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1 LA FORMA DI GOVERNO DEGLI STATI UNITI L’ordinamento costituzionale dello Stato federale Potere Legislativo . La funzione legislativa è stata attribuita ad un Congresso bicamerale, formato da una Camera dei Rappresentanti e da un Senato. La Camera dei Rappresentanti è composta da 435 membri, ogni Stato ha un numero di deputati proporzionale a quello della sua popolazione. I deputati per essere eletti devono avere almeno 25 anni e vengono eletti per due anni in altrettanti collegi uninominali. Il Senato è composta da 100 membri, ogni Stato ha due componenti, a riprova della parità giuridica riconosciuta ad ognuno di essi nell’ambito dell’organizzazione federale. I senatori devono avere almeno 30 anni e sono eletti per sei anni dagli elettori dei singoli Stati-membri abilitati a designare i membri della Camera più numerosa della rispettiva Legislatura. Il Senato si rinnova per un terzo ogni due anni. Ogni anno il Congresso si riunisce in sessione ordinaria dal 3 gennaio fin verso la fine di luglio. La Camera è presieduta da uno Speaker, eletto dalla medesima, mentre il Senato è presieduto dal Vicepresidente degli Stati Uniti, pur designando nel proprio seno anche un Presidente pro-tempore con funzioni da vice. Il lavoro delle assemblee si svolge in gran parte servendosi di apposite Commissioni permanenti. Vengono spesso costituite delle Commissioni ad hoc. Alla funzione legislativa le due assemblee partecipano paritariamente, esse inoltre non possono delegarla all’Esecutivo. Qualora sorga un contrasto inerente all’approvazione di una legge tra le due assemblee viene istituita una specifica Commissione interparlamentare di conciliazione. Il Congresso può proporre degli emendamenti alla Costituzione federale con la maggioranza dei 2/3 in ogni assemblea; ma gli emendamenti entrano in vigore solo quando saranno stati approvati dai 3/4 degli Stati-membri mediante delibere dei governi locali. Il Congresso può svolgere delle funzioni giurisdizionali per mezzo dell’ impeachment. Il Senato poi deve approvare le nomine presidenziali di numerose categorie di funzionari federali; mentre, per i funzionari federali dislocati nei vari Stati-membri, sogliono essere decisive le proposte formulate al riguardo dal senatore,o dai senatori, del partito del Presidente eletti nello Stato stesso. Il Senato (rappresentante degli Stati-membri) è chiamato a ratificare coi 2/3 di maggioranza i trattati conclusi dal Presidente; spesso però i Presidenti nordamericani hanno aggirato l’ostacolo concludendo dei semplici «accordi esecutivi», che hanno in pratica la stessa efficacia dei trattati. Potere Esecutivo . Il Presidente ed il Vicepresidente degli Stati Uniti (che subentra al Presidente fino al termine del mandato in caso di morte, dimissioni od impossibilità

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LA FORMA DI GOVERNO DEGLI STATI UNITI

L’ordinamento costituzionale dello Stato federale Potere Legislativo. La funzione legislativa è stata attribuita ad un Congresso bicamerale, formato da una Camera dei Rappresentanti e da un Senato. La Camera dei Rappresentanti è composta da 435 membri, ogni Stato ha un numero di deputati proporzionale a quello della sua popolazione. I deputati per essere eletti devono avere almeno 25 anni e vengono eletti per due anni in altrettanti collegi uninominali. Il Senato è composta da 100 membri, ogni Stato ha due componenti, a riprova della parità giuridica riconosciuta ad ognuno di essi nell’ambito dell’organizzazione federale. I senatori devono avere almeno 30 anni e sono eletti per sei anni dagli elettori dei singoli Stati-membri abilitati a designare i membri della Camera più numerosa della rispettiva Legislatura. Il Senato si rinnova per un terzo ogni due anni. Ogni anno il Congresso si riunisce in sessione ordinaria dal 3 gennaio fin verso la fine di luglio. La Camera è presieduta da uno Speaker, eletto dalla medesima, mentre il Senato è presieduto dal Vicepresidente degli Stati Uniti, pur designando nel proprio seno anche un Presidente pro-tempore con funzioni da vice. Il lavoro delle assemblee si svolge in gran parte servendosi di apposite Commissioni permanenti. Vengono spesso costituite delle Commissioni ad hoc. Alla funzione legislativa le due assemblee partecipano paritariamente, esse inoltre non possono delegarla all’Esecutivo. Qualora sorga un contrasto inerente all’approvazione di una legge tra le due assemblee viene istituita una specifica Commissione interparlamentare di conciliazione. Il Congresso può proporre degli emendamenti alla Costituzione federale con la maggioranza dei 2/3 in ogni assemblea; ma gli emendamenti entrano in vigore solo quando saranno stati approvati dai 3/4 degli Stati-membri mediante delibere dei governi locali. Il Congresso può svolgere delle funzioni giurisdizionali per mezzo dell’impeachment. Il Senato poi deve approvare le nomine presidenziali di numerose categorie di funzionari federali; mentre, per i funzionari federali dislocati nei vari Stati-membri, sogliono essere decisive le proposte formulate al riguardo dal senatore,o dai senatori, del partito del Presidente eletti nello Stato stesso. Il Senato (rappresentante degli Stati-membri) è chiamato a ratificare coi 2/3 di maggioranza i trattati conclusi dal Presidente; spesso però i Presidenti nordamericani hanno aggirato l’ostacolo concludendo dei semplici «accordi esecutivi», che hanno in pratica la stessa efficacia dei trattati. Potere Esecutivo. Il Presidente ed il Vicepresidente degli Stati Uniti (che subentra al Presidente fino al termine del mandato in caso di morte, dimissioni od impossibilità

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di esercitare le proprie funzioni) vengono eletti per un periodo di 4 anni mediante una procedura che ormai solo formalmente risulta di secondo grado. Infatti, è vero che gli elettori di ogni Stato-membro, si limitano ad eleggere, all’inizio di novembre, degli appositi «elettori presidenziali», in numero eguale a quello dei deputati e dei senatori che ogni singolo Stato invia a Washington e che solo tali «elettori presidenziali», riunendosi, poi, nei rispettivi Stati, verso la metà del successivo mese di dicembre, designano il Presidente ed il Vicepresidente con votazione segreta. Ma, in realtà, la salda organizzazione di partito nordamericana ha reso, nel fatto, diretta la menzionata elezione: giacché ognuno dei due grandi partiti usualmente in lizza presceglie in anticipo i propri candidati ufficiali (c.d. nomination), durante delle apposite Convenzioni. Ed i cittadini, votando, poi, all’inizio di novembre la lista degli «elettori presidenziali» dell’uno o dell’altro partito, sanno perfettamente che gli elettori presidenziali, al momento buono, non faranno altro che indicare le persone così preventivamente designate nelle predette Convenzioni nazionali. Di conseguenza già ai primi di novembre si potrà sapere quali saranno il nuovo Presidente ed il nuovo Vicepresidente degli Stati Uniti. Soltanto nel caso che nessuno dei candidati avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti degli «elettori presidenziali», la Camera dovrebbe, allora, designare il Presidente fra i tre più votati (ed il voto sarebbe espresso per Stati e non da ogni singolo deputato), mentre il Senato dovrebbe scegliere il Vicepresidente fra i due più votati. I poteri del Presidente – che è insieme Capo dello Stato, del Governo e del partito di maggioranza – appaiono notevolmente estesi: ed egli li esercita valendosi del suo Gabinetto e di un particolare Ufficio del Presidente. È da sottolineare però, che nel caso in cui il Congresso avesse una maggioranza diversa dall’appartenenza partitica del Presidente, i suoi poteri, all’interno, sarebbe controbilanciati appunto dal Parlamento di colore diverso. I vari Segretari (membri del Gabinetto) sono semplicemente dei consiglieri tecnici del Presidente per l’Amministrazione federale; egli solo li nomina e li revoca. Al solo Presidente spetta la decisione finale. Il Presidente è il capo di tutta l’amministrazione federale, egli può emanare dei regolamenti per dare esecuzione alle leggi; nomina tutti i funzionari federali (distribuendo numerose cariche agli elementi più meritevoli del proprio partito, secondo il c.d. spoils system); è il capo delle forze armate; dirige le relazioni diplomatiche e può concedere la grazia. Il Presidente non può essere costretto dalle Camere a dare le dimissioni, ma lui non può scioglierle anticipatamente. Comunque il Presidente può rifiutarsi di firmare i progetti di legge inviatigli dal Congresso, che solo dopo tale suo intervento si trasformano in leggi; ed il suo veto sospensivo (rinvio dei progetti di legge alle Camere) può essere superato soltanto da una ripetuta approvazione della Camere coi 2/3 di maggioranza. Egli può dirigere alle assemblee dei messaggi anche per sollecitare l’approvazione di determinate misure legislative. I Segretari possono intervenire alle riunioni delle Commissioni permanenti del Congresso.

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Il Congresso, d’altra parte, può esercitare una notevole influenza sulla politica presidenziale, anche nell’ambito delle relazioni internazionali, attraverso il controllo finanziario, esplicato essenzialmente mediante il voto delle leggi che devono assicurare al Governo le somme indispensabili per la sua attività. A volte è accaduto che la maggioranza nelle due Camere del Congresso non andasse al partito cui apparteneva il Presidente, consentendo, tuttavia, egualmente un fruttifero svolgimento delle funzioni presidenziali. Potere giudiziario. La funzione giurisdizionale viene esplicata, sul piano federale, da circa 400 giudici di distretto e da 97 giudici di appello, facenti capo alla Corte Suprema degli Stati Uniti, sulla base di norme legislative stabilite dal Congresso. Tutti i giudici federali sono nominati a vita dal Presidente (con l’assenso del Senato) e godono di un considerevole prestigio e di alte retribuzioni senza che sia prevista una carriera. La Corte Suprema è formata da 8 giudici e da un Presidente (Chief Justice) e, mentre statuisce come ultima istanza per alcune cause che le pervengono dalle Corti inferiori, ha una competenza esclusiva per talune materie più importanti. I giudici della Corte spesso allegano alla sentenza le loro opinioni dissenzienti o concorrenti. La magistratura federale è chiamata a garantire il controllo della costituzionalità delle leggi, ch’essa è chiamata ad applicare. In realtà, la Costituzione federale non affermava in modo esplicito tale competenza delle Corti federali; ma essa è derivata dalla semplice considerazione che, in caso di contrasto fra una norma di grado inferiore (quella legislativa) ed una di grado superiore (quella costituzionale) dovesse avere la preminenza sempre quest’ultima. Le decisioni prese a tal riguardo dalla Corte Suprema s’impongono (sulla base del principio dello stare decisis) a tutte le magistrature di grado inferiore ed acquistano, per tale motivo, un’efficacia pratica assai simile a quella normativa vera e propria. La Corte Suprema ha sempre rifiutato di esprimere dei pareri, ossia di statuire in ordine a questioni di costituzionalità sollevate da parti che non avessero un concreto e attuale interesse a tale pronuncia; ha cercato in ogni tempo di salvare la validità delle norme legislative impugnate, adottandone delle interpretazioni conformi alla Costituzione; ed ha evitato di emanare sentenze in ordine a problemi risolvibili in base a discrezionali decisioni del Congresso o del Presidente (c.d. political questions). Il menzionato principio dello stare decisis, del resto, vincola le Corti inferiori, ma non già la stessa Corte Suprema, che non di rado ha mutato le proprie precedenti decisioni.

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Gli Stati-membri e il progressivo rafforzamento delle autorità federali I singoli Stati-membri dello Stato federale nordamericano hanno tutti spontaneamente adottato delle Costituzioni che ricordano assai da vicino quella federale. In ognuno di essi si trova un Congresso bicamerale; la funzione esecutiva è affidata ad un Governatore, quasi sempre eletto dai cittadini a suffragio universale diretto; mentre la funzione giurisdizionale è affidata a magistrati, per lo più eletti, facenti capo, in ognuna di essi, ad una Corte Suprema. Una nota tipicamente caratteristica dell’ordinamento di quasi tutti gli Stati è, peraltro, rappresentata dal largo accoglimento degli istituti della democrazia diretta. La distribuzione delle competenze fra lo Stato federale ed i suoi Stati-membri è compiuta nell’art. I, sez. 8, della Cost. federale: che attribuisce, in modo esclusivo, al Congresso di Washington parecchie materie espressamente indicate: politica estera, commercio estero ed interno, forze armate, politica monetaria, fiscale. Ma il governo centrale può avvalersi anche della c.d. clausola dei poteri impliciti. La costituzione vieta, sia al Congresso federale che alle singole Legislature statali, di emanare talune disposizioni che potrebbero ledere i diritti pubblici soggettivi dei cittadini; gli Stati-membri possono avvalersi della clausola dei poteri residui, cioè tutti i poteri non conferiti agli Stati Uniti. L’art. VI della Cost. federale pone il principio della supremazia delle norme federali costituzionali rispetto alle Costituzioni ed alle leggi degli Stati-membri, conferendo alla magistratura il compito di farlo rispettare. L’art. IV, sez. 4, della Cost. federale stabilisce che lo Stato federale deve garantire una forma di governo repubblicana agli Stati-membri, difenderli da invasioni e proteggerli contro disordini interni. Col tempo i rapporti fra lo Stato federale e gli Stati-membri sono andati sempre più orientandosi verso una netta prevalenza del primo rispetto ai secondi. Molteplici cause sono intervenute a tal riguardo, giacché si sono verificate, nel frattempo numerose trasformazioni d’ordine economico e sociale, sostanziali trasformazioni politiche interne, notevoli trasformazioni nella politica internazionale. Ciò non toglie, comunque, che l’autonomia rimasta agli Stati-membri sia tuttora considerevole: essi godono di una piena discrezionalità in materia costituzionale; partecipano direttamente alle revisioni della Cost. federale, attraverso il Senato sono in grado di controllare l’assunzione di nuovi impegni internazionali, la clausola dei «poteri residui» garantisce loro ampi poteri settori di competenza. Gli Stati-membri riescono a condizionare in maniera sensibile il funzionamento dello Stato federale, specie per mezzo della legislazione elettorale, che è di loro stretta competenza anche per le elezioni al Congresso od alla Presidenza. Gli Stati-membri regolano con ampia discrezionalità il vasto settore delle amministrazioni locali.

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Il funzionamento concreto della vita pubblica I due grandi partiti statunitensi, i Democratici e i Repubblicani, oggidì non sono contraddistinti da specifiche dottrine politiche, né rappresentano distinte classi sociali. Ciò che quindi differenzia concretamente i due partiti sono le «piattaforme programmatiche» delineate ogni 4 anni, per le elezioni presidenziali, dalle rispettive Convenzioni nazionali. Essi si presentano, perciò, essenzialmente come due poderose «organizzazioni di quadri», atte, con la loro complessa struttura burocratica, a presentare ed appoggiare le più diverse candidature ai pubblici uffici. Le candidature vengono formulate attraverso elezioni primarie, dove viene scelto il proprio candidato. La nomination viene quindi a contrapporsi all’eventuale election. Tali primarie possono essere aperte (se tutti gli elettori partecipano indiscriminatamente), o chiuse (quando gli elettori ricevono solo la scheda del partito cui risultano aver aderito). Ma la caratteristica più saliente dei partiti americani è quella di essere organizzati si base statale: così che ciascuno di essi si presenta come una federazione formata da 50 partiti minori, con vincoli gerarchici assai allentati sul piano nazionale. Hanno un notevole peso, nella vita pubblica nordamericana, i diversi «gruppi di pressione», a sfondo economico, sindacale, professionale, confessionale, patriottico, etc. che, valendosi di mezzi economici ingenti, cercano di influenzare l’attività legislativa. Tale opera di pressione (c.d. lobbyng, da lobby = corridoio) è stata regolamentata, a livello federale, nell’ultimo dopoguerra che obbliga a registrarsi in un apposito elenco tutti coloro che sono ufficialmente accreditati dai vari gruppi per agire presso il Congresso di Washington.

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LA FORMA DI GOVERNO DELLA GRAN BRETAGNA

L’assetto attuale dell’ordinamento costituzionale britannico Corona. La Corona britannica ha ormai dei poteri effettivi molto ridotti, ma gode tuttora di un notevole prestigio. I vari titolari assumono la Corona stessa a titolo ereditario. I poteri formalmente rimasti alla Corona sono qualificati «prerogative» nel diritto costituzionale britannico; ma, in realtà, oggidì essi sono tutti quanti, nel fatto, esercitati dal Gabinetto ed al Re non resta che il diritto di essere consultato, il diritto d’incoraggiare e il diritto di avvertire dei pericoli inerenti a qualche decisione. Sul piano formale, i provvedimenti tuttora assunti dalla Corona, lo sono in seno al Consiglio privato della Corona stessa, formato da circa 300 consiglieri. Tale Consiglio si riunisce al completo solo per talune solenni cerimonie, mentre assumono uno specifico rilievo i suoi vari Comitati. Primo ministro. Il Primo Ministro è nominato dalla Corona, ma essa deve scegliere il Leader del partito che detiene la maggioranza in Parlamento, avendo una certa discrezionalità soltanto nei casi in cui tale indicazione non risulti chiara e definita. Gli altri componenti del Gabinetto sono, poi, nominati su proposta del Primo Ministro e dal medesimo possono, poi, essere obbligati a presentare le dimissioni. In Gran Bretagna i ministri hanno accesso e parola solo nella Camera di cui sono membri. Il Ministero britannico, inteso in senso lato, è costituito da varie categorie di componenti: ministri membri del Gabinetto, ministri non membri del Gabinetto, alti funzionari giudiziari e altri funzionari di rango minore. Mentre i componenti del Gabinetto sono, in genere, poco più di una ventina, i funzionari di rango ministeriale assommano, nel complesso, ad una cinquantina, mentre i membri del Governo, inteso in senso lato, arrivano generalmente a circa un centinaio, distribuiti fra le due Camere. Il Parlamento. Nel linguaggio giuridico inglese con l’espressione Parlamento si indicano tecnicamente tutti e tre gli organi legislativi, e cioè: la Camera dei Comuni, la Camera dei Lords e la Corona. Ma l’unico organi legislativo con poteri veramente decisori è costituito dalla Camera dei Comuni. La Camera dei Comuni, composta da 650 deputati, è eletta a suffragio universale, per 5 anni in collegi uninominali, assegnando l’unico seggio in lizza al candidato che abbia ottenuto la maggioranza dei voti. In caso di seggi vacanti si svolgono le elezioni suppletive nei rispettivi collegi e questo è un banco di prova per l’attuale Governo in carica.

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I deputati eleggono uno il proprio Speaker, di grande prestigio e che svolge le sue funzioni con assoluta imparzialità. Nell’autunno del 1979 vennero istituite 12 Commissioni permanenti corrispondenti ai principali Ministeri. I lavori parlamentari si svolgono secondo alcune norme consuetudinarie e numerose altre contenute negli attuali Regolamenti della Camera (c.d. Standing Orders). La Camera dei Comuni non ha poteri d’iniziativa in materia di spesa e anche le leggi ordinarie sono ormai quasi tutte proposte dai diversi ministri, sempre nella loro qualità di parlamentari. Il voto deve essere espresso di persona, per alzata e seduta o per divisione. Largo spazio trovano pure le interrogazioni rivolte al Governo. È aumentata in questi ultimi decenni la c.d. legislazione delegata, costituita dall’attività normativa svolta dal Governo, sia pure sempre sotto un certo controllo parlamentare. Ogni anno, infine, la sessione dei lavori parlamentari si apre con il discorso della Corona, preparato dal Primo Ministro, in cui si prospetta il programma legislativo che il Governo intende svolgere nel corso della sessione stessa; e la Camera risponde con un apposito indirizzo, dopo un’ampia discussione. La Camera dei Lords, posta sotto la presidenza del Lord Cancelliere, oggidì è diventata, sul piano della produzione normativa, una mera Camera di riflessione o ritardatrice; sul piano politico ha perso ogni influenza. Essa è composta da: 800 Lords ereditari, 26 Lords spirituali (2 Arcivescovi e 24 vescovi della Chiesa anglicana) e 21 Lords giudiziari e altri Lords vitalizi (anche di sesso femminile). In totale, all’incirca sono quasi 1200 componenti. Le sue competenze legislative sono da tempo diminuite e così anche la sua influenza. Il funzionamento concreto della vita pubblica inglese Il tanto decantato bicameralismo risulta meramente apparente e il Gabinetto, di regole, finisce per durare quanto la legislatura (c.d. Gabinetto di legislatura), perché l’adesione dei deputati del partito che lo ha espresso non suole venir meno per tutto l’indicato periodo. Se ci sono stati casi di scioglimento anticipati, la decisione stessa è stata presa dal Primo Ministro (e da lui proposta al Re) perché sentendo di avere, ad un certo momento, il favore della pubblica opinione, egli aveva ritenuto, rinnovando la Camera in quello stesso momento, di poter ottenere un maggior numero di deputati a lui favorevoli, o perché, prospettandosi una grave decisione da assumere, egli aveva preferito interpellare in proposito lo stesso corpo elettorale, servendosi delle elezioni anticipate come di un referendum. Il funzionamento del sistema parlamentare britannico è dovuto essenzialmente a tre diversi fattori: 1) il bipartitismo, 2) il radicato senso di libertà e di fair play del popolo, 3) la piena indipendenza della magistratura. 1) In Gran Bretagna è sempre esistito il bipartitismo, prima tra Whigs e Tories, poi tra Conservatori e Liberali ed infine tra Conservatori e Laburisti, i primi di tendenze più conservatrici i secondi di tendenze più innovatrici.

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Il partito al governo prepara i progetti di legge ed il suo Congresso elabora i piani a più lungo respiro, mentre il partito all’opposizione può solo far conoscere all’opinione pubblica il suo dissenso, operando per ottenere la maggioranza nelle successive elezioni. Ciò non toglie che, di fronte a decisioni particolarmente gravi, il Primo Ministro senta il parere del Leader dell’Opposizione nella Camera dei Comuni: carica ufficialmente riconosciuta nell’ordinamento britannico. La funzione svolta dall’Opposizione è, infatti, considerata in Gran Bretagna come un elemento insostituibile del meccanismo di governo. Nel XVIII secolo comparvero, nelle Camere britanniche, i c.d. Whips, aventi il compito di sorvegliare e stimolare il comportamento dei propri colleghi di partito e la rigida disciplina così instaurata costituisce oggidì la miglior garanzia per il Leader del partito al governo. Ogni partito ha un ampio numero di Comitati locali che, in ogni collegio, selezionano i candidati per le elezioni. 2) L’unica vera garanzia per la minoranza di non essere oppressa risiede nel radicato senso di libertà ormai da secoli insito nel popolo britannico e nel caratteristico fair play con cui egli partecipa alle vicende della lotta politica. 3) Non si può dimenticare il ruolo davvero insostituibile svolto dalla magistratura britannica. Essa è formata da noti avvocati e giuristi, nominati, per i loro meriti eccezionali, agli uffici giudiziari a vita con decreti reali, emanati su proposta del Lord Cancelliere. Di conseguenza, i giudici non hanno una carriera da compiere e risultano, perciò, caratterizzati da un’assoluta indipendenza, giacché l’unica via per rimuoverli dal loro ufficio consiste in una concorde richiesta rivolta al Sovrano da parte delle due Camere. Vantaggi del sistema britannico. 1) La semplice contrapposizione fra due grandi partiti in lotta ha finito col conferire agli stessi elettori la scelta del programma politico, che dovrà essere svolto nel corso della legislatura e del Leader, che dovrà guidare l’azione di governo. Ciò ha reso apparentemente inutili delle ulteriori interpellazioni popolari dirette, nella forma del referendum. 2) La stabilità conseguita dai diversi Gabinetti. 3) Il bipartitismo della vita politica ha reso quest’ultima assai più chiara, dato che ogni partito, al governo od all’opposizione, ha finito con l’assumere, in modo evidente, le sue responsabilità, fornendo precisi elementi di giudizio all’elettore che doveva esprimere il suo voto. Svantaggi del sistema britannico. 1) Si determinano assai spesso, per il gioco combinato del «collegio uninominale a maggioranza relativa» e della presenza dominante di due soli forti partiti, palesi e gravi sperequazioni nella rappresentanza in Parlamento dei vari gruppi politici in competizione. Bisogna riconoscere come la regola che vedeva la tranquilla alternanza al potere dei due grandi partiti inglesi, abbia subìto varie ripetute e sostanziali violazioni. 2) Tutto ciò ha significato che sull’altare della migliore funzionalità pratica, sono state spesso sacrificate delle correnti d’opinione forse meritevoli di una certa considerazione. Ad ogni modo il prototipo britannico di governo parlamentare costituisce l’esempio più funzionante di tale forma di governo.

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LA FORMA DI GOVERNO DELLA FRANCIA

La Francia della Va Repubblica (Cost. del 1958) Dopo i disordini d’Algeria il 1° giugno 1958 il generale De Grulle costituiva il Governo. L’Assemblea Nazionale conferiva, poi, con una legge del 3 giugno 1958, i «pieni poteri», per la durata di 6 mesi, al generale De Grulle, autorizzandolo ad emanare tutti i decreti necessari per il «risanamento della Nazione» ed inoltre incaricava il Governo, con legge costituzionale, di preparare un progetto di riforma costituzionale, da sottoporre per la sua definitiva approvazione, ad un referendum popolare. L’Unione Francese approvò il nuovo testo costituzionale. Il 4 ottobre 1958 la Costituzione fu promulgata e il 21 dicembre 1958 De Gaulle fu eletto Presidente della Repubblica. Il nuovo ordinamento costituzionale. Si era immaginato un compromesso fra la forma di governo parlamentare e quella presidenziale, dando origine ad un Esecutivo forte. Ecco le principali caratteristiche. 1) Esecutivo bicefalo (Presidente della repubblica e Primo Ministro): il Presidente della Repubblica veniva essenzialmente a presentarsi quale un «arbitro», superiore ad ogni contrasto di parte e destinato ad assicurare il funzionamento regolare dei pubblici poteri e la continuità dello Stato. Egli era eletto per 7 anni da un collegio di circa 80.000 «grandi elettori» e poteva essere rieletto senza alcuna limitazione. Nominava il Primo Ministro e, dietro sua proposta gli altri ministri; presiedeva il Consiglio dei ministri; promulgava le leggi e poteva chiederne, previamente, il riesame al Parlamento; poteva sciogliere l’Assemblea Nazionale tranne durante il suo primo anno di vita; firmava i decreti e le ordinanze deliberanti in Consiglio dei ministri e nominava alle più alte cariche dello Stato; accreditava gli ambasciatori presso le Potenze straniere; era Capo delle forze armate; aveva il diritto di grazia e poteva inviare messaggi alle Camere; negoziava e ratificava i trattati, mentre il Governo poteva solo concludere dei semplici accordi internazionali. Molti tra questi atti non avevano bisogno della controfirma ministeriale. In situazioni di grave emergenza poteva assumere dei poteri eccezionali informando la Nazione con un messaggio e consultando il Consiglio Costituzionale. L’unica garanzia per la libertà dei cittadini era offerta dalla norma che vietava lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale. Il Governo determinava e conduceva la politica nazionale ed era responsabile dinanzi all’Assemblea Nazionale; il Primo Ministro dirigeva l’azione del Governo stesso. La lettera dell’art. 8 della Cost. è stata interpretata nel senso che la presentazione delle dimissioni del Primo Ministro venisse quasi sempre esplicitamente sollecitata dal Presidente della Repubblica. L’ufficio di ministro era considerato incompatibile con quello di deputato o di senatore.

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2) Posizione del Parlamento bicamerale indebolita: il Parlamento era formato da un’Assemblea Nazionale eletta a suffragio universale, per 5 anni, in collegi uninominali e da un Senato eletto per 9 anni con un procedimento di secondo grado in collegi corrispondenti ai vari Dipartimenti da un corpo elettorale di poco più di 100.000 persone. L’Assemblea Nazionale aveva una netta prevalenza sul Senato. Nella Costituzione del 1958 si diceva che il Parlamento poteva regolare con leggi solo nelle materie espressamente indicate nella Costituzione stessa, facendo ricadere tutte le restanti nella competenza regolamentare del Governo. Il Parlamento in molte materie poteva solo stabilire i «principi fondamentali». Per la fiducia dell’Assemblea al Gabinetto non si era parlato nella necessità di alcun «voto d’investitura» iniziale, si era stabilito inoltre che il Gabinetto dovesse presentare le dimissioni solo se colpito da un’esplicita «mozione di censura». Il Presidente della Repubblica, su iniziativa del Governo od in seguito a proposta congiunta delle due Camere, poteva sottoporre a referendum i progetti di legge concernenti «l’organizzazione dei pubblici poteri», o comportanti l’approvazione di un accordo della Comunità, od autorizzanti «la ratifica di un trattato, che, senza essere contrario alla Costituzione, potesse avere incidenza sul funzionamento delle istituzioni». 3) Posizione dei vari Consigli minori indebolita: la Costituzione istituiva pure una serie di altri Consigli di rilievo costituzionale: Consiglio Economico e Sociale, Consiglio Superiore della Magistratura, Alta Corte di Giustizia (competente a giudicare il Presidente della Repubblica per alto tradimento ed i membri del Governo per i c.d. reati ministeriali. Particolare rilievo assumeva il Consiglio Costituzionale: collegio composto da 9 membri nominati per 9 anni, in ragione di tre per ciascuno, dai Presidenti della Repubblica, dell’Assemblea Nazionale e del Senato, cui si sarebbero man mano aggiunti gli ex Presidenti della Repubblica. Le sue attribuzioni comprendevano fra l’altro il controllo di legittimità sulle elezioni dei parlamentari e del Presidente della Repubblica e sullo svolgimento dei referendum, il giudizio di costituzionalità delle leggi e dei regolamenti parlamentari. Solo il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro ed i Presidenti delle Camere potevano chiedere il suo intervento. Un emendamento approvato nel 1974 consentì a 60 deputati e a 60 senatori d’impugnare una legge per incostituzionalità. Il giudizio di costituzionalità da parte del Consiglio risultava sempre obbligatorio per i regolamenti parlamentari e per le c.d. leggi organiche, quelli alle quali le norme costituzionali attribuivano tale qualifica in quanto applicative della Costituzione in ordine all’organizzazione dei pubblici poteri e per le quali la Costituzione stessa richiedeva una procedura di formazione più complessa di quella stabilita per le leggi ordinarie, venendo così a costituire una categoria intermedia fra le leggi ordinarie e le vere e proprie leggi costituzionali. Le revisioni al testo costituzionale. La Costituzione prevedeva la seguente procedura per la revisione costituzionale: iniziativa sia del Parlamento, sia del Presidente della Repubblica; approvazione dell’emendamento da parte delle due Camere votanti separatamente; successiva conferma mediante referendum, ovvero

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nuova approvazione soltanto da parte delle due Camere riunite in seduta comune e con la maggioranza dei 3/5. La procedura indicata venne seguita due volte. La violazione più macroscopica fu quella del 6 novembre 1962 quando furono modificati due articoli della Costituzione con la volontà di introdurre l’elezione diretta, sempre per 7 anni, del Presidente della Repubblica, senza alcun intervento delle Camere, ma ricorrendo alla semplice indizione di un referendum. Tuttavia, malgrado l’opposizione delle più importanti istituzioni, il corpo elettorale approvò il progetto. Questo consentì allo stesso De Gaulle di essere rieletto alla Presidenza della Repubblica, il 19 dicembre 1965, nella seconda votazione di ballottaggio. L’elezione deve ora aver luogo con la maggioranza assoluta dei voti espressi, rinnovando la votazione nella seconda domenica successiva, limitatamente ai due candidati più votati restati in lizza. Tale cambiamento ha posto il meccanismo di governo francese in una posizione intermedia fra quello «parlamentare» e quello «presidenziale». Le due successive elezioni dell’Assemblea Nazionale confermarono la fiducia al generale. Un’ultima duplice riforma costituzionale era stata nuovamente proposta dal generale De Gaulle ai francesi il 27 aprile 1969 utilizzando la semplice procedura del referendum. Si era trattato di una legge modificante sostanzialmente la Costituzione del 1958. Gli elettori francesi erano stati chiamati a rispondere con un si o con un no al quesito referendario. Il generale dichiarò che in caso di esito negativo del referendum avrebbe rassegnato le dimissioni. Il risultato fu a lui sgradito e per questo lasciò l’ufficio di Capo dello Stato dopo undici anni. Il 15 giugno 1969 venne eletto Presidente della Repubblica Georges Pompidou che interpretò anch’egli la Costituzione del 1958 in senso «presidenziale». Anche il suo successore Giscard d’Estaing diede la stessa interpretazione «presidenziale» al suo ruolo. Infatti il Presidente della Repubblica continuò a comportarsi come il vero artefice della politica del Paese, mentre il Primo ministro finiva per essere sempre più relegato nel ruolo di un mero, anche se autorevole, collaboratore tecnico. Alle elezioni presidenziali del 1981 il socialista Mitterrand si assicurò la vittoria e la vittoria venne confermata, non appena il Presidente ebbe sciolto l’Assemblea Nazionale, dalle elezioni politiche del 21 giugno 1981 che diedero la vittoria alla sinistra. Mitterrand introdusse un sistema elettorale proporzionale con collegi dipartimentali, un solo turno di voto ed un premio, attraverso la distribuzione dei resti, alle liste con più voti con lo sbarramento del 5% per partecipare alla distribuzione. Le elezioni all’Assemblea Nazionale del 16 marzo 1986 diedero una piena vittoria al centro-destra determinando il problema della «coabitazione» fra un Presidente della Repubblica socialista (Mitterrand) ed un Primo Ministro di centro-destra (Chirac). Fu reintrodotto lo scrutinio maggioritario a due turni, furono ridisegnati i collegi uninominali con una propria ordinanza. AGGIORNAMENTO. Dal maggio del 1988, a seguito delle nuove elezioni presidenziali, venne meno il singolare esperimento della c.d. «coabitazione»: esperimento che dimostrò, durante quasi due anni, la vitalità ed efficienza del «sistema parlamentare a tendenza presidenziale» (semipresidenzialismo) della V Repubblica.

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LA FORMA DI GOVERNO DELLA GERMANIA

La Repubblica Federale Tedesca Il 21 dicembre 1949 nacque la Repubblica Federale Tedesca mentre uno Statuto d’occupazione veniva emanato dalle Potenze Alleate (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia). Tale Statuto fu, tuttavia, revocato dagli Alti Commissari dei tre Stati occidentali il 5 maggio 1955, di conseguenza quel giorno la Germania Occidentale riacquistò la sua piena indipendenza. I Lander della Zona d’occupazione sovietica costituirono, nel 1949, sotto l’egida sovietica, la Repubblica Democratica Tedesca. Il 1° settembre 1948 si era riunita a Bonn un’apposita Assemblea Costituente che approvò una Costituzione federale, di tipo parlamentare, per la Germania Occidentale. Tale documento, tuttavia, assunse volutamente la denominazione di Legge fondamentale, affermandosi nel suo stesso «preambolo» che un nuovo testo definitivo sarebbe stato elaborato non appena l’intero popolo tedesco avesse potuto prendere parte attiva a tale compito. Legge fondamentale. La Legge fondamentale riconosce una serie di «diritti fondamentali inviolabili ed inalienabili» e definisce la Repubblica Federale Tedesca uno «Stato federale, democratico e sociale». Berlino, de iure, non fa parte né della Germania Occidentale, né di quella Orientale, anche se, de facto, i tre settori occidentali della città siano strettamente collegati alla RFT e quello sovietico alla RDT. Gli organi costituzionali della RFT sono costituiti da un Parlamento bicamerale, formato da un Bundestag o Camera Federale, di 496 membri, eletto a rappresentanza proporzionale per 4 anni da tutti i cittadini di 18 anni e da un Bundesrat, o Consiglio Federale, di 45 membri, composto dai rappresentanti dei Governi d’ogni singolo Land a seconda della rispettiva popolazione; da un Presidente federale eletto per 5 anni e rieleggibile per una sola volta, da un’apposita Assemblea Federale, cui partecipano i deputati e i rappresentanti dei Parlamenti dei singoli Lander in egual misura; da un Governo federale, composto da un Cancelliere e da vari ministri. La Magistratura è indipendente ed è organizzata distintamente nell’ambito di ogni singolo Land, ma fa capo, in ultima istanza, ad una serie di Corti Supreme Federali, coordinate da un Senato congiunto delle Corti stesse. A loro si affiancano in ogni Land un proprio Tribunale Costituzionale e un unico Tribunale Costituzionale Federale. Il Cancelliere viene eletto dal Bundestag e solo successivamente nominato, con un apposito decreto, dal Presidente Federale; ma il Cancelliere non è obbligato a dimettersi se non quando l’assemblea stessa, dopo avergli esplicitamente votato la

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sfiducia, sia stata in grado di eleggere, in pari tempo, a maggioranza assoluta, un nuovo Cancelliere (c.d. «voto di sfiducia costruttivo»). La fiducia e la sfiducia vengono espresse nei confronti del solo Cancelliere: il quale, a sua volta, propone al Presidente Federale la nomina e la revoca dei singoli ministri. Il Cancelliere ed i ministri decadono dal loro ufficio ogniqualvolta viene eletto un nuovo Bundestag ed i ministri decadono pure ad ogni cambiamento della persona del Cancelliere. L’eventuale opposizione della Seconda Camera ad una legge federale può essere, inoltre, sempre superata dal Bundestag con una nuova votazione, tranne che in alcune materie espressamente indicate, che toccano in modo più immediato gli interessi dei Lander. La Legge fondamentale precisa quali sono le 11 materie rientranti nella legislazione esclusiva dello Stato federale e quali nella c.d. legislazione concorrente, in ordine alla quale i Lander possono legiferare solo e fino a quando non abbia emanato delle apposite norme, al riguardo, lo Stato federale. In un ristretto ulteriore numero di materie il Bundestag può emanare delle disposizioni generali d’inquadramento. L’Amministrazione federale si occupa dei settori in cui il Bund gode della competenza legislativa esclusiva, per il resto l’esecuzione delle leggi federali resta affidata alle autorità amministrative dei Lander. Tanto che si è detto che mentre la legislazione appartiene al Bund, l’amministrazione appartiene ai Lander. Con alcune modifiche costituzionali si è messo in atto un «federalismo cooperativo» in materia fiscale. La caratteristiche più tipiche dell’attuale ordinamento costituzionale della Germania Federale sono: 1°) Il singolare sistema elettorale adottato per la formazione del Bundestag che fa eleggere la metà dei deputati in collegi uninominali e l’altra metà col metodo proporzionale detto «di Hondt» entro ogni Land ove l’elettore con la stessa scheda sceglie una lista di partito distribuendosi proporzionalmente i seggi dopo aver tenuto conto anche di quelli già vinti da ogni partito nei diversi collegi uninominali del Land. Tutti i seggi vinti da un partito in un Land nei collegi uninominali gli vengono assegnati, anche se in eccedenza a quelli che gli spetterebbero nel Land stesso in base ad una distribuzione strettamente proporzionale. Tuttavia, per scoraggiare la moltiplicazione dei partiti, si è stabilito l’assegnazione dei seggi attraverso il metodo proporzionale entro ogni Land, ai partiti che avessero superato lo sbarramento del 5% dei voti validamente espressi in tutto il territorio federale o abbiano conquistato almeno tre seggi nei collegi uninominali. 2°) Il Presidente federale rimane estraneo alla determinazione dell’indirizzo politico generale della Germania federale, non può revocare il Gabinetto quando esso goda tuttora dell’appoggio della maggioranza parlamentare. 3°) Il Cancelliere è in un posizione di preminenza rispetto agli altri ministri, di cui può proporre al Presidente la nomina o la revoca, mentre rientra nella sua competenza stabilire le «linee direttive» della politica governativa. Il rapporto fiduciario intercorre direttamente e unicamente fra il Bundestag ed il Cancelliere, mentre i singoli ministri sono politicamente responsabili solo verso quest’ultimo. Se il Cancelliere pone la questione di fiducia e, dopo 48 ore, non ottiene la maggioranza assoluta, il Presidente,

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su proposta del Cancelliere stesso, nei 21 giorni seguenti, può sciogliere il Bundestag, a meno che quest’ultimo elegga un nuovo Cancelliere a maggioranza assoluta. Il Cancelliere può far proclamare al Presidente stesso, dietro delibera governativa e con l’assenso del Bundesrat, lo «stato di emergenza legislativa», se il Bundestag gli neghi l’approvazione di un progetto di legge, da lui ritenuto urgente. Entro 4 settimane il progetto si trasforma egualmente in legge colla sola approvazione del Bundesrat. 4°) Le numerose e rilevanti attribuzioni riconosciute al Tribunale Costituzionale Federale. 5°) La notevole disparità sussistente fra i diversi Lander, originati dalle vicende post-belliche dei diversi regimi d’occupazione. I Lander hanno dei governi parlamentari, presieduti da altrettanti Presidenti del Consiglio dei ministri e dei Parlamenti unicamerali. L’art. 31 della Cost. Afferma il principio che «il diritto federale ha la prevalenza sul diritto dei Lander». Attuazione concreta della Costituzione. La procedura di revisione costituzionale richiedeva soltanto la concorde deliberazione di ognuna delle due Camere, presa colla maggioranza dei 2/3. Il funzionamento del sistema parlamentare introdotto nel 1949 è stato profondamente influenzato dal particolare assetto presto assunto dai rinnovati partiti politici del dopoguerra: la CDU-CSU e l’SPD, determinando una netta tendenza verso il bipartitismo. AGGIORNAMENTO. Il 3 ottobre 1990 la Repubblica Federale Tedesca incorporò giuridicamente la Repubblica Democratica Tedesca in base all’art. 23 della Costituzione di Bonn. Vi furono poche semplici modifiche della Costituzione di Bonn: l’aumento dei suoi Lander da 10 a 15, più Berlino, al conseguente aumento dei componenti del Bundesrat per immettervi una rappresentanza anche dei nuovi Lander dell’Est. Il governo della RDT firmò il 24 aprile 1990 col governo della RFT un accordo per una unione economica e monetaria che entrò in vigore già il 1° luglio 1990 estendendo alla RDT la circolazione del marco occidentale. L’intera operazione venne gestita dalla Bundesbank; la base dell’unione fu l’economia di mercato caratterizzata dalla proprietà privata, dalla concorrenza, dalla libera formazione dei prezzi e dalla totale libertà di circolazione del lavoro, dei capitali, dei beni e dei servizi. Vennero elette nell’Est le assemblee parlamentari dei nuovi Lander. Il 31 agosto 1990 venne poi firmato a Berlino il «Trattato di unificazione» fra le due Germanie, che sarebbe entrato in vigore il 3 ottobre 1990, dopo essere stato approvato dai due Parlamenti tedeschi con la maggioranza dei 2/3. Il 23 settembre 1990 a Mosca i rappresentanti delle 4 Potenze ex-occupanti assieme a quelli delle due Germanie, firmarono il c.d. «Trattato dei 4+2», con cui si regolavano gli aspetti internazionali della riunificazione tedesca. Il Bundestag varò la nuova legge elettorale che accoglieva, secondo l’ormai tradizionale prassi della Repubblica Federale, una sogli di sbarramento del 5% per la distribuzione proporzionale dei seggi determinata in relazione all’intero territorio

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della nuova Germania e consentiva, per superarla, il collegamento solo fra liste occidentali e liste orientali di partiti affini. La Corte Costituzionale decise che, per garantire l’eguaglianza di possibilità (chances) nella competizione elettorale di tutti i partiti, sarebbe stato sufficiente per superare la clausola di sbarramento 2.500.000 voti ad Ovest e 500.000 ad Est. Secondo le nuove norme elettorali approvate dal Bundestag allargato il 5 ottobre, il territorio della Germania unita venne diviso in 2 collegi elettorali corrispondenti ai due Stati precedenti, entro ognuno dei quali sarebbe stata applicata la «clausola di sbarramento» del 5% e sarebbe stato possibile attuare collegamenti fra liste affini. Il 9 novembre 1990 a Bonn il Cancelliere Kohl e il Presidente Gorbaciov firmarono un trattato di buon vicinato e di cooperazione fra Germania e Unione Sovietica di durata ventennale. Il 2 dicembre 1990 si svolsero le elezioni al Bundestag che segnarono una forte affermazione dei Democratici Cristiani, sia all’Ovest e all’Est, una flessione dei Socialdemocratici, una ripresa dei liberali e la consistente presenza nella Camera dei rappresentanti del PDS dell’Est (ex-appartenenti al Partito Comunista).

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LA FORMA DI GOVERNO DELLA SPAGNA

La Costituzione del 1978. La nuova Costituzione della Spagna, dopo un referendum, fu promulgato da Juan Carlos il 27 dicembre 1978. Mentre si predisponeva il nuovo documento costituzionale venivano già assunti alcuni provvedimenti normativi diretti a riconoscere senza ulteriori ritardi le aspirazioni autonomistiche di varie regioni spagnole. 1) Nel Preambolo della Costituzione si afferma che la Spagna è uno «Stato sociale e di diritto», nella forma della «monarchia parlamentare», ma nella quale «la sovranità nazionale risiede nel popolo spagnolo, da cui emanano i poteri dello Stato. Un altro articolo proclama l’indissolubilità della Nazione riconosce il diritto all’autonomia delle nazionalità e delle regioni. Viene stabilito il più ampio pluralismo in tutti i settori. 2) Per quanto riguarda la Corona, il Re è «il Capo dello Stato, simbolo della sua unità e stabilità», nonché l’arbitro e regolatore del funzionamento delle istituzioni; pur restando sempre irresponsabile, giacché la responsabilità dei suoi atti è assunta dal Presidente del Governo o dai ministri, che controfirmano sempre gli atti stessi. Per quanto concerne la formazione del Gabinetto, è interessante notare che il Re propone il candidato alla Presidenza del Governo, dopo apposite consultazioni con i rappresentanti designati dai partiti politici e tramite il Presidente del Congresso; ma può nominarlo solo dopo che il candidato in parola avrà esposto il suo programma ed avrà ottenuto sul medesimo la fiducia a maggioranza assoluta. Gli altri membri del Governo saranno, poi, invece, nominati dal Re su proposta del Presidente del Governo. Se entro due mesi, nessuno otterrà la fiducia, allora il Re sentito il Presidente del Congresso potrà indire nuove elezioni. 3) Le Cortes sono bicamerali, ma con una netta predominanza del Congresso dei deputati sul Senato e ciò sia sul piano legislativo che riguardo il controllo politico del Governo. Il Congresso viene eletto ogni 4 anni può avere da 300 a 400 deputati designati a suffragio elettorale con metodo proporzionale su base provinciale. Il Senato è composto da 4 senatori eletti in ogni Provincia per un totale di 200 componenti. L’iniziativa legislativa spetta al Governo, alle Camere, alle Assemblee delle Comunità autonome ed a 500.000 elettori. Le decisioni politiche possono essere sottoposte a referendum popolare: indetto dal Re, su proposta del Presidente del Governo e previa autorizzazione del Congresso. La legge si presenta tipicamente come un atto del Congresso, al quale il Senato può proporre emendamenti od opporre il suo veto; ma quest’ultimo è superabile dal Congresso con maggioranza assoluta quando è totale, con maggioranza semplice quando è parziale. Il Re sanzionerà entro 15 giorni la legge stessa.

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4) Il Governo è formato da un Presidente, da eventuali Vicepresidenti, dai ministri e da altri membri previsti dalla legge. Dovrà dimettersi dopo elezioni generali, dopo sfiducia del Congresso dei deputati, dopo morte o dimissioni del suo Presidente. Quest’ultimo può porre in ogni momento la questione di fiducia al Congresso, ottenendo la medesima a maggioranza semplice; mentre la mozione di censura deve essere presentata da almeno 1/10 dei deputati e includere la proposta di un candidato alla Presidenza del Governo, richiedendosi la maggioranza assoluta, 5) Il Potere Giudiziario è posto sullo stesso piano degli altri due ed i suoi componenti sono indipendenti, inamovibili e soggetti solo alla legge. Un Consiglio Generale del Potere Giudiziario sovrintende a tutti i magistrati; esso è presieduto dal Presidente del Tribunale Supremo, ed è formato da 20 membri nominati dal Re per 5 anni. 6) Per quanto riguarda l’organizzazione territoriale lo Stato spagnolo è diviso in Municipi, Province e Comunità autonome. Un articolo della Cost. stabilisce che le Province limitrofe con caratteristiche storiche, culturali ed economiche comuni, i territori insulari e le Province d’importanza regionale storica potranno accedere all’autogoverno e costituirsi in Comunità autonome. Vari organi statali avrebbero controllato l’attività delle Comunità autonome menzionate. In particolare: il Tribunale Costituzionale avrebbe accertato la costituzionalità delle loro leggi; il Governo, dietro parere del Consiglio di Stato, avrebbe vigilato sulle competenze amministrative loro delegate; gli organi della giurisdizione amministrativa avrebbero giudicato della legittimità dei loro atti d’amministrazione e la Corte dei conti avrebbe esaminato i loro bilanci e le loro spese. Sarebbe stato dislocato un Delegato del Governo per dirigere l’amministrazione statale e coordinarla con quella regionale. Lo schema generale organizzativo delle varie Comunità sarebbe stato, ad ogni modo, sempre il seguente: un’Assemblea rappresentativa, eletta con sistemi di rappresentanza proporzionale; un Consiglio di governo, da questo designato, con funzioni amministrative; un Presidente, responsabile dinanzi all’Assemblea ma eletto dalle Cortes e formalmente nominato dal Re. L’organizzazione giudiziaria sarebbe stata strutturata su base regionale, così da far capo, in ogni singola Comunità autonoma, ad un Tribunale Superiore di Giustizia. In breve tempo l’intera Spagna ha assunto una struttura regionale avvicinandosi alla situazione italiana. 7) Giurisdizione costituzionale e revisione costituzionale. Il Tribunale Costituzionale è composto da 12 membri nominati dal Re per 9 anni e sono a lui proposti: 4 dal Congresso e 4 dal Senato, 2 dal Governo e 2 dal Consiglio Generale del Potere Giudiziario. Le sue attribuzioni concernono essenzialmente i giudizi: 1) sulla costituzionalità delle leggi e degli atti aventi forza di legge; 2) sui ricorsi di tutela per la violazione dei diritti e delle libertà ; 3) sui conflitti di competenza fra lo Stato e le Comunità autonome e sui conflitti fra queste ultime. La revisione costituzionale può attuarsi secondo due diversi procedimenti: l’uno, ordinario, utilizzabile per la revisione parziale e l’altro, più complesso, necessario per quella totale o per la modifica di articoli attinenti ai diritti pubblici soggettivi. Nel

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primo caso, la revisione deve essere approvata da ogni Camera coi 3/5 di maggioranza; se questa non si consegue di primo acchito, una Commissione mista paritaria cercherà di pervenire ad un testo concordato; se, poi, ciò non potrà egualmente realizzarsi, qualora il Senato approvi la revisione almeno a maggioranza assoluta, la revisione potrà attuarsi col voto dei 2/3 dei membri del Congresso. Essa sarà, però, sottoposta a referendum se, entro 15 giorni, 1/10 dei membri di una delle Camere avanzerà tale richiesta. Nel secondo caso, invece, occorrerà, in un primo tempo, l’approvazione di massima da parte di 2/3 dei componenti di ogni Camera, dopo di che le assemblee verranno sciolte e spetterà alle nuove Cortes ratificare la decisione, predisporre il testo definitivo ed approvarlo coi 2/3 di maggioranza in ogni Camera, intervenendo poi sempre un referendum popolare per la ratifica definitiva.

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LA FORMA DI GOVERNO DELLA SVIZZERA

La Svizzera è lo Stato che adotta la forma di governo direttoriale, il suo ordinamento costituzionale è caratterizzato da alcune particolarità, come ad esempio: 1°) il fatto di avere applicato il sistema federale ad un Paese assai piccolo, seppure con cittadini appartenenti a quattro gruppi etnici diversi; 2°) l’adozione del «governo direttorialie», sia per lo Stato federale che per gli Stati-membri, detti Cantoni; 3°) la conservazione di alcuni residui d’integrale democrazia diretta; 4°) l’impiego su larga scala di taluni specifici istituti della stessa democrazia diretta, quali il referendum e l’iniziativa popolare; 5°) il buon funzionamento pratico dell’intero sistema. 1°) Dopo che il Congresso di Vienna del 1815 dichiarò la neutralizzazione della Confederazione Svizzera e dopo la dura prova della lotta armata svoltasi fra il 1843 e il 1847 fra i sette Cantoni cattolici secessionisti ed i restanti Cantoni protestanti, nel 1848 la Svizzera si diede una Costituzione federale, trasformandosi solo allora in un vero e proprio Stato (malgrado la denominazione di Confederazione Elvetica che tuttora la contraddistingue). La Costituzione del 1848 fu, poi, emendata radicalmente nel 1874 e revisionata, in seguito, numerose volte, in senso man mano più accentratore. Attualmente, quanto alla ripartizione delle competenze nel campo legislativo, accanto a materie di esclusiva competenza federale, ve ne sono altre di esclusiva competenza cantonale, e non ne mancano alcune in cui la competenza è concorrente: pur restando sempre prevalente il diritto federale, se conforme a Costituzione. Di conseguenza, si può dire che la Svizzera (come gli Stati Uniti) al federalismo competitivo se ne è man mano sostituito uno cooperativo, basato su una cooperazione: sia orizzontale (attraverso Conferenze fra Cantoni, concordati, istituzioni intercantonali), sia verticale (convenzioni, creazione di istituzioni comuni federo-cantonali), sia contemporaneamente nelle due dimensioni indicate. I Cantoni svizzeri sono oggidì 23, essi sono dei veri Stati sovrani, anche se limitati dalle norme della Costituzione federale. Dal 1937 le lingue nazionali sono quattro: il tedesco, il francese, l’italiano ed il romancio dei Grigioni; le prime tre delle lingue stesse sono definite ufficiali dello Stato federale. Nei Cantoni si trova, generalmente, un’assemblea parlamentare, spesso eletta a suffragio universale, che, a sua volta, designa un Comitato esecutivo formato da 5 a 11 membri, per periodi da 1 a 5 anni. 2°) I cittadini eleggono l’Assemblea Federale, formata da due Camere: l’una, il Consiglio Nazionale, di 200 membri, eletti per 4 anni in ogni Cantone proporzionalmente alla popolazione, e l’altra, il Consiglio degli Stati, con 46 membri,

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eletti in ragione di 2 per Cantone, più spesso a suffragio diretto, ma talvolta anche dall’Assemblea cantonale e per periodi diversi da Cantone a Cantone. Le due Camere lavorano separatamente, ma talvolta si riuniscono assieme in Assemblea Federale per eleggere i membri del Consiglio Federale (o Direttorio, di 7 membri), del Tribunale Federale e Tribunale Federale Amministrativo, il Generale comandante in capo delle forze armate ed il Cancelliere federale. Le due Camere deliberano in assemblea comune per esercitare il diritto di grazia e per comporre i conflitti di competenza sorti fra autorità federali. I 7 membri del Consiglio Federale (Direttorio) esplicano collegialmente le funzioni del Capo dello Stato (anche se ogni anno uno di loro eletto dall’Assemblea Federale preside il Consiglio stesso assumendo il titolo di Presidente della Confederazione Svizzera). Questi membri sono eletti per 4 anni. L’Assemblea Federale può rivolgere al Consiglio Federale delle interpellanze, delle mozioni e dei postulati. Il Consiglio Federale deve presentare ogni anno alle Camere un «rapporto di gestione» sull’attività svolta. Il Consiglio Federale può presentare alle assemblee parlamentari dei progetti di legge, partecipare ai dibattiti in aula, ma non ha il potere di sciogliere anticipatamente le Camere. Bisogna notare che anche se la Camere esprimono sfiducia nei loro confronti, i Consiglieri federali non presentano le dimissioni, piuttosto mutano il precedente indirizzo politico. La Federazione non esplica le attività amministrative inerenti alle materie per le quali legifera; i Cantoni oltre a dare attuazione concreta alle menzionate norme federali mediante i propri organi esecutivi, esercitano pure le connesse funzioni giurisdizionali, mediante propri organi giudiziari. Il Tribunale Federale, se può sindacare la costituzionalità delle leggi cantonali, non può fare altrettanto per quelle federali: restando, così, all’Assemblea Federale la c.d. «competenza della competenza» in materia di legislazione rispetto ai Cantoni 3°) Uno degli aspetti più suggestivi dell’attuale diritto costituzionale svizzero è rappresentato dalla sussistenza, in alcuni piccoli Cantoni di montagna, di talune vestigia d’integrale democrazia diretta. In questi Cantoni si riunisce, infatti, all’aperto, una volta all’anno, in una domenica di aprile o maggio, un’assemblea formata da tutti i cittadini fruenti della capacità elettorale, per votare le leggi, il bilancio cantonale e le eventuali revisioni costituzionali. 4°) Nell’ordinamento federale il referendum è sempre obbligatorio per le revisioni costituzionali (per la cui attuazione è necessario la maggioranza dei voti espressi dagli elettori e la maggioranza dei Cantoni); mentre è facoltativo per le leggi ordinarie e per le ordinanze assunte dalle assemblee. Quanto all’iniziativa popolare delle leggi, essa viene ammessa, nell’ordinamento federale, solo per la revisione costituzionale, con la richiesta di almeno 100.000 elettori. Nei singoli Cantoni, invece, l’iniziativa popolare viene, di regola, accolta sia in materia costituzionale che in materia legislativa ordinaria. In alcuni Cantoni sussiste pure l’istituto della revoca popolare, sia in ordine alle Camere nel loro complesso, sia nei confronti dei Comitati esecutivi. Ma, nella realtà, i menzionati poteri di revoca popolare vengono assai di rado impiegati.

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5°) Non è vero che la risultante di quanto è scritto nel testo costituzionale porti ad un effettivo «governo d’assemblea». L’onesta e la correttezza dei Consiglieri federali, unita bene spesso ad una particolare competenza tecnica nei settori amministrativi loro attribuiti, hanno condotto, le assemblee parlamentari a confermarli molto spesso ripetutamente nei rispettivi uffici alla scadenza del quadriennio di carica. Si può aggiungere che ormai da vari decenni i 7 Consiglieri federali appartengono costantemente ai 4 partiti più numerosi, coalizzati in tal modo nell’azione di governo. Solo una considerevole maturità politica ed una apprezzabile senso della misura hanno finora evitato scontri violenti fra l’Assemblea e il Consiglio Federale.