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1 Supplemento di Indialogo.it , autorizz. N.2 del 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo IN DIALOGO Anno 5,Giugno 2014 n. 6 A Pinerolo, Io Lavoro? Docenti universitari del Pinerolese/16 inntervista a Maria Martin La formazione professionale: intervista a Giampiero Monetti

INDIALOGOesprimo neppure sull’opportunità o necessità di fare uso di OGM. Che grandi fasce di popolazione, soprattutto in certe zone del mondo, soffrano di gravi carenze alimentari,

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Supplemento di Indialogo. i t , autor izz. N.2 del 16.6.2010 del Tr ibunale di PineroloINDIALOGO

Anno 5,Giugno 2014n. 6

APinerolo,

IoLavoro?Docenti

universitari del Pinerolese/16 inntervista a Maria Martin

La formazione professionale:intervista a Giampiero Monetti

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22Buone News

A cura di Gabriella Bruzzone

la spesa come una volta

I supermercati senza imballaggiIn aumento i negozi ove è possibile acquistare i prodotti sfusi Mi è capitato spesso in Francia di vedere persone che vanno a fare la spesa con il cesto di vimini, rifiutando, soprattutto nei mercati ma anche nei supermercati, buste di plastica o imballaggi di vario genere. Si mette tutto nel cesto, magari avvolto da un foglio di carta, come facevano le nostre nonne e bisnonne. Questa idea – bucolica e alquanto romantica – non è poi così distante dal vero. Entro l’estate infatti aprirà a Berlino il primo supermercato senza imballaggi: i prodotti, rigorosamente non di marca ma selezionati dal negozio stesso, saranno venduti sfusi o alla spina, per ridurre al massimo l’utilizzo e lo spreco degli imballaggi. Si potrà andare a fare la spesa con la propria sportina, servirsi direttamente dai contenitori o dai dispenser, scegliendo prodotti biologici, regionali e di stagione. Il progetto, realizzato da Sara Wolf e Milena Glimbovski, si chiama Original Unverpackt ed è stato finanziato con il crowdfunding. Le due giovani imprenditrici

ci hanno lavorato per quasi due anni, vincendo numerosi premi e convincendosi alla fine che quello che era nato come un semplice business plan poteva in realtà trasformarsi in un vero e proprio lavoro. Iniziative di questo genere esistono anche in Italia. Negozio Leggero, ad esempio, è un franchising presente soprattutto in Piemonte, con quattro punti vendita tra Torino e provincia, poi Asti, Novara, Roma. La filosofia è sempre quella: evitare gli imballaggi, fare attenzione alla qualità, permettere una scelta maggiore all’acquirente. Si possono acquistare frutta, verdura, legumi, cereali, addirittura detersivi, portando i propri contenitori da casa o acquistandone di ecologici e riutilizzabili. Iniziare dal piccolo, con mercati e negozi specializzati, per arrivare chissà tra qualche anno a fare la spesa al supermercato con il cestino di vimini sotto il braccio...

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Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

S o m m a r i o

|Dopo il discernimento il treno! Abbiamo auspicato nell’articoletto di fondo del numero di maggio di Pinerolo Indialogo il discernimento degli elettori sul voto utile per il territorio e così sembra sia stato. Il passaggio di un sindaco dall’amministrazione di un pic-colo comune di montagna alla rappresentanza del territorio a livello regionale non può che fare del bene a tutto il Pinerolese. Così pure l’elezione in regione dell’altro giovane rappre-sentante di soli 31 anni. Si può dire che l’onda lunga della rivoluzione dei sindaci e di quella delle nuove generazioni è arrivata anche a Pi-nerolo e che la politica per mestiere sia finita. Ora si tratta di valorizzare questa spinta dal basso traducendola in idee e progetti molto concreti. Primo fra tutti il collegamento ferro-viario veloce con Torino. Lo andiamo ripeten-do da tempo, i giovani del territorio ce lo chie-dono: bisogna andare a Torino in mezz’ora così come si faceva nel 2006 con le olimpiadi (con un binario unico!) in modo che chi studia o lavora a Torino possa rimanere a Pinerolo, e allo stesso tempo chi abita a Torino possa venire a Pinerolo, al mercato, a prendersi un caffè, a visitare una mostra, ecc. Insomma, vivere la provincia e allo stesso tempo la città. La ferrovia è stata il motore per lo svi-luppo economico del territorio a fine ‘800, lo può essere in un’altra chiave anche oggi (purchè veloce!!), magari mutandosi in me-tropolitana leggera, visto che si parla di area metropolitana! Antonio Denanni

2 Buone news isupermercatisenzaimballaggi

4 primo piano docentiuniversitaridelpinerolese/16 intervistaamariamartin

6 Incontri giampieromonettieilcfiq

8 Giovani & lavoro duemilagiovaniaIo lavoro

10 lettere al giornale irisultatialvagliodellademocrazia

11 Giovani & storia glistudentidipinerolonellagrandeguerra

12 Donne del pinerolese marienascassellatisforzolinigaletti

13 vita internazionale davideperrone,tratorinoebordeaux

14 lettera a... leggereècomeavereunombrellorotto

15 serate di laurea conumbertomotturaelucadepietro

16 per mostre & musei francescabocchettoelasuacuriosità

17 visibili & Invisibili giovaniamnestyeilricordodiunamico libera:lastragedeigeorgofili 18 musica emergente gliantrib

19 andare al cinema cannes2014

20 tecnologia & Innovazioni mediaservicesystemlab

21 appunti di viaggio petraingiordania

22 cose dell’altro mondo cosebelleemenobelledalmondo

23 onda d’urto eventi eventiinviavigone22

24 amici di pinerolo Indialogo

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PINEROLO INDIALOGO

DIRETTORE RESPONSABILEAntonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino, Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Alla-sia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gal-lo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara NosenzoCon la partecipazione di Elvio Fassone

PhOTOGiacomo Denanni

Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.itAutorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010

REDAzIONETel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: [email protected]

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Per cominciare ci parli di sé e del suo lavoro in ambito universitario. Lavoro presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell’Università degli Studi di Torino, ex facoltà di Agraria, come ricercatore universitario dal 2008, dopo diversi anni di lavoro precario. Il settore scientifico-disciplinare cui afferisco è quello della Chimica Agraria. Nello specifico, la ricerca che svolgo riguarda la chimica del suolo, lo studio dei meccanismi che rendono più o meno disponibili per le colture agrarie gli elementi nutritivi o i contaminanti. Dal punto di vista ambientale, mi interesso delle interazioni tra suolo, acqua e piante, per la valutazione del potenziale trasferimento di contaminanti tra diversi comparti ambientali e delle conseguenze che ciò può avere.Lei lavora nel settore della chimica del suolo, quindi dei componenti naturali che vi sono, ma forse anche di quelli prodotti dall’uomo. Com’è la situazione (inquinamento ed altro)? Il suolo, in passato, è stato visto per molto tempo come una discarica, un serbatoio di capacità illimitata, dove poter smaltire ogni tipo di composto per poi dimenticarsene, come se scomparisse. Non è così. A partire dagli anni ’80, si sono moltiplicati gli studi che dimostrano come la capacità del serbatoio suolo non sia infinita né immutabile. Al variare di parametri ambientali capaci di incidere sull’equilibrio tra ritenzione e rilascio di un contaminante, il

serbatoio può diventare sorgente. Questo è il concetto di bomba a tempo chimica: quando introduco un contaminante in un serbatoio (il suolo), avvicinandomi alla sua massima capacità di ritenzione, sto caricando una bomba a tempo

chimica: se nel futuro una qualunque variazione ambientale (per esempio variazioni di temperatura, umidità, destinazione d’uso di un suolo) andrà a modificare gli equilibri chimici, avrò un rilascio repentino, difficilmente contrastabile e talvolta difficilmente prevedibile del contaminante dal suolo verso un altro comparto ambientale: spesso le acque, ma anche l’atmosfera e la biosfera. Se è un suolo agrario, si potrà avere un passaggio diretto alle colture e, di qui, al consumatore. Gli esempi purtroppo non mancano, ma fortunatamente, insieme alla conoscenza del problema, sono aumentati anche la sensibilità e i

mezzi tecnici e normativi, che hanno portato a un deciso miglioramento.Suolo vuol dire anche cibo. Qual è lo stato dell’alimentazione mondiale? C’è cibo per tutti o la carenza è ancora tanta e ci sarà per forza bisogno dei cibi geneticamente modificati? Suolo vuol dire cibo, è vero, e non bisogna dimenticarsene, nel decidere la destinazione d’uso del territorio. Non sono un sociologo né un economista: non ho quindi titolo per disquisire della disponibilità alimentare a livello mondiale

IntervistaaMariaMartin,chimicaagraria

«Il suolo è una risorsa non rinnova-bile... “La nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa”»«La deindustrializzazione ha lasciato un vuoto che richiederà molto tempo per essere colmato»

Città & Università /16a cura di Marianna Bertolino

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5e, non essendo nemmeno un genetista, non mi esprimo neppure sull’opportunità o necessità di fare uso di OGM. Che grandi fasce di popolazione, soprattutto in certe zone del mondo, soffrano di gravi carenze alimentari, è cosa nota. Come agronomo posso dire che le risorse veramente limitate, e sempre più limitanti, per la produzione di cibo sono l’acqua e il suolo coltivabile. Come studioso del suolo, ciò che so per certo è che il suolo è una risorsa sostanzialmente non rinnovabile: la pedogenesi, cioè l’insieme dei processi che portano alla formazione di suolo (coltivabile) a partire dalla roccia madre, ha tempi lunghissimi: possono occorrere decine, centinaia di anni o più, a seconda delle condizioni, per formare un solo centimetro di suolo. La velocità con cui perdiamo suolo fertile, per processi come erosione, desertificazione, salinizzazione, declino della fertilità in generale, e per consumo di suolo con l’urbanizzazione, è enormemente più elevata di quella con cui il suolo si può riformare. L’AISSA, Associazione Italiana delle Società Scientifiche Agrarie, ha recentemente inoltrato una proposta di legge quadro per la protezione del suolo, ricordando una frase di Roosevelt: “La nazione che distrugge il proprio suolo, distrugge se stessa”.Lei si interessa anche di solidarietà con i Paesi in via di sviluppo, Ci parla di questo aspetto? Professionalmente, mi sono interessata soprattutto del noto problema della grave contaminazione da arsenico delle acque di falda di vaste aree del Bangladesh e del trasferimento di questo contaminante ai suoli agrari e al riso. In questo senso sono stati fatti, e in parte sono in corso, degli studi in collaborazione con il Department of Soil, Water and Environment dell’Università di Dhaka. Dal punto di vista personale, tramite una piccola organizzazione, IDEA Onlus, fondata con alcuni amici nel 2007, collaboro con alcune ONG del Bangladesh che si occupano soprattutto di istruzione per i bambini, salute e progetti di sviluppo per piccole comunità. Abbiamo avuto molti grattacapi, ma anche molte soddisfazioni, e stiamo lavorando in ottimo accordo con i partners locali, anche se l’obiettivo finale non lo abbiamo ancora raggiunto: diventare superflui, segno che le comunità dove operiamo hanno consolidato i miglioramenti fatti e sono in grado di gestire il proprio sviluppo in completa autonomia. A fronte di una realtà povera, ma che è comunque in crescita, c’è un Occidente che è sempre più in decrescita, una situazione di impoverimento

che toccherà soprattutto le nuove generazioni. Non trova che sia ormai ora di incominciare a preoccuparsi anche di questa realtà? Questo è vero, è un problema che riguarda la sostenibilità del nostro modello economico. Di nuovo, non sono un economista. Sappiamo che lei con il suo compagno ha fatto una scelta radicale di vita decidendo di andare a vivere in una borgata abbandonata. Ci racconta di questa scelta? La scelta di vita, se tale si può definire, fatta molto tempo fa da mio marito e da me, è stata quella di non trasferirci in città per avvicinarci al lavoro. Ora abitiamo in campagna, dopo continueremo ad abitare in campagna, a pochi chilometri di distanza, in un posto che ci piace molto. Da non pinerolese (abita a Pinasca), ma che vive la realtà del territorio, come vede la voglia di università in Pinerolo che vi è in alcuni politici (e anche docenti), crede che sia realistica, con prospettive di futuro? Decentrare ha vantaggi e svantaggi. E’ ben noto che negli ultimi anni le risorse destinate all’università si sono contratte in modo spaventoso ed è indispensabile ottimizzare il poco che c’è. Non so quali saranno le scelte dell’Ateneo di Torino, ma dovranno per forza tener conto di vincoli sempre più stringenti.Il Pinerolese, in particolare la Val Chisone ove lei abita, sta vivendo una profonda crisi. C’è una realtà che a suo parere sarebbe da valorizzare? Difficile rispondere. La deindustrializzazione ha lasciato un vuoto che richiederà probabilmente molto tempo per essere colmato. Ci sono esempi di scelte coraggiose, legate all’intraprendenza e fantasia dei singoli. Occorrerebbe un’azione congiunta, magari unendo più valli che vivono problemi analoghi, per arginare la continua diminuzione di risorse destinate al territorio.Ritorniamo alla natura e all’ambiente che tanto la coinvolge: può essere per il territorio anche occasione di lavoro? Quando tutto il resto smette di funzionare, c’è un ritorno alle risorse primarie. Si ritorna alla terra. E’ interessante constatare che c’è una ripresa delle produzioni agrarie e pastorali, anche da parte di giovani, anche su territori montani, come i nostri, considerati marginali. La cura di questi territori, belli ma difficili, è fondamentale per preservare e valorizzare l’ambiente e per mantenere vive le comunità locali: chi ricopre questo ruolo, lavorando con passione e rispetto delle risorse, meriterebbe maggior sostegno.

«Occorrerebbe un’azione congiunta, magari unendo più valli che vivono problemi analoghi»

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Abbiamo accennato su Pinerolo Indialogo di marzo all’istruzione di qualità che viene impartita nel territorio. Questo apprezzamento è da estendere anche al settore della formazione professionale che da decenni è presente nel territorio con l’Engim e il Ciofs (in passato con le scuole Riv e l’Onarmo) e da meno tempo, ma con molto dinamismo, con il CFIQ, il cui direttore e animatore è Gianpiero Monetti. Lo abbiamo sentito.Incominciamo dall’acronimo CFIQ. Qual è il suo significato e qual è la mission? CFIQ sta per Consorzio Formazione Innovazione e Qualità. Nasce nel 1996 a seguito della nuova legge regionale sulla formazione professionale. È stato promosso dall’Engim, insieme ad alcune aziende ed enti locali (il Comune di Pinerolo). Da questo input iniziale sono nate diverse iniziative e avviati diversi corsi di formazione, sono stato coinvolto anch’io in prima persona, fino alla realtà attuale che annovera una trentina di dipendenti. La mission è quella di fare formazione e innovazione in rapporto stretto con il territorio cercando di mettere insieme soggetti pubblici e privati, cercando al contempo qualcosa di nuovo per mantenere vivo e originale questo progetto.Che tipo di persone si rivolgono al consorzio? Abbiamo i giovani in uscita dalla scuola media che devono assolvere all’obbligo scolastico (qui i corsi sulla ristorazione) e i giovani in percorsi di riorientamento. Poi ci sono gli adulti occupati e disoccupati, con bassa scolarità, che devono o vogliono riqualificarsi.

Complessivamente tra corsi brevi e lunghi da noi ogni anno passano circa mille persone.Il Pinerolese vive come altre realtà la crisi economica, a parere di molti anche in modo più duro. Qual è la sua opinione? Non so se qui ci sono maggiori o minori difficoltà rispetto ad altre realtà. Sicuramente ciò che

manca in questo territorio è l’umiltà e la capacità di sapersi confrontare sulle opportunità che ci sono. Per fare un esempio, la cassa in deroga, pur con tutti i suoi limiti, è una grande occasione per riqualificare il personale che il sistema delle imprese non ha saputo utilizzare al meglio. Là dove abbiamo trovato imprese motivate e sindacato presente si sono costruiti progetti interessanti di riqualificazione del personale e di conservazione del lavoro. Io vedo il bisogno di avere un tavolo di

concertazione territoriale, a regia pubblica naturalmente, dove il privato si mette in gioco. Solo così è possibile elaborare strategie per conservare e riqualificare l’esistente e ideare al contempo strategie vincenti.Qual è il settore che soffre di più? Sicuramente il settore manifatturiero, quello che nel territorio ha ancora i numeri più importanti.In una competizione ormai globale la formazione e la qualificazione è quella che fa la differenza. Qual è lo stato di formazione e di qualifica nel territorio? Basso. Il cinquanta per cento dei disoccupati ha una bassa scolarità. Di questi il 38 % ha meno di 25 anni. Questa è una debolezza per

IntervistaaGiampieroMonetti,direttoredelConsorzioFormazioneInnovazioneeQualità

«Una formazione professionale per il territo-rio cercando sempre qualcosa di nuovo»“Sono 1000 i partecipanti ai nostri corsi. Tra i disoccupati una bassa scolarità”

Pinerolo e la formazione professionale

di Antonio DenanniINCONTRI

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il territorio e per chi vuole venire ad investire. Ci si preoccupa giustamente dei giovani, ma bisogna pensare anche alla formazione di queste persone che quando l’economia andava bene non avevano problemi, ma ora con la crisi trovano difficoltà a ricollocarsi.Scuole e imprese si rimpallano il discorso dell’orientamento scolastico. Qual è la sua opinione? Senza attribuire colpe agli uni o agli altri diciamo che c’è un vuoto. C’è da parte di ognuno la tradizione di difendere la propria istituzione: anche qui bisogna cercare di capire qual è il percorso migliore, tenendo presente che il terminale ultimo sono i giovani. Io vedrei bene una maggiore attenzione delle scuole (in particolare degli istituti tecnici) verso le aziende e il mondo del lavoro, naturalmente senza appiattirsi sui profili richiesti.Si dice che il lavoro manuale dequalificato va all’estero. Su che cosa si dovrebbe puntare allora per rilanciare il territorio? Un’azienda per installarsi in un territorio ha bisogno anche di capire il profilo professionale che offre. Credo che l’investimento sul capitale umano del territorio sia fondamentale per lo sviluppo generale.Da poco è finita la kermesse di IOLAVORO, che è stata a giudizio di molti l’iniziativa più rilevante per il territorio negli ultimi tempi, perché sono state chiamate a raccolta le imprese per dare risposte concrete (e non solo chiacchiere!). CFIQ è stato tra gli organizzatori. Ci riassume l’evento con dei dati? Stiamo ancora facendo un’analisi per capire quale ritorno vi è stato nelle aziende. Come numeri si parla di 1800 giovani registrati al

portale IoLavoro con 35 aziende presenti (oltre 100 le figure professionali ricercate). Una rassegna certamente da ripetere, ma che a mio parere consegna a Pinerolo l’impegno a capire l’evento tenendolo vivo con dei mini appuntamenti nell’anno che mantengano il dialogo tra le imprese, l’ente pubblico e i soggetti che si occupano di formazione e di inserimento lavorativo. Inoltre io ho avvertito anche l’esigenza di dare ai giovani degli strumenti per affrontare questi colloqui, perché ho visto molti di loro disorientati su come approcciarsi a questi incontri.Molti giovani pinerolesi vanno all’estero per studiare (Erasmus), ma anche per esperienze di lavoro. E poi ritornano… Il territorio è in grado di accoglierli e di valorizzarli? Io non so se oggi il territorio è in grado o meno di accogliere questi giovani: di sicuro però bisogna che acquisiamo questa capacità. Noi come CFIQ abbiamo concorso a un progetto regionale per mandare a fare esperienza all’estero dei giovani nel settore del turismo.Il CFIQ lavora molto sui bandi. Quanto questo filone potrebbe essere fonte di lavoro per i giovani? Prima dei bandi bisogna avere le idee progettuali e poi anche i collegamenti giusti. Le capacità tecniche da sole non bastano. Noi facciamo a breve un corso sui bandi che aiutano ad entrare nel mondo della progettazione.Per finire, qual è il percorso di formazione che è sicuramente spendibile nel territorio nel presente e nel futuro? Se guardiamo i dati sull’occupazione direi il settore socio-assistenziale, però il discorso è difficile e complesso, perchè coinvolge anche sensibilità personali.

«Ciò che manca in questo territorio è l’umiltà e la capacità di sapersi confrontare sulle opportunità che ci sono»

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L’arrivo di Io Lavoro ha portato al Palared di Pinerolo moltissime persone, soprattutto giovani. Chi fiducioso, chi in dubbio rispetto alle possibilità realmente offerte da un progetto simile, tutti comunque curiosi di vedere come si sarebbe svolto l’evento che per la prima volta ha interessato la realtà pinerolese. Sono molte le aziende e le agenzie che hanno partecipato a queste due giornate (15 e 16 maggio): Avon, Yves Rocher, Manpower, Gi Group, Randstad Italia, Reale Mutua e Corcos sono solo alcuni dei nomi che si potevano trovare nelle sale gremite di gente. Sono state fatte domande ad alcuni giovani presenti, tutti in coda per sostenere un colloquio conoscitivo ai vari stand. Dalle risposte si ha l’impressione che l’idea di organizzare un evento quale Io Lavoro a Pinerolo sia stata accolta favorevolmente, sebbene l’organizzazione non fosse proprio delle migliori. A.M., studentessa dell’ENGIM, per esempio sostiene: “Per chi, come me, è venuta qui con la sua classe, le cose sono un po’ difficili. Sarebbe utile per noi anche solo fare una simulazione di colloquio, o sentire quello fatto da qualcun altro, ma questo è impossibile vista la quantità di persone. Non che l’evento non sia interessante, in questo modo si conoscono se non altro i nomi di alcune aziende, ma non posso negare che sia tutto un po’ confusionario. Inoltre per interagire con alcune aziende si doveva prenotare; se non lo si è fatto non si può nemmeno entrare nell’area in cui si svolgono i colloqui.”

Lo stesso inconveniente del colloquio “su prenotazione” è rilevato da un’altra ragazza: “Sono arrivata qui e ho visto che puoi lasciare il tuo curriculum ad alcune aziende solo se ti sei prenotato, ma non capisco dove mi sarei dovuta prenotare. Sul sito di Io Lavoro non era chiaro”. Altre perplessità riguardano gli spazi e gli stessi stand. D.B. sostiene che forse la struttura non permetteva una miglior organizzazione, ma negli orari di punta (le undici del mattino o metà pomeriggio) la situazione diventava abbastanza confusionaria. “Gli stand recavano inoltre solo il nome dell’azienda, e se si volevano avere più informazioni bisognava avvicinarsi tra la folla per capire più o meno di cosa si trattasse. Inoltre credo che due persone per azienda ad accogliere le candidature fossero troppo poche.” Tuttavia, non si sono raccolte solo critiche, per quanto costruttive. Diverse persone hanno sostenuto che, se si evitavano gli orari di punta, si poteva avere un colloquio con un’azienda senza dover sopportare troppa coda; è stato inoltre fatto notare che, se è vero che gli stand poco dicevano delle aziende che rappresentavano, all’entrata si poteva prendere la piantina del salone e un foglio in cui erano scritti i nomi delle aziende e le posizioni da loro ricercate. Per essere la sua prima volta a Pinerolo, si può quindi sostenere che l’iniziativa di Io Lavoro sia stata accolta abbastanza favorevolmente. Si può quindi sperare che torni a ripetersi, magari migliorando laddove ci sono stati “inconvenienti”.

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2000 giovani a IoLavoroUn successo con qualche riserva«Si spera torni a ripetersi, migliorando i piccoli “inconvenienti”»

di Elisa Campra

Giovani&LavoroSOCIETà

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Dal documento IOLAVORO, Regione Piemonte, Pinerolo, 15-16 maggio 2014

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Pensieri sparsi dopo le elezioni

I risultati al vaglio della democrazia

Lettere al giornale di Elvio FassonePINEROLO

Delle elezioni del 25 maggio si è parlato e si parlerà ancora molto. Alcuni ne sono usciti vincitori indiscussi e alcuni sconfitti altrettanto certi. Non è chiaro, invece, quale sia lo stato di salute di un soggetto del quale si è parlato meno: la democrazia. Guardiamo allora ad un primo dato evidente, il notevole successo delle forze politiche di tipo populista, con i corollari noti da tempo anche a casa nostra: il leader carismatico, lo scavalcamento dei partiti tradizionali, l’appello alle emozioni egoistiche, il rifiuto della complessità e della fatica democratica. Il populismo è certamente corrosivo della democrazia, la quale si rivela sempre più come una conquista fragile, se non è accompagnata da una quotidiana educazione alla convivenza ed al pensiero strategico. Tipo di prognosi: preoccupata. Il secondo spunto viene dal clamoroso risultato ottenuto da Matteo Renzi. Esso riflette soprattutto l’insofferenza di molti per l’inconcludenza della democrazia conflittuale. La litigiosità, la neutralizzazione reciproca, l’incapacità di incidere davvero sui problemi, la mediazione estenuante e l’inevitabile rinvio hanno generato quello stallo decisionale che ha portato ad un quasi plebiscito a favore del soggetto che decide e realizza. Molti arricciano il naso verso “l’uomo solo al comando”, e certamente occorrerà vigilanza. Ma sarà opportuno prendere coscienza che la democrazia ha rischiato di morire soffocata da se stessa, e che è tempo di familiarizzare con un cambio di modalità: dalla democrazia sincronica, nella quale tutti vogliono contare simultaneamente e il sistema si paralizza, alla democrazia diacronica, nella quale chi vince assume i poteri per governare davvero, con il limite di non fare nulla che impedisca agli altri di vincere e governare domani. Terapia: seguire il decorso con attenzione e senza pregiudizi. Il terzo motivo di riflessione riguarda l’Europa. Le analisi lamentose sul dominio dei poteri forti e sulle ideologie devastatrici (la finanza internazionale, il neo-liberismo, la globalizzazione, le multinazionali, lo strapotere delle banche e del nuovo capitalismo)

hanno finalmente prodotto un pensiero propositivo: la consapevolezza che questi poteri, come sono stati almeno in parte imbrigliati dallo Stato e dalle istituzioni nazionali nel noto “compromesso social-democratico” del XX secolo, così lo possono essere ad opera di istituzioni sovra-nazionali nel secolo presente. Il ring del conflitto si era allargato da tempo, ma era occupato da uno solo dei pugili: oggi, e più ancora domani, esso si dovrà svolgere su dimensioni almeno continentali, e porterà con sé la fatica (questa sì costruttiva) di pensare ad una democrazia planetaria di non facile realizzazione. Prognosi: positiva, se il paziente seguirà le terapie. Un quarto tema merita un cenno almeno di scorcio. Si

sta affacciando una discutibile apoteosi della democrazia del web, una democrazia per iniziati, con un demos circoscritto, controllabile e sedicente interprete della totalità. E’ una modalità che si può apprezzare nella misura in cui consente di accorciare i tempi tra la domanda e la risposta; ma eviterei di presentarla come il futuro della democrazia, o come il

nuovo verbo cui affidare la volontà dei cittadini. Se il cuore della democrazia è, e non può non essere, la possibilità di esprimersi tutti in forme libere, paritarie e secondo regole certe, allora il web non è la soluzione. Prognosi: nessuna, il paziente è molto reattivo. Un ultimo spunto riguarda il Pinerolese. Il nostro territorio ha avuto in passato dei consiglieri regionali, ma mai espressi da un grande partito riformatore. Era un’anomalia difficile da spiegare, se non con l’atavico vizio del dividersi e del litigare. Questa volta il candidato del Pinerolese è stato eletto non solo grazie alla sua credibilità personale, ma anche per la determinazione e la compattezza (finalmente!) dell’arco delle forze politiche che militano in quell’area. Il nostro territorio ha un drammatico bisogno di essere rappresentato con efficacia a livello regionale, per invertire la marcia che oggi lo indirizza verso un pesante declino. Se mostrerà una capacità propositiva altrettanto forte e unitaria, ce la può fare. Prognosi: e se il nostro consigliere regionale diventasse assessore?

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Il 28 giugno 1914 due colpi di pistola vibrarono a Sarajevo: l’assassinio dell’erede al trono dell’Impero austro-ungarico fece esplodere tensioni fino ad allora latenti che, da crisi locale, sfociarono nel primo conflitto mondiale. A cento anni dal suo scoppio, ci siamo interrogati sul contributo che una pur circoscritta realtà come Pinerolo diede alla Prima guerra mondiale. Chi furono i soldati di Pinerolo che imbracciarono le armi a partire dal 24 maggio 1915, giorno in cui presero avvio le operazioni militari italiane e «Il Piave mormorava...»? Sull’argomento, presso la Biblioteca Alliaudi, si trova un piccolo tesoro: Come Pinerolo ha assolto il compito di guerra, libro pubblicato dall’archivista bibliotecario municipale Carlo Demo nel 1923 sulla scia dell’amor patriae che in quegli anni il fascismo andava celebrando. In particolare, numerosi furono i giovani di Pinerolo che, ancora studenti, parteciparono alla guerra, spesso senza farne ritorno. Tra questi, un giovane di nome Giuseppe Allegretti, nato a Pinerolo nel 1894 e allievo del 4° corso della sezione di agrimensura nel Regio Istituto Tecnico che aveva sede in città. Ricopriva il ruolo di tenente nel 7° Reggimento Fanteria. Morì nel 1917, uscito volontariamente con una pattuglia in esplorazione di un bosco sul monte San Marco (oggi lo sloveno Markov hrib) presso Gorizia, a causa di una scheggia di bomba che lo colpì al petto. Tra i «ragazzi del ’99», come erano chiamati i coscritti di leva richiamati nel 1917 che, rinsaldando le fila sul Piave, si dimostrarono fondamentali alla riscossa italiana dopo Caporetto, compare il nome di Luigi Bevacqua. Nato a Pinerolo appunto nel 1899, nel 1916 conseguì il diploma di geometra presso l’Istituto Tecnico per poi arruolarsi volontario: prima fu ascritto al 5° Reggimento Artiglieria, poi diventò sottotenente nel 4° Reggimento Bersaglieri, poi ancora promosso nel 22° Reparto

d’assalto. Cadde sul campo nel 1918 sul Piave presso Moriago mentre guidava la sua compagnia all’assalto. Possiamo ricordare ancora Felice Giuseppe Chalp, nato nel 1897 a Oulx ma residente a Pinerolo, dove era allievo nella sezione di ragioneria dell’Istituto Tecnico. Sottotenente nel 9° Reggimento Fanteria, morì nel 1916 mentre ispezionava le trincee nemiche presso Oppachiasella, oggi paese sloveno dal nome di Opatje selo, colpito alla fronte da un proiettile. Ancora, Dario Eydallin, nato a Portovecchio di Mirandola nel 1898 ma residente a Pinerolo: qui aveva ottenuto il diploma di ragioniere anch’egli presso l’Istituto Tecnico. Arruolatosi volontario, raggiunse il grado di tenente mitragliere nel 16° Reggimento Fanteria. Cadde a Levani Sabau, in Albania, colpito da una pallottola di fucile mentre si inoltrava tra i reticolati delle trincee nemiche.Questi nomi non rappresentano che una memoria sfumata di quanti combatterono la guerra, e i frammenti di vita che qui si cerca di ricostruire non possono che tracciare un abbozzo di quanto drammatica e dilaniante fu l’esperienza bellica vissuta sulla propria pelle. (1/continua...)

Cenni di storia del Pinerolese

Gli studenti di Pinerolo nella Grande GuerraCento anni fa, il 28 giugno 1914, la Prima Guerra Mondiale

di Nadia Fenoglio.

Giovani&StoriaSOCIETà

Particolari del monumento ai Caduti in Piazza III Alpini

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Donne del pinerolese 12

Mariena Scassellati Sforzolini Galetti, dopo un’esperienza in fabbrica si impegna come assistente sociale sul territorio fino alla pensione. Premio “donna della solidarietà” nel 1999 e autrice del lemma “domiciliarità” nel nuovo dizionario di servizio sociale. ha fondato l’Associazione “La Bottega del Possibile” che nell’anno corrente festeggia i suoi primi 20 anni. È a partire da questa ricorrenza che le chiediamo la sua testimonianza. Ci racconti un po’ di sé… Sono sempre stata impegnata nel sociale, la mia esperienza arriva da anni di servizio nell’assistenza sociale, in questo modo ho potuto vedere e capire ciò di cui la gente ha bisogno. Mi interessa molto ribadire il fatto che l’assistenza sociale è uno strumento efficace e che può dare, laddove serve, conforto e sostegno. Da molti anni il sociale è messo sotto stretta restrizione economica, c’è chi dà la colpa alla crisi, ma la mia è un’idea diversa…Ce ne parli... Credo che sia innegabile la presenza di una crisi, ma ritengo che i contingenti semplicemente vengano impiegati in altri settori piuttosto che nell’assistenza sociale. Essendo nel settore posso dirvi quanto sia deleterio soprattutto a livello personale perché è questo di cui dobbiamo tener conto. Abbiamo a che fare con persone in condizione di fragilità che necessitano di strumenti che li aiutino in questa loro nuova tappa della vita, siano essi problemi economici o meno. Il nostro intento è quello di dare importanza alla persona come individuo e nelle migliori delle possibilità non fargli sentire alcun peso.

La sua Associazione compie 20 anni di vita, può raccontarci come ha avuto inizio e quali sono i suoi obiettivi? La Bottega del Possibile è un’Associazione di Promozione Sociale, costituita il 24/01/1994 con sede a Torre Pellice (TO), che ha come obiettivo primario la diffusione della cultura della domiciliarità. Per domiciliarità non si intende uno strumento unicamente predisposto per le persone anziane, ma anche per quelle in difficoltà diverse, quali

malattie mentali o fisiche di qualunque età. La domiciliarità permette alle persone di risiedere stabilmente nelle proprie abitazioni, con l’ausilio di persone specializzate, così da ridurre i traumi nella loro delicata situazione. L’Associazione annovera attualmente quasi 180 soci (si era partiti in 20), di ogni mestiere e professione, di cui il 10% è rappresentato da docenti universitari. Di questa varietà sono molto orgogliosa.Può parlarci del concetto di casa e del vostro motto?

La casa è il primo luogo che ci è caro, dopo il grembo materno. Quando si è smarriti ci si ricorda di sole due parole: “mamma” e “casa”. Mi vengono in mente alcune citazioni molto significative… Plinio il vecchio diceva:«La casa è là dove ti porta il cuore», non c’è verità più grande. Così anche per quanto riguarda il nostro motto, “Vogliamo piantare un albero perché cresca dopo di noi”, voglio ribadire l’importanza di fare qualcosa oggi, per il bene comune, per trarne positività e strumenti per il futuro. Un legame tra generazioni e idee di ieri e di domani, ma pur sempre e in primo luogo legami tra persone.

Mariena S.S. Galetti, una vita nel socialeFondatrice della “Bottega del possibile”

di Sara Nosenzo

In collaborazione con l’associazione

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Davide Perrone studia Scienze Internazionali dello Sviluppo e della Cooperazione, un Corso di Laurea sotto il Dipartimento di Cultura, Politica e Società, ed è al terzo anno di studi. Il suo percorso è però un po’ diverso da quelli tradizionali, perché alla fine del primo anno ha deciso di partecipare ad un concorso molto particolare.Di cosa si tratta esattamente? È un accordo specifico tra la Facoltà di Scienze Politiche di Torino e l’Institut d’Etudes Politiques di Bordeaux: si frequenta il primo anno in Italia, il secondo in Francia e il terzo di nuovo in Italia, con il conseguimento della Laurea Triennale. In seguito, il quarto anno (ovvero il nostro primo anno di Laurea Magistrale) è di nuovo in Francia, mentre l’ultimo in Italia. Alla fine di questo percorso si ottiene la Laurea sia Italiana che Francese, ma bisogna aver fatto tutti i cinque anni poiché in Francia la Laurea è quinquennale.È un impegno non indifferente. Raccontaci in breve la tua scelta. Sono già stato all’estero, a Panamá, per il quarto anno di Liceo, quindi fare delle esperienze fuori dall’Italia mi interessava: non volevo fare tutti i cinque anni a Torino. Il progetto era davvero interessante, con i suoi lati positivi e negativi, perciò ho deciso di provarci.Com’è stata la tua esperienza accademica, considerando che si tratta di un progetto totalmente diverso dall’Erasmus? Sono stato trattato esattamente come gli altri studenti francesi. Il metodo di questa università è molto diverso: ci sono corsi in aule molto grandi, nelle quali si trattano temi più “teorici”, mentre le vera pratica si ha in aule più piccole, durante i “seminari”, ovvero lezioni che in realtà sono tenute dagli studenti. In che cosa consistono questi “seminari”? All’inizio dell’anno il professore dà un “planning”

in cui ci sono tutti gli argomenti che verranno trattati durante il corso. Ogni studente, in coppia con un compagno di classe e senza che nessuno spieghi niente, prepara un’esposizione orale con una presentazione su un determinato tema. Solo al termine dell’esposizione l’insegnante interviene, facendo critiche sia a livello di contenuto che di presentazione.

Hai quindi frequentato tutto il tuo secondo anno a Bordeaux. Sapevi già il francese? L’avevo già studiato alle medie e avevo frequentato un corso durante il primo anno di Università. Il primo semestre in Francia è stato abbastanza difficile, ma il loro metodo accademico, fatto di presentazioni orali e molti esami scritti, mi ha aiutato tantissimo.Adesso stai frequentando il terzo anno in Italia, e sei prossimo alla laurea. A settembre sarai di nuovo a Bordeaux. Che cosa ti aspetti al tuo ritorno e, soprattutto, alla fine del tuo percorso di studi?

Ovviamente sarà molto più semplice ambientarmi, perché sono già stato lì. Dato l’anno impegnativo non ho avuto molto tempo per visitare la regione o per entrare nel vivo della cultura francese, quindi spero di farlo il prossimo anno. In futuro mi piacerebbe trovare un lavoro che mi permetta di vivere questa dimensione internazionale. Hai detto che hai frequentato il quarto anno di studi a Panamá. Quali differenze ci sono tra questa esperienza, che ancora continua, e quella di Panamá? Sono molto diverse. Mentre a Panamá ho avuto molto più tempo per conoscere la cultura, entrare nella realtà del paese e legare con la gente del posto, in Francia non sono riuscito perché ero sempre impegnato con la scuola e avevo esami anche il sabato mattina. L’altra era un’esperienza in un Paese molto diverso dal nostro, la Francia invece ha molte analogie e, essendo un paese Europeo, c’è un minimo comune denominatore. A Panamá, inoltre, ho imparato di più il linguaggio di tutti i giorni, in Francia quello più accademico, ovviamente.

di Alessia Moroni13

COSì PER IL MONDO Vita internazionale

Intervista a Davide Perrone

Studi pendolari traTorino e Bordeaux«Si frequenta il primo, il terzo e il quinto anno in Italia, il secondo e il quarto in Francia»

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14Lettera a...di Cristiano Roasio

DAL TEMPO

Delle volte mi chiedo se la capacità di leggere sia uno di quei tentativi di evoluzionismo darwiniano, tipo la peluria, la coda o i denti capaci di ruminare, il quale ben presto verrà abbandonato poiché l’animale in questione, nella fattispecie l’uomo, tramite eoni di inutilità - va da sé che l’impennata tecnocratica accorcia i secoli in minuti e quindi potremmo dire - tramite anni di inutilità, per il principio di adattamento della selezione naturale, ha sperimentato la sua dubbia funzione senza trarne alcun effettivo miglioramento biologico. In altri momenti mi pare proprio che, laddove l ’acce leraz ione summenzionata di tecnologia su scala evolutiva e l’apparente i m p o s s i b i l i t à di modificare le nostre ca ra t te r i s t i che fisiche (anche se vedrei bene chessò dei superocchi per distinguere la fuffa che svolazza nel cosmo et ignorarla o degli ultrasuoni pipistrelleschi non già per visionare in notturna ma per non udire buona parte del rumore di fondo della terra che gira con tutte quelle entità egocentriche pronte a dire la propria, io in primis), la lettura (e con essa lo studio, la riflessione, l’attività mentale, la scrittura, insomma tutto ciò che esula dal fare qualsiasi baggianata vi sia detto di fare per portare a casa gli schei per dimenticare quello che fate per avere i suddetti schei e così via ad ∞) possa essere l’unico modo di sviluppare caratteri dominanti ereditari, cioè da lasciare in eredità - almeno quello giacché non stiamo lasciando loro granché – alle prossime generazioni. Insomma, una pelliccia ignifuga per quando tutto prenderà fuoco o un becco più affusolato

per penetrare le macerie e trovare un po’ di granaglie filosofiche e ben scritte.Per dirla in altro modo: serve a qualcosa leggere? Fondamentalmente no, ma in pratica sì. Almeno questa è la mia idea. Leggere è come avere un ombrello rotto quando piove, non vi ripara dall’acqua e dal bagnarci e beccarci un bel raffreddore, ma almeno vi dà l’illusione di aver qualcosa che, fosse un pochino riparato o diverso, potrebbe ripararvi. E cosa può dare l’illusione di un riparo se non quello che vi mostra come ci si bagna? Non la classifica dei romanzi più venduti (e

i saggi, perché ci sono anche loro... li credevate mica sempre unici e degni di nota), non il marketing, i giornali, non il mondo librario, l’industria del libro, sempre in declino sempre lì come tutte le industrie radicate nella società, quelli vi aprono un tendone sulla testolina ed attaccano pure il riscaldamento e vi fanno dimenticare non solo che

fuori sta piovendo ma che sia mai piovuto da sempre.Sono stato al salone del libro e più o meno mi sono sentito un vegetariano alla fiera del manzo italico o, anzi, per addensare la metafora, un vegano al festival dell’omelette o, ancora meglio, un papa boy ad una convention porno: non credo nel valore culturale delle grandi manifestazioni, la cultura è qualcosa che va costruita da soli, in fondo, dentro un’ossessione per il miglioramento (di cosa poi non saprei dirlo) per poi metterla alla prova con gli altri, distruggerla e ricostruirla. Ed allora, vi conosco lettori delle nostre zone, ah se vi conosco! Attenzione! la lettura non è mai evasione, deve essere invasione, delusione e innovazione, altrimenti non è altro che un dente del giudizio: inutile, tranne per chi ve lo deve togliere.

Lettera ai lettori (o a Coloro che Leggono)

Leggere... come un ombrello rotto!

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Serata con gli ingegneri del PolitecnicoCon Umberto Mottura e Luca De Pietro

MEMS e bilancio delle società di calcio Serata di Laurea del mese di maggio con la presentazione di due tesi triennali in ingegneria. Luca De Pietro, laureato in Ingegneria elettronica, dopo un periodo al Politecnico di Grenoble, ha deciso di dedicarsi allo studio delle nanotecnologie, presentando la tesi dal titolo “Nanotecnologie: dispositivi MEMS”. Dopo un’introduzione alla nanoscala e alle nano-tecnologie, Luca ha descritto nel dettaglio iMEMS, Micro-Sistemi-Elettro-Meccanici, ossia dispositivi molto piccoli, spesso invisibili, che coniugano in uno spazio ridotto svariate funzioni, in particolare elettriche e meccaniche ma anche ottiche, micro-fluidiche e forme di conversione di energia non applicabili alla scala macroscopica. Possono essere sensori e/o attuatori che, già oggi, sono inseriti in gran parte dei dispositivi che utilizziamo come tablet, smartphone, automobili, soprattutto sotto forma di accelerometri, giroscopi, clock e altoparlanti. Per il futuro sono previste con questi sistemi applicazioni sempre più innovative in molti campi,dalla medicina all’ingegneria dei tessuti, in modo da incorporare un numero maggiore di funzioni in un unico piccolo dispositivo. Umberto Mottura, laureato in Ingegneria Logistica e della Produzione e anch’egli con un’importante esperienza di studio all’estero, in Finlandia, grazie al programma Erasmus, ha deciso di occuparsi di economia aziendale mediante la tesi dal titolo “Analisi di Bilancio delle principali società calcistiche europee”.

Per comporre il suo lavoro, Umberto ha avviato una impegnativa analisi delle maggiori leghe calcistiche europee, analizzando il peso specifico che ciascuna di esse ha nel contesto. In specie si è orientato sulle leghe della Germania, Inghilterra, Spagna, Francia e, ovviamente, Italia, ed il primo obiettivo è stato di intraprendere la ricerca delle varie

strutture di costo per la valutazione e l’analisi delle società in questione. Durante l’analisi del bilancio, si è costruita una forma generalizzata per un quadro europeo, per poi andare a ricercare i driver di costi e ricavi più influenti per ciascuna società calcistica.

Infine, grazie ai risultati ottenuti, si è potuta realizzare una speciale classifica delle squadre analizzate, in modo da qualificare le migliori gestioni economiche delle stesse società. Non è un caso che i principali club italiani (Juventus, Inter e Milan) siano tutti in negativo rispetto alle squadre di altri paesi europei: l’Italia non ha ancora fatto il passo in avanti verso forme di ricavi alternativi quali, ad esempio, quelli derivanti dal turismo calcistico, così come avviene appunto all’estero.Grazie a queste analisi il lavoro di tesi ha potuto evidenziare le più importanti differenze di gestione sia dei costi sia dei ricavi di ciascuna società calcistica, sottolineando i driver in base ai quali ogni singolo club programma il bilancio annuale.

Dopo la pausa estiva, il prossimo appuntamento con Serate di Laurea è il 26 settembre presso la sede di Onda d’Urto, in via Vigone 24 a Pinerolo.

Serate di Laurea di Maria Anna Bertolino

IN CITTà

Umberto Mottura Luca De Pietro

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16SOCIETà Per Mostre e Musei

A cura di Chiara Gallo

Uno stile ironico e intelligente caratterizza i lavori di Francesca Boccchetto. Iscritta all’Accademia di Torino, quest’artista ci rivela il suo carattere curioso e incostante, grazie al quale tuttavia viene guidata in una ricerca continua dei suoi limiti e della sua fantasia. Una creatività perenne che non si ferma davanti ai molteplici ostacoli della professione. Alcuni artisti partono da autodidatti, altri da corsi professionali, parlaci della tua esperienza artistica. Qual è stato il tuo percorso? Più che “ e s p e r i e n z a artistica”, io la chiamerei “curiosità”, ed è grazie ad essa che mi sono fatta avanti nel mondo dell’arte, i n co r agg i a t a da coloro che hanno notato come l’arte fosse l’unica costante che mi accompagnava nel corso degli anni. ho deciso, quindi, di frequentare il Liceo Artistico di Pinerolo e attualmente frequento l’Accademia Albertina di Belle Arti a Torino.Quale tecnica e quali soggetti prediligi nelle tue opere? Le tecniche cambiano, a seconda dell’umore e dell’espressione che voglio conferire all’opera. Solitamente non abbandono mai china e acquarelli. Mi piace l’idea e l’effetto dato dal tratto nero preciso della penna, il

quale circoscrive le forme colorate dell’ acquerello. Per quanto riguarda i soggetti, mi ispiro soprattutto a immagini mentali, una sorta di scatto fotografico che a volte si traduce in illustrazioni perfettamente adattate alla tela o alla carta.Ci sono degli artisti del panorama attuale o del passato a cui ti ispiri? Del passato ammiro specialmente artisti come Lautrec e Degas, perchè tramite le loro opere evocano perfettamente la vita borghese al collasso di un’epoca che

risuona di un fascino senza tempo. Tuttavia non mi ispiro alla loro arte, semplicemente ne colgo la bellezza.Parlando del futuro invece, hai qualche progetto in particolare? Parlare di anni avvenire mi sembra sempre un po’ avventato, per cui preferisco concentrarmi sulla

produzione artistica quotidiana senza sbilanciarmi troppo. Ovviamente non nego di avere qualche aspirazione nascosta. Un consiglio che daresti ad un giovane che voglia sperimentare questo settore? Chi si avvicina all’arte, spesso lo fa inconsapevole di esserne già coinvolto. Il passo successivo e quello più stimolante è la sperimentazione personale: appassionarsi alle proprie capacità e non smettere mai di farlo.

Piccolecittà...“Promettentiartisti”

Francesca Bocchetto e la sua curiosità“Chi si avvicina all’arte, spesso lo fa inconsapevole di esserne già coinvolto”

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Il 28 maggio scorso Amnesty International ha festeggiato 53 anni di attività: anni di battaglie in favore dei Diritti Umani, anni in cui abbiamo sempre cercato di fare del nostro meglio nel difendere i diritti di tutti, ovunque venissero violati.Abbiamo sempre cercato di impegnarci per questa causa con la massima energia, dagli inizi fino ad oggi. E continueremo a farlo. Nessuno di questo Gruppo Giovani di Pinerolo era presente nel 1961 quando tutto questo è nato e ognuno di noi fa parte di questa organizzazione solo da pochi anni, ma non importa. L’energia che caratterizza questo movimento e il valore espresso dalle sue battaglie sono cose che si possono percepire anche a distanza di tantissimi anni: basta leggere qualche documento un po’ datato di Amnesty o ascoltare qualche testimonianza di chi c’era per capire ciò di cui vi stiamo parlando. Ma non è solo questo ciò che vogliamo raccontare oggi. Vogliamo ricordare in poche righe la storia di uno dei più grandi difensori e attivisti per i Diritti Umani, Andrei Mironov. Andrei nacque nella Russia comunista nel 1954 e dopo un anno e mezzo di prigionia per propaganda sovversiva antisovietica durante il governo Gorbaciov, decise di dedicarsi alla lotta in difesa dei Diritti Umani. Negli anni si è occupato

dei conflitti in Nagorno Karabakh, Tagikistan, Cecenia e Afghanistan ed è stato più volte minacciato e ferito per la sua attività di denuncia e di opposizione. Per noi è stato un importante appoggio e contatto per capire quello che negli ultimi anni sta accadendo nella Russia di Putin e nel 2013 è venuto più volte in Italia affiancandoci in dibattiti e conferenze. La sua storia, come forse avete letto sui quotidiani, è finita il 25 maggio scorso quando, impegnato nel conflitto in Ucraina come informatore giornalistico e interprete del fotoreporter Andrea Rocchelli, viene fatalmente colpito da colpi di mortaio. Andrei Mironov è stato un grande amico di Amnesty International, soprattutto in Italia dove aveva stretto importanti rapporti e amicizie con alcuni di noi. Come Amnesty abbiamo voluto ricordarlo il 29 maggio a Roma, proprio un giorno dopo il compleanno. Nonostante tutto non abbiamo ricordato questa vicenda e questo amico con tristezza perché avevamo e abbiamo in mente il suo grande coraggio e la sua capacità di trasmettere un piccolo grande sogno, lottare in difesa dei Diritti Umani, sempre.

Gruppo GIovanI amnesty InternatIonal

Festeggiamo 53 anni ricordando un grande amico

Visibili & InvisibiliDIRITTI UMANI

21 anni fa la strage di via dei Georgofili Molte volte si tende a ricordare gli avvenimenti che sono divenuti tristemente famosi, come la strage di Capaci e di via d’Amelio, dimenticando magari quelli meno noti. Ma ogni vita umana che scompare a causa di un atto tremendo da parte di un’organizzazione malavitosa deve, e sottolineo deve, essere ricordata. Ventuno anni fa, nella notte tra il 26 e 27 maggio 1993, esplose un’autobomba in via dei Georgofili, a Firenze. Come era già accaduto per le bombe esplose a Milano e a Roma, l’obiettivo fu il patrimonio artistico, infatti l’esplosione avvenne nei pressi della Galleria degli Uffizi, la quale subì forti danni e vi fu il crollo della Torre dei Pulci. Ciò che però non possiamo dimenticare è che in questa esplosione persero la vita cinque persone: Caterina Nencioni e i suoi genitori, Fabrizio Nencioni e Angela Fiume, la sorella Nadia ( di soli 9 anni) e Dario Capolicchio (uno studente 22enne). E’ necessario ricordarli con nomi e cognomi, poiché ognuno di loro

aveva una storia, dei progetti e dei sogni che si sono infranti per sempre in quella notte. La loro unica “colpa” quella di trovarsi in quel luogo al momento sbagliato. Inoltre vi furono 48 persone ferite e sebbene per questo eccidio siano stati condannati gli esecutori materiali e

si conoscano i mandanti interni a “Cosa nostra”, la storia non è completa, infatti molte sono ancora le domande aperte a cui i processi non hanno saputo dare risposta.Ancora una volta quindi il messaggio

è quello di non dimenticare mai ciò che è stato e di continuare a volere raggiungere la verità, una verità che non potrà in alcun modo restituirci tutti coloro che hanno perso la vita nell’esercitare il proprio mestiere con serietà e dedizione o per una fortuita combinazione di casi, ma che almeno potrà finalmente farci pronunciare la parola Giustizia. Chiara Perrone

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Gli Antrib sono un trio FunkCore del saluzzese formato da Samuele Allasia, Alberto Mattio e Simone Testa che, dopo diversi ritardi, presenterà a giugno il loro secondo EP, Thanatos, da loro definito nella sua presentazione su Musicraiser “forse il nostro primo vero EP”. Li abbiamo incontrati per parlarne.Dunque, voi Antrib amate mescolare generi: già nel vostro primo EP “Dear Me, I’m Dead” mescolavate il funk con l’attitudine metal anni ‘90 di gruppi come Primus, RATM e Deftones. Nelle tracce che avete fatto uscire negli ultimi mesi si sentono sperimentazioni stoner-psichedeliche e il passaggio del cantato al rap in italiano: da dove nasce e come si è sviluppata questa commistione di generi? A dire il vero non lo so di preciso, non ci siamo mai posti il problema dei generi, di solito scrivo facendomi influenzare da quello che ascolto al momento. C’è da dire però che in questi anni la frase “Mi ricordate i Primus” è quella che forse abbiamo sentito di più. Con questo nuovo lavoro e questo anno e mezzo di scrittura abbiamo cercato di scrollarci di dosso lo stile Primus. Volevamo creare qualcosa di nostro, che fosse identificativo. Abbiamo lavorato tanto e credo che siamo sulla buona strada per arrivare a questo, anche se il percorso è ancora lungo. Il passaggio all’italiano è stato più deciso verso il vero stile Antrib, che si è concretizzato con l’inserimento del rap. Lo trovo il metodo migliore per esprimere quello che provo, per buttarlo in faccia alle persone. Abbiamo mantenuto una buona dose di funk comunque, ci piace tanto suonarlo.Il nome del vostro futuro EP è Thanatos, personificazione della morte nella mitologia greca. Perché l’avete scelto? Come ben pochi, anzi pochissimi sanno, Antrib deriva dalla parola tedesca “antrieb” che significa

pulsione. Secondo Freud esistono due tipi di pulsione, Eros e Thanatos. Mentre Eros è la carica positiva della continua evoluzione, Thanatos è la responsabile di una spinta costante verso l’auto-distruzione che tenta di portare l’uomo verso un caos inorganico primordiale. Questo EP è stato autodistruttivo per noi e per questo abbiamo scelto questo titolo, che si ricollega anche al nostro nome. Vi assicuro che sarà una mina clamorosa.Avete annunciato che, a differenza del vostro primo EP, nei nuovi pezzi parlerete di tematiche serie quali il rapporto uomo-società e la malattia mentale. A cosa è dovuto questo cambiamento di profondità di temi? La considerate una crescita? Sì, mi sono concentrato tantissimo sui testi. Thanatos è un viaggio di esplorazione del meccanismo umano partendo dall’amore (anche se non piacciamo alle ragazze parliamo anche di amore), dal dolore, dal confronto verso se stessi, dal disturbo, dalla paura. Ogni canzone ha una tematica diversa benché possa sembrare simile come impostazione. Una volta i testi erano buttati sulla musica solo per riempire le strofe e a volte qualche ritornello, ora fanno parte integrante del processo di scrittura. Forse c’è anche un po’ di quello che sono io in questa esplorazione.Infine, dopo aver chiuso il capitolo Thanatos, quali saranno i vostri prossimi progetti? I progetti come sempre sono tanti, ma a dire il vero alcuni si attueranno già con Thanatos stesso. Per il resto non ci sbilanciamo. Alberto in saletta una volta mi ha detto “Basta gridare al lupo, facciamo e basta d’ora in poi”. E così è diventato. Per dirti, il fatto che stiamo registrando verrà fuori solo da questa intervista, dopo MusicRaiser ci siamo chiusi in una specie di silenzio stampa, ora vogliamo fare le nostre cose e quando sarà il momento torneremo… e sarà una vera e propria manata, ve lo assicuriamo.

musIca emerGente

Gli Antrib

di Isidoro ConcasMUSICA Of f i c i ne de l suono

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In genere a metà maggio, non importa quale blockbuster esca nelle sale, il mondo del cinema volge la propria attenzione verso la Francia, in particolare verso Cannes. Cannes 2014 non ha portato in dote particolari scandali come in passato (uno su tutti Lars Von Trier, edizione 2011), ma in compenso ha fornito la consueta dose di glamour e buon cinema. La direzione artistica è stata affidata alla cineasta neozelandese Jane Campion mentre nella giuria del concorso principale vanno segnalate personalità particolari del mondo cinematografico come Sofia Coppola, Willem Dafoe e Nicolas Winding Refn. Come di consueto la quantità di pellicole è stata impressionante. Il film che ha aperto la manifestazione, “Grace di Monaco”, in particolare è stato oggetto di numerose critiche da parte dei reali monegaschi riguardo alla veridicità rappresentata in scena. All’interno del concorso ufficiale invece si è distinto “Maps to the stars”, film di David Cronemberg già uscito nelle sale italiane di cui sentiremo parlare ancora per diverso tempo, anche grazie all’interpretazione di Julianne Moore premiata come la migliore fra quelle femminili; a vincere la Palma d’Oro però è stato Nuri Bilge Ceylan con “Kis Uykusu”, denominato “Winter Sleep” in campo internazione per comodità

linguistiche (ebbene sì, non siamo gli unici). Il regista turco, già conosciuto per “C’era una volta in Anatolia”, vince come detto la Palma d’Oro e ci auguriamo che la notorietà di altre pellicole in concorso (vedi “Maps to the stars”, “Deux jours, une nuit”, “Jimmy’s hall”…) non impedisca alla sua opera di trovare il giusto spazio nelle sale italiane. Discorso analogo va affrontato per “Le meraviglie” della toscana Alice Rohrwacher; il lungometraggio ha incontrato il favore della giuria che ha deciso di conferirle il “Gran Prix speciale della Giuria”, ricordando ancora una volta che quando si parla di cinema italiano non occorre necessariamente deprimersi e ricordare i fasti del passato (la metà dei quali riconosciuti postumi…).

Chiudiamo questa breve panoramica ricordando che la categoria “Un Certain Regard” (la più importante al di fuori del concorso principale) ha visto trionfare Kornél Mundruczò con “White God” (Premio Un Certain Regard), Ruben Ostlund con “Force Mejeure” (Premio della giuria) ed infine Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado con “The Salt of the Earth” (Menzione Speciale).Ce n’è per tutti i gusti anche quest’anno insomma…buon cinema.

tra Glamour e Buon cInema

Cannes 2014

Andare a l c inema

di Andrea ObisoSOCIETà

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Media Service System Lab di Fujitsu

SOCIETà Giovani,Tecnologia@Innovazionia cura di Greta Gontero

Quante volte, magari leggendo un giornale, ci capita di trovare una bella foto che vorremmo salvare e tenerlaesempre con noi sul cellulare? Oppure, può capitare di aver stampato un documento e ci accorgiamo di aver fatto un errore…bisogna buttare via il foglio s p r e c a n d o inutilmente carta? Presto questo non succederà più. Una nuova t e c n o l o g i a sviluppata da Fujitsu permetterà di trasformare q u a l u n q u e superficie o oggetto in una sorta di schermo touchscreen. Questa invenzione si basa su un sistema di riconoscimento tridimensionale che

traccia ciò che è “visualizzato” dai sensori e crea uno schermo tattile, che potremo manipolare autonomamente. Il dispositivo funziona a doppia via: da un lato osserva ciò che le mani operano, dall’altro proietta schermate sull’oggetto

stesso (per esempio il foglio di carta stampato).Il responsabile del progetto spiega anche il motivo di un costo, relativamente, basso, infatti l ’apparecchio

consiste solo in una webcam, un proiettore standard e alcuni componenti comuni: è il chip che sviluppa le immagini il vero protagonista…sorprendente!

Garanzia Giovani PiemonteIl progetto straordinario della Regione Piemonte ri-volto ai giovani tra i 15 e i 29 anni.

Attraverso l’iscrizione al sito web ti candidi a rice-vere entro 4 mesi:• proposte di lavoro in Piemonte, in Italia e

all’Estero;• proposte di formazione finalizzata all’occupazione e di tirocinio anche fuori re-

gione ed all’estero;• inviti a partecipare ad iniziative specialistiche di orientamento sulla domanda delle

imprese e le opportunità di lavoro;• servizi informativi circa opportunità nel campo del volontariato, della coopera-

zione e del servizio civile;• servizi per conoscere l’offerta formativa post diploma e post laurea al fine di

specializzarsi;• servizi orientativi e di sostegno al rientro in percorsi d’istruzione e formazione

finalizzati al conseguimento di qualifiche professionali e diplomi di livello seconda-rio o titoli universitari;

• servizi informativi finalizzati alla creazione di impresa.

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La Giordania è acqua. Tè caldo aromatico che rigenera o fonte battesimale a Betania al di qua della frontiera: come Gesù, immersi e in preghiera. La Valle del Giordano, sovrastata dal M. Nebu da cui la vide Mosè, è terra di pace dove scorre latte e miele. Albicocche, fichi, uva, prugne e more in questa stagione. Frutteti ed oliveti cedono il posto a fiori, a serre ed orti di pomodori a Madaba, melanzane che occhieggiano nere lucide dalle bancarelle oltre il Mar Morto, fino alle piantagioni di cocomeri a Sud verso Aqaba in aree desertiche. Lungo la strada dei re, oltre a castelli diroccati e campi di grano: fiumi, dighe, coltivazioni. A 30 km dal Mar Morto, dove non può mancare l’esperienza del bagno nel sale che fa galleggiare in 20 cm, un’avventura che vale il viaggio è la camminata all’interno del Wadi Muji, un canyon scavato dal fiume cristallino e tiepido che si percorre dalla foce a ritroso fino ad una cascata, le rocce sinuose intorno sfumate come un acquerello di cremisi, ciclamino, rosa, azzurro, ciano e pennellate di ocra improvvise. La biosfera di Dana è un’oasi montana: sagome di giganti di pietra la sorvegliano posti in processione verso il tramonto; il Nawatef Camp di Assan, le tende pulite, la cucina ottima, rimette in sesto e permette di condividere con il té un pezzo di vita.Piccola Petra è un assaggio silenzioso, accanto ad essa i resti di un villaggio neolitico. Petra ti lascia senza parole: sono vivide le tracce dell’acqua che nei secoli ha solcato queste montagne di “roccia-sabbia”, poi scolpite dai Nabatei, ispirati da Egizi, Greci e Romani, per farne la loro città dei morti. Sì, perché anche gli antenati di costoro erano anch’essi beduini, nomadi in tenda con pecore e capre al seguito. Infine 3 notti nel Sahara (in arabo =deserto), fiorito per le recenti piogge, nel campo di Bedouin Roads di Alì, con docce calde, cucina “sotto terra”, sabbia e geki multicolori. Il giorno in giro con la jeep, la sera tè intorno al fuoco con la famiglia. Qui 35 famiglie beduine vivono grazie a sorgenti e cisterne naturali. Senza auto queste ed altre tappe sarebbero state difficili da raggiungere. Ne abbiamo affittata una da Omais, un’agenzia piccola gestita da un amabile signore, Nasser Al-

Borini, che ci ha tolto dai guai in modo prodigioso e ci ha fatto comprendere quanto sia importante essere capiti, molto più di quanto non si possa immaginare.Guidare in Giordania si può, le strade son ben tenute e quelle a lunga percorrenza non si pagano, la benzina costa la metà rispetto all’Italia e non c’è

traffico tranne in città, dove si parcheggia prima dei siti turistici. I segnali sono spesso in arabo, ma il navigatore gps traduce le informazioni in inglese. Nonostante ciò le disavventure non mancano. Mauro aveva la patente internazionale e per sicurezza stipulammo un’assicurazione. Ma l’ultimo giorno un taxista incauto ci ha urtati e poi se n’è andato. Il danno è limitato, ma il problema è presentare un rapporto per il rimborso assicurativo, quando la polizia non parla inglese, magari non ti stringe la mano (alcuni sono rigorosamente islamici) e ti senti perso. In questa occasione Nasser è stato il nostro eroe. ha preso a cuore la nostra situazione, ci ha accompagnati traducendo ed assistendo ogni passo della pratica. La burocrazia è qui come ovunque. Un pomeriggio intero fino a sera nella stazione di polizia di Amman. Poi il volo di ritorno... Ed ora siamo pronti a raccontare. La Giordania, unico Stato in pace in mezzo a conflitti, retto da un sovrano amato, ha una popolazione aperta al turismo. Oltre ai volti pietrificati dal sole, i sorrisi. Presso la libreria Mondadori, in piazza Barbieri a Pinerolo, proiezioni: 10 giugno trekking nel deserto, 8 luglio “Acqua e Petra”.

SOCIETà

In GIorDanIa

Petra ci ha lasciato senza parole

Appunt i d i v i agg io di Angelica Pons

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2222Cosedell’altromondo 20 giugno 2014 – Giornata mondiale del rifugiato Il 20 giugno sarà la giornata mondiale del rifugiato, data riconosciuta da tutto il mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sofferenze degli esuli e per sostenere gli sforzi delle organizzazioni che vi sono impegnate. La giornata costituisce un sostegno agli sforzi che l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, le Ong e le altre organizzazioni impegnate nel settore compiono congiuntamente per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sofferenze dei

rifugiati.Da Kofi Annan, già Segretario Generale dell’ONU, le parole che sintetizzano l’importanza dell’avvenimento: “i rifugiati sono i grandi sopravvissuti dei nostri tempi. Molti di loro superano grandi avversità durante gli anni di esilio, per poi, finalmente, ritornare a casa e devono crearsi una nuova vita in terre straniere. Tutti loro meritano il nostro incoraggiamento, sostegno e rispetto”.

Europa, questa sconociuta A prescindere dal risultato elettorale, per cosa si è votato il 25 maggio? Elezioni amministrative e comunali a parte, tutta l’Italia e tutti i paesi facenti parte dell’Unione Europea hanno dovuto eleggere i loro rappresentanti presso il Parlamento Europeo di Strasburgo, un’istituzione unica al mondo come composizione e procedure di lavoro. Ma c’è di più: con l’elezione del nuovo parlamento europeo, è iniziato un lungo processo di nomine e di elezioni indirette che porteranno al rinnovamento di quasi tutti i vertici dell’Unione. Senza entrare nel dettaglio, è bene sapere che oltre al Parlamento, verrà rinnovata la Commissione Europea, l’esecutivo dell’Unione che sarà composta

da un commissario per ogni stato membro e che dovrà intrattenere rapporti sia con lo stesso Parlamento, sia con il Consiglio dei ministri dell’Unione, composto dai ministri delle varie aree politiche di tutti i paesi membri. Al contrario di quanto si può pensare il contributo dei cittadini dell’Unione è rilevante anche perché per la prima volta le federazioni partitiche europee hanno designato i candidati presidenti della commissione in anticipo rispetto all’appuntamento elettorale desiderando rafforzare lo stesso ruolo del Parlamento che potrebbe vedersi attribuito un legame di fiducia ancora più solido con la stessa Commissione.

di Massimiliano Malvicini

A scuola di speranza Spesso ci si lamenta del servizio scolastico nazionale e delle enormi potenzialità che non possono svilupparsi per problemi strutturali e finanziari. In questa triste cornice è però sbocciata l’idea di una scuola speciale, che sfruttando le moderne tecnologie potesse aiutare anche i ragazzi con difficoltà ad apprendere, a studiare: una classe “Techno-digitale”. Questa idea si ricollega alle trasformazioni che vogliono rinnovare il sostrato educativo della scuola italiana: nata da Patrizia Angelini, la mamma di un ragazzo affetto da una grave forma di dislessia, “Una Scuola per tutti” è diventato un progetto scolastico all’interno del quale sono

stati realizzati programmi informatici che agevolano l’integrazione degli studenti con difficoltà di apprendimento, dislessia e linguaggio (Dsa-Adhd-Bes, bisogni educativi speciali) realizzata presso la ludoteca tecnologico scientifica di Roma Capitale, che rappresenta un centro unico e all’avanguardia nel panorama dei progetti di «edutainment» italiane, con attività formative dove la «technoscienza è a portata di gioco».Un unicum che, si spera, possa dare il via ad una rete associativa molto più solida e continua in tutto il territorio nazionale, il rinnovamento lo si vede soprattutto dai sogni che diventano reali speranze.

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Onda d’Urto EventiSerate di Laurea con Luca De Pietro e Umberto Mottura

Via Vigone da valorizzare la via degli artisti e degli artigiani

EVENTI

Via Vigone da salvare

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24Sono amici di Pinerolo InDialogo