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Gente Bracciano Ottobre 2015 numero 5 di

Gente di bracciano ottobre 2015

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Ecco il numero di Ottobre 2015 di Gente di Bracciano edito dall'omonima associazione presieduta da Claudio Calcaterra. Direttore responsabile: Graziarosa Villani. In redazione: Francesco Mancuso, Vittoria Casotti, Mena Maisano, Biancamaria Alberi, Luigi Di Giampaolo. Collaboratori: Massimo Giribono, Fabercross, Pierluigi Grossi. Per contatti: [email protected] Registrato al Tribunale di Civitavecchia n. 1388/2014

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GenteBraccianoOttobre 2015 numero 5

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La Révolution:nulla sarà più come primaI rivoluzionari hanno avuto intera la coscienzadel valore storico della loro esperienza

La società, come ogni cosa vitale, è una tendenza rigorosamen-te definibile. La definizione di società include la concezione

che molti considerano “società civile”. La Rivoluzione Francesedel 1789-1795 trasformò la società civile in società di diritti,distruggendo i poteri assolutisti in tutta Europa. Rileggendo sinte-ticamente la storia di quella rivoluzione, si può rilevare che i dirit-ti dell’uomo, dichiarati il 26 agosto 1789 a Parigi dall’AssembleaCostituente, oggi, anno 2015, sono calpestati dall’ignoranza dila-gante, dall’egoismo, dal razzismo, dall’odio, dall’omofobia e daipoteri “moderni” di oggi. Claudio Calcaterra

La Rivoluzione francese ha distrutto defini-tivamente dalle fondamenta la monarchia

assolutistica in Francia. Tutte le monarchieassolutiste europee, sconfitte sui campi di bat-taglia dalla Rivoluzione, saranno costrette atrasformarsi ed aprire quegli spazi di libertàattraverso cui farà irruzione la nuova societàbasata sulla grande produzione industriale.

La Rivoluzione francese segna l’avvento alpotere della borghesia in Francia come forzaegemone. Sulla sua scia la borghesia darà l’as-salto al potere politico in tutta Europa.

Queste sono le due principali conseguenze,unanimemente riconosciute, della Rivolu-zione. Ma occorre spingere oltre lo sguardoper comprendere l’intera portata di quella stra-ordinaria concatenazione di fatti straordinariche ha fatto scrivere al filosofo Kant: “Un talefenomeno nella storia del mondo non si dimen-ticherà mai, poiché esso ha scoperto nel fondodella natura umana una possibilità di progres-so morale che nessun uomo politico aveva finoad ora supposto. Anche se lo scopo perseguito non fosse stato rag-giunto, se la Costituzione dovesse alla fine fallire, o si dovesseritornare progressivamente all’Ancien Régime (…) queste primeore di libertà, in quanto testimonianza filosofica, non perderebbe-ro nulla del loro valore. Poiché questo avvenimento è troppointenso, troppo legato intimamente agli interessi dell’umanità, ecapace di un’influenza troppo grande su tutte le parti del mondo,perché i popoli, in altre circostanze, non se ne ricordino e nonsiano spinti a riprenderne l’esperienza”. Come per dar ragione aKant e per confermare l’attualità della Rivoluzione anche ai gior-ni nostri, nel 1988 il Brasile si è dato una Costituzione, precedutada una Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino moltovicina a quella della Rivoluzione francese e dichiaratamente adessa ispirata. Vi sono in realtà due Dichiarazioni dei Dirittidell’Uomo e del cittadino nella Rivoluzione, quella del 1789 equella del 1793 (montagnarda). Fra la Dichiarazione dei dirittidell’uomo e del cittadino adottata il 26 agosto 1789, opera deiCostituenti, e quella votata il 24 agosto 1793 dalla Convenzionemontagnarda, le differenze sono evidenti. La prima pone la pro-prietà al primo posto tra le libertà, la seconda presenta un caratte-re più democratico e sociale. La felicità comune posta come scopodello Stato implica il suo intervento e le riforme sociali.

L’uguaglianza diventa il primo dei diritti dell’uomo. Per rifles-so, viene riconosciuto al cittadino il diritto all’istruzione e all’as-sistenza. L’insurrezione è giustificata come mezzo di resistenza

all’oppressione. Il diritto alla proprietà è protetto (ma non è più“sacro”). Il tentativo della Convenzione montagnarda di superarela contraddizione fra le esigenze dell’uguaglianza dei diritti, pro-clamata in linea di principio, e le conseguenze del liberalismo eco-nomico, malgrado la sua sconfitta finale, ha costituito una antici-pazione che ha nutrito il pensiero politico e sociale per due seco-li, anche se la Costituzione del ’93 non è mai entrata in vigore.Tuttavia quello che spesso non è messo in rilievo con sufficienteforza è che alla Rivoluzione francese si deve la nascita della vitapolitica democratica moderna. Basta un semplice elenco delleinnovazioni che essa ha introdotto nella pratica politica e che sonooggi nel costume di tutti i paesi democratici: la sovranità naziona-le è delegata a deputati designati con elezioni a suffragio univer-sale (1792); la cittadinanza non può essere limitata da distinzionifondate sul colore della pelle (1794); la pratica dei dibattiti e dellavita parlamentare; la ripartizione degli eletti secondo l’orienta-mento politico (alla destra del banco della presidenza i conserva-tori, al centro i moderati, a sinistra i progressisti); la subordinazio-ne alla sovranità nazionale di tutte le autorità, in particolare lasupremazia del potere civile sui militari (i “rappresentanti in mis-

sione presso le armate con poteri illimitati); lapubblicità dei dibattiti (nella sala dellaConvenzione il pubblico poteva essere di7.000 e anche 8.000 persone); la separazionefra Stato e Chiesa; il partito politico di massa(la “Società dei Giacobini Amici della Libertàe dell’Uguaglianza” organizzata in provinciacon circa 2.000 società affiliate, equivalentidelle “sezioni” dei giorni nostri); il movimen-to popolare assembleare (le assemblee dellesocietà popolari, in cui i sans culottes presen-tano le esigenze spontanee delle masse); lastampa e la libertà di stampa (1789); il dirittodi petizione. Nulla di tutto ciò esisteva primadella Rivoluzione francese. Seguendo anchesolo superficialmente la cronologia degliavvenimenti, possiamo vedere come questeinnovazioni siano “invenzioni” suggerite algenio creativo dei rivoluzionari del 1789-1795dall’impatto con situazioni mai verificatesiprima di allora nella storia. Prima di allora,infatti, non esistevano con autonomia politicapropria le due forze che si affacciano sulla

scena della storia giusto con la Rivoluzione francese: la borghesiae le masse popolari. Né si potrebbe dire che i rivoluzionari del1789-1795 non abbiano avuto intera la coscienza del valore stori-co della loro esperienza. Gli uomini della Rivoluzione hannoavuto percezione esatta delle ripercussioni che la Rivoluzionefrancese era destinata ad avere. Sistematicamente e con chiarezza,tutti i grandi protagonisti della Rivoluzione, a qualunque correntedel pensiero rivoluzionario appartengano, espongono la convin-zione che i diritti dell’uomo e le libertà non sono per i soli france-si, ma per tutta l’umanità. Basterà citare la “Introduzione allaRivoluzione francese di Antoine Barnave. Rivoluzione della liber-tà, della dignità, del diritto dei popoli a disporre di sé, laRivoluzione francese ha conferito ha conferito al suo messaggioun carattere di universalità che ha finito per esercitare la suainfluenza nel mondo. Rivoluzione dell’uguaglianza, la Rivo-luzione francese ha lasciato nella coscienza degli uomini la con-vinzione che “la libertà senza l’uguaglianza non è che un vanofantasma”. Come ha scritto Tocqueville “La Rivoluzione francesenon ha un territorio proprio (…) Ha formato al di sopra di tutte lenazionalità particolari una patria intellettuale comune di cuiuomini di tutti i paesi hanno potuto divenire cittadini”. Attraversoi secoli e i continenti, la Rivoluzione francese ha dato alle genera-zioni e ai popoli, con i suoi principi, la ragione di combattere perl’emancipazione.

Tratto da Manifesti Rivoluzionari (a cura di Claudio Calcaterra)

Ottobre 2015 Gente di Bracciano

Pubblicazione di Licia Mazzola e ChiaraTardivello (1989)

GenteBraccianodi

Ottobre 2015 Numero 5

Dedicatoa Eleonora

Editore: AssociazioneGente di BraccianoPresidente: Claudio CalcaterraDirettore responsabile:Graziarosa VillaniRedazione:Francesco Mancuso, Vittoria Casotti,Mena Maisano, Biancamaria Alberi,Luigi Di GiampaoloCollaboratori: Massimo GiribonoFabercross, Pierluigi GrossiRegistrato al Tribunaledi Civitavecchia n. 1388/2014

Stampa: FEDE 2011 SRLVia dei Vignali, 60Anguillara Sabaziasu carta riciclata

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Il bene di BraccianoQuante cose fa Bracciano ultimamente, “Parla”, “Canta”, “E’ in

movimento”, vuole salvarsi. Ma… “Non sei di Bracciano se…”.Al tempo dei social media la politica corre su un post, un tweet, unlink e in questo vorticoso dinamismo si perde il senso della meta.

Cosa vogliono davvero i braccianesi?Mancano programmi, visioni future. Cupinoro da ormai un trenten-

nio segna lo spartiacque nella politica locale. Nel 1991 si protestavaper un uso corretto, oggi è “ferma”. Gli impianti oggi autorizzati pres-so il sito, in caso di non accoglimento della proposta che la BraccianoAmbiente al Tribunale di Civitavecchia in sede di procedura fallimen-tare presenterà come da proroga concessa fino al 3 novembre, potreb-bero passare dalla gestione pubblica a quella privata.

Dove va Bracciano? Nessuno si interroga seriamente su uno dei pas-saggi epocali che ha investito la cittadina con la fine della leva obbliga-toria? Nessuno si chiede qual è l’effettivo ruolo che Bracciano debbaavere nel tessuto produttivo del Lazio, stretta come ai margini di unaCittà Metropolitana, per ora solo abbozzata e che ora resta priva anchedel “sindaco metropolitano”. Il turismo? Perché allora il Parco, cheavrebbe dovuto essere un volano economico, oltre che restare sin dal1999 senza il piano d’assetto definitivo è depotenziato? Perché persistee si aggrava il braccio di ferro con Acea sulla “proprietà” di un lago dabere oggi divenuto il “serbatoio” di emergenza di una città allo sbando?

Nessuno si chiede perché il raddoppio dei binari della linea ferrovia-ria fl3 che davvero cambierebbe la qualità della vita sul territorio restaancora sulla carta.

No. Al tempo della politica sui social media non si discute di tuttoquesto, si posta, si tweetta e commenta, si linka e si condivide, in un tur-binio impazzito di parole e sensazioni senza meta.

Una “opposizione” mediatica che amplifica gli interventi dellamagistratura. Il fatto vero è che il territorio sembra abbandonato dalloStato che taglia e non restituisce, dalla Regione Lazio che (ad ecce-zione di un timido sostegno per l’ospedale Padre Pio) promette e nonmantiene.

Viene da chiedersi: è possibile che tutto questo sia oggetto di dibat-tito solo alla vigilia delle elezioni e che non si possa davvero tornarea confrontarsi sulle questioni che davvero fanno bene a Bracciano?

Graziarosa Villani

foto di copertina a cura di

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Antonio cuoce al forno una porchetta Vincenza prepara la brace

Ottobre 2015 Gente di Bracciano

21 e ricominciava alle 4 di mattina…”.Intanto Antonio, primo tra tutti i “por-

chettari” di Bracciano, comincia a metterein vendita la porchetta d’estate tutti i gior-ni e la carne fresca in autunno, al mercatoin via XX Settembre, e ci vede lungo, levendite aumentano. Ma negli anni 65-66scoppia la peste suina e per un anno nien-te più porchetta e carne fresca. Ma Anto-nio e Vincenza non si scoraggiano e inquegli anni mettono su un banco di verdu-re al mercato e riescono a tirare avanti,anche in quei tempi difficili. E quandoriparte la vendita del suino Antonio eVincenza aprono un punto vendita in viaG. Palazzi, 4, a tutt’oggi aperto. Ognitanto devo frenare Sisto e Clara, non rie-sco a ordinare il fiume di parole che river-sano nel mio quaderno, anche se è unacchiappaparole, così mi ritrovo non socome e quando con la storia del 1° giove-dì di marzo, festa di san Liberato, giornoin cui iniziava la stagione della porchetta.

In quel giorno era festa grande a Brac-ciano, gli uomini a fare il primo bagno allago e la porchetta a scorrere a “chili”nelle gole accoglienti dei festaioli. Mi rac-contano che le porchette uscivano dalforno ancora impalate, uno davanti e unodietro a correre verso la piazza per portar-le ancora calde e le strade piene del gras-so residuo che colava sul selciato. Per farsapere dove andava Pollicino buttava mol-liche di pane, loro odoroso grasso, lo stes-so che vendevano a sgommarelli prenden-dolo dai soli dove il grasso colava nelforno, per arricchire pietanze e minestredei braccianesi.E siamo al 1 aprile del 1993Sisto e Clara subentrano nell’attività di

famiglia. Il forno antico del 1300 è ora diloro proprietà: l’hanno comprato Antonioe Vincenza nel 1991 dalla diocesi di Sutrie Civita Castellana, che andavano dismet-

tendo alcune proprietà. È un periododenso di scelte importanti. Antonio e Vin-cenza ormai faticano a tenere in piedi l’at-tività e Sisto, che lavora come tecnico nelcampo della telefonia fa una scelta corag-giosa. Si licenzia e decide di subentrarenell’attività di famiglia. C’è passione nellesue parole…”guadagnavo anche bene,ma sarei dovuto andare in giro perl’Italia, lontano da Clara e dai figli, e poi,e poi, questo forno antico mi ha conqui-stato, se non fossimo subentrati avrebbefatto la fine di tutti gli altri forni antichi diBracciano, buttati giù per far posto acamere e ripostigli, fine di una storia dicomunità, chiudevo gli occhi e vedevo lemigliaia di persone che nel tempo trova-vano un tempo d’allegria e di parole dascambiare mentre il cibo cuoceva al calo-re della sua volta, allora mi son detto:licenziati e fallo vivere e io vivrò con lui,così ho fatto apprendistato con Antonio eho cominciato un nuovo mestiere, vicinoalla famiglia e al mio forno antico…così,con la voce venata di orgoglio e con gliocchi luccicosi, Sisto mi ha raccontato lasua scelta di vita, sulla mensola libri dietruscologia, l’altra sua passione, davantiClara a bere con avidità le parole di “suomarito”.

Anche loro innovano l’attività, por-chetta per 365 giorni l’anno. Clara ha unguizzo e mi racconta perché l’attività sichiama la Moretta, era per via del coloredei capelli mori e della carnagione oliva-stra di Vincenza, come quella della suagente, i calabresi. Racconta che un giornovennero a negozio dei lumbard, insommagente del nord, a comprare porchetta e achiedere notizie della “mora”. Al bancoc’era lei, mora come la mamma, e il lum-bard rimase un attimo interdetto, era lei,ma troppo giovane. Era un militare chefece il suo periodo di leva a Bracciano eche si era imporchettato per quanto era

buona, così era sceso di nuovo a trovare itempi della sua gioventù e aveva volutoritrovare, con la sua famiglia al seguito,una delizia di quel suo tempo di vita…èbuona come allora e forse più… rantolò,facendo scivolare sulla lingua una cotennaancora croccante! Mentre scrivo mi arrivauna telefonata di Clara, mi racconta di unepisodio che ha rammentato dopo chesono andato via. Aveva 8, o forse 10 anni,e a lei toccava controllare il banco di ven-dita nella via sotto il Comune, quando isuoi genitori avevano commesse da fare.

Doveva solo controllare, ma quel gior-no arrivò una comitiva di romani che vole-va assolutamente mangiare la porchettadella Moretta: erano clienti assidui, disse-ro. Lei non voleva, per l’ordine datole dalpadre, perché non sapeva usare la staderaper pesare la porchetta, perché non sapevatagliarla bene.

Ma quelli insistettero tanto che lei,alla fine, acconsentì. Era orgogliosa,quando arrivò Antonio, di consegnargli ilprimo guadagno di una vendita da leieffettuata. Prese un rabbuffo solenne: siera un po’ tagliata e quei manigoldi l’ave-vano raggirata sul peso. Una pausa e lepiace raccontarmi che il lunedì, giorno dimacellazione, era tradizione accendere ilbraciere a negozio per asciugare le salsic-ce di fegato e, dato che i suoi genitoripranzavano a negozio, si cucinavano unpo’ di salsicce, così, man mano che lerosolavano, il profumo si spandeva tuttoattorno ed era usanza offrirne un po’ agliamici che passavano di lì, certo gli affari,ma, insieme, il senso dello stare insieme,della comunità. È da un paio d’ore che ilmio acchiappaparole si riempie, ma sentoche occorre vedere questo forno antico.Sisto non ha un attimo d’esitazione e miconduce al suo amore, ha un piccolocamioncino, all’inizio non capisco perchécosì piccolo, ma quando s’infila nei vicoli

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Amedeo e Clara

Vincenza, Antonio e la figlia Clara

Ottobre 2015 Gente di Bracciano

cannone, ma non si perse d’animo, leprese una per una e le lanciò per la disce-sa e, giocosamente, urlò al vento …“man-giate popolo, mangiate, oggi le pizze diAnitona sono gratis”...non ne avanzò una,erano i tempi frementi e affamati del do-poguerra! Ma con il fornoAmedeo e Claranon riuscivano a sfangare il mese, così,nei giorni feriali, lavoravano, a mezzadria,i terreni dell’avvocato Cini. La storia diAmedeo l’ho già incontrato, con Tina eMena, nel numero di Gente di Braccianoche racconta “La piccola storia della fami-glia Canini”, dove Tina raccontò cheAmedeo fu fatto cavaliere, nessuna delledue ricordava perché, ma Tina ricordaquanto lo prendessero in giro…”i cavalie-ri vanno a cavallo, non sui soma-ri”…facezie e arguzie paesane.

Amedeo andava a raccogliere con ilsomaro le fascine per il forno e lo aiutava-no, sempre più spesso, i suoi cari figli.E arriviamo al 26 luglio del 1959Antonio, con sua moglie Vincenza,

subentra ai genitori. E c’è una prima inno-vazione, il forno non è più solo cottura,ma si cominciano a cuocere le porchette:sale, pepe, aglio, finocchio e via nel fornodel 1300 a solleticare le papille dei clienti,il sabato e la domenica. Siamo vicini alboom economico, le caserme si riempionoe gli affari di Antonio crescono. Ma ancheper loro non basta vendere porchetta pervivere dignitosamente. A Bracciano cisono sei “porchettari” e il sabato e la do-menica è tutto un vociare, un accordarsiper turnare nei posti migliori per la vendi-ta, con qualche simpatica litigata braccia-nese quando c’era qualche malumore dacomporre, lì per la viuzza sotto la piazzadel Comune. Così Antonio prende lalicenza per vendere legna e allora via perboschi a tagliare, a portar via nel depositodietro al forno e a vendere. E alle 5 delmattino giù ad accendere il forno e la seravia a tagliare legna, per tirare su le lorodue figlie, Clara e Anna. Clara si com-muove quando parla dei genitori …“navita di lavoro, senza pause, per dare a noibenessere ed educazione, una vita passatacon un senso profondo della famiglia,senza grilli per la testa, due amorevoli eamati genitori, finivano la giornata alle

Nel cuore del borgo di Bracciano“vive” un forno antico, il forno di

Clara, si trova in via Scaletta di piazzaPadella. È il forno dove Sisto e Clara cuo-ciono porchette per la gioia dei bracciane-si e dei forestieri che hanno la fortunad’incontrarle. Sono con Sisto e Clara chemi raccontano il loro incontro con il forno,incontro che ha cambiato le loro vite, e lasua storia più recente, perché il forno esi-ste dal 1300, ma di questo parlerò dopo.

Le voci di Sisto e Clara si accavallano,i ricordi si riaffacciano nella loro mente eman mano che i loro racconti, le loro emo-zioni, si dipanano trovano accoglienza sulmio quaderno acchiappaparole. Negli anni’30 del secolo scorso gestiva il forno unacerta Calliope, che era la musa greca dellapoesia epica, chissà come le arrivò quelnome! Il forno lo aveva avuto in affitto,per pochi soldi, dalla diocesi di CivitaCastellana e Sutri, che nel medioevosopraintendeva alla vita di Bracciano.

Di più Sisto e Clara non ricordano, poiun lampo e raccontano di quando, nel1944, durante i bombardamenti, il fornorimaneva sempre spento il giorno, siaccendeva solo di notte per dare meno rife-rimenti “fumogeni” ai grappoli di bombeche arrivavano a sconquassare cose e per-sone …“un forno che non fuma la notte èun mezzo forno”, dice ispirato Sisto.

Verso la fine degli anni ’40 i nonni diClara, Amedeo Canini e Clara Giorgettirilevarono, anche loro per pochi soldi,l’affitto del forno. Divenne presto il fornodi Clara. Amedeo si ammalò presto eClara prese in mano l’attività e la cura deiloro cinque figli. La domenica era unagiornata speciale, arrivavano al forno tiel-le di patate con il pollo, tante patate pocopollo, pomodori con il riso, melanzane epeperoni dell’orto da abbrustolire e lì, inattesa delle cotture, si chiacchierava, sicucivano i panni degli assenti, si rideva ecantava, la comunità si ritrovava in ungiorno di festa e faceva festa. Era unagaranzia anche per la cottura dei cibi,Clara infornava e le comari controllavanola cottura, secondo loro gusti e piacimen-ti. Ed era difficile che ci fossero liti per chifosse il primo o il secondo, le comaridovevano mettersi d’accordo prima sul-l’ora della venuta e Clara “comandava” gli

Il forno di ClaraDentro il cuore del borgo di Bracciano vive un forno antico e Sisto ne è il profeta

appuntamenti e guai a sgarrare! Una voltaAnitona ebbe un coccolone quando siaccorse che le sue pizze di Pasqua non lie-vitavano, forse sbagliò l’impasto, quandouscirono dal forno sembravano palle di

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7Ottobre 2015 Gente di Bracciano

Un lampo lungo 43 anniBracciano in multivisione nella “serata indimenticabile”organizzata dai Fotocineamatori al centro anziani

L’8 agosto scorso al centro anziani Aurelio Appolloni,l’Associazione Fotocineamatori Bracciano ha presentato la

serata in multivisione “Omaggio a Bracciano”. Introdotta dai salutidel presidente del centro, Rossana Negretti, la serata è proseguitacon l’intervenuto del sindaco Giuliano Sala che ha tessuto gli elogiin merito all’alacre attività svolta dal Centro anziani sul territorio, eha riconosciuto all’Associazione Fotocineamatori Bracciano, il valo-re dell’opera svolta in favore della conoscenza delle bellezze natura-li ed archeologiche locali. Ha quindi preso la parola il presidente dellaFotocineamatori, Mario Gentilucci, che ha illustrato in sintesi la sto-ria della prestigiosa associazione. Vari i temi in programma: oltre aOmaggio a Bracciano, Arti e Mestieri, Bracciano in Bianco e Nero,Persone, personaggi…interpreti, Quarant’anni e Noi. Le proiezioni,davanti a una affollata platea, hanno suscitato un caloroso entusiasmoe scroscianti applausi. Tant’è che alla pressante richiesta di bis, ilsocio Carlo Faina ha prolungato il programma con altre due proiezio-ni: Ti ricordi una volta (“La nevicata del ’56 a Roma”) e “La crisi”.

Nel 1972 un manipolo di giovani appassionati di fotografia, stac-catosi orgogliosamente dal “Circolo Aurora” – scrive in una notaGentilucci- fonda l’A.F.Bc. E subito al lavoro, in un gorgoglio scin-tillante di iniziative: l’immediata iscrizione alla Federazione ItalianaAssociazioni Fotografiche (F.I.A.F.), il “Concorso fotografico Lagodi Bracciano” prima regionale poi nazionale con cinque edizioniconsecutive; seguono “Estemporanee Fotografiche”, si realizza laprima Mostra Retrospettiva “C’era una volta Bracciano”. Le primegite sociali. Il fiore all’occhiello dell’attività del primo decennio è ilConcorso Internazionale “Fotografia e Meteorologia” nel 1980, cuifa seguito uno scambio di visite e mostre con un club fotografico diViroflay, cittadina francese gemellata con Bracciano. Cresce sial’apprezzamento della cittadinanza che il consenso di enti pubblici ealtre associazioni. La ricerca fotografica “Le acque nel Bracciane-se”, con la partecipazione fattiva della Forum Clodii, l’itinerario turi-stico-culturale “Riviviamo il centro storico”, con mostre e proiezio-ni, la “Passione di Cristo” e il “Presepe Vivente”, la partecipazioneal nuovo concorso fotografico nazionale “Riscopriamo l’Italia”: tuttequeste manifestazioni vedono crescere sempre più lo spessore cultu-rale della Fotocineamatori. Col “tempo si intensifica anche l’attivitàstrettamente amatoriale che si concretizza nella mostra “La campa-gna romana di Sandro Becchetti” (1986), nella partecipazione al

Foto Roma Show dal 1990 al ’98 e alle mostre FIAF in tutta Italia.Il 1995 segna l’avvento della multivisione tra i Fotocineamatori.Quindi le mostre “Il ’900 a Bracciano”, “Bracciano negli anni

2000”, la mostra del trentennale e la “Festa della fotografia” per il 35°anniversario. Poi varie edizioni del Premio di Fotografia Estempo-ranea Digitale “Lago di Bracciano”, il “Centenario della Fondazionedell’Associazione Sportiva Calcio Bracciano 1910”, varie edizionidel progetto sovracomunale “Essere insieme”, in stretta collaborazio-ne con la Asl. Ad oggi, senza ombra di dubbio, si può affermare chel’A.F.Bc. rappresenta orgogliosamente in modo tangibile la memoriastorica del territorio. Importanti le pubblicazioni. In primo luogo i trevolumi di “Ritratto di Paese”:il 1° “un secolo di fotografia”, il 2°“Bracciano com’era”, il 3° “Bracciano…per sempre”.

Quindi “Vagabondando…con la macchina fotografica”,Trent’anni di AFBc (1972-2002), 40 anni di fotografia (1972-2012).

Di grande valore l’apporto che ognuno dei soci, a suo modo, ed inparticolare dei presidenti che si sono succeduti nel tempo, hannoriversato nelle attività, facendo solido gruppo, contribuendo così amantenere vivo negli anni lo spirito di coesione circa le finalità diquesta associazione.

Festeggiamenti per l’anniversario della fondazione dell’Associazione

Cara lettrice, caro lettore,Internet non è un mezzo consueto, per chi è nato nel 1915; ma è il mezzo di comunicazione delpresente, e ho pensato di usarlo. Sono un figlio dell’ultimo secolo dello scorso millennio: quelNovecento che ha prodotto gli orrori della bomba atomica e dello sterminio di massa, ma anchele speranze e le lotte di liberazione di milioni di esseri umani.Scriveva Bertolt Brecht:“Nelle città venni al tempo del disordine, quando la fame regnava.Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte, e mi ribellai insieme a loro”.Il mondo è cambiato, ma il tempo delle rivolte non è sopito: rinasce ogni giorno sotto nuoveforme. Decidi tu quanto lasciarti interrogare dalle rivolte e dalle passioni del mio tempo, quan-to vorrai accantonare, quanto portare con te nel futuro.Buona esplorazione.

a cura di Claudio Calcaterra

Ingrao: “il tempo delle rivolte non è sopito”Ci piace ricordare Pietro Ingrao attraverso le parole da lui scritte nel suo sito

6Ottobre 2015 Gente di Bracciano

che ci portano a destinazione mi si rivelatutto chiaro: due centimetri a destra e duea sinistra, non di più, una piccola esitazio-ne e il camioncino raderebbe i muri deivicoli, o viceversa, ma Sisto vola, rimanesolo la mia apprensione e la mia ammira-zione per quella sua guida “volante”.

Rimango colpito dal fatto di entrare inun luogo che ha 700 anni di vita: ne deveaver viste di cose! Sisto getta una luce nelforno: la volta è ancora quella antica, unmetro e dieci, un metro e venti d’altezza, imattoni tutti messi a taglio, lungo circaquattro metri, c’entrano tre porchette! Miracconta che quello è il suo luogo di lavo-ro, ma anche di meditazione.Vorrebbe chequel luogo potesse parlare per raccontarglistorie, in mancanza le sogna lui. È incan-tato dal mistero di quei muri trecenteschi.

non poteva partecipare perché era il suoturno, lungo sei mesi, di ricerca sui muta-menti dell’ambiente laggiù, nel Polo Sud,così si portò via un po’ di porchetta e pro-mise una bella sorpresa al suo ritorno.

E così fu. Quando tornò aveva con sèuna strana foto: una porchetta giuggiolavatra pinguini curiosi, sì, proprio una por-chetta, seppure di cartapesta: fu il suomodo di festeggiare la Moretta. La foto famostra di sé nel negozio della Moretta.

Oggi Giacomo, loro figlio, gestisce unpunto vendita sulla piazza di fronte all’usci-ta del castello. La quarta generazione siaffaccia per continuare a far vivere il fornoantico di Bracciano, il forno di Clara, conun tocco di gioventù e tanto orgoglio perchèriesce a mantenere viva la tradizione deinonni. Francesco Mancuso

Mi porta fuori e mi fa vedere il puntodi sutura del muro con il tetto, appaiono,come disegnate, delle merlature, forse erauna torretta d’avvistamento in tempi in cuiil Castello ancora non c’era! Dentro ilcuore del borgo di Bracciano vive un fornoantico e Sisto ne è il profeta. Per un attimomi sento conquistato dal clima medievalein cui Sisto mi ha trascinato, poi vedo i solidove “alloggiano” le porchette impalate,delizie per il viandante goloso, e alloratorno in “terra”. Mentre torniamo allamagione, sempre sfiorando i muri dellecase dei vicoli, mi racconta la storia di unsuo affezionato cliente che lavoravaall’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuo-ve tecnologie, l’energia e lo sviluppo eco-nomico sostenibile. Per i 50 anni di attivi-tà la Moretta si era messa in festa, ma lui

Clara, Sisto e il figlio Giacomo

Il giorno del giudizio universaleA pochi passi dal temporale i nostri miseripensieri della perduta memoria.Ai limiti di guerre vicine e lontane,carnefici e vittime, a pochi passi dal temporale.Si lo so, rapidi incontri,difesa della nostra coscienza e,lontananza dai nostri occhi.Sì lo so, l’ultimo albero superstite…Sì lo so, le trasparenze mancanti…Sì lo so, le migrazioni del dolore…Alle porte arrugginite dell’odio razzistache conosciamo noi a pochi passi dal temporale.A sinuosi silenzi e, breve, il canto dei sicari.

A un passo dal volo la fiamma del nulla.Ancora noi. All’alba della pioggia…A pochi passi dal temporale.

VecchioMi perdo nella notte,annuso i fantasmi e le stelle.Cammino guardingo e ho paura.Non so come farò a tornare indietro.Mi interesso alla vita, improvvisoil gioco dell’assuefazione.Vivo d’indipendenzae trasporto sospiri.

Claudio Calcaterra

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na, significa solo che “tempo” non è un concetto utile quandosi studiano le strutture più generali del mondo… L’ho letto eriletto, ho tentato di capire, ma mi sono sentito più agitato esconcertato di quel mio lontano antenato… mi sono consola-to un po’ solo con il fatto che neanche lui, allora, capiva beneil cielo sopra di lui….poi…poi…è arrivata tanta scienza…..

Quando è nato il primo “pensiero”?Per un lungo periodo, sempre quando il nostro antenato

cominciò a camminare, l’unico e feroce istinto che lo tenne invita fu quello della sopravvivenza. Era in un mondo ostile,pieno di enormi carnivori anch’essi alla ricerca della soprav-vivenza, solo quando liberò le mani poté cominciare a creareoggetti di difesa e d’attacco, aprendosi così alla comunicazio-ne con i suoi simili. Immagino quel mio antenato che, dopouna giornata di rischi e paure per procacciarsi di che vivere,prima di addormentarsi nella sua caverna viene “assalito” dairicordi della giornata e dalle cose da fare il giorno dopo: chisa se qualcuno si sarà chiesto da dove arrivassero quelle paro-le silenziose che sorgevano da dentro il suo corpo.

Ci volle Ippocrate, attorno al 400 a. C., per affacciare l’ipo-

tesi che la sede dei pensieri fosse il cervello. Aristotele ritene-va invece che il cervello era deputato a raffreddare il sanguecaldo, secondo lui gli esseri umani erano più razionali dellebestie in quanto possedevano un cervello più grande in gradodi raffreddare meglio il loro sangue caldo. Nel tempo in cuil’uomo modellava la Venere di Milo e il pensiero si estrinse-cava in sottili e profonde argomentazioni filosofiche, il cer-vello era ritenuto del tutto estraneo a queste realizzazioni.

Ci volle il buon Galeno negli anni 100 per mettere un po’d’ordine nella materia. Dissezionò il cervello di molti animali,specialmente ungulati, e ne studiò le caratteristiche.

Attraverso l'osservazione delle differenze di struttura e disostanza fra cervello e cervelletto, concluse che il primo, essen-do più tenero, dovesse essere il contenitore delle sensazioni,mentre il secondo, essendo più denso, dovesse controllarei muscoli. Le sue conclusioni non erano molto lontane dalla

retta definizione dell'ordine dei pianeti, della rivoluzione quo-tidiana della Terra intorno al proprio asse, della precessionedegli equinozi. Bisogna dire che, inascoltato, già Aristarco diSamo, attorno al 300 a.C., aveva sostenuto il sistema eliocen-trico. Ce lo ricorda anche Giacomo Leopardi che scrisse ingioventù una storia dell’Astronomia, stimolato da un’eclissiche si presentò a Recanati nel 1811 e da una cometa che passòsopra il suo cielo, ma essenzialmente perché riteneva che solola scienza può eliminare gli errori dell'ignoranza, della super-stizione e della magia. Tutti erano però convinti che quellofosse l’unico mondo del creato.

Ci volle tanto tempo ancora, molto studio e nuovi e più sofi-sticati strumenti di osservazione per scoprire che la nostra è unagalassia tra altre cento miliardi osservabili. Penso al mio ante-nato che per primo alzò gli occhi al cielo, vorrei consolarlo,anch’io sono rimasto sgomento quando ho saputo che razza diniente infinitesimale è il luogo dove vivo e sogno. Fa impres-sione vedere una fotografia di Hubble, il grande telescopio nar-rante che abbiamo spedito nello spazio, delle galassie osserva-bili: ammassi di stelle, le più grandi galassie arrivano a conte-

nere miliardi di stelle, di polveri di stelle, di buchi neri, di scop-pi nucleari. E sono ancora alle prese con due concetti che nonriesco a digerire.

1. Gli scienziati ci dicono che lo spazio non è piatto, ma sol-cato da onde: un grande oceano più o meno mosso in cui scor-rono, sbattono, vivono e muoiono miliardi di stelle. E ci dico-no che questo immenso universo, elastico e costellato digalassie è cresciuto per una quindicina di miliardi di anni,emergendo da una piccola nuvola caldissima e densissimaquel giorno del big bang.

2. Poi c’è la questione del tempo. “Il tempo? Se non melo chiedi so cos’è. Ma se me lo chiedi non lo so più», dicevaAgostino d’Ippona, il vescovo vissuto tra il IV e il V secolo.

Nel suo bel libro divulgativo “Sette brevi lezioni di Fisica”,Carlo Rovelli scrive che “il tempo non esiste”, ma che questonon significa che non ci sia il tempo nella nostra vita quotidia-

8 9Ottobre 2015 Gente di Bracciano Ottobre 2015 Gente di Bracciano

Aveva da poco imparato a camminare, finalmente pote-va utilizzare le mani per accendere il fuoco, andare acaccia, inventare segni per farsi capire. Quella notte

era felice, la caccia gli aveva permesso un lauto pasto, il fuocoera caldo e la sua donna lo stava aspettando, improvvisamen-te alzò gli occhi il cielo ed ebbe una vertigine: non aveva maifatto caso a tutte quelle luci sopra la sua testa. Gli nacque unpensiero, forse il primo oltre il capire come fare per sopravvi-vere e ne fu piacevolmente sgomento: la terra sotto i suoipiedi e quelle luci, solo molto più tardi seppe che erano pia-neti e stelle, lassù, sconosciute, irraggiungibili, che sparivanoquando quella più grande annunciava un nuovo giorno.

Pensò che sotto di lui ci fosse solo terra e sopra solo cieloe immaginò forze sovraterrene che governavano il movimentodi quei misteriosi lumini nel cielo. Quella notte immolò unapreda a quello che “nominò” il suo nuovo protettore, colui chegoverna il cielo e la terra. Secoli dopo un greco, un certoAnassimandro, passò anni a studiare il cielo, non lo convince-va questa storia che sotto c’era solo terra e sopra solo cielo, sichiedeva dove andasse quella palla di fuoco la notte e comemai, mentre lei spariva, apparisse quella strana falce che manmano, con il passare dei giorni, si riempiva fino a diveniretonda. Ci mise del tempo ma capì che lui viveva su una speciedi isola di terra, un grande sasso forse, e che tutto attorno c’eracielo, sostenne, insomma, che la Terra galleggiava immobilenello spazio, senza cadere e senza essere appoggiata a nulla.

Poi arrivarono, poco tempo dopo, Pitagora e Parmenide,siamo attorno al 500 a.C., che capirono che la forma dellaterra non poteva che essere sferica. Fu Aristotele nel suo libro“Sul cielo” a usare “argomenti scientifici” per sostenere lasfericità della terra: immaginò la terra sospesa nel “vuoto” e,a cerchi concentrici, tutti quei puntini luminosi che le orbita-vano attorno a distanze irregolari. È questa l’immagine del-l’universo che Dante studierà a scuola.

Ci vollero altri secoli per sistemare meglio la faccenda.Siamo attorno al 1500 e un tal Copernico dimostrò che non

poteva essere la Terra al centro del mondo, bensì il Sole.Va detto che fu molto cauto nel propagandare le sue idee,

temeva la reazione della Chiesa cattolica che vedeva minac-ciato il suo dogma più profondo, la centralità della creazionedella Terra da parte del suo Dio, onnipotente e onnisciente: laTerra un semplice lumino che gira attorno al Sole, roba da noncredere! Non fu un caso che il nucleo centrale della sua teo-ria, l'essere il Sole al centro delle orbite degli altri pianeti, enon la Terra, fu pubblicato nel libro De revolutionibus orbiumcoelestium solo l'anno della sua morte. Il libro è il punto dipartenza di una conversione dottrinale dal sistema geocentri-co a quello eliocentrico e contiene gli elementi più salientidella teoria astronomica dei nostri tempi, comprese una cor-

L’universoe il cervello:una coppia di amantiseraficamente diabolici

realtà. Ma il cervello, la sua struttura, il suo funzionamentorimasero ancora per secoli sconosciute, ancora alla finedell’800, seppure fosse ormai riconosciuto come il “luogo”del pensiero, la sua struttura era oggetto delle più disparatecongetture.

Ci provò Leonardo da Vinci a capire, ci ha lasciato disegnidel cervello straordinari, descrivendo le connessioni che esi-stevano tra il cervello e gli organi di senso, tra il cervello e ilmidollo spinale, ma migliorò poco la conoscenza del funzio-namento di questo nostro strano amico cranico. AncheAndreaVesalio ci ha lasciato straordinarie immagini del cervello.

Ne dissezionò parecchi e corresse gli errori di Galeno.Anche a lui toccò fuggire per salvare la propria vita, le sueipotesi mettevano in dubbio la natura divina della menteumana. Il progresso della conoscenza del cervello e del siste-ma nervoso è avvenuta in maniera discontinua, tra balzi earresti, così come per le scoperte dell’universo.

Oggi sappiamo che nello strato corticale del cervello viaggia-no un milione di miliardi di connessioni che danno comandialle nostre emozioni, ai nostri pensieri, ai nostri gesti, ai nostrisensi. Una famosa ricercatrice a cui è stato chiesto a che puntosiamo nella scoperta del funzionamento del nostro sistema ner-voso e della sua centrale energetica ha risposto: “se immaginia-mo che la meta sia posta al decimo scalino di una rampa tortuo-sa, noi siamo vicini a raggiungere il quarto”, aggiungo io,inguaribile “ottimista”, che i primi si fanno con leggerezza,siamo ancora freschi…la fatica è arrivare in cima! Ho scopertoqueste cose in un difficile, intanto per me, libro di Rita LeviMontalcini “L’asso nella manica a brandelli”. Ho incontratol’ippocampo e l’amigdala, la capacità del cervello di modifica-re sé stesso, i lobi parietali, temporali e frontali, il talamo, ilsistema limbico, il cervelletto e le straordinarie connessioni cheesistono tra loro, come apprendiamo e ricordiamo e mi diconoche siamo all’inizio della conoscenza di mister cervello…

Dopo aver navigato per il mistero e il fascino dell’universoe della “mente” proviamo a tornare a noi. Che posto abbiamonoi che amiamo e odiamo, che ridiamo e piangiamo, che aiu-tiamo e distruggiamo, in questo intrigante e inquietante affre-sco che ho tentato di tracciare, del tutto parziale e con sicureinesattezze? Intanto c’è da osservare che siamo anche il sog-getto che indaga e studia la struttura dell’universo e le funzio-ni del cervello e lo facciamo attraverso idee e pensieri che siformano in quel dedalo di fili che s’intrecciano nella nostrasimpatica calotta cranica, seppure è d’obbligo affermarlo conprudente prudenza stante dove siamo, ad oggi, arrivati nellaconoscenza del fenomeno. E siamo anche fatti degli stessiatomi che si scambiano le foglie sugli alberi e le stelle nellegalassie. Allora cosa sono le nostre credenze, i nostri valori, lenostre fibrillazioni, il nostro sapere, che ci fanno sentire, spes-so, assolutamente unici? Ovviamente la risposta è incerta,come la nostra esistenza. Malgrado ciò non riesco ad evitarela domanda, la sento essenziale e credo che senza questa ten-sione dell’uomo a scavare in questi misteri saremmo ancoranelle caverne a stupirci del battito del nostro cuore…tum,tum, tum, così batteva il cuore del primo fibrillante, quelrumore lo terrorizzò, ma mai avrebbe supposto che provenivada dentro sé stesso, alzò gli occhi al cielo e uccise una preda,a volte un nemico, per calmare la rabbia del Dio creato dallasua mente, a difesa del suo non-sapere. Molti pensano che lastrada della conoscenza è la speranza dell’uomo per vivere inarmonia, con sé e con la natura. A me rimane il dubbio, mal-grado millenni di scoperte e di rivoluzioni nella conoscenza,che sia, invece, rimasta una vistosa traccia, nelle reti intricatedel nostro cervello, della violenza che permise ai nostri ante-nati di sopravvivere.

Aiuto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Francesco Mancuso

Controcorrente 9

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11Ottobre 2015 Gente di Bracciano

La voglia di fare gruppo e di promuoverecontenuti e iniziative in piena autonomia

esiste da sempre, ma mai come oggi rappre-senta un grande valore aggiunto alla vitasociale della comunità.

Alla sfiducia generalizzata verso la politicache travolge anche il riconoscimento delleistituzioni pubbliche si oppone la forza del-l’iniziativa delle associazioni sempre piùnumerose e sempre più desiderose di riusciread affermare la propria presenza sul territorio.

A Bracciano, ad oggi, si contano 150 as-sociazioni iscritte all’Albo Comunale ed aqueste si devono aggiungere i gruppi che,pur non avendo formalizzato la propria pre-senza sul territorio, si incontrano, progetta-no e realizzano eventi spesso originali ericchi di prospettive stimolanti.

La vitalità dell’associazionismo a Brac-ciano è testimoniata dall’evento della “Festadel volontariato” che si realizza a settembrein Piazza IV Novembre già da 10 anni e chequest’anno avuto il significativo titolo

L’Associazionismo: una risposta sanaalla crisi della politica

“Bellezza è diversità” con la partecipazioneattiva di circa 30 associazioni che per seigiorni, dall’8 al 13 settembre hanno movi-mentato la vita cittadina promuovendo leproprie attività ed organizzando proiezioni,mostre, laboratori all’aperto, spettacoli tea-trali, musica, ballo ed happening diversi.

La mancanza di risorse economiche delComune non ha impedito lo svolgersi dellamanifestazione: non sono serviti contributipubblici, è bastata la disponibilità dellospazio e l’energia della partecipazione del-le persone per creare un evento gioioso ecoinvolgente.

È un bell’esempio di applicazione delprincipio della sussidiarietà orizzontale chedà vita ad un nuovo modello di cittadinan-za attiva con l’affiancamento degli organi-smi del privato-sociale alla sfera pubblicain un rapporto paritario dove tutti mettonoa disposizione quello che hanno senza sta-bilire gerarchie, ma semplicemente coordi-nandosi.

Sul ponte levatoio di BraccianoSul ponte levatoio di Bracciano si elevano intelletti saliscendi,mazzate e fumo sulla gente ignara, su chi scrive e va per la sua strada.Tramonto e lezzi van giù pe’ l’orizzonte, rotolan sassi mirati sulla fronte…Il fiume degli attacchi colpirà con sciabolate alla personalità.Pergamene in disuso di tal fatta, s’accartocciano al vento di disfatta!Come cambiare il mondo? Oh, idioletto!!! Una guerra al giorno.Così falsi scrittori e alieni da conversazione,col malaugurio ad ogni piè sospinto, uniti da cappuccio ed arroganza,col loro sport qual è l’insofferenza, felici di accentuar, con evidenzaogni disgrazia altrui o discrepanza, con il cornetto in bocca e masticando fiele,con maschilismo di seconda mano…di cui van fieri, i Cavalieri Neri,fossili ormai, una tribù loquace nel borgo di Bracciano, che sventura,con gran recrudescenza questionando con la bandiera del cattivo gusto.Rapace è la memoria nel frattempo. E allor? Che pizza, che scommessa!!!Vaghezze o perbenismo culturale? Soggiace la sindrome del dir d’aver ragione.Pipistrelli da dottrina, quand’è sera, tornano a casa mogi.Sul ponte levatoio? Ghigliottina!!!

Silvana Meloni

Si tratta di saper convogliare le energiepositive che orbitano nella nostra societàpost consumista in un progetto più ampioin grado di attribuire un ruolo innovativoed efficace alla pubblica amministrazioneper facilitare uno sviluppo socio-economi-co sostenibile attraverso il coinvolgimentodi tutti gli attori presenti nel territorio enella comunità.

La chiave di volta per il superamentodella crisi di fiducia nei confronti di tutte leistituzioni pubbliche non può arrivare dalloscontro tra la Parte Pubblica e gruppi di cit-tadinanza che rivendicano legittime esigen-ze insoddisfatte perché quest’opera di dele-gittimazione finisce inevitabilmente perritorcersi contro la stessa cittadinanzafacendo saltare le regole base che permet-tono una convivenza civile. Quello cheserve, al contrario, è la ricerca di un pianodi incontro e collaborazione tra le forzeattive della cittadinanza e le amministrazio-ni pubbliche in modo da agevolare e soste-nere l’azione dei gruppi di cittadini chevogliono dare il proprio contributo per ilbenessere sociale.

Spetta al Pubblico fare le regole e vigilaresul loro rispetto, mentre al privato va lascia-ta la libertà di agire con progetti autogestitiche dalle Istituzioni devono ricevere il giu-sto sostegno nella certezza che le personesono portatrici non solo di bisogni ma anchedi capacità e che è possibile che queste capa-cità siano messe a disposizione della comu-nità per contribuire a dare soluzione, insie-me con le amministrazioni pubbliche, aiproblemi di interesse generale.

Esistono delle bellissime esperienze fatte inquesta direzione sia in Italia che in altri Paesidel mondo. La speranza è che ancheBracciano riesca a trovare la modalità pervalorizzare degnamente le tante capacità eintelligenze possedute dalla propria comunità.

Biancamaria Alberi

L’Associazione CulturaleGente di Bracciano

invitatutti coloro

che sono interessati alle nostreattività ad associarsi.

Per informazioni ed [email protected]

349 1359720

ADERISCI AL PROGETTO“GENTE DI BRACCIANO”

10Ottobre 2015 Gente di Bracciano

BraccianoVia Principe di Napoli, 9/11

Tel./Fax 06 90804194www.caffegranditalia.com

Eh sì! ogni paese ha eccellenze di vario tipo, qualcunapiù conosciuta, qualcun'altra un po' meno.ABracciano di eccellenze ce ne sono diverse, ma questa

è particolarmente “gustosa”. Chi è quest'eccellenza? Ve lodico subito. Perché gustosa? Vi dico subito anche questo.Dunque: l'eccellenza è Attilio Pettirossi. È “gustosa”

perchéAttilio è un grande chef e lo è a livello internaziona-le, ma anche a livello locale. La sua preparazione di piattiparticolarmente ricchi di vitamine capaci di “scatenareenergie” ha contribuito a rendere meno dura la vita degliscienziati impegnati in un'importante spedizione scientifi-ca inAntartide. Quando la temperatura raggiungeva i - 50gradi una minestra fumante certo risollevava il morale.Che ne dite? E che dire della sua organizzazione nellevarie cucine, dei cestini, panini e pranzetti organizzata pertutta la troupe del film kolossal “Marco Polo”? Anche icinesi battendo le mani gli hanno fatto i complimenti“blavo, blavo”.

E i pranzi per i divi di Hollywood? Quelli poi! Anchedopo aver bevuto bicchieri e bicchieri di un miscuglio diliquori, mandati giù tra risate e pacche sulla spalla al divoo alla diva vicino al divanetto, tutti insieme, battendo lemani e ritmando “Attilio, Attilio” “spachetti, spachetti” equalcuno aggiungeva “alla cabonara” Attilio.Insomma,Attilio nell'inventare e mescolare sapientemen-

te sale, pepe, mayonese, pomodori, spezie e sughi e parmigia-no è imbattibile. Qual è il suo segreto? Tanta passione contanto amore per il suo lavoro e tanta esperienza. Sarà questoil suo segreto per preparare piatti veramente unici? Per quel-lo che mi riguarda la sua ricetta per preparare spaghetti allaPapalina mi è piaciuta moltissimo. Beh quando lo incontratefatevela dare! E sì.Attilio Pettirossi è proprio un'eccellenza gustosa.

Luigi Di Giampaolo

Un'eccellenza gustosa a Bracciano

Attilio Pettirossi da istruzioni per la preparazione dei tortellini

La cucina oltrefrontiera diAttilio Pettirossi

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13Ottobre 2015 Gente di Bracciano

e non si poteva esercitare la vendita pena la multa di un carli-no. Era consentita qualche eccezione appositamente autorizza-ta ma la bottega doveva essere sempre socchiusa e potevaessere aperta solo su richiesta dell’avventore esterno e, comun-que, sempre dopo la celebrazione della messa maggiore. Manelle festività religiose riferite a: Domenica di Resurrezione,Natività, Epifania, Pentecoste, S. Maria del mese di agosto(Maria Assunta), S. Stefano e S. Sebastiano, non si ammette-vano eccezioni o deroghe: tutti i negozi dovevano essere obbli-gatoriamente chiusi al pubblico. Nel Venerdì Santo, poi, tutte letaverne dovevano essere ermeticamente chiuse.

Lo Statuto prevede, inoltre, non solo dinieghi a non fare, maanche obblighi a cui sottostare. Per esempio, nelle festività diNatale, Pasqua, S. Sebastiano, S. Stefano, S. Giovanni Battistae dell’Assunta, il Vicario doveva convocare i massari o priori(i quattro che presidiavano alla gestione amministrativa dellacittadinanza) ed insieme dovevano assistere alla messa mag-giore. La messa maggiore, un tempo detta anche messa canta-ta, che si celebrava nella tarda mattinata, rappresentava l’even-to centrale delle celebrazioni festive.

Non bisogna dimenticare che il primo atto che il Vicariodoveva fare, subito dopo la sua nomina e prima di entrare nellacarica (che veniva rinnovata ogni sei mesi), era quello di giu-rare fedeltà ed osservanza delle norme proprio durante lamessa maggiore e davanti all’altare di S. Stefano del duomo.Venivano anche elencate, sempre nello Statuto, le festivitàdurante le quali vigevano alcuni vincoli.

Nell’esercizio della giustizia, per esempio, erano previstedelle pause per le udienze ed indicati i giorni di riposo daosservare, in onore di Dio e dei santi (sono comunque previstianche periodi di sospensione per motivi agricoli connessi allamietitura ed alla vendemmia). Da ciò si deduce che l’accerta-mento del reato da perseguire, o i tentativi di comporre le liti,erano meno importanti dell’osservanza dei riti religiosi o dellecure della campagna e, pertanto, queste esigenze venivanoanteposte alle vertenze giudiziarie.

Le festività, nelle quali l’attività giudiziaria si fermava, ven-gono di seguito raggruppate in base al riferimento, ma, nel-l’ambito del riferimento, sono elencate nell’ordine indicatonello Statuto. Riferiti a Cristo sono: Natale e vigilia,Circoncisione, Epifania, Domenica di Resurrezione (anchedue giorni prima e due dopo), Ascensione, Pentecoste (estesaanche ai due giorni successivi), Corpus Domini, Invenzione edesaltazione Santa Croce. Più tutte le domeniche dell’anno.Riferiti alla Madonna sono: Concezione Maria Vergine,Purificazione, Assunzione, Annunciazione, Natività. Riferiti aiSanti sono: S. Stefano, S. Giovanni Evangelista, Innocentini,S. Silvestro, Conversione di S. Paolo, S. Sebastiano, S.Gregorio, S. Agostino, S. Girolamo, S. Giorgio, San Marco,Dedicazione S. Michele Arcangelo, le ricorrenze dei dodiciApostoli, S. Giovanni Battista (24 giugno) e sua decollazione(29 agosto), S. Lorenzo, S. Francesco, Ognissanti, S. Caterina,S. Lucia, S. Maria Maddalena.

L’osservanza delle festività, pertanto, era solo in funzionereligiosa e solo saltuariamente si abbinavano manifestazioniludiche volte al divertimento della popolazione. Messe e pro-cessioni era quanto offriva il “convento” e dovevano bastare.

Gli eventi “mondani” erano per lo più concentrati nelle duefiere (prima domenica di maggio e S. Lucia) e nella tradizio-nale escursione primaverile a S. Liberato che si svolgeva ilprimo giovedì di marzo e coinvolgeva prevalentemente la gio-ventù: una vera “pasquetta” ante litteram.

Pierluigi Grossi

forzamento agli invocati interventi nei confronti di S.Sebastiano, anche lui santo protettore della peste. Le pestilen-ze dovevano fare grande paura per invocare anche un “aiutino”suppletivo!

La ricorrenza di S. Angelo, invece, è riferita a S. MicheleArcangelo che veniva festeggiato sia l’8 maggio (apparizionedel santo al vescovo di Siponto) che il l 29 settembre (giornoin cui ricorreva l’anniversario della costruzione della basilica

a lui dedicata). Il riferimento all’importanza delle festivitàcoinvolge anche i blasfemi con l’aggravamento della pena percoloro che bestemmiavano.

Sempre dallo Statuto si evince che “poiché il tempo, illuogo, ed il cospetto aggravano i delitti così chiunque bestem-mierà nei giorni festivi o solenni, o in chiesa o in luogo sacro,o alla presenza del signore o dell’ufficiale la pena sarà aumen-tata del doppio da quella espressa nel precedente capitolo”.

Altri punti dai quali si evincono le festività da osservaresono quei capitoli dello Statuto che regolano l’attività com-merciale. Era proibito infatti aprire i negozi nei giorni festivi

San Rocco invocato dai fedeli contro la peste

Ottobre 2015 Gente di Bracciano12

Bracciano nel Cinquecento: le festività da non mancareDa San Sebastiano a San Rocco. Devozione per Statuto.Multe di un carlino per chi lavorava nel giorno di festa

Aparte le festività religiose riferite a Cristo o alla Madonna,comuni a tutta la cattolicità, non sono molte le ricorrenze

riferite ai santi, o ad eventi a loro riconducibili, che vengonofesteggiate a Bracciano. Attualmente sono praticamente limi-tate a S. Sebastiano (patrono, celebrato il 20 gennaio), S. Ste-fano (al quale è dedicato il duomo) e S. Lorenzo (patrono diPisciarelli e festeggiato nella frazione il 10 agosto). S. Stefanoe S. Sebastiano sono le uniche due ricorrenze storicamentesempre presenti anche nel passato. Bracciano, inoltre, vanta,fuori dal calendario dei santi, una festività specifica, che con iltempo è diventata anche la più importante, ed è quella riferitaal SS. Salvatore. Non conosciamo con certezza il periodo sto-rico in cui si è affermata, ma si presume che sia avvenuta versola fine del 1500, in contemporanea con l’insorgere della leg-genda legata al ritrovamento del trittico del SS. Salvatore, dalmomento che nello Statuto di Bracciano, emanato nel 1552,non si fa mai accenno a questa festività.

Andando ora ad indicare le altre festività, analizziamo sem-pre lo Statuto per estrapolarle dal contesto delle varie norma-tive. Nello Statuto si accenna alle festività in concomitanzacon alcune circostanze: nell’indicazione delle pene da sommi-nistrare per reati di vilipendio o mancato rispetto della religio-ne, nei giorni previsti per il riposo dal lavoro e dalle attivitàcommerciali, e per l’amministrazione della giustizia. Si pre-mette che nei giorni festivi era proibito lavorare, sia diretta-mente che con gli animali, in qualunque mestiere e per qual-siasi attività. Erano consentite eccezioni per particolari causedi necessità o urgenza, ma dovevano essere autorizzate.

In caso di trasgressione si era sottoposti alla pena pecuniariadi un carlino, pena che si raddoppiava se l’infrazione avveni-va “in festivitatibus Sancti Stephani, et Sancti Sebastiani, etSancti Rocchi, et Sancti Angeli de mense maij et septembris”,come cita testualmente lo Statuto.

La multa di un carlino (moneta che deriva il suo nome origi-nario dal re Carlo di Napoli) non era poi così leggera!

Per avere una idea del suo valore, si precisa che lo stipendiomensile del Vicario del duca, quindi massima autorità, corri-spondeva a circa 20 carlini e, di conseguenza, 1 carlino rappre-sentava la retribuzione del Vicario di circa una giornata emezza lavorativa.

Le feste ritenute più da rispettare erano quindi quelle di S.Stefano, S. Sebastiano, S. Rocco e S. Angelo. Mentre rispon-de a logica inserire tra le festività più importanti quelle di S.Stefano e di S. Sebastiano appare singolare l’importanza dataa S. Rocco e la doppia festività di S. Angelo. S. Rocco è statoun santo molto controverso, di cui è stata messa in discussio-ne la sua stessa esistenza e comunque la collocazione tempo-rale della sua vita (sembrerebbe vissuto tra il 1348 ed il 1379).

Morì molto giovane, appena trentenne, dopo aver passato gliultimi 5 anni della sua vita in carcere e, quindi, avendo avutomodo di esplicare la sua attività in un arco di tempo moltobreve.

Ciononostante, la sua fama fu repentina e la sua affermazio-ne è connessa alla peste, di cui divenne il principale antidotonella tradizione popolare a seguito, si tramanda, della guari-

gione da lui effettuata di qualche persona e, soprattutto, di uncardinale. E’ opportuno ricordare che nel 1347 ci fu la piùimportante pestilenza a livello europeo e, di conseguenza,tutte le popolazioni di ogni nazione erano atterrite dalla pauradi questo male.A parte la citazione dello Statuto, non si riscon-tra a Bracciano un culto tradizionale o particolare nei confron-ti di S. Rocco. Esiste solo una chiesetta a lui dedicata, posta aCastel Giuliano, ma costruita solo verso la fine del 1600. Lafestività, che doveva celebrarsi il 16 di agosto, non viene inve-ce indicata, sempre nello Statuto, tra quelle per le quali eranosospese le audizioni di giustizia.

Questa sporadica dedizione a S. Rocco appare come un raf-

Santa Maria del Riposo, altare centrale. Raffigurazione di San Sebastiano,patrono della comunità di Bracciano (XVI secolo). www.forumclodii.org

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15Ottobre 2015 Gente di Bracciano

“Oasi” in riva al lagoSul lago di Bracciano, a ridosso del Ristorante Alfredo, tre

aitanti e simpatici ragazzi: Valerio, Mattia e Bruno, hannocreato una piccola “Oasi”. Valerio e Mattia, con la loro sim-patia e cordialità, gestiscono un accogliente chiosco-bar dove,oltre che consumare fresche bevande, gelati e caffè, vengonoserviti ai clienti, comodamente seduti ai tavoli posti sotto ilfresco dei lecci e dei pini, gustosi pranzetti e sfiziosi panini.Bruno, coadiuvato dalla bella e dolce signora Naida, con lasua abbagliante abbronzatura, intrattiene i bagnanti con gen-tilezza, allegria, disponibilità e grande capacità di animazio-ne, riuscendo a coinvolgere gli ospiti, giovani e meno giova-ni, a trascorrere giornate divertenti tra balli, canti e giochi

collettivi, all'insegna dellaserenità e del benessere fisi-co-mentale; sempre beneattento a tutti quei bambinie giovani che tra grida digioia e risate si sfidano gio-cando con i gonfiabili delparco acquatico. Grazie,Valerio, Mattia, Bruno edolce signora Naida.Vi attendiamo la prossimaestate, per ritrovare quellagioia e serenità che avetesaputo donarci in questaestate del 2015, andatalentamente in letargo.Arrivederci all'estate 2016!

Claudio e Mena

Nella mia vita politica vissuta a Bracciano posso dire di esse-re stato fortunato. Nel mio partito, nella mia sezione, sono sempre

stato circondato da persone oneste. Dagli anni ’80 fino ad oggi ho con-diviso una storia collettiva con persone al di sopra di ogni sospetto chehanno interpretato la militanza politica come uno strumento per miglio-rare la vita dei cittadini. Persone che hanno sempre combattuto i cor-rotti politici locali e respinto ogni tentativo di corruzione. E’ il filorosso che unisce tante vicende e lega tutti i nomi che ho voluto raccon-tare ed elencare in un mio libro di ricordi e di passioni.

Oggi trovo veramente vergognoso che il migliore esponente (per leindiscusse qualità e per la evidente quantità di cose fatte visibili a tutti) chela classe politica locale ha prodotto negli ultimi anni nella nostra cittadinae non solo nel mio partito, sia al centro di un locale polverone mediaticoformato da beceri pettegolezzi, goffi tentativi di utilizzare la magistraturacome strumento politico per eliminare l’avversario, uso di termini che ten-tano di creare solo confusione “Braccianopoli”, “Cittadini contro lemafie…”, “Imminente arresto”, “Collegamento con Mafia Capitale” ecc.

Eppure sarebbe sufficiente che un po’ di vento spazzi via il polveronemediatico per scoprire che sotto sotto, c’è il nulla.

Giuliano Sala è stato sindaco di Bracciano dal 1994 al 1998, dal1988 al 2002, dal 2007 al 2012, tanti anni di “gestione del potere” pas-sati senza che si sia mai alzato un polverone, in questo caso il nulla eraevidente. Dal 2012 ad oggi, improvvisamente, dopo l’ulteriore vittoriaelettorale, ecco il grande polverone. Alcuni consiglieri comunali scon-fitti in cerca di improbabili rivincite, un movimento politico che ha sololo scopo di dimostrare che loro sono puliti (senza potere) e gli altri sonotutti sporchi, alcuni cittadini che si indignano ad intermittenza e sem-pre da una parte sola, alcuni giornal… (no, i giornalisti no, perchéhanno sempre ragione!) hanno smesso di parlare di politica, alzano pol-

veroni e parlano solo di galera e manette.Tutto questo verso un cittadino e un amministratore che ha fatto

dell’onestà non solo una bandiera da sventolare ma anche un valoreapplicato alle proprie funzioni pubbliche e private. Credo proprio chesarà difficile, se non impossibile, dimostrare il contrario. E non saràuna condanna al primo grado di giudizio per danno erariale a modifica-re queste mie certezze. Quando si condanna una persona pulita anchese al primo grado di giudizio non è mai una bella pagina. Giuliano Salaè una persona pulita per definizione. A volte quando qualcuno di noifaceva un po’ troppo il fiscale su piccole questioni veniva apostrofato:“E non fare il solito Giuliano Sala!!!”. Questo per spiegare di chi stia-mo parlando. E poi c’è un’altra cosa che ci tengo a dire: non soloGiuliano Sala ha costruito la sua carriera politica sulla onestà e sullacapacità, non solo queste sue caratteristiche hanno fatto crescere insie-me a lui decine di politici onesti e capaci, ma non ha mai colpito i suoiavversari politici sulle questioni riguardanti i loro rapporti con laMagistratura (unico argomento dei suoi attuali avversari politici)…eppure ne ha conosciuti di politici condannati ma condannati davve-ro per reati gravi! Non l’ho mai sentito argomentare una discussionepolitica con lo strumento delle manette. Sala ha sempre vinto le elezio-ni perché i cittadini braccianesi lo hanno premiato per le sue qualitàpolitiche e morali e non perché sapeva mandare la gente in galera, altri-menti sono certo che i cittadini braccianesi, che non si fanno inganna-re, non l’avrebbero premiato. Così come sono sicuro che i cittadini diBracciano non premieranno quelli che in questo momento stannofacendo questa sporca operazione. Chi cerca consenso attraverso unmetodo macchiato non può essere una persona pulita e noi abbiamobisogno di gente che sappia sventolare la bandiera dell’onestà e dell’ef-ficienza e non la bandiera dell’odio e del sospetto”.

Lorenzo Avincola

Avincola: “Braccianopoli è un’altra cosa”Riceviamo e pubblichiamo

Mattia e ValerioNaida e Bruno

Spazio aperto ai cittadini e alle cittadine

In prossimità del Sasso, sul Monte delle Fate, collina posta adestra sulla strada che da Bracciano conduce all’ Aurelia,

circa un chilometro prima dell’abitato, sono presenti, vicine tradi loro, due cavità naturali storicamente rilevanti ma ormaidimenticate da tutti: la “ grotta Patrizi”, sul versante rivolto almare, e “la grotta dei serpenti”, dalla parte del bosco diManziana. Entrambe sono ubicate in terreni di proprietà priva-ta, attualmente chiuse da recinzioni e pertanto non raggiungi-bili. Al contrario della Grotta Patrizi, per lo più sconosciutaalla popolazione locale, la “grotta dei serpenti” per secoli èstata frequentata, dapprima, da persone in cerca di guarigionee, in seguito, è stata meta di illustri studiosi, curiosi di verifi-care la veridicità della sua fama. Nella popolazione infatti, eraradicata la convinzione che i serpenti della grotta agissero conpoteri medicamentosi nei confronti dei malati, addormentatinella caverna, estraendo i liquidi che causavano la malattiaguarendoli. Sembra che già nel Medioevo fosse molto fre-quentata, ma la suanotorietà nazionalerisale al Cinquecento,tanto che fu inseritatra le località indicatesu alcune carte geo-grafiche. Tra il Sei-cento e fine Settecentosi hanno molte testi-monianze relative allasua frequentazione equello che meravigliaè la curiosità di recar-visi da parte dei piùillustri studiosi, per lopiù stranieri.

John Finch (Gio-vanni Finchio) ingleseaccreditato alla cortedi Leopoldo granducadi Toscana, professored’Anatomia all’Università di Pisa dal 1663 al 1665; da Lettereinedite di uomini illustri (Firenze-1773). Lettera del 10 dicem-bre 1663 al granduca Leopoldo di Toscana

“Domenica giunsi a Pisa avendo prima visitato nel viaggiola Grotta di Serpente del sig. Marchese Patrizi al Sasso…Entrai da me nella grotta, la quale nella sua larghezza può con-tenere soltanto un uomo disteso, e nella sua maggiore altezzanon arriva a 4 piedi. Aspettavo che uscissero i serpenti, ma nonvedendone alcuno mi fu detto da quelli del paese, che nonuscivano se non nei tempi caldi alla Primavera; e mi fu raccon-tato dal Maestro di Casa del Sig. Marchese, che fino a 65 pervolta se ne sono veduti intorno ad un ammalato ignudo. Gliammalati prendono l’oppio per non spaventarsi, e per nonmuoversi e così spaventare i serpenti, e si dice, che essendo gliammalati leccati da essi n’escono guariti da qualsisia infermi-tà cutanea. Questi serpenti non sono velenosi: ciò si manifestadal caso seguito ad un certo, il quale ardito entrava ignudo

senza prendere l’oppio, e non potendo soffrire un serpentesulla carne compressolo fortemente con la polpa della gambafu morso dal medesimo: questi però uscendogli il sangue fuggìper due miglia senza fermarsi, e non sentì altro danno.

Un meschino, che preso l’oppio vi era entrato solo, fu ritro-vato morto nella grotta, ma questo lo attribuiscono alla sover-chia quantità dell’oppio da esso preso e non alla malignità de’serpenti. La grotta è calda a segno tale, che essendo apertol’uscio (il quale sta serrato con qualche panno quando vi entral’ammalato) mi fece sudare; onde crederei quei pochi che furo-no guariti, se pure alcuni ve ne sono, essere risanati dalla virtùdell’Ipocausto o stufa secca, che è profittevole nelle malattiecutanee, piuttosto che dai serpenti. Ben è vero che molti ser-penti si ritrovano in questa grotta; perché quantunque io non nevedessi, osservai però parecchi buchi ove risiedono, e raccolsidiverse delle loro spoglie le quali ho portato meco per vederese trovo altrove i medesimi. Gli abitanti per distinguergli dagli

altri serpenti dicono,che questi hanno unalinea bianca intorno atutto il collo. Io nonho altro ragguaglioda dare a V. A. S. diquesto viaggio”.

Francesco Redi,(Arezzo 1626 - Pisa1697), medico natu-ralista e letterato; daOsservazioni intornoalle vipere (Napoli-1687).

“Anch’oggi a medarebbe il cuore inqual si sia uomo, o inaltro animale fareuna simil prova, purche a me stesse l’e-leggere i serpenti, e

tralasciati molti altri, sovvengavi di quelli, che nella piccolagrotta vicin’a Bracciano s’avviticchiano intorno a gl’ignudicorpi di coloro, che la dentro si fanno portare per guarire dialcune ostinate malattie, ed ottengono sovente il loro intento,non so già se per cagione de’ serpenti avviticchiati, ovvero, chemi par più credibile, per quel sudore, che copiosissimo dalcalor della grotta vien provocato, pure intorno a ciò io me nerimetto al prudentissimo giudizio di quegli autori, che di que-sta grotta serpentifera accuratissimamente anno scritto, e par-ticolarmente al dottissimo, e non mai a bastanza lodato Tom-maso Bartolini, e al curiosissimoAtanasio Chircherio”. (Atha-nasius Kircher 1602-1680 gesuita, professore universitario,ideatore in Italia del famoso museo che da lui prende il nome).

La Grotta dei Serpenti tra scienza e mitoSul Monte delle Fate l’antro serpifero e salutifero meta tra Cinquecento e Settecentodi persone in cerca di guarigione e di studiosi di medicine

Pierluigi Grossisegue al prossimo numero

Ottobre 2015 Gente di Bracciano14