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61 La presenza e il lavoro straniero nelle piccole imprese del Veneto 1. Premessa Nei contesti territoriali dove è collocata, la piccola impresa svolge da sempre un ruolo di catalizzatore dello sviluppo sociale, che si è accen- tuato nel corso degli ultimi anni, contestualmente al massiccio ingresso di stranieri, soprattutto di natura extracomunitaria, che vedono nel Vene- to una terra di lavoro e di fortuna. L’analisi relativa all’occupazione straniera nella piccola impresa, av- viata con la precedente edizione dell’Osservatorio 1 , ha ampiamente do- cumentato la presenza di questi lavoratori nelle imprese di piccole di- mensioni e il ruolo di integrazione sociale che esse svolgono. Altre analisi relative alle dinamiche occupazionali in Italia e nel Veneto concordano nel definire l’occupazione straniera come un elemento indispensabile per il mantenimento dei sistemi di produzione attuali, in modo particolare quelli regolati dalle micro strutture aziendali. I dati statistici a disposi- zione circa la struttura occupazionale straniera sono però scarsi ed in- completi. Solo di recente gli enti preposti alla raccolta di informazioni si stanno apprestando a censire questo fenomeno, ma sono ancora molto carenti le indicazioni che provengono dall’assetto occupazionale stranie- ro nelle piccole imprese. Veneto Lavoro, ad esempio, stima come a fronte di 143mila dipendenti stranieri censiti nelle imprese della regione nel 2005, oltre un terzo è oc- cupato in aziende con meno di dieci addetti. Interessante è inoltre notare come l’incidenza relativa alla classe 11-49 dipendenti sia pari al 40,2%; all’interno di tale fascia ricadono inevitabilmente anche quelle imprese che fanno parte del campione di riferimento, ossia quelle che al massimo con- tano 19 addetti. Purtroppo il dato relativo alla fascia 1-19 non è disponibile e quindi possiamo solo presumere che all’interno di queste aziende rientri gran parte della forza lavoro straniera operante nel nostro territorio. Infatti, le imprese di più grande dimensione annoverano nei propri organici ap- pena un quarto della manodopera non italiana. I lavoratori stranieri sono 1 Per maggiori dettagli, si veda il 4° Osservatorio sulla occupazione italiana e straniera nella piccola impresa veneta.

La presenza e il lavoro straniero nelle piccole imprese ...€¦ · cumentato la presenza di questi lavoratori nelle imprese di piccole di-mensioni e il ruolo di integrazione sociale

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La presenza e il lavoro straniero nelle piccole imprese del Veneto

1. Premessa

nei contesti territoriali dove è collocata, la piccola impresa svolge da sempre un ruolo di catalizzatore dello sviluppo sociale, che si è accen-tuato nel corso degli ultimi anni, contestualmente al massiccio ingresso di stranieri, soprattutto di natura extracomunitaria, che vedono nel Vene-to una terra di lavoro e di fortuna.

l’analisi relativa all’occupazione straniera nella piccola impresa, av-viata con la precedente edizione dell’Osservatorio1, ha ampiamente do-cumentato la presenza di questi lavoratori nelle imprese di piccole di-mensioni e il ruolo di integrazione sociale che esse svolgono. Altre analisi relative alle dinamiche occupazionali in Italia e nel Veneto concordano nel definire l’occupazione straniera come un elemento indispensabile per il mantenimento dei sistemi di produzione attuali, in modo particolare quelli regolati dalle micro strutture aziendali. I dati statistici a disposi-zione circa la struttura occupazionale straniera sono però scarsi ed in-completi. Solo di recente gli enti preposti alla raccolta di informazioni si stanno apprestando a censire questo fenomeno, ma sono ancora molto carenti le indicazioni che provengono dall’assetto occupazionale stranie-ro nelle piccole imprese.

Veneto lavoro, ad esempio, stima come a fronte di 143mila dipendenti stranieri censiti nelle imprese della regione nel 2005, oltre un terzo è oc-cupato in aziende con meno di dieci addetti. Interessante è inoltre notare come l’incidenza relativa alla classe 11-49 dipendenti sia pari al 40,2%; all’interno di tale fascia ricadono inevitabilmente anche quelle imprese che fanno parte del campione di riferimento, ossia quelle che al massimo con-tano 19 addetti. Purtroppo il dato relativo alla fascia 1-19 non è disponibile e quindi possiamo solo presumere che all’interno di queste aziende rientri gran parte della forza lavoro straniera operante nel nostro territorio. Infatti, le imprese di più grande dimensione annoverano nei propri organici ap-pena un quarto della manodopera non italiana. I lavoratori stranieri sono

1 Per maggiori dettagli, si veda il 4° Osservatorio sulla occupazione italiana e straniera nella piccola impresa veneta.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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assunti quasi esclusivamente come dipendenti (91,6%) e rappresentano il 9,5% di tutta la manodopera veneta.

In merito al contratto di lavoro, il tempo indeterminato rimane la forma più utilizzata anche per il lavoratore straniero (84,7% vs 90,6% per gli italia-ni) che risulta ricoprire la posizione di operaio o di apprendista per l’83,9% dei posti occupati dagli stranieri stessi. È curioso notare come di tutti gli operai censiti nel Veneto quasi il 17% siano stranieri, a fronte, ad esempio, del 3% dei collaboratori e del 2,4% di soci e coadiuvanti.

Italianirt(in migliaia)

Stranieri(in migliaia)

Stranieri / Italiani

comp. % italiani

comp. % stranieri

residenti (2007) 4.774 350 7,3%

Occupati 1.920 143 7,4%

Tipo di lavoro

Dipendenti 1.386 131 9,5% 72,2% 91,6%

Indipendenti 534 12 2,2% 27,8% 8,4%

Contratto di-pendenti

Tempo indet. 1.256 111 8,8% 90,6% 84,7%

Tempo det. 130 21 16,2% 9,4% 16,0%

Dimensioneaziendale

<10 persone 551 46 8,3% 37,8% 34,8%

11-49 persone 451 53 11,8% 31,0% 40,2%

50-249 persone 296 24 8,1% 20,3% 18,2%

>250 persone 158 9 5,7% 10,9% 6,8%

Posizione professionale

Dirigente, quadro

Impiegato

123 1 0,8% 6,4% 0,7%

555 10 1,8% 28,9% 7,0%

Operaio, apprend. 709 120 16,9% 36,9% 83,9%

Imprenditore 119 1 0,8% 6,2% 0,7%

lavoratore in proprio, coadiuvante, socio

382 9 2,4% 19,9% 6,3%

Collaboratore 33 1 3,0% 1,7% 0,7%

Occupati italiani e stranieri secondo i caratteri di lavoro nel Veneto, anno 2005

Elaborazioni su dati Veneto Lavoro e Istat

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Dato il contesto importante all’interno del quale si colloca il lavoro stra-niero, questa sezione dell’Osservatorio vuole approfondire le caratteristiche occupazionali degli stranieri che lavorano nelle piccole imprese nonché le ricadute in termini di integrazione economica e sociale. la piccola impresa assume un ruolo fondamentale nell’inserimento degli stranieri nella nostra società, fornendo loro una opportunità lavorativa e creando i presupposti per una convivenza tra soggetti culturalmente diversi, in grado di integrarsi all’interno di un tessuto sociale complesso come quello veneto.

Questo capitolo, che analizza proprio la presenza straniera in queste realtà produttive, colma un deficit informativo importante per comprendere appieno i processi di organizzazione interna delle piccole aziende, poiché il fenomeno dell’assunzione di immigrati da parte di queste imprese ha un peso sempre più rilevante.

lo studio, di carattere prettamente qualitativo, affronta quattro partico-lari questioni. Come primo step, si analizza la dinamica occupazionale stra-niera nella piccola impresa veneta, effettuando un confronto con quanto è accaduto a livello generale. Il fenomeno viene poi studiato attraverso le im-prese che annoverano tra il proprio personale anche immigrati, specificando quanti stranieri mediamente operano nei circuiti produttivi, l’inquadramento contrattuale e la modalità di incontro con la forza lavoro.

Il capitolo si completa con l’identikit del lavoratore straniero, attraverso l’indicazione dei paesi di origine, del titolo di studio posseduto e del grado di esperienza con cui si presenta al proprio datore di lavoro.

Infine, viene effettuato un focus sulla presenza femminile straniera, rap-portata al complessivo fenomeno immigrato nella piccola impresa della no-stra regione.

2. I lavoratori stranieri: dinamiche generali

Come si è visto nei capitoli precedenti, nel corso del 2007 le piccole imprese venete hanno avuto un rallentamento nella dinamica occupazionale, cresciuta solo del +0,2% e del +0,1% nel corso dei due semestri considerati.

le dinamiche occupazionali relative alla componente straniera sono sta-te invece decisamente più brillanti, poiché la prima parte dell’anno si carat-terizza per una crescita del +1,5%, mentre la seconda parte addirittura per un +5,3%, portando avanti un percorso di rafforzamento di questa compo-nente lavorativa all’interno della struttura aziendale micro.

Questa situazione fa emergere come, seppur di fronte ad una fase di stasi economica vissuta ancora nel corso del 2007, gli imprenditori abbiano

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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comunque assunto nuova forza lavoro, preferendo, per cause che si scopri-ranno nel corso di questo capitolo, lavoratori stranieri a lavoratori italiani.

l’aumento di maggior entità si è verificato nei servizi alle imprese con il +12,3% di lavoratori stranieri; a seguire, in controtendenza rispetto al dato osservato in precedenza (-2,3% di addetti italiani), l’edilizia ha aumentato la presenza di lavoratori stranieri del 9,8%.

Per gli altri settori la diminuzione della componente straniera è stata di notevole entità. nella manifattura sono scesi di 6 punti percentuali a fronte di un lieve aumento pari allo 0,8%. In totale nei servizi alle persone la dimi-nuzione ha toccato il -4,2%, seguendo il trend totale (-1,2%).

Occupati stranieri ed occupati totali: dinamica semestrale

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Variazione percentuale degli occupati stranieri per settore economico nel primo e secondo semestre 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

-0,2% -0,6%0,2% 0,1%

2,3%2,9%

1,5%

5,3%

I sem. '06 II sem. '06 I sem. '07 II sem. '07

Occupati stranieriTotale occupati

3,6%

0,0%

0,0%

10,5%

9,8%

-6,0%

12,3%

-4,2%

Edilizia

Produzione

Servizi alle imprese

Servizi alle persone

I sem. 2007 II sem. 2007

7,7%

3,7%

25,0%

6,1%

-5,0%

3,0%

-10,0%

-20,0%

13,1%

0,0%

0,0%

0,0%

6,2%

6,7%

Belluno

Padova

Rovigo

Treviso

Venezia

Verona

Vicenza

I sem. 2007 II sem. 2007

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3. Le aziende che assumono stranieri

Considerando le imprese del campione che hanno dipendenti, il 33,9% ha attualmente degli addetti stranieri, mentre il 7,2% ha dichiarato di averne avuti in passato. Sono il 58,9% le aziende che nel corso della propria attività aziendale non hanno mai avuto modo o motivo di avere nel proprio organico dei lavoratori non italiani.

Variazione percentuale degli occupati stranieri per provincia nel primo e secondo semestre 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

3,6%

0,0%

0,0%

10,5%

9,8%

-6,0%

12,3%

-4,2%

Edilizia

Produzione

Servizi alle imprese

Servizi alle persone

I sem. 2007 II sem. 2007

7,7%

3,7%

25,0%

6,1%

-5,0%

3,0%

-10,0%

-20,0%

13,1%

0,0%

0,0%

0,0%

6,2%

6,7%

Belluno

Padova

Rovigo

Treviso

Venezia

Verona

Vicenza

I sem. 2007 II sem. 2007

Aziende che hanno attualmente occupati stranieri

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

(si considerano solo le aziende con dipendenti)

Sì33,9%

No, ma nel passato 7,2%

No, mai avuti 58,9%

1,9%

10,9%

25,0%

30,8% 31,4%

1 o 2 Da 3 a 5 Da 6 a 9 Da 10 a 14 Da 15 a 19

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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leggendo il grafico di distribuzione percentuale le imprese che assu-mono lavoratori non italiani sono quelle maggiormente strutturate e, co-munque, con un numero di dipendenti superiore alla decina. nella classe 10-15 addetti infatti sono localizzate il 35,9% delle imprese che assumono stranieri, che, insieme alla classe superiore, raggiungono, a livello regionale, oltre il 60% di tutte le imprese che ricercano maestranze straniere.

la maggior parte delle imprese in cui operano stranieri è attiva nel settore delle costruzioni (40,4%); per converso i servizi alle persone sono il settore in cui la presenza di imprese con stranieri è più bassa (9%), mentre le impre-se che offrono servizi ad altre imprese attraverso l’ausilio di addetti stranieri arrivano al 17,9% sul totale del settore. nella produzione, in cui il 32,7% del-le imprese fa uso di forza lavoro non italiana, la maggior parte delle aziende opera nei metalli (25,5%), seguita dal tessile-calzaturiero (19,6%), dai mobili e dalla chimica (15,7%) e dalla meccanica (13,7%). Sul totale delle imprese manifatturiere sono poche quelle operanti nel settore alimentare (3,9%) e nel settore dell’elettronica (5,9%) che assumono dipendenti stranieri.

Questo dato può far riflettere sulla tipologia di mansione affidata alla for-za lavoro straniera. Con buona probabilità gli stranieri sono maggiormente richiesti/impiegati in settori in cui la componente “fisica” è preponderante. Settori in cui sono necessarie competenze più approfondite, o più tecniche, preferiscono rivolgersi ancora al mercato del lavoro nazionale.

Anche osservando il campione complessivo, ovvero le imprese con o senza dipendenti, e più specificatamente la suddivisione per setto-re, emerge ancora una volta come l’edilizia la faccia da padrona, con il 33,7% delle aziende che ha dipendenti non italiani. Segue, comunque

Sì33,9%

No, ma nel passato 7,2%

No, mai avuti 58,9%

1,9%

10,9%

25,0%

30,8% 31,4%

1 o 2 Da 3 a 5 Da 6 a 9 Da 10 a 14 Da 15 a 19

distribuzione percentuale di imprese con stranieri per classe di addetti

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

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sopra la media regionale, la manifattura con il 27,3% e, con il 21,2%, il settore dei servizi alle imprese. le imprese con dipendenti stranieri nei servizi alle persone sono invece il 13,1% del totale di settore.

la presenza di dipendenti stranieri nelle imprese venete si attesta nel 2007 al 13,6%. Sono maggiormente presenti nel settore delle co-struzioni, dove raggiungono un quinto dei dipendenti totali, mentre nella produzione e nelle imprese che offrono servizi ad altre imprese sono il 10% dei dipendenti totali (per la manifattura il 10,7%). nelle aziende che operano per i servizi alle persone sono 8,3% i dipendenti stranieri rispetto al totale dipendente. Il numero medio di lavoratori non italiani nelle imprese in cui è presente forza lavoro straniera tocca l’apice nelle costruzioni con 2,8 dipendenti, seguite dai servizi alle imprese con il 2,3 e dalla manifattura con il 2,1. nei servizi alle persone sono 1,6, di media, i dipendenti stranieri per azienda.

Analizzando la presenza di stranieri per dimensione delle aziende e settore economico sono evidenti alcuni picchi, come nel caso dei ser-vizi alle persone, in cui il 50% delle aziende che hanno addetti stranieri ha tra i 10 e i 15 addetti, o dei punti di minimo, così come per l’altro settore del terziario in cui nella classe dimensionale appena citata si trovano solo il 14,3% delle aziende, mentre è molto diffuso l’utilizzo di forza lavoro straniera tra la classe 6-9 addetti (39,3% delle imprese) e quella 16-20 (35,7%).

Edilizia40,4%

Produzione32,7%

Servizi alle imprese17,9%

Servizi alle persone

9,0%

Comparti della

produzione

Alimentare 4,0%

Chimica 15,6%

Elettrica 5,8%

Meccanica 13,8%

Metallo 25,5%

Mobili-legno 15,6%

TAC 19,6%

Totale 100,0%

Imprese che hanno occupati stranieri per settore economico(si considerano solo le aziende con dipendenti)

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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Incidenza delle imprese con lavoratori stranieri sul totale delle impreseper settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

1 o 2 da 3 a 5 da 6 a 9 da 10 a 14 da 15 a 19 TotaleEdilizia 0,0% 12,7% 25,4% 33,3% 28,6% 100,0%Produzione 3,9% 7,8% 19,6% 33,3% 35,3% 100,0%Servizi alle imprese 0,0% 10,7% 39,3% 14,3% 35,7% 100,0%

Servizi alle persone 7,1% 14,3% 14,3% 42,9% 21,4% 100,0%

distribuzione percentuale di imprese con stranieri per classe di addetti e settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

33,7%

27,3%

21,2%

13,1%

25,4%

Edilizia Produzione Servizi alle imprese

Servizi alle persone

Totale

Incidenza % Numero medio

Edilizia 21,5% 2,8

Produzione 10,7% 2,1

Servizi alle imprese 10,0% 2,3

Servizi alle persone 8,3% 1,6

Totale 13,6% 2,4

33,7%

27,3%

21,2%

13,1%

25,4%

Edilizia Produzione Servizi alle imprese

Servizi alle persone

Totale

Incidenza % Numero medio

Edilizia 21,5% 2,8

Produzione 10,7% 2,1

Servizi alle imprese 10,0% 2,3

Servizi alle persone 8,3% 1,6

Totale 13,6% 2,4

Incidenza delle imprese con lavoratori stranieri sul totale delle impreseper settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Geograficamente, Treviso continua a rappresentare la calamita veneta, in quanto il 37,8% delle aziende con dipendenti assume occupati stranieri. A seguire vi è la provincia di Padova, che con la sua alta presenza di imprendi-

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torialità conta il 36,2% di imprese con addetti non nazionali sul totale provin-ciale. A dieci punti percentuali in meno si colloca Verona, seguita dalle altre province, tutte al di sotto del 15%, tra cui Belluno che chiude la classifica con l’ 8,3% delle imprese provinciali che operano attraverso dipendenti stranieri.

Treviso, come già evidenziato, ha il maggior numero di dipendenti stra-nieri sul totale, il 17%. A seguire Padova (14,8%) e Vicenza (14%) dove però il numero medio di dipendenti non italiani è di poco inferiore a quello di Tre-viso (2,8 contro 2,7). rovigo e Venezia chiudono la classifica con la media di lavoratori dipendenti stranieri più bassa (per rovigo il 7% dei dipendenti sono stranieri e 1 è la media di lavoratori di questo tipo per azienda che li assume, mentre Venezia riporta, per gli stessi indicatori, 6,3% e 1,6).

8,3%

36,2%

13,8%

37,8%

11,4%

26,9%

15,5%

Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza

Incidenza % Numero medio

Belluno 12,9% 2,0

Padova 14,8% 2,4

Rovigo 7,0% 1,0

Treviso 17,0% 2,8

Venezia 6,3% 1,6

Verona 11,0% 2,2

Vicenza 14,0% 2,7

Incidenza delle imprese con lavoratori stranieri sul totale delle imprese per provincia

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Incidenza dei lavoratori stranieri sul totale dei lavoratori e numero medio di stranieri per impresa che ha stranieri per provincia

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

8,3%

36,2%

13,8%

37,8%

11,4%

26,9%

15,5%

Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza

Incidenza % Numero medio

Belluno 12,9% 2,0

Padova 14,8% 2,4

Rovigo 7,0% 1,0

Treviso 17,0% 2,8

Venezia 6,3% 1,6

Verona 11,0% 2,2

Vicenza 14,0% 2,7

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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4. Aspetti qualitativi della manodopera straniera

Trattandosi di piccole imprese è interessante capire quale sia il modo in cui la domanda e l’offerta di lavoro straniero vengono in contatto tra loro. nella maggior parte dei casi (59,5%) parlando di piccole imprese, spesso localizzate in paesi al di fuori dei centri industriali maggiori, è il lavoratore che si reca in azienda rendendosi disponibile per le mansioni più dispa-rate. Funziona abbastanza bene il metodo del passaparola tra i colleghi o tra gli imprenditori: poco meno di un quarto delle assunzioni vengo-no effettuate attraverso questa metodologia che mette in gioco vecchi meccanismi sociali. una parte di rilievo, anche se minoritaria, è ricoperta dalle agenzie per l’impiego e le associazioni di volontariato, che contano il 16,2% di successi. Probabilmente questo tipo di metodologia viene usata meno spesso dagli imprenditori stessi, dato che con altre tipologie di con-tatto riescono a raggiungere anche stranieri non in regola con documenti o permessi di soggiorno.

Analizzando nel complesso la situazione contrattuale dei lavoratori stra-nieri, e confrontandola con la situazione dei dipendenti italiani, emergono alcune differenze, sebbene non macroscopiche. Quasi nove immigrati su dieci ottengono il posto fisso (86,7%), stessa percentuale riservata anche ai dipendenti italiani. Esiste una non ampissima differenza, sull’ordine dei 5 punti percentuali, nell’utilizzo dei contatti a tempo determinato. Tra la manodopera straniera è il 9,6% che ne usufruisce, contro il 4,4% di quel-la italiana. un’altra, seppur minima, differenza si evidenzia nel numero di lavoratori con contratti di apprendistato, più comuni tra gli stranieri, 2,1% contro 0,6% di italiani. la tipologia dei contratti flessibili viene utilizzata senza diversità, con la particolarità dei contratti di collaborazione in cui vengono preferiti lavoratori italiani, forse a causa delle tipologie di man-sioni affidate, che come già citato precedentemente potrebbero richiedere delle competenze superiori che spesso il lavoratore immigrato non possie-de, o si presume non possegga.

Il posto fisso per i lavoratori stranieri è più comune nelle costruzioni, in cui quasi la totalità dei contratti è di questo tipo (98,3%). nella manifattura si raggiunge solo, relativamente al dato regionale medio, il 70,6% degli assunti stranieri con questo contratto, mentre il settore del terziario si colloca poco al di sotto dell’80% con i servizi alle persone, e di quattro punti percentuali al di sopra, 84,4%, per i servizi alle imprese.

Agli imprenditori è stata anche chiesta la motivazione che ha spinto ver-so la scelta di assunzione di lavoratori stranieri. Si evidenzia come la moti-

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vazione si ritrovi, nel 69,9% dei casi, nella carenza di manodopera locale. Successivamente, con il 12,7%, emerge la disponibilità, da parte di lavo-ratori stranieri, di lavorare anche fuori dal normale orario di lavoro. Il 9,2% degli imprenditori considera preferibili le maestranze straniere per la loro disponibilità a svolgere lavori più pesanti, mentre il 2,3% degli intervistati di-chiara di sceglierli per applicare trattamenti economici più contenuti rispetto a quelli riservati ai lavoratori italiani.

È interessante osservare quale sia l’opinione che i datori di lavoro hanno nei confronti dell’operato dei lavoratori stranieri. Sono il 70,6% gli imprendi-tori che non ritengono esserci differenze tra il lavoro svolto da un lavoratore straniero e uno italiano. Il 23,3% invece non valuta positivamente l’operato straniero, pur avendolo in azienda, mentre solo il 6,1% considera positivo l’apporto di lavoratori immigrati.

Si osserva poi come, alla domanda sull’interesse o meno ad assumere lavoratori stranieri in futuro, ben l’86% degli imprenditori intervistati abbia risposto negativamente. Il 7,5% tiene questa possibilità in considerazione solo nel caso in cui non si trovi manodopera qualificata, mentre solo il 6,1% ha ammesso la volontà di assumere lavoratori immigrati in futuro.

Il quadro di sintesi che emerge da questi indicatori, che è basato su informazioni non del tutto esaustive del fenomeno, è che mediamente l’im-prenditore veneto si rivolge a lavoratori stranieri perché si riscontrano diffi-coltà a trovare e ad assumere personale locale. l’opinione sul loro operato non si differenzia di molto da quella dei colleghi italiani, sebbene siano an-cora una minoranza le aziende che non hanno in previsione l’assunzione di manodopera straniera. Emerge quindi come la forza lavoro straniera ap-paia non antagonista a quella nazionale o locale, bensì complementare, in quanto andrebbe ad occupare tutte quelle mansioni o situazioni in cui pochi lavoratori italiani sarebbero disposti a prestare il proprio servizio.

Contatto diretto 59,5%

Su segnalazione 24,3%

Agenzie per l’impiego 16,2%

Imprese per modalità di incontro con la forza lavoro

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

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86,7%

9,6%2,1% 1,6%

94,3%

4,4% 0,9% 0,4%

Tempo indeterminato

Tempo determinato

Apprendistato Altre forme

Stranieri Totale

Edilizia 98,3%

Manifattura 70,6%

Servizi imprese 84,4%

Servizi persone 78,3%

Incidenza % contratti a tempo indeterminatoper settore economico

Inquadramento contrattuale degli occupati stranieri, confronto con gli occupati totali

ed incidenza percentuale dei lavoratori a tempo indeterminato per settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Carenza manodopera locale 69,9%

Disponibilità a lavorare fuori orario 12,7%

Disponibilità a svolgere lavori più pesanti 9,2%

Maggiore affidabilità 5,8%

Minor salario 2,9%

Motivi della ricerca di personale straniero

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Valutazione dell’operato dei lavoratori stranieri rispetto ai lavoratori italiani

Equivalente 70,6%

Più negativa 23,3%

Più positiva 6,1%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Imprese per interesse o meno ad assumere lavoratori stranieri nel futuro

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

no 86,4%

Solo in mancanza di professionalità locale 7,5%

Sì 6,1%

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5. Identikit del lavoratore straniero

In questa parte dell’Osservatorio si procede con l’analisi di alcune caratteristiche dei lavoratori immigrati per spiegare in maniera più appro-fondita chi sono e da dove vengono, quale titolo di studio possiedono e qual è il loro grado di esperienza lavorativa, cercando di delineare il qua-dro del lavoro straniero con maggior nitidezza e dettaglio di particolari.

Dividendo le provenienze dei lavoratori stranieri in macro aree, si os-serva che un terzo proviene da paesi europei non comunitari. Il 28,8% ha origini in aree comunitarie, mentre la terza provenienza più frequente riguarda i paesi africani (26,4% dei casi). Poco meno di un lavoratore su dieci proviene invece dalle zone asiatiche, mentre solo il 3,2% proviene dal continente americano.

le tre nazioni più presenti in Veneto sono quelle che storicamente han-no sempre avuto la parte del leone. Si tratta infatti della romania, del Marocco e dell’Albania. In particolare, più di un lavoratore su quattro pro-viene dalla romania, distaccando il Marocco, paese natale del 17,3% dei lavoratori immigrati, e l’Albania, al 10%. Seguono altre provenienze, tutte dall’area compresa tra i Balcani e la costa adriatica. Proviene da Croazia, Macedonia, Moldavia e Serbia un lavoratore su cinque (con percentuali intorno al 5% per ciascuno stato menzionato). I cinesi che lavorano come dipendenti nelle piccole imprese venete sono presenti per il 3,2%.

la distribuzione tra i diversi settori produttivi secondo la provenienza è variegata. Data la massiccia presenza nel tessuto produttivo regionale di romeni e marocchini, le percentuali maggiori in ognuno dei quattro settori in esame sono divise equamente tra loro. nelle costruzioni e nei servizi alle imprese sono i romeni ad essere più presenti, con percentuali al di sopra del 30%, mentre negli altri settori, con percentuali inferiori (16,8% nella manifattura e 26,3% nei servizi alle persone), sono mag-giormente presenti i marocchini. l’Albania è il secondo paese di prove-nienza nei servizi alle imprese e nei servizi alle persone, mentre è il terzo, di poco sotto al 10%, nell’edilizia e nella manifattura. I cinesi sono l’8,4% nella manifattura (prevalentemente nel tessile) e il 10,5% nei servizi alle persone.

Dai dati ricavati relativamente al titolo di studio dei lavoratori stranieri emerge che il livello di scolarizzazione è medio-basso, ed in molti casi nullo. Il 28% circa dei lavoratori stranieri, a detta degli imprenditori inter-vistati, non possiede alcun titolo di studio, mentre quasi quattro su dieci hanno un titolo pari alla nostra licenza media. Il diploma superiore è stato

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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ottenuto dal 12,2% degli immigrati, mentre la qualifica professionale dal 9,2%. Il numero di laureati è decisamente molto meno rilevante, segnan-do un valore del 3,8%. Il profilo del lavoratore straniero che emerge da questi dati è quindi in linea con lo standard del pensiero comune, in cui gli immigrati, per la maggior parte scarsamente istruiti, entrano in Italia alla ricerca di lavoro spesso, a causa della loro scarsa preparazione, non qualificato.

relativamente all’esperienza lavorativa degli stranieri, si osserva che, a livello regionale, il 48,8% ha un’esperienza generica, il 34,2% ha ope-rato in passato nello stesso settore d’attività e solamente il 16,9% non ha alcuna esperienza di lavoro.

In particolare, il settore in cui sono occupati più lavoratori senza espe-rienza sul totale degli addetti del settore, è quello dei servizi alle imprese (29,4%). lavoratori con esperienza nel settore sono principalmente nelle costruzioni, 38,7% sul totale degli addetti stranieri, e nella manifattura, 38,4%. Esperienze generiche si hanno nei servizi alle persone dove il 61,9% degli stranieri risponde a questa caratteristica.

America3,2%

Europa Ue28,8%

Europa non Ue33,4%

Asia8,1%

Africa26,4%

Provenienza degli occupati stranieri per macro area

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

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26,7%

17,3%

10,0%

5,7%

5,4%

4,6%

4,3%

3,2%

3,0%

2,4%

Romania

Marocco

Albania

Croazia

Moldavia

Macedonia

Serbia

Cina

Bosnia

Senegal

Provenienza degli occupati stranieri per i primi 10 paesi

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

edilizia Produzione

romania 30,2% Marocco 19,6%

Marocco 18,4% romania 16,8%

Albania 9,5% Albania 9,3%

Macedonia 7,8% Cina 8,4%

Bosnia-Erzegovina 5,6% Croazia 6,5%

Tot primi � 71,5% Tot primi � 60,7%

Servizi alle imprese Servizi alle persone

romania 36,7% Marocco 26,3%

Albania 11,7% Albania 15,8%

Croazia 11,7% Cina 10,5%

Moldavia 8,3% Arabia Saudita 5,3%

Marocco 6,7% Camerun 5,3%

Tot primi � 75,0% Tot primi � 63,2%

Principali paesi di provenienza degli occupati stranieri per settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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6. L’inserimento sociale del lavoratore straniero

In questo paragrafo si presentano alcuni risultati emersi dalle interviste alle aziende venete relativamente alla condizione di vita dei lavoratori stra-nieri che possono dare una dimensione più approfondita del livello di inse-

Nessun titolo27,8%

Licenza elementare

9,2%

Licenza media38,0%

Qualif ica profess.le

9,2%

Diploma superiore

12,2%

Laurea3,8%

54,0%

39,4%

49,0%

61,9%

48,8%

38,7%

38,4%

21,6%

19,0%

34,2%

7,3%

22,2%

29,4%

19,0%

16,9%

Edilizia

Produzione

Servizi alle imprese

Servizi alle persone

Totale

Generica Nel settore Nessuna

Nessun titolo27,8%

Licenza elementare

9,2%

Licenza media38,0%

Qualif ica profess.le

9,2%

Diploma superiore

12,2%

Laurea3,8%

54,0%

39,4%

49,0%

61,9%

48,8%

38,7%

38,4%

21,6%

19,0%

34,2%

7,3%

22,2%

29,4%

19,0%

16,9%

Edilizia

Produzione

Servizi alle imprese

Servizi alle persone

Totale

Generica Nel settore Nessuna

Titolo di studio degli occupati stranieri

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Grado di esperienza degli occupati stranieri per settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

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rimento nella società e nella vita della regione. Alcuni risultati mostrano dei punti di interesse in quanto possono aiutare a delineare in modo migliore il profilo del lavoratore straniero, sebbene si tratti di informazioni a volte “personali”.

Il permesso di soggiorno, per l’85,8% dei lavoratori stranieri, era già pos-seduto prima di trovare un’occupazione. È comunque rilevante che quasi nel 15% dei casi sia stata l’azienda a mediare con le istituzioni per ottenere il documento, evidenziando, anche in questo caso, come la manodopera straniera abbia un ruolo tanto importante da spingere un’impresa a voler regolarizzare la presenza di stranieri in Veneto.

nel 65% dei casi la conoscenza della lingua italiana è reputata buona da parte degli imprenditori intervistati, e solo nel 10,2% dei casi è segna-lata come scarsa. Questo potrebbe dipendere anche dalla lunghezza del periodo di permanenza del lavoratore in Italia, oltre che da un livello d’istru-zione tale da permettergli di aver studiato in patria la lingua, o da spingerlo a studiarla approfonditamente una volta giunto nella penisola. Poiché per quasi il 90% dei casi il livello di conoscenza della lingua è almeno medio, si presuppone che i lavoratori stranieri siano ad un buon livello d’integrazione, o, se non altro, siano sulla buona strada.

un’informazione che può indicare la tipologia di mansione a cui si de-dicano i lavoratori stranieri proviene dal grado di conoscenza della lingua italiana necessario per poter svolgere il proprio lavoro. Solitamente, più un lavoro è di basso livello, o di bassa specializzazione, minore è la necessità di una corretta espressione verbale o comprensione orale, mentre di quella scritta, a volte, non c’è proprio necessità alcuna. nel 57,4% dei casi le man-sioni ricoperte dagli stranieri richiedono una conoscenza sufficiente della lingua, o almeno dei termini tecnici. Il 37,2% dei ruoli richiede una massima conoscenza, mentre il 5,5% non richiede alcuna conoscenza. Per oltre la metà dei casi quindi si tratta probabilmente di ruoli non particolarmente qualificati, in cui la conoscenza dell’italiano non è vincolante se non per una specifica terminologia.

Il lavoratore straniero nell’80% dei casi vive con la propria famiglia, indi-cando come la sua presenza in Italia sia radicata da legami affettivi, che lo rendono più facilmente inserito nella nostra società. Meno di un quinto dei lavoratori immigrati vive da solo, o, nel 3,8% dei casi, con propri connazio-nali. In generale quindi si osserva che quattro lavoratori stranieri su cinque, vivendo con i propri affetti, se già non lo fossero, hanno le migliori intenzioni di essere inseriti nel contesto in cui vivono.

un dato che può evidenziare il grado di coinvolgimento nella vita extra-lavorativa degli immigrati è relativo al contatto, al di fuori delle ore di lavoro,

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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con i colleghi, che mostra come due stranieri su tre si relazionino anche nel tempo extra-aziendale con i lavoratori italiani, testimoniando anche in que-sto senso la volontà di una integrazione socio-culturale completa.

Infine, il metodo di pagamento adottato dalle imprese intervistate vede al 12,7% i contanti, al 26,1% l’assegno, mentre nel 61,3% dei casi viene effettuato il trasferimento presso il conto corrente bancario del lavoratore, sottolineando ancora una volta come probabilmente la maggior parte dei la-voratori immigrati siano ben inseriti nel contesto di regole, leggi e usi sociali vigente nel nostro paese.

Già in possesso 85,8%

Ottenuto tramite azienda 14,2%

Modalità di reperimento del permesso di soggiorno

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Buona 65,1%

Media 24,7%

Scarsa 10,2%

conoscenza della lingua italiana

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Massima conoscenza della lingua 37,2%

Sufficiente/Tecnica 57,4%

Ininfluente 5,5%

necessità di conoscere la lingua per svolgere la mansione assegnata

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Famiglia 80,5%

Soli 15,8%

Con connazionali 3,8%

condivisione dell’abitazione

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

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7. La presenza femminile straniera

Per terminare l’analisi relativa al mondo del lavoro straniero all’interno del contesto veneto, si procede in questo ultimo paragrafo ad un appro-fondimento sull’occupazione femminile straniera. nel Veneto infatti, la com-ponente femminile tra i lavoratori immigrati raggiunge il 15%, con alcune distinzioni a seconda dei settori di produzione.

Il settore delle costruzioni si conferma un settore prettamente maschile; in esso operano solo il 3,8% delle donne sul totale dei lavoratori stranieri. Il settore, viceversa, in cui sono impiegate il maggior numero di donne im-migrate è quello dei servizi alle persone con una presenza che va oltre il doppio di quella media regionale e si attesta sul 36,1%. nella manifattura quasi un lavoratore straniero su quattro è donna, infine il settore dei servizi alle imprese è praticamente in linea con il dato medio.

Oltre la metà delle imprese che hanno lavoratrici straniere opera nella produzione. Si tratta del 51,4% sul totale che, a sua volta, considerando solo la manifattura, vede il 50% di aziende tessili e della calzatura, il 22,2% di aziende che operano nella lavorazione del legno e nella fabbricazione di mobili, e il 16,7% di aziende chimiche. Percentuali che si assestano sul 5,6% indicano la presenza di aziende meccaniche ed elettroniche che al proprio interno hanno dipendenti donna. Tornando ai macrosettori il 22,9% delle aziende con lavoratrici straniere opera nei servizi alla persona, il 17,1% nel comparto dei servizi alle imprese, mentre, come già evidenziato, l’edi-lizia non è un settore in cui le donne vengono assunte molto: solo l’8,6% delle aziende opera nel suddetto settore.

Sì 66,3%

no 33,7%

Relazioni con colleghi italiani fuori dall’orario di lavoro

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Metodo di pagamento

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Contanti 12,7%

Assegno 26,1%

CC bancario 61,3%

lA PrESEnzA E Il lAVOrO STrAnIErO

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Incidenza delle donne occupate straniere sul totale degli occupati stranieri per sesso e settore economico

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

96,2%

75,7%85,3%

63,9%

85,0%

3,8%

24,3%14,7%

36,1%

15,0%

Edilizia Produzione Servizi alle imprese

Servizi alle persone

Totale

Uomini Donne

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su interviste Aes

Edilizia8,6%

Produzione51,4%

Servizi alle imprese17,1%

Servizi alle persone22,9%

Comparti della produzione

Tessile 50,0%

Legno 22,2%

Chimica 16,7%

Elettrica 5,6%

Meccanica 5,6%

Imprese con donne occupate per settore economico

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Approfondimento: il mercato del lavoro al femminile

Introduzione

le linee guida della politica del lavoro proposte dal vertice di lisbona per il decennio 2000-2010 prevedevano di raggiungere una situazione di pari opportunità tra uomini e donne nel mercato del lavoro. Ciò significa-va portare il tasso di occupazione femminile al 60% entro il 2010 per tutti i paesi comunitari, migliorare la qualità del lavoro delle donne, facilitare il loro ingresso ad ogni tipo di impiego e, in particolar modo, di equiparare la remunerazione delle lavoratrici a quella dei lavoratori.

A due anni dallo scadere del termine di questo ambizioso obiettivo, non è prematuro fare il punto sulla situazione nella nostra regione per capire cosa sia cambiato riguardo questi problemi strutturali dell’eco-nomia. non è chiaro quali siano state le politiche messe in atto dai vari livelli amministrativi italiani per “governare” questi cambiamenti. Ad ogni modo, il tasso d’occupazione femminile sta aumentando rapidamente in tutta Italia, anche se non in tutti i settori e con qualche breve caduta durante i rallentamenti economici.

Come prima cosa, tuttavia, è opportuno riflettere su cosa significhi garantire pari opportunità sul mercato del lavoro tra uomini e donne. Questo anche in ragione del fatto che, come spesso succede per le politiche-quadro europee, l’indice statistico “60%” si pone automati-camente come riferimento formale per la valutazione della situazione, lasciando poco spazio a valutazioni sostanziali. È tuttavia difficile avere dei dati significativi relativamente ai problemi reali che limitano le pari opportunità.

Il termine eguaglianza, perché assuma un significato non solo letterale ma anche sociale, richiede che si valuti il problema considerando l’indi-viduo nel complesso delle sue diversità e quindi alle sue relazioni socia-li. l’obiettivo di migliorare il livello occupazionale delle donne non può quindi essere considerato separatamente dal cambiamento del ruolo della donna in altre sfere della società e nel privato delle relazioni familiari. Il riconoscimento del ruolo di una persona nella società non passa solo dal mercato del lavoro ma comprende un complesso di attività che richiedo-no un bilanciamento di diritti e doveri governati da una serie di istituzioni interdipendenti.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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lo studio che segue mette in evidenza il notevole aumento del lavoro femminile negli ultimi anni. Questo risultato è il frutto di un profondo cam-biamento della società, ottenuto grazie all’educazione contemporanea che legittima l’aspirazione della donna ad una realizzazione professiona-le. Tuttavia, non tutte le istituzioni della nostra società sono evolute nella direzione favorevole a questi obiettivi. Il lavoro familiare grava ancora per la maggior parte sulle donne provocando un appesantimento delle competenze in capo alle lavoratrici. Inoltre, non si può non considerare che la perdita di capacità di acquisto dei salari e le sempre maggiori esi-genze di spesa per garantirsi un’adeguata interazione sociale obbligano molte donne a lavorare, anche quelle non interessate a questo tipo di “auto-realizzazione”. Da questa prospettiva, quindi, sarebbe opportuno un approfondimento della situazione per verificare se stiamo garantendo una maggiore parità di opportunità oppure se il maggiore lavoro femmi-nile non sia semplicemente “forzato” rispetto ai nostri valori culturali. In questo senso il maggiore tasso di occupazione veneto rispetto alle re-gioni meridionali può essere anche letto come maggiore emancipazione della donna, ma anche come necessità di fare fronte alla maggiore costo della vita. Se così fosse non sarebbe certo una conquista.

la caduta del tasso di natalità italiano testimonia per lo meno che la maggiore partecipazione della donna al mercato del lavoro non è stata accompagnata da un armonioso cambiamento istituzionale atto a ga-rantire un buon coordinamento tra le scelte delle famiglie e tra le diver-se sfere d’azione delle donne in particolare. Tale problema è anche un indice importante di come “dare maggiori opportunità” sia un problema alquanto diverso dal “raggiungere eguali tassi di occupazione”.

Guardando più in dettaglio alle difficoltà di raggiungere gli obiettivi di lisbona, possiamo affermare che le “opportunità” di accesso al lavoro e di pari trattamento della donna in tale mercato sono determinate dalla presenza di una serie di istituzioni. Queste ultime coordinano e mettono in relazione diverse sfere della vita sociale, vincolano certi comporta-menti e ne facilitano altri. l’inevitabile diverso modo di organizzare la vita familiare della donna che lavora ha bisogno di una serie di servizi che consentano di coordinare e facilitare le sue altre attività.

Scuole materne, asili nido, servizi d’assistenza per gli anziani sono le tipiche istituzioni che rendono possibile una maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro riducendo al massimo i carichi di lavoro familiare. In questi ultimi anni l’offerta di questi servizi è aumentata, ma in misura minore dell’aumento di domanda. In questo senso, sia l’azione delle amministrazioni locali, sia la libera iniziativa della società civile si

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APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

rivelano ancora sotto-dimensionate rispetto alle esigenze delle donne che lavorano. In secondo luogo, la spesa pubblica e gli incentivi fiscali per la famiglia, inabili e disabili sono grottescamente sottodimensionati rispetto ai costi che le famiglie affrontano quando una donna lavora (ed anche quando non lavora).

Vi sono poi una serie di istituzioni “informali”, cioè comportamen-ti consolidati, valori e modi di pensare condivisi che rendono difficile ottenere pari trattamento tra uomo e donna nel mondo del lavoro. V’è innanzitutto la cultura “maschilista” che continua a permeare la nostra società, perpetuata non solo dagli uomini ma anche più o meno consa-pevolmente dalle donne. Essa consiste principalmente nell’imposizione di “valori maschili” nella valutazione di ogni situazione o prestazione in ambito professionale. Ciò contribuisce a considerare il lavoro femminile come portatore di prestazioni importanti ma ausiliarie rispetto alle fun-zioni strategiche di responsabilità nell’economia. In questo modo le don-ne vengono apprezzate come commesse, segretarie o come prestatrici di servizi alla persona ma, per quanto bene facciano il loro lavoro, diffi-cilmente hanno accesso a posizioni dirigenziali. Questo fatto ha anche ulteriori conseguenze sul prestigio sociale di professioni che vengono occupate da donne. Per esempio, l’insegnamento che oggi è prevalen-temente femminile ha subito una perdita di prestigio sociale (e di remu-nerazione) notevole. Quindi, anche se la donna apporta un contributo importante al buon andamento di un’impresa o di un’amministrazione, il suo valore tende ad essere sistematicamente sotto-stimato.

Vi sono poi istituzioni informali di tipo più prettamente economico, come l’organizzazione delle imprese, che rendono difficile un equo trat-tamento della donna. Molte gestioni aziendali si basano su rapporti per-sonali, su catene di comando brevi e su un capitale umano difficilmente intercambiabile; tutto ciò produce difficoltà per l’azienda a causa della perdita di valore aggiunto a seguito, ad esempio, dell’entrata in materni-tà di una dipendente.

Infine, notiamo che la riduzione del numero di imprese familiari e quin-di la progressiva scomparsa del “collaboratore familiare” è un cambia-mento istituzionale che rende più difficile coniugare lavoro e famiglia. la tipica flessibilità dell’apporto lavorativo della donna in quel tipo di imprese tende ad essere rimpiazzato da assunzioni con contratti atipici che tuttavia non garantiscono un eguale qualità nella gestione del tempo e neppure un comparabile contributo economico. Quindi in questo caso all’aumento di lavoro formale corrisponde un peggioramento sostanziale delle condizioni di lavoro.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Verso gli obiettivi di Lisbona

l’unione Europea ha elaborato nel 2000 un’Agenda di lavori in occasio-ne del vertice di lisbona, che fornisce le linee guida della politica occupa-zionale per il decennio 2000-2010. l’Agenda concentra l’attenzione sulla riduzione della disoccupazione e sulla creazione di nuovi posti di lavoro. Successivamente, nei vertici di Barcellona e di Stoccolma è stata aggiunta la dimensione delle pari opportunità tra sessi nel mercato del lavoro. uno degli obiettivi dell’Agenda è quello di portare il tasso di occupazione delle donne nel mercato del lavoro al 60% entro il 2010 per tutti i paesi comuni-tari.

l’Agenda sottolinea inoltre la necessità di migliorare la qualità del lavoro delle donne, di facilitare loro l’ingresso a ogni tipologia di impiego e di equi-parare la loro remunerazione a quella degli uomini.

Si tratta di una serie di politiche economiche che prendono il nome di Gender Mainstreaming, un concetto adottato dall’Onu che pone l’ugua-glianza tra i sessi come l’obiettivo primario dello sviluppo sociale ed eco-nomico da perseguire tramite azioni condivise e pianificate a tutti i livelli e in tutte le aree.

Infine, le donne in questi ultimi anni hanno notevolmente incremen-tato il loro livello di istruzione. le donne acquisiscono una preparazione di elevato livello e nella media si rivelano più preparate dei loro colle-ghi maschi nella maggior parte delle discipline. Tutto ciò si trasforma in un’offerta di lavoro sempre più qualificata che però ha difficoltà ad incontrarsi con la domanda proveniente dal mercato del lavoro del no-stro territorio. Questo si traduce in ambizioni ed attese che poi vengono in genere tradite dalle reali condizioni d’impiego femminile generando potenziali problemi di cattive condizioni d’impiego.

Per inquadrare la questione femminile attraverso i dati disponibili dei maggiori istituti di rilevazione statistica, si procede con l’analisi di alcuni parametri fondamentali del mercato del lavoro al femminile. Come pri-mo step si analizza il processo di avvicinamento del Veneto ai famosi parametri di lisbona, al fine di individuare quanto manca e quale sia il comportamento regionale nei confronti dell’intero sistema Italia. l’analisi si sviluppa poi attraverso le dinamiche di sviluppo del mercato del lavoro femminile, fornendo particolare attenzione all’occupazione “rosa” nella piccola impresa. Infine, si analizzano le figure imprenditoriali femminili all’interno del contesto artigiano, oggetto dell’Osservatorio.

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In Italia, le diverse misure da mettere in atto per raggiungere questi obiettivi hanno preso il nome di “Strategia di lisbona”, e le politiche per l’occupazione femminile occupano un posto di primo piano, tanto che nel Secondo rapporto annuale sull’attuazione del Pnr 2006-2008 è stata allegata una nota aggiuntiva, “Donne, innovazione e crescita”, che si propone di avviare un percorso per rendere più efficace l’azione del Governo in questo campo.

A otto anni dalla sottoscrizione dell’Agenda di lisbona, l’Italia ha si-curamente migliorato la propria situazione: il tasso di occupazione fem-minile è infatti passato dal 39,6% del 2000 al 46,6% del 2007, ma rima-ne ancora distante dagli obiettivi stabiliti in ambito comunitario, anche dall’obiettivo intermedio fissato al 57% per il 2005. Se confrontato con i partner europei dell’Europa a 15, il nostro Paese si trova all’ultimo posto nella classifica riguardante il tasso di occupazione femminile nella fascia di età 15-64 anni, superato da Grecia e Spagna, i cui indicatori nel quarto trimestre 2007 sono pari, rispettivamente, al 48,0% e al 55,1% (contro il 46,9% dell’Italia).

Ma occorre fare un distinguo tra le diverse aree del nostro Paese: se nel nord vi sono alcune regioni molto vicine all’obiettivo di lisbona (come Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, lombardia) o che hanno ad-dirittura raggiunto la soglia del 60% (come l’Emilia romagna), nel Sud vi sono aree che a stento raggiungono il 30% come la Sicilia (29%) e la Campania (27,9%).

Il Veneto mostra nel 2007 un livello di occupazione femminile del 54%, di sei punti percentuali inferiore rispetto al livello stabilito in ambito comu-nitario. Ad eccezione di Belluno, che registra un tasso di occupazione del 60,9% nel 2007, e che quindi ha già di fatto centrato l’obiettivo, le altre province si posizionano tra il 50,1% di Venezia e il 55,3% di Verona.

Dalla data di sottoscrizione dell’Agenda di lisbona, cioè dal 2000, il tasso di occupazione è sempre e costantemente aumentato in tutte le province venete, con dinamiche più evidenti a Padova (+7,6 punti percen-tuali), Verona (+6,9) e Venezia (+5,1%). Vicenza e Belluno, che partivano da un livello occupazionale femminile già elevato (rispettivamente pari al 51,6% e al 57%) sono migliorate di pochi punti percentuali: per il territorio montano si tratta di 3,9 punti percentuali, per l’area vicentina di 3,01.

1 A seguito delle innovazioni introdotte dall’Istat nel 2004, non è possibile effettuare confronti temporali con i dati antecedenti, in quanto le serie storiche presentano una discontinuità nel passaggio dei dati tra la vecchia e la nuova indagine, cioè nel passaggio dalla rilevazione trime-strale sulle forze lavoro (rtfl) alla rilevazione continua (rcfl). Per questo motivo nei grafici e nelle

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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nel confronto illustrato nel grafico sottostante, che per semplicità ha in-cluso i soli dati riferiti alla regione Veneto e al totale Italia, si presentano le dinamiche relative al tasso di occupazione femminile dal 2000 al 2007. Per entrambe le aree si è registrato un progressivo avvicinamento all’obiettivo di lisbona, senza mai raggiungerlo. Ma se nel 2000 la differenza tra il livello regionale e nazionale risultava essere di 9 punti percentuali, nel 2007 il va-lore si attesta al 7,4%, a dimostrazione dei maggiori progressi evidenziati in altre regioni che, evidentemente, partivano da livelli certamente più bassi. Secondo uno studio realizzato dal Centro Studi Sintesi2, le regioni che han-no aumentato di più l’occupazione femminile dal 2000 al 2007 sono state la Sardegna, la liguria e il lazio con incrementi in termini di punti percentuali rispettivamente di 11,5, 11,0 e 9,9.

riflessioni presenti in questo capitolo si è provveduto a “separare” i due contesti temporali (dal 2000 al 2003 e dal 2004 al 2007) al fine di evitare un confronto diretto tra le due serie. Sebbene l’Istat abbia ricostruito la serie storica di alcuni indicatori per l’Italia ma non abbia seguito il medesimo procedimento con i livelli regionali e provinciali, si è voluto comunque separare le due serie, mantenendo i dati inalterati sia per il Veneto che per l’Italia.

2 Centro Studi Sintesi, Occupazione femminile e Obiettivo di Lisbona in Europa e in Italia, aprile 2008.

Tasso di occupazione femminile nelle province del Veneto (2000-2007 fascia 15-64 anni)

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Verona 48,4 48,8 49,0 52,2 51,1 52,6 55,1 55,3

Vicenza 51,6 52,3 55,9 54,4 54,8 53,9 53,9 54,6

Belluno 57,0 56,5 58,7 57,9 57,9 57,2 60,4 60,9

Treviso 50,6 53,8 52,9 52,3 53,8 55,3 55,6 55,2

Venezia 45,0 47,9 47,0 47,1 48,9 50,8 50,4 50,1

Padova 45,7 47,1 46,4 47,9 53,1 52,2 51,6 53,3

rovigo 47,3 48,1 51,0 51,5 47,0 49,5 53,0 52,3

Veneto 48,6 50,1 50,7 51,2 52,3 53,0 53,6 54,0

Italia 39,6 41,1 42,0 42,7 45,2 45,3 46,3 46,6

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87

Tasso di occupazione femminile: Veneto e Italia a confronto

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

,, , , , , , ,

,1 42, 42,45, ,3 ,3 ,6

,

48 650 1 50 7 51 2

52 3 53 0 53 6 54 0

39,641 0 7

2 45 46 46

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Veneto Italia9

p.ti

%7

4 p

.ti %

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

Come già accennato precedentemente, ad eccezione di Belluno, tutte le province del Veneto registrano un tasso di occupazione femminile al di sotto dell’obiettivo di lisbona. Il grafico sottostante mostra, in termini percentuali, l’occupazione mancante per il raggiungimento della soglia del 60%.

Come si può notare, la provincia che presenta i risultati migliori nel 2007 è senza dubbio quella di Belluno, seguita da Treviso e Verona, la cui distanza si attesta al di sotto dei cinque punti percentuali. Poco più lontane sono le aree vicentine, del rodigino e del padovano, mentre Ve-nezia risulta la provincia che di più si allontana all’obiettivo (quasi 10 punti percentuali). nel complesso, alla regione Veneto, al 2007, mancano 6 punti percentuali di occupazione, mentre all’Italia 13,4.

Tasso di occupazione mancante per il raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona del 60% dell’occupazione femminile (2007 fascia 16-64 anni)

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

-11,6-8,4

-3,0

-9,4

-15,0 -14,3-12,7

-11,4

-20,4

-4,7 -5,4

0,9

-4,8

-9,9-6,7 -7,7

-6,0

-13,4

Verona VicenzaBelluno Treviso Venezia Padova Rovigo Veneto Italia2000 2007

Obiettivo Lisbona 60%

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Il tasso di occupazione fin qui analizzato considera nel complesso le donne in età lavorativa tra i 15 e i 64 anni. Ma se si analizza nel dettaglio l’occupazione femminile sulla base delle diverse fasce d’età si possono evidenziare delle marcate differenze.

nel Veneto l’universo femminile nelle classi di età intermedie, cioè dai 25 ai 34 anni, dai 35 ai 44 anni e dai 45 ai 54 anni è presente attivamente nel mercato del lavoro veneto per, rispettivamente, il 72,2%, il 71,1% e il 61,5% della popolazione di quella specifica classe di età. Entrambi i valori risultano quindi essere ben al di sopra dell’obiettivo di lisbona, mentre se si prendono in considerazione le altre classi di età il livello rimane inferiore.

risultano più preoccupanti invece i valori della classe di età superio-re. Tra le ultra 55enni, le donne occupate sono appena l’8,1%, in quote addirittura inferiori rispetto alla media nazionale (8,9%). Per quanto ri-guarda i soggetti più giovani, ancora in età scolare, il tasso di occupa-zione sfiora appena il 30%.

Se confrontato con l’Italia, il Veneto si trova comunque in una situa-zione di netto vantaggio, evidenziando per ciascuno degli indicatori presi in esame dei livelli di occupazione nettamente superiori (ad eccezione, come detto, delle donne con più di 55 anni). nel contesto nazionale, le donne più presenti nel mercato del lavoro sono quelle della fascia inter-media, 35-44 anni, con tassi di occupazione che superano, sebbene di poco, la soglia del 60%.

Per tutte le altre fasce di età la distanza dall’obiettivo si fa più evi-dente con l’invecchiamento delle donne, mentre nella classe 25-34 anni il valore si attesta appena al di sotto del livello stabilito in ambito comu-nitario.

Da questi dati emergono quindi una serie di elementi che attengono non tanto all’offerta di lavoro nel territorio, quanto alla domanda da parte delle donne.

Se in età giovane la componente femminile risulta essere prevalente-mente occupata, nei periodi successivi si evidenzia uno scollamento evi-dente tra vita privata e vita lavorativa. I motivi dell’inattività delle donne vengono elencati nella tabella seguente.

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Tasso di occupazione femminile per fasce di età nel Veneto e in Italia, anno 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

29,2

72,2 71,161,5

8,1

54,0

19,5

59,0 62,356,9

8,9

46,6

Veneto Italia

Obiettivo Lisbona 60%

15 -24 anni 25 -34 anni 35 -44 anni 45 -54 anni 15-64 anni>55 anni

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

Gli individui che per definizione “non appartengono alla forza lavoro” sono coloro i quali non sono né occupati, né in cerca di lavoro (ossia disoc-cupati). Sono soggetti che, pur avendo l’età per lavorare, decidono di non farlo. E i motivi per cui le donne, in questo caso, decidono di non essere soggetti attivi all’interno del contesto lavorativo sono molteplici, e certa-mente variano in base all’età.

Si osservi come nelle fasce di età intermedie sia la famiglia l’“ostacolo” maggiore alla continuazione o al mantenimento dell’occupazione. In molti casi le donne si trovano a fare i conti con una struttura sociale alquanto de-bole, che le “obbliga” a provvedere da sole alla cura della famiglia. Questo riguarda soprattutto le donne in età tra i 25 e i 44 anni.

Questo elemento porta quindi a far riflettere su quali siano i punti di de-bolezza del sistema veneto (sebbene questi dati facciano riferimento alle aree del nordEst). Il problema non risiede tanto nella mancanza di lavoro, quanto nella difficoltà delle donne a mantenere il lavoro stesso; non riguar-da quindi l’offerta di lavoro, quanto la domanda. Infatti, come si è visto, i tassi di occupazione femminile in queste fasce di età intermedie superano il 70%, a dimostrazione della forte presenza delle donne nel mercato del lavoro. Ma quello che manca per poter garantire a tutte le donne il posto di lavoro (e quindi poter aspirare a qualche punto percentuale in più) è la possibilità di poterlo conservare, anche dopo la nascita di figli o la costi-tuzione di una famiglia.

Per quanto riguarda la popolazione femminile più giovane, è ovvio pen-sare che il motivo prevalente risieda nell’attività di formazione e studio che, in alcuni casi, continua anche in età più avanzata.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Passando alle donne più anziane, inizia a delinearsi come elemento prevalente il mancato interesse a lavorare. Ma se per la fascia di età 45-54 anni si annoverano ancora i motivi familiari, per le ultra 55enni si trat-ta, come ovvio, di situazioni di pensionamento3 a volte anche precoci.

Se si potesse in qualche modo “depurare” la popolazione femminile dai soggetti che hanno già raggiunto la soglia del pensionamento, si potreb-be creare un nuovo tasso di occupazione4 che eliminerebbe la “stortura” creata dalle politiche di prepensionamento degli anni passati. Anche se non tutte le donne ovviamente hanno terminato in anticipo il loro percorso lavorativo si vuole comunque fare una forzatura metodologica ipotizzando per assurdo che la popolazione di riferimento venga depurata da questi soggetti. In questo modo nel nordEst si verrebbe a creare un tasso di occupazione per la fascia 55-64 anni del 34,2% e per la fascia 45-54 anni del 69,4%. nonostante questa forzatura, e il relativo innalzamento del tas-so di occupazione, per le età più avanzate si è ancora molto distanti dai parametri di lisbona. Questo significa che tra tutti i motivi prevale senza dubbio per questi soggetti la mancanza di interesse per il lavoro.

3 nel 2005 in Italia le donne pensionate tra i 45 e i 64 anni ammontano a oltre due milioni di unità (2.064.050), pari al 23,5% di tutti i pensionati. In particolare tra i 45 e i 54 anni si tratta di 344.318 soggetti, e tra i 55 e i 64 anni di 1.719.732. Complessivamente nel nordEst si registra-no 1.726.636 donne detentrici di almeno una pensione (elaborazioni su dati Istat).

4 Il nuovo tasso di occupazione viene determinato come rapporto tra occupati e popolazione al netto dei pensionamenti riferito a ciascuna fascia di età.

15-24 anni

25-34 anni

35-44 anni

45-54 anni

55-64 anni

Totale 15-64 anni

Scoraggiamento 0,7% 3,1% 5,6% 7,1% 3,6% 3,7%Inabilità, problemi di salute 1,4% 4,4% 7,3% 8,6% 6,5% 5,6%

Motivi familiari 3,0% 52,4% 59,5% 37,0% 14,5% 25,8%Pensione di anzianità, vecchiaia 0,0% 0,0% 0,0% 3,7% 38,9% 14,9%

Studio, formazione professionale 91,4% 21,6% 1,6% 0,5% 0,0% 23,6%

Mancanza di interesse per il lavoro 0,6% 4,2% 14,6% 37,0% 34,6% 21,1%

Altri motivi 2,8% 14,3% 11,3% 6,0% 1,9% 5,4%Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Motivo dell’inattività delle donne non appartenenti alla forza lavoroper classe di età nel nordest, anno 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

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Ovviamente lo status occupazionale delle donne dipende non solo dal-l’età, ma anche dalla tipologia familiare e dalla presenza o meno di figli.

le donne con uno o più figli tendono ad abbandonare il lavoro, specie se si tratta di soggetti coniugati o conviventi. È particolarmente interes-sante osservare come di tutte le donne in questo status familiare siano proprio le più giovani (15-29 anni) a non appartenere alla forza lavoro, con un tasso di occupazione pari al 52,7%.

la presenza di figli non permette però alle donne di astenersi dal lavo-ro se si tratta di soggetti monogenitore. In particolare, la componente più giovane è quella che tende ad essere più attiva, con tassi di occupazione per la fascia 15-29 addirittura del 100% e per quella 30-39 dell’87,5%. Mano a mano che aumenta l’età, rimangono nel mercato del lavoro le single, le donne accoppiate senza figli e le monogenitrici. Con l’avvento dei 50 anni si tende poi ad abbandonare gradatamente la propria occu-pazione, specie se si è in coppia.

Per comprendere appieno quale sia lo status lavorativo delle donne suddiviso per classi di età, è utile evidenziare chi sia occupato, chi di-soccupato, chi al di fuori della forza lavoro. Tali valori sono poi gli ele-menti da cui si parte per la determinazione dei diversi indicatori analizza-ti, come tasso di occupazione (visto fino ad ora) e di disoccupazione.

Si osservi come, fatta 100 la popolazione in ciascuna fascia di età, le occupate siano maggiormente concentrate nelle fasce di età centrali, mentre nelle classi estreme si concentrano coloro che non appartengo-no alle forze lavoro: per le più giovani i motivi risiedono (come visto in precedenza) nel completamento dell’iter formativo, per le più anziane nel pensionamento.

15-29 anni 30-39 anni 40-49 anni 50-64 anni Totale 15-64 anni

Single 88,4 92,7 91,6 29,2 65,0Monogenitore 100,0 87,5 82,2 39,9 60,0Coppia senza figli 91,1 87,6 72,8 17,8 50,8Coppia con figli 52,7 69,2 61,6 31,2 53,7Totale 47,2 76,0 66,7 28,5 53,1

Tasso di occupazione femminile nel Veneto per classe di età e tipologia familiare nel Veneto, anno 2006

Fonte Veneto Lavoro

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Il tasso di occupazione è correlato non solo all’età, ma anche al livel-lo di istruzione. È quindi utile incrociare i due elementi al fine di fornire un’indicazione il più possibile completa sulla propensione delle donne a rimanere soggetti attivi nel mercato del lavoro, sebbene la tabella sotto-stante sia riferita alla sola area del nordEst.

Prendendo ad esame le classi di età più vicine al tasso di occupazio-ne del 60%, si osserva come gli alti livelli di istruzione siano prerogativa fondamentale per l’occupazione al femminile. Se si analizzano i valori riferiti alla laurea (sia essa breve, di durata quinquennale oppure un dot-torato) si nota come il tasso di occupazione sfiori addirittura il 90% per le donne con un età compresa tra i 35 e i 54 anni. Molto vicino all’80% è lo stesso indicatore riferito alle donne tra i 25 e i 34 anni (78,3%).

Anche il completamento degli studi superiori individua una situazione di maggiore occupabilità delle donne, sempre se riferito alle classi di età intermedie. I soggetti che si fermano invece alla scuola dell’obbligo hanno una più limitata prospettiva lavorativa.

Questo significa che più le donne sono istruite, più forte è la loro volon-tà di rendersi attive nel mercato del lavoro. lo studio e l’impegno continuo in età giovanile forniscono quindi la possibilità a questi soggetti di vedersi realizzati nel mondo del lavoro. Chi ha concluso il proprio iter formativo prima, non ha forse gli stessi stimoli a realizzarsi professionalmente.

È curioso notare come la cosiddetta qualifica professionale (indicata come diploma 2-3 anni) sia ancora un elemento molto utile per l’inseri-

29,2%

72,2%

71,1%

61,5%

20,3%

54,0%

4,1%

4,7%

3,3%

2,6%

0,3%

3,0%

66,7%

23,1%

25,6%

35,9%

79,4%

43,0%

15-24 anni

25-34 anni

35-44 anni

45-54 anni

55-64 anni

15-64 anni

Occupati Persone in cerca di occupazione Non forze lavoro

distribuzione percentuale delle donne nel Veneto in base allo status lavorativo per fascia di età, anno 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

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mento dei giovani nel mercato del lavoro, dato che il tasso di occupa-zione dei soggetti appartenenti alla classe di età 15-24 anni si attesta al 65,9%.

dinamiche di sviluppo del mercato del lavoro femminile

Per avere un quadro abbastanza esaustivo del mercato del lavoro al femminile, non serve solo soffermarsi sui tassi di occupazione all’interno di un territorio, ma occorre analizzare anche le dinamiche stesse di oc-cupazione e i livelli di disoccupazione. Se da un lato si percepisce quale sia stata nel tempo la presenza delle donne all’interno di un singolo ter-ritorio, dall’altro si evidenzia la capacità del sistema di offrire lavoro a chi lo cerca.

Come detto precedentemente, se da un lato il livello occupazionale delle donne (e quindi il relativo tasso di occupazione) dipende dalle scel-te di ogni singolo soggetto, dall’altro è il mercato del lavoro, cioè l’offer-ta, a prediligere la componente femminile o maschile della forza lavoro.

Di tutti i lavoratori occupati nel mercato del lavoro, quasi il 40% è rappresentato dalle donne. Tra Veneto e Italia non si evidenziano grosse differenze: se nel 2007 la regione registra una quota pari al 40,1%, in Italia si tratta del 39,5%.

A livello territoriale Belluno, Verona e Vicenza sono le aree che maggior-mente attraggono occupazione femminile, dato che l’incidenza delle donne su tutti gli occupati è per l’area montana del 44,2%, per la provincia scaligera del 40,1% e per l’area vicentina del 40,3%. Per tutti gli altri territori si tratta di percentuali inferiori al 40%, sebbene non si evidenzino differenze di rilievo.

Licenza elementare

Licenza media

diploma 2-3 anni

diploma 4-5 anni

Laurea breve, laurea,

dottoratoTotale

15-24 anni 20,3 13,9 65,9 38,9 35,3 27,8

25-34 anni 23,0 65,3 71,2 79,8 78,3 74,0

35-44 anni 40,0 65,0 76,5 84,4 86,6 75,8

45-54 anni 38,7 60,6 73,0 82,0 89,5 68,6

55-64 anni 14,8 25,5 28,9 39,3 45,7 24,1

15-64 anni 20,9 48,0 67,5 71,1 76,6 57,5

Tasso di occupazione femminile per classi di età e titolo di studio nel nordest, anno 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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nel confronto grafico tra Veneto e Italia si osserva come nell’arco di tempo considerato la presenza femminile nel mercato del lavoro sia net-tamente aumentata, ma con trend di crescita diversi. In particolare, se nella regione veneta la quota è migliorata di appena 1,5 punti percentuali (passando dal 38,6% al 40,1%), nel territorio nazionale le performance sono state di 2,7 punti percentuali. Infatti, se all’inizio del decennio la differenza tra queste due aree era particolarmente evidente (1,2 punti percentuali di differenza), nel 2007 questa si è portata a 0,6 punti per-centuali.

Complessivamente il numero di donne occupate è aumentato nel cor-so di sette anni del 13,5% nel Veneto e del 18% in Italia a dimostrazione di un certo interesse da parte della componente femminile a voler parte-cipare attivamente al mercato del lavoro.

A livello provinciale non si riscontrano però le stesse dinamiche. le aree dalle migliori performance sono state Padova e Verona, con tassi di crescita pari, rispettivamente, al 19,7% e al 18,6%. Positive, anche se su livelli più bassi, sono state le province di Treviso (16,6%), Venezia (10,3%), Vicenza (8,6%) e rovigo (5,5%).

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Verona 38,5% 38,0% 38,1% 39,4% 39,0% 39,4% 40,0% 40,1%

Vicenza 39,5% 40,1% 41,7% 40,9% 39,8% 39,4% 39,7% 40,3%

Belluno 43,5% 42,7% 43,3% 44,0% 43,6% 43,2% 44,3% 44,2%

Treviso 38,8% 40,4% 39,2% 39,1% 39,6% 40,7% 39,9% 39,7%

Venezia 37,3% 39,4% 38,9% 38,5% 39,3% 40,2% 39,5% 39,6%

Padova 37,2% 37,4% 37,3% 38,2% 40,2% 40,2% 39,4% 39,7%

rovigo 38,9% 38,8% 39,8% 40,4% 37,5% 37,9% 39,5% 39,4%

Veneto 38,6% 39,2% 39,3% 39,5% 39,7% 40,0% 39,9% 40,1%

Italia 36,8% 37,5% 37,7% 37,9% 39,2% 39,1% 39,4% 39,5%

Incidenza percentuale delle donne occupate sul totale degli occupati nelle province del Veneto

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

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Incidenza percentuale delle donne occupate sul totale degli occupati: Veneto e Italia a confronto

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

38,639,2 39,3 39,5 39,7 40,0 39,9 40,1

36,837,5 37,7 37,9

39,2 39,1 39,4 39,5

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Veneto Italia

Tasso di variazione annuo delle donne occupate nelle province venete e in Italia

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

’00-’01 ’01-’02 ’02-’03 ’03-’04 ’04-’05 ’05-’06 ’06-’07 Totale ’00-’07

Verona -0,8% 2,9% 6,2% nc 3,2% 5,9% 1,2% 18,6%

Vicenza 2,3% 8,3% -0,2% nc -1,1% 0,4% 1,9% 8,6%

Belluno 0,8% 6,1% -3,3% nc -1,9% 5,3% 0,6% 0,1%

Treviso 7,3% 0,0% -1,9% nc 4,5% 1,6% -0,3% 16,6%

Venezia 9,3% -3,0% -0,1% nc 4,1% -1,5% -0,3% 10,3%

Padova 0,5% -5,6% 3,5% nc -0,7% -0,9% 4,4% 19,7%

rovigo 0,0% 6,5% 4,8% nc 5,0% 7,9% -1,9% 5,5%

Veneto 3,3% 1,2% 1,3% nc 1,9% 1,6% 1,2% 13,5%

Italia 3,8% 2,2% 1,6% nc 0,5% 2,5% 1,3% 18,0%

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

l’unica area che ha evidenziato solo un minimo aumento nel livello di occupazione femminile (+0,1%) è quella montana. nonostante ciò, come più volte sottolineato, la provincia bellunese rimane quella in cui le donne trovano più spazio nel mercato del lavoro territoriale e in cui decidono, più di altre, di essere attivamente impegnate in un’occupazione.

Altra è l’indicazione che proviene dal tasso di disoccupazione, creato come rapporto tra coloro che cercano lavoro e la forza lavoro complessiva (costituita dagli stessi soggetti in cerca di occupazione e dagli occupati). Questo indicatore, al contrario del tasso di occupazione, evidenzia quanto il

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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sistema territoriale sia in grado di assorbire la manodopera disoccupata che sta cercando attivamente un’occupazione.

nel caso veneto, i tassi di disoccupazione rimangono sempre inferiori a quelli nazionali, sebbene a livello territoriale si possano scorgere ancora una volta alcune differenze. Vi sono aree che mostrano delle maggiori difficoltà rispetto ad altre ad assimilare tutta la manodopera in cerca di occupazio-ne: si tratta di rovigo (con tasso di disoccupazione nel 2007 pari al 7,1%), Treviso (7%) e Vicenza (5,5%). In altre province le donne sembrano invece trovare minori difficoltà in questo senso, specie a Belluno dove il tasso di disoccupazione si attesta appena al 2,5%.

nel confronto grafico tra Veneto e Italia si nota come dall’inizio del de-cennio il tasso di disoccupazione si sia gradualmente abbassato, con un trend più marcato a livello nazionale. Infatti a livello Italia si è passati dal 14,5% del 2000 al 7,9% nel 2007, mostrando una netta ripresa nei confronti del Veneto che ha visto ridursi il suo tasso di disoccupazione femminile di appena 0,9 punti percentuali. la distanza tra le due aree si è quindi ridotta, passando da 8,4 punti percentuali di differenza a 2,7.

Il Veneto, nonostante le performance evidenziate, rimane comunque sempre al di sotto della media nazionale. Si tratta di confrontare però due aree completamente diverse: se da una parte la nostra regione ha quasi sempre mostrato dei buoni indici relativi all’occupazione femminile, in Italia vi sono aree che hanno visto migliorare di molto la loro situazione, perché partivano da un livello già molto basso.

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Verona 6,5 4,9 5,5 5,2 7,4 6,5 7,2 4,7

Vicenza 3,7 4,2 3,4 4,1 5,2 5,2 5,2 5,5

Belluno 4,6 5,3 3,7 6,3 3,6 4,9 2,3 2,5

Treviso 4,1 4,2 5,3 4,1 6,7 5,6 6,1 7,0

Venezia 8,5 7,3 6,8 5,7 7,9 6,7 7,8 4,0

Padova 6,6 5,1 5,2 4,8 6,1 5,7 6,6 5,0

rovigo 11,3 10,5 8,0 7,9 11,4 11,3 8,2 7,1

Veneto 6,1 5,4 5,2 5,0 6,7 6,2 6,5 5,2

Italia 14,5 13,0 12,2 11,6 10,5 10,1 8,8 7,9

Tasso di disoccupazione femminile totale nelle province del Veneto dal 2000 al 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

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97

6,1 5,4 5,2 5,06,7 6,2

6,55,2

14,513,0 12,2 11,6

10,5 10,18,8

7,9

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Veneto Italia

8,4

p.ti

%2,7 p.ti %

6,5

3,74,6 4,1

8,56,6

11,3

6,1

14,5

4,7 5,5

2,5

7,0

4,0 5,07,1

5,2

7,9

Verona Vicenza Belluno Treviso Venezia Padova Rovigo Veneto Italia

2000 2007

Tasso di disoccupazione femminile: Veneto e Italia a confronto

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

Andamento del tasso di disoccupazione femminile totale nel 2000 e nel 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

6,1 5,4 5,2 5,06,7 6,2

6,55,2

14,513,0 12,2 11,6

10,5 10,18,8

7,9

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Veneto Italia

8,4

p.ti

%

2,7 p.ti %

6,5

3,74,6 4,1

8,56,6

11,3

6,1

14,5

4,7 5,5

2,5

7,0

4,0 5,07,1

5,2

7,9

Verona Vicenza Belluno Treviso Venezia Padova Rovigo Veneto Italia

2000 2007

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

A livello territoriale dal 2000 al 2007 le dinamiche di disoccupazione non sono state però le medesime. Alcune province infatti osservano dei peg-gioramenti che riguardano le aree di Vicenza e Treviso le quali continuano comunque ad avere dei tassi di disoccupazione bassi. Positive sono state invece le performance relative a Belluno, Padova e rovigo, pur essendo quest’ultima un territorio che registra i valori più alti (7,1%).

Per quanto riguarda invece Verona e Venezia si osserva una forte riduzione nel tasso di disoccupazione tra il 2006 e il 2007, che arriva a raggiungere nel-l’ultimo anno valori pari, rispettivamente, al 4,7% e al 4%. Questo perché sono diminuite fortemente le donne in cerca di occupazione e contemporaneamente è aumentata la componente femminile non appartenente alle forze lavoro. Ciò significa che proprio in queste aree, come avviene anche in altri territori nazionali, le donne escono dalle statistiche della disoccupazione, in quanto non ritengono più opportuno per la propria condizione continuare a cercare un’occupazione ma preferiscono rimanere direttamente fuori dal mercato del lavoro.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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L’occupazione “rosa” nella piccola impresa: dati a confronto

Fino ad ora il rapporto ha analizzato alcuni elementi utili per com-prendere la situazione occupazionale femminile nella regione Veneto. Ma i dati esposti si riferiscono al sistema femminile complessivo, mentre si vuole ora fare riferimento ad una fetta specifica del mondo lavorativo “rosa”: l’occupazione nelle imprese di piccola dimensione.

Purtroppo i dati a disposizione sulla realtà di piccola impresa sono pochi e a volte lacunosi. Il riferimento statistico più attendibile per de-scrivere questo ambito imprenditoriale in alcuni suoi aspetti è proprio il Censimento dell’Istat, datato 2001. I parametri a cui si fa riferimento sono quelli relativi alla composizione occupazionale. Per fornire un con-fronto omogeneo con la rilevazione presentata nell’Osservatorio, si sono prese a riferimento le imprese con un numero di addetti inferiore a 20.

la composizione per sesso e per tipo di lavoro degli addetti5 mostra come i soggetti occupati attivamente nella piccola impresa veneta siano per la maggior parte lavoratori autonomi, soci o titolari. Essi rappresen-tano infatti il 56% della forza lavoro in questione, a fronte di un 44% che opera come dipendente. la specificazione per genere mostra una so-stanziale differenza tra uomini e donne: mentre i primi sono in prevalenza autonomi (62,6%), le seconde assumono per la maggior parte ruoli da dipendente (56,8%).

5 Per addetti si intendono i dipendenti (nella cui definizione rientrano i dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai, a tempo pieno o parziale; gli apprendisti; i lavoratori a domicilio iscritti nei libri paga; i lavoratori stagionali; i lavoratori con contratto di formazione e lavoro; i lavoratori con contratto a termine; i lavoratori in Cassa integrazione guadagni) e gli indipendenti (i titolari, soci e amministratori di impresa, i soci di cooperativa che effettivamente lavorano nell’impresa e non sono iscritti nei libri paga; i parenti o affini del titolare, o dei titolari, che prestano lavoro senza il corrispettivo di una prefissata retribuzione contrattuale né il versamento di contributi). Vengono esclusi gli interinali, i collaboratori coordinati e continuativi e i volontari.

composizione del tipo di lavoro nelle imprese di piccole dimensioni (1-20 addetti) per sesso degli addetti nel Veneto, anno 2001

Uomini donne Totale

Dipendenti 37,4% 56,8% 44,0%

Indipendenti 62,6% 43,2% 56,0%

Addetti 100,0% 100,0% 100,0%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Censimento 2001

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Uomini donne TotaleDipendenti 56,1% 43,9% 100,0%

Indipendenti 73,7% 26,3% 100,0%Addetti 66,0% 34,0% 100,0%

composizione del genere nelle imprese di piccole dimensioni (1-20 addetti) per tipo di lavoro nel Veneto, anno 2001

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat, Censimento 2001

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

In quanto a composizione percentuale per tipo di lavoro, si osserva come nel complesso le donne occupate nelle imprese di piccola dimensione siano il 34%. In confronto con la componente maschile, esse sono numericamen-te inferiori per quanto riguarda sia il ruolo di dipendente (43,9%), che il ruolo di lavoratore autonomo (26,3%).

Come avviene nel contesto lavorativo generale, anche in quello di pic-cola impresa le donne non sembrano essere particolarmente presenti. la questione non riguarda quindi la tipologia di azienda (se grande o piccola), quanto la scelta delle donne stesse di lavorare o meno.

la dinamica occupazionale all’interno delle imprese di piccola dimen-sione, a differenza del dato generale, registra una maggiore stabilità. Se a livello complessivo i tassi di variazione risultano essere molto altalenanti nel corso degli ultimi semestri, la piccola impresa registra delle variazioni più contenute. Ciò porta ad ipotizzare una sostanziale stabilità nel ricambio occupazionale nelle imprese al di sotto dei 19 addetti6.

non sempre i segni di variazione risultano concordi tra piccole imprese e economia totale negli stessi semestri, proprio a causa della diversa natura delle strutture produttive prese in esame. Attraverso questi dati, le imprese di piccole dimensioni dimostrano di ricoprire un ruolo di stabilizzatore nei rap-porti di lavoro, molto spesso più personali tra datore di lavoro e dipendente. In realtà nelle aziende più strutturate risulta forse più facile ridimensionare o potenziare gli organici a seconda delle esigenze del mercato. Questo per quanto riguarda sia l’occupazione totale, sia quella femminile.

Alle stesse riflessioni si perviene se si considera la dinamica occupa-zionale relativa ai settori economici di attività. nel corso dell’ultimo anno,

6 I valori riportati in tabella relativi all’occupazione nelle piccole imprese fanno riferimento alle precedenti edizioni dell’Osservatorio sull’occupazione realizzate dalla Fondazione leone Mo-ressa in cui vengono censite e analizzate le dinamiche occupazionali delle imprese venete con meno di 19 addetti.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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infatti, si è evidenziata una certa variabilità nella consistenza degli addetti a livello complessivo, specie nel settore edile.

Più contenute sono state invece le modifiche agli organici delle piccole imprese, anche riferite alla componente femminile. Ancora una volta la pic-cola impresa risulta, più di altre realtà, un soggetto economico in grado di mantenere una certa stabilità all’interno della propria struttura lavorativa, a prescindere dal settore economico di appartenenza. È ovvio comunque che le dinamiche occupazionali risentano della situazione economica in atto: non a caso, ad esempio, nel comparto edile si evidenzia per entrambe le strutture produttive una flessione riguardante gli occupati complessivi nell’ultima parte del 2007: -9,9% a livello generale, -2,3% nelle piccole imprese.

dinamica occupazione semestrale totale e femminile degli occupati dipendenti nel Veneto dal 2004 al 2007

Totale occupati(1) Totale occupati Piccole imprese(2)

Totale donne Totale donne2° sem. 2004 1,1% 0,9% -0,6% 0,6%1° sem. 2005 3,4% 3,5% -1,8% -0,9%2° sem. 2005 -2,2% -1,8% -1,0% -1,4%1° sem. 2006 3,1% 0,3% -0,2% 1,4%2° sem. 2006 1,9% 3,6% -0,6% -1,2%1° sem. 2007 -0,6% -0,7% 0,2% 1,3%2° sem. 2007 5,2% 5,8% 0,1% -0,4%

confronto delle dinamiche occupazionali tra imprese totali e piccole imprese per sesso

(per il totale generale si considerano gli addetti totali; per le piccole imprese l’occupazione dipendente e non al netto dei titolari/soci)

Maschi e FemmineTotale occupati(1) Totale occupati

Piccole imprese(2)

Manifattura Costruzioni Terziario Manifattura Costruzioni Terziario

1° sem. 2007 0,8% 21,5% -2,0% 0,4% 1,3% -1,2%2° sem. 2007 -0,5% -9,9% 3,7% 0,8% -2,3% 1,4%

FemmineTotale occupati(1) Totale occupati

Piccole imprese(2)

Manifattura Costruzioni Terziario Manifattura Costruzioni Terziario

1° sem. 2007 -1,5% 28,6% -0,2% 1,5% 0,1% 1,5%2° sem. 2007 4,5% 44,4% 2,3% -0,5% -5,3% 1,2%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Veneto Lavoro(1) ed interviste Aes(2)

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Veneto Lavoro(1) ed interviste Aes(2)

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Imprenditoria femminile artigiana nel Veneto

non si può parlare di occupazione femminile nelle piccole imprese sen-za analizzare la componente imprenditoriale, nello specifico l’imprenditoria femminile artigiana.

nel Veneto le donne artigiane sono oltre 38mila, la maggior parte con-centrate nel territorio del padovano (19,9%), vicentino (19,8%) e trevigiano (18,5%).

nel corso dell’ultimo triennio le imprenditrici sono aumentate dello 0,3%, specie nella provincia di Verona dove il tasso di variazione è stato addirittura del 3,3%. negative sono state però le performance in aree quali rovigo e Belluno, nelle quali le donne sono calate, rispettivamente, di 4,1 e di 2,5 punti percentuali.

Di tutte le donne conduttrici di attività (che siano esse titolari, socie, am-ministratrici o con altre cariche), il 17,7% gestisce un’azienda artigiana. Vi è una maggiore concentrazione nella provincia di Vicenza (20,5%) e in quella di rovigo (18,2%), mentre risultano meno presenti nel territorio veneziano (15,6%).

Quanto a carica ricoperta, le donne assumono maggiormente il ruolo di socie: infatti, mentre le titolari sono il 40,9% di tutte le imprenditrici artigia-ne, le socie sono il 44,8%. A livello provinciale si evidenza come il Polesine sia l’area in cui sono più presenti le donne uniche proprietarie delle aziende artigiane in quota del 52,1%. Al converso, la maggiore presenza di socie è da registrarsi nel trevigiano e nel bellunese (51,5%).

donne imprenditrici

artigiane

composizione % imprenditrici

artigiane

Var % 2004/2007

donne imprenditrici artigiane / donne

imprenditriciBelluno 1.493 3,9% -2,5% 17,9%Padova 7.651 19,9% 0,8% 17,2%rovigo 2.132 5,5% -4,1% 18,2%Treviso 7.114 18,5% 0,0% 17,7%Venezia 5.648 14,7% 0,3% 15,6%Verona 6.812 17,7% 3,3% 17,3%Vicenza 7.629 19,8% -0,4% 20,5%Veneto 38.479 100,0% 0,3% 17,7%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Infocamere

I numeri dell’imprenditoria artigiana femminile nelle province venete nel 2007

APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Al fine di misurare la concentrazione femminile artigiana a livello comu-nale, si fa ricorso all’indice di localizzazione. Tale indicatore permette di rap-portare le presenze femminili artigiane comunali rispetto alla tendenza me-dia veneta, in modo tale da ottenere una descrizione dell’area confrontabile con le altre realtà.

Il coefficiente è stato calcolato sulla base delle imprenditrici artigiane e quindi esprime la specializzazione rispetto alla propensione artigiana di ogni comune.

l’indice viene calcolato attraverso la seguente formula:

Qih = Aih/Ai· A·h/A·· 7

Se il coefficiente esprime valori maggiori o uguali ad 1 allora diverrà si-nonimo di una specializzazione artigiana da parte delle donne imprenditrici, tanto più accentuata quanto maggiore risulterà il suo scostamento dall’uni-tà. Al contrario per i valori inferiori all’unità.

nel grafico sono stati individuati tre gradi di specializzazione: alta se il coefficiente di localizzazione è superiore a 1,11, media se è compreso tra 1,11 e 1, e bassa se invece risulta inferiore a 1. Dal momento che tale indice esprime la presenza femminile in rapporto al-l’artigianato esistente nel Veneto, i comuni con grado di specializzazione “alto” si localizzano nelle aree del Polesine e del bellunese; queste aree si dimostrano essere un luogo di forte attrattività artigianale per la componen-

7 Dove:Qih è il coefficiente di localizzazione delle donne artigiane nel comune i;Aih sono le donne artigiane nel comune i;Ai·=∑ Aih sono gli artigiani totali nel comune i;A·j=∑i Aih sono le donne artigiane totali nel Veneto;A··=∑i ∑h Aih sono gli artigiani totali in Veneto.

cariche ricoperte dalle imprenditrici artigiane nel Veneto nel 2007

Titolare Socio Altre cariche TotaleBelluno 38,6% 51,5% 9,9% 100,0%Padova 39,5% 46,2% 14,3% 100,0%rovigo 52,1% 37,1% 10,8% 100,0%Treviso 37,2% 51,5% 11,3% 100,0%Venezia 40,4% 44,2% 15,4% 100,0%Verona 47,3% 37,2% 15,6% 100,0%Vicenza 37,8% 45,1% 17,1% 100,0%Veneto 40,9% 44,8% 14,3% 100,0%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Infocamere

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APPrOFOnDIMEnTO: Il MErCATO DEl lAVOrO Al FEMMInIlE

te femminile, sebbene questi due territori, come visto precedentemente, assumano dei valori di occupazione femminile alquanto diversi. Accanto ad esse vi sono poi alcune aree dell’alto trevigiano e del vicentino all’interno delle quali si annoverano comuni dagli indici più elevati.

Al contempo, tra le aree meno specializzate vi sono alcuni territori della provincia di Venezia e di quella scaligera che, evidentemente, non fornisco-no i presupposti per una proficua realizzazione di imprese artigiane al rosa.

Se si confronta questa tendenza con quella artigiana totale8 si nota come si ottengano dei risultati abbastanza diversi. Dove la specializzazione artigia-na complessiva risulta essere elevata, non sempre si ha un dato altrettanto alto riferito all’universo femminile. In particolare, per l’area polesana, dove è forte la localizzazione delle imprenditrici artigiane, non risulta altrettanto marcata la presenza artigiana complessiva. ragionamenti simili si possono fare per la bassa veronese e per alcune aree della pedemontana.

Questo significa che le donne artigiane non necessariamente si localiz-zano dove è prevalente la presenza di imprenditorialità artigiana, ma riesco-no a trovare degli spazi di azione per poter operare all’intero del territorio.

8 In questo caso l’indice di localizzazione comunale dell’imprenditoria artigiana viene calcola-to attraverso la medesima formula dove però:Qih è il coefficiente di localizzazione dell’imprenditoria artigiana nel comune i;Aih sono gli imprenditori artigiani nel comune i;Ai·=∑ Aih sono gli imprenditori totali nel comune i;A·j=∑i Aih sono gli imprenditori artigiani nel Veneto;A··=∑i ∑h Aih sono gli imprenditori totali in Veneto.Il grado di localizzazione è stato suddiviso secondo tre parametri: alta se Qih>1,4; media se 1,4<Qih<1; bassa se Qih<1.

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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Indice di localizzazione comunale dell’imprenditoria femminile artigiana nel Veneto, anno 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Infocamere

Indice di localizzazione comunale dell’imprenditoria artigiana nel Veneto, anno 2007

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Infocamere

Indice di localizzazioneartigiana femminile

alto (125)medio (114)basso (341)

Indice di localizzazioneartigiana

alto (129)medio (311)basso (140)

Indice di localizzazioneartigiana femminile

alto (125)medio (114)basso (341)

Indice di localizzazioneartigiana

alto (129)medio (311)basso (140)

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Metodologia di indagine e struttura del campione

l’importanza di un’analisi sulla struttura occupazionale della piccola impresa deriva dalla necessità non solo di rilevare quantità e qualità del-la forza lavoro impiegata, ma anche di monitorare l’evoluzione occupa-zionale, offrendo informazioni adeguate e tempestive per le esigenze di governance del mondo produttivo.

Grazie ad un monitoraggio annuale, questo studio fornisce prezio-se indicazioni relative alle tipologie contrattuali, al turn over aziendale e quant’altro possa essere utile al fine di delineare la dinamica occupazio-nale per le imprese di minori dimensioni. È bene precisare, che nonostan-te il rilevante numero di occupati, non sono molte le informazioni relative al mondo della piccola impresa reperibili dalle fonti ufficiali; è importante, dunque, attuare iniziative specifiche volte a colmare tale lacuna.

la possibilità di seguire i processi occupazionali in una determinata area, consentendo di conoscere in modo tempestivo i settori in espan-sione e quelli che manifestano alcune difficoltà, arricchisce l’interesse per questa indagine, che diventa strumento per una efficace program-mazione economica.

l’andamento occupazionale delle piccole imprese è stato rilevato attraverso le opinioni di 2 campioni di circa 800 aziende ciascuno rap-presentativi delle piccole imprese del Veneto, individuati in modo tale da fornire informazioni significative. I campioni sono stati selezionati a distanza di sei mesi a partire dal I semestre 2007; questa metodologia permette di rilevare attraverso il confronto temporale le variazioni del-l’occupazione nel medio periodo.

l’indagine è stata condotta per via telefonica da intervistatori esperti ed adeguatamente formati sui contenuti della ricerca; inoltre, grazie alla metodologia di registrazione utilizzata e ad il software adottato, è stato possibile garantire una adeguata verifica telefonica, escludendo tutte le imprese che non rispettavano i parametri determinanti l’appartenenza alla popolazione oggetto d’indagine (ovvero cessazione / inattività del-l’azienda, dimensione superiore a 19 addetti, non appartenenza ai settori d’interesse).

le imprese interpellate sono state selezionate grazie ad un campio-namento che teneva conto sia della provincia di localizzazione, sia del settore di attività economica, nonché della tipologia artigiana o meno

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OSSErVATOrIO Sull’OCCuPAzIOnE

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delle imprese. Infatti è stato costruito un campione di tipo proporzionale rispetto a quattro macrosettori economici (produzione, edilizia/costru-zioni, servizi alle imprese e servizi alla persona) e alla provincia di rife-rimento, in modo da ottenere un campione rappresentativo della realtà della piccola impresa veneta.

nell’ipotesi di un campione casuale semplice, dato l’universo di im-prese di interesse pari a quasi 200.000 unità, si è stimato che un cam-pione di circa 800 aziende permettesse di ottenere un errore di campio-namento inferiore al 4%. In realtà, per aumentare l’efficienza del cam-pione (riduzione dell’errore pur con la stessa numerosità campionaria) e mantenere l’errore complessivo di rilevazione (dovuto non solo all’errore campionario ma anche ad altri fattori, quali le non risposte) nell’ordine di grandezza sopra riportato, nell’indagine è stato adottato un disegno di campionamento stratificato della popolazione (e, in particolare, con estrazione proporzionale all’ampiezza degli strati).

Attraverso un campionamento stratificato infatti si possono sfruttare informazioni eventualmente disponibili a priori sulla popolazione indaga-ta per migliorare il disegno di campionamento ed aumentarne l’efficien-za. nello specifico è facile ipotizzare che le variabili indagate dipendano sia dal settore che dalla provincia, variabili conosciute nella popolazione e che, per questo, hanno costituito i nostri strati. le imprese sono state allora suddivise per strati in base alla provincia di localizzazione e al set-tore economico di appartenenza, e sono state selezionate casualmente da ogni strato, conservando la medesima proporzione presente all’inter-no dell’universo di riferimento.

Questo procedimento ha consentito una maggiore efficienza del cam-pione, ovvero una sicura riduzione complessiva dell’errore di campiona-mento rispetto ad un campione casuale semplice.

È importante sottolineare che il campione è statisticamente rappre-sentativo a livello regionale e per i singoli settori economici, mentre per quanto riguarda i contesti provinciali le informazioni fornite nel rapporto non hanno la pretesa di descrivere scientificamente la realtà dei singoli ambiti territoriali quanto piuttosto di illustrare nel modo più completo possibile le peculiarità e le analogie delle diverse aree del Veneto. Per questo motivo, alcune tabelle di incrocio tra variabili occupazionali e province possono risultare scarsamente informative per le province di minori dimensioni.

Come in ogni indagine, anche in questa sono intervenuti altri fattori portatori di potenziali errori, legati alla mancata disponibilità delle impre-se a rispondere o dall’impossibilità di reperire in tempi utili il responsabili

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di queste, tali per cui il campione indagato si discosta da quello ipotizza-to. Pur essendo nel nostro caso minime le differenze nella distribuzione del campione rilevato e teorico relativamente alle variabili conosciute a priori si è ritenuto in ogni caso conveniente “pesare” le unità rilevate in modo tale che il campione rilevato, almeno relativamente alle variabili provincia e settore, corrispondesse perfettamente al campione teorico, ovvero alla distribuzione di queste variabili nella popolazione indagata.

la metodologia di registrazione utilizzata e il software adottato garan-tiscono il controllo della qualità e della coerenza delle risposte, predispo-nendo a priori i “flussi” che debbono essere seguiti nella compilazione del questionario. non si possono pertanto verificare errori derivanti da risposte non dovute.

METODOlOGIA DI InDAGInE

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Glossario

Addetti: soggetti che rientrano nella definizione di addetti per le rilevazioni Istat e considerati dalla Fondazione leone Moressa nel presente Osservatorio

Addetti ISTAT Fondazione leone Moressa

Indipendenti Titolari X X Soci X XDipendenti Tempo indeterminato X X Tempo determinato X X Apprendisti X X lavoratori stagionali X X Contratto formazione lavoro X XAltri addetti Collaboratori X lavoratori interinali X

collaboratore coordinato e continuativo: persona che presta la propria opera presso un’impresa o istituzione con rapporto di lavoro non soggetto a vincolo di subordinazione e che fornisce una prestazione dal contenuto intrinsecamente professionale o artistico, svolta in modo unitario e continuativo per un tempo predeterminato, ricevendo un compenso a carattere periodico e prestabilito. dipendente: persona che svolge la propria attività lavorativa in un’unità giuridico-economica e che è iscritta nei libri paga dell’impresa o istituzio-ne, anche se responsabile della sua gestione. Sono considerati lavoratori dipendenti i soci di cooperativa iscritti nei libri paga; i dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai, a tempo pieno o parziale; gli apprendisti; i lavoratori a domicilio iscritti nei libri paga; i lavoratori stagionali; i lavoratori con con-tratto di formazione e lavoro; i lavoratori con contratto a termine; i lavoratori in Cassa integrazione guadagni; gli studenti che hanno un impegno formale per contribuire al processo produttivo in cambio di una remunerazione e/o formazione.

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Forze di lavoro: comprendono le persone occupate e quelle in cerca di occupazione (disoccupate).

Inattivi: comprendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro,ovvero quelle non classificate come occupate o in cerca di occupazione.Indipendente: persona che svolge la propria attività lavorativa in un’unità giuridico-economica senza vincoli di subordinazione. Sono considerati lavoratori indipendenti: i titolari, soci e amministratori di impresa o istituzione, a condizione che effettivamente lavorino nell’impresa o istituzione, non siano iscritti nei libri paga, non siano remunerati con fattura, non abbiano un contratto di collaborazione coordinata e continuativa; i soci di cooperativa che effettivamente lavorano nell’impresa e non sono iscritti nei libri paga; i parenti o affini del titolare, o dei titolari, che prestano lavoro senza il corrispettivo di una prefissata retribuzione contrattuale né il versamento di contributi. Lavoratore interinale: persona assunta da un’impresa di fornitura di lavoro temporaneo (impresa fornitrice) la quale pone uno o più lavoratori a disposizione di un’altra unità giuridico-economica (impresa o istituzione utilizzatrice) per coprire un fabbisogno produttivo a carattere temporaneo. non forze di lavoro: vi sono i ritirati dal lavoro, ovvero le persone di 15 anni e più che hanno cessato un’attività lavorativa per raggiunti limiti di età, invalidità o altra causa.

Occupati: si intendono le persone di 15 anni e più che all’indagine sulle forze di lavoro dichiarano: di possedere un’occupazione, anche se nel periodo di riferimento non hanno svolto attività lavorativa (occupato dichiarato); di essere in una condizione diversa da quella di occupato, ma di aver effettuato ore di lavoro nel periodo di riferimento (altra persona con attività lavorativa).

Persone in cerca di occupazione: tutti i non occupati di 15 anni e più che dichiarano al contempo: di aver cercato, nelle quattro settimane che precedono la rilevazione, attivamente un lavoro alle dipendenze o predisposto i mezzi per avviare un’attività in proprio; di essere immediatamente disponibili, entro due settimane, ad accettare un lavoro qualora venga loro offerto.

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Tasso di attività: rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento. la somma del tasso di attività e del tasso di inattività è pari al 100 per cento.

Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro.

Tasso di inattività: rapporto tra le persone non appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento. la somma del tasso di inattività e del tasso di attività è pari al 100 per cento.

Tasso di occupazione: rapporto tra gli occupati e la popolazione di 15 anni e più.

GlOSSArIO

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Finito di stampare nell mese di maggio 2008 da litocenter srl - limena / Padova