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LOCALIZZAZIONE DELL'ISOLA in word e pdf/isola di pasqua.pdf · la regressione. La statuaria (Moai) fu prevalentemente di pietra, raramente di legno (moai miro).La cultura della pietra

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LOCALIZZAZIONE DELL'ISOLADI PASQUA

27° 09' 54" latitudine Sud 109° 25' 36"

longitudine Ovest

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Ahu Nau Nau ad Anakenasotto il vento oceanico

Le Motu del rito dell'Uomo uccello

La spiaggia di Anakena oveapprodò il leggendario re Hotu Matu'a

Il Rano Raraku visto da Tongarik

Rapa Nui - Aeroporto di Mataveri

A 70 anni dalla spedizione franco-belga che toccò l'Isola di Pasqua e chetanto materiale di interesse etnologico ci ha lasciato grazie al lavoroinfaticabile e professionale di Alfred Metraux (1902-1963) , siamo andatisull'isola volando dal Cile. Siamo arrivati, come lui, in un piovigginosogiorno di Luglio, quando a Rapa Nui è inverno. Pietra vulcanica e legno èla antinomia pasquense: l'una abbonda e l'altra scarseggia. Ma è statosempre così?

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Isola di Pasqua (2004), un monito antropologico ed ecologico.

La flora nativa dell'isola contemplava un tempo palme econifere. Da tempo gli alberi originari sono scomparsi perl'azione usurante di generazioni di Rapa nui, che hannoabitato per oltre un millennio (1500 anni?) questa landasperduta del Pacifico. L'Isola di Pasqua è l'esempio - speriamoirripetibile – di un disastro ecologico, quasi un esperimentoecologico a leggerne la storia con occhio pluridisciplinare. Unesperimento che ha visto complice la Natura stessa: mal'uomo ha determinato una spoliazione dell'isola di improntaquasi ossessiva, che ha ben colto il film Rapa Nui (1994). Lavisione della pellicola - sceneggiatura e regia di Kevin Reynolds- vi verrà invariabilmente offerta in albergo, sull'isola.

Qui una popolazione migrata quasi intregralmente da ovest (secondo la diffusione polinesiana O-E oramai

accertata) si vide costretta all'isolamento culturale e genetico dalle distanze immense e dalla perdita

graduale di alberi ad alto fusto, gli unici che consentissero di prolungare l'attività marinara con la

costruzione di canoe da alto mare. Alla fine dei secoli, con la deforestazione ed il crescente sfruttamento

agricolo, l'isola poteva contare solo su legno di bassa qualità e piccolo spessore: le lunghe barche che

avevano traversato nel VII secolo d.C. l'oceano con il re Hotu Matu'a e la sua gens divennero con i secoli

goffi barchini, inadatti alla pesca. Cosa era successo? Le alte palme (Niu), affini alla palma cilena, si erano

estinte; alberi ed arbusti della specie Coprosma e delle Compositae erano scomparsi; rimasero il totora

(Ngaatu), un giunco che ancora oggi è presente nel fondo acquoso dei crateri, e il mako'i. La cultura

marinara di stampo polinesiano si atrofizzò. Se manca il legno non ci si può riscaldare nè si può cucinare. Fu

la regressione. La statuaria (Moai) fu prevalentemente di pietra, raramente di legno (moai miro). La cultura

della pietra assurse a livelli elevati. Il legno rimaneva un bene assai prezioso ed appetito sull'isola: tutti

simboli di potere e gli strumenti rituali erano di preziosissimo legno. Collari (Rei miro), bastoni di comando

(Ua), mazze ed insegne tribali (Paoa), immagini bifacciali o gianiche (Moai aringa), gli uomini-lucertola

(moko), ecc. erano tutti lignei.

Qui una popolazione migrata quasi intregralmente da ovest (secondo la diffusione polinesiana O-E oramai

accertata) si vide costretta all'isolamento culturale e genetico dalle distanze immense e dalla perdita

graduale di alberi ad alto fusto, gli unici che consentissero di prolungare l'attività marinara con la

costruzione di canoe da alto mare. Alla fine dei secoli, con la deforestazione ed il crescente sfruttamento

agricolo, l'isola poteva contare solo su legno di bassa qualità e piccolo spessore: le lunghe barche che

avevano traversato nel VII secolo d.C. l'oceano con il re Hotu Matu'a e la sua gens divennero con i secoli

goffi barchini, inadatti alla pesca. Cosa era successo? Le alte palme (Niu), affini alla palma cilena, si erano

estinte; alberi ed arbusti della specie Coprosma e delle Compositae erano scomparsi; rimasero il totora

(Ngaatu), un giunco che ancora oggi è presente nel fondo acquoso dei crateri, e il mako'i. La cultura

marinara di stampo polinesiano si atrofizzò. Se manca il legno non ci si può riscaldare nè si può cucinare. Fu

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la regressione. La statuaria (Moai) fu prevalentemente di pietra, raramente di legno (moai miro). La cultura

della pietra assurse a livelli elevati. Il legno rimaneva un bene assai prezioso ed appetito sull'isola: tutti

simboli di potere e gli strumenti rituali erano di preziosissimo legno. Collari (Rei miro), bastoni di comando

(Ua), mazze ed insegne tribali (Paoa), immagini bifacciali o gianiche (Moai aringa), gli uomini-lucertola

(moko), ecc. erano tutti lignei.

Ancora oggi, all'Isola di Pasqua, il ricordo della penuria antica e moderna tende a mitizzare il legno di

mako'i, quello dei moai kavakava, quasi fosse oro (e i prezzi in dollari delle sculture lignee sono infatti

elevatissimi). Il bisogno di legno fece introdurre nell'isola gli eucalipti. Gli eucalipti presenti in macchie e

boschi furono introdotti dal Continente americano tra Ottocento e Novecento. Una macchia di alberi alti e

snelli è visibilealle pendici del Rano Raraku, il vulcano alle cui falde si aprono continui cantierilaboratori

all'aperto per la lavorazione dei moai in pietra.

La foto (a dx) ritrae un moai, bloccato nella discesa dal vulcano all' ahu (piattaforma

litica) di destinazione: la stupenda statua in basalto sembra fissare l'orizzonte

marino che non raggiungerà mai e gli si interpone alla vista quella macchia

antistorica di eucalipti. Quando raggiungiamo la macchia a piedi avvertiamo l'odore

pungente che rivela la presenza di quelle sostanze balsamiche contenute

nell'eucalipto. Fra i tronchi si aggirano e fanno lo slalom voraci e spacconi rapaci

che solo per poco non ci rubano la colazione al sacco. Sono i tiuque. I tiuque (

mivalgo chimango) sono anche loro un regalo dell'uomo che li ha introdotti

sull'isola solo nel 1928. Fu la strapotente Williamson & Balfour a completare questo

disastro che ha allontanato uccelli marini dall'isola. Ma il bosco più grosso si stende

sulla destra della strada che unisce Anakena all'unico villaggio dell'isola, Hanga

Roa. A metà della strada asfaltata si apre invitante un sentiero di lavoro, una goduria per il fuoristrada che

può inerpicarsi fra i tronchi tagliati e gli alberi eretti ed imponenti. I frequenti piovaschi rendono l'itinerario

insidioso per la fanghiglia saponosa. In jeep nel bosco, si comincia a slittare già in salita con quattro ruote

motrici e – ricordo - ho temuto per la tenuta in discesa: non vorrei scendere con gli sci, mi dico e ripeto alla

mia compagna di viaggio. L'antropologa statunitense che è a bordo con me vorrebbe proseguire ma io

comunque decido di invertire la rotta. Il tempo mi da ragione: a pochi metri dalla strada principale si riversa

su di noi un improvviso, pesante e lunghissimo diluvio e la antropologa smette di protestare tra inglese e

spagnolo. Mi volto indietro giusto in tempo per mirare il sentiero dietro di noi trasformarsi in un torrente di

fango rossastro: la pioggia impedisce la vista anche nel villaggio di Hanga Roa, costringendo tutte le auto a

fermarsi. Talora si avverte uno strano disagio quando incombe un pericolo. Non è paura bensì la presenza

di una minaccia. Se fossimo rimasti nel bosco di eucalipti ce la saremmo vista brutta. "OK, bravo", ammette

la statunitense .

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Ahu Te Pau Complesso Tahai

Ahu Ko Te Riku nel complesso di Tahai Ahu Nau Nau (spiaggia di Anakena)

Ahu Tepeu - particolare testa Pollaio - hare moa

Ahu Tongariki Ahu Tongariki dal vulcano Rano Raraku

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Akahanga - moai abbattuto

Fondamenta di casa a piroga rovesciata - harepaenga Ahu Akivi Ahu.

Ahu Akivi Ahu Tepeu

Alba a Punta Te PauKo Te Riku - con ricostruzione occhi

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Complesso Tahai e scogliere sul Pacifico

© Materiale fotografico di Achille Miglionico

ORIGINE DEL POPOLO

RAPANUI

domande e risposte

La domanda è in genere semplice e si tenta di dare una risposta altrettanto semplice e conclusiva. La

discussione e dimostrazione di quanto detto affermato segue. Chi ha fretta può leggere solo il dialogo in

giallo. Ai più duri riserviamo la parte in bianco.

Introduzione.

La cultura Rapa Nui aiuta a definire il continuum tra mito, leggenda e storia che in altre culture prive di

scrittura è difficile da valutare: la cultura Rapa Nui è infatti rimasta isolata culturalmente, geneticamente ed

ecologicamente per oltre mille anni, senza contaminazioni esterne (esempio storico più unico che raro) e

per questo di rilevante importanza.

1. In che epoca l'isola di Pasqua fu colonizzata?

La Polinesia è il triangolo (in rosso, in cartina) Nuova Zelanda (S) - Hawai'i (N) - Isola di Pasqua (E). José

Miguel Ramirez Allaga, archeologo del Centro de Estudios Rapa Nui (Università de Valparaiso, Cile), accetta

il modello di diffusione e colonizzazione polinesiana che descrive una proiezione da Ovest ad Est, da Tonga-

Samoa sino al centro (Tahiti) e da lì sino agli estremi della Polinesia; l'onda migratoria giunge a Rapa Nui,

con tutta probabilità dalle isole Marchesi, circa nel 600 d.C., a Hawai'i circa nell'800 (o prima? nel 300,

come in cartina) ed A'oteraoa (Nuova Zelanda) circa nel 1000 d.C.

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In ogni caso, con il passare dei secoli, ogni società polinesiana sviluppò una propria cultura con espressioni

più o meno elevate in distinti aspetti (per esempio la statuaria litica a Rapa Nui). Un recente ed autorevole

studio (2008) - The Genetic Structure of Pacific Islanders di Jonathan S. Friedlander et Al. (Temple Un.,

Philadelphia), comparso sulla rivista ad accesso libero PLoS Genetics - ha analizzato marker autosomici

del genoma (687 microsatelliti e 203 inserzioni/delezioni) di 952 individui appartenenti a 41 popolazioni del

Pacifico appurando la diversità genetica tra Melanesiani e Poli-Micronesiani: - I primi colonizzatori

dell'Australia, della Nuova Guinea + Bismark + Salomone (cd. Near Oceania) giunsero dall'Asia 50.000

30.000 ybp e coincidono con i Melanesiani, quando in Europa c'era ancora l'uomo di Neandertal, in piccoli

gruppi isolati che si differenziarono estremante nel corso dei millenni successivi; - gli antenati di Polinesiani

e Micronesiani, parlanti austronesiano, poco più di 3000 ybp sono arrivati in Melanesia e da qui

colonizzarono in ondate successive il Pacifico centrale e orientale (cd Remote Oceania); tali antenati sono in

stretta relazione genetica con gli indigeni del Sud-Est asiatico (Taiwan e Asia orientale); - alcuni gruppi di

isole della Melanesia che parlano lingue collegate al polinesiano mostrano anch'essi un contributo genetico

polinesiano, ma in misura minore, intorno al 20 %. Ciò è in accordo con precedenti studi comparsi su PNAS

(2000) e Genetics (2001, 2002) che indicavano in Taiwan i progenitori dei Polinesiani (similarità tra tra i

popoli migranti dal SE asiatico e i "puri" Polinesiani di Tonga e Samoa). Gli studi linguistici confermano i

dati migratori: Samoa > Tahiti > Haway, le lingue hanno poche differenze (come se ne possono trovare tra

british e american english ). I Polinesiani avevano una lingua unica che si è evoluta in dialetti ma le parole

basiche sono sovrapponibili: saluti, uomo, amore, casa, terra, numeri, famiglia, cielo, oceano, bagnarsi,

emozioni, cibo ecc.

SAMOA TAHITI HAWAY

amore alofa aroha aloha

saluto talofa taloha aloha

uomo tanata mao'i ta'ata mahoi kanaka maoli

All'isola di Pasqua uomo è tangata e maori in NZ. D'altronde l'indigeno rapanui che salì a bordo della nave

di Cook (1774) contava la lunghezza (per lui spropositata) della nave con numeri che il traduttore

polinesiano di Cook comprese immediatamente. Poki significa bambino solo all'isola di Pasqua. Con criterio

glottocronologico (il vocabolario si allontana dal ceppo comune con una costante di 19,3 % ogni 1000 anni),

si calcola che la lingua rapanui si è allontanata dal ceppo comune polinesiano intorno al 400 d.C.

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La data della prima colonizzazione (ed unica?) di Rapa Nui è così ammessa dai vari AA.:

400 d.C.

Heyerdahl & Ferdon, 1961; Ayres, 1971; Mc

Coy, 1979; Charola, 1997

400-500 d.C. Andrea G. Drusini, 1994

600 d.C. Ramirez Allaga, 2005

800-1000 d.C. Skiosvold, 1994; Stevenson, 1997; Green,

1999; Martinsson-Wallin & Wallin, 1999

La data più antica rilevata con radiocarbonio a Rapa Nui è di 690 +/- 130 anni ed è stata effettuata a livello

della prima fase costruttiva dell'ahu Tahai, nella parte nordoccidentale dell'isola. Così Ayres W.S.( in

Radiocarbon dates from Easter Island, Journal of the Polynesian Society, 80, 497-504, 1971) citato anche da

Drusini Andrea G., (1994), il quale conclude: " Si suppone quindi che i primi colonizzatori siano arrivati

molto tempo prima verso il 400-500 d.C." Sebastian Englert (pag. 64, op.cit.) raccoglie dalla tradizione orale

da lui ritenuta più fondata l'informazione che la migrazione di Hotu Matu'a sia stata determinata da un

cataclisma naturale più che da "discordie familiari" (in primis con il fratello Oroi) e pone l'arrivo di Hotu

Matu'a tra il 1300 ed il 1500. La partenza, secondo la leggenda, sarebbe avvenuta da un luogo chiamato

Hiva, più precisamente da Marae renga. Englert compara le liste degli ariki mau (i re) di cui siamo in

possesso dagli informatori dei vari ricercatori. Tali liste sono state stilate da vari studiosi: padre Roussel,

1867-8, 23 nomi; Thomson, 1886, 57; il vescovo Jaussen, 1893, 30; Metraux, 1940, 30. La stessa Routledge

(1915, pag.241, op.cit.) ne raccolse due di una trentina di nomi. In realtà, calcolando una trentina di

generazioni di 20-25 anni l'una (anche se non è detto che il numero di re corrisponda necessariamente ad

un pari numero di generazioni) si arriva a ritroso tra 600 e 750 anni prima dell'ultimo ariki mau, il piccolo

Gregorio, deceduto di tubercolosi verso il 1866-67 alla missione cattolica (Metraux, pag 88 e segg., 1940;

pag.99, 1941) , cioè arriviamo tra il 1100 ed il 1200 d.C., più indietro rispetto a quanto affermato da Englert

(1300-1500). La lista più lunga, di Thomson, conta 57 nomi e quindi porterebbe a datazioni più

sovrapponibili ai dati archeologici: tra il 400 e 700 d.C. Il problema insomma non è risolvibile con liste tratte

da fonti "orali" e ciò di fatto non ci meraviglia: problemi di datazione sussistono persino nel caso fortunato

di liste scritte p.e. degli Egizi e degli Assirobabilonesi (la GHD e AKL).

L'origine del popolo rapanui è polinesiana?

Sì, è oramai accertata la origine polinesiana (out of West, migrazione ovest-est) della prima colonizzazione

dell'isola che la leggenda fa risalire al re Hotu Matu'a. Le ricerche che sostengono tale tesi si basano su:

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1. studi di antropologia fisica (o biologica)

2. studi di genetica

3. studi linguistici

4. studi comparativi di antropologia culturale, architettura

George Gill. La forma e configurazione del cranio pasquense con il noto fenomeno della "mandibola a

dondolo" (rocker jaw o rockingchair jawbone) è presente nei 3/4 dei Polinesiani. La radice del naso è

egualmente depressa nei Polinesiani e nei Pasquensi. Ma George Gill non escluse un contatto con il

Sudamerica: Gill et Al. hanno ipotizzato più recentemente - pur non abbracciando la teoria out of East di

Heyerdahl - che gruppi di polinesiani dalle Marchesi potrebbero essere giunti in Sudamerica, perdendo

alcuni aspetti culturali propri (come il cane ed il maiale domestico) ed acquisendo nuovi dei, beni, abilità

scultorie (e parole?); quindi tentarono di tornare indietro dalle coste sudamericane ma, incontrata la

corrente di Humboldt, finirono sull'isola di Pasqua. [Gill ha anche scoperto l'80 % di "rotula fissurata" nei

reperti ossei di Anakena: la malformazione ossea potrebbe attestare la endogamia spinta del clan dei Miru,

che si ritenevano discendenti diretti di Hotu Matu'a e non si mescolavano con gli altri clan dell'isola. ]

Nel 1993 Andrea Drusini dell'Università di Padova raccolse denti molari durante gli scavi dell'Ahu Tongariki

sulla costa sudorientale dell'Isola di Pasqua. Questi denti risalgono a prima del 1722 e Drusini si accorse che

parecchi molari inferiori erano dotati di 3 radici anziché di 2 come è il riscontro più frequente. Secondo uno

studio mondiale di Turner e Benjamin del 1990 condotto su 11.318 individui tra cui 286 scheletri preistorici,

il primo molare inferiore è dotato di tre radici con un frequenza maggiore nelle popolazioni asiatiche e in

quelle da esse derivate, specialmente nelle popolazioni dell'Artico e dell'Asia settentrionale (25-30%),

mentre fra gli Europei e gli Africani la frequenza si aggira intorno all'1%. Drusini ha voluto confrontare il

dato dell'Ahu Tongariki con quello delle altre isole del Pacifico per verificare se esiste un andamento da

ovest verso est di questo tratto anatomico e tentare di fornire una spiegazione dell'alta incidenza del primo

molare inferiore triradicolato negli abitanti di Rapa Nui prima del contatto con gli Europei. Nei reperti di

Tongariki il primo molare inferiore con tre radici raggiunge una frequenza del 28,5%, frequenza che supera

di gran lunga quella della Polinesia, del Sudest Asiatico, del Nordamerica e del Sudamerica, che si aggirano

tutte intorno al 10%. In crani dell'Isola di Pasqua studiati da Turner e Benjamin, la cui antichità è incerta,

hanno fornito valori del 21,8%, per cui l'incidenza in reperti presumibilmente recenti è sempre elevata

rispetto alla media polinesiana. Stando ai reperti di Tongariki risulta chiaro che gli abitanti di Rapa Nui

avevano una delle più alte incidenze di primo molare inferiore triradicolato in seno alle popolazioni

polinesiane e mondiali, in quanto la media mondiale come quella polinesiana è del 10%. Ma in Polinesia, se

la media è intorno al 10%, troviamo arcipelaghi come Tuamotu, Samoa e Gambier dove la percentuale è

pressoché zero. Drusini conclude che verosimilmente, come suggerito da Houghton, la scoperta dell'Isola di

Pasqua da parte di Hotu Matua è stata un fatto accidentale con un poco credibile ritorno alla terra

d'origine, per cui si sono verificate le condizioni ideali per il cosiddetto effetto del fondatore, del collo di

bottiglia e della deriva genetica in seno ad una piccola popolazione priva di contatti che ha sviluppato un

suo sistema genetico, il quale tende a persistere nel tempo. Il mosaico di distribuzione del primo molare

inferiore triradicolato non solo nell'area polinesiana, ma in tutto il Pacifico, dovrebbe essere il risultato di

molteplici effetti a collo di bottiglia (per l'accidentale riduzione di una popolazione) ai quali sono andati

incontro i colonizzatori nell'andirivieni attraverso il Pacifico. Le stesse considerazioni si possono fare,

secondo Drusini, anche a proposito del mosaico nella distribuzione attraverso il Pacifico della mutazione 9-

bp caratteristica dell'aplogruppo B dell'mtDNA. Secondo Drusini "in realtà, stando alla letteratura più

recente, la grande maggioranza degli studiosi del Pacifico non propende per una trascorsa presenza

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amerindiana nell'Isola di Pasqua. Le analogie riscontrate da Thor Heyerdahl riguardano il tipo di costruzioni

architettoniche, ma i dati biologici come lo studio del DNA mitocondriale effettuato su ossa di antichi

abitanti di Pasqua dalla Dott.ssa Erika Hagelberg di Cambridge, propendono per l'affinità con le

popolazioni dell'area polinesiana e del Sudest asiatico, dove c'è una maggior frequenza della variazione

9bp. Secondo gli archeologi nell'Isola di Pasqua: 1) non vi sono prove di due migrazioni successive e

tantomeno di origine americana, anche se non si possono escludere con certezza 2) non vi sono

caratteristiche antropologiche che attestino affinità con le popolazioni amerindiane (bisogna ricordare che

sia i Polinesiani che gli Amerindi sono di ceppo asiatico, ma i secondi hanno un'origine più antica e questo

per i genetisti si traduce in una maggiore variabilità dal punto di vista genetico; inoltre, nelle popolazioni

degli isolati geografici si riconoscono effetti "a collo di bottiglia" o "del fondatore", come ad esempio la

maggiore frequenza della variazione 9bp nel mtDNA, oppure, fenotipicamente, del primo molare

mandibolare con tre radici, che si riscontra nell'8% dei casi nelle popolazioni polinesiane e nel 29% dei casi

nella popolazione dell'Isola di Pasqua)." Prima non disponevamo di evidenze genetiche precise. Oggi, grazie

allo studio mirato del DNA mitocondriale (mt-DNA) e DNA legato al cromosoma Y, siamo in grado di

analizzare queste parti del codice genetico che risultano sufficientemente "invarianti": l'mt-DNA, di

derivazione materna, rimane infatti immutato da una generazione all'altra e quindi si presta attraverso la

analisi di mutazioni prevedibili lungo una sequenza spazio-temporale, e consente di ricostruire un cammino

a ritroso lungo l'albero genealogico e le linee di diffusione-migrazione dell'Homo Sapiens. Parimenti il DNA

legato al cromosoma Y, di derivazione maschile, consente di mappare l'albero genealogico e la linea di

diffusionemigrazione del soggetto maschio di Homo Sapiens. Le mappature di mt-DNA e di Y-DNA sono

sufficientemente coincidenti ed hanno per esempio permesso di avvalorare la tesi paleoantropologica di

una unica migrazione di Homo Sapiens "out of Africa" 60.000-70.000 anni fa. Erika Hagelberg - in Genetic

Polymorphisms in Prehistoric Pacific Islanders, Nature, 5 maggio 1994 - circa la possibilità di una

colonizzazione dell'Isola di Pasqua a partenza dal Sudamerica, afferma che studi sulla regione ipervariabile

dell'mtDNA in nativi americani hanno mostrato una molto maggiore eterogeneità dell'mtDNA in America

rispetto alla Polinesia, indice di ondate migratorie multiple, e che negli Amerindi non si sono riscontrate le

caratteristiche dell'mtDNA osservate sull'Isola di Pasqua. La delezione 9-bp è presente attraverso le

Americhe, l'Asia e il Pacifico, spesso associata ad una sostituzione nucleotidica alla posizione 16.217: ciò

depone semplicemente per un'origine ancestrale comune ad Oceania e Nuovo Mondo. Ma ciò che gli

Amerindi non presentano sono due altre sostituzioni nella molecola di mtDNA: le sostituzioni alle posizioni

16.247 e 16.261, presenti invece nei Polinesiani e riscontrate a Rapa Nui in mtDNA antico di reperti

scheletrici dell'Ahu Tepei (1000-1680) e dell'Ahu Vinapu (1680-1868), come riferisce Drusini. Pertanto,

l'assenza nel Nuovo Mondo di queste due sostituzioni che potremmo definire prettamente polinesiane,

deporrebbe per la mancanza di contatti significativi fra Polinesia ed Americhe. In Polinesia esiste una

tradizione orale secondo la quale Polinesiani e Amerindi entrarono fra loro in contatto in epoca

precolombiana. Rebecca Cann (in Hawaii Magazine, febbraio 1997, citata da Sione Ake Mokofisi) afferma

che, in base all'analisi dell'mtDNA, alcuni Amerindi del nord e del sud presentano legami coi Polinesiani di

Samoa: in Nordamerica i Nuuchal-nulth di Vancouver, in Sudamerica i Cayapa, i Mapuche, gli Huilliche e gli

Atacamenos. Secondo Houghton (1996, citato da Drusini) sembra che la scoperta dell'Isola di Pasqua sia

stata un evento accidentale e che viaggi di ritorno da Rapa Nui siano un fatto piuttosto inverosimile. Ma

Cann si spinge oltre e si contrappone all'affermazione di Houghton, chiedendosi se effettivamente i

Polinesiani, dopo aver raggiunto Rapa Nui, abbiano deciso di porre fine alle loro peregrinazioni senza

spingersi oltre. Quest'ipotesi di Cann è in netto contrasto con quella che va per la maggiore e che con

ostinazione nega ai Polinesiani qualsiasi possibilità di aver raggiunto l'America oppure per gli Amerindi di

aver toccato la Polinesia. Sebastian Englert ammetteva un secondo flusso immigratorio (da Est?) dei

Tangata Hanau Eepe (= uomini di razza corpulenta, tradotti malamente con "Orecchie lunghe", i quali

sarebbero giunti dall'Est senza donne e risultarono "dominanti" (pag. 89 di La tierra de Hotu Matu'a,

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Historia y etnologia de la isla de Pascua, (1974, Editorial Universitaria, Santiago del Chile): si contrapposero

ai Tangata Hanau Momoko (= uomini di razza magra, detti "Orecchie corte") i quali sarebbero arrivati da

Ovest con il leggendario re Hotu Matu'a (1300-1500 d.C.).

Sebastián Englert (1888-1969)

Anton Franz Englert nació en la ciudad de Dillingen,Baviera, el 17 de noviembre de 1888, uno de los 12 hijos de Sebastián Englert y Berta Prechter. Su padre, un prestigioso académico que llegó a ser Rector de la Universidad Católica de Eichstatt, se ordenó sacerdote a los 70 años tras fallecer su esposa. Anton Franz Englert entró al Seminario Menor en 1900 y a la Orden Capuchina en 1907 donde, en honor a su padre, le dan el nombre de Sebastián. Estudió filosofía y teología además de latín, griego, hebreo, inglés, francés e italiano. Fue ordenado sacerdote en 1912. Fue capellán del ejército alemán en Francia

y Bélgica durante la Primera Guerra Mundial (1914-1918). En 1922 se trasladó al sur de Chile para trabajar como misionero entre la etnia mapuche, aprendiendo allí el mapudungún, su lengua, de la que llegó a dictar cursos en la Universidad de Chile. En 1927 asume como párroco de Villarrica, donde permanece hasta 1930, cuando es trasladado a la recién creada parroquia de la vecina ciudad de Pucón. Durante su permanencia en dicha zona comenzó a desarrollar su vocación de etnógrafo y lingüista. En 1934 manifiesta ya un incipiente interés en Isla de Pascua: Como parte de una investigación etimológica, publica un ensayo de comparación lingüistica de la lengua mapuche con el aymará y el quechua, al cual incorpora algo del desaparecido atacameño y del rapanui ("por pura curiosidad, si se quiere" escribe en su trabajo). Pero su curiosidad es mayor y dedica otro breve ensayo etimológico exclusivamente al mapudungún y el rapanui, dando cuenta de la falta de mayores trabajos sobre la lengua originaria de Isla de Pascua. Dicho interés y la seriedad de sus trabajos le hacen merecedor de una invitación para integrar una numerosa comisión de estudios de la Universidad de Chile que viajaría a Rapa Nui a principios de 1935. El proyectado viaje no se llevó a efecto, pero fueron designadas dos personas para viajar en noviembre. El día 25 el misionero capuchino arriba a Pascua, para estudiar el idioma hasta la llegada del siguiente barco, junto con Humberto Fuenzalida, quien estudiaría aspectos geológicos durante la estadía de la nave. El misionero Englert, sacerdote e investigador Aunque la Isla dependía canónicamente del

Arzobispado de Santiago, desde 1911 era el Vicario Castrense, Monseñor Rafael Edwards, quien enviaba capellanes a bordo de los buques que zarpaban a Pascua para ocuparse de la atención espiritual de la comunidad pascuense. Recién llegado a fines de 1935, el misionero Englert, instruido por monseñor Edwards, comienza a ejercer en la Isla una doble labor de sacerdote e investigador, siempre con la certeza que volvería a trabajar con el pueblo mapuche. No obstante, comenzaba a establecer un vínculo personal con la Isla. En el mismo barco que lo traería de vuelta al continente, en febrero de 1936, Sebastián Englert recibe carta de Monseñor Edwards, donde le pide considerar la posibilidad de quedarse dos meses hasta la llegada del próximo barco. El padre acepta.

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Sin embargo, esta nave no llegó hasta enero de 1937 y esta vez, con más noticias para el futuro espiritual de Rapa Nui y de Sebastián Englert: monseñor Edwards había conseguido ante el Vaticano traspasar Isla de Pascua al Vicariato Apostólico de la Araucanía. El Padre Sebastián

asumiría inmediatamente, pleno de gozo misionero, como párroco en la Isla. Sebastián Englert permanecería en la Isla hasta su muerte, volviendo solo en cortas misiones al sur de Chile (no obstante, la jurisdicción eclesiástica de la Araucanía sobre la Isla finalizaría recién en abril de 2002, cuando se hiciera cargo en este ámbito el Arzobispado de Valparaíso). El Padre Sebastián se destacó por sus acciones de

estudio y protección del patrimonio de la Isla. A modo de ejemplo, llevó a cabo el primer inventario arqueológico de la Isla y la primera restauración de la aldea ceremonial de Orongo. Entre sus principales escritos stand bel Dizionario Rapa Nui Español (1938), Tradiciones de la Isla de Pascua (1939), La Tierra de Hotu Matu'a, su obra principal (1948), y Las Leyendas de Isla de Pascua (editado de manera póstuma en 1980). En su afán por divulgar la realidad de la Isla de Pascua, en

1967, ya con 79 años, viaja a Estados Unidos con bel fin de dar una serie de charlas y conferencias. Es incorporado como miembro honorario del comité Isla de Pascua del "International Fund for Monuments" de New York (hoy "World Monuments Fund"), una organización dedicada a reunir fondos para la protección del patrimonio en todo bel mundo. Con bel mismo propósito vuelve a viajar a Norteamérica en 1968, pero no resiste bel esfuerzo y muere en New Orleans bel 8 de enero de 1969. Hoy sus restos descansan en Hanga Roa, a un costado de la Parroquia Santa Cruz, junto al hermano Eugenio Eyraud, quien fuera bel primer misionero católico en la

Isla, y al catequista rapanui Nicolás Pakarati, quien se hizo cargo de la vida espiritual de la Isla a comienzos del siglo XX. Fuentes:

Englert, Sebastián; "Leyendas de la Isla de Pascua"; reedición 2001, Museum Store, Isla de Pascua, Chile. Englert, Sebastián; "Primer Siglo Cristiano de la Isla de Pascua (1864-1964)"; 1964; Orden Capuchina, San José de la Mariquina, Chile. Archivos del Museo P. Sebastián Englert de Isla de Pascua. Sitio web de la Orden Capuchina en Chile (http://www.capuchinos.cl) Bel Museo Antropológico Padre Sebastián Englert es una institución pública dependiente.

THOR HEYERDAHL (1914-2002) "Fu sull'isola di Pasqua che per la prima volta notai il ruolo che aveva ricoperto l'imbarcazione di giunchi nello sviluppo dei viaggi per mare e nell'espansione della civiltà sui mari del mondo".

Thor Heyerdahl è nato nella cittadina norvegese di Larvik, il 6 ottobre 1914. La madre era direttrice del museo locale, e fu proprio lei a suscitare nel giovane Thor la curiosità per la zoologia e l'antropologia, interesse scientifico

che proseguì con la scelta di studiare biologia e geografia all'Università di Oslo, e nella specializzazione (grazie alla frequentazione della fornitissima biblioteca polinesiana Kroepelien) in antropologia delle isole del Pacifico, Nel 1936 il padre offre al figlio e alla sua giovane moglie Liv un viaggio di studio, e così, in collaborazione con la Facoltà di Zoologia, Heyerdahl parte per la sua prima ricerca sul campo in Polinesia, nell'isola di Fatu-Hiva (Isole Marchesi), con il compito di spiegare origine e presenza di flora e fauna in quelle sperdute isole del Pacifico. Adottati dal capo polinesiano Teriieroo, dal quale apprendono costumi e credenze delle popolazioni isolane condividendone le abitudini, si trattengono per un anno coinvolti sempre più dal significato antropologico di questa loro esperienza. "Tiki era un dio e un capo. Fu Tiki a portare i miei avi sue queste isole su cui noi ora viviamo. Prima vivevamo in una grande terra, lontana, al di là del mare". E' questo racconto del vecchio Tei Tetua della leggenda di Kon-Tiki ("Figlio del sole") a suggerire a

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Heyerdahl un legame tra quei luoghi e il mito sudamericano delle tribù precedenti agli Inca, facendogli ipotizzare che le prime popolazioni delle isole non fossero giunte dall'Asia. Probabilmente la migrazione verso la Polinesia si era invece affidata ai venti e alle correnti provenienti dal continente americano. Nel 1939 parte per la Columbia britannica per studiare gli indiani della costa nord-occidentale, vivendo per un periodo anche con loro, cosicché nel 1941 comincia a pubblicare i primi interventi che illustrano la sua teoria sull'emigrazione nei quali sostiene come una prima ondata migratoria, la più antica, sarebbe partita dalle coste del Perù su zattere di legno di balsa, e raggiunto la Polinesia dopo aver toccato l'isola di Pasqua. Una seconda migrazione sarebbe giunta dalla Colombia britannica, fino ad arrivare alle Hawaii su canoe. La guerra interrompe però i suoi studi, quando era impegnato a scavare figure di pietra in antico stile polinesiano fra gli indiani di Bella Coola. Si arruola in aeronautica nelle unità paracadutiste norvegesi ed entra in servizio sul fronte del Finnmark. Al termine del conflitto, Heyerdahl decide di proporre la sua teoria al mondo accademico statunitense che però si rifiuta di leggere il suo manoscritto, rinfacciando al giovane studioso come nessuna imbarcazione incaica avrebbe mai potuto attraversare l'Oceano, dato che, come ebbe a dire un vecchio accademico, in capo a due settimane di navigazione il legno da costruzione si sarebbe imbevuto come una spugna: "Ci provi un po' lei ad andare dal Perù fino alle isole del Pacifico su una zattera di balsa"… Thor Heyerdahl decise di provare. Per procurarsi il legname necessario alla costruzione della zattera, Heyerdahl fu costretto a spingersi nella foresta equatoriale ecuadoriana alla ricerca di alberi di balsa sufficientemente grandi, giungendovi non dalla costa ma dall'altro versante delle montagne: "Ci sembrava di navigare verso il basso, mentre lasciavamo gli altipiani riarsi dietro di noi per entrare in un altro mondo dove i tronchi, la pietra e ogni lembo di terra erano morbidi, lussureggianti di muschio e torba. Le foglie crepitavano nell'aria e divennero presto enormi, simili a grandi ombrelli che gocciolavano sulla montagna. Poi si videro i primi fragili avamposti degli alberi della foresta, che colavano acqua, coperti di pesanti festoni di muschio e barbe rampicanti". Dopo il faticoso reperimento del legname, e il complicato trasporto lungo il fiume fino alla costa, il gruppo dei partecipanti all'impresa è formato: Heyerdahl, cinque compagni (quattro norvegesi e uno svedese) e un pappagallo. Quando il 27 aprile 1947 il Kon-Tiki, Figlio del Sole salpa dal porto di Callao, perfetta copia delle antiche zattere peruviane senza nessuna concessione alle moderne conoscenze di costruzioni navali, sono 8000 i chilometri di oceano a dividere le catastrofiche e per nulla incoraggianti previsioni sul destino della spedizione dalle splendide spiagge delle isole polinesiane, cosi come lo scetticismo e l'isolamento accademico dalla dimostrazione concreta di una teoria rivoluzionaria. Trascorse le prime settimane sulle ali della corrente di Humboldt, le più catastrofiche previsioni sulla tenuta della zattera lasciano il posto ad un prudente ottimismo, tanto che la vita a bordo a poco a poco diventa scoperta di un mondo marino inaspettato e meraviglia per la ricchezza e il comportamento degli abitanti dell'oceano. I giorni (seppure con alcune preoccupanti visite da parte degli squali) si susseguono scanditi dalla pesca, dalle misurazioni ed osservazioni scientifiche, dalla lettura (Bengt porta con sé settantatré opere di sociologia e etnologia!), e dai lavori di manutenzione. L'oceano non rinuncia però a mostrare il suo volto tempestoso, riversandosi con un rombo di tuono assordante, lasciando il timoniere con l'acqua fino alla vita ed oppresso dalla corrente di un fiume in piena, con la zattera tremante e vacillante ma che asseconda la forza delle onde lasciandole sfogare in impetuose cascate sui tronchi di balsa. Il 30 luglio avvistano l'isola di Puka Puka, nell'arcipelago delle Tuamotu ma l'impossibilità di manovrare impedisce l'approdo, e dovrà allora trascorrere un'altra settimana (vissuta nel timore di vagare a lungo nell'oceano, senza incrociare nuove isole) prima di arenarsi sulla barriera corallina dell'atollo di Raroia: 101 giorni di viaggio e 4300 miglia nautiche percorse avevano fatto della spedizione del Kon-Tiki un successo. Nonostante il mondo accademico continui a disconoscere il valore scientifico dell'impresa e delle teorie sulla migrazione, il libro sulla spedizione è tradotto in decine di lingue e vende milioni di copie, mentre il film del viaggio ottiene nel 1951 l'Oscar per il miglior documentario. Sull'onda

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della pubblicazione del trattato American Indians in the Pacific, nel 1952 Heyerdahl tiene una serie di conferenze presso l'Università di Cambridge, riuscendo ad organizzare nello stesso anno la prima spedizione archeologica alle Isole Galapagos, insieme agli archeologi E.K. Reed e A. Skjølsvold. Gli scavi si concentrano sulle aree di possibile attracco delle zattere preistoriche, e portano alla luce quattro abitazioni che sembrano precolombiane e dove vengono ritrovati resti di centinaia di vasi in ceramica, tutti reperti riconosciuti come pre-incaici ed eseguiti da aborigeni dell'Equador e del Perù settentrionale: per il norvegese è la conferma che le isole avevano rappresentato uno scalo intermedio per le ondate migratorie verso la Polinesia. Nel 1955 l'Isola di Pasqua, considerata per la presenza di riserve d'acqua come la prima terra stabilmente abitabile per i viaggiatori provenienti dal continente americano, diventa teatro di una nuova stagione archeologica guidata da Heyerdahl. Sull'isola, famosa per le sue colossali statue in pietra, giunge la nave equipaggiata per consentire ai cinque archeologi, medico, fotografo e quindici marinai di compiere un anno di ricerche. Gli scavi, oltre a permettere di scoprire come i moai avessero dei corpi enormi sepolti dentro la collina, indicano agli archeologi anche le tecniche di costruzione, trasporto ed innalzamento delle enormi sculture. La spedizione viene a conoscenza anche di statue mai segnalate e case di pietra di tipo pre-incaico, mentre le analisi stratigrafiche fanno risalire la presenza dell'uomo sull'isola al 380 d.C, un'ulteriore conferma scientifica alle prime intuizioni di Heyerdahl. Il Congresso Scientifico del Pacifico a Honolulu del 1961 arriverà, anche sulla base delle scoperte di Heyerdahl, alla conclusione che "L'Asia Sud Orientale e le isole adiacenti costituiscono il primo importante luogo di origine per le popolazioni e la cultura delle isole del Pacifico e il Sud America ne rappresenta l'altro". Tra il 1986 e il 1988 Heyerdahl organizzò una nuova stagione di scavi nell'Isola di Pasqua, soprattutto nell'area del Golfo di Anakena, ricerche che consentirono di pubblicare L'isola di Pasqua, un mistero svelato, dopo il primo Aku-Aku nel quale aveva scritto il resoconto dell'entusiasmante e fruttuoso anno vissuto sull'isola.

Thor ritorna nell’isola da vecchio

Bibliografia Heyerdahl Thor, Ferdon E. jr (eds), Reports of the Norwegian Archaelogical Expedition to Easter Island and the East Pacific, vol. 1, Allen & Unwin, London, 1961. di Thor Heyerdahl sono usciti in Italia : Kon-Tiki, Robin, Biblioteca del vascello, 2001, pp. 226. Isole Maldive, Primavera, Le guide del gabbiano, 1996, ill., pp. 160. Aku-Aku : il segreto dell'isola di Pasqua, trad. di Francesca Viola Lundgren, Firenze, Giunti Martello, 1976, 436 p., ill. Un classico della letteratura d'esplorazione. Ra, Milano, Martello, 1972, 425 p. : ill., trad. di Raffaella Lotteri. Walter Leonardi, Thor Heyerdahl. L'uomo del Kon-Tiki, Mazzotta, coll. Fotografia, 1994, pp. 96. Tributo del fotografo italiano alla figura del grande esploratore. Altre pubblicazioni recenti di Thor Heyerdahl: In lingua francese: Tigris, Thor Heyerdahl e Jacques Mordal, Abin Michel, 2000; Le Myster des Maldives, Albin Michel, 2000; Aku-Aku, Phébus, 1995. In lingua inglese: In the Footsteps of Adam, Time Warner Books UK, 2001. Autobiografia; Green Was the Earth on the Seventh Day, Time Warner Books UK, 1998. L'esperienza vissuta nel 1936 sull'isola di Fatu-Hiva insieme alla moglie Liv; Early Man and the Ocean, Taylor & Francis Ltd, 1998. Pyramids of Tucume: The Quest for Peru's Forgotten City, Daniel H. Sandweiss, Alfredo Narvaez, Thor Heyerdahl, Thames & Hudson, 1995, illustrato. Saggio storico-archeologico sul gigantesco sito di Tucume, nel Perù settentrionale. I film-documentario delle spedizioni: The Kon-Tiki Expedition, premio Oscar 1951; Galapagos Expedition,1953; Aku-Aku,1957; The Ra Expeditions, nominato nel 1971 per l'Oscar; The Tigris Expedition,1979; TheMaldive Mystery,1986.

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Letteratura: Poesie sull'Isola più famosa del mondo :

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Invocazione Maori a “Hotu Matua”

Pablo neruda “La isla”

In biblioteca

Branche Pierre, Gellie Yves, L'Ile de Paques, La mémoire retrouvée, Casterman, 1994. Charola A. Elena, (con prefazione di Gonzalo Figueroa), Isla de Pascua, Bel Patrimonio y su Conservacion, World

Monument Fund, N.Y.C., 1997. Drusini Andrea G., Rapa Nui, L'ultima Terra, Jaca Book, 1994. Solido e piacevole testo

dell'antropologo che è docente di Biologia Umana e Paleontologia Umana dell'Università di Padova (suo - con Swindler Daris R., Paleontologia Umana, evoluzione,adattamento, cultura, Jaca Book, 1996, testo

fondamentale per seguire dalla primatologia alla ominazione; va aggiornato dal punto di vista genetico con le nuove risultanze sul cromosoma Y e DNA mitocondriale). Testo ordinabile per internet su Jaca Book.

Englert Sebastian, La Tierra de Hotu Matu'a: Historia y Etnologia de la Isla de Pascua, Editorial Universitaria, Santiago del Chile, 1983. Englert Sebastian, Etnologo tedesco, padre

cappuccino giunto sull'isola nel 1936, un anno dopo la spedizione Metraux. Testo interessante. in lingua spagnola; la terza parte è un basico libro a sé, Gramatica y Dizionario dell'idioma Rapanui. Flenley John, Bahn Paul, The Enigmas of Easter Island, Oxford University Press, 1992

(2002). Flenley (Nuova Zelanda) è professore di Geografia alla Massey University, esperto di ecologia di foreste pluviali: è il primo ad aver sottolineato che l'isola di Pasqua era ricoperta di foreste. Heyerdahl Thor, Aku-Aku, Bel secreto de la Isla de Pascua, Editorial Juventud, Barcelona,

1959. Lo stile divulgativo e scorrevole di romanzo affascinante e ricco di colpi di scena è sostenuto dalla serietà di intenti scientifici della spedizione archeologica norvegese del 1955. In italiano, Aku-Aku : il segreto dell'isola di Pasqua, trad. di Francesca Viola Lundgren, Firenze, Giunti Martello, 1976, 436 p., ill. Un classico

della letteratura d'esplorazione.V. Heyerdahl Thor Heyerdahl Thor, Ferdon E. jr (eds), Reports of the Norwegian Archaelogical Expedition to Easter Island and the East Pacific, vol. 1, Allen & Unwin, London, 1961. Il resoconto

scientifico della spedizione archeologica norvegese del 1955. Kirk Patrick Vinton, On the Road of the Winds, University of California Press, 2000.

Professore di antropologia alla University of California, Berkeley, ha scritto questo libro definito "the essential reference on the prehistory of Pacific Islands" in cui sono raccolte e descritte in maniera asciutta e scientifica

le culture ivi evolutesi, a partire dalla cultura di Lapita, che conosceva la ceramica, alla estrema periferia colonizzata dagli infaticabili polinesiani. Per l'isola di Pasqua si vedano le pagg. 267-275. Il titolo del volume rimanda alla memoria il classico Vikings of the Sunrise di Peter H. Buck, mezzo irlandese e mezzo maori, e noto anche con il nome maori di Te Rangi Hiroa: a Buck si deve la prima formulazione della teoria ovest-est

di migrazione polinesiana (1944). Kjellgren Eric (con contributi di Van Tilberg e Kaeppler), Splendid Isolation, Art of Easter Island, The Metropolitan Museum of Art of New York, Yale University Press, New Haven e

Londra, 2001. Monografia ricca di immagini artistiche e di testi di buon livello. Metraux Alfred , Meravigliosa Isola di Pasqua, Oscar Mondadori, 1972 (1941). Imperdibile

capolavoro dello studioso americanista cui abbiamo dedicato una intera sezione in SIEB, www.sieb96.org Metraux Alfred, The Ethnology of Easter Island, Bernice P. Bishop Museum Bulletin 160,

Bishop Museum Press, Honolulu, 1971 (ristampa). Testo di grande contenuto scientifico.Imperdibile. Reperibile, anche usato nel vasto mercato librario di internet.

Mulloy William, The Easter Island Bulletins of William Mulloy, World Monument Fund & Easter Island Foundation Houston, 1997.

Ramirez Aliaga José Miguel, Rapanui: Manual de Arqueologia e Historia, Centro de Estudios Rapa Nui, Universidad de Valparaiso - 1 Oriente 41 Viña del Mar, Chile -

[email protected] ) Routledge Katherine, The Mistery of Easter Island, AMS Press, Inc., NYC, 1919, 1978

(ristampa) Il libro del 1919 è un attento resoconto di viaggio della Autrice, che a bordo di uno yacht viaggia dall'Inghilterra al Sudamerica con descrizione della Patagonia. Le informazioni sull'isola di Pasqua sono

importantissime in quanto nessuno sino ad allora aveva raccolto con ricchezza di dettagli la storia dell'isola, foto , disegni e schizzi rilievi di interesse etnografico. Come al solito la cultura accademica ha snobbato

l'opera della colta viaggiatrice ma nessuno può farne a meno, neanche Metraux. Sagnes Francois, Ile de Paques, Editions Créaphis, 79, Rue du Faubourg Saint-Martin,

75010 PARIS, 1988. Libro (di difficile reperimento) di splendide foto b/n di Francois Sagnes e testi letterari di José Garanger, Francois Sagnes, Jean-Pierre Nouhaud, Anne Delahaye.

Serpieri Selene , L'Isola di Pasqua, Giovanni De Vecchi Editore, Milano, 1973. Autore

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ignoto Sinclaire Aguirre Carole, Rapa Nui: Prehistoria del Chile polinésico, in AA.VV., Chile

ante de Chile, Museo de Arte Precolombino, Santiago del Chile, 79, 1997. Skjolsvold Arne, The Kon Tiki Museum Occasional Papers, nn. 1 (1989) e 5 (2000),

Oslo. Van Tilburg Jo Anne , Easter Island, British Museum Press, London, 1994. Testo di grande

contenuto scientifico.Imperdibile.