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catalysta rogue one story

james luceno

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catalysta rogue one story

james luceno

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Copyright © 2018 by Lucasfilm Ltd & TM dove indicatoTutti i diritti riservati. Edizione su licenzaScritto in partnership con Leland Chee, Pablo Hidalgo, Mat Martin, e Rayne Roberts della Lucasfilm Story group. Con speciali ringraziamenti a Gareth Edwardse agli sceneggiatori e produttori di Rogue One: A Star Wars StoryProgetto grafico di Elizabeth A. D. EnoIllustrazioni della Morte Nera di Chris Reigg e Chris TrevasTitolo originale dell’opera: Catalyst: A Rogue One Novel

I edizione Oscar Fantastica maggio 2018

ISBN 978-88-04-70488-1

Questo volume è stato stampatopresso ELCOGRAF S.p.A.Stabilimento - Cles (TN)Stampato in Italia. Printed in Italy

oscarmondadori.it

Oscar Mondadori Vault

Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, luoghi ed eventi citati sono invenzioni dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi, località e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale

Traduzione di Maura Dalai e Roberto Spadaro

Si ringrazia Filippo Rossi per la consulenza all’edizione italiana

anobii.comlibrimondadori.it

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I

II

III

IV

V

VI

VII

LA MINACCIA FANTASMA

L’ATTACCO DEI CLONI

THE CLONE WARS (SERIE TV)

L’APPRENDISTA DEL LATO OSCURO

I SIGNORI DEI SITHTARKINCATALYST. A ROGUE ONE STORYTHRAWNUNA NUOVA ALBA

LA VENDETTA DEI SITH

REBELS (SERIE TV)

ROGUE ONE. A STAR WARS STORY

UNA NUOVA SPERANZA

L’IMPERO COLPISCE ANCORA

IL RITORNO DELLO JEDI

VIII

IL RISVEGLIO DELLA FORZA

GLI ULTIMI JEDI

INFERNO SQUADL’EREDE DEI JEDIBATTLEFRONT: TWILIGHT COMPANY

AFTERMATHAFTERMATH. DEBITO DI VITAAFTERMATH. LA FINE DELL’IMPEROBLOODLINE

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Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana. . . .

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Per Udi Saly and Liz Conover, “cuori ardenti”.Che la Forza sia con voi all’infinito.

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Le Guerre dei Cloni infuriano nella galassia da anni. In-numerevoli pianeti sono rimasti intrappolati nel conflitto tra la Repubblica galattica e l’esercito dei Separatisti gui-dato dal conte Dooku, subdolo signore dei Sith. La voce che i Separatisti stiano approntando una superarma se-mina il terrore nella Repubblica. In risposta alla minac-cia, il cancelliere supremo Palpatine incarica segretamen-te un team di ricercatori di mettere a punto una stazione da battaglia al servizio della Repubblica:

la Morte Nera

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PARTE PRIMA

VITA IN TEMPO DI GUERRA

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pressure

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«E se…»Fu tutto quello che Galen Erso disse prima di sprofonda-

re nel silenzio e allontanarsi dal campo di dati alfanumeri-ci sospesi sopra l’oloproiettore. Anche quel frammento di domanda sembrava aleggiare nell’aria, e i suoi colleghi ri-cercatori nella sala di controllo abbandonarono ogni atti-vità per osservarlo, in un clima di palpabile attesa. Uno di loro, Nurboo, ruppe l’intenso silenzio.

«Hai una nuova idea, Galen? Rimandiamo il test?»Galen non lo sentì o non se ne curò. Rimase immobile per

un attimo, lo sguardo perso nel vuoto, poi riprese a misu-rare a larghi passi decisi la stanza, borbottando tra sé nu-meri e calcoli.

Un altro valltiano scosse afflitto il testone irsuto. «Ahia, l’abbiamo perso.»

Dall’altro lato della stanza lo zittì la voce roca di Tambo.«Non vedi che sta pensando?»L’atteggiamento di Galen in effetti lo confermava: aveva

la testa china, gli occhi e le labbra stretti e le robuste brac-cia incrociate davanti al petto, come se stringesse qualcosa a sé. Forse la nuova idea.

Alto poco più di un metro e ottanta, aveva le spalle lar-ghe ed era piuttosto prestante, benché avesse passato la maggior parte dei suoi trenta e rotti anni standard in fer-

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PRESSIONE

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vida meditazione e riflessione, spesso scribacchiando il ri-sultato di tutto quel pensare su qualsiasi cosa gli capitas-se a tiro. I capelli spettinati gli cadevano intorno al viso in ciocche pesanti che lo facevano apparire affascinante alla luce del giorno e minaccioso al buio.

A quel punto Lyra, con una spinta, si alzò dalla sedia e andò lentamente verso di lui.

«E se…» disse, con tono paziente, per invitarlo a com-pletare la frase.

Quando Galen si portò rapidamente il pollice e l’indi-ce della mano sinistra agli angoli della bocca e se li stirac-chiò, nella sala di controllo tutti pensarono che fosse un buon segno.

«Ci siamo quasi» disse Lyra. Le piaceva moltissimo quan-do Galen si immergeva talmente nei pensieri da scompari-re dal mondo, per andare dove solo pochi riuscivano a se-guirlo: nel suo iperspazio privato.

Lyra, appena più bassa di lui, aveva la fronte alta e ca-pelli scalati di color castano ramato che le sfioravano le spalle. Le sopracciglia arcuate e la bocca lievemente pie-gata all’ingiù le conferivano un aspetto un po’ cupo, seb-bene lei fosse tutto il contrario. Lei e Galen si erano sposa-ti su Coruscant quasi cinque anni prima. Quanto a fascino, eguagliava il marito in tutto e per tutto, con un fisico natu-ralmente atletico, modellato da una vita dedicata all’esplo-razione di decine di pianeti remoti. Infagottata in un gros-so maglione e pantaloni larghi, Lyra sfoggiava un berretto colorato con i paraorecchie, fatto di un filato locale, che le stava molto bene.

Unici umani nel gruppo di ricerca, erano molto distanti dal Nucleo e ancor di più dal conflitto che era da poco scop-piato tra la Repubblica e la Confederazione dei Sistemi Indi-pendenti, i cosiddetti Separatisti. I sei tozzi valltiani con cui avevano vissuto e lavorato negli ultimi quattro mesi stan-dard avevano facce tonde e larghe, e bocche fatte per ma-sticare carne. Sotto il lucido strato di pelo facciale, la pelle era azzurra come la coltre di ghiaccio che ricopriva metà del

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pianeta. Galen e Lyra comunicavano con loro in un pidgin che combinava basic galattico e lingua indigena, un gergo gutturale zeppo di parole lunghissime che disorientavano gli umani. Lyra, dotata di buon orecchio e spirito imitati-vo, con le lingue se la cavava meglio di Galen.

Lyra era sul punto di spronarlo ancora quando lui sbat-té le palpebre come se si fosse ricordato chi o dove fosse e rivolse nuovamente l’attenzione al campo di dati.

Lei sorrise con dolcezza: era tornato fra loro.Ripassando in rassegna le lunghe equazioni differenzia-

li da cima a fondo, Galen si avvicinò al campo, come se vi fosse qualcosa da individuare dietro o lungo i bordi che oscillavano piano.

«Assis» disse, infine, rivolto al droide dall’altro lato dell’oloproiettore.

«Sì, dottor Erso?»«Riga quattro. Porta il coefficiente a cinque e ricalcola.»L’assistente ricercatore TDK-160, un droide riconfigurabile

che in quel momento stava su due esili gambe in lega, ese-guì e inviò i risultati all’olotavolo.

Tutti si concentrarono sul campo in cui i gruppi di quo-zienti, i coefficienti e le derivate cominciavano a scalare.

La sala di controllo era progettata più per ospitare tec-nologia che esseri viventi. Tappezzata di macchine ron-zanti, non aveva finestre ed era sempre più fredda del sopportabile. L’aria calda era pompata all’interno tra-mite condotti posizionati molto in alto, ma il vero calo-re della stanza veniva dal suo aspetto vissuto, acquisi-to nel corso di lunghi mesi di ricerca e sperimentazione. A nessuno importava degli imballaggi disfatti accata-stati negli angoli, delle vaschette di cibo vuote impilate sul tavolo di lavoro di Nurboo o dei rifiuti di dispositivi di archiviazione. Per quanto ingombra e claustrofobica, quella stanza era più ospitale di quasi tutti gli altri po-sti nelle vicinanze.

Spessi muri con porte scorrevoli tenevano lontano il fred-do più intenso. Un passaggio sul retro dava accesso a una

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rampa che conduceva a un labirinto di corridoi di collega-mento tra le varie parti del centro di ricerca, alcuni abba-stanza larghi da lasciar passare i compatti sprinter di ser-vizio. C’erano file di computer e analizzatori, monitor di tracciamento, stazioni di comunicazione e persino un ru-dimentale ricetrasmettitore HoloNet per comunicazioni extraplanetarie.

Quel posto non faceva affatto per Lyra, che però era pre-sto riuscita a stringere amicizia con i colleghi di Galen; per il momento, Vallt era casa sua.

L’impianto di ignizione si trovava quasi tutto in profon-dità, sotto di loro: lì i gas erano costretti a miscelarsi, gene-rando un intenso calore. Nello stesso luogo si trovavano il reattore a ioni e plasma surriscaldato e le serpentine super-conduttrici di raffreddamento, oltre alle autoclavi idroter-mali in cui venivano sintetizzati enormi cristalli. Da sola, la centrale a fusione avrebbe potuto fornire energia a tutto il continente nord di Vallt, e forse un giorno l’avrebbe fat-to, ma al momento non era quello lo scopo. L’obiettivo era generare esplosioni di energia pura da raccogliere, stocca-re nei condensatori e distribuire in maniera sostenibile ai pianeti che ne avevano bisogno. Il posto non era risultato economico neanche con i crediti prebellici, tanto che la Zer-pen Industries, la cui sede principale si trovava in un siste-ma autonomo dell’Orlo Esterno, stava ancora aspettando un utile sugli investimenti.

«L’equazione non si risolve» disse Nurboo quando il cam-po di dati iniziò a lampeggiare come impazzito.

Galen si rivolse ancora una volta al droide: «Assis, man-da indietro».

Nel campo tornarono gli integrali e i simboli di somma-toria originali e Galen li studiò a lungo.

«È un sorriso quello?» chiese Tambo. «Lyra, sta sorri-dendo?»

Invece di impartire nuovi ordini ad Assis, Galen si spor-se verso il campo e iniziò a muovere le braccia in aria come un direttore d’orchestra o un prestigiatore, modificando

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il calcolo. Quando il campo si fu trasformato e stabilizza-to, si radunarono tutti intorno all’olotavolo per esamina-re i risultati.

«È un bel numero» disse uno dei valltiani.«Una soluzione elegante» commentò un altro.«Procediamo al test, adesso?»Si diressero tutti e sei verso le rispettive postazioni di

lavoro e apparecchiature, scambiandosi commenti e sug-gerimenti mentre tornavano ai loro compiti con rinnova-to entusiasmo.

«La boule è a posto» comunicò Easel a proposito del cri-stallo sintetico.

Galen fissò lo sguardo sullo schermo centrale.Nurboo si schiarì la voce. «Sequenza di prova avviata.»L’illuminazione della stanza si abbassò per un attimo nel

momento in cui nel sottosuolo veniva esercitata un’immen-sa pressione su un enorme cristallo creato soltanto due mesi prima. La gemma sintetica era stata modellata sulla base di un vero kyber, che la Zerpen aveva acquisito con enor-mi difficoltà e a caro prezzo. Relativamente rari, i cosiddet-ti cristalli viventi erano quasi esclusivamente di proprietà dei Jedi, che sembravano considerarli sacri. Quelli delle di-mensioni di un dito alimentavano le loro spade laser e si diceva che quelli più grandi adornassero le elaborate fac-ciate dei loro templi remoti.

«I risultati mostrano un effetto piezoelettrico di zero-tre superiore ai precedenti» disse Nurboo.

I ricercatori guardarono Galen, che scuoteva la testa.«No?» chiese Tambo.«Dovremmo riscontrare un aumento molto maggiore»

Galen strinse le labbra e assunse uno sguardo torvo, sen-za che fosse diretto a nessuno in particolare, nello sforzo di capire che cosa fosse andato storto. «L’impilamento delle celle elementari nel cristallo sintetico non è abbastanza sta-bile. Dobbiamo procedere a un’analisi spettrografica e rico-minciare daccapo. Forse tutto il lotto di boule è difettoso.»

Non era nulla che non fosse già capitato innumerevo-

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li volte, eppure nell’aria fredda della stanza era percepibi-le la delusione.

Galen tornò al suo atteggiamento pensieroso.«Potremmo provare ad applicare una pressione maggio-

re» suggerì Easel nel più cortese dei modi. «Magari ripor-tare il cristallo nella camera di vapore e introdurre un nuo-vo elemento dopante.»

Galen si guardò attorno, esitante e assorto. Stava aprendo la bocca per replicare quando dalla stazione di comunica-zione della sala di controllo si udì un breve scampanellio.

«Cancello principale» disse uno dei valltiani.Lyra si spostò con la sedia girevole verso il pannello del-

le comunicazioni e osservò il monitor. Durante la notte era caduto un metro di neve fresca e nell’aria turbinavano an-cora mulinelli di fiocchi. I termoconvettori interrati che so-litamente tenevano sgombra la strada di accesso principa-le si erano guastati, così il vento aveva creato ammassi di neve dal cancello fino all’entrata del centro di ricerca. Là dove Lyra si aspettava di vedere una slitta con i riforni-menti trainata da taqwa, il monitor mostrava un fatiscen-te veicolo di trasporto truppe. La parola taqwa era tradotta come “gambelunghe delle nevi”, ma la definizione non la-sciava intuire nulla dell’innata ferocia di quei quadrupedi.

«Il VTT proviene dalla Piazzaforte» le disse Nurboo da dietro una spalla.

«Legione del Guanto di ferro» aggiunse Easel. «I vortici mimetici sono caratteristici.»

L’incertezza fece incupire Lyra. La vista del VTT l’aveva riempita di improvvisa apprensione. «Che cosa vorranno i soldati a quest’ora?»

«Sono venuti a chiedere energia per la loro base? Di nuovo?»

Nurboo cercò di sdrammatizzare. «E io che speravo in una consegna di cibo a domicilio!»

Galen li raggiunse al pannello delle comunicazioni. «Qua-lunque sia la ragione, saremo cortesi e premurosi come al solito.»

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«Se proprio dobbiamo» disse Tambo.Lyra emise un sospiro di rassegnazione. «Me la vedo io.»Fece per alzarsi, ma Nurboo fu lesto a sbarrarle la stra-

da. «Tu stai buona qui. Sei già stata in piedi fin troppo tempo.»

Un altro valltiano confermò: «Non ti riguardi abbastanza».Lo sguardo di Lyra guizzava dall’uno all’altro, mentre

un sorriso indulgente le tirava le labbra. «Non fatevi scop-piare i camici, ragazzi, scendo solo ad aprire.»

«Ci va uno di noi al tuo posto» insisté Nurboo.«Tutt’a un tratto sono più delicata di una delle tue sta-

tuette di ghiaccio?»«E anche più preziosa.»Il sorriso di Lyra si allargò. «È carino da parte tua, Nur-

boo, ma ce l’ho già una mamma. Per fortuna sta a circa ven-ti parsec da qui e l’ultima cosa che ho in programma è la-sciarvi fare a botte per tenermi prigioniera…»

Un secondo scampanellio dal pannello delle comunica-zioni la interruppe. Sullo schermo centrale apparve la fac-cia dell’addetto al cancello principale.

«Cosa vogliono i soldati, Rooni?» chiese Lyra al microfono.Rooni disse qualcosa, ma lei non riuscì a distinguere le

parole e si girò verso Nurboo e gli altri. «Potreste smetter-la di starnazzare? Sembra un pollaio, qui.» Quando si zit-tirono, tornò al microfono. «Dicevi, Rooni?»

«Re Chai è morto» disse il valltiano. «Adesso è Phara a governare la Piazzaforte.»

«Il maresciallo Phara non aveva il sostegno militare ne-cessario per rovesciare re Chai» disse Nurboo, con espres-sione preoccupata. «Ci dev’essere un errore.»

«A meno che non abbia ricevuto sostegno dai Separati-sti» disse Tambo.

«I Separatisti?» Nurboo cercava di trovare un senso. «Per-ché mai il conte Dooku dovrebbe immischiarsi negli affa-ri interni di Vallt?»

Per un attimo nessuno parlò, poi lo sguardo di Easel pas-sò da Nurboo e Tambo a Galen. «Per Galen» disse Easel. «I

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Separatisti vogliono le sue ricerche. Phara avrà promesso di consegnarglielo.»

Nurboo sgranò gli occhi e gli si rizzarono i baffi. «È l’u-nica spiegazione» disse a Galen. «Il conte Dooku vuole il tuo cervellone.»

Galen strinse le labbra. Avvicinatosi all’orecchio di Lyra, disse: «La guerra ci ha raggiunti».

Lyra sentì nel petto la verità di quelle parole. La bolla si-cura che pensavano di avere creato stava per scoppiare. Per la prima volta dopo tanto tempo, almeno fino a dove riusci-va a ricordare, era spaventata non tanto per sé o per Galen, quanto per il futuro che aveva immaginato. «È vero, Rooni?» disse verso il microfono. «I soldati sono venuti per Galen?»

La grossa testa cespugliosa di Rooni annuì. «Il marescial-lo Phara si è impadronita di tutte le attività extraplanetarie. Ormai il centro di ricerca è proprietà di Vallt.»

«La Zerpen dovrà dire la sua» disse Galen.«Può darsi,» concesse Rooni «però bisogna che tu e Lyra

ve ne andiate subito e lasciate che sia la Zerpen Industries a vedersela con Phara.»

«Devi ascoltare il consiglio di Rooni» disse Nurboo. «Pha-ra non avrebbe inviato un VTT se non facesse sul serio.»

Galen guardò il valltiano per un attimo, poi scosse la te-sta. «Andarcene come, di preciso?»

«Attraverso i tunnel» disse Easel. «Se partite immediata-mente, farete in tempo ad arrivare alla nave e a decollare.»

Galen, con palpabile sgomento, percorreva la stanza con lo sguardo, rifiutando di cedere. Tutti quei mesi di ri-cerca, giusto per cominciare. Come poteva Phara portargli via tutto questo? Non si rendeva conto di quello che Vallt e chissà quanti altri pianeti avrebbero perso, interrompen-do il suo lavoro?

Nurboo si erse in tutta la sua altezza. «Galen, state per-dendo tempo prezioso!»

Galen annuì, riluttante, e si voltò verso il droide. «Assis, tu vieni con noi.»

«Non speravo di meglio, dottor Erso» rispose il droide.

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Nurboo si avvicinò per incitarli a prendere la rampa di accesso ai tunnel della sala di controllo. «Presto! Faremo del nostro meglio per ritardare i soldati, state tranquilli.»

Lyra ridacchiò bonariamente. «Ritardarli con cosa, con lo stilo per i dati? Vale quasi la pena di aspettare per vede-re la scena.»

La faccia azzurra di Nurboo si rabbuiò. «Siamo robusti quanto loro, Lyra.»

Galen prese un tono grave: «Non dategli alcun pretesto per maltrattarvi. Ricordatevi che vogliono me, non voi».

«Il VTT ha varcato il cancello» disse la voce di Easel dal pannello di comunicazione.

Lyra prese a muoversi rapida per la sala di controllo, dan-do a tutti un abbraccio d’addio. «Non mi mancherà la puz-za dei circuiti che sfrigolano e del cibo stantio» disse, quan-do fu il turno di Nurboo.

«Promettici che rimarremo in contatto» disse lui. «Ci aspettiamo di ricevere molte, molte oloimmagini.»

«Vedremo di sistemare anche questa» disse Galen, sforzan-dosi di apparire ottimista. «Non vi siete ancora liberati di noi.»

«Va bene, va bene,» disse Nurboo, spingendoli pratica-mente fuori dalla porta, «ma lasciamo questa discussione per quando sarete al sicuro dall’altro lato di quella sotto-specie di luna di Vallt.»

Uno sprinter compatto spuntò alla base della rampa. L’a-ria era molto più fredda e il frastuono dei macchinari sot-toterra echeggiava dai muri di pietra. Il tunnel principale correva dal centro di ricerca fino all’hangar delle astronavi, con decine di diramazioni che conducevano a lontani edi-fici secondari e centrali energetiche ausiliarie.

Le gambe telescopiche di Assis si ritrassero e lui s’infilò agilmente nell’alloggiamento anteriore dello sprinter. Una volta che Galen e Lyra si furono arrampicati fino al sedile posteriore, il droide si contrasse e s’innestò sui comandi.

«Velocità massima, Assis» disse Galen. «Abbiamo una nave da prendere.»

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