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Mons. Rocco Talucci Arcivescovo di Brindisi – Ostuni L L L a a a C C C o o o m m m u u u n n n i i i c c c a a a z z z i i i o o o n n n e e e e e e l l l a a a s s s u u u a a a f f f o o o r r r z z z a a a e e e d d d u u u c c c a a a t t t i i i v v v a a a Iniziazione cristiana e mass-media Linee Pastorali 2005 - 2006

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Mons. Rocco Talucci Arcivescovo di Brindisi – Ostuni

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Iniziazione cristiana e mass-media

Linee Pastorali 2005 - 2006

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INTRODUZIONE Un Convegno ecclesiale inaugura il nuovo anno pastorale. In esso si esprime il protagonismo del laicato cattolico, chiamato con la Chiesa, a “fare di Cristo il cuore del mondo”. Questa espressione liturgica diventa il titolo della lettera dei Vescovi italiani ai fedeli laici. Il tema di fondo è la comunicazione e la sua forza educativa. Ma l’oggetto della comunicazione è il Vangelo, con lo scopo di far conoscere Gesù Cristo al mondo. L’iniziativa della comunicazione è di Dio stesso, il quale si rivela, si comunica attraverso il creato, che parla della sua potenza; attraverso i Profeti, che esprimono la sua sapienza; attraverso il Figlio stesso, che fa conoscere la sua Paternità misericordiosa; attraverso la Chiesa che indica ad ogni uomo la via della salvezza. Noi cristiani abbiamo già ricevuto questa mirabile comunicazione. Ora siamo chiamati a comunicare il Vangelo, a farlo con tutti i mezzi, perché anche un solo uomo si salvi, cioè scopra la via della novità di vita e della felicità sicura. Ci siamo introdotti nel Convegno con un brano del Vangelo di Giovanni, proclamato in tre sezioni distinte (Gv 1,35-51). I protagonisti di questo passo ci aiutano a comprendere la portata della comunicazione evangelica. Al centro della scena è Giovanni il Battista che comunica ai discepoli la presenza di Gesù in mezzo a loro. Lo presenta come l’Agnello di Dio che apre alla salvezza, Colui che toglie i peccati del mondo, causa di ogni rovina. Due ascoltatori del messaggio seguono Gesù, gli parlano, si fermano con lui e lo riconoscono Messia, Salvatore. Uno dei due incontra il fratello e gli comunica il fatto nuovo, ed anche questi va da Gesù. Più tardi nel racconto evangelico compare Filippo. A lui è lo stesso Gesù a comunicargli l’invito a seguirlo. Affascinato da Cristo, Filippo comunica tutto a Natanaele. Questi sottopone a giudizio critico l’annuncio, ma subito dopo, con la libertà che lo caratterizza, riconosce in lui il Figlio di Dio. Infine Gesù comunica ai presenti: vedrete cose grandi, un cielo aperto alla salvezza, alla vera speranza. Gesù è il vero comunicatore del Vangelo, è venuto per comunicare, e dà alla Chiesa il compito di comunicare il Vangelo, e di farlo con tutti mezzi, fino a gridarlo dai tetti. Dal brano di Vangelo appare chiaro che il primo e più vero mezzo di comunicazione è la testimonianza di vita, poi viene la parola che annuncia un messaggio e raggiunge le persone, poi vengono gli altri mezzi. Gesù usa: - la Sinagoga; e questo ci riporta alla catechesi, che va dal primo annuncio, alla Iniziazione Cristiana (da ora I.C.) fino alla maturità della fede; - il tempio; ci apre alla Liturgia, i cui segni sono mezzi di comunicazione divina; - la strada, dove Gesù incontrava i poveri; introduce alla carità, nella quale si rende visibile l’amore; - la visita ai villaggi, per poter incontrare nuove persone e comunicare la lieta notizia. Gesù userà poi altri mezzi, più ordinari e naturali, per comunicare, come: - la montagna, per parlare dall’alto; - la barca, per vedere tutti ed essere visto da tutti, giacché gli uomini sono coloro che vogliono “vedere” Gesù, sono le persone della ricerca vera. Impressiona la domanda di Gesù: “chi cercate?”, altrettanto quella dei discepoli: “dove abiti?”. Veramente l’uomo cerca Dio, e vuole sapere dove abita per incontrarlo abitualmente. Gesù userà nuovi linguaggi, che sono propri della comunicazione. Per farsi capire userà: - le parabole, per meglio coinvolgere; - il dialogo personale, per aprire alla verità. Tutto usa, pur di annunciare la verità. Come pastore e padre, mandato a comunicare il Vangelo, vorrei vedere le Parrocchie come il luogo dove abita il Signore e dove è possibile incontrarlo. Gli stessi mezzi di comunicazione sociale,

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dietro i quali può essere un cristiano pronto a comunicare la fede e la gioia, siano dalle comunità conosciuti, scelti, sperimentati, perchè a tutti giunga il nome di Gesù e la sua parola. Cari fedeli, come cristiani un solo debito noi abbiamo (cfr.Rm 13,8) ed è quello dell’amore. Con piena convinzione mi piace dirvi che la comunicazione del Vangelo, anche tramite i mezzi a nostra disposizione, è, e rimane, la più bella forma di amore.

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La forza educativa della comunicazione a. Premessa Lo sguardo della nostra Chiesa diocesana, nel cammino del presente triennio 2004 – 2005 - 2006, è rivolto alla Parrocchia, in sintonia con le scelte della CEI, per renderla comunità viva, comunità di persone che vivono la Speranza in Gesù Crocifisso e Risorto, comunità capace di essere anima nel territorio sociale, perché portatrice di un messaggio di novità per gli uomini di tutti i tempi. Il cammino triennale vede nel primo anno, già vissuto nel contesto della pastorale integrata, la dimensione missionaria della comunità parrocchiale per la proclamazione del Vangelo della salvezza. La stessa organizzazione interna, per riscoprirne la natura e le finalità, le modalità pastorali e gli organismi fondamentali, è motivata non da aspetti giuridici che ne farebbero una agenzia di culto, ma da aspetti vitali per far passare la vita del Signore Gesù nella coscienza degli uomini, i quali, rinnovati nella fede, diventano artefici di bene, testimoni di speranza, pellegrini verso la vita eterna. La parrocchia missionaria è lievito di vita nel mondo, che vive la sua storia con la speranza di trascenderla per non rimanere schiavo della morte come se questa fosse l’unico traguardo, certamente non gradito ma inevitabile, della esistenza di ogni uomo. Nel secondo anno, ed è il presente, la Parrocchia, che resta soggetto fondamentale, riflette sulla dimensione educativa della sua azione per meglio comunicare il Vangelo, che è la buona notizia anche per gli uomini di oggi. Nel terzo anno, nel 2006, la Parrocchia, che annuncia la Parola a tutti e con tutti i mezzi, farà risuonare la Parola che chiama alla santità, ed è la vocazione universale; e chiama alla sequela di Cristo e all’apostolato evangelico, e sarà la vocazione speciale che orienta alla vita sacerdotale, alla vita religiosa e alla vita di speciale consacrazione nel mondo. Dedichiamo quest’anno alla comunicazione della fede, che è la prospettiva generale del nostro programma pastorale e ripropone la ragion d’essere della Chiesa nella storia. È stata voluta dalla Trinità per l’annuncio del Vangelo ad ogni uomo. È un impegno antico, sempre rinnovato. Ai nostri giorni, nel vorticoso mutare delle situazioni e della cultura, l’annuncio del Vangelo si avvale dei contenuti e delle modalità della IC e della conoscenza dei mezzi di comunicazione. Il potere comunicativo di questi mezzi richiede il loro migliore uso, perché siano strumenti che, usati dagli uomini e destinati ad altri uomini, facciano passare la notizia bella che eleva l’umanità, liberandola da ogni rischio di alienazione, non degna dell’uomo. L’urgenza del comunicare il Vangelo con forza nuova e con nuovi mezzi è stata uno dei punti cardine del Convegno di Palermo e si esplicita negli Orientamenti Pastorali espressi dai Vescovi italiani nel documento “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” che accompagna la Chiesa nel primo decennio del terzo millennio dell’era cristiana. Nel prossimo Convegno ecclesiale del 2006 a Verona questa urgenza riproporrà il nucleo essenziale della fede cristiana: Cristo morto-risorto-vivente. Intorno a questa professione di fede trova motivazione e radice la testimonianza operosa della Chiesa e del singolo credente. Contemporaneamente tale lieto annuncio diventa offerta e proposta della vera Speranza ad ogni uomo. La speranza è la virtù sottesa al cammino del presente decennio, è la notizia di cui gli uomini hanno maggiore bisogno, in questo tempo, per una fiducia che tocchi l’esistenza, è la forza che dà senso alla comunicazione del Vangelo, è il motivo delle mie riflessioni scritte per voi nel libro intitolato “La speranza che è in noi”. La comunicazione del Vangelo avviene - lo dicono tutti - in un mondo che cambia fortemente e vorticosamente. In questo veloce cambiamento occupano un posto rilevante i mass-media, sia laici che cattolici, che fanno del mondo un villaggio globalizzato in cui tutti parlano e tutti sono coinvolti in una

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comunicazione apparentemente neutra, ma che diffonde, di volta in volta, gioia e angoscia, speranza e paura. La comunicazione della Chiesa non riguarda una semplice informazione, legata forse ad interessi materiali e passeggeri finalizzati a guadagni e a visioni parziali e relative. Noi vogliamo comunicare l’annuncio del messaggio divino, della buona notizia che cambia la vita perché l’apre alla certezza della vera gioia, per la quale siamo stati creati e della quale siamo sempre alla ricerca e che solo da Dio, autore della vita, può essere garantita. Ecco perché fa parte del nostro nuovo cammino pastorale la riflessione sulla Iniziazione cristiana. Essa comprende il primo annuncio di speranza: Gesù Crocifisso e Risorto; si costruisce nel cammino feriale di una comunità cristiana con i beni propri della Chiesa: la Parola annunciata-celebrata-testimoniata; si affida alla libertà cosciente e responsabile di quanti sono in ricerca, sostenuti dalla grazia di Dio e dalla vicinanza della comunità; si avvale degli strumenti odierni di comunicazione sociale che ci dà la possibilità di gridarla, questa notizia, “dai tetti” (Mt 10,27), cioè con tutti i mezzi possibili, perché il Vangelo è Gesù, Maestro e Salvatore, e appartiene ad ogni uomo. Sentiamo l’urgenza di comunicare il Vangelo per educare l’uomo al senso della vita presente, alla speranza della vita eterna, al valore pellegrinante dell’esistenza umana, al progetto che salva l’uomo, ogni uomo, ogni donna, ogni persona creata perché amata, e chiamata ad amare per incontrare Dio. b. Iniziazione cristiana La comunicazione del Vangelo esige una riflessione anche sulle persone a cui annunciare il messaggio e sulle modalità da seguire, perché il messaggio raggiunga tutti, venga scoperto e compreso e diventi una speranza di vita. Di solito noi seguiamo la linea anagrafica che ci pone nell’attenzione educativa e formativa verso i fanciulli, i ragazzi, i giovani, gli adulti, o anche verso le famiglie, sia nella fase di preparazione al Matrimonio, offrendo ai fidanzati percorsi di fede, sia nella esperienza familiare, con attenzione alle coppie di coniugi o ai gruppi-famiglia. La linea che oggi più preoccupa, a cui di fatto poniamo minore attenzione, è quella legata alla consapevolezza della fede, e al cammino che ad essa conduce. Troviamo in tutte le età persone da formare a livello iniziale per il cosiddetto primo annuncio, o persone che, pur formate, si sono allontanate rimanendo con quella formazione iniziale, forse infantile, ma che cominciano a sentire una nostalgia di fede e desiderano un vero ritorno per una più profonda conoscenza di Dio e della sua Parola. C’è il problema poi di coloro che sono lontani dalla fede, sono nell’indifferenza religiosa e vivono come se Dio non ci fosse. Meditando un pensiero e una espressione del Divino Maestro dico che anche queste sono persone che dobbiamo condurre alla verità e a Dio. Non dobbiamo dimenticare che, nonostante si dica a più riprese che noi cristiani siamo una minoranza, il nostro popolo è un popolo cristiano, un popolo che non può non dirsi cristiano, che ci tiene ad essere cristiano, anche se poi la sua vita è lontana dal Vangelo. Di conseguenza noi abbiamo nelle nostre Parrocchie, grazie a Dio, una educazione di massa e siamo costretti a seguire schemi, che a volte non condividiamo o che vorremmo superare, perché ci creano problemi di tempo per organizzare la Catechesi o di modo per un percorso di fede che consenta di trasformare il sapere Cristo, come conoscenza, in vivere Cristo, come scelta e testimonianza. L’IC, con le sue tappe e i suoi obiettivi, ci propone una formazione e una introduzione alla comprensione e all’accoglienza del mistero di Cristo nella Chiesa con itinerari personalizzati. Essa esige più tempo, ma garantisce la crescita di persone, particolarmente sensibili e chiamate a gradini più alti nel cammino della santità, ed anche lo sviluppo di gruppi e associazioni ecclesiali, destinate ad essere testimonianza di animazione nella Chiesa e nel mondo, secondo particolari carismi

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suscitati dallo Spirito, nel nostro tempo e per il nostro tempo, per la edificazione del Regno di Dio nella storia. Se è sempre vivo il problema della evangelizzazione, oggi c’è spazio per la nuova evangelizzazione, perché non può essere data per scontata la fede in un mondo secolarizzato, che richiede un nuovo ardore, un nuovo entusiasmo, una nuova passione missionaria sia nei cuori sia nelle modalità della comunicazione del Vangelo. In questa prospettiva di nuova evangelizzazione, fortemente voluta e perseguita da Giovanni Paolo II, si inserisce il cammino della Chiesa Italiana di questi anni: il progetto della IC (ben tre note pastorali), la spinta di una conversione pastorale e culturale (le note: “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” e “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”, il volto gioioso di una chiesa che si affida ancora una volta all’esperienza creatrice della Pasqua (nota pastorale: “Questa è la nostra fede” e la traccia di riflessione in preparazione al Convegno ecclesiale di Verona: Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo). Nel concreto della vita delle nostre comunità, in molti casi, occorre la prima evangelizzazione che pone al centro il primo annuncio legato all’evento Gesù che è il Crocifisso, sì, ma Risorto, che assicura la vera novità di vita, che da un lato dice vittoria sulla morte, alla quale nessuno si rassegna, dall’altro dice certezza di vita nella gioia che non tramonta, per la quale sappiamo di essere nati, perché è avvertita come scopo unico, anche quando non se ne conosce la via. Trova qui spazio anche la pre-evangelizzazione che contiene tutti quei valori umani, immutabili e universali, che si addicono alla autentica identità dell’uomo e che predispongono alla verità intera. Se Giovanni Paolo II ha fatto breccia anche nel cuore dei non credenti, questo si spiega col fatto che, senza rinunciare alla presentazione del Vangelo in quanto tale, ha saputo far leva su quei valori, patrimonio della più vera umanità, nei quali gli uomini di buona volontà si ritrovano e cominciano ad aprirsi ad una speranza nuova. Per rendere possibile questo cammino missionario occorre una vera passione per la Chiesa che apre alla gloria di Dio che ci ama e al vero bene degli uomini che attendono una salvezza definitiva come scopo dell’esistenza. c. Comunicazione sociale La Chiesa Italiana, dopo un lungo tempo di ricerca, di insegnamento e di sperimentazione, ha pubblicato e diffuso un apposito Direttorio sulle comunicazioni sociali, in cui la comunicazione viene definita “missione della Chiesa”. La comunicazione è vista nell’ottica della “Pastorale integrata” per allargare e rendere più incisiva la missione della Chiesa attraverso i linguaggi comunicativi del nostro tempo. Occorre oggi educarsi a questo tipo di comunicazione per far passare meglio il linguaggio della fede. A sostegno delle comunità si intravede la nascita di una nuova figura tra gli operatori pastorali, quella dell’ “Animatore della comunicazione e della cultura”, nella linea del Progetto culturale, per una organica pastorale della comunicazione. Il santo Padre di v. m., Giovanni Paolo II, nella sua ultima lettera apostolica “Il rapido sviluppo” incoraggia i cristiani a tener conto della comunicazione sociale in tutte le espressioni della fede, a partire dalla Liturgia, che è la comunicazione con Dio e con i fratelli, alla catechesi attraverso i vari linguaggi e la stessa cultura. Invita anche noi Vescovi a rivedere i piani pastorali per meglio annunciare il Vangelo. Oggi, infatti, sorgono e si organizzano tanti corsi di formazione per rendere possibile la conoscenza di tutti gli strumenti a servizio dell’annuncio del Vangelo. L’uomo, però, non può non comunicare, siamo nati per comunicare, perché Dio è il primo comunicatore. Tutto ciò che facciamo è una comunicazione: occorre studiare quale può essere il rapporto tra i contenuti del messaggio che vogliamo dare e le modalità più opportune con cui comunicare. Un contenuto valido, comunicato male, non raggiunge il destinatario. Affinché una comunicazione sia vera, raggiunga i destinatari e venga capita ed ascoltata, è necessaria ogni attenzione perché il messaggio sia chiaro ed escluda fraintendimenti. La

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comunicazione esige la credibilità delle persone, perché venga accolta con fiducia; come anche la comunicazione all’interno, tra i Gruppi ecclesiali, Associazioni e Movimenti, è la migliore comunicazione e diventa la condizione per renderla possibile anche all’esterno. L’impegno della comunicazione coinvolge le Parrocchie e la stessa Diocesi per stabilire concreti piani pastorali con metodi e obiettivi chiari. La ricerca e l’uso di nuovi mezzi non faccia trascurare le tante forme di comunicazione a noi più vicine, ed anche più comuni: - l’omelia domenicale, che esige, tra l’altro, la conoscenza delle persone destinatarie; - la liturgia, che già comunica attraverso i suoi gesti, i suoi testi, i suoi paramenti e i suoi segni; - il foglio informativo, il bollettino parrocchiale e la bacheca degli avvisi, che pubblicati e aggiornati regolarmente e curati nell’aspetto grafico, fanno passare messaggi forti. Va comunque pensata una vera e propria scuola sui mezzi di comunicazione per i catechisti per aprirsi ad una cultura audiovisiva. La grande domanda che si impone è :”il Vangelo è la buona notizia! come farla ascoltare tra tanti altri messaggi che risuonano nelle nostre città”? Occorre una forma veramente qualificata. Vi è anche un’altra domanda per una verifica completa: quali motivi rendono inefficace la comunicazione? Forse occorre curare meglio il linguaggio verbale, quello delle parole, e il linguaggio simbolico, quello delle immagini. Le parole da sole sono forse solo concetti, i simboli da soli possono essere solo stimoli. Insieme la parola ascoltata, che può essere dimenticata, viene meglio ricordata da una visione. Resta comunque da dire che la comunicazione del Vangelo passa soprattutto attraverso l’amore di chi annuncia.

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L’iniziazione cristiana Nelle linee di lavoro dello scorso anno (pp. 10 e 11) indicavo tra gli obiettivi della parrocchia, nel quadro della evangelizzazione, il primo annuncio, l’iniziazione cristiana, la cura degli adulti. Li ripropongo quest’anno, nel quadro della comunicazione della fede, con una riflessione più ampia. Le tre note pastorali dei Vescovi sull’IC propongono un progetto di largo respiro che ha bisogno di un congruo periodo di tempo per essere assimilato, condiviso e sperimentato. Nel contesto culturale e pastorale in cui viviamo prenderemo in considerazione in particolare i destinatari adulti perché, e questi una volta iniziati, sono testimoni davanti agli altri adulti. Non sfugga una vera sproporzione tra la cura dei fanciulli e quella degli adulti, e di più tra il numero dei catechisti che si occupano dei fanciulli rispetto a quanti si curano dei giovani e degli adulti. La Chiesa è madre di tutti se genera alla fede, alla vita di fede. Da qui il suo compito di comunicare la parola del Vangelo che rivela all’uomo di essere creato, amato, redento, santificato e un giorno glorificato dal Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. (Catechesi) Da qui il compito di santificare gli uomini con i Sacramenti, - specialmente con l’Eucaristia -, nei quali agisce lo Spirito Santo. L’iniziazione quindi non è solo preparare ai Sacramenti, ma anche partire dai Sacramenti per rimanere nella vita secondo Dio. (Liturgia) Da qui il compito di educare alla testimonianza dell’amore di Dio per giungere all’amore del prossimo, in particolare i poveri, che è anche pace e giustizia. (Carità) L’iniziazione prevede allora la carità del Vangelo da annunciare, il Vangelo della grazia da coltivare, e il Vangelo della carità da testimoniare. L’iniziazione cristiana quindi non è ordinata ai Sacramenti, come scadenza fissa legata ad una tradizione culturale che non cambia la vita, ma è ordinata a fare dell’uomo, in ogni età, un cristiano maturo, cioè uno che crede, spera, ama nel rispetto delle sue reali possibilità. a) Attenzione ai non battezzati Una comunità che vuole generare alla vita cristiana coltiva l’ansia missionaria dell’annuncio del Vangelo per introdurre gli uomini nella vita della Chiesa, figura della Gerusalemme celeste. Gli uomini adulti sono considerati le persone superiori ai 14 anni. A tutti va rivolto il primo annuncio di Cristo morto e risorto per radicare nel cuore la speranza che non delude. E attraverso tappe diverse approfondire il messaggio con la catechesi graduale, con l’educazione alla preghiera e alla comprensione dei Sacramenti, e con l’invito alla testimonianza e al servizio fraterno. La Chiesa stessa è sacramento di questa comunione con Dio e con gli uomini. Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, per farsi conoscere ha parlato del “Samaritano” e “Samaritana” è la Chiesa che si fa incontro all’uomo per dargli la vita che non muore. Quante persone non cristiane abbiamo sul nostro territorio. E non mancano però persone che sono alla ricerca di Dio o di un senso spirituale. Ci chiediamo “come” proporre la fede ai non credenti. La risposta sta forse nella testimonianza convinta e quotidiana dei cristiani o degli operatori pastorali. La testimonianza notata, insieme alla disponibilità al possibile dialogo, rende pensosi i non credenti. Ci chiediamo anche quale atteggiamento avere verso chi è in ricerca. Intanto occorre offrire una vicinanza e una amicizia per un dialogo sereno sulla vita cristiana che ci viene tramandata dalle prime comunità e sulle risposte che la Chiesa ha per non rimanere imprigionati in quello che è precario e passeggero che non dà speranza.

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Il Vescovo si augura, come Pastore primo del gregge affidatogli nella Chiesa particolare, - che sorga nella Diocesi e nelle parrocchie un “gruppo catecumenale” come espressione della comunità cristiana per programmare le proposte cristiane a coloro che ancora non hanno ricevuto il Battesimo e promuovere dei servizi pastorali per favorire questi incontri. Per i fanciulli non battezzati è essenziale la presenza dei genitori nel gruppo catecumenale - che si moltiplichino, con la dovuta preparazione, i catechisti per gli adulti, - che si responsabilizzino i padrini per gli adulti, perché sono garanti e accompagnatori, insieme ai Sacerdoti e ai Diaconi, di quanti sentono oggi fame di Dio e desiderio di Chiesa, vista come la famiglia di coloro che sperano perché credono e amano perché sperano. Quanti oggi sono senza battesimo, ragazzi e adulti, a causa di tanta secolarizzazione o per la caduta di tanti valori cristiani o per l’indifferenza, o anche a causa della immigrazione che porta a vivere con noi persone che non hanno sentito parlare di Dio. In ogni parrocchia ci si predisponga ad una cura quasi personalizzata di quanti ci chiedono il battesimo. Se a volte è semplicistica la domanda, fatta forse per adeguarsi ad una cultura o per non creare discriminazione tra i compagni, o solo per un insegnamento morale che può salvaguardare da una condotta esposta a rischio, sta a noi avviarli per un cammino che vuol dare senso alla vita con attenzione alla libertà dei soggetti, perché giungano ad una scelta concreta e libera di …… , capaci di farsi accompagnare dalla Chiesa. Non va sottaciuto che la testimonianza di fede vera e concreta, il rispetto delle persone, una esperienza di carità promossa da famiglie, da gruppi e dalle stesse comunità sono una vera “comunicazione” del Vangelo e diventano un forte richiamo a Dio e alla sua verità. Alla testimonianza che affascina e attira, o al desiderio scaturito da motivi interiori di diversa qualità si aggiunga chiara la proposta che corrisponde al debito che la Chiesa, le comunità e i singoli cristiani hanno verso coloro che, pur non conoscendo Dio, hanno il diritto di scoprirlo. Tra l’annuncio, che semina la Parola nel cuore, e la testimonianza di una vita, rivestita di amore, è centrale l’incontro con Dio che prende possesso dell’uomo con i cosiddetti Sacramenti della Iniziazione - Battesimo - Cresima - Eucaristia. Questi, nel cammino catecumenale di ricerca, segnano la nuova vita, come la partecipazione alla vita donata dal Cristo, e fanno entrare nel mistero della Paternità di Dio che ci fa figli (Battesimo), nel mistero della effusione dello Spirito che ci configura a Cristo (Cresima), nel mistero della Pasqua che alimenta la vita del cristiano, modellata sulla vita del Risorto (Eucaristia). I Sacramenti danno senso al cammino di fede, e il cammino non è finalizzato ai Sacramenti, ma a Cristo che, mediante i Sacramenti, modella la vita nelle varie tappe che si affrontano segue… attraverso le linee dell’anno liturgico, che ha il suo centro nel giorno domenicale, nel giorno del Signore che rende l’uomo signore delle cose, per orientarlo ai fini stabiliti dal Creatore. Il cammino, le tappe, l’idoneità dei candidati vanno riferiti ad alcuni elementi oggettivi, giudicati dai Pastori con l’aiuto dei “garanti”, dei catechisti, degli accompagnatori del catecumeno, i quali, seguendoli e sostenendo le loro scelte, possono portarli alla Chiesa e testimoniare per loro circa la preparazione e la condivisione della fede. Questa maturazione apparirà chiara nella frequenza alla catechesi, nell’esperienza della vita cristiana, nella partecipazione alle celebrazioni, nella testimonianza di carità e di servizio, nell’adesione del proprio spirito allo Spirito di Dio e nell’esercizio della preghiera. Chi diventa cristiano sarà accompagnato oltre la celebrazione dei sacramenti per vivere il mistero cristiano nella vita feriale. Egli diventa uomo libero dal peccato nel perdono e nella giustizia, figlio aperto ad una eredità grande, membro di una famiglia guidata dallo Spirito, proteso verso una novità che non conosce tramonto, sicuro della vita anche nell’esperienza della morte, fiducioso nell’accoglienza del Padre che lo introduce nella gioia per la quale lo ha creato, nella vittoria del Risorto e nell’azione dello Spirito. b) Attenzione ai fanciulli battezzati

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Il luogo, dove abitualmente appare la maternità della Chiesa, è l’accoglienza dei bambini, ai quali la Chiesa ha sempre offerto una educazione robusta per portarli alla gioia della figliolanza nella conoscenza di Gesù che ha detto un giorno: “lasciate che i fanciulli vengano a me”(Mt 19, 14 ). La Chiesa ha coniugato insieme l’educazione delle famiglie con quella dei fanciulli, fino a conferire il Battesimo prima dell’uso della ragione sulla richiesta e sulla fede dei genitori, che ne sono, e devono tornare ad essere, i veri educatori della fede dei loro figli, parlando loro di Dio in famiglia e accompagnandoli nel cammino offerto dalla parrocchia. Vengono sostenuti dalla Chiesa parrocchiale che provvede alla loro formazione tramite la catechesi, nella quale scoprono la Parola di Dio che parla, partecipano alla Messa domenicale per coltivare la presenza di Gesù morto e risorto, vivente nell’Eucaristia, e sono avviati al buon comportamento come segno di amore a quel Gesù che li ama, li accoglie e li accompagna. Oggi l’iniziazione si protrae per diversi anni, in un cammino che deve far superare per sempre la semplice preparazione ai sacramenti, raggiunti i quali forse non si ha più alcun interesse. Si noti il vuoto che spesso emerge dal post-Cresima al pre-Matrimonio. Tale frattura spezzetta il cammino formativo del fanciullo, in quanto lo caratterizza in un impegno forte prima della Comunione, in un impegno quasi forzato prima della Cresima, senza alcuno sforzo per riscoprire il Battesimo ricevuto appena nati, per poi darsi appuntamento al Matrimonio, in vista del quale, a volte, si rimanda semplicisticamente anche la stessa Cresima. Si dà così una certa importanza ai tre pilastri (i Sacramenti), senza che ci sia il percorso di una strada che poggi sui pilastri, cioè senza una vita che, alimentata dai sacramenti, colleghi in maniera nuova con gli altri, nelle relazioni sociali, e con Dio nei rapporti di fede, verso la Casa della gioia che si attende con speranza. Si rischia così di avere dei ragazzi segnati dai Sacramenti e non dei cristiani capaci di vita nuova e gioiosa, contenti di Dio, perché Dio è contento di loro. E’ necessario capire e far capire che la vita dei fanciulli è sempre guidata dallo Spirito che vuole effondere su di loro la grazia, affidati alla sua voce e alla sua azione, tramite l’aiuto dei genitori, degli accompagnatori, dei catechisti e dei padrini. L’aiuto dello Spirito e degli educatori stimola l’iniziativa dei fanciulli che si aprono all’amore di Gesù, col desiderio di essere come Lui. Senza facili illusioni e con senso di realismo dobbiamo far capire che è primaria l’educazione cristiana, per camminare sull’esempio di Gesù nella gioia vera della vita, e non la ricezione dei Sacramenti, come se fossero dei debiti da pagare, dei riti da compiere per esorcizzare una esistenza, degli adempimenti sacri per uniformarsi ad una prassi popolare, storica e dignitosa, fuori della quale si risulta inadempienti e irregolari, diversi e discontinui, e nella quale si è al sicuro dalla critica e aperti a dei diritti convenzionali, senza però vivere e coltivare una vita di fede, di speranza e di amore. Nella iniziazione cristiana dei fanciulli ha, e deve avere, un ruolo tutto particolare la famiglia che deve accompagnarli con interesse di fede. Pur sapendo che le situazioni familiari sono tutte diverse, è sempre bene impegnarle, col rispetto delle loro possibilità, perché siano sempre almeno consapevoli della loro responsabilità educativa anche in campo religioso. Le famiglie devono sapere che il cammino, che sarà offerto ai loro figli, non è finalizzato solo alla ricezione dei Sacramenti, ma soprattutto alla loro vita cristiana, a conoscere il Signore e la sua legge, a godere di un Dio che parla a tutti. Si renderanno protagonisti di cose belle, di cui Dio stesso si compiacerà insieme alle famiglie e alle persone che li conoscono. Alcune mete educative, che non sono i Sacramenti, devono conoscerle e condividerle, devono sapere cioè che l’ammissione ai Sacramenti risulterà non dal rispetto di una data fissata, ma da determinati criteri, e cioè dalla adesione alla Parola, dalla frequenza alla Messa domenicale, dal gusto della preghiera, dall’impegno nello studio, dalla bontà verso gli amici, dall’obbedienza ai genitori, dati a loro dalla Paternità di Dio. Sono queste le mete del discernimento da valutare con le stesse famiglie. Tenendo conto dell’attuale prassi pastorale, dal Battesimo ricevuto i fanciulli devono ricavare la bellezza di essere figli di Dio. Dalla Eucaristia l’amore di Gesù che si dona morendo e risorgendo, rimasto con noi nel Pane eucaristico per nutrirci di vita di Dio ed essere come Lui. Alla Cresima accederanno quando hanno maturato il desiderio vero di agire, sotto il soffio dello Spirito, da testimoni sulla via

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del bene, per essere di esempio agli altri, come veri missionari di speranza. Lo stesso Sacramento della Riconciliazione esige dai ragazzi la sincerità del pentimento per ogni scelta non approvata da Dio, che però sa perdonare. Nella prospettiva della IC superiamo il cosiddetto schema scolastico, che equipara l’esperienza della catechesi all’apprendimento intellettuale. La divisione dei gruppi per classi scolastiche può essere solo una comodità di strategia educativa e organizzativa. Ma il catechismo non si riduce all’apprendimento facilmente giudicabile, ma esige nel fanciullo e nel ragazzo che viva, nel rispetto delle sue possibilità, secondo il cuore di Dio in sincerità e semplicità. Infatti l’IC non propone un itinerario educativo che privilegia la conoscenza della verità, ma un cammino fatto insieme in cui si accetta l’incontro con Cristo attraverso la tradizione viva di una comunità cristiana. Per raggiungere questo scopo va evitata ogni severità che porta all’esclusione dei ragazzi dai Sacramenti, ed ogni cedimento che include tutti senza alcuna verifica. Il catechista, che è garante e accompagnatore, con amore seguirà i ragazzi, li raccoglierà, in piccoli gruppi semmai, ne avrà cura in comunione con la famiglia prima di fissare date e prenotare conseguenti impegni di festa. E anche quando si fissa una data per stabilire una meta temporale ci si adopererà per aiutare i ragazzi, sì da farli arrivare preparati per la data fissata, e non solo per rispettare la data, senza considerare il progresso di fede, che dipende dal dono di Dio ma anche dalla libera risposta dei ragazzi. Decisioni dell’ultimo momento sono mortificanti. L’iniziazione è una vera educazione, sostenuta da colloqui educativi con i ragazzi e con i genitori insieme agli altri educatori, sapendo che la storia del fanciullo e del ragazzo, ma anche dell’adulto, deve essere rivista nella storia di Gesù sia prima che dopo i Sacramenti. Va considerato che il tanto tempo educativo previsto per i fanciulli e i ragazzi diventa sempre più ridotto per le varie attività a cui vengono indirizzati. L’educazione religiosa non venga vista come una delle tante attività tra cui il ragazzo deve barcamenarsi, secondo il suo gusto o quello dei genitori, ma sia la ricerca per dare senso a tutta la sua vita. c) attenzione ai battezzati che si sono allontanati Quanti, pur battezzati e forse comunicati e cresimati, sono lontani da Dio e dalla Chiesa, vivono come se Dio non esistesse e sono nell’indifferenza sia religiosa che morale. Sono cristiani ma non vivono da cristiani. Il segno di Dio in loro sarà sempre seme bisognoso di sviluppo. E l’iniziativa di Dio non si blocca mai, anche se rispetta la libertà delle persone che devono maturare una loro risposta. E quando scopriranno di avere sete di Dio capiranno che ancora di più è Gesù che ha sete di loro, come della Samaritana che voleva portare alla fede. E mentre si corre tra produzioni e consumo, tra piaceri immediati e delusioni giunge il momento in cui un giovane o un adulto si interroga sulla vita, quando, pur possedendo tante cose, ci si sente vuoti e forse emarginati e senza senso. I pregiudizi pesano e il desiderio di essere sinceri con se stessi prevale. Le grandi domande ritornano, dopo essere state rimosse per l’incapacità di dare, e di voler dare, risposte. Chi sono, da dove vengo, dove vado? Quale la speranza dell’uomo, vengo dal nulla e vado verso il nulla? Se è così non c’è speranza, c’è solo la deriva. Quando un filosofo ateo affermava questo pensiero in una trasmissione televisiva con Madre Teresa di Calcutta, questa rispose, senza controbattere, che lei sapeva di venire dall’Amore infinito e andava verso l’amore infinito. La sua vita era un cammino difficile ma con una speranza certa e godeva. Il commento di quel filosofo è stato: un altro incontro con questa donna e va in crisi il mio ateismo. Non si possono evitare queste domande di fede. E l’indifferenza o anche l’edonismo non sono una soluzione al problema. Tanti oggi si pongono queste domande e torna la nostalgia di Dio, il bisogno di una vita nuova e diversa. Gesù che ama per primo ha detto: “Chi ha sete venga” (Ap. 22,17). Chi ha sete di Dio e desiderio di una svolta si presenta a noi e, a volte, ci chiedono di parlare di Cristo e se c’è un modo per vederlo. La Chiesa, anche quella parrocchiale, ha questo compito di

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mostrare il volto di Dio agli uomini di tutti i tempi, anche nel terzo millennio. Al nuovo desiderio deve corrispondere una nuova evangelizzazione per aiutare l’uomo a liberarsi da una cultura che invece lo vuole liberare da Dio e dalla sua legge. E’ difficile “diventare cristiani” oggi a causa della secolarizzazione e della scristianizzazione che sacrifica il senso religioso che pure è innato nell’uomo. E la Chiesa, senza per nulla arrendersi, deve comunicare il Vangelo a tutti, sapendo che Gesù Cristo è la verità e che anche la libertà è dono di Dio, e questo serve per cercare la verità sia su Dio che sull’uomo. La Parrocchia deve essere attrezzata per accogliere queste persone in ricerca. Ogni parrocchia deve avere quel “pozzo” dove attendere e incontrare queste persone desiderose di una vita più perfetta. E se chiedono il Battesimo sapranno che questo significa essere santi perché Dio è santo. Come si attrezza una parrocchia per essere “pozzo” dove può attingere acqua chi ha sete? Si attrezzi presentando i cristiani come testimoni, persone che conducono una vita da risorti “come vivi tornati dai morti” (Rm. 6,13). Cristiani che non si vergognano del Vangelo, cristiani che sperimentano la consolazione di Dio nella prova, cristiani che nella preghiera trovano la forza di perdonare e farsi perdonare, cristiani che sanno spendersi per un gesto di amore che prelude alla civiltà dell’amore, cristiani che pongono nel cielo la speranza ultima. L’attenzione poi ai poveri, l’impegno per la pace e la giustizia, vissuta per amore di Dio e per il bene dell’uomo, sono segni di forte credibilità della fede e fanno risorgere quelle domande che orientano a Cristo e al Vangelo. La Parrocchia deve offrire anche ai lontani (dai distaccati agli estranei) occasioni di incontri di pre o di prima evangelizzazione. La Chiesa ha una cattedra anche per i lontani, la Chiesa non si rassegna al distacco dei suoi figli. Questa attenzione va dalle semplici confessioni, al caso più elaborato, alla proposta di seguire le lezioni dell’Istituto di Scienze Religiose, fino alla possibilità di accogliere chi forse al “pozzo” di un confessionale vuole scaricarsi di pesi prima che di rivestirsi di una vita, forse anche pesante in se stessa, ma vera, libera e quindi leggera. La Parrocchia deve accogliere e ascoltare. Che ci sia un gruppo di accompagnatori delle persone in ricerca. In questo cammino urge la logica della pastorale integrata, con l’unione delle forze e delle possibilità, della competenza e delle disponibilità, per poter salvare qualcuno. L’ascolto e l’annuncio, sostenuti dalla preghiera e dall’attesa, porteranno alla chiamata di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). La conversione o il ritorno trovano posto nell’amore di Dio e nella libertà dell’uomo, dell’uomo che cerca e dell’uomo che accoglie. Ognuno ha una storia alle spalle e questo va considerato. Dice Paolo: “accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni” (Rm 14,1). Arriverà il momento per una proposta chiara, per dire che Gesù è il Signore della vita. Lui è nato per noi e per noi è risorto. Il Vangelo è una proposta di vita, la sua parola porta alla conversione e fa intravedere la santità di vita. Mi preme, a questo punto, invitare le Parrocchie, anche i collaborazione interparrocchiale. Ad accogliere con fiducia coloro che vogliono ravvicinarsi alla Chiesa. Ci sia una attenzione, che deve diventare compagnia, verso quei genitori che chiedono il Battesimo per i loro figli già grandi, perché siano vicini ad essi anche dopo la celebrazione del Sacramento, perché vivano la fede in famiglia. Una grande attenzione ci sia per i fidanzati che si orientano al Sacramento del Matrimonio, perché, al di là degli adempimenti formali, si proponga un cammino di fede e di Chiesa, come coppia. Un’attenzione a quanti, dopo anni di lontananza da Cristo e dalla Chiesa, chiedono il Sarmento della Riconciliazione, perché recuperino l’identità propria dei discepoli e della appartenenza ecclesiale. La medesima attenzione è richiesta per quei giovani ed adulti che chiedono il Sacramento della Confermazione e dell’Eucaristia, perché vivano, secondo la esperienza dei discepoli di Emmaus, un cammino distinto in tappe. Non si tratta di grosse novità, ma di rivitalizzare oggi la nostra attuale pastorale ordinaria.

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d) attenzione ai diversamente abili L’occasione è buona per ritornare a porre l’attenzione verso i fratelli che, a causa di una qualunque disabilità, sono impediti a seguire i naturali e ordinari percorsi educativi, anche in ordine alla fede, ma che hanno ugualmente diritto alla comunicazione del Vangelo. Questa esperienza impegna la comunità parrocchiale sia nella iniziazione cristiana aperta a tutti, sia nella scelta dei mezzi di comunicazione più adatti per garantire una vicinanza doverosa e fraterna. È un compito molto difficile, lo si comprende, ma è una attenzione doverosa verso i più “piccoli” nel senso evangelico. Tutti hanno diritto alla cura della vita spirituale, in particolare coloro che sono l’immagine più visibile del Cristo sofferente. Quanto ci comunichiamo circa l’uso dei mass media per comunicare il Vangelo vale anche per coloro che soffrono per qualche Handicap che potrebbe emarginarli. Il programma della I.C. deve prevedere nella comunità parrocchiale la presenza di catechisti particolarmente attrezzati e preparati per essere accanto ai diversamente abili. Occorre prendere contatto con Istituzioni e Associazioni già capaci di operare in questo settore. Abbiamo in Diocesi l’Istituto “La nostra Famiglia” che, con supporto scientifico e pedagogico, già offre l’opportuna educazione anche religiosa. Godiamo per la presenza della UNITALSI, già diffusa nelle nostre Vicarie, la cui presenza è di grande aiuto ai disabili, aprendoli a tutte le esperienze di fede, e alle loro famiglie assistendoli con fraterna generosità. In questo modo si comunica il Vangelo e si testimonia la vicinanza e la solidarietà della comunità cristiana ai familiari delle persone disabili, che spesso vivono anche loro la situazione di marginalità nella comunità civile e cristiana o di solitudine nel gestire i loro bisogni ed esigenze nella tutela della loro dignità umana. Operano anche associazioni laiche nel campo della disabilità che possono essere di aiuto alle parrocchie che si aprono a questo servizio di formazione cristiana. Va ripresa, anche in questo spazio, la bontà delle emittenti radiofoniche e televisive, nelle quali prevedere programmi religiosi che rendono i sofferenti partecipi della vita della Chiesa. Non possiamo non chiederci cosa possiamo fare per raggiungere tanti credenti che sono impediti in casa a causa di qualche disabilità, come far sentire la voce delle parrocchie a chi non può frequentare le celebrazioni in chiesa. Non sono rare le occasioni in cui quei fratelli che sembrano essere solo oggetto di una nostra azione pastorale diventano soggetti capaci di far sentire la loro voce, dando testimonianza della grazia di Dio che opera in loro. Il tema della I.C. e della comunicazione sociale impegna la comunità cristiana in questa sensibilità difficile, si, ma portatrice di amore e di salvezza.

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Comunicazione del Vangelo a) L’aspetto educativo della comunicazione Prima di parlare dei mezzi, di cui abbiamo bisogno per far passare l’annuncio della buona notizia, riflettiamo sulla comunicazione in quanto tale che ha come soggetto e come destinatario l’uomo. L’uomo è chiamato a vivere con l’altro uomo. La persona parla e comunica ad altre persone. Il mezzo naturale e primo per comunicare è la sua bocca che fa risuonare la parola. Se l’uomo può parlare vuol dire che deve rapportarsi agli altri suoi simili. L’uomo solo non ha bisogno della bocca né della parola. Il salmo 51 dice: “la bocca proclami la tua lode”. Anche San Giacomo parla della bocca dell’uomo. E afferma che “è dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione”. E ammonisce: “Non deve essere così, fratelli miei” (Gc 3,10). Che l’uomo sia capace di benedire e di maledire non significa che sia libero di farlo, altrimenti non sarebbe né da premiare nel bene, né da punire nel male. L’uomo parla per costruire rapporti, per condividere una esperienza, per costruire una civiltà. Le parole hanno un potere straordinario, queste devono orientarlo al bene non al male, all’unità non alla divisione, all’amicizia non all’ostilità. L’uomo usa la bocca per comunicare al suo fratello. Questo è vero per qualsiasi comunicazione, anche quando si tratta di gruppo e di comunità, anche quando i mezzi vanno oltre la bocca e amplificano la voce con le moderne tecnologie che hanno possibilità senza precedenti. Anche questi mezzi sono per l’armonia tra gli uomini, per la riconciliazione tra di loro, per la verità tutta intera, quindi per la verità della nostra salvezza realizzata da Gesù Cristo. A noi preme molto l’aspetto educativo nell’uso dei mezzi. Sappiamo che il cattivo uso può fare un male incalcolabile, ma ci piace pensare al grande bene che invece possono realizzare. Se il Papa nella Redemptoris Missio, al n 37, parla dei mass-media come “il primo Areopago dell’era moderna (…) o il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali” vuol dire che essi sono ottimi mezzi da usare per l’evangelizzazione al servizio dei valori della vita, del bene comune e della promozione della vita cristiana. La comunicazione consente ogni opera educativa per la formazione dell’individuo. I genitori comunicano ed educano i figli, i docenti comunicano e formano gli allievi, lo Stato comunica e indirizza i cittadini, la Chiesa comunica e rinnova i fedeli. La nostra epoca è caratterizzata da una comunicazione così globale da sembrare destinata alla comunità intera, tramite la forza dei mezzi che la tecnologia mette a disposizione. I mezzi amplificano ogni voce e aumentano il numero degli ascoltatori o degli spettatori, al punto che la stessa formazione della personalità e della coscienza, con le rispettive valutazioni etiche e le stesse scelte operative, viene compromessa perché assorbita dalla cultura dominante. La cultura dei mass media ha la capacità di estendere a tutta la società e ad ogni persona le sue proposte, le sue logiche, le sue conoscenze di vita da causare facili omologazioni, da generare una mentalità comune, da diffondere stili di vita affettiva e sociale, fino al punto da far passare come valori quelli che non lo sono, deformando le scelte umane. Tali mezzi hanno anche però la possibilità di rafforzare aspetti educativi umani e cristiani, di promuovere ideali di giustizia e di solidarietà, di diffondere eventi che altrimenti rimarrebbero nascosti e di dar voce ad opinioni diverse che stimolano un vero discernimento. Nell’uno e nell’altro caso raggiungendo un uditorio molto vasto al di là di ogni confine. Cultura e comunicazione oggi sono a disposizione di tutti. La nuova evangelizzazione, tanto avvertita oggi, si incontra con tante potenzialità comunicative, che non può ignorare e non può non usare se il Vangelo è destinato a tutti gli uomini e se gli uomini hanno diritto al Vangelo. La convinzione che il Vangelo sia l’anima della cultura esige la presenza dell’annuncio evangelico nei mezzi di comunicazione, esige l’incontro del vangelo con la cultura odierna, esige l’impegno

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dei cristiani per far risuonare il pensiero della speranza ultima, che illumina anche le speranze penultime, per non lasciare le persone in queste, a volte effimere, senza l’ultima che corrisponde alla vittoria sulla morte, per garantire la vita che è comunicazione di gioia. Dice il Papa, nella lettera apostolica “Il rapido sviluppo” che la stessa Sacra Scrittura rappresenta “un grande codice di comunicazione di un messaggio non effimero e occasionale, ma fondamentale per la sua valenza salvifica” (4). Dio comunica con l’uomo. L’uomo, creato a sua immagine, comunica con Dio e con gli altri. Il peccato ha rovinato il rapporto di dialogo. Ma Dio che è Parola fatta carne ha ripristinato il dialogo e la comunicazione. E Gesù comunica il suo Vangelo con le parabole, con il dialogo, con l’incontro nelle piazze, con l’annuncio lungo il lago e con gli insegnamenti pronunciati sulla sommità dei monti. L’invito a comunicare, e a comunicare con tutti i mezzi, ci viene da Gesù stesso, quando dice: “quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti” (Mt 10,27). La Chiesa da sempre ha comunicato il Vangelo, ha formato intere generazioni, ha dato speranza agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, ha prodotto santità, ha fatto cadere muri, ha costruito ponti, ha rivoluzionato mentalità e filosofie, ha avvicinato i popoli, ha reso famiglia il genere umano, ha suscitato la nuova umanità perché in essa ha diffuso l’amore. Non può non avvenire che la Chiesa colga le opportunità offerte dagli strumenti di comunicazione sociale come dei “percorsi dati provvidenzialmente da Dio ai nostri giorni per accrescere la comunione e rendere più incisivo l’annuncio” (Il rapido sviluppo, n. 6). Questi mezzi possono facilitare la diffusione del Vangelo e suscitare più speranza e più unione tra gli uomini e tra le comunità. Questi mezzi diffondono i valori religiosi, fanno incontrare, con senso ecumenico, le Chiese cristiane, facilitano il confronto con il pensiero laico che da solo produrrebbe secolarizzazione, consentono confronti per abbattere monopoli, producono una vicinanza ad ogni persona, aiutano a dare concretamente una risposta al comando del Signore: “andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mt 16,15). La celebrazione della GMG a Colonia, grazie ai mezzi di comunicazione sociale, ha segnato l’esperienza di un mondo unito, ha fatto vedere uno spaccato di Europa cristiana, ha avvicinato, fino a farli familiarizzare, i giovani provenienti da tutti i Continenti. E la Parola del Santo Padre tramite i mass-media ha ridato speranza a credenti e non credenti. Non posso non incoraggiare quei cristiani che anche nel nostro territorio stanno utilizzando questi strumenti, e le loro potenzialità, per evangelizzare, educare, offrire servizi, stimoli e confronti. Non posso non esortare i professionisti della comunicazione ad essere sensibili alle valutazioni etiche e morali del loro servizio per rimanere liberi da eventuali pressioni, capaci di fedeltà alla verità e alla giustizia, per dare risalto alla dignità della persona, al primato della famiglia. Non posso non invitare alcuni fedeli a rendersi competenti nel campo della comunicazione, a conoscerne i linguaggi, a usarli nel modo più appropriato, perché siano utilizzati per servire e non strumentalizzare le persone. Non posso non insistere con i fedeli, in particolare con i giovani, a non rimanere schiavi dei mass-media, a saperli usare con discernimento educativo, a non rimanere passivi di fronte a messaggi che condizionano o turbano la serenità di coscienza, a saper fare delle scelte che consentono di essere cittadini del mondo, nella libertà educativa e nella vigilanza costante, in ordine al bene personale e comunitario. L’uso buono dei mezzi dipende dalla bontà delle persone. L’uomo buono comunica e ricerca cose buone, l’uomo cattivo comunica e ricerca cose cattive. Il Signore, che ama gli uomini, esprime un giudizio severo sull’uso della parola, che è il vero mezzo di comunicazione. Su ogni parola saremo giudicati, e cioè giustificati o condannati (cfr. Mt 12,35-37). Non è un forte, e direi attuale, messaggio, dice il Papa al n. 14 (id), quello di Paolo per quanti sono impegnati nella comunicazione sociale - politici, comunicatori, professionisti, spettatori -? Egli dice: “Bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli

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uni degli altri…. Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano” (Ef. 4,25.29). Sono i mezzi di comunicazione - diceva il Concilio - “tra le cose meravigliose”, “inter mirifica”, che Dio mette a disposizione “per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del Regno eterno” (id 14). Queste cose belle Dio ci ha fatto conoscere. Noi dobbiamo saperlo dire con tutti i mezzi. La comunicazione dei mezzi non faccia dimenticare la comunicazione tra le persone, tra i gruppi, nei consigli pastorali, nei rapporti con il popolo. Questa comunicazione diventa comunione. Nella comunione cammina l’amore. Però vedo anche il peso della novità, le difficoltà delle sfide, il rischio delle non competenze, al punto che il desiderio della più grande comunicazione è più forte delle reali capacità di dare orientamenti. Urge una ricerca comune per superare ogni chiusura conservativa per una apertura pastorale che possa garantire la vicinanza ad ogni uomo, con nuove esperienze più coinvolgenti. La Chiesa italiana, che ha preparato un direttorio sulle comunicazioni sociali a servizio della sua missione, esorta alla preparazione di particolari persone che, unendo insieme competenze professionali e ansia missionaria, amore all’uomo e amore a Dio, sappiano essere capaci di sospingere la comunità sulle strade della più larga comunicazione, sappiano essere dei veri animatori culturali, sappiano essere, per dirla con Giovanni Paolo II, “operai che, con il genio della fede, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli” (cfr. Convegno su “Parabole mediatiche”). Sono tanti gli operatori pastorali a servizio della Diocesi o delle Parrocchie, e tutti protesi a servire l’uomo nel nome di Cristo. Oggi si sente la necessità di preparare una nuova figura di operatore pastorale, che si chiamerà “animatore della comunicazione e della cultura”, con il compito di aiutare chi già lavora nel campo pastorale per aprirsi all’uso dei mezzi mediatici per meglio comunicare, ma anche per suggerire nuove strade nell’ambito della cultura e della comunicazione, per raggiungere persone che altrimenti non beneficerebbero dell’azione missionaria della Chiesa, orientata a dare speranza all’uomo di oggi che a volte rimane circondato da “speranze” ma privo di “Speranza”. b) l’animatore della comunicazione e della cultura La Parrocchia ha il compito di comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. La comunità parrocchiale si accorge di ogni cambiamento, specialmente quello culturale, tanto legato ai mezzi di comunicazione di massa, e desidera incarnarsi in ogni novità per rendere presente la proposta evangelica nella cultura dominante ed anche nei mezzi per raggiungere ogni uomo. Al di là dei mezzi, è la comunicazione, oggi così vasta, che fa cultura, al punto da identificarsi. Ma compito della Chiesa è proprio quello di comunicare il Vangelo, che diventa cultura quando genera una mentalità, un modo di pensare che poi si trasforma in un modo di agire, e ancora un modo di comunicare, per rapportarsi agli altri in una missionarietà finalizzata alla salvezza. La comunicazione è la missione della Chiesa, della parrocchia, di ogni cristiano. Il Vangelo è luce che diventa cultura ed è luce che illumina ogni cultura. Il mondo culturale, legato ai media, non può rimanere estraneo all’azione pastorale che è sempre un impegno educativo di massa. La presenza del Vangelo nei media consente la cosiddetta inculturazione del Vangelo, che è una nuova forma di incarnazione del Verbo di Dio. E il Vangelo nei media raggiunge anche i lontani, anche coloro che non sono alla ricerca di Dio, illumina gli operatori multimediali, crea confronti e interessi, diventa proposta alternativa, sostiene un progetto culturale, diventa carità intellettuale. Io stesso vedo l’urgenza di una presenza evangelica nel mondo della cultura, l’opportunità di far giungere una proposta nuova anche a chi non l’attende o una risposta a chi, pur attendendo, non

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pone una domanda, o un sostegno a chi da cristiano è presente nel mondo della cultura e della comunicazione e teme di rimanere solo, forse esposto a rischio, ma certamente col desiderio di essere membro di una comunità capace di educare il mondo. Occorre camminare su questo nuovo sentiero stimolandoci e aiutandoci a vicenda. Sarà anche questa una forma di amore alla gente per meglio ascoltarla e accompagnarla, per dare significato profondo alla vita sia privata che pubblica. Cominciare ad amarla questa figura di “animatore”, che senza isolarsi, sappia pensare, progettare e lavorare con gli altri operatori, per maturare iniziative culturali specifiche e debite presenze nel cammino culturale della stessa società. Anche per la scelta di questo nuovo operatore non occorre scoprirlo necessariamente nel nostro ambiente ecclesiastico in quanto tale. Ci sono persone già ricche di competenze professionali che, per vari motivi, non sono presenti quotidianamente nel cammino parrocchiale, ma sono disponibili a dare un loro contributo senza distaccarsi dal proprio lavoro e con molta elasticità. Quante persone dotate di vari carismi a volte restano fuori e non valorizzate perché forse usiamo scarsa attenzione al mondo della cultura e della comunicazione. Quanti giovani coltivano competenze informatiche e mass-mediali che, per la loro intraprendenza, saranno capaci di avviare esperienze nuove. L’animatore deve essere una figura emblematica, capace di stimolare tutti gli operatori e l’intera comunità e facilitare, tramite la cultura e la comunicazione, il dialogo tra la Chiesa e il mondo. Sarà una delle forme per qualificare l’azione del laicato, sempre alla ricerca della propria identità, impegnata a lavorare per l’avvento del Regno di Dio. Per la formazione dell’animatore della comunicazione e della cultura sono previsti particolari corsi, finalizzati a formare competenze tecniche e sensibilità ecclesiali, per essere capaci di una presenza nei media, per educare ad usarli con coscienza critica. Oramai le nostre case sono occupate da tanti mezzi di comunicazione da ricevere e trasmettere messaggi in tutto il mondo: radio, televisioni, stereo, computer, internet, cellulari. Come sapranno i genitori educare i loro figli ad un uso che assicuri loro un benefico influsso sulla vita e non li esponga invece a pericoli nello stesso spazio familiare? Come sapranno i docenti educare gli studenti, che a volte vedono nei media una scuola parallela più persuasiva e seducente, ad avere capacità critica per essere utenti liberi e responsabili? Apriamoci a queste nuove possibilità con fiducia e ottimismo, sapendo che se impariamo a comunicare in modo nuovo e con nuovi linguaggi possiamo determinare un maggiore bene per la nostra comunità.

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I mezzi di comunicazione nella Chiesa a) Contributo reale della Chiesa Italiana Importante è il settore della editoria religiosa per la comunicazione del Vangelo. Le tante opere librarie, le numerose riviste e le tante testate di stampa periodica vanno conosciute e apprezzate: sono veicoli di informazione e formazione religiosa e teologica, accessibili a credenti e non credenti. Un forte punto di riferimento è il quotidiano cattolico. La Chiesa Italiana e i suoi Vescovi hanno rilanciato, e meglio qualificato, il Giornale “Avvenire”, garantendo una larga presenza nella cultura, vista sia negli ambienti vitali del cattolicesimo che in quelli della società italiana, di un quotidiano che fa passare tante istanze e valori che, se anche trascurati nel dibattito mediatico del nostro paese, sono assai avvertiti e radicati tra la gente. Passa in altre parole o il diretto messaggio evangelico o la lettura, in chiave interpretativa cristiana, degli avvenimenti e delle proposte culturali della società e del mondo. I lettori, uomini e donne, tramite “Avvenire”, riescono meglio a pensare e a tener viva la propria coscienza. Le iniziative editoriali di questi ultimi tempi ci dicono come “Avvenire” ha seguito il percorso che ha accompagnato i giovani a Colonia per la GMG a livello educativo e formativo; stimoli i giovani sulle problematiche e sulle possibilità occupazionali; ha condotto un lavoro culturalmente forte sul tema della procreazione medicalmente assistita in ordine al referendum. In questa ottica va vista, e meglio valorizzata, la Giornata diocesana di “Avvenire”. Non tutti conoscono il lavoro dell’Agenzia SIR (Servizio Informativo Religioso). Essa dà voce alle 150 testate giornalistiche cattoliche, per una diffusione di oltre 900.000 copie, per far passare, all’interno e all’esterno delle comunità cristiane, tante informazioni ed esperienze delle realtà locali, nazionali e mondiali, facendo conoscere il volto dell’unica Chiesa a tutti i livelli nella luce del Progetto culturale orientato in senso cristiano. Tra i mezzi di comunicazione il più diffuso è sicuramente la Televisione. E’ una realtà ormai consolidata l’esperienza di SAT 2000, la televisione satellitare dei Cattolici Italiani, che da pochi mesi trasmette anche in digitale terrestre e quindi potenzialmente visibile presso tutte le famiglie italiane. Una TV cattolica che viene sempre più apprezzata, perché fa rivivere in casa gli eventi straordinari che seguono la vita della Chiesa, consente una lettura critica dei vari notiziari, trasmette programmi a carattere informativo-culturale, offre commenti sulla letteratura, sulla musica, sul cinema, sugli spettacoli, cura le più ampie informazioni religiose, esamina situazioni di vita reale lontane dai riflettori soliti, aggiorna sulla bioetica, presenta storie di famiglie analizzando esperienze e problemi, fa conoscere i cristiani nella storia, fa conoscere i santi sociali e le Chiese missionarie, fa incontrare poeti e scienziati per scoprire fini e limiti della ricerca. E’ un Vangelo sulla cultura quello che si vede e si ascolta a SAT 2000. Lo strumento più agile è la Radio, chiamata anche la “Colonna sonora” della giornata. Non so quanti di noi seguono Radio In Blu. La Radio, offre un servizio a centinaia di radio locali di ispirazione cristiana, diocesane e non, che possono ripetere, in diretta o in differita, i programmi diffusi via satellite dalla capofila Radio In Blu. Eventi di Chiesa, celebrazioni liturgiche, collaborazione con Radio Vaticana, approfondimenti di temi e interviste, testimonianze vive offrono agli ascoltatori, attraverso le radio locali collegate, un puntuale aggiornamento sulle varie tappe del cammino della Chiesa. Molto apprezzate le trasmissioni su giovani e cultura, e quelle dedicate ai ragazzi neo-diplomati che stanno per scegliere un percorso universitario.

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Anche Internet è a servizio della Chiesa. Basti ricordare il sito della Chiesa Cattolica Italiana (www.chiesacattolica.it) visitato da un numero sempre crescente di “navigatori”, registrati in forte incremento e quello del Vaticano (www.vatican.va). Proprio in occasione del Convegno è stato, inoltre, pubblicato il nuovo sito internet della Diocesi (www.brindisiostuni.chiesacattolica.it), che vuole essere uno spazio di incontro (attraverso i forum), di formazione (attraverso il Vangelo del giorno e i documenti) e di informazione (attraverso il collegamento al servizio informativo del SIR e alle esperienze diocesane). La “rete” conta, inoltre, una miriade di siti cattolici, utilissimi per le attività e gli incontri di catechesi e per la pastorale ordinaria (www.siticattolici.it). Mezzo di comunicazione, molto diffuso, è il Cinema. E’ bene ricordare che esiste una commissione nazionale, istituita dalla CEI, con il compito di valutare tutti i films distribuiti in Italia, formulando un giudizio morale con scopo pastorale ed educativo. Questi giudizi sono indirizzati alle sale cinematografiche dipendenti dalle autorità ecclesiastiche e sono a disposizione di quanti, per uso personale, familiare o di gruppo, intendono sollecitare ed educare ad una visione critica nel complesso linguaggio cinematografico. Le valutazioni sono consultabili attraverso la rete informatica (www.acec.it). Anche la Musica eleva lo spirito e comunica la fede. La Chiesa ha una lunga tradizione di musica liturgica e religiosa. Quanta catechesi viene fatta per questa strada. La musica facilita la testimonianza cristiana, in particolare con la musica classica. Anche la musica leggera, seppure con maggiore difficoltà, comincia ad offrire contenuti cristiani che fanno tanto bene ai giovani quando si radunano nei luoghi di aggregazione. Va considerato, nella comunicazione del Vangelo, anche il Teatro. Il mondo cattolico è interessato perché, in un’epoca di individualismo, il teatro può offrire elementi di socializzazione e di riflessione anche religiosa. Va valorizzata questa forma di espressione nella pastorale ordinaria, anche nelle forme e nei linguaggi popolari. b) Contributi reali offerti dalla Chiesa diocesana Quali sono le possibilità reali che la nostra Chiesa particolare ha nell’uso dei mezzi di comunicazione a scopo pastorale, finalizzati cioè alla diffusione del Vangelo nel nostro tempo? Da antica data i settimanali diocesani sono stati un chiaro riferimento e forse il principale mezzo comunicativo della Chiesa. In Diocesi abbiamo due punti di riferimento mensile . Si tratta di Fermento a diffusione diocesana e de lo Scudo, diffuso nella Vicaria di Ostuni. Vanno fortemente valorizzati. Impulso veramente diocesano deve avere Fermento. Sostenuto da una equipe ordinaria e stabile di operatori deve ridiventare fonte di informazione religiosa, canale di formazione, luogo di approfondimento di temi specifici, voce ufficiale della Chiesa nel territorio, stimolo alla ricerca, vetrina di esperienze parrocchiali, proposta di testimonianze di fede, sostegno culturale dei nostri cattolici, mezzo di animazione religiosa, compagnia culturale nelle nostre famiglie. Risulta gradita alla gente anche la nostra presenza di taglio religioso sulla stampa locale a cui va il nostro grazie. In particolare: Gazzetta del Mezzogiorno - Nuovo Quotidiano - Senza Colonne. Non abbiamo una Televisione cattolica tutta nostra. Ma godiamo della presenza di tante Emittenti locali nelle quali potremmo essere ospitati, con programmi concordati e appuntamenti preparati, per essere presenza cristiana nel mondo salentino. Dovremmo uscire da una episodicità così precaria per costruire una presenza stabile che, se risponde alla nostra ansia missionaria, può appagare il bisogno di tanti, praticanti e non, aprendo anche un interesse culturale nella nostra società. Siamo grati all’accoglienza, che ci viene accordata, da TRCB, Studio 100, Puglia TV. Un particolare ringraziamento va all’emittente TRAI di Brindisi. Ha ripreso e trasmesso, con le sue telecamere, numerosi momenti di vita diocesana e, nell’ultimo anno, ha ideato e prodotto il programma

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televisivo di cultura e attualità religiosa “Fermento in video”, trasmette, in diretta o in differita, i programmi di SAT 2000. Va ricordata l’esperienza dell’Associazione culturale “Il Periscopio” video I.C.S. per i suoi filmati educativi, per aver formato ad un uso critico e consapevoli degli strumenti della comunicazione, per aver specializzato diversi operatori che ora stanno lavorando in ambienti tutt’altro che cattolici, portando la loro preziosa formazione e testimonianza umana e cristiana. Un riferimento va fatto alle Radio locali che certamente ospiterebbero programmi religiosi, finalizzati all’annuncio del vangelo di salvezza. Finora siamo stati presenti per qualche servizio presso le radio. Tre Radio sono tipicamente d’ispirazione cristiana. Radio DARA, almeno per la sua fondazione, che aveva come scopo l’avviamento al lavoro dei giovani; Radio Frate Sole di Brindisi e Radio Centro di Locorotondo, tipicamente caratterizzate da programmi religiosi. Molto seguita nelle nostre comunità è Radio Maria, la cui valenza spirituale ed evangelica è a tutti nota. Una presenza di comunicazione evangelica è assicurata in Italia dalle Corali e dalle Orchestre impegnate in servizi liturgici o in manifestazioni che hanno come sfondo tematiche e composizioni religiose. Il nostro sguardo va puntato alle diverse Corali che operano in Diocesi. Una particolare menzione merita il Coro Arcivescovile “San Leucio” che oltre ad animare le celebrazioni presiedute dall’Arcivescovo nella Basilica Cattedrale, elevando lo spirito alla preghiera e alla fede, offre annualmente concerti di elevato contenuto artistico, diffondendo con l’arte la fede, con i testi il vangelo, con la presenza la testimonianza. Vanno incoraggiate le comunità parrocchiali a riappropriarsi dell’attività teatrale e della preparazione di particolari Recitals, che sono forme efficaci di evangelizzazione specialmente per i ragazzi e i giovani. Una efficace forma di pastorale via internet, che sia di sostegno alla formazione cristiana, di invito alla preghiera, di avvicinamento alla catechesi e al consolidamento della vita comunitaria, è quella maturata attraverso l’esperienza del portale www.netcrim.org nata dall’intuizione di un gruppo di giovani della Parrocchia del Cuore Immacolato di Maria (al Rione Perrino di Brindisi). Nello scorso mese di luglio, presso il Santuario di Jaddico, si è svolto il secondo raduno di tutti coloro che, comunicando virtualmente durante l’anno, desiderano rendere reale lo scambio, il racconto e il confronto. Altrettanto meritevole e degna di nota è stata l’attività di Lev Effetà, corale di Sandonaci, come anche di altre, presenti nelle diverse Parrocchie della Diocesi. Forte segno di comunicazione del Vangelo è la Libreria delle “Paoline” nella città di Brindisi. L’esposizione di tanti libri, dal Vangelo alla teologia, dalla spiritualità all’agiografia, dalla formazione alla Patristica segnano una presenza evangelica nella cultura dei nostri tempi. Un invito va posto a tutte le comunità parrocchiali ad aprirsi a queste nuove sfide, a queste nuove possibilità, perché il Vangelo venga annunziato. I mezzi, in se stessi, sono vuoti e senz’anima, sono neutri e freddi. Chi li usa crea un interesse e una comunicazione. Se li usa un missionario l’interesse è il Vangelo di Cristo e la formazione dell’uomo.

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Indicazioni Pastorali Al centro delle nostre Linee pastorali abbiamo posto la comunicazione del Vangelo. L’abbiamo considerata sia nelle varie forme della I.C., che prevede l’incontro diretto con le persone; sia attraverso le forme culturali sostenute, in modo nuovo oggi, da tanti mezzi, e quindi con tante modalità, da raggiungere i lontani sia nello spazio che nella mentalità. Un comunicatore che crede nel messaggio da diffondere sa scegliere i mezzi più adatti per raggiungere il maggior numero di utenti. Lo notiamo nella pubblicità commerciale ed estetica, nelle agenzie culturali ed economiche, nelle proposte politiche e scientifiche. Sono tanti i messaggi che circolano intorno a noi tramite i grossi mezzi di comunicazione e diversi sono gli scopi. Diversi sono anche gli effetti dal punto di vista etico-morale, nel bene e nel male, nell’edificazione e nello smarrimento, nella speranza e nella delusione. Resta che ogni comunicatore dà quello che ha, ne sente il forte interesse, si adopera con passione per scegliere la forma più incisiva e larga. Noi certo siamo comunicatori del Vangelo, sia nella I.C. che nella cultura massmediale. In esso troviamo la conoscenza di Dio, il senso dell’esistenza, la scoperta dell’amore, la forza nel dolore, la promessa della gioia, la vittoria sulla morte nella esperienza di Cristo, Figlio di Dio fatto uomo per rendere l’uomo figlio di Dio, del Cristo Crocifisso e Risorto, il vivente, che possiede la vita, a noi donata per sempre. Il nostro interesse, nel comunicare il Vangelo, è la gioia di far conoscere ai fratelli la lieta notizia. Gesù morto e risorto è l’oggetto dell’annuncio, la salvezza e la felicità dell’uomo, la finalità vera dell’evangelizzazione che è luce per ogni cultura, è superamento di ogni relativismo, è scelta che guarda alla salvezza totale. L’impegno della comunicazione si chiama ansia missionaria e passione per la chiesa per dare al mondo la civiltà dell’amore e all’uomo la forza di vivere nella speranza. È compito, questo, della Chiesa, di ogni parrocchia, di ogni gruppo, di ogni cristiano. La carità di Cristo, che ci spinge, diventa la nostra carità che ci motiva, diventa la carità del Vangelo oltre il Vangelo della carità. L’I.C. si svolge, pur con attenzione al mondo, nell’ambito della Parrocchia che prepara, in tutte le età, i figli di Dio nella famiglia cristiana. La comunicazione sociale è l’attenzione al territorio, alla cultura, alla mentalità corrente, al pensiero umano, che può essere illuminato dal pensiero divino. Entra nel cosiddetto Progetto culturale, cristianamente inteso, che mira all’inculturazione del Vangelo e dell’evangelizzazione della cultura. I mass media, come strumenti di comunicazione, servono sia a migliorare l’I.C. all’interno del processo educativo delle parrocchie, sia ad evangelizzare oltre i confini parrocchiali per avvicinare i lontani che non osano cercare la Chiesa; per entrare in tanti cenacoli culturali dove si maturano idee; per visitare tante famiglie; per incontrare tanti navigatori solitari. In vista di aprirci a questa nuova mentalità di comunicazione mi piace offrire, in conclusione, alcune indicazioni pastorali. 1) la lettura attenta delle presenti Linee pastorali porta ad entrare nel nuovo cammino formativo proprio delle comunità parrocchiali e dei singoli operatori, tutti chiamati ad essere comunicatori del Vangelo. 2) Innanzitutto si ponga al centro la scelta della comunicazione tra noi, cristiani e operatori: tra Sacerdoti e Laici, tra Consiglio Pastorale e territorio, tra Comunità parrocchiale e Gruppi, Associazioni e Movimenti; tra parrocchie e parrocchie; tra parrocchie e Rettorie, tra parrocchie e diocesi, nella logica della pastorale integrata, nella gioia di una comunicazione che sostiene la comunità e predispone alla comunione.

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3) Le singole parrocchie, e in particolare le Vicarie, riflettano sui risultati dei laboratori, le cui sensibilità promuoveranno una nuova mentalità. Le schede in vostro possesso sono veramente ricche sia nelle esperienze positive già vissute, sia nelle questioni aperte, sia nelle tante proposte suggerite, di cui servirsi secondo opportune priorità. 4) Alla centralità riconosciuta alle Vicarie nel coordinamento va aggiunta la ritrovata centralità della famiglia nella sfera educativa della I.C., specie quella rivolta ai fanciulli e ai ragazzi, nelle forme più diverse. I genitori vanno riconosciuti come i veri educatori dei loro figli, vengano coinvolti, dove è possibile, nelle forme educative e informati sul loro cammino e predisposti ad ogni valutazione. 5) I criteri di valutazione includono certo la frequenza catechistica, per l’approccio alla fede e la conoscenza di Gesù nella comunità di Chiesa, ma prevedono anche l’impegno di vita cristiana, la partecipazione alla preghiera e alla S. Messa domenicale, la vicinanza all’Eucaristia, il buon comportamento come amore al Signore e al prossimo, il desiderio di vivere secondo l’esempio di Gesù nell’obbedienza ai genitori e nella fedeltà alla scuola e allo studio. Dall’insieme di questo cammino, e oltre, dipenderà l’ammissione ai Sacramenti e non dalla data fissata. E quando si fissa la data, adoperarsi per farli arrivare preparati. 6) In questa visione si supera anche lo schema scolastico, a volte scelto solo per strategia organizzativa. La linea scolastica è orientata all’apprendimento, quella catechistica, oltre all’apprendimento, mira alla vita cristiana nell’amore. 7) Le tre note della CEI, approfondite in tre laboratori, esigono uguale attenzione nella I.C. sia quando è rivolta, come avviene grazie a Dio, alla totalità dei ragazzi della comunità, sia se rivolta a quei cristiani che hanno seguito una educazione catechistica, poi sono caduti nell’indifferenza e nella trascuratezza della vita cristiana, ed oggi sentono il desiderio di un ritorno e una nostalgia del Vangelo della speranza. Sia avvertita doverosa e sempre fraterna l’attenzione ai non battezzati, lontani da Dio e dalla Chiesa perché formati da una cultura diversa. Anche questi hanno diritto al Vangelo, se sentono di aprirsi ad esso. 8) Nella I.C. si riscopra, segnalato con chiarezza nel primo laboratorio, l’accompagnamento dei disabili, che sono una particolare immagine del Cristo sofferente. 9) Una indicazione veramente forte, evidenziata nelle proposte dei laboratori, è la fiducia nella comunicazione sociale, nonostante le difficoltà, le chiusure o i rischi previsti. Appare chiaro l’incoraggiamento: - alla vicinanza verso le persone e gli strumenti già presenti nelle comunità, - alla formazione dei giovani nel campo mediatico; - alla promozione della stampa cattolica, ivi compresa la produzione diocesana e parrocchiale; - all’uso del teatro per comunicare tematiche valoriali; - alla presenza di una radio diocesana che copra l’intero territorio della diocesi; - alla maggior funzionalità dell’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali per avviare scuole di formazione sia sull’uso che per il discernimento dei mezzi; - alla ripresentazione dell’ISR, scuola formativa dei cattolici impegnati. 10) L’uso dei mezzi sia sempre inteso con scopo educativo per far passare, se vogliamo stare alla riflessione magistrale del Convegno, prima ancora che le semplici notizie, - il modo di essere dell’uomo, modellato sul modo di essere di Dio, di cui si è immagine; - il miglior pensiero, perché l’uomo è capace di conoscere e amare nel retto uso della libertà; - l’attrattiva del Vangelo, nel rispetto della sensibilità dei destinatari; - l’efficacia del messaggio, che cambia la vita, secondo il desiderio di Gesù che invita gli uomini a conoscere Dio per avere la vita. In definitiva la necessità di nuovi modi, di nuovi linguaggi, di nuove tecniche per far passare l’idea centrale della nostra opera educativa, che è la conoscenza di Gesù Crocifisso e Risorto per avere la vita eterna. 11) Frutto visibile ed emblematico potrebbe essere l’impegno di un programma diocesano stabile, da trasmettere tramite tutte le radio e televisioni locali e indirizzato a tutto il territorio diocesano,

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per la migliore comunicazione del Vangelo. Restano sempre valide, se ben preparate, le iniziative radiofoniche, televisive d’intesa con le emittenti. 12) Altro segno forte sia il rinnovamento totale del giornale diocesano “Fermento” perché entri in tutte le case della diocesi. 13) Non posso non evidenziare la figura dell’Animatore della comunicazione e della cultura. Questa nuova presenza di Operatore pastorale può coordinare il nuovo cammino mass mediale a servizio del Vangelo e della sua comunicazione anche nel campo della cultura. Tutto questo per una maggiore presenza della Chiesa nel mondo e per un più attivo coinvolgimento di tante professionalità cristianamente sensibili per la creazione di un mondo migliore, più a misura d’uomo e secondo l’immagine del Creatore e del Salvatore dell’uomo. Mai come quest’anno le Linee pastorali restano veramente aperte ad ogni ulteriore sviluppo e sperimentazione. Il Regno di Dio dà un Regno all’uomo, il Vangelo di Cristo dà speranza all’uomo. Solo così l’uomo vivrà, regnerà, godrà, e nulla glielo potrà impedire. La Vergine Santa, che nel Magnificat ha saputo comunicare cose meravigliose all’uomo di tutti i tempi, accompagni il nostro cammino, che, avendo una meta sicura, vale la pena di percorrere.

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Sommario Introduzione La forza educativa della comunicazione pg. 7 a - premessa pg. 7 b - iniziazione cristiana pg. 9 c - comunicazione sociale pg. 12 L’iniziazione Cristiana pg. 15 a - attenzione ai non battezzati pg. 16 b - attenzione ai fanciulli battezzati pg. 19 c - attenzione ai battezzati che si sono allontanati pg. 22 d - attenzione ai diversamente abili pg. 26 La Comunicazione del Vangelo pg. 28 a - l’aspetto educativo della comunicazione pg. 28 b - l’animatore della comunicazione e della cultura pg. 33 I mezzi di comunicazione della Chiesa pg. 37 a - contributo reale della Chiesa italiana pg. 37 b - contributi reali offerti dalla Chiesa diocesana pg. 40 Indicazioni pastorali pg. 43