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Zlatko Kopljar, K17, 2012, HD Video, 10 min 42 sec. Nèura Magazine Digital (era) Nèurastenie Appuntamen dall’8 al 15 novembre: #fumeo “Fiato d’arsta” David Claerbout al Mart Video ars: Jaan Toomik e Zlatko Kopljar Eunomia Mostre all’italiana L’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano Logo ©Cristiano Baricelli 8-15 novembre 2012 Non È Una Rivista d’Arte Numero 6

Nèura Magazine # 6

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Non è una rivista d'arte - Digital (era)

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Zlatko Kopljar, K17, 2012, HD Video, 10 min 42 sec.

Nèura Magazine

Digital (era)

Nèurastenie

Appuntamenti dall’8 al 15 novembre: #fumetto

“Fiato d’artista”

David Claerbout al MartVideo artisti: Jaan Toomik e Zlatko Kopljar

Eunomia

Mostre all’italianaL’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano

Logo ©Cristiano Baricelli

8-15 novembre 2012Non È Una Rivista d’Arte

Numero 6

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©Nèura Magazine 2012. Nèura Magazine è uno spazio culturale di prospettiva. La redazione è composta da Anna Castellari, Silvia Colombo, Sonia Cosco e Roberto Rizzente.

Nessuna parte o contenuto di questa pubblicazione può essere du-plicata, riprodotta, trasmessa, alterata o archiviata in alcun modo senza preventiva autorizzazione degli autori. I contenuti di questa pubblicazione non hanno carattere periodico e non rappresentano prodotto editoriale ex L.62/2001.

Logo ©Cristiano Baricelli, Ictus, 2005.

Per contatti, scrivi: [email protected]

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Affermare che oggi ci troviamo nell’era digitale non sembra esse-re una novità. Se non altro perché una certa band inglese vagamen-te nota (dicesi: Joy Division) già nel 1978 intitola un brano pro-prio così, Digital.

Certo, i riferimenti e le allusioni sottesi al pezzo musicale sono altri, ma quell’idea di essere ‘dentro e fuori’ evoca così fedelmen-te il gesto dell’on and off – accensione e spegnimento, scorrimen-to dell’immagine e sua scomparsa – da non poter essere tralascia-to e dimenticato.

Il numero #6 di Nèura Magazine si ispira idealmente a ciò e si ri-collega al digitale nei suoi vari aspetti e declinazioni.

Si sofferma su un formato immediato, apparentemente facile alla lettura, come la videoarte del belga David Claerbout, ora in mo-stra al Mart di Rovereto con il suo tocco visuale delicato e poetico.

Estrinseca le possibilità della performance video attraverso i lavori dell’estone Jaan Toomik e del croato Zlatko Kopljar, dove il corpo diventa protagonista quasi esclusivo dello schermo.

Riflette sul circuito delle mostre, oggi, l’era digitale e insieme l’era della crisi economica – dalle mille possibilità potenziali e dalle scar-se risorse (sarà poi così vero in tutti i casi?).

Propone modelli rari: come quello del toscano Archivio Diaristi-co Nazionale, preposto alla conservazione delle memorie private e impegnato nella digitalizzazione dei materiali cartacei della collezio-ne – il progetto si chiama proprio Impronte Digitali.

Perché passare al digitale, che sia terrestre o che provenga da un al-tro universo, non significa necessariamente progresso, ma nemme-no sprofondare nel regno dell’effimero.

Editoriale - Digital (era).Archivi, media, interrogativi

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Digital (era)

Infine, ecco qualcosa di più concreto: perché non crearvi un itine-rario a tema, questa settimana incentrato sul #fumetto?

Seguendo i nostri consigli potrete scegliere se leggere libri, visitare una mostra, incontrare Diabolik o Dylan Dog.

Gulp!

Buona lettura

La Nèuraredazione

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Indice - Numero 6

Editoriale - Digital (era). Archivi, media, interrogativi

Eunomia - Caro Diario:quando l’autobiografia diventa arte

“Fiato d’artista” - David Claerbout. Alla ricerca del tempo frammentato

Eunomia - Mostre all’italiana. L’arte salverà l’economia?

“Fiato d’artista” - Kopljar e Toomik, l’happening ai giorni nostri

Nèurastenie - Fumetto

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Eunomia - Caro Diario:quando l’autobiografia diventa arte

Silvia Colombo

Un breve viaggio in Toscana, alla scoperta dell’Archivio Diaristico Na-zionale di Pieve Santo Stefano (AR): un piccolo gioiello per la no-stra tradizione letteraria, documentaria, storica e artistica; uno spaccato di questa nostra Italia che, nel bene e nel male, ci ritroviamo ad amare.

Tutti, una volta o l’altra, ci siamo rivolti a un Caro Diario. Abbiamo ardentemente voluto parlare a qualcuno in grado di ascoltare, senza possibilità di replica, confessare a un foglio bianco peccati che non saremmo capaci di ripetere a voce, ricordare date importanti, libera-re noi stessi e imprigionare i nostri pensieri sulla carta.

È il desiderio di comunicare, o anche solamente di ammettere qual-cosa al silenzio dei nostri pensieri, che ci porta a scrivere, riempire in-teri quaderni, densi della nostra inconfondibile grafia e grafomania.

Clelia Marchi con il suo lenzuolo ©Foto Livi

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Digital (era)

Ma poi, quale fine sarà riservata alle pagine che abbiamo riempito con tutto il sentimento che ci era possibile? Forse, spinti da un im-pulso egoistico pregno di liberazione, non ci pensiamo: per fortuna esiste qualcuno che lo fa per noi.

In terra toscana, e più precisamente a Pieve Santo Stefano, piccolo centro della verdeggiante provincia aretina, nel 1984 nasce – per iniziativa del giornalista e scrittore Saverio Tuti-no – l’Archivio Diaristico Nazionale, fondazione che si prefig-ge l’obiettivo di “rispondere all’esigenza di memoria di un intero Paese e accogliere le testimonianze autobiografiche di un inte-ro popolo”.

Si parla di memoria, di identità collettiva ma, non dimenti-chiamoci, anche di storia. Non di una ‘storia da manuale’, fat-ta di comandanti e imperatori, governatori e sottoposti, bensì di vicende plurime, di voci che ci permettono di assistere al trascor-rere degli avvenimenti da un punto di vista diverso – ‘minore’, direbbero alcuni, eppure l’aggettivo risulta in questo caso quan-tomai fuori luogo.

Sono (siamo) tanti pezzi di un puzzle, tutti ugualmente importanti,

Teca con il lenzuolo di Clelia Marchi, Archivio Diaristico Nazionale©Foto Luigi Burroni

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che poco a poco si ricompongono per ricreare la tradizione da cui proveniamo – nessuno escluso.

L’istituzione, oggi, conserva più di 6.500 documenti tra epistola-ri, diari e memorie, resi accessibili alla consultazione anche attraver-so un catalogo online.

E vuoi per il fascino di toccare e sognare tranches de vie altrui (sì, siamo tutti un po’ voyeurs), dalle cronache personali alle storie d’a-more tormentate, vuoi perché in molti casi i diari sono dei piccoli ‘libri d’arista’ – corredati da illustrazioni e disegni, scritti con grafie a intreccio, oppure battuti a macchina in maniera fitta fitta, come un poema verbovisuale –, l’impressione è che ogni pezzo sia un so-gno in miniatura.

Tra le opere eminenti della collezione – attualmente in fase di digi-talizzazione grazie al progetto Impronte Digitali, realizzato in col-laborazione con la Fondazione Telecom – si distingue il lenzuolo di Clelia Marchi: un imponente diario personale di una contadi-na mantovana tanto umile quanto sincera (l’esordio con Gnanca na busìa, ‘nemmeno una bugia’, sembra piuttosto significativo), scritto sul lenzuolo matrimoniale condiviso per anni col marito. Su questa superficie, le parole sgrammaticate di Clelia, in caratteri corsivi, ri-marcate lungo linee orizzontali e numerate meticolosamente, si sus-seguono e raccontano tutta una vita.

Il bianco e nero della grafia è incessante. Si interrompe solo in cor-rispondenza dei ricami rossi lungo la bordatura del tessuto e delle foto, incorniciate a uncinetto, che ritraggono il marito, la stessa au-trice, e il Sacro Cuore di Gesù.

Pubblicata nel 2007 da Einaudi1, con il titolo Terra Matta, è invece la biografia di Vincenzo Rabito (Premio Pieve 2000), un braccian-te semi-analfabeta che descrive l’Italia del Sud della prima metà del Novecento, dalla prima Guerra al Ventennio fascista fino ad arriva-re agli anni settanta. Una descrizione non convenzionale, rigurgitata in oltre mille fogli scritti a macchina, da cui trapela l’opinione di un uomo che ha sfidato se stesso nella scrittura. Un’opinione gridata a interlinea zero, con segni di interpunzione arbitrari, raccontata in un linguaggio che non esiste, in bilico tra l’italiano e il dialetto siciliano.

1 E di recente in versione economica.

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Lenzuolo di Clelia Marchi (particolare), Archivio Diaristico Nazionale ©Foto Luigi Burroni

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Trasportati dall’intensità delle parole e dei concetti racchiusi den-tro tutte queste pagine, noi di Nèura vorremmo che questo articolo fosse anche, a suo modo, un appello: se avete scritto o siete in pos-sesso di memorie private, vostre o di parenti, amici o conoscenti, potete prendere contatti diretti con l’Archivio Diaristico Naziona-le: potrete stare certi che il vostro piccolo romanzo personale si tro-verà in mani sicure.

Infine ricordate che ogni anno, a settembre, il Premio Pieve Save-rio Tutino seleziona una tra le opere inedite presentate (entro il ter-mine del 15 gennaio), poi insignita di un premio e pubblicata con l’editrice Terre di Mezzo.

Fondazione Archivio Diaristico Nazionale onlus

Sede operativaPiazza Amintore Fanfani, 14 - Pieve Santo Stefano (AR) sito web. www.archiviodiari.it

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Diario di Vincenzo Rabito (particolare), Archivio Diaristico Nazionale ©Foto Luigi Burroni

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“Fiato d’artista” - David Claerbout. Alla ricerca del tempo frammentato

Anna Castellari

Ovatta. Questa è la prima parola che viene in mente, pensando – an-che a distanza di giorni – alla mostra contemplativa di David Claer-bout, presente al Mart di Rovereto. Proprio come una giornata di neve, infatti, l’artista, attraverso la sua video arte incentrata sullo studio del-la percezione del tempo e della memoria, avvolge gli spettatori in uno spazio-tempo non percepibile in altri modi.

È quasi completamente bianco, con tappeti insonorizzanti, di ma-teriale plastico ma che si percepisce morbido sotto i nostri passi, l’allestimento della mostra dedicata al videoartista belga, interve-nuto al Mart nel giorno in cui inauguravano due mostre: la sua, e quella “antologica” dal pomposissimo nome La magnifica osses-sione. Il tutto è avvenuto nel museo trentino il 26 ottobre scorso, con molti degli artisti coinvolti – Claerbout, Isgrò, Paco Cao – e i curatori delle esposizioni.

David Claerbout, The Quiet Shore, 2011, proiezione video a un canale, bianco e nero, muto, 36 min 32 sec in loop. Courtesy Collection Vanmoerkerke

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Due esposizioni quasi agli antipodi. Minimalista l’una, baroc-chissima e ricolma di percorsi l’altra, quella antologica, dedicata ai dieci anni del museo. Un disequilibrio violento, che si sente passando da un piano all’altro del museo, come se ci si trasferisse da un pianeta a un altro. Nella Magnifica ossessione si vorrebbe lanciare un’interazione con il pubblico, ma è qualche cosa che rimane, forse, solo in potenza: i curatori hanno scelto di non ap-porre le didascalie con i nomi di autori e i titoli delle opere per i primi due mesi (tranne i lavori più noti) per far giocare il pubblico e stimolarlo a indovinare la risposta. Operazione rischiosa, se si considera che si tratta di una mostra sterminata, di cui si fatica a individuare un filo conduttore, e che richiede una notevole prepa-razione pregressa in arte contemporanea.

La mostra dedicata a Claerbout riesce, invece, grazie all’atmo-sfera bianca, minimale e ovattata di cui sopra, a mettere in risalto appieno la sua produzione. Nello saggio David Claerbout. Tur-bare il tempo. Moltiplicare l’istante1, Saretto Cincinelli, curatore

della mostra, sostiene che nei suoi primi la-vori, l’artista “prende le mosse da un nucleo di lavori tesi a ri-ani-mare foto di archivio”. E continua: “Nei pri-mi lavori dell’artista […] non viene con-cettualmente prima la fotografia e dopo il video, o prima il video e dopo la fotografia,

quanto piuttosto l’idea, incubata per lungo tempo, di modificare e trasformare delle immagini di affezione. L’accento non deve però cadere sul verbo ‘ri-animare’, poiché anche quest’ultimo va inteso

1 David Claerbout, a cura di Saretto Cincinelli, catalogo della mostra, Mart – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Mondadori Electa, Milano 2012, p. 13.

David Claerbout, The Quiet Shore (2011), proie-zione video a un canale, bianco e nero, muto, 36 min 32 sec in loop. Courtesy Collection Vanmoerkerke. Locandina della mostra al Mart

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David Claerbout, Rocking Chair (2003), proiezione video interattiva a doppio schermo, bianco e nero, muto. Courtesy David Claerbout

in una accezione particolare: l’artista non si propone di risuscitare tout court ma quasi...”2.

Il visitatore viene accolto all’ingresso della sala da una signora sedu-ta su una sedia a dondolo collocata sul balcone. Si tratta di Rocking chair. Entrando, la donna è inquadrata frontalmente, con il volto in ombra, mentre si dondola sulla sedia; specularmente, nella parte posteriore del telo su cui è proiettata l’immagine, la stessa figura è vista da dietro, controluce. Immagini in bianco e nero, visioni del mondo attraverso istanti giustapposti l’uno all’altro, la percezione del visitatore: sono tutti elementi che concorrono a rendere questo artista riconoscibile nello stile e nella qualità dei suoi lavori.

Dice Claerbout: “Non approvo l’egemonia del montaggio, la sua erotizzazione del tempo e del luogo. Ciò che mi interessa è trovare un modo per guardare una superficie che si muove senza che lo spettatore rimanga passivo”3.

Proseguendo il percorso della mostra, si rimane colpiti dai paralleli-smi dei punti di vista del video Riverside, lavoro a due canali proiet-

2 Ibidem, p. 13.3 Ibidem, p. 17.

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tato all’interno di una stanza foderata in nero. Si tratta di due schermi a colori, da guardare con le cuffie. La cuffia di destra corrisponde all’immagine di destra, e lo stesso vale per la sinistra. I suoni, spesso, si intrecciano, e questo perché i protagonisti dei due filmati si trova-no nello stesso paesaggio e finiscono nel medesimo punto del luogo che percorrono (seduti su un tronco d’albero su un fiume) in diversi istanti. E così non s’incontrano mai, anche se – in apparenza – i due paesaggi si assomigliano sempre di più, fino a sfiorare la sovrapposi-zione iconografica: ripresi dall’alto, i due personaggi sono seduti sul tronco, e poi riprendono ognuno il suo cammino.

Un’altra installazione interessante è The quiet shore, che pure presta un fotogramma alla locandina della mostra. Si tratta di una proiezione in bianco e nero, questa volta a schermo unico, immersa nel candore dell’allestimento – quasi a non voler essere troppo in contrasto con l’ambiente “reale” del museo (ma qui, ci si domanda, cos’è reale e cosa immaginario?). Fa capolino, in una spiaggia bretone, il noto fenomeno della bassa marea, con le pozze d’acqua che specchiano diversi gruppi di bagnanti, nello stesso punto e nello stesso momento, ricreando curiosamente “i trattamenti ai sali d’argento delle vecchie fotografie” (Saretto Cincinelli). I personaggi che si osservano da quella pozza sono diversissimi tra loro: adolescenti, una coppia, una signora... Un video dalla narratività assente, ma con un sostrato di intrecci di storie casuali, slegate le une dalle altre. In fondo, questa mostra destabilizzante sulla percezione del tempo rimane un tesoro da scoprire in autonomia. Non sveliamo oltre quanto si può ammi-

David Claerbout, Riverside, fotogrammi. Credits: Anna Castellari

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rare – e percepire – ma invitiamo chi desidera perdersi nel tempo e ritrovarsi nel suo frammentarsi ad andarla a visitare.

Per informazioni: www.mart.trento.it La mostra David Claerbout è visitabile fino al 13 gennaio 2013.

IngressoIntero: 11 € | Ridotto: 7 € | Biglietto Famiglia: 22 € Biglietto unico 2 sedi: Intero 13 € - Ridotto 9 €. Gratuito: fino a 14 anni, Amici del museo e scolaresche

Convenzioni: Ferrovie dello Stato è il vettore ufficiale del Mart. Presenta alle casse del museo un biglietto del treno per Rovereto e avrai diritto all’ingresso ridotto.

David Claerbout, Rocking Chair, 2003proiezione video interattiva a doppio schermo,

bianco e nero, muto. Courtesy David Claerbout

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Una delle sale del Mart, con la mostra di Claerbout. Credits: Anna Castellari

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Eunomia - Mostre all’italiana. L’arte salverà l’economia?

Sonia Cosco

Un’importante ricerca presentata in questi giorni a Firenze, vuole fare un po’ di chiarezza sul dove, come e perché delle mostre in Italia e trovare una strategia per migliorare la politica culturale nel nostro paese.

Questa settimana voglio dare un po’ i numeri. Delle mostre che inau-gurano in Italia, s’intende. Secondo l’analisi condotta dalla Fondazio-ne di Venezia per Florens 2012, intitolata “Le mostre al tempo del-la crisi. Il sistema espositivo italiano negli ultimi anni 2009-2011” in Italia si inaugurano 11.000 esposizioni l’anno. La ricerca nasce da un’indagine sulla struttura del sistema espositivo italiano e dall’analisi di 9.409 mostre organizzate nel 2009 e 6.120 nel 2011.

La ricerca, di Guido Guerzoni, è stata presentata lunedì 5 novem-bre a Palazzo Vecchio a Firenze. I numeri permettono di partire da basi concrete, per riflettere sulla politica del settore. Se vogliamo

Mostra in corso: Ai Wei Wei a San Gimignano (SI) fino al 1° gennaio 2013. Nell’immagine: Template, installazione, 2007

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geolocalizzare gli eventi, lo studio conferma quello che già sappia-mo a naso, ovvero che il sud è il fanalino di coda con 901 mostre contro i 1.875 del centro e i 3.344 del nord. La Lombardia sfor-na mostre a ritmi imbattibili: da sola riesce a fabbricare ben 1.345 eventi (altra cosa rispetto ai 24 della Valle D’Aosta). Prima riflessio-ne: i valdostani sono poco sensibili all’arte oppure nella capitale me-neghina ci s’imbatte in una proliferazione eccessiva di esposizioni? Di certo non figura particolarmente propositivo in questo settore il Molise, con sole 8 mostre nel 2011. Ovviamente questi dati vanno analizzati attraverso diversi livelli di lettura: più mostre non signi-fica di certo più qualità e quindi la domanda che vi faccio è: pre-ferite un maggior numero di stimoli e proposte, stile calderone, op-pure poche occasioni, ma selezionate? E in quest’ultimo caso, siete certi che ‘poco’ sia sinonimo di ‘valido’? Come mai non non c’è un pensiero sulla distribuzione territoriale degli eventi? Perché si passa dal deserto alla ridondanza espositiva? La difficoltà a rispondere è la cartina di tornasole del caos che regna e tutto ciò fa male soprattut-to a una cosa: la qualità degli eventi e la difficoltà a far emergere ciò che vale la pena andare a vedere.

Mostra in corso: Emilio Vedova a Venezia fino al 25 novembre 2013. Nell’immagine: Ciclo ’62

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Le contraddizioni sono tante: mostre faraoniche, con battage me-diatico e sponsor altisonanti che non mantengono le aspettative, operazioni attente e ben curate che non hanno altrettanta visibilità e meriterebbero più attenzione e più sostegno economico, mostre che non alimentano né un mercato né un pubblico, ma solo la va-nità dell’artista e così via.

L’offerta diventa una giungla, dove però – sempre secondo l’in-dagine – trovano più spazio le esposizioni legate all’arte con-temporanea (4.061 nel 2011), mentre si riducono drasticamente esposizioni legate all’arte antica, alla scienza, all’archeologia, all’arte etnica. Piace e si mantiene a una buona posizione la fotografia (con 634 esposizioni sempre nel 20111).

Chi scrive, ritiene che in un momento di forte recessione come quella che stiamo vivendo, l’arte e la creatività vadano sostenute, anche come volano economico e turistico di un paese, ma le ri-cerche sul sistema espositivo italiano dovrebbero diventare gli stru-menti idonei per permettere ai nostri amministratori di avere il polso del malato e usare la medicine giuste per guarirlo. La chiave sembra rimanere il buon senso di una politica che favorisca progetti validi, selezioni le operazioni più meritevoli, investa insomma con cognizione di causa, senza dimenticare che esistono – al di là di que-sto settore che potremmo definire ‘effimero’ considerando la dura-ta temporanea degli eventi – urgenze legate alle condizioni precarie del nostro patrimonio e dei nostri edifici culturali (penso ai crolli di Pompei, ai commissariamenti dei musei, alla chiusura di bibliote-che e l’elenco potrebbe continuare).

1 I numeri sono da considerarsi in riferimento a un campione di 6.120 eventi.

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“Fiato d’artista” - Kopljar e Toomik, l’happening ai giorni nostri

Roberto Rizzente

Era il 1959 quando Allen Kaprow, per la prima volta, inventò l’hap-pening. Un’azione semplice, spesso concepita per un luogo pubblico e in interazione diretta con lo spettatore, che irrompe nel quotidiano, apren-do infinite possibilità interpretative.

Quel genere, che traeva origine dal Dadaismo, oltre che dal teatro futurista, conobbe allora una straordinaria diffusione, influenzan-do nuove e più mature avventure della scena. Si pensi solo al primo Bob Wilson, quello di Einstein on the beach, di recente rivisto in Ita-lia, con le sue improvvide e surreali sessioni.

Il mondo dell’arte è tornato a più riprese sul concetto. Lo ha esplo-rato in forme nuove, estremizzandone le istanze (Spencer Tunik), innestandolo nella performance (Joseph Beuys), piuttosto che nella video art (Nam June Paik). Ne ha fatto un movimento, persino – il Situazionismo degli anni sessanta – attribuendovi nuovi e più spre-giudicati significati.

Jaan Toomik, Run, 2011, video, 1,35 min

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Bosniaco trapiantato in Croazia, Zlatko Kopljar (1962) è un ec-cellente esempio di utilizzo contemporaneo del genere. Al centro della sua opera – la serie K, acronimo di Konstrukcija, (“costruzio-ni”, in croato), cui l’artista si dedica dal 1997 e ora in mostra a Mi-lano, fino all’8 dicembre, alla galleria Suzy Shammah – c’è un’azio-ne muta. La traversata di una città senza nome (K17), piuttosto che lo scavo di una fossa (K16).

C’è l’eco della Storia, a volte, a dettare il tempo. Come la genufles-sione di Varsavia di Willy Brandt nel 1970, dinanzi al memoriale de-gli eroi della rivolta del ghetto ebraico (K15). Ma per il resto si tratta di azioni comuni, quasi banali nella loro semplicità. Quello che è ex-tra-ordinario è l’abito bianco dell’artista. E le reazioni che la sua appa-rizione suscita, nel buio dominante della metropoli come del cimitero.

La telecamera indugia sulle azioni di Kopljar. E lo fa con una sen-sibilità tutta cinematografica, costruendo una vera e propria mi-tologia dell’artista-vate. Pensiamo solo al finale di K16, con quel maestoso piano sequenza, che rivela il nulla. Piuttosto che il delica-tissimo contrappunto tra l’artista, immobile al centro, e il fluire in-differenziato della folla, secondo un’iconografia che molto deve al Cielo sopra Berlino di Wenders (K17).

C’è qualcosa di misterioso e segreto – la nostalgia di una fede, ci verrebbe da dire, quasi l’artista fosse una creatura ultraterrena ve-nuta per redimere il mondo – che ci sfugge e che invano tentiamo

Jaan Toomik, Oleg, 2010, video, 35,20 min

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Zlatko Kopljar, K15, 2012, HD video, 10 min 42 sec

di cogliere. Indulgendo, come già Kieslowski, all’ellissi, senza mai un commento esplicito, con in più il gusto della suspense, le Kon-strukcija inscenano mondi, situazioni, che ognuno è libero di in-terpretare come vuole.

Non meno controversa è l’opera dell’estone Jaan Toomik (1961), in mostra alla Galleria Artra fino al 13 gennaio, con la curatela di Marco Scotini. Le sue azioni, apparentemente casuali e ordinarie, sono state variamente interpretate come atto politico di resisten-za e costruzione identitaria nell’era post-socialista, o come estre-ma manifestazione di un vitalismo di stampo esistenzialista, in fu-sione panica con la natura.

Forse sono tutto questo insieme. Perché il grido muto di Toomik, di spalle a una cascata, di cui udiamo il fragore nel momento in cui l’arti-sta apre la bocca (Cascata, 2005), è sì l’esternazione di un uomo in cer-ca di una rinnovata soggettività, il più possibile plurima e trans-indivi-duale, ma anche una riflessione sul senso dell’arte, che vive del contatto con il mondo, di cui l’artista è solo un tramite, un medium.

Così, la corsa forsennata di Run (2011) può essere interpretata come segno di una presenza, in un luogo storicamente connotato come l’a-erodromo abbandonato e in reazione ai grandi gesti dell’ideologia so-cialista. Ma può anche alludere all’esistenza umana nel mondo, che è breve, troppo breve, come con tanta efficacia riuscì a dire Beckett in Breath (e la reminiscenza è evidente nei 50 secondi di Jaan del 2001).

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Certo è che quest’opera, a dispetto della semplicità della concezio-ne, mette in campo una fitta rete di rimandi e relazioni. Se il significa-to, in Kopljiar, è filtrato dal montaggio e il cromatismo, esso vive qui del contrasto tra la fissità dello scenario e l’istante vitale e irripetibile dell’azione, sempre fisica e istintiva, che sia il pattinaggio su ghiaccio,

piuttosto che il ballo sulla nave o in ricordo del padre.

Non sappiamo come evol-verà tutto questo nel tempo. Il corto Oleg del 2010, con cui si apre la mostra, schiu-de nuove strade, nuove pro-spettive, in direzione di una più compiuta e affermata volontà narrativa. Rimane il fascino di un’esperienza che reinventa da vicino un gene-re, mostrandone le infinite potenzialità, ancora in parte inesplorate.

Zlatko Kopljar, K16, 2012, HD video, 10 min 42 sec

Zlatko Kopljar, The meeting of friend in Marfa, 2011, acrilico su tela, 95 x 160 cm

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Nèurastenie - Fumetto

Anna Castellari

Non solo Lucca. Il mondo del fumetto, in Italia, è pieno di festival! Diabolik compie cinquant’anni, e a Milano si festeggia. E ancora: an-che Savona ha il suo festival dedicato al re del terrore, al fumetto, e al-tro... Nèura vi svela i segreti della “BD” qui e altrove.

#Milano

Dal 10 al 21 novembre Milano fe-steggia Diabolik, con Astorina, Ma-rio Gomboli, e tutte le armi del re del terrore. Cinquant’anni vissuti diabo-likamente è la mostra itinerante, pas-sata per varie location in tutta Italia, che racconta la vita del fumetto tra i più longevi, attraverso vetrine con nu-meri da collezione, tavole originali, to-tem interattivi per sfogliare il primo numero del 1962. E un documenta-rio sulle sue inventrici, “Le sorelle dia-bolike”. Sarà

anche presentata, in anteprima assoluta, la serie di tredici episodi ispirata al fumet-to, che andrà in onda su Sky. Ne parliamo anche noi, nel numero speciale dedicato al fumetto e all’illustrazione, che trovate distribuito a Savona in questi giorni (v. foto qui a destra).

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#SavonaLa seconda edizione di Inchiostro d’Autore, dopo la prima inaugurata lo scorso anno, dedicata a Dylan Dog, è per il cinquantennale del re del ter-rore. Diabolik, con il suo disegnato-re Daniele Statella, sarà presente sa-bato prossimo all’inaugurazione della kermesse. Ma già in questi giorni Savona è in-vasa dai fumetti. Da lunedì 5 si sus-seguono proiezioni, incontri, labo-ratori. Sabato, insieme a Statella, ci saranno Lucio Parrillo, Giovanni

Freghieri, il writer SANTY. Mostre e performance per tutto il fine settimana. Ne parliamo anche noi, nel numero speciale dedicato al fumetto e all’illustrazione, che trovate distribuito a Savona in questi giorni.

Dove e quando

19-21 novembreMuseo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci Padiglione Olona, via Olona, 6 - Milano

Info e contatti

Orari. martedì-domenica 10-19 | chiuso il lunedìIngresso liberosito web. www.diabolik.it

Dove e quando

5-11 novembreEx Informagiovani, Corso ItaliaCastello di PriamarSavona

Info e contatti

Orari. mostra di Dylan Dog (Ex Informagiovani) – dalle 10.30 alle 18.30 | Iniziative al Priamar: 10-19Ingresso liberosito web. www.dietrolequintesavona.it

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Nèura Magazine - 8 novembre 2012

#Fumetto! Il libro

Uscito per Rizzoli Lizard, Fumetto! è stato presentato in anteprima a Lucca nei giorni scorsi, durante il Lucca Co-mics & Games 2012. Se volete sape-re tutto, ma proprio tutto, della storia italiana del fumetto, oppure leggere la storia italiana tramite il fumetto, con saggi appropriati, tavole bellissime, dalle origini fino a oggi, non avete che da sfogliare questo volumone da colle-zione. A cura di Gianni Bono e Mat-teo Stefanelli, con saggi inediti e colla-ge di vignette ben equilibrati, bellissi-mo da sfogliare.

#Cosenza

Spostiamoci a sud e trovia-mo, in Calabria, un festi-val molto ricco: si chiama Le strade del paesaggio, è arrivato alla sesta edizione e si tiene dal 10 al 29 no-vembre. Il tema di quest’an-no sono Le frontiere. Tra gli eventi ospitati, la mostra

Una favola per Rino Gaetano, originario di Crotone, la mostra con le tavole originali del libro Sereno su gran parte del paese, una favola per Rino di Andrea Scoppetta, edito Becco Giallo.

Info e contatti

576 pagine a colori60 eurowww.rizzoli.rcslibri.it

Dove e quando

Uscita: novembre 2012 nelle librerie

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Digital (era)

Pensano glocal le due mostre realizzate appositamente per l’occasio-ne. Autori giovani, che hanno partecipato a laboratori all’interno delle Strade del paesaggo, e si sono specializzati nella cosiddetta “let-teratura disegnata”. Le esposizioni sono allestite alla Galleria d’Ar-te Provinciale di Santa Chiara e rappresentano in modo originale i luoghi di Cosenza. Il percorso museale a fumetti si chiama Tempi diversi e rappresenta i luoghi ‘come li vive chi ci vive’. Un’altra mostra, Formic Wars, porta al pubblico le tavole di Giancar-lo Caracuzzo, della saga di fumetti di Orson Scott Card targata Mar-vel. Infine, un’esposizione è dedicata all’eroe bonelliano Tex Willer, interpretato da diversi autori: Tex, La Frontiera dell’Avventura. Oltre a tutte queste mostre, concerti, reading, eventi, fino al 29 novembre.(Nella foto, illustrazione Mirella Nania).

#fuoritema

Il 10 novembre inaugura a Udine, alla Sala Didattica del Teatro Comunale Pa-lamostre, la prima Rassegna naziona-le biennale del Libro d’Artista Come un racconto. Organizzato dal comitato Dars (Donna Arte Ricerca Sperimenta-zione), – questa prima edizione è dedi-cata a Isabella Deganis.In mostra ci saranno le opere di gio-vani artisti, provenienti da tutta Ita-

lia, che sono state recapitate per il concorso indetto ad hoc.

Info e contatti

Orari. martedì-venerdì 10-13 e 15.30-19 | sabato e domenica 10-13 e 15-20Ingresso liberosito web.www.lestradedelpaesaggio.com

Dove e quando

Dal 10 al 29 novembre in vari luoghi: Galleria d’Arte Pro-vinciale Santa Chiara, salita vecchio liceo classico, Museo delle Arti e dei Mestieri - C.So Telesio, Cosenza.

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Nèura Magazine - 8 novembre 2012

Molte saranno le iniziative collaterali, come l’esposizione dedicata ai libri d’artista “storici”, Libri d’artista anni settanta, che inaugu-ra il 15 novembre alle ore 18 e si protrae fino al 1° dicembre 2012. Si tratta di un evento a cura di Cristina Burelli, allestito nella Bi-blioteca Civica e incentrato sul rapporto parola-arte figurativa, con una riflessione di Antonella Anedda. Infine Sottovoce, dedicata alle opere della Deganis e ospitata nella Casa della Confraternita del Ca-stello di Udine, aperta dal 10 novembre (inaugurazione alle 17) fino al 2 dicembre: e poi, incontri d’autore e proiezioni a tema.

Dove e quando

10 novembre – 2 dicembre in vari luoghi: Casa della Con-fraternita del Castello di Udine, Palazzo Bartolini – Biblioteca Civica, Cinema Visionario, a Udine

Info e contatti

Orari. Come un racconto: giove-dì, venerdì, sabato 15-18Libri d’artista anni settanta: lune-dì-giovedì 8.20-18.30 | venerdì 8.30-13.30Sottovoce: sabato e domenica 10.30-12.30, 15-17Ingresso liberosito web. www.dars-udine.it

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