2
Il marketing delle scemenze È QUASI impossibile analizzare le scemenze. Ma trattandosi di Silvio Berlusconi, che ne spara ormai da un ventennio e ieri ha paragonato la condizione dei suoi figli a quella degli ebrei sotto la dittatura di Hitler, ci si può sempre provare. Per cui, al netto della noia con cui tocca affrontare dette idiozie, e poi anche della stanchezza che ispirano le successive e regolamentari messe a punto, varrà la pena innanzitutto di valutare «l' ampio contesto» nel quale tali sciocchezze sarebbero state ospitate, ancorché ovviamente «estrapolate», e quindi l' imminente e già ubiquo bestseller di Bruno Vespa « Sale, zucchero e caffè» (Mondadori). E già un po' stride il vezzosetto titolo del volume con il richiamo a una delle massime tragedie del Novecento, l' olocausto buttato lì dal Cavaliere come specchietto per le allodole, una battutina delle sue per catturare l' attenzione del pubblico; una promozioncina fra le tante per indicare la terribile condizione degli eredi della famiglia reale di Arcore, Marina e Dudi e Barbara, che ieri su sfondo marino si affacciava sorridente dalla copertina di Oggi per contendere il Milan a Galliani, e ancora Eleonora e Luigino, che hanno «tutti addosso», poveri cuccioli, come il popolo ebraico nella «notte dei cristalli» (novembre 1938): 7.500 negozi distrutti, quasi 200 templi dati alle fiamme e l' inizio delle deportazioni. No, in effetti non si trovano parole per esprimere l' insensatezza dell' altisonante paragone;e neppure per rincorrere l' ovvia e stentorea smentita con cui Berlusconi ha poi rivendicato la sua «amicizia», certo, e la «coerente azione di governo», figurarsi, «in favore dello Stato di Israele» eccetera eccetera. Peggiori delle gaffes risultano solo i tentativi di metterci una pezza: specie se a colori, come si dice. Dunque, il punto sensibile resta: che diavolo gli frullava in testa quando ha incontrato Vespa? In mancanza di ingegni telepatici, e senza ricorrere a un esorcista, o se si vuole a un esorciccio, una possibile indagine potrebbe forse partire dall' innata e auto-celebratissima vena buffonesca che per tre volte almeno - per restare al benemerito censimento di Simone Barillari ( Il re che ride, Marsilio, 2010) - ha portato Silvione a raccontare barzellette ovvero «storielle», come preferisce definirle lui, comunque a base di ebrei, campi di sterminio, tirchierie e altre razzialoidi amenità. Rispetto a tale arguta abitudine, che peraltro nel corso del tempo si è estesa ai malati di aids con indimenticabili incursioni nella blasfemia, pare sprecato gridare allo scandalo, così come si ritiene facoltativo stracciarsi le vesti. Rimarchevole piuttosto risuona l' «irremovibile candore», Barillari dixit, con cui Re Silvio ha avuto il cuore di

Il Marketing Delle Scemenze

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Il Marketing Delle Scemenze

Il marketing delle scemenze

È QUASI impossibile analizzare le scemenze. Ma trattandosi di Silvio Berlusconi, che ne spara ormai da un ventennio e ieri ha paragonato la condizione dei suoi figli a quella degli ebrei sotto la dittatura di Hitler, ci si può sempre provare. Per cui, al netto della noia con cui tocca affrontare dette idiozie, e poi anche della stanchezza che ispirano le successive e regolamentari messe a punto, varrà la pena innanzitutto di valutare «l' ampio contesto» nel quale tali sciocchezze sarebbero state ospitate, ancorché ovviamente «estrapolate», e quindi l' imminente e già ubiquo bestseller di Bruno Vespa « Sale, zucchero e caffè» (Mondadori). E già un po' stride il vezzosetto titolo del volume con il richiamo a una delle massime tragedie del Novecento, l' olocausto buttato lì dal Cavaliere come specchietto per le allodole, una battutina delle sue per catturare l' attenzione del pubblico; una promozioncina fra le tante per indicare la terribile condizione degli eredi della famiglia reale di Arcore, Marina e Dudi e Barbara, che ieri su sfondo marino si affacciava sorridente dalla copertina di Oggi per contendere il Milan a Galliani, e ancora Eleonora e Luigino, che hanno «tutti addosso», poveri cuccioli, come il popolo ebraico nella «notte dei cristalli» (novembre 1938): 7.500 negozi distrutti, quasi 200 templi dati alle fiamme e l' inizio delle deportazioni. No, in effetti non si trovano parole per esprimere l' insensatezza dell' altisonante paragone;e neppure per rincorrere l' ovvia e stentorea smentita con cui Berlusconi ha poi rivendicato la sua «amicizia», certo, e la «coerente azione di governo», figurarsi, «in favore dello Stato di Israele» eccetera eccetera. Peggiori delle gaffes risultano solo i tentativi di metterci una pezza: specie se a colori, come si dice. Dunque, il punto sensibile resta: che diavolo gli frullava in testa quando ha incontrato Vespa? In mancanza di ingegni telepatici, e senza ricorrere a un esorcista, o se si vuole a un esorciccio, una possibile indagine potrebbe forse partire dall' innata e auto-celebratissima vena buffonesca che per tre volte almeno - per restare al benemerito censimento di Simone Barillari ( Il re che ride, Marsilio, 2010) - ha portato Silvione a raccontare barzellette ovvero «storielle», come preferisce definirle lui, comunque a base di ebrei, campi di sterminio, tirchierie e altre razzialoidi amenità. Rispetto a tale arguta abitudine, che peraltro nel corso del tempo si è estesa ai malati di aids con indimenticabili incursioni nella blasfemia, pare sprecato gridare allo scandalo, così come si ritiene facoltativo stracciarsi le vesti. Rimarchevole piuttosto risuona l' «irremovibile candore», Barillari dixit, con cui Re Silvio ha avuto il cuore di spiegare di aver appreso queste storielle nientemeno che dall' ambasciatore di Israele - e le risate della platea mostrano purtroppo la vera disgrazia o se si vuole l' ennesima conferma che la piega cannibalico-carnevalesca, per così dire, è più forte di qualunque affronto alla memoria. Però è anche vero che stavolta Berlusconi non voleva far ridere, anzi. Non solo, ma su questo impervio terreno l' esperienza insegna che sarebbe inutile, prima ancora che ingiusto o sbagliato, inchiodarlo a uno schema storicoideologico. Quando il Cavaliere sostiene che in fondo Mussolini era buono, che non ha mai ammazzato nessuno e al massimo mandava gli antifascisti in villeggiatura a Ponza, non lo dice perché è fascista, troppo facile, ma perché persegue logiche di marketing selvatico, breve durata e impatto garantito - la cui efficacia comunicativa potrebbe essere inversamente proporzionale all' incomprensione dei suoi avversari, di cui lui conosce perfettamente i riflessi condizionati. Tanto da mettersi al collo, se proprio gli conviene, un fazzoletto da partigiano - e il giorno dopo, gonfio di elogi, recarsi con il gioiellino alla festa di Casoria. Altra fattispecie è quando cita - due volte l' ha fatto - il Mussolini farlocco dei diari acquistati da Dell' Utri e da Lele Mora. Qui semmai l' intento è pubblicitario. E tuttavia dietro a questo «indifferentismo funzionale» che per anni e anni gli ha permesso di dire tutto e il contrario di tutto,e perfino di appoggiarsi alle eroiche imprese di Mamma Rosa contro i nazisti, s' intravede o meglio s' intravedeva qualcosa di abbastanza complicato, tipo racchiudere in sé ogni possibile contraddizione, per risolverla nella costante riproposizione del suo potere. Ma adesso in verità il Cavaliere non comanda più nemmeno nel suo partito. E allora? Allora magari ha commesso un errore proprio perché, spogliato del comando, con un piede nei servizi sociali e costretto com' è a battagliare con Alfano, con Lupi e perfino con Quagliariello, per spingere

Page 2: Il Marketing Delle Scemenze

altrove la curiosità ha dovuto darci ancora più dentro e quindi ha finito per alzare a dismisura il livello e il calore dei messaggi. Perciò dei due generi nazionali, la commedia farsesca e il melodramma strappacuore, che da sempre gli vengono così bene, con Bruno Vespa Berlusconi ha scelto di slancio il secondo, nella più nera e stravagante accezione vittimistica. Ohi, ohi, povero me, poveri noi - e su quest' ultimissima invocazione, pure dinanzi a un' autentica scemenza, non si può che essere d' accordo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

FILIPPO CECCARELLI 07 novembre 2013 1 sez. PRIMA PAGINA