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ISSN 1123-5055 1/2017 Pubblicazione trimestrale Anno XXXIII Dialoghi con la giurisprudenza civile e commerciale Ancora in tema di fonti del diritto: giudici e legislatori Sulla recente riforma della Cassazione civile Evoluzione del diritto concorsuale nel quadro europeo Law and Economics Finanza post-crisi e controllo Obbligazioni e contratti Autonomia privata e regime legale dell’inadempimento Responsabilità precontrattuale e contatto sociale Interpretatio contra proferentem Manleva Forma nelle locazioni Determinazione del danno da contraffazione I Contratto e impresa RIVISTA FONDATA DA FRANCESCO GALGANO edicolaprofessionale.com/CI Tariffa R.O.C Poste Italiane s.p.a.- Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. I, comma I, DCB Milano

I Contratto e impresa - Studio Legale · PDF fileBruno Inzitari, Raffaella Lanzillo, Mario Libertini, Salvatore Mazzamuto, Daniela ... Scognamiglio; Giuliana Scognamiglio; Pietro Sirena;

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ISSN 1123-5055 1/2017 Pubblicazione trimestraleAnno XXXIII

Dialoghi con la giurisprudenza civile e commerciale

•Ancora in tema di fonti del diritto: giudici e legislatori

•Sulla recente riforma della Cassazione civile

•Evoluzione del diritto concorsuale nel quadro europeo

•Law and Economics

•Finanza post-crisi e controllo

•Obbligazioni e contrattiAutonomia privata e regime legale dell’inadempimentoResponsabilità precontrattuale e contatto socialeInterpretatio contra proferentemManleva

•Forma nelle locazioni

•Determinazione del danno da contraffazione

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Contratto e impresa

Rivista fondata da fRancesco GalGano

edicolaprofessionale.com/CI

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dorso 15,6 mm

I “Dialoghi” sono un trimestrale di analisi critica e ricostruttiva della produzione giurisprudenziale e di valutazione sistematica delle figure giuridiche di creazione legislativa ed extralegislativa.

Comitato di Direzione: Guido Alpa (diret­tore), Marino Bin, Rossella Cavallo Borgia, Giusella Finocchiaro, Massimo Franzoni, Bruno Inzitari, Raffaella Lanzillo, Mario Libertini, Salvatore Mazzamuto, Daniela Memmo, Mario Notari, Gabriello Piazza, Luciana Cabella Pisu, Giulio Ponzanelli, Vincenzo Ricciuto, Enzo Roppo, Giuseppe Sbisà, Michele Sesta, Giovanna Visintini, Roberto Weigmann, Pietro Zanelli, Nadia Zorzi Galgano.

Comitato editoriale: Fabio Bravo (Coordina­tore), Antonio Albanese, Massimo Aragiusto, Annalisa Atti, Augusto Baldassari, Mario Baraldi, Elisabetta Bertacchini, Lisia Carota, Franco Ferrari, Paola Manes, Giorgia Manzini, Fabrizio Marrella, Maria Paola Martines, Giovanni Meruzzi, Elisabetta Panzarini, Elena Paolini, Flavio Peccenini, Maria Colomba Perchinunno, Eleonora Maria Pierazzi, Margherita Pittalis, Simone Maria Pottino, Giancarlo Ragazzini, Angelo Riccio, Rita Rolli, Giulia Rossi, Gianluca Sicchiero, Matteo Tonello, Laura Valle.

Comitato di Revisione: Rosalba Alessi; Enrico Al Mureden; Mads Andenas; Franco Anelli; Luigi Balestra; Giovanni Basini; Giovanni Bonilini; Roberto Calvo; Donato Carusi; Paolo Felice Censoni; Alessandro Ciatti; Claudio Colombo; Massimo Confortini;  Giuseppe Conte; Vincenzo Cuffaro; Andrea D’Angelo;

Giovanni De Cristofaro; Maria Vita De Giorgi; Valeria De Lorenzi; Raffella De Matteis; Vincenzo Di Cataldo; Giovanni Domenichini; Gilda Ferrando; Guido Ferrarini; Andrea Fusaro; Enrico Gabrielli; Aurelio Gentili; Carlo Granelli; Giuseppe Grisi; Giovanni Iudica; Aída Kemelmajer de Carlucci; Marco Lamandini; Carlos Lasarte Álvarez; Emanuele Lucchini Guastalla; Maria Rosaria Maugeri; Carlo Mazzù; Vincenzo Meli; Raffaella Messinetti; Lorenzo Mezzasoma; Paolo Montalenti; Andrea Mora; Luca Nivarra; Fabio Padovini; Stefano Pagliantini; Andrea Perrone; Armando Plaia; Carlo Rimini; Horacio Roitman; Claudio Scognamiglio; Giuliana Scognamiglio; Pietro Sirena; Mario Trimarchi; Stefano Troiano; Francesco Vella; Marco Ventoruzzo; Maria Carmela Venuti; Giuseppe Vettori; Alessio Zaccaria; Vincenzo Zeno-Zencovich.

Il Comitato di Direzione e il Comitato edi-toriale determinano la linea culturale della Rivista sia con l’apporto dei contributi dei propri membri, sia con la periodica predeter-minazione delle aree di intervento. All’opera di preventiva revisione degli scritti destinati alla pubblicazione, con il metodo di refe-raggio della c.d. double blind peer­review, provvede un apposito Comitato di Revisio-ne, formato da professori italiani e stranieri di prima fascia esterni alla Direzione, come da elenco indicato sopra e sul sito Internet della Rivista.

Direzione e Comitato editoriale hanno sede in Bologna, Via Luca Ghini n. 1E-mail: [email protected] web: www.contrattoeimpresa.eu

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ANTONIO FRANCHI

Riflessioni sulla manleva

SOMMARIO: 1. Il contratto di manleva nell’ordinamento italiano. – 2. I limiti di ordinepubblico. – 3. La causa. – 4. La determinabilita dell’oggetto e la previsione dell’im-porto massimo garantito. – 5. L’obbligo di avviso a carico del manlevato. – 6. Lamanleva prestata agli amministratori di societa.

1. – E sempre piu avvertita l’esigenza di poter predisporre dei validi

strumenti di garanzia mediante i quali il soggetto garantito sia posto nella

condizione di andare esente da responsabilita, sia nell’ambito della gestio-

ne di societa o di patrimoni altrui, come nell’ambito di rapporti contrat-

tuali di ogni tipo ovvero di attivita svolte extra contractu.

Mi sembra, pertanto, interessante tornare ancora ad esaminare la fatti-

specie della manleva e dei suoi elementi costituivi e limiti di validita a

seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 18771 del 23 settembre

2015 (1), che, sia pure rivolgendo la propria disamina in termini generali

(1) Nella sentenza n. 18771 del 23 settembre 2015 la Corte di Cassazione stabilisce che«altrettanto correttamente il giudice d’appello ha osservato che una contraria opinionefinirebbe per esporre la D. ad un passivo di oltre 100.000 Euro quale obbligata solidale,trasformando di fatto la causale di conto corrente in una atipica forma di fideiussione“omnibus”. Tra l’altro, a quest’ultimo riguardo, non va dimenticato che la l. 17 febbraio1992, n. 154, art. 10 ha modificato l’art. 1938 c.c. in materia di fideiussione per obbligazionifuture o condizionali, nel senso che questa e legittima solo se contiene la previsione di unimporto massimo garantito. Invece, con specifico riguardo alla questione di diritto inter-temporale, rappresentata da quelle fideiussioni “omnibus” senza limitazione d’importo,stipulate prima dell’entrata in vigore della l. n. 154 del 1992, ma ancora in corso dopol’introduzione dell’obbligo di indicazione dell’importo massimo garantito, il diritto dellabanca alla garanzia deve intendersi circoscritto al saldo passivo eventualmente maturato alladata dell’8 luglio 1992, mentre per il periodo successivo il contratto originario deve ritenersiaffetto da nullita sopravvenuta per indeterminatezza dell’oggetto, se non venga stipulato unnuovo patto fideiussorio, (v. in tal senso Cass., n. 9627 del 22 aprile 2009 e Cass., n. 2871del 9 febbraio 2007). In effetti, questa Corte (Cass., n. 1520 del 26 gennaio 2010) ha avutomodo di ravvisare nel disposto dell’art. 1938 c.c. un principio di carattere generale, nelmomento in cui ha affermato che “in tema di fideiussione, l’art. 1938 c.c., come modificatodalla l. 17 febbraio 1992, n. 154, nel prevedere la necessita della determinazione dell’im-porto massimo garantito per le obbligazioni future, pone un principio generale di garanzia edi ordine pubblico economico, valevole anche per le garanzie personali atipiche”».

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alle garanzie personali atipiche (tra le quali rientra, appunto, la manleva,

come vedremo meglio infra), afferma di nuovo (anche mediante richiamo

espresso della sentenza n. 1520 della stessa S.C. in data 26 gennaio 2010)

l’esigenza della previsione di un importo massimo garantito ai fini della

validita di tali garanzie atipiche.

Sara, poi, esaminato lo specifico (e sempre maggiormente frequente)

utilizzo della manleva a favore degli amministratori di societa, viste le

interessanti implicazioni di diritto societario sussistenti in tale ipotesi.

Mediante il contratto (o patto) di manleva le parti riversano su una di

esse, il mallevadore o garante, gli effetti derivanti dalla responsabilita

dell’altro soggetto, il mallevato, purche in cio vi sia un interesse patrimo-

niale del mallevadore (2).

In termini piu generali, siamo in presenza di una manleva tutte le volte

nelle quali un dato soggetto assume l’obbligo di sollevare l’altra parte dalle

eventuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti da un dato evento o

dal fatto dello stesso mallevadore o del mallevato (3) o di terzi.

(2) Si veda Cass., 21 novembre 1988, n. 6267, in Giust. civ. Mass. 1988, 11, per la quale«la disposizione dell’art. 1229 c.c., dichiarando l’insanabile nullita di quei patti che esclu-dono o limitano la responsabilita del debitore per dolo e colpa grave, e diretta ad impedireche attraverso tali clausole di esonero dalla responsabilita risulti sconvolto l’equilibrio con-trattuale a vantaggio di una delle parti. Questa essendo la portata della disposizione inargomento, un patto di esonero e certamente invalido allorche intervenga tra il creditoreed il debitore e tenda ad esentare quest’ultimo da ogni responsabilita nei confronti delprimo. Altrettanto non puo invece ritenersi allorche il patto di esonero intercorra tra ildebitore ed un terzo e miri, molto piu semplicemente, a riversare su quest’ultimo le conse-guenze derivanti dalla responsabilita in cui il debitore puo incorrere nei confronti delcreditore. Gli effetti derivanti dalla stipulazione di tale convenzione sono invero destinatia prodursi al di fuori del rapporto di responsabilita intercorrente tra il creditore e ildebitore, rapporto che non resta in alcun modo influenzato o pregiudicato dalla convenzio-ne di manleva intercorsa tra il debitore ed il terzo.

E percio principio fermo, nella giurisprudenza di questa Corte, quello della validita delpatto (di manleva) in forza del quale il debitore riversi su altri, che vi abbia un interessepatrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilita, non essendo esso in contrastocon alcun principio generale del vigente ordinamento, ne, in particolare, con la “ratio”dell’art. 1229 c.c., diretto a proteggere il creditore danneggiato, il quale, anzi, e da questaclausola tutelato (V. per tutte, Cass., 21 giugno 1969 n. 2211 e 8 marzo 1980 n. 1543)».

(3) Nella specifica ipotesi della manleva prestata a favore del mallevato per sollevarequest’ultimo da responsabilita che possa derivare pro futuro da suo fatto proprio, ritengo,tuttavia, che la manleva possa essere prestata in maniera pienamente valida soltanto nell’i-potesi in sui il mallevadore intenda sollevare il mallevato dalla responsabilita che possaderivare da fatto di quest’ultimo verso terzi e non verso lo stesso mallevadore, poiche intale ultima ipotesi il patto di manleva nella sostanza verrebbe a figurare un’esclusione dellaresponsabilita del debitore (manlevato) verso il creditore (mallevadore). Quindi, nel caso incui il mallevadore sollevi pro futuro il mallevato da responsabilita derivante da fatto diquest’ultimo verso lo stesso mallevadore, la manleva potra essere rilasciata soltanto per il

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Nel codice civile e, piu in generale, nell’ordinamento italiano non

esiste una norma regolatrice del contratto (o patto) di manleva (4). Nonesiste, dunque, una tipizzazione dell’istituto della manleva, benche tale

strumento giuridico di trasferimento del danno e degli effetti derivanti

dalla responsabilita civile, tanto contrattuale quanto extracontrattuale,sia ampiamente diffuso nella prassi (5).

Si tratta, quindi, di un contratto atipico, la cui legittimita deve essere

valutata in relazione alla tutela dei principi di legge e di ordine pubblicoche possano eventualmente limitare l’autonomia privata con riguardo a

taluni aspetti di tale convenzione.

Si deve, dunque, verificare se, nel nostro sistema di diritto privato,esistano norme alle quali sia possibile fare riferimento al fine di stabilire le

caso in cui la responsabilita del mallevato sussista per colpa lieve, in applicazione delleprevisioni dell’art. 1229 c.c.

(4) La differenza nominalistica fra contratto di manleva e patto di manleva non importadifferenze di disciplina. Si tratta, dunque, in entrambe le ipotesi, di una convenzione privatavolta a riversare sul mallevadore gli effetti derivanti da un dato evento o fatto a carico delmanlevato. Nell’ipotesi del contratto, usualmente, si avra un testo contrattuale autonomoavente per oggetto la manleva, mentre, invece, nel caso del patto, la manleva sara contenutaall’interno di un testo piu ampio, nel quale convivranno gli elementi essenziali del contrattoai quali accedera la manleva, quale pattuizione accessoria, e il patto di manleva medesimo inesso contenuto.

Quanto, poi, alla disciplina del contratto o patto di manleva, in entrambi i casi,naturalmente, si tratta di un contratto normalmente unilaterale, che, dunque, importa ob-blighi a carico di una sola parte e si perfeziona in assenza di rifiuto del destinatario dellaproposta. Sul punto, si veda infra nel presente capitolo.

(5) Il riconoscimento giuridico dell’autonomia privata costituisce uno dei cardini delnostro sistema normativo, che consente di demandare al giudizio dei singoli la scelta deglistrumenti giuridici ritenuti piu idonei per la regolamentazione dei loro interessi, nel rispettodelle leggi e dei principi dettati dal nostro ordinamento.

A tale proposito, si veda Cass., 8 marzo 1980, n. 1534, in Foro it., 1981, I, p. 2539, perla quale «il patto di manleva costituisce un contratto atipico, onde la sua validita, ai sensidegli art. 1322, 1343 e 1418 c.c., e condizionata al perseguimento di interessi meritevoli ditutela secondo l’ordinamento»; Cass., 30 maggio 2013, n. 13613, in CED Cassazione 2013,per la quale «il contratto o patto di manleva, con il quale si trasferiscono le conseguenzerisarcitorie dell’inadempimento in capo ad altro soggetto che, comunque, garantisce ilcreditore, e un contratto atipico, non disciplinato dall’ordinamento giuridico italiano; dallamanleva scaturisce l’obbligo di tenere indenne il manlevato dalle conseguenze patrimonialidannose di eventi o di atti il cui verificarsi sia del tutto eventuale»; Trib. Milano, ord. 20dicembre 2013, in Societa, 2014, 3, p. 358, per il quale «l’accordo di manleva costituisce uncontratto legalmente atipico (ma socialmente tipico) che puo ritenersi valido solo se ed inquanto persegua interessi meritevoli di tutela».

Sul principio dell’autonomia contrattuale, si veda ALPA e ANDENAS, Fondamenti deldiritto privato europeo, Milano, 2005, p. 359 ss., ove sono svolte interessanti valutazionicomparatistiche fra i sistemi di civil law e quelli di common law.

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condizioni di validita della manleva o, piu in generale, istituti tipici ai quali

poterla assimilare (6).

Innanzitutto, bisogna sgombrare il campo dal dubbio se alla manleva

possa applicarsi l’art. 1229, comma 1, c.c. in tema di nullita dei patti di

esonero da responsabilita (7).

A tale proposito, mi sembra che il contratto di manleva non esser fatto

rientrare nel divieto posto dall’art. 1229 c.c., in quanto il trasferimento su

altri degli oneri patrimoniali che sarebbero a carico del debitore non lede

affatto le ragioni del creditore, il quale non vede diminuita la sua tutela,

potendo agire in ogni momento verso il debitore. In questa maniera non si

crea alcuna forma di irresponsabilita, riversandosi semplicemente le con-

seguenze patrimoniali del danno su un soggetto diverso dall’autore e

(6) In tema di tipicita e atipicita dei contratti, si veda DE NOVA, Il tipo contrattuale,Padova, 1974, ristampa 2014; GAZZONI, Atipicita del contratto, giuridicita del vincolo efunzionalizzazione degli interessi, in Riv. dir. civ., 1978; COSTANZA, Il contratto Atipico,Milano, 1981; DATTILO, Tipicita e realta nel diritto dei contratti, in Riv. dir. civ., 1984, I,p. 772.

(7) L’art. 1229 c.c. stabilisce che «e nullo qualsiasi patto che esclude o limita preven-tivamente la responsabilita del debitore per dolo o per colpa grave. E nullo altresı qualsiasipatto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilita per i casi in cui il fatto deldebitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordinepubblico».

Tale norma si applica anche in tema di responsabilita extracontrattuale, essendo ormaistata superata la vecchia teoria di origine francese per la quale erano sempre nulli i patti diesonero da responsabilita extracontrattuale, ritenendosi che tutto il sistema dell’illiceitacivile dovesse essere sottratto all’autonomia privata per ragioni di ordine pubblico, allastregua del sistema penale. Sono, infatti, numerosi i casi in cui essa viene applicata, siaper i casi di responsabilita contrattuale, ai quali e diretta per sua natura, sia per casi diresponsabilita extracontrattuale, sia per casi omnicomprensivi, relativi dunque ad ipotesi didanni derivanti da responsabilita contrattuale e da responsabilita extracontrattuale, per fattio atti connessi alle attivita derivanti o connesse al rapporto contrattuale. Nel sistema tedescoe nei sistemi di common law, nei quali un principio generale cosı ampio non e affermato, leclausole di esonero da responsabilita sono nulle soltanto in caso di dolo, ovvero in caso dicolpa grave quando intervengono fra soggetti considerati consumatori. Si e osservato, infatti,in Germania che il principio della validita dei patti di esonero anche per colpa grave nonpuo essere accettato, quando essi sono inclusi nelle condizioni generali di contratto predi-sposte da imprese monopolistiche o che comunque si trovino di fatto in una situazione diprevalente forza economica. Successivamente, la giurisprudenza tedesca ha rilevato che leclausole di esonero da responsabilita producono conseguenze dannose anche quando sonoimposte da imprese non monopolistiche, disponendone la nullita anche in questi casi per ilpregiudizio che esse arrecano agli utenti e ai consumatori. Pertanto, accanto alla norma percui soltanto in caso di dolo e nullo il patto di esonero, nel 1978 e stata codificata, nei par. 9 e11, n. 7 e 8 AGBG, la norma per cui ogni clausola di esonero inserita nelle condizionigenerali di contratto deve essere valutata alla stregua del buon costume, della buona fede odell’equo apprezzamento. Sul punto di veda BENATTI, Clausole di esonero dalla responsabi-lita, in Dig., disc. priv., sez. civ., Torino, 1988, II, p. 397 ss.; PONZANELLI, Le clausole diesonero dalla responsabilita civile – Studio di diritto comparato, Milano, 1984.

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quindi non pregiudicandosi, in alcun modo, il diritto del danneggiato ad

un completo risarcimento (fatto salvo, tuttavia, quanto indicato nella nt. 3,

supra, con riguardo all’ipotesi in cui il mallevadore sollevi pro futuro il

mallevato da responsabilita derivante da fatto di quest’ultimo verso lo

stesso mallevadore).

In effetti, la ratio del divieto stabilito dall’art. 1229 c.c. consiste essen-

zialmente nella tutela del creditore, al fine di evitare che possa crearsi

un’alterazione dell’equilibrio contrattuale fra le parti a svantaggio del con-

traente debole, o allo scopo di indurre la parte debitrice a prestare un

minimo di impegno e di diligenza nell’esecuzione dell’obbligazione. O

ancora, la ragion d’essere della norma e stata individuata nell’immoralita

del patto oppure nella contrarieta al concetto di buona fede (8).

Tutte ragioni, queste, che non sussistono affatto nell’ipotesi dei con-

tratti di manleva (ad eccezione di quanto anzi indicato in merito alla

manleva operante in ipotesi di responsabilita derivante da fatto del mal-

levato verso il mallevadore).

Deve, dunque, ritenersi, sotto il profilo dell’applicazione dell’art. 1229

c.c., che il contratto di manleva sia assolutamente valido (9).

(8) Sul punto si veda BENATTI, op. cit., p. 397 ss; ALPA, Costruzione di autoveicoli,clausole di esonero e responsabilita dell’impresa. Per una diversa lettura dell’articolo 2054,ultimo comma, codice civile, in Giur. it., 1975, I, p. 751 ss.

(9) Fra l’esigua giurisprudenza, si veda Cass., 18 maggio 1954, n. 1580 in Foro it., 1955,I, p. 1701 e in Casi e questioni di diritto privato. Materiali didattici, a cura di Bessone,Genova, 1973, p. 334, nella quale si precisa che e valido il patto di esonero se questo vale atrasferire il rischio da un soggetto ad altri, senza tuttavia privare del risarcimento la vittima.Si veda, inoltre, Cass., 8 marzo 1980, n. 1543 cit., per la quale «il divieto sancito dall’art.1229 c.c. di stipulare patti preventivi di irresponsabilita trova la sua “ratio” nell’esigenza dinon consentire la indiretta acquiescenza alla violazione di norme fondamentali per la con-vivenza sociale e di eliminare una remora alla colpa grave e al dolo. Tuttavia, detto divieto,essendo limitato dal generale principio dell’autonomia negoziale, non si estende ai patti con iquali si convenga il trasferimento ad altri dell’incidenza economica del danno, in quanto, intale ipotesi, il patto non determina alcuna forma di irresponsabilita, ma riversa soltanto su diun altro soggetto le conseguenze patrimoniali dell’illecito, senza violare il diritto del dan-neggiato. (Nella specie, la S. C. alla stregua del principio di cui in massima, ha ritenuto chenon e vietata dall’art. 1229 c.c. la clausola di manleva con cui l’amministrazione delle FF.SS.,pur lasciando ferma la sua responsabilita verso i dipendenti dell’appaltatore dei lavori daessa commessi per danni o infortuni occorsi nella prestazione dei lavori oggetto dell’appalto,a causa dell’esercizio ferroviario o per qualsiasi altro motivo, abbia riversato sullo stessoappaltatore gli oneri derivanti dalla propria responsabilita)». Ancora, si veda Cass., 23gennaio 1982, n. 462, in Giur. it. 1982, I, 1, p. 472, per la quale «questo patto (la manleva)non incorre nella sanzione di nullita prevista dall’art. 1229 c.c., il quale si riferisce al diversocaso dell’esonero della responsabilita nel rapporto con il creditore, mentre non preclude unaregolamentazione convenzionale degli effetti patrimoniali dell’illecito, senza pregiudizio deldanneggiato»; Cass., 21 novembre 1988, n. 6267, cit. in nt. 1 supra. Piu recentemente, siveda Cass., 2 maggio 1998, n. 2265 in Giust. civ. Mass. 1998 n. 478, per la quale «il patto di

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Quanto, poi, alla ricerca di profili di similarita della manleva con

figure giuridiche tipiche, mi sembra che essa abbia una struttura piuttosto

simile a quella dell’accollo, l’accordo fra debitore e terzo in base al quale

manleva realizza un obbligo a carico del mallevadore, che consiste nel sollevare altri dalleconseguenze del fatto dannoso»; Cass., 17 dicembre 2001, n. 15891 in Giur. it., 2002, p.2166, per la quale «in particolare la Ferrovie dello Stato sostiene che il patto di “manleva”(con cui la Elettromeccanica Parizzi si era obbligata a garantire la Ferrovie dello Stato per laresponsabilita civile inerente ad eventuali danni che i tecnici della prima societa potesserosubire in occasione del loro trasporto sulla motrice della seconda societa) avrebbe dovutoritenersi pienamente valido perche non corrispondeva alla ipotesi prevista dall’art. 1229 c.c.,in quanto non comportava l’esonero della Ferrovie dello Stato da responsabilita per ina-dempimento del contratto di trasporto dei tecnici, ma soltanto il trasferimento alla garanteElettromeccanica Parizzi degli oneri economici conseguenti alla eventuale responsabilitadella garantita Ferrovie dello Stato. Lamenta, quindi, che la Corte di merito abbia, invece,ritenuto la nullita del patto ai sensi dell’art. 1229 c.c., ravvisandovi erroneamente unapreventiva ed illecita limitazione della responsabilita della societa ferroviaria. La doglianzae fondata. Costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimita quelloper cui non puo ritenersi vietata dall’art. 1229 c.c., ed e, quindi, valida, la cosiddetta“clausola di manleva”, normalmente inserita nei contratti di appalto o di concessione dilavori e servizi per la Ferrovie dello Stato, con la quale, lasciando ferma la responsabilitadell’Amministrazione verso i dipendenti dell’appaltatore o del concessionario danneggiatidal fatto colposo dell’Amministrazione stessa, si consenta, tuttavia, a questa di riversare –come nella specie – su altri, ed anche sullo stesso appaltatore o concessionario, gli oneriderivanti dalla propria responsabilita, a condizione, peraltro, che il terzo assuntore di talioneri vi abbia un interesse, in difetto del quale il patto sarebbe nullo per mancanza o illiceitadella causa (Cass., 7 aprile 1976, n. 1213; Cass., 8 marzo 1980, n. 1543; Cass., 6 agosto 1974,n. 2348; Cass., 15 dicembre 1980, n. 6489;Cass., 13 maggio 1977, n. 1896; Cass., 26 giugno1973, n. 1853). Nel caso in esame l’interesse alla stipulazione del patto di manleva, espres-samente e contestualmente dichiarato dalla garante Elettromeccanica Parizzi, e stato, altresı,ritenuto sussistente dalla Corte territoriale, che lo ha fatto corrispondere alla necessita dellagarante di portare a compimento il collaudo dell’apparecchiatura meccanica di sua produ-zione, onde poter adempiere alla obbligazione assunta al riguardo nei confronti della societaappaltante».

Per una analisi dell’istituto della manleva, si veda anche CORRIAS, voce Manleva (pattodi), in Enc. Giur. Treccani, Aggiornamento, Roma, 2008, p. 1 ss.; ADRIANO, Patti di manlevae circolazione del costo del danno, Padova, 2012, la quale, tra l’altro, osserva correttamenteche «un patto di manleva trilatero (al quale partecipi, dunque, anche il creditore danneg-giato) sarebbe elusivo del divieto codicistico e dunque affetto da nullita. (…) L’accordotrilatero vede il creditore, o il potenziale danneggiato, aderire ad una convenzione di man-leva. Cosı facendo il creditore o il potenziale danneggiato, rinuncia, anche implicitamente,alle azioni che secondo i criteri ordinari gli competono verso il debitore danneggiante. Taleaccordo contiene invero due distinte e reciprocamente autonome convenzioni, delle qualil’una intercorrente tra debitore danneggiante e terzo mallevadore e l’altra intercorrente tracreditore danneggiato e manlevato. Ebbene, questa seconda convenzione sarebbe nulla seprevista anche in riferimento ad ipotesi di dolo o colpa grave del debitore danneggiante, oad ipotesi di violazione di norme di ordine pubblico. Essa contiene infatti un vero e propriopatto di esclusione della responsabilita» (p. 19). Quanto ai rapporti tra mallevadore, man-levato e creditore danneggiato, e interessante notare che quest’ultimo puo rivolgersi almallevadore in via surrogatoria, qualora il debitore principale non adempia alla propriaobbligazione e trascuri di agire in rivalsa (si veda ADRIANO, op. cit., p. 33).

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quest’ultimo assume su di se l’obbligazione di tenere indenne il debitore

originario dal peso della prestazione (10).

Piu precisamente, puo riscontrarsi una certa somiglianza con l’accollo

c.d. interno, con efficacia, dunque, limitata tra debitore e terzo accollante.

In funzione di tale accordo, il terzo accollante adempie nei confronti del

creditore ad un obbligo altrui (l’obbligo del debitore), senza che all’accollo

aderisca il creditore, il quale, pertanto, rimane del tutto estraneo al rap-

porto tra debitore e terzo.

Diverse sembrano, invece, le ipotesi nelle quali il creditore aderisce

all’accordo fra debitore e terzo, rendendolo cosı irrevocabile, (c.d. accollo

esterno).

Qui, a sua volta, si distinguono l’accollo cumulativo, nel quale il de-

bitore e il terzo accollante rimangono responsabili in solido verso il cre-

ditore, e l’accollo liberatorio, nel quale il creditore dichiara espressamente

di liberare il debitore, rimanendo, pertanto, il terzo accollante quale unico

soggetto responsabile nei confronti del creditore (11).

A ben guardare, tuttavia, pur in presenza di elementi di contatto tra la

manleva e l’accollo, mi sembra che sussista una differenza sostanziale fra le

due fattispecie.

La manleva determina, quale conseguenza di essa, l’accollo del debito

di un altro soggetto, senza che sia necessario che le parti indichino a

priori il debito stesso ed il suo ammontare o che quest’ultimo sia comun-

que determinabile per relationem (12).

(10) L’accollo e regolato dall’art. 1273 c.c., per il quale «se il debitore e un terzoconvengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore puo aderire alla convenzione,rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore. L’adesione del creditore importa libera-zione del debitore originario solo se cio costituisce condizione espressa della stipulazione ose il creditore dichiara espressamente di liberarlo. Se non vi e liberazione del debitore, questirimane obbligato in solido col terzo. In ogni caso il terzo e obbligato verso il creditore cheha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e puo opporre al creditore leeccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione e avvenuta».

(11) In tema di accollo si veda P. RESCIGNO, Accollo, in Digesto, disc. priv., sez. civ., I,Torino, 1987, p. 40 ss.

Con riguardo, inoltre, alla natura giuridica dell’accollo, esso, qualora non sia previstoun corrispettivo, configura un tipico esempio di c.d. contratto unilaterale, che prevedeobblighi a carico del solo proponente e si perfeziona dunque mediante la semplice propostaunilaterale dell’accollante, in assenza di rifiuto del destinatario. L’eventuale accettazione deldebitore, pertanto, non aggiunge alcunche alla dichiarazione del terzo, che, nel silenzio delpromissario, gia di per se configura un valido contratto di accollo (sul contratto unilateralee, in particolare, sull’accollo quale figura di contratto a formazione unilaterale, si vedaSACCO, in Obbligazioni e contratti, a cura di Sacco e De Nova in Tratt. dir. priv., direttoda Rescigno, Torino, 1995, II, 10, p. 23 ss.).

(12) Come si vedra infra nel paragrafo 4 del presente capitolo, nella manleva sara

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Viceversa, in ipotesi di accollo, e necessario che le parti indichino il

rapporto da cui puo nascere il debito e che sia possibile determinare

l’ammontare del debito stesso. E nemmeno potrebbe invocarsi una somi-

glianza con la figura dell’accollo di debito futuro (13), poiche anch’essa ha

per oggetto debiti che, pur essendo futuri ed eventuali, devono comunque

essere quantificabili nel loro ammontare (14).

Oltre a quanto detto, poi, non puo non tenersi in considerazione la

sostanziale differenza esistente tra la funzione di garanzia che connota la

natura giuridica della manleva e la diversa funzione solutoria che caratte-

rizza, invece, la figura dell’accollo.

Anche altre figure simili all’accollo, quali l’espromissione e la delega-

zione di pagamento (entrambi, peraltro, aventi funzione solutoria), oppure

anche la fideiussione, presentano caratteristiche diverse rispetto alla man-

leva. Nell’espromissione, infatti, il rapporto interviene fra il terzo ed il

creditore, nella delegazione di pagamento, il debitore conferisce incarico

al terzo, il quale dunque non agisce spontaneamente, e nella fideiussione, il

rapporto intercorre, ancora, fra terzo e creditore (15).

sufficiente che le parti indichino gli atti o i fatti dai quali possa sorgere la responsabilita delmallevato e un ammontare massimo, quale tetto soglia oltre il quale il mallevadore non e piuobbligato verso il mallevato stesso. E di tutta evidenza che una cosa e l’esistenza di unammontare massimo entro il quale sia operativa la manleva e un’altra cosa e l’indicazione ola prevedibilita della somma a debito oggetto di accollo.

(13) In senso contrario si veda PICONE, L’assunzione del debito da parte della societanella nuova disciplina delle sanzioni amministrative, in Riv. dir. civ., 1999, II, p. 27 ss., ilquale ritiene che la manleva non configuri una pattuizione atipica, bensı rientri nella figuratipica dell’accollo di debito altrui, costituendo, piu precisamente, un accollo interno didebito futuro.

(14) Sull’ammissibilita dell’accollo di debito futuro, si veda Cass., 3 febbraio 1994, n.7831, in Banca, borsa, tit. cred., 1995, II, p. 580, per la quale «non contrasta con gli artt.1346 e 1348 c.c. e deve, pertanto, ritenersi lecito ed ammissibile l’accollo di un debitofuturo, come dimostrato dalla validita della fideiussione per debito futuro».

La giurisprudenza piu risalente, tuttavia, non ammetteva la figura dell’accollo di debitofuturo, riconoscendo semmai la figura del contratto preliminare di accollo. Si veda Cass., 5aprile 1966, n. 881, in Giust. civ., 1967, I, p. 1155; Cass., 9 dicembre 1974, n. 4109, in Foroit., 1975, I, p. 1141; inoltre, in maniera contraddittoria, Cass., 8 settembre 1988, n. 5102, inMass. Giust. civ., 1988, p. 1232, per la quale «la convenzione con la quale un soggetto siimpegna ad assumere i futuri eventuali debiti altrui costituisce un negozio preliminare diaccollo in cui la prestazione dedotta e rappresentata dall’obbligo di accollarsi il debito,mentre l’accollo effettivo costituisce esecuzione della prestazione stessa. Tale convenzione,sempre che sussista il rapporto sottostante al momento della scadenza (ancorche non almomento della stipulazione) non si pone in contrasto con l’art. 1273 da cui non puodesumersi il divieto di accollo di un debito futuro».

(15) Si vedano rispettivamente, gli articoli 1268 c.c. «Delegazione cumulativa» e 1269c.c. «Delegazione di pagamento», 1272 c.c. «Espromissione» e 1936 c.c. «Nozione» dellafideiussione.

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In quest’ultimo caso, inoltre, il garante ha sempre azione di rivalsa nei

confronti del garantito, subentrando anche nelle garanzie che il creditore

aveva verso il debitore inadempiente anche quando, come accade nelle

fideiussioni omnibus o nei contratti autonomi di garanzia, non vi e acces-

sorieta tra obbligazioni del garante e obbligazione del garantito.

Delle analogie esistono, infine, con il contratto di assicurazione, che

ha, tuttavia, struttura giuridica e causa ben diversa da quelle del contratto

di manleva.

La causa giuridica del contratto di assicurazione, infatti, consiste nel

soddisfare il bisogno attuale dell’assicurato di poter far fronte a quei

bisogni che eventualmente saranno provocati dal verificarsi di un evento

incerto e non specificamente individuato, ne individuabile al momento

della conclusione del contratto, mentre, come abbiamo visto, la causa

del contratto di manleva consiste nel riversare sul mallevadore gli effetti

dannosi derivanti a carico del mallevato sia da eventi di futuro accadimen-

to sia da eventi gia verificatisi (16), in presenza di un interesse patrimoniale

del mallevadore medesimo (17).

Inoltre, pur potendosi ammettere in astratto contratti di assicurazione

fra privati, normalmente l’assicurazione intercorre fra un privato (assicu-

rato) ed una societa assicuratrice soggetta al controllo dell’IVASS (18),

Vedremo, tuttavia, che alla manleva deve ritenersi applicabile il principio dettatodall’art. 1938 c.c. in tema di fideiussione prestata per un’obbligazione futura (si veda infra,paragr. 4).

(16) In ipotesi di manleva per responsabilita derivante da un evento incerto (che nonsia, tuttavia, indeterminato o indeterminabile, giacche in tali ipotesi la manleva non sarebbevalida), si tratterebbe essenzialmente di una forma di assicurazione (fra privati). In tale caso,trattandosi di una pattuizione aleatoria, ritengo che questa debba soggiacere alla disciplinaprevista per i contratti aleatori e, in particolare, non mi pare che possano applicarsi ilrimedio della rescissione per lesione (si veda l’art. 1448, comma 4 c.c.) e quello dellarisoluzione per eccessiva onerosita sopravvenuta (si veda l’art. 1469 c.c.). Cio, evidentemen-te, anche in considerazione della neutralizzazione di tale norma in funzione della necessariaprevisione del tetto massimo garantito, in applicazione del principio posto dall’art. 1938 c.c.(si veda sul punto il paragr. 4 infra).

(17) Su natura e funzione del contratto di assicurazione, si veda SANTORO PASSARELLI,Variazioni sul contratto di assicurazione, in Assic. 1975, I, p. 205. Dopo l’introduzione delCodice delle assicurazioni private (d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209), si veda DONATI e VOLPE

PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, Milano, 2006, p. 109. Per una visionecompleta delle nuove norme che regolano il fenomeno dell’assicurazione, si veda ALPA,Le assicurazioni private, Torino, 2006.

(18) L’IVASS e succeduto all’ISVAP dal 1˚ gennaio 2013. L’ISVAP (Istituto per lavigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) era stato istituito con la l. 12agosto 1982 n, 576. L’istituzione dell’IVASS, ai sensi del d. l. 6 luglio 2012 n. 95 (Dispo-sizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini)convertito con l. 7 agosto 2012 n. 135, e stata disposta con il fine di assicurare la piena

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determinandosi cosı una rilevanza pubblicistica del contratto in questione

ed un rilievo «causale» della societa assicuratrice, la cui funzione consiste

nel consentire l’inserzione dei singoli rischi assunti dall’assicuratore in una

massa di rischi omogenei (19). Da cio discende, da un lato, la possibilita di

un calcolo statistico del premio e, dall’altro lato, la neutralizzazione del

rischio inerente ad ogni singolo contratto, garanzia indispensabile affinche

il rischio dell’assicurato non sia rimpiazzato dal rischio di insolvenza del-

l’assicuratore.

Senza considerare, infine, l’ulteriore rilevanza causale del premio assi-

curativo, il cui pagamento anticipato (prima della produzione dell’evento

assicurato) costituisce un presupposto essenziale per l’efficacia della co-

pertura assicurativa. Principio questo che trova la sua giustificazione nel

fatto che e dalla massa dei premi pagati dagli assicurati che l’assicuratore

trae le somme necessarie per far fronte alle prestazioni dovute a coloro nei

confronti dei quali si verifica l’evento. Il pagamento anticipato garantisce,

dunque, la disponibilita di queste somme e quindi il regolare adempimen-

to degli obblighi assunti dall’assicuratore (20).

2. – Occorre ora individuare se vi siano dei limiti di ordine pubblico

alla ammissibilita nel nostro ordinamento dei contratti atipici di manleva.

In altri termini, occorre verificare se vi siano delle norme cogenti o dei

principi generali del nostro sistema di diritto privato, inderogabili, la vio-

lazione dei quali costituisca un limite alla validita della manleva.

Quanto alla violazione di norme cogenti, occorre che le norme violate

siano regole imperative, contenenti, dunque, un comando o divieto asso-

luto, posto a tutela di un interesse generale. Comando o divieto assoluto

integrazione dell’attivita di vigilanza assicurativa attraverso un piu stretto collegamento conquella bancaria. L’IVASS e presieduto dal Direttore Generale della Banca d’Italia e operasulla base di principi di autonomia organizzativa, finanziaria e contabile, oltre che di tra-sparenza ed economicita, per garantire la stabilita e il buon funzionamento del sistemaassicurativo e la tutela dei consumatori. Le assicurazioni sociali seguono naturalmente un’al-tra disciplina.

(19) Sulla nullita del contratto concluso da impresa non autorizzata, si veda l’art. 167del d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private), in base al quale «enullo il contratto di assicurazione stipulato con un’impresa non autorizzata o con un’impresaalla quale sia fatto divieto di assumere nuovi affari. La nullita puo essere fatta valere solo dalcontraente o dall’assicurato. La pronuncia di nullita obbliga alla restituzione dei premipagati. In ogni caso non sono ripetibili gli indennizzi e le somme eventualmente corrisposteo dovute dall’impresa agli assicurati ed agli altri aventi diritto a prestazioni assicurative».

(20) Mediante la realizzazione della comunione dei rischi tra tutti gli assicurati vienegarantita a questi ultimi la solvibilita dell’impresa assicuratrice. Da qui, inoltre, la necessariaonerosita del contratto stipulato dall’impresa di assicurazioni.

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che, proprio perche posti a tutela di un interesse generale, non ammettono

eccezioni o esoneri, sia per disposizione di parte sia per previsione dilegge (21).

Con riguardo, invece, alla violazione di principi generali, si pensi alla

disapplicazione di principi che si fondano su regole scritte e che consen-tono (e impongono) un’applicazione di quest’ultime anche a casi diversi da

quelli espressamente contemplati dalle specifiche norme imperative (22)

ovvero alla violazione di principi generali metagiuridici che costituiscono ilfondamento di istituti o la base di regole operative per determinati set-

tori (23).

Cio detto, si puo ragionevolmente affermare che la funzione preventi-va o di coazione psicologica immanente alle norme imperative e ai principi

generali inderogabili del nostro ordinamento verrebbe meno (soltanto) se

la manleva tenesse indenne l’autore in ipotesi di violazione dolosa.In tale caso, infatti, mediante la manleva potrebbero coprirsi le con-

seguenze patrimoniali di illeciti civili, penali o amministrativi e verrebbe

meno la funzione (sociale) di deterrente psicologico propria della normache induce a non violare la legge anche per il timore di conseguenze

patrimoniali.

A ben vedere, il principio che sia contraria all’ordine pubblico solo lamanleva volta a tenere indenne una parte da danni conseguenti a suoi

comportamenti dolosi (o collegati a illeciti dolosi), si puo desumere, del

(21) Si veda in argomento Cass., 4 dicembre 1982 n. 6601, in Giust. civ.,1983, I, p.1178, per la quale «ai fini di cui all’art. 1418 c.c., le norme contenenti un divieto, anche sesanzionato penalmente, possono essere considerate imperative, in difetto di una espressasanzione civilistica di invalidita, soltanto se dirette alla tutela di un interesse pubblicogenerale, la quale (salvi i casi in cui sia reso manifesto dalla lettera della norma) e ravvisabilese il divieto ha carattere assoluto, senza possibilita di esenzione dalla sua osservanza peralcuni dei destinatari della norma».

(22) Si pensi ai principi fondanti l’istituto del patto commissorio, ritenuti unanimemen-te applicabili non solo ai patti commissori in senso tecnico, ma a tutte le alienazioni a scopodi garanzia nelle quali non sia controllabile il rapporto tra ammontare del credito e valoredel bene garantito. Si veda in argomento CARNEVALI, voce Patto commissorio, in Enc. dir.,XXXII, Milano, 1982, p. 502 ss.; MARICONDA, Trasferimenti commissori e principio di cau-salita, Foro it., 1989, I, p. 1437; DE NOVA, Nuovi contratti, Torino, 1994, p. 299; DI PAOLO,Patto commissorio, in Digesto, disc. priv., Torino, 1995, p. 309 ss; LUMINOSO, I contratti tipicie atipici, in Tratt. dir. priv. a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1995, p. 421.

(23) Si pensi al principio del numero chiuso dei diritti reali, alla tipicita dei contrattiassociativi o dei negozi che regolano i rapporti patrimoniali fra coniugi, ai contratti chelimitano la circolazione di beni o le liberta contrattuali.

Per un interessante richiamo della giurisprudenza piu significativa in materia di ordinepubblico, si veda ALPA e GAGGERO, Profili istituzionali del diritto privato, Padova, 2006,p. 147.

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resto, anche da altre norme del nostro sistema giuridico fondate su prin-

cipi di ordine pubblico. Si pensi, ad esempio, alle norme sull’assicurazione

(istituto affine, come abbiamo visto, al contratto di manleva), in base alle

quali soltanto il comportamento doloso non da luogo all’indennizzo (24).

A tale riguardo, si consideri, inoltre, che nei sistemi di common law si

afferma da tempo che i patti che escludono la responsabilita ed i contratti

di manleva siano nulli soltanto se la responsabilita derivi da comportamen-

to doloso (25).

Potra, dunque, concludersi validamente un contratto di manleva in

tutti i casi nei quali un soggetto (manlevato) riversi su un altro soggetto

(mallevadore) i danni o le responsabilita conseguenti ad azioni colpose o

gravemente colpose del manlevato stesso. Rimarra invece esclusa la possi-

bilita di concludere una valida manleva qualora la responsabilita del sog-

getto manlevato sia stata causata da un comportamento doloso di que-

st’ultimo (fermo sempre quanto osservato nella nota 3 supra in relazione al

possibile contrasto con i principi dettati nell’art. 1229 c.c.) (26).

Cio posto, si segnala, in ultimo, la necessita di verificare se le consi-

derazioni sopra svolte possano applicarsi anche con riguardo alla manleva

(24) Nell’assicurazione e previsto l’indennizzo anche per il caso di colpa grave. L’art.1917, primo comma c.c., infatti, prevede che «nell’assicurazione della responsabilita civilel’assicuratore e obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza delfatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenzadella responsabilita dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi».

(25) Si veda FRIGNANI, Il leveraged buy out nel sistema del diritto italiano, in Giur.comm., 1989, I, 3, p. 419.

(26) Nell’ipotesi in cui il fatto doloso sia posto in essere dall’ausiliario del manlevato, sideve ritenere che la manleva del rischio derivante da tale fatto doloso sia comunque valida.Anche in tale caso ritengo che debba farsi applicazione analogica della disciplina dettata intema di assicurazione e, segnatamente, dell’art. 1900, secondo comma c.c., per il quale«l’assicuratore e obbligato per il sinistro cagionato da dolo o da colpa grave delle personedel fatto delle quali l’assicurato deve rispondere». Da un punto di vista sistematico, occorre,poi, osservare che l’art. 1917 c.c., nell’escludere dall’assicurazione i danni derivanti da fattidolosi, esclude soltanto i danni causati dal fatto dell’assicurato e non effettua alcuna esclu-sione dei fatti dolosi commessi dagli ausiliari, con cio dandosi conferma alla previsionecontenuta nell’art. 1900, secondo comma c.c. anzidetto.

In argomento si veda ASQUINI, Il dolo dei dipendenti dell’assicurato nella assicurazionedella responsabilita civile, in Assic., 1959, p. 264; BOTTIGLIERI, Dell’assicurazione contro idanni, Artt. 1904-1918, in Il c.c. Comm. fondato da Schlesinger, continuato da Busnelli,Milano, 2010, p. 268 ss.

Si veda, poi, PICCIAU, Sulla validita dei patti parasociali di rinunzia all’azione di respon-sabilita e manleva nella S.p.a., in Riv. soc., 2016, p. 282 ss. (paragr. 13), per il quale deveritenersi ammissibile la manleva diretta a tenere indenne da danni o responsabilita conse-guenti ad azioni dolose gia compiute e «cio per l’intuitiva ragione che la condotta appartieneal passato e non vi e quindi alcuna possibilita per il garantito di influire sull’entita dellaprestazione del manlevante».

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diretta a coprire le conseguenze patrimoniali di illeciti (e/o sanzioni) penali

o amministrativi.Per quanto riguarda la violazione di norme penali, si sottolinea che

devono ritenersi applicabili i criteri sopra menzionati, per i quali la man-

leva deve ritenersi invalida soltanto qualora la responsabilita del soggettomanlevato sia stata causata da un comportamento doloso di quest’ultimo.

Con riguardo, invece, alla violazione di norme amministrative, occorre

considerare che, in applicazione analogica della normativa secondaria cheregola il settore dell’attivita assicurativa, non sembra ammissibile nessuna

forma di manleva volta alla copertura dei rischi connessi all’irrogazione di

sanzioni amministrative pecuniarie (27). Cio in quanto un tale accordo dimanleva svuoterebbe di contenuto il potere di reazione delle Amministra-

zioni pubbliche verso gli illeciti amministrativi previsto da disposizioni a

tutela dell’interesse pubblico e, quindi, da ricondurre tra i motivi di inte-resse generale rilevanti a livello comunitario. Pertanto, deve ritenersi che

un qualsiasi accordo di manleva che sollevi il manlevato dal pregiudizio

economico costituito dall’applicazione a proprio carico di sanzioni ammi-nistrative pecuniarie sia da considerare quale avente una causa illecita per

contrarieta all’ordine pubblico e, quindi, nullo in base alle disposizioni

dell’art. 1418 c.c. (28).

(27) Si veda l’art. 12 del d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle AssicurazioniPrivate), per il quale «sono vietate (…) le assicurazioni che hanno per oggetto il trasferi-mento del rischio di pagamento delle sanzioni amministrative (…)».

Si veda anche l’art. 4, comma 3 del Regolamento dell’ISVAP (ora IVASS) n. 29 del 16marzo 2009, per il quale «non e assicurabile il rischio relativo al pagamento di una sanzioneamministrativa anche nel caso di accollo da parte di un Ente della somma corrispondentealla sanzione comminata all’autore dell’illecito, quando l’Ente rinuncia alla rivalsa nei con-fronti del responsabile stesso».

(28) Con specifico riguardo ai rapporti tra societa e amministratori, non sembrano,invece, sussistere elementi ostativi alla stipulazione di accordi di manleva (o contratti diassicurazione) per il caso in cui l’amministratore autore dell’illecito risulti insolvente e nonadempia all’obbligo di corrispondere alla societa la somma di denaro ad essa dovuta inconseguenza dell’esercizio del diritto di regresso.

In effetti, in tale ipotesi il peso economico derivante dalla sanzione amministrativapermane in capo al soggetto obbligato per legge e la societa pone semplicemente in esseredelle misure di salvaguardia per la realizzazione di un credito del quale la stessa e legittimatitolare. Viceversa, non sarebbe ammissibile una manleva a favore dell’amministratore voltaa coprire le conseguenze patrimoniali dell’esercizio del diritto di regresso verso lo stessoamministratore da parte della societa civilmente obbligata al pagamento della sanzioneamministrativa pecuniaria, giacche in tale ipotesi si verificherebbe comunque quella trasla-zione dell’onere economico connesso alla sanzione amministrativa pecuniaria, che, come giaanticipato, comporta la nullita del contratto per illiceita della causa.

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Occorre, peraltro, considerare che alla regolamentazione del settore

assicurativo anzidetta, fanno eccezione le norme poste in materia fiscale, in

base alle quali «per i casi di violazione commessi senza dolo o colpa grave,

la persona fisica, la societa, l’associazione o l’ente indicati nel comma 1

possono assumere il debito dell’autore della violazione» (29).

Infine, mi pare utile osservare che sembrano ammissibili gli accordi di

manleva (a favore di professionisti o societa di servizi) volti alla copertura

della responsabilita civile di danni indennizzabili conseguenti ad azioni di

rivalsa esperite da clienti o utenti in ordine a sanzioni amministrative a

questi irrogate in conseguenza di errori commessi dal professionista o dalla

societa di servizi di cui essi si sono avvalsi; cio sempreche non ricorra alcun

obbligo di solidarieta nel pagamento della sanzione tra il prestatore del

servizio ed il cliente o utente dello stesso.

3. – Come per tutti i contratti, sia tipici sia atipici, anche nel caso del

contratto di manleva, affinche esso sia valido, e necessario che vi sia una

causa, una contropartita alle obbligazioni assunte dal soggetto che si ob-

bliga a manlevare. Deve sussistere, dunque, una ragione pratica, un inte-

resse concreto che il contratto di manleva sia diretto a soddisfare, tale da

giustificare legittimamente l’assunzione di obblighi da parte del soggetto

mallevadore (30).

(29) Si veda l’art. 11, comma 6, del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, come successi-vamente modificato.

(30) Per una ricostruzione della nozione di causa quale ragione pratica del contratto, siveda BIANCA, Diritto civile, Milano, 1984, III, p. 419, il quale si discosta dall’orientamento,accolto anche nella Relazione al Codice Civile, in base al quale «la causa richiesta dal dirittonon e lo scopo soggettivo, qualunque esso sia, perseguito dal contraente nel caso concreto,ma e la funzione economico sociale che il diritto riconosce rilevante ai suoi fini e che solagiustifica l’autonomia privata» (Relazione al Codice Civile, n. 613).

In effetti, sembra che la riconduzione del trattamento del contenuto contrattuale allaconcretezza dell’assetto di interessi convenuto fra le parti consenta di apprezzare il contrattonella sua funzione di regola di interessi privati, ossia di valutare appieno il complesso dellefinalita perseguite dai contraenti, risultato che ben difficilmente potrebbe raggiungersi ope-rando esclusivamente attraverso lo schema della funzione economico-sociale astrattamenteespressa (si veda CARRESI, Il contratto, in Tratt. dir. civ. comm., gia diretto da Cicu eMessineo, continuato da Mengoni, Milano, 1987, XXI, 1, p. 251). Cio che vale maggior-mente nel caso di contratti atipici, come il contratto di manleva, ossia di pattuizioni che nonrientrano negli schemi degli istituti tipici previsti dal legislatore.

Sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti ai fini della validita dell’elemen-to causale del contratto, si veda SACCO, Il contratto, I, in Tratt. dir. civ., diretto da Sacco,Torino, 1993, p. 692. Sulla causa (ragione giustificativa) della manleva si veda CORRIAS, op.cit., p. 4; ADRIANO, op. cit., p. 47 ss.

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Per quanto il contratto di manleva normalmente non sia caratterizzato

dalla presenza di una controprestazione in denaro o altra utilita che si

contrapponga alla prestazione del mallevadore consistente nell’assunzione

dell’impegno a tenere indenne il manlevato, risulta, tuttavia, difficile ri-

scontrare in tale strumento giuridico una causa di liberalita, il c.d. animus

donandi (31).

Peraltro, a parte le difficolta di qualificazione della manleva alla stre-

gua della donazione in ragione della mancanza dei requisiti tipici della

causa donativa, ulteriori problemi deriverebbero dalla violazione dei prin-

cipi relativi al divieto di donazione di beni futuri, alla invalidita della

promessa di donazione e alla necessita che l’oggetto della donazione sia

determinato (32).

Verificata, dunque, l’impossibilita di configurare il contratto di man-

leva quale atto di liberalita, si puo ragionevolmente ritenere che la causa

possa essere individuata nella presenza di accordi ad esso sottostanti o

collegati (33).

Ad esempio, puo aversi una adeguata causa laddove, come spesso

accade, si preveda il rilascio di una manleva al fine di evitare future

discussioni su profili di responsabilita che potrebbero essere di difficile

valutazione, come ad esempio nelle ipotesi di responsabilita derivanti da

comportamenti tenuti in esecuzione di direttive della societa o del gruppo

o di pareri o consigli di consulenti esterni accreditati della societa.

Inoltre, nel rapporto fra una certa societa ed i suoi dipendenti, si potra

stabilire che, in funzione dell’importo del compenso pattuito o della par-

ticolare competenza e preparazione del dipendente, quest’ultimo debba

essere tenuto indenne da rischi e responsabilita di varia natura derivanti

dall’esecuzione di certe mansioni.

Altre possibili ipotesi di manleva con valida causa si hanno, ancora,

nell’ambito di complessi contratti o articolate operazioni, quando la con-

tropartita all’assunzione degli impegni da parte del mallevadore e contem-

(31) L’animus donandi configura una qualificazione in senso soggettivo della gratuita esi identifica con lo scopo obiettivo del negozio, ossia il gratuito arricchimento del donatario.In tema di donazioni, si veda CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p. 765 ss.

(32) Si vedano gli artt. 769 ss. c.c. Si veda, inoltre, CAPOZZI, op. cit., p. 765 ss.(33) Si vedano Cass., 18 maggio 1954, n. 1580 cit. e Cass., 8 marzo 1980, n. 1543 cit.

sui contratti di manleva tra le Ferrovie dello Stato e la Compagnia Vagoni Letto. Qui lacontropartita alla manleva consisteva nel vantaggio ricevuto dalla Compagnia Vagoni Lettoper aver ottenuto la concessione del servizio da parte delle Ferrovie dello Stato.

Per una ricostruzione del concetto di operazione economica e degli elementi essenzialidel contratto, quali la causa, si veda GABRIELLI, Il contratto e l’operazione economica, in Riv.dir. civ., 2003, p. 93.

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perata all’interno della composizione dei contrapposti interessi per la con-

clusione dell’operazione (34).

Quanto alla necessita di esplicitare la causa, osservo, infine, che essa

non necessariamente deve essere espressa, non configurando il contratto di

manleva un contratto formale per il quale sia necessaria l’expressio causae.

Tuttavia, motivi di opportunita, soprattutto al fine di evitare talora inutili

sforzi ermeneutici, inducono a ritenere che sia sempre meglio esplicitare la

causa della manleva tutte le volte in cui cio sia possibile.

4. – Requisiti essenziali ai fini della configurazione di una valida man-

leva sono rappresentati dalla determinatezza o determinabilita dell’oggetto

e dalla previsione dell’importo massimo garantito.

Infatti, una manleva in forma generica – in assenza dell’indicazione,

dunque, di un preciso evento o comportamento dai quali possa nascere il

futuro debito – deve essere ritenuta nulla per contrasto con l’art. 1346 c.c.

in tema di requisiti dell’oggetto del contratto (35); altresı deve essere

considerata nulla una manleva (che si riferisca a fatti generatori della

responsabilita non ascrivibili al mallevadore) che non indichi la previsione

di un importo massimo garantito, ponendosi questa in contrasto con l’art.

1938 c.c. in tema di fideiussione per obbligazioni future o condizionali (36).

(34) Si veda Cass., 17 dicembre 2001, n. 15891 cit., per la quale «costituisce orienta-mento consolidato della giurisprudenza di legittimita quello per cui non puo ritenersi vietatadall’art. 1229 c.c., ed e, quindi, valida, la cosiddetta “clausola di manleva” (…), a condi-zione, peraltro, che il terzo assuntore di tali oneri vi abbia un interesse, in difetto del quale ilpatto sarebbe nullo per mancanza o illiceita della causa».

(35) L’art. 1346 c.c. prevede che «l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito,determinato o determinabile». Nella pratica degli affari accade sovente di imbattersi incontratti o patti di manleva aventi oggetto eccessivamente ampio e, talvolta, del tuttogenerico e indeterminato e/o indeterminabile.

Sulla genericita della manleva si veda App. Torino 29 luglio 2009, n. 1093 cit., per laquale «nessuna liberatoria potrebbe concepirsi ne risultare efficace con riguardo ad un fattoche, al momento dell’asserito «sgravio» e della pretesa «manleva», nemmeno era ancorastato accertato, ne nella sua oggettivita ne nelle conseguenze economiche da essa derivanti inpregiudizio alla societa»; Trib. Milano, ordinanza 20 dicembre 2013 cit. (si veda anche infrain nota 38).

(36) L’art. 1938 c.c., cosı come novellato dalla legge 17 febbraio 1992 n. 154, stabilisce che«la fideiussione puo essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con laprevisione, in quest’ultimo caso, dell’importo massimo garantito». Sul punto si veda Cass., 23settembre 2015, n. 18771 per la quale «in effetti, questa Corte (Cass., n. 1520 del 26 gennaio2010) ha avuto modo di ravvisare nel disposto dell’art. 1938 c.c. un principio di caratteregenerale, nel momento in cui ha affermato che “in tema di fideiussione, l’art. 1938 cod. civ.,come modificato dalla l. 17 febbraio 1992, n. 154, nel prevedere la necessita della determina-zione dell’importo massimo garantito per le obbligazioni future, pone un principio generale digaranzia e di ordine pubblico economico, valevole anche per le garanzie personali atipiche”».

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In effetti, appare del tutto ragionevole che il principio posto dall’art. 1938

A riguardo, infatti, Cass., 26 gennaio 2010, n. 1520 in CED – Corte di Cassazione, prevedeche «(l’) art. 1938 nel testo novellato (dalla l. n. 154 del 1992, n. 154, art. 10), che pur essendoinserita nella disciplina tipica dello istituto della fideiussione, introduce un principio generale digaranzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanziepersonali atipiche e tra queste quelle di patronage». In argomento, si veda, poi, l’interessantesentenza del Tribunale di Roma (Trib. Roma 18 dicembre 2002, in Giur. merito 2003, p. 1661;citata in ALPA e GAGGERO, op. cit., p. 147, con interessanti notazioni sul concetto di ordinepubblico economico) in tema di validita delle c.d. lettere di patronage. Il Tribunale sostienel’invalidita dell’assunzione di un debito futuro senza limite, per contrasto con la previsionedell’art. 1938 c.c., che richiede, per la valida assunzione di un’obbligazione futura, che siaindicato l’importo massimo garantito. Piu precisamente, si sostiene, a mio parere in manieracondivisibile, «l’applicabilita per analogia e la non derogabilita della norma ex art. 1938 c.c.quale vera norma di ordine pubblico economico. Invero se la legge ritiene non possibile la c.d.fidejussione omnibus, ovvero l’assunzione da parte di un terzo di tutti i debiti del garantito, senzalimite, deve ritenersi che tale divieto valga anche per le promesse unilaterali ex art. 1333. Non sivede, infatti, ragione per derogarvi, mentre la stessa funzione della lettera di patronage comesopra descritta (garantire una maggiore tutela dei diritti del terzo) implica che il rafforzamentodella garanzia per i diritti del terzo non possa giungere a risultati inibiti dall’ordinamento.Sarebbe, altrimenti, facile aggirare tale divieto chiedendo ai garanti di impegnarsi ex art.1333, piuttosto che con fideiussione. Per cui deve ritenersi che la norma dell’art. 1938, seppurediretta a differente istituto, costituisce principio generale della materia applicabile anche adimpegni di natura ed esiti analoghi, seppure fondati su differenti fattispecie negoziali. Non edubbio, poi, che la norma appartenga all’ordine pubblico economico della disciplina, sancendoprincipi non derogabili dalle parti e che si debbono imporre persino sulla diversa volontadell’una delle parti o di entrambe». La Corte di Cassazione (si veda Cass., 23 settembre2015, n. 18771 e Cass., 26 gennaio 2010, n. 1520 cit.) ha poi confermato l’orientamento delTribunale di Roma, giungendo, peraltro, a stabilire che la norma dell’art. 1938 c.c. non siapplichi alle garanzie personali atipiche per analogia, bensı in via diretta, ritenendo che talenorma ponga un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico. Si veda ancheANGELONE, Divieto di garanzie personali atipiche «omnibus», in Rass. dir. civ., 2011, p. 1267, peril quale «l’art. 1938 c.c., infatti, quale norma “transtipica” detta una disciplina “neutrale” il cuicampo oggettivo di efficacia oltrepassa la ben delimitata area definita dal tipo»; VACCARO, Lelettere di patronage. L’indicazione dell’importo massimo garantito (nota a Cassazione, 26 gennaio2010, n. 1520), in Il Nuovo dir. delle soc., 2011, 22, p. 33, per il quale «la ratio dell’art. 1938 c.c.e, dunque, riscontrabile nell’esigenza di trasparenza in favore di coloro che si trovano varia-mente coinvolti nel divenire dell’operazione negoziale, non arrestandosi alla tutela della solasfera del fideiussore. In tal senso, l’art. 1938 c.c., prefigurando la necessaria apposizione delmassimo garantito, non sindacabile nel quantum dal giudice, diviene un faro, la cui luce,illumina tali soggetti (si pensi exempli gratia, oltre che al debitore ed al creditore, anche aicreditori del garante), senza incidere sull’autonomia negoziale dei privati. L’arret in esame, purcostituendo la prima pronuncia di legittimita, si colloca all’interno di un solco gia arato dallagiurisprudenza di merito, tendente ad estendere la portata normativa dell’art. 1938 c.c., anchealle garanzie atipiche». In effetti, non puo non osservarsi che in relazione alle lettere di patronage(sulle lettere di patronage si veda MAZZONI, Lettere di patronage, in Dig. comm., Torino, 1992,VIII, p. 563 ss.) e alla manleva, entrambe garanzie atipiche, sussistono le medesime esigenze ditutela e di trasparenza previste per la fideiussione. Sulla funzione di garanzia del patto cheassicura l’interesse del debitore ad essere lasciato indenne dalle conseguenze del proprio ina-dempimento, si veda Cass., 8 marzo 1980, n. 1543 cit., per la quale «il cosiddetto patto dimanleva ha per contenuto, il dovere di sollevare altri dalle conseguenze di un fatto dannoso, e

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c.c. debba applicarsi anche alla figura della manleva, giacche attraverso la

quindi realizza un’assunzione di garanzia da parte dell’obbligato, che pur presentando qualcheaffinita con la fideiussione, non puo tuttavia identificarsi con questo. Dal punto di vista sog-gettivo, infatti, l’obbligazione di manleva e eventuale e condizionata, mentre il fideiussore siobbliga pari grado e negli stessi termini del debitore principale: tuttavia, questo connotato,anche se normale, non e decisivo, poiche in ipotesi anche la fideiussione puo essere assunta peruna obbligazione futura o condizionale (art. 1938 c.c.). Piu rilevante e la diversita strutturaleconsistente in cio che la fideiussione riguarda un obbligo assunto dal garante verso il creditore enon gia verso l’obbligato principale (art. 1936 c.c.), mentre l’obbligazione di manleva e assuntanei confronti e a beneficio del garante-debitore». Si veda anche Cass., 17 dicembre 2001, n.15891 cit., in nota 9 supra. Si veda altresı MASTROPAOLO, I contratti di garanzia, in Trattato deicontratti diretto da Rescigno e Gabrielli, Milano 2006, p. 36, per il quale «ancora una volta, insenso lato, dunque, la parola garanzia indica qualunque mezzo che assicuri: a) l’adempimento diun’obbligazione, b) l’interesse di un debitore ad essere lasciato indenne, almeno per un certotempo, dalle conseguenze di un suo inadempimento, c) il godimento di diritti acquisiti da uncreditore, d) le aspettative di eventuali titolari». Sulla causa di garanzia dei negozi atipici digaranzia, inoltre, si veda quanto osservato da MAZZONI, op.cit., p. 563 ss., per il quale «la logica,la storia e il diritto positivo (cfr. in particolare il disposto dell’art. 1179 c.c., che ammette lapossibilita di soddisfare l’obbligo di dare garanzia mediante qualsiasi “garanzia reale o personaleo altra sufficiente cautela”) confortano la conclusione che, per aversi negozio con causa digaranzia in senso “proprio” o “tecnico”, non e affatto imprescindibile la presenza nel negoziostesso degli elementi base dello schema fideiussorio o di altro negozio tipico, essendo invecesufficiente per il negozio (quale che ne sia la struttura) realizzare la finalita giuridico-pratica delprestare sicurezza per una causa «giusta» e “sufficiente” a legittimare questo risultato». Vale,dunque, la pena di riportare il contenuto dell’art. 1179 c.c. «chi e tenuto a dare una garanzia,senza che ne siano determinati il modo e la forma, puo prestare a sua scelta un’idonea garanziareale o personale, ovvero altra sufficiente cautela» e segnalare quanto ulteriormente consideratoda MAZZONI, Le lettere di patronage, Milano, 1986, pag. 326, sull’ampiezza della nozione digaranzia prevista nell’art. 1179 c.c., per il quale «questa norma, infatti, nel riconoscere chel’obbligo di dare garanzia, assunto senza la selezione di uno specifico negozio, ammette unapluralita di possibili contenuti e, tra questi, su un piano di parita, qualsiasi “garanzia reale opersonale o altra sufficiente cautela”, non puo che voler dire che “causa” di garanzia e ravvi-sabile in (e realizzabile mediante) una pluralita potenzialmente indefinita di strumenti e regiminegoziali, tipici o atipici ed anche – si direbbe – ontologicamente eterogenei dal punto di vistadel regime e della struttura, purche ugualmente idonei sul piano funzionale (a tanto, infattisembra alludere la contrapposizione-assimilazione insita nell’uso da parte del legislatore delledue espressioni “garanzia reale o personale”, da un lato, e “sufficiente cautela” dall’altro)». Epoi interessante sottolineare, ancora, che a seguito del rilascio della manleva il mallevadore(garante) sopporta definitivamente l’onere economico della prestazione eseguita a favore delmanlevato, giacche l’istituto della manleva, diversamente da quanto accade nella fideiussione,non prevede un diritto di regresso verso il debitore manlevato a seguito del pagamento eseguitodal mallevadore in esecuzione del patto. Altri elementi di diversita rispetto alla fideiussionesono, poi, costituiti (i) dal fatto che la fideiussione e prestata dal garante verso il creditore,mentre la manleva prevede l’instaurazione di un rapporto tra garante e debitore, (ii) dallasussidiarieta della fideiussione rispetto all’obbligazione principale, mentre la manleva non pre-suppone l’esistenza di un’obbligazione principale. Infine, giova ribadire la sostanziale diversitatra le garanzie di tipo fideiussorio e la manleva: le prime sono volte ad aumentare le possibilitaper il creditore di soddisfacimento delle proprie ragioni, mediante l’assegnazione al creditorestesso di un ulteriore debitore sul quale poter far valere i propri diritti, mentre la manlevacostituisce una garanzia in base alla quale vengono trasferite sul garante (mallevadore) le

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conclusione di un tale tipo di pattuizione (garanzia personale atipica) il

mallevadore (garante), come abbiamo visto, viene ad assumere dei debitifuturi il cui importo potrebbe essere non noto e non prevedibile (37).

A quest’ultimo riguardo, tuttavia, mi pare che potrebbe aversi una

valida manleva anche in assenza della previsione di un tetto massimogarantito, nell’ipotesi – pur di difficile applicazione concreta – in cui i

rapporti dai quali possa nascere la posizione debitoria siano ben circo-

scritti o circoscrivibili (o comunque noti al mallevadore), in maniera tale

conseguenze derivanti da un dato evento o dal fatto dello stesso mallevadore o del mallevato odi terzi.

(37) Il Tribunale di Roma, nella sentenza del 18 dicembre 2002 cit., precisa che «sipotrebbe discutere circa la possibilita di applicare per analogia i correttivi posti in materia difideiussione ex art. 1938 c.c., per evitare la declaratoria di invalidita della garanzia. Cosicchela indeterminatezza della garanzia unilateralmente assunta con la lettera di patronage noncostituirebbe di per se nullita nei casi e nei limiti in cui sia individuabile ex origine l’entitadell’indebitamento che si vuole garantire. Ma nel caso in esame non appare possibile taleindividuazione, dato il contenuto generico della lettera di patronage e non risultando diversecomunicazioni tra le parti, nemmeno puramente ricognitive». Sulla indeterminatezza dellamanleva e sulla conseguente sua invalidita e/o inefficacia, si veda Cass., 8 ottobre 2010, n.20884, in Sent. Cass. civ., per la quale «il tribunale aveva affermato che, ove pure si fossepotuto ravvisare l’esistenza del contestato patto di manleva, in forza del quale la 3M Italiaavrebbe dovuto tenere indenne il Sig. B. dalle conseguenze della sua responsabilita verso laTrucco Sistemi, un tale patto sarebbe risultato invalido a cagione della sua indeterminatezza.Secondo la corte territoriale questa statuizione non e stata adeguatamente censurata nell’attod’appello, non essendo dato comprendere se, a parere dell’appellante, la pattuizione indiscorso sarebbe sufficientemente dettagliata o se sarebbe valida nonostante la sua generi-cita. La stessa corte (d’appello di Milano, n.d.r.), peraltro, ha affrontato poi anche il meritodella questione, dichiarando di condividere il giudizio negativo del tribunale sull’oggettivaindeterminatezza della predetta pattuizione di manleva, da ritenersi percio “nulla, annulla-bile e/o comunque inefficace”». In argomento, si veda anche PICCIAU, op. cit., paragrafo 12,per il quale la disposizione dell’art. 1938 c.c. deve essere applicata nelle ipotesi animatedall’esigenza di evitare che il garante sia esposto a prestazioni abnormi. Pertanto, l’a. so-stiene che qualora il mallevadore sia a conoscenza dei limiti della propria responsabilita (infunzione dell’individuazione delle attivita dal compimento delle quali possa sorgere la re-sponsabilita del manlevato), deve ritenersi che l’applicazione dell’art. 1938 c.c. non sianecessaria. Per completezza, si segnala che l’a. ritiene, tuttavia, che nell’ipotesi in cui il pattodi manleva concerna la responsabilita per attivita future (dell’amministratore) non «sussistauna lacuna normativa tale da giustificare l’applicazione analogica dell’art. 1938 c.c. (141),stante il dovere di buona fede che impone al garantito di salvaguardare l’interesse delmanlevante e che consente quindi di assicurarne un’adeguata protezione». Si segnala, altresı,che lo stesso a. in chiusura del suo lavoro indica che «nel caso dei patti di manleva, poi, lacompressione dell’autonomia privata lascia emergere non soltanto la preoccupazione dievitare che la manleva divenga lo strumento per disapplicare le norme sulla responsabilitadegli amministratori (laddove le loro condotte siano dolose), ma anche l’esigenza, anch’essaequitativa, di proteggere il manlevante contro i rischi di un’espansione incontrollata dellamisura della prestazione di garanzia».

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che non possano sorgere responsabilita o situazioni debitorie per importi

nuovi e non prevedibili (38).

Come gia accennato supra nel presente paragrafo, rimane, tuttavia, da

precisare che l’applicazione del principio posto nell’art. 1938 c.c. debba

ritenersi dovuta soltanto nell’ipotesi in cui l’evento che faccia scattare

l’obbligazione del mallevadore sia estraneo alla sua sfera di controllo e

di influenza (39), giacche qualora l’evento originatore della responsabilita

(38) Mi pare che a una tale conclusione possa giungersi sia per quanto stabilito dalTribunale di Roma nella sentenza resa nel 2002 (si veda la nt. 37 supra), sia per quantoindicato dal Tribunale di Milano nell’ordinanza del 20 dicembre 2013, op. cit., pag. 358,nella quale viene specificato che «questo Giud. conviene con l’indirizzo giurisprudenzialesecondo cui la manleva e invalida quando manca un adeguato livello di specificazione deipossibili illeciti, in quanto “nessuna liberatoria potrebbe concepirsi ne risultare efficace conriguardo ad un fatto che al momento dell’asserito sgravio e della pretesa manleva non eraancora stato accertato, ne nella sua oggettivita ne nelle conseguenze economiche derivanti inpregiudizio della societa”. Si aggiunga il doveroso richiamo a quella dottrina che, purammettendo la rinuncia e transazione dell’azione sociale di responsabilita da parte dellasocieta prima della sua proposizione, tuttavia la condiziona non solo alla precisa specifica-zione dei fatti ed atti gestori dannosi, ma proprio alla determinazione del credito risarcitoriofondato sull’inadempimento dell’amministratore. Infine, si deve por mente al fatto che, conriferimento ad istituti affini quali l’assicurazione e la fideiussione, il legislatore ha avuto curadi richiedere espressamente che siano specificati contrattualmente “i limiti” del dannoassicurato (artt. 1882 e 1905 c.c.) e non ha accordato tutela ad un accordo di garanzia“omnibus” cui non acceda l’indicazione del limite quantitativo della garanzia stessa (art.1938 c.c.). Nel caso di specie l’oggetto della manleva non e determinato, come si evince dallasemplice lettura dell’accordo, e non e determinabile, sia perche non vi si fa alcun riferimentoai risultati di ispezioni in corso o che erano gia terminate (es.: ispezioni Isvap o Consob), siaperche quantita e tipologia degli illeciti in astratto contestabili e potenzialmente compiutidai Terzi Beneficiari era vastissima – in relazione alla durata delle cariche degli interessati edal genere di attivita, complessa (presenza di societa quotate e non quotate) e diversificatasvolta dalle varie societa del gruppo FonSai (attivita di amministrazione societaria e digestione in campo assicurativo, immobiliare, di gestione alberghiera, di sponsorizzazionedi societa sportive) – e non e offerto criterio selettivo alcuno per sceverare tra essi. Nem-meno l’ammontare del danno risarcibile e stato indicato ne sono stati indicati parametri perquantificarlo».

Si segnala che l’ordinanza del Tribunale di Milano e stata confermata con successivaordinanza del medesimo Tribunale in data 7 maggio 2014 (il testo del provvedimento si puoleggere sul sito www.giurisprudenzadelleimprese.it).

(39) Si veda sul punto Trib. Milano 6 maggio 2016, in www.giurisprudenzadelleimpre-se.it, per il quale, a seguito del rilascio, in un contratto preliminare di compravendita dipartecipazioni sociali, di una manleva del seguente tenore «I venditori di minoranza neilimiti massimi (…) e COFIN HOLDING senza limiti di valore e con riferimento a tutte legaranzie di cui al precedente art 7.1, si impegnano a indennizzare gli acquirenti ovvero, suindicazione degli acquirenti, COFIN, per qualsiasi perdita, danno, costo, onere o spesariferite a eventi o circostanze verificatesi sino alla data del 31.12.11 (anche se venuti aconoscenza dopo tale data) imputabili ai Venditori e riconducibili alla gestione di COFINprecedente la suddetta data effettivamente sostenute o sofferte, ovvero oggetto di esborso,da parte degli acquirenti e/o di newco e/o di COFIN”, (…) “deve innanzitutto reputarsi

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del manlevato fosse sotto il controllo del mallevadore (rectius, quando lo

stesso mallevadore fosse responsabile di tale evento), a ben guardare,

l’obbligazione di manleva non costituirebbe una vera e propria garanzia,

bensı rappresenterebbe una c.d. garanzia generica, semplicemente raffor-

zativa della posizione giuridica originariamente assunta dall’obbligato

(mallevadore) (40).

infondato il riferimento all’art. 1938 c.c. atteso che nel caso di specie si discute in realta digaranzia prestata in ordine a vicende gia precedenti il negozio di compravendita per cui ecausa e relative a beni e rapporti inerenti il patrimonio personale degli alienanti (veridicita ecompletezza di informazioni rese in ordine alla effettiva situazione patrimoniale della parte-cipazione oggetto di cessione, ovvero di informazioni legittimamente richieste dagli acqui-renti e liberamente fornite dagli alienanti ai fini della determinazione del prezzo di cessione):in tal senso deve reputarsi che la clausola in oggetto viene propriamente ad atteggiarsi alegittima clausola di revisione del prezzo a fronte dell’effettiva consistenza patrimoniale delbene oggetto di compravendita».

Il Giudicante ha correttamente osservato che l’art. 1938 c.c. non possa trovare appli-cazione nell’ipotesi in cui i fatti dai quali derivi la responsabilita oggetto di manleva sianodeterminabili alla data di rilascio della manleva stessa, per essere questi riferiti al periodoantecedente il rilascio della manleva e inerenti il patrimonio del mallevadore (e, dunque, percio stesso, relativi alla sfera di controllo del garante, a questo noti o da questo conoscibili esotto la propria responsabilita). Risulta, infatti, ovvio che in una tale ipotesi il mallevadoresia perfettamente consapevole del rischio cui si esponga per effetto del rilascio della manlevae, dunque, non sia necessaria l’applicazione della regola sancita nell’art. 1938 c.c. Pertanto,in funzione delle argomentazioni poste dal Tribunale di Milano, appare, per conseguenza,evidente che qualora i fatti dai quali derivi la responsabilita oggetto di manleva non sianodeterminati o determinabili (cosicche non possa essere previsto al momento del rilascio dellamanleva quale onere/esborso possa gravare sul mallevadore) debba ben trovare applicazioneil principio stabilito nell’art. 1938 c.c., al fine di evitare l’insorgere di abnormi responsabilitaeccessivamente gravose per il soggetto garante.

La decisione del Tribunale di Milano ora citata si pone, dunque, in perfetta continuitacon le ordinanze del medesimo Tribunale di Milano (ordinanze citate del 30 dicembre 2013e del 7 maggio 2014) in merito alla invalidita di impegni di manleva indeterminati oindeterminabili o in relazione ai quali non sia previsto un limite massimo garantito.

(40) Si veda BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1953, II, p. 82-90, per ilquale il termine garanzia e utilizzato per distinguere tutte quelle situazioni in cui l’obbligatodifetti del potere di produrre l’evento al quale ha interesse il creditore; SCHLESINGER, Ri-flessioni sulla prestazione dovuta nel rapporto obbligatorio, in Riv. trim dir. e proc. civ., 1959,p. 1273 ss., per il quale occorre distinguere l’obbligazione il cui oggetto e un comporta-mento del debitore, dall’obbligazione di garanzia, che darebbe esclusivamente luogo ad unvincolo di responsabilita per il caso in cui si verifichi l’evento assicurato; DI MAJO GIAQUIN-

TO, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, p. 298, per il quale la garanzia in senso tecnicova intesa «nel senso di accollo di rischio in ordine al verificarsi di eventi che non si eobbligati a evitare o, quel che e lo stesso, in ordine alla non verificazione di eventi chenon si e obbligati a produrre. Lo strumento di garanzia, per definizione, non impegna uncomportamento del soggetto, se non in via sussidiaria e derivata, come obbligo di dareallorquando l’evento paventato si e attuato: tale obbligo comunque e esso stesso attuazione(del contenuto) della garanzia, non anche conseguenza dell’inadempimento di un’obbliga-zione primaria, che sarebbe, dopo tutto, l’obbligazione di garantire (…). Tanto val dire che,in tal caso, il perseguimento del risultato dedotto in contratto non e affidato alla “rete di

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Viene, infatti, ad aversi una reale ipotesi di garanzia soltanto in quelle

situazioni nelle quali l’obbligato difetti del potere di produrre l’evento al

quale ha interesse il creditore e vi sia l’accollo del rischio in ordine al

verificarsi di un tale tipo di evento.

5. – E ora utile soffermarsi brevemente sugli aspetti di disciplina

relativi agli obblighi a carico del manlevato di comunicazione verso il

mallevadore degli accadimenti che importino l’intervento di quest’ul-

timo (41).

A tale riguardo, sussiste senza dubbio un obbligo a carico del manle-

vato di informare il mallevadore del verificarsi dell’evento dal quale deri-

vino le conseguenze dannose oggetto di manleva, in applicazione dei prin-

cipi generali sulla diligenza nell’adempimento delle obbligazioni dettati nel

nostro ordinamento (42) e delle previsioni in materia di assicurazione qui

applicabili in via analogica (43).

Ulteriormente, ritengo che gravi sul manlevato l’obbligo di attivarsi

per evitare o diminuire il danno sofferto dal terzo (o da egli stesso), cosı

venendosi a eliminare o ridurre il correlativo peso della prestazione posta a

carico del mallevadore (44).

protezione” costituita dall’obbligo, bensı ad un diverso strumento, che e quello rappresen-tato dal rapporto di garanzia»; CORRIAS, Garanzia pura e contratti di rischio, Milano, 2006, p.300 ss.

(41) In argomento si veda ADRIANO, op. cit., p. 110 ss.(42) Si veda l’art. 1176, comma 1 c.c., per il quale «nell’adempiere l’obbligazione il

debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia»; l’art. 1227, comma 2 c.c., per ilquale «il risarcimento non e dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitareusando l’ordinaria diligenza».

(43) Si veda l’art. 1913, comma 1 c.c., per il quale «L’assicurato deve dare avviso delsinistro all’assicuratore o all’agente autorizzato a concludere il contratto, entro tre giorni daquello in cui il sinistro si e verificato o l’assicurato ne ha avuta conoscenza. Non e necessariol’avviso, se l’assicuratore o l’agente autorizzato alla conclusione del contratto intervieneentro il detto termine alle operazioni di salvataggio o di constatazione del sinistro». Si vedaanche l’art. 1915 c.c., in base al quale «l’assicurato che, dolosamente non adempie l’obbligodell’avviso o del salvataggio perde il diritto all’indennita. Se l’assicurato omette colposamen-te di adempiere tale obbligo, l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennita in ragione delpregiudizio sofferto». Si consideri, tuttavia, che non vi e uniformita di vedute sull’applica-zione in via analogica di norme sull’assicurazione all’istituto della manleva. Si veda in temaCORRIAS, op. cit., p. 5.

(44) Anche tale obbligo e posto a carico del manlevato in applicazione dell’art. 1227,comma 2 c.c. Si consideri, inoltre, che costituisce applicazione di tale norma la previsionesull’obbligo di salvataggio sancita in tema di assicurazione nell’art. 1914 c.c.

In base a tale articolo del codice civile «l’assicurato deve fare quanto gli e possibile perevitare o diminuire il danno. Le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a caricodell’assicuratore in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel

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Pertanto, in caso di aggravio dell’onere indennitario del mallevadore

per l’inerzia del manlevato, il primo potra efficacemente chiedere al Giu-

dice una eliminazione o riduzione degli obblighi derivanti dalla manleva a

proprio carico (a seconda che il mancato avviso sia dipeso da dolo o da

colpa).

Analogamente, deve ritenersi che incomba sul manlevato l’obbligo di

informare il mallevadore relativamente a qualsiasi azione giudiziaria tra

manlevato e terzo creditore che possa incidere sulla sfera del mallevadore

stesso, giacche, quest’ultimo, pur restando estraneo al rapporto con il

terzo creditore, viene ad avere un indubbio interesse (ed una conseguente

legittimazione processuale) a contrastare la pretesa del terzo danneggiato.

6. – Il campo dei rapporti fra societa, soci e/o terzi (ad esempio, i

creditori della societa) e amministratori e sindaci della societa e uno dei

settori nei quali sovente vengono ad utilizzarsi manleve con oggetto inde-

terminabile, nelle quali non e indicato (e spesso nemmeno noto o preve-

dibile) il rapporto specifico, fonte di responsabilita. Si pensi, appunto, alla

manleva rilasciata agli amministratori di una societa per qualunque azione

proposta dalla societa, dai soci o dai terzi (45).

In questo specifico ambito, tuttavia, affinche la manleva sia rilasciata

validamente, dovranno applicarsi tutti i criteri enunciati nei precedenti

capitoli.

Ulteriori aspetti che qui meritano di essere presi in analisi, nella spe-

cifica ipotesi della manleva rilasciata dalla societa al proprio amministra-

tore (o direttore generale), sono rappresentati, poi, dall’iter autorizzativo/

deliberativo che deve essere seguito internamente alla societa per il rilascio

tempo del sinistro, anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera lasomma assicurata, e anche se non si e raggiunto lo scopo, salvo che l’assicuratore provi chele spese sono state fatte inconsideratamente. L’assicuratore risponde dei danni materialidirettamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare odiminuire i danni del sinistro, salvo che egli provi che tali mezzi sono stati adoperatiinconsideratamente. L’intervento dell’assicuratore per il salvataggio delle cose assicurate eper la loro conservazione non pregiudica i suoi diritti. L’assicuratore che interviene alsalvataggio deve, se richiesto dall’assicurato, anticiparne le spese o concorrere in proporzio-ne del valore assicurato».

(45) Stante la competenza del Consiglio di amministrazione a rilasciare la manleva perazioni proposte dai soci o da terzi (salvo che lo statuto della societa non preveda la necessitadi un’autorizzazione assembleare), gli amministratori possono risultare responsabili verso lasocieta anche per aver rilasciato la manleva stessa. Una tale questione non si pone, invece,con riguardo al rilascio della manleva per l’azione sociale di responsabilita, poiche ritengoche in tale ipotesi sia necessaria una delibera dell’assemblea, vista la sostanziale coincidenzadi tale manleva con la rinuncia all’azione (sul punto si veda infra nel presente par.).

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di tale tipo di garanzia e dalla contiguita della fattispecie della manleva a

quella della rinuncia all’azione sociale di responsabilita.

Quanto al primo aspetto, in funzione dell’attribuzione nel nostro or-

dinamento del potere di gestione della societa al consiglio di amministra-

zione, ritengo che nulla debba potersi opporre, in principio, a che il

consiglio di amministrazione deliberi di dare manleva per qualunque azio-

ne promossa dai soci o dai terzi contro uno o tutti i membri del consiglio

stesso; cio naturalmente nel rispetto della normativa dettata dall’art. 2391

c.c., visto l’interesse conflittuale del consigliere destinatario della manleva.

Forse, ragioni di maggior tutela potrebbero indurre a ritenere oppor-

tuna l’approvazione (o direttamente la deliberazione) da parte dell’assem-

blea, al fine di ridurre il rischio di impugnazioni di delibere viziate da

conflitti di interessi e di correlative azioni di responsabilita verso gli am-

ministratori in conflitto da parte della societa (46).

Tuttavia, mi sembra che la riforma del diritto societario del 2003 abbia

sgombrato il campo da ogni dubbio relativamente alla necessita o utilita

della delibera assembleare, avendo previsto che sia valida la deliberazione

del consiglio di amministrazione, purche siano adeguatamente motivate le

ragioni e la convenienza per la societa e l’amministratore in conflitto di

interesse abbia dato notizia del proprio interesse agli altri amministratori e

all’organo di controllo.

Inoltre, per quanto attiene ai rapporti amministratori/assemblea e alla

possibilita di deferire all’organo assembleare decisioni su temi specifici, il

nuovo art. 2364, comma 5, c.c. non ammette tale possibilita, prevedendo

che l’assemblea possa deliberare soltanto sugli oggetti «attribuiti dalla

legge alla competenza dell’assemblea, nonche sulle autorizzazioni eventual-

mente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministra-

tori». Cio che, peraltro, vale soltanto per le societa per azioni, laddove

nelle societa a responsabilita limitata la disciplina e rimasta, in questo

argomento, essenzialmente quella del testo previgente. In effetti, il nuovo

art. 2479, comma 1 c.c. prevede che «i soci decidono sulle materie riser-

vate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonche sugli argomenti che

uno o piu amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo

del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione».

(46) La deliberazione dell’assemblea si rendera necessaria nell’ipotesi di amministra-zione affidata ad un amministratore unico. Si noti, peraltro, che l’art. 2391, comma 1, c.c.prevede che nel caso di conflitto di interessi dell’amministratore unico, quest’ultimo debbasemplicemente «dare notizia» di tale conflitto «anche alla prima assemblea utile».

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E qui ora interessante notare che, anche qualora l’assemblea abbia

legittimamente autorizzato il rilascio della manleva (per qualunque azione

proposta dai soci o dai terzi), naturalmente cio non puo valere quale

impedimento all’instaurazione di un’azione di responsabilita da parte della

societa, laddove ne ricorrano i presupposti di legge (47).

Con riguardo al secondo aspetto sopra indicato, poi, qualora la man-

leva abbia per oggetto responsabilita verso la societa e sia rilasciata dalla

societa (in questo caso, necessariamente con deliberazione assemblea-

re) (48), ritengo che non possa piu parlarsi di vera e propria manleva,

ma debba parlarsi di rinuncia all’azione di responsabilita. In tale ipotesi,

infatti, non si ha un trasferimento di oneri patrimoniali in capo ad altri,

bensı l’abdicazione a far valere proprie posizioni di diritto (49).

(47) Occorrera verificare se le attivita commesse dall’amministratore in danno dei soci odei terzi siano risultate dannose anche per la societa.

(48) Nell’ipotesi in cui la manleva per l’azione sociale di responsabilita sia rilasciatadagli amministratori, questi ultimi compierebbero un atto in conflitto con l’interesse socialee potrebbero essere poi chiamati a rispondere dei danni (ad esempio, le spese legali soste-nute dalla societa per ottenere l’annullamento della manleva) eventualmente derivanti acarico della societa per il compimento di tale atto.

(49) Puo verificarsi che l’azione sociale di responsabilita sia promossa da una minoranzadei soci (anche un singolo socio, nella S.r.l.), mentre la maggioranza dei soci sia contraria. Sipotrebbe assistere, dunque, al caso in cui la minoranza eserciti l’azione sociale di responsa-bilita e la maggioranza convochi successivamente l’assemblea per deliberare una manleva afavore degli amministratori chiamati in giudizio, cosı da neutralizzare l’azione promossadalla minoranza. In tale ipotesi, la delibera assembleare di manleva dovra essere ben circo-stanziata e dovra essere data piena giustificazione alle attivita compiute dagli amministratori,dovendosi, inoltre, indicare espressamente e dettagliatamente l’interesse della societa alladelibera in questione (interesse consistente, ad esempio, nella permanenza degli ammini-stratori convenuti in giudizio nelle loro cariche in funzione delle capacita gestorie e mana-geriali dimostrate, concretatesi in un notevole miglioramento dell’andamento degli affarisociali e della gestione caratteristica della societa e in un progressivo aumento dei ricavi).Rimane, tuttavia, da considerare che il rilascio di una simile manleva da parte della societadeterminerebbe una sostanziale irresponsabilita degli amministratori, con riflessi patrimo-niali sulla societa e, sia pure indirettamente, sui singoli soci e sui creditori sociali. Cio chedeve essere tenuto in seria considerazione nell’effettuare la valutazione (di merito) dellasussistenza dell’interesse sociale al rilascio della manleva in questione. Non sembrerebbe,in ogni caso, che una manleva siffatta possa costituire un negozio in frode alla legge (si vedal’art. 1344 c.c.), pur rappresentando essa un mezzo per eludere l’applicazione delle norme edei presidi posti dalla legge a tutela della minoranza (e dei singoli soci nelle S.r.l.), giacchesia l’art. 2393 c.c., sia l’art. 2476 c.c. prevedono che l’azione di responsabilita possa essereoggetto di rinuncia o transazione da parte della societa (salvo diversa disposizione dell’attocostitutivo, nelle S.r.l.). Comunque, sia nelle S.p.A., sia nelle S.r.l., pur con le dovutedifferenze di disciplina, (si vedano gli artt. 2393 e 2476 c.c.), la manleva che neutralizzil’azione esercitata da ciascun socio dovra essere deliberata con il consenso della maggioranzadei soci (nelle S.r.l. occorrendo il consenso di una maggioranza dei soci rappresentantealmeno i due terzi del capitale sociale) e l’assenza del voto contrario di una minoranzaqualificata dei partecipanti al capitale sociale. Con riguardo alle considerazioni sopra svolte,

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Qui si applicheranno le norme (ivi comprese quelle che prevedono

e, poi, doveroso segnalare quell’indirizzo della giurisprudenza sfavorevole ad ogni tipo dipattuizione dei soci che si ponga in contrasto con gli interessi superiori della societa (si vedaCass., 27 luglio 1994 n. 7030, in Giust. civ., 1995, I, p. 1321. Sul punto, si richiama, inoltre,la piu recente Cass., 28 aprile 2010, n. 10215, in Giust. civ. Mass. 2010, 4, p. 629, per laquale «Il patto parasociale che impegna i soci a votare in assemblea contro l’eventualeproposta di intraprendere l’azione di responsabilita sociale nei confronti degli amministra-tori, non e contrario all’ordine pubblico, ma agli artt. 2392 e 2393 c.c., i quali non pongonoprincipi aventi tale carattere, ma sono norme imperative inderogabili, con conseguentenullita del patto, in quanto avente oggetto (la prestazione inerente alla non votazionedell’azione di responsabilita) o motivi comuni illeciti (perche la clausola mira a far prevalerel’interesse di singoli soci che, per regolamentare i propri rapporti, si sono accordati adetrimento dell’interesse generale della societa al promovimento della detta azione, dalcui esito positivo avrebbe potuto ricavare benefici economici); ne l’estensione della nullitaall’intero negozio e la conversione del negozio nullo, di cui agli artt. 1419 e 1424 c.c.,implicano la violazione dell’ordine pubblico, in quanto l’istituto della nullita non e, di perse, di ordine pubblico, potendo solo alcune sue ipotesi essere generate dalla violazione di taliprincipi»). La giurisprudenza citata, come visto, esamina ipotesi di pattuizioni parasociali incontrasto con l’interesse della societa e indica, cio che qui rileva, l’inammissibilita delladeroga dei principi posti negli art. 2392 e 2393 c.c.; norme queste stabilite a tutela degliinteressi dei soci e dei terzi estranei alla compagine societaria e in funzione dissuasiva epreventiva di comportamenti illeciti degli amministratori. Sul punto, si veda TINA, Pattiparasociali e responsabilita degli amministratori di societa, in Giur. comm. 2011, II, p. 833ss., per il quale «le conclusioni raggiunte dalla S.C. (nella anzidetta sent. n. 10215 del 2010)non paiono pienamente condivisibili, in relazione sia a) alla qualificazione degli artt. 2392 e2393 c.c. quali norme di carattere imperativo sia b) al richiamo ad un presunto contrastocon l’interesse sociale, quali fonti di nullita dei patti di sindacato aventi ad oggetto laresponsabilita degli amministratori». Quanto all’aspetto del contrasto con l’interesse sociale,per tale Autore e «discutibile ritenere che il mancato esercizio o la rinuncia (o transazione)dell’azione siano di per se contrari (in assoluto) all’interesse sociale. La delibera assemblearecon cui la societa decide di non esercitare l’azione di responsabilita o di rinunciarvi sipresenta, infatti, su un piano astratto, del tutto neutra in relazione all’interesse sociale eal suo perseguimento: la delibera assembleare sull’azione sociale di responsabilita puo essereconsiderata in contrasto con l’interesse sociale soltanto sul piano concreto, a fronte, cioe, diuna valutazione di merito sull’opportunita della delibera stessa, in considerazione di tutte lecondizioni e gli elementi del singolo caso concreto. Valutazione di merito che, al di fuori deilimiti previsti dagli artt. 2373 e 2479 ter c.c., deve, in linea generale, ritenersi comunquepreclusa all’autorita giudiziaria (…)».

Proprio con riguardo alle previsioni degli artt. 2373 e 2479 ter c.c., si deve, infatti,considerare che tali norme rimettono alla volonta dei soci (mediante l’espressione del votoassembleare) il potere di determinare il concreto interesse sociale da perseguire (sull’indi-viduazione in concreto dell’interesse sociale, si veda AA.VV., L’interesse sociale tra valorizza-zione del capitale e protezione degli stakeholders. In ricordo di Pier Giusto Jager, Milano,2010).

A riguardo, si veda, infine, Trib. Roma, sent. 28 settembre 2015, n. 19193, in Corrieregiur., 2016, 10, p. 1258, per cui «[e nullo il] patto con il quale, al momento dell’assunzionedell’incarico di amministrazione (o addirittura prima), i soci [entranti] promettano preven-tivamente e definitivamente di rinunciare a far valere la responsabilita dell’amministratoreper qualsiasi illecito che in futuro egli dovesse commettere [perche] un accordo di talegenere (…) vanificherebbe la funzione di prevenzione della mala gestio riconosciuta agli artt.

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l’approvazione a maggioranza qualificata) e i criteri che regolano la validita

della delibera di rinuncia all’azione sociale di responsabilita verso gli am-ministratori, con la conseguenza che saranno valide soltanto le delibera-

zioni per le quali l’assemblea sia chiamata a giudicare in concreto la con-

dotta degli amministratori (mediante l’individuazione delle singole attivitacompiute foriere di danno) e ad effettuare a posteriori un controllo sul-

l’incidenza del pregiudizio causato dagli amministratori medesimi sugli

interessi della societa (50).In tale caso, infatti, qualora l’assemblea decidesse di rilasciare la man-

leva (rectius, rinunciare all’esercizio dell’azione di responsabilita), essa ver-

rebbe a disporre del diritto di credito al risarcimento del danno, giamaturato nel proprio patrimonio in funzione degli effetti pregiudizievoli

prodottisi a carico della societa per effetto della mala gestio dei suoi

amministratori.Potra, poi, essere comunque utile (ma, a mio avviso, non necessario,

vista la riqualificazione della manleva alla stregua di una rinuncia, in pre-

senza degli anzidetti requisiti di validita di tale rinuncia) indicare un am-montare massimo per l’assunzione del debito, al fine di meglio circoscri-

vere l’obbligo indennitario del mallevadore.

2392 e 2393 c.c. e (…) costituirebbe «un patto che esclude o limita preventivamente laresponsabilita del debitore per dolo o colpa grave» e come tale [sarebbe] nullo ai sensidell’art. 1229 c.c.». [Invece, e valido] «l’accordo che imponga ai soci di non votare inassemblea la responsabilita degli amministratori uscenti, che sia pattuito alla conclusionedel mandato gestorio. [Tale pattuizione], contenuta nell’atto di cessione delle partecipazionisociali, interviene alla conclusione del mandato gestorio e, quindi, in un momento in cuil’acquirente delle azioni o delle quote (…) e posto nelle condizioni di esaminare l’andamentodella gestione ed i risultati di essa. (…) Non si tratterebbe di un accordo preventivo diesonero di responsabilita per dolo o colpa grave dell’amministratore, ma (…) dell’accordotra i soci di orientare la decisione della societa a rinunciare al proprio (eventuale) creditorisarcitorio verso l’amministratore al termine del mandato e avendone potuto constatare gliesiti».

(50) Sia consentito richiamare FRANCHI, La responsabilita degli amministratori di S.p.a. egli strumenti di esonero da responsabilita, Milano, 2014, p. 140 ss.; si veda nello stesso sensoPICCIAU, op. cit., nt. 125. Nel testo del suo lavoro (paragrafo 11), l’a. inoltre, segnala che «indetta ipotesi mancherebbe la terzieta del soggetto manlevante rispetto ai soggetti del rap-porto obbligatorio principale; requisito viceversa necessario al fine di non infrangere ildivieto dell’art. 1229 c.c.». Si veda, infine, PICCIAU, op. cit., per un’ampia disamina del temadella validita dei patti parasociali di rinunzia all’azione di responsabilita nelle S.p.a.

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