò, l’approccio allo studio del diritto dei mezzi di comunicazione di massa non può che
prendere le mosse dall’esame degli aspetti giuridici più rilevanti della libertà di manifestazione del
pensiero, ma anche dall’organizzazione amministrativa del sistema dell’informazione, dalla stampa
e dal diritto d’autore. Particolare attenzione va rivolta anche al settore delle telecomunicazioni per
affrontare il problema della liberazione del mercato e la disciplina della radiotelevisione.
In questa direzione, a regolamentare il settore dell’informazione e della comunicazione, un
significativo contributo proviene dai giudici attraverso l’analisi e gli sforzi interpretativi dei non
sempre fluidi riferimenti normativi vigenti. Tra questi il ruolo determinante spetta alla Suprema
Corte di Cassazione provvedendo a colmare le lacune e ambiguità concettuali delle leggi per
garantire un sistema di coerenza ed armonia con la volontà legislativa.
Università Telematica Pegaso Nozioni introduttive allo studio del diritto
dei mezzi di comunicazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Come noto, infatti, alla Corte Suprema spetta il compito di assicurare l’uniforme applicazione del
diritto secondo la funzione nomoflattica di cui è dotata.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Note 1 K.E. Rosengen, Introduzione allo studio della comunicazione, Mulino, 2001, Bologna.
2 P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971.
3 L. Anolli, Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2006.
4 L. Anolli Psicologia della comunicazione, 2002, p. 26.
5 F. Cimatti, in Fondamenti naturali della comunicazione in Manuale della comunicazione a cura di S. Gensini,
Carocci editore, Roma 1999, p. 86
6 A. Consonni, Comunicare l’impresa, IPSOA, Milano1987.
7 G. Bettetini in Semiotica della comunicazione d’impresa", Milano, Bompiani,1993, pp. 14 ss. .
8 L’informazione non consiste in un agglomerato indistinto dei dati, perché questi sono appunto solo dati.
L’informazione, per essere tale, deve apportare una conoscenza effettivamente utile e utilizzabile a chi la riceve, una
sorta di valore aggiunto al dato, che di per sé è privo di utilità. Quando si parla di informazione bisogna sempre tenere
conto del contesto di riferimento a cui i dati si riferiscono e solo in base a tale contesto è possibile decodificarli e
assegnare loro un particolare significato.
9 I peculiari profili della impresa di comunicazione la differenziano nettamente dalle altre imprese. L’impresa di
comunicazione è soggetta ad un duplice statuto. Quello dell’impresa commerciale, strettamente funzionale all’efficienza
del mercato e quello della comunicazione che prevalentemente si ispira al valore del pluralismo. Ed è in ciò che
maggiormente emerge la difficoltà di conciliare quelle che sono ragioni prevalentemente economiche dell’impresa con
quelle prettamente politiche della comunicazione.
10 Il primo ad utilizzare tale espressione fu il filosofo greco Aristotele (IV sec. a. C.) nella sua Politica.
11 Introdotta alla fine del 1994 negli Stati Uniti, dopo un periodo di test su alcuni mercati locali, la tecnologia digitale
rappresentò una vera pietra miliare nell’evoluzione della televisione. Utilizzata per la prima volta già lungo tutta la
catena del valore della televisione, superando l’ostacolo costituito dalla trasmissione diretta all’utente finale.
12 Durante la fase di emissione, l’immagine televisiva analogica, viene codificata e numerizzata mentre in fase di
recezione, un opportuno sintonizzatore-decodificatore (detto anche Set Top Box) restituisce le immagini all’utente
finale con una qualità paragonabile a quella presente all’uscita dello studio televisivo.
Infatti, il sistema digitale consente di:
a) trasformare in stringhe binarie qualsiasi messaggio;
b) trasmettere il messaggio digitalizzato con i diversi strumenti ed infrastrutture di trasporto e telecomunicazione;
c) offrire servizi alla persona.
Certi i vantaggi della televisione digitale: dal miglioramento della qualità video e audio stereo e dolby alla
moltiplicazione dei canali, passando per la varietà delle applicazioni.
13 Il termine telecomunicazione venne adottato ufficialmente nel 1932 quando venne fondata la UIT (Union
Internationale des Télécommunications) allo scopo di coordinare le attività tecniche e di disciplinare in campo
internazionale il settore.
14 La Costituzione europea fu firmata dagli Stati membri dell’Unione il 29 ottobre 2004, con la sottoscrizione del
Trattato di Roma. La sua entrata in vigore era subordinata alla ratifica parlamentare o elettorale da parte di tutti gli Stati
membri, ma la bocciatura subìta nei referendum svoltisi in Francia e nei Paesi Bassi l’anno successivo bloccarono il
processo di approvazione. Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ha semplificato il testo della Costituzione
che, dopo alterne fortune nell'iter di approvazione da parte dei diversi paesi europei, è definitivamente entrato in vigore
l'1 dicembre 2009.
15 Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
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16 Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la
uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
17 Art. 15 La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La
loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
18 Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo
di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria (24) nel caso di delitti, per i quali la
legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per
l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il
sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e
non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore
successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa
periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge
stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
19 Art. 41. L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni
perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
20 Art. 43. A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo
indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di
imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano
carattere di preminente interesse generale.
21 A. Di Amato, Appunti di diritto dei mezzi di comunicazione, E.s.i.l Napoli, 2006.
22 S. Orefici, Diritto dei mezzi di comunicazione, Pegaso, Napoli, 2009.
23 B.Dalia, Diritto dei mezzi di comunicazione, Pegaso, Napoli, 2008.
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Bibliografia A. Consonni, , Comunicare l’impresa, IPSOA, Milano1987
A. Di Amato, Appunti di diritto dei mezzi di comunicazione, E.s.i., Napoli, 2006
B. Dalia, Diritto dei mezzi di comunicazione, Pegaso, Napoli, 2008
F. Cimatti, in "Fondamenti naturali della comunicazione" in Manuale della comunicazione a
cura di S. Gensini, Carocci editore, Roma 1999
G Bettetini Semiotica della comunicazione d’impresa, Milano, Bompiani, 1993.
K.E. Rosengen, Introduzione allo studio della comunicazione, Mulino, 2001, Bologna
L. Anolli "Psicologia della comunicazione", 2002, p.26.
L. Anolli, Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2006.
P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana,
Astrolabio, Roma, 1971