32
ANNO XIX NUMERO 3 MARZO 2014 Esercizi di comunione Viaggio in alcune realtà diocesane che incarnano il messaggio quaresimale del vescovo Depalma a cura di A. Lanzieri e M.Messinese RnS: quattordici anni di statuto a cura di di A. Caliendo e R. D’Avino Il centenario della nascita di Padre Arturo D’Onofrio a cura di A. Lanzieri Il dialogo ecumenico a cura di Paolo di Palo Speciale San Camillo De Lellis Seme di santità nella Chiesa di Nola

Esercizi di comunione

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Mensile della Chiesa di Nola XXIX - n.3 - marzo 2014

Citation preview

Page 1: Esercizi di comunione

an

no X

IX n

um

ero 3

ma

rzo

201

4

Esercizi di comunione

Viaggio in alcune realtà diocesane che incarnano il messaggio quaresimale del vescovo Depalma

a cura di A. Lanzieri e M.Messinese

RnS: quattordici anni di statutoa cura di di A. Caliendo e R. D’Avino

Il centenario della nascita di Padre Arturo D’Onofrioa cura di A. Lanzieri

Il dialogo ecumenicoa cura di Paolo di Palo

SpecialeSan Camillo De LellisSeme di santità nella Chiesa di Nola

Page 2: Esercizi di comunione

marzo 201402

mensile della Chiesa di Nola

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoCopertina: acquerello di don Carlo TarantiniStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 24 marzo 2014

LA LoGICA DeL CAMMINARe INSIeMedi Alfonso Lanzieri

Digiuno, preghiera ed elemosina caratterizzano il

tempo liturgico della Quaresima, nel quale ci troviamo. Queste “pratiche” non servono certo a soddisfare la fame di sofferenza di una divinità lontana e perennemente di cattivo umore, che regna infliggendo dolore all’uomo, tanto per ricordargli di stare al posto suo, di non credersi chissà che, o chissà chi. Il senso è invece quello di convertirsi, cambiare verso alla propria vita (insieme a quello dell’Italia, come vuole il nostro nuovo, ennesimo, Primo Ministro) apprendendo lo stile del vangelo, che anzitutto invita a decentrarsi (anzi a “rinnegare se stessi” dice Gesù), a imparare a non dire sempre io, io, io…ma a “fare spazio”, a ciò che è essenziale (digiuno), a Dio (preghiera) e al fratello che ha

più bisogno di me (elemosina), tre dimensioni queste, è bene dirlo, fondamentalmente connesse. Solo così, facendo spazio, mettendomi un po’ “di lato”, posso scoprire che io non sono certo “tutto”, che c’è un altro – il mio prossimo – e che in fine (o al principio, se preferite) c’è un Altro, nostro Padre che ci fa fratelli.

Gli “esercizi di comunione” proposti dal vescovo di Nola, Padre Beniamino, nel suo messaggio alla diocesi per la Quaresima, vogliono portarci su questo sentiero lungo il quale si può scoprire che vivere e agire in comunione – nella Chiesa e nella società – non è solo una mera strategia per essere più efficienti (certo anche questo, negarlo sarebbe ipocrita) ma significa impostare l’esistenza

a partire dalla nostra reciproca co-appartenenza. Che vuol dire? In buona sostanza che il nostro vivere associato non è come dividere lo stesso condominio – la medesima nazionalità, il medesimo pianeta - per cui “è bene collaborare”: pensarla così vuol dire abitare nel mondo principalmente e per lo più in una reciproca indifferenza, come più o meno stanno gli inquilini di un grande edificio di città, solo di tanto in tanto interrotta perché un guasto, un guaio, un problema è sia il tuo che il mio e a quel punto “siamo sulla stessa barca…è meglio se ci diamo una mano”; al contrario la comunione è prossimità e scambio costanti, interesse gratuito e permanente, collaborazione convinta, volontà di non lasciare indietro nessuno, uno stile che supera il modello relazionale “economico” (io ti do questo e tu dunque mi dai quello) e “aziendale” (o sei dentro lo standard produttivo o sei escluso) e rende l’esistenza vivibile, fa delle nostre città e delle nostre parrocchie luoghi in cui val la pena di stare, spazi in cui si respira aria fresca. Attraverso le storie raccontate in questo numero di Indialogo, vogliamo guardare ad alcuni “esercizi ci comunione” incarnati, esempi sui quali fermarsi per riflettere sulla fecondità della logica del “camminare insieme” talvolta già attuata, tante altre data solo in potenza, nella chiesa come nel mondo.

Page 3: Esercizi di comunione

03marzo 2014

La Terza Pagina

Con il messaggio per la Quaresima il vescovo Depalma invita ad essere autentici comunicatori

eSeRCIzI DI CoMuNICAzIoNedi Mariangela Parisi

“…ciascuno vive la propria fede come un’impresa eroica e so-

litaria, una crociata individuale, nessuno avverte l’esigenza di far crescere la propria fede insieme agli altri…”. Parole forti quelle che Anna utilizza per raccontare al vescovo di Nola, il suo Pasto-re, un disagio sperimentato nella propria esperienza di fede. Pa-role poste da mons. Depalma ad inizio del suo messaggio per la quaresima, riportato in quarta di copertina. Parole tremende, soprattutto perché, come scrive ancora il vescovo sono “parole non isolate” pronunciate, in que-ste settimane di cammino sinoda-le dedicate alla visita nelle par-rocchie, soprattutto da giovani. Parole coraggiose che spingono mons. Depalma ad invitare tutti ad “una conversione autentica, in cui la coscienza si rinnova nel-la verità e alimenta gesti nuovi e concreti di amore per l’altro” dal momento che “o i nostri talen-ti sono a servizio di un progetto comune, che coinvolga tanti, o sono sprecati, rovinati e deprez-zati dalle lusinghe e dai successi effimeri dell’individualismo”.

Facendo leva sul coraggio di Anna, mons. Depalma invita a rompere il silenzio dell’autorefe-renzialità, il silenzio dell’ego per essere costruttori di comunione, per ritornare ad essere autentici comunicatori, autentici portato-ri della Parola in tutte le strade che, come scrive Papa France-sco nel Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni So-ciali 2014 “sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è rag-giungibile effettivamente e affet-tivamente” e tra le quali, aggiun-ge “ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso feri-ta: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza”. Ma “La testimonianza cristiana - sot-tolinea ancora Papa Francesco - non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con

rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricer-ca della verità e del senso dell’e-sistenza umana»1”. E gli esercizi di comunione che il vescovo di Nola ha invitato a fare in questa Quaresima, sono, senza dubbio, allo stesso tempo, esercizi di co-municazione: le relazioni auten-tiche che gli esercizi consentono di raggiungere non posso prescin-dere infatti dalla comunicazio-ne, dal desiderio cioè di vivere una totale e reciproca apertura all’altro che consenta di andare oltre il mero scambio di “dati” che caratterizza invece l’infor-mazione: la comunicazione «si basa, infatti, sul saper ascoltare personale e su una libera apertu-ra e porta ad una comunanza fra colui che comunica e colui che riceve, chiamata “comunione”»2.

L’invito del vescovo è in defi-nitiva un invito al recupero del-la responsabilità del comunicare che diviene particolarmente ne-cessario in un contesto culturale come quello contemporaneo che «satura la nostra coscienza e ri-definisce continuamente cosa sia la realtà»3: un conteso cultura-le impregnato di tecnologia che continuamente modifica la no-stra capacità di rapportarci con gli altri ma anche con noi stessi ovvero modifica la nostra capaci-tà di comunicare.

Le cinque parole donate alla Chiesa di Nola per la Quaresima - accoglienza, corresponsabilità, presenza umile, valorizzazione degli altri, ascolto - infatti, ri-mandano ad impegni diversi ma con un comune obiettivo: il met-tersi coraggiosamente in gioco, l’aprirsi coraggiosamente alla di-versità, l’ingegnarsi coraggiosa-mente senza aspettare soluzioni da altri, l’imparare coraggiosa-mente a lavorare dietro le quinte per dare spazio ad altri, l’aprirsi coraggiosamente all’ascolto qua-le altro risultato potrebbero pro-durre se non il divenire comu-nicatori autentici ovvero uomini e donne al servizio della comu-nione?

1. Benedetto XVI, Messaggio per la XLVII Giornata Mondia-le delle Comunicazioni Sociali, 20132. H. Vorgrimler, «Comunica-zione», Nuovo dizionario teolo-gico, EDB, Bologna 2004, p.1403. M. O’Brien, Riscopriamo la pazienza nell’era di Internet, in «Avvenire», 18 dicembre 2011, p. 17

Page 4: Esercizi di comunione

marzo 201404

mensile della Chiesa di Nola

CoMuNIoNe IN PRATICA: TRe ReALTà Che INCARNANo IL MeSSAGGIo QuAReSIMALe DeL VeSCoVo

Accogliere la diversitàdi Antonio Romano

Accoglienza della diversità, valorizzazione delle idee altrui, ma anche partecipazione.

Questi alcuni degli esercizi suggeriti dal nostro vescovo nel suo messaggio per questa Quaresima, esercizi decisamente consigliabili a tutti, in particolare a noi cristiani chiamati ad essere modelli esemplari di uomini e di donne, nonché di cittadini; opportunità per favorire realmente la crescita sociale da continuare anche dopo la Quaresima fino a farne diventare uno stile.

Ma come calare nella realtà quotidiana le proposte di impegno che il vescovo ci ha indicato? Vi sono già delle esperienze in tal senso?

Per quanto riguarda l’accoglienza della diversità, mi piace ricordare che a Pomigliano qualche anno fa abbiamo ospitato cinquanta ragazzi scappati

dalla guerra in Libia che una volta arrivati a Lampedusa sono stati dislocati nelle strutture certificate come idonee dal Ministero dell’Interno, tra cui vi era un hotel di Pomigliano; fin da subito si è costituito un gruppo di volontari che, vista anche l’inerzia con cui le istituzioni locali, hanno risposto alla domanda di i n t e g r a z i o n e che quei ragazzi implicitamente portavano con sè, che non si è limitato ad assisterli, ma ha cercato di farli inserire nella vita sociale della città, nonché di quella religiosa.

Impressa ancora è nella mia mente la bellissima veglia di preghiera interreligiosa nella chiesa di San Francesco, presieduta

proprio da padre Beniamino, con le letture proclamate in inglese e in francese, oltre che in italiano, alla quale hanno partecipato tutti i parroci del paese e tantissime persone.

Ma accogliere non significa solo essere ospitali e generosi, vuol dire anche far sentire a casa, nei limiti del possibile, dal punto di vista c u l t u r a l e : ecco perché con i ragazzi africani furono o rgan i zza te delle serate in cui loro stessi c u c i n a r o n o

piatti tipici dei loro paesi per quanti parteciparono all’evento.

Ma quando parliamo di “diversi” ci viene facile pensare ai “molto diversi”, come nel caso appunto degli immigrati, ma diverso è

Dal messaggio del VescovoAccogliere la diversità.

Impegniamoci a non circondar-ci di “simili”, ad abbandonare la paura del diverso, ad ac-cettare la sfida di un pensiero alternativo al nostro. “Cantar-sela e suonarsela” non serve a nessuno, ci fa solo diventare più piccoli e non più grandi. Questo tempo nuovo non vuo-le ascoltare abili solisti ma un coro intonato dalla ricerca del

bene comune.

Page 5: Esercizi di comunione

05marzo 2014

esercizi di comunione

CoMuNIoNe IN PRATICA: TRe ReALTà Che INCARNANo IL MeSSAGGIo QuAReSIMALe DeL VeSCoVo anche chi ha credenze religiose e/o idee politiche diverse dalle nostre, con i quali si viene in contatto perché si condividono delle battaglie.

È il caso del comitato del parco pubblico di Pomigliano, nato in contrapposizione a un progetto di riqualificazione che prevedeva una forte cementificazione del verde, che con i loro sforzi e la loro costanza nel pungolare le istituzioni, ha proposto fino a riuscire ad ottenere che la riqualificazione del parco passasse per un percorso di progettazione partecipata: uno dei rari casi in cui le istituzioni hanno valorizzato idee e proposte dei cittadini.

Altro bell’esempio di accoglienza della diversità, di valorizzazione di idee e di partecipazione è il “coordinamento 18 gennaio” , gruppo di persone diverse che più diverse non si può, ci sono credenti, non credenti, studenti, insegnanti, operai, simpatizzanti di centro sinistra e di centro destra, che hanno deciso di convergere per mantenere alta l’attenzione a livello locale sulla questione ambientale.

Dopo una manifestazione cittadina che ha visto la partecipazione di 3000 persone, è stato organizzato un convegno, che si è tenuto il 22 febbraio scorso a Pomigliano, in cui è stata spiegata la legge “Terra dei fuochi”, voluta dal governo Letta, attraverso il punto di vista di un medico (il dott. Marfella), un magistrato (il pm Federico Bisceglia) e un membro del Corpo forestale dello Stato (il generale Sergio Costa).

In conclusione, esempi concreti di accoglienza del diverso e di valorizzazione di idee esistono, occorre che questi esercizi – come li ha chiamati padre Beniamino – si moltiplichino e diventino capillari al territorio.

Un’associazione dalla parte della famigliadi Mariano Messinese

La torre d’avorio è bella. Le sua mura offrono riparo e

conforto al suo ospite. Ed è difficile resistere alla tentazione di ritirarsi nel proprio angolo di solitudine. Ma i tempi recenti impongono una scelta all’individuo. La società chiama a nuovi sfide che devono essere raccolte da tutti. È giunto il momento di assumersi le proprie responsabilità e di non delegarle agli altri.

Questo è in sintesi l’appello del vescovo di Nola, mons, Beniamino Depalma, nel suo messaggio di preparazione alla Quaresima. Ovviamente è un invito rivolto a tutta la comunità dei fedeli. Non solo ai sacerdoti e alle suore, ma anche e soprattutto ai laici. Sia chiaro, nessuno può pensare di risolvere da solo i mali che affliggono la nostra città. Per questo l’intento del vescovo è quello di stimolare la cooperazione tra le varie anime della diocesi, per spezzare insieme “il pane delle responsabilità”.

C’è un’associazione che ha già risposto in maniera positiva alla chiamata del porporato. Si tratta del Centro di solidarietà Giovanni

Merliano. È una associazione creata da alcuni amici che in nome della propria fede cercano di andare incontro ai bisogni delle persone più indigenti. Sono due le grandi finalità di questa onlus: affrontare i problemi legati al disagio familiare come il bisogno alimentare, la disoccupazione, la precarietà esistenziale e al tempo stesso offrire sostegno ai ragazzi nello studio e durante il tempo libero.

Su questo punto è chiaro il presidente Vitaliano Sena: “L’esperienza associativa di

Dal messaggio del vescovoSpezzare il pane

della responsabilità. Impegniamoci a non assegna-re più ad altri i compiti che spettano a noi, in quella logi-ca della “delega” e del “rin-vio” che forse – e purtroppo – abbiamo appreso dalle no-stre classi dirigenti. Allo stes-so tempo, però, proponiamo uno stile nuovo di condivisio-ne, solidarietà e fraternità: come il Cireneo, proviamo a prenderci un pezzetto delle responsabilità altrui e, senza deliri di onnipotenza, trovia-mo l’umiltà di affidare a chi ci è vicino pezzetti dei pesi che

toccano a noi.

Page 6: Esercizi di comunione

marzo 201406

mensile della Chiesa di Nola

questi anni ci ha fatto constatare che le famiglie, lasciate sole nell’affrontare il disagio quotidiano, finiscono a volte per tralasciare l’aspetto educativo, che viene fortemente penalizzato per cercare di soddisfare altre priorità. Condizionate negativamente dalle varie situazioni di crisi, marginalizzano la cultura relegando lo studio tra le questioni secondarie. Mentre l’educazione è un bene primario e, nel tempo, costruisce una vera personalità capace di affrontare la vita”.

Anche per colmare questa lacuna, l’associazione ha portato avanti il progetto “Un libro per tutti”, che affonda le sue radici nell’esperienza del doposcuola promossa dai soci e che ha l’obiettivo di acquistare libri di testo per i ragazzi particolarmente meritevoli. Proprio per raccogliere fondi a sostegno di quest’ultimo progetto, lo scorso 18 marzo all’Auditorium di Saviano, è andata in scena la piece teatrale “Quell’assordante urlo del Silenzio”, scritta e diretta dal regista e attore Thomas Mugnano : il titolo è un ossimoro, ai limiti del controsenso, proprio come il protagonista, un bambino mai nato che parla e soprattutto interroga gli altri. Un interrogativo, quindi una domanda, cioè il primo passo per riconoscere l’esistenza di

qualcuno diverso dal proprio sé e per abbattere le mura di quella torre d’avorio, prigione della solidarietà.

Un lievito “nascosto” per il bene del mondodi Alfonso Lanzieri

Nel suo messaggio per questa quaresima dal titolo “Esercizi di comunione”, il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, ha invitato ad «esserci, ma senza presenzialismi» spronando ad abbandonare «la tentazione di voler essere sempre in vista,

sempre al primo posto. “Esserci” è un valore, ma il presenzialismo ne è la negazione». È necessario impegnarsi insomma, nella chiesa e nel mondo, fare la propria parte, ma preoccupandosi anzitutto di promuovere ciò che è bene e non colui che lo compie. L’esperienza dei laici consacrati, non sempre molto conosciuta quando non ignorata, incarna alla perfezione questo stile di servizio sobrio, umile e nascosto, e per questo ho voluto parlare con una persona che ha scelto per sé questo stato di vita per saperne di più. Dopo qualche ricerca,

Dal messaggio del vescovoEsserci, ma senza presen-zialismi. Impegniamoci a occupare “l’ultimo banco”. Abbandoniamo la tentazione di voler essere sempre in vi-sta, sempre al primo posto. “Esserci” è un valore, ma il presenzialismo ne è la ne-gazione. Il protagonismo a tutti i costi soffoca i talenti altrui, educa le comunità alla delega, non aiuta a formare una coscienza critica, spinge tutti a pensare che basta se-guire il leader per risolvere

tutti i problemi.

Page 7: Esercizi di comunione

07marzo 2014

esercizi di comunione

riesco ad incontrare Felice Mocerino, dell’Istituto Secolare dei Missionari della Regalità di Cristo; un affabile uomo di mezza età, che mi accoglie a casa sua e accetta di rispondere a qualche mia domanda.

Felice, chi è il laico consacrato?È un laico come gli altri, senza

distintivi o divise, che s’impegna nel mondo, come tutti, svolgendo la sua professione e si sforza di diffondere il Vangelo anzitutto vivendolo. Il laico consacrato è sempre teso a scorgere i segni della presenza di Dio e a comunicarlo agli altri. Rispetto

agli altri laici noi viviamo una donazione particolare della nostra vita al Signore attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza. In poche parole rinunciamo a tutto, anche ad una famiglia nostra per poter essere disponibili completamente a chi ci è accanto, giorno per giorno.

E qual è la differenza tra te e, ad esempio, un membro di un ordine religioso?

Quel che ci distingue è l’ambito di vita che per noi è il mondo: siamo nei luoghi e nelle situazioni più disparate. Viviamo la nostra vocazione inseriti

nella quotidianità, ciascuno svolgendo la propria professione nei contesti più diversi: quello educativo, culturale, aziendale, della fabbrica, politico, familiare, ecclesiale. È lì che la nostra vocazione si realizza. Non conduciamo una vita comune all’interno di un convento, o comunque di una nostra specifica casa, ma esercitiamo il nostro apostolato da laici, praticando i consigli evangelici ma rimanendo ciascuno nel proprio ambiente familiare e sociale. Naturalmente abbiamo dei momenti di incontro: ci sono gli incontri regionali una volta al mese, ad esempio, le giornate studio, gli esercizi spirituali annuali e così via.

Felice, per trovarti ho dovuto cercare per alcune settimane. I consacrati laici preferiscono mantenere il riserbo sulla loro scelta. Come mai?

Perché noi proviamo a testimoniare il vangelo anzitutto con le nostre scelte e il nostro stile di vita. La vocazione non è come un titolo di studio da esibire per avere una collocazione sociale, professionale o ecclesiale. Inoltre, il riserbo aiuta a conservare la necessaria libertà nel nostro operare. La stessa scarsa conoscenza di questa vocazione, e nella chiesa e nella società, potrebbe dar vita a strumentalizzazioni o fraintendimenti.

Chi è stato il primo laico consacrato della storia?

Facile rispondere: Gesù. Lui è stato, in un certo qual modo, il primo laico consacrato della storia nel periodo nella sua vita cosiddetta nascosta a Nazareth. Lì ha vissuto svolgendo una specifica professione pienamente inserito nel contesto sociale del tempo. I trent’anni vissuti a Nazareth, nell’umiltà e nel riserbo, rappresentano per così dire la nostra bussola spirituale: anche noi lavoriamo per l’avvento del Regno di Dio nella ferialità dell’impegno quotidiano, senza alcuna ribalta pubblica. Questo è il nostro specifico carisma.

Page 8: Esercizi di comunione

marzo 201408

mensile della Chiesa di Nola

Dal 21 al 26 agosto 2014, la Chiesa di Nola vivrà l’esperienza del pellegrinaggio diocesano a Santiago de Compostela e Fatima, presieduto dal vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma. Queste le tappe del viaggio 21 agosto (giovedì): Napoli/Porto/Santiago Al mattino ritrovo dei partecipanti direttamente all’aeroporto di Napoli-Capodichino. Partenza con volo speciale diretto per Porto. All’arrivo, sistemazione in pullman e trasferimento per Santiago de Compostela. Sistemazione nelle camere riservate. Cena e pernottamento. 22 agosto (venerdì): Santiago de Compostela Pensione completa in albergo. In mattina visita guidata di Santiago: la Cattedrale, Plaza de Obradorio, Hospital Real, Plaza de la Quintana. Partecipazione alla S.Messa del pellegrino. Nel pomeriggio possibilità di fare a piedi il tratto che dal Monte Gozo arriva alla Cattedrale. 23 agosto (sabato): Santago/Braga/Coimbra/Fatima Prima colazione in albergo. Sistemazione in pullman e partenza Braga. Celebrazione della S. Messa e visita nel Santuario del Bom Jesus. Proseguimento per Coimbra. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita di Coimbra. Sistemazione in pullman e Proseguimento per Fatima. All’arrivo in albergo, sistemazione nelle camere riservate. Cena e pernottamento. 24 agosto (domenica): Fatima Pensione completa in albergo. In mattinata via crucis e visita ad Aljustrel (paese natio dei tre pastorelli) e Los Valinhos (luogo delle Apparizioni della S. Vergine e dell’Angelo). Nel pomeriggio celebrazione penitenziale e S. Messa. 25 agosto (lunedì): Fatima/Lisbona Prima colazione in albergo. Celebrazione della S. Messa nella Cappellina. Visita del museo “luce e pace”. Pranzo in albergo. Nel pomeriggio sistemazione in pullman e partenza per Lisbona. Visita della città. All’arrivo in albergo, sistemazione nelle camere riservate, cena e pernottamento. 26 agosto (martedì): Lisbona/Napoli Prima colazione in albergo. Celebrazione della Santa Messa nella Casa Natale di Sant’Antonio. Pranzo in ristorante. Subito dopo sistemazione in pullman e trasferimento per l’aeroporto. Partenza con volo speciale LIVINGSTON per Napoli

Info: www.diocesinola.it tel. 081 3114613 - Cell. 348 5184028 e-mail [email protected] apertura ufficio: lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 9.00 alle 12.00

Page 9: Esercizi di comunione

09marzo 2014

Meglio di una mimosaIncontro fidanzati in cattedrale. Il vescovo: “Il matrimonio è fondato su Dio”

Dono per la comunitàIl RnS in festa per i 14 anni dall’approvazione del proprio statuto

un unico orizzonteL’ Ac riprende il cammino dopo il rinnovo del Consiglio e della Presidenza diocesani

L’apostolo dei giovaniCentenario della nascita del Servo di Dio Padre Arturo D’onofrio

In Diocesi

Page 10: Esercizi di comunione

marzo 201410

mensile della Chiesa di Nola

Incontro fidanzati in cattedrale. Il vescovo: “Il matrimonio è fondato su Dio”

MeGLIo DI uNA MIMoSAdi Mariano Messinese

L’amore è più forte della crisi. Sono tanti i giovani che

decidono di compiere il grande passo per sposarsi. Soprattutto nella diocesi di Nola. Almeno a giudicare dalle tantissime coppie di fidanzati che hanno gremito la cattedrale di Nola sabato 8 marzo in occasione dell’incontro con il vescovo Beniamino Depalma, promosso dalla Pastorale delle Famiglie.

Tre coppie, molto diverse fra loro, hanno preso la parola. Hanno raccontato ai presenti la loro testimonianza, intervallati soltanto dalle note, ora gioiose ora struggenti, del chitarrista Espedito De Marino.

I primi a parlare sono Carmine e Maria. Abitano a Baiano, Carmine è un militare, Maria un architetto. E sono entrambi molto emozionati. Oltre che innamorati. Si sposeranno a maggio dopo 15 anni di fidanzamento. Un amore profondo li unisce fin dall’adolescenza, quando Carmine aveva i capelli lunghi e Maria sognava di diventare una ballerina di danza classica. Poi sono cresciuti e hanno dovuto affrontare le prove che la vita gli ha riservato. E che prove! Per esempio Carmine, durante una missione di pace in Libano, è stato anche vittima di un attentato, fortunatamente senza conseguenze. Maria gli è stata vicina e insieme hanno superato anche questo ciclone. Ma per il loro rapporto è stato fondamentale ispirarsi anche ad alcuni modelli di riferimento come i propri genitori.

Poi è la vota di Roberto e Potenzia, vivono a San Paolo Bel Sito. Sono già sposati da 17 anni, ma stanno insieme da 25. Questo non vuol dire però che il loro rapporto sia stato esente da problemi. Anzi, è

proprio Potenzia, con il sorriso sulle labbra, ad ammetterlo: “I primi anni della nostra vita coniugale sono stati difficili. Avevamo frequentato un corso di preparazione al matrimonio. Ma è stato problematico tradurre nella pratica quanto appreso per via teorica. Abbiamo chiesto aiuto al nostro parroco, perché da soli non riuscivamo a venirne a capo. Grazie al suo interessamento, abbiamo conosciuto la Pastorale delle famiglie. Abbiamo fatto esperienze di convivenza con le altre coppie e abbiamo trovato in questo un valido sostegno”.

Infine Guseppe e Maria: non sono di Nazareth, ma di San Gennarello e qualche mese fa hanno avuto il privilegio di assistere all’incontro del Papa con i promessi sposi a San Pietro: durante l’intervento difendono la loro scelta di legarsi per l’eternità in controtendenza con i modello di vita dominante in questa società.

Poi il passaggio del testimone, anzi del microfono. Perché tocca al Vescovo parlare. Ormai è noto, Mons. Depalma è un abile oratore. Sa quando scherzare e quando arringare i presenti: “Non vi conosco a uno a uno, ma so che voi avete sentito parlare di me. Almeno durante un preciso momento della liturgia

eucaristica”. Poi il discorso si fa serio e allora il suo tono di voce si alza fino a scuotere le coscienze e le pareti della Cattedrale: “Non vi sposate perché cosi ha deciso il caso. E’ stata la mano di Dio a guidare i vostri passi. È per questo che il matrimonio nasce da Dio, perché lui ha visto la vostra solitudine”. Ma il discorso prosegue: “Voi siete per il vostro partner il dono più grande. Come lo fu Eva per Adamo. Voi sull’altare deciderete di sacrificare la vostra libertà, il bene sommo dell’esistenza umana, per il marito o la moglie. E lo farete perché sarete sicuri di aver trovato la persona che vale più della vostra indipendenza”.Prima di congedarsi il Vescovo assegna i compiti a casa per i fidanzati: “Leggete sempre il capitolo secondo della Genesi. Lì c’è il racconto della vostra storia. Dio crea Adamo, ma si rende conto della sua solitudine. Allora da una costola dell’uomo crea la donna, il regalo più grande. Avete visto, uomini? Vi manca una costola. Voi siete imperfetti. Per questo avete bisogno della donna e viceversa”. Era la festa della donna e a giudicare dai loro volti, le parole del vescovo sono arrivate dritte al cuore delle presenti. Meglio di ogni mimosa.

Page 11: Esercizi di comunione

11marzo 2014

in diocesiIl Rinnovamento nello Spirito Santo in festa per i 14 anni dall’approvazione del proprio statuto

DoNo PeR LA CoMuNITàdi Antonio Caliendo e Rafaella D’Avino

Lodiamo e ringraziamo il Signore per averci fatto il dono

della comunione con il nostro amato pastore, l’Arcivescovo Vescovo di Nola padre Beniamino Depalma, che con sollecitudine e premura venerdi 14 marzo ha risposto all’invito a presiedere la Celebrazione Eucaristica per la festa del Ringraziamento dell’approvazione dello statuto del RnS da parte della C.E.I. avvenuta il 14 marzo del 2002.

A Piazzolla di Nola, nella chiesa dell’Immacolata, ci siamo ritrovati noi fratelli del RnS della diocesi di Nola, unitamente ai fratelli di altri gruppi carismatici, di Azione Cattolica e di altri Movimenti, con i quali abbiamo voluto condividere la gioia di stare insieme per partecipare alla Santa Eucaristia. Hanno concelebrato il parroco di Piazzolla don Salvatore Luminelli, al quale va il più sentito ringraziamento per

la disponibilità e l’accoglienza che da anni riserva al movimento del RnS, don Pasquale Capasso, responsabile diocesano delle Associazioni e Movimenti laicali, don Franco Gallo, mons. Raffaele Russo e mons. Luigi Mucerino. I canti sono stati eseguiti dal coro diocesano del RnS diretto dal maestro Roberta Nava.

Nella sua omelia,p.Beniamino ha sottolineato, con chiarezza e determinazione, che il movimento del RnS è per la Chiesa di Nola un grande dono al servizio non solo delle Comunità parrocchiali in cui sono presenti i dieci gruppi ufficiali e i gruppi in formazione ma per l’intera comunità Diocesana. Tutta l’opera di evangelizzazione e di servizio deve essere spesa per l’intera comunità dei credenti e partendo da questo periodo di Quaresima, attraverso “esercizi

di comunione”, bisogna uscire da sé e piegare il proprio ego nella preghiera dinanzi al Cristo sofferente. Ogni componente del Movimento deve lavorare per tutta la vigna del Signore non per il solo gruppo.

Grazie alla riflessione del nostro pastore ognuno dei fratelli presenti si è sentito prezioso nell’opera missionaria che lo Spirito Santo suscita nei gruppi e si è fortificata la volontà di mettersi al servizio delle Comunità parrocchiali in cui l’RnS è presente. Prima della benedizione finale, la responsabile diocesana del RnS, Mariagrazia Giova, ha rivolto un sentito e accorato grazie al nostro pastore e ai sacerdoti presenti per aver partecipato alla festa del Ringraziamento voluta dal Movimento Rns Italia per ricordare come il 14 marzo 2002 lo

Page 12: Esercizi di comunione

marzo 201412

mensile della Chiesa di Nola

Spirito Santo concedeva di vivere due momenti straordinari che hanno segnato la storia ecclesiale del RnS: il Consiglio Nazionale ricevuto negli appartamenti pontifici dell’allora papa Giovanni Paolo II e l’approvazione definitiva dello statuto dell’Associazione Rinnovamento nello Spirito Santo da parte del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. Ha, inoltre, posto in evidenza come, attraverso il nostro vescovo, ci sentiamo confermati in quella parte del tutto che è la Chiesa di Nola che abbiamo scelto di amare e servire, ricordando le parole di Papa Francesco che ci esorta a prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare, per divenire missionari incarnati nei limiti umani ,mai sterili e sconfitti, ma sempre pronti con braccia spalancate e porte aperte verso gli ultimi, i lontani, i poveri, i carcerati.

Il popolo del RnS ha poi fatto dono al vescovo di una ceramica raffigurante la Vergine della tenerezza che accosta il suo dolce viso al viso del Divin Figlio. Nel ringraziare del bel dono, p.Beniamino ha espresso il desiderio di vedere esposto quel dono nel Centro Caritas diocesano di accoglienza notturna per i senza fissa dimora in S.Giuseppe Vesuviano che, proprio nel pomeriggio, era stato da lui inaugurato.

Al termine della celebrazione eucaristica il popolo del RnS salutava il nostro beneamato pastore e tutti i convenuti con uno sventolio di fazzoletti rossi. A tutti è stato fatto dono di un volantino dell’iniziativa nazionale del RnS “10 piazze per 10 comandamenti”. A conclusione della festa del ringraziamento ci siamo ritrovati tutti nella sala “Gillo” del complesso socio-religioso della parrocchia dell’Immacolata dove veniva proiettato un filmato sulla storia del RnS, cui faceva seguito un’agape fraterna.

Il movimentoIl Rinnovamento carismatico cattolico nasce nel gennaio 1967, negli Stati Uniti d’America, grazie all’incontro di alcuni giovani universitari cattolici con il mondo pentecostale. Da qui, come un fuoco divampante, il Rinnovamento carismatico si è rapida-mente diffuso nella Chiesa cattolica, incontrando il favore della Conferenza episcopale americana. Nel 1971, a poca distanza da quanto era accaduto in America, si sviluppa in Italia la grande corrente spirituale nota con il nome di Rinnovamento carismati-co cattolico. Quasi immediatamente, l’esperienza italiana ven-ne denominata “Rinnovamento nello Spirito Santo”, come effet-to della prima riflessione teologica e della mediazione culturale che gli iniziatori del Movimento ebbero a compiere, in Italia, per attestarne l’identità cattolica. Era l’aprile del 1977.Il nome Rinnovamento nello Spirito Santo - che anche il cardina-le Suenens auspicava fosse fatto proprio da tutto il movimento carismatico - è tratto dalla lettera di San Paolo a Tito, nella qua-le l’apostolo afferma che siamo salvati «mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo» (Tt 3, 5). La caratteristica inconfondibile dell’espressione adottata è quella di polarizzare l’attenzione sullo Spirito Santo e non sui carismi, sul donatore e non sui doni: in tal modo risulta evidente che nessuno può convenientemente dirsi carismatico se non in riferimento alla Chiesa, perché essa è carismatica. (http://www.rns-italia.it)

Page 13: Esercizi di comunione

San Camillo De LellisSeme di santità nella Chiesa di Nola

Anno Camilliano 14 Luglio 2013 – 14 Luglio 2014

Cam

illo

mos

tra l

e reg

ole d

ei m

inist

ri de

gli i

nfer

mi,

Rom

a

Page 14: Esercizi di comunione

mensile della Chiesa di Nola

II

Durante l’angelus del 14 luglio 2013, a Castel Gandolfo, papa Francesco nella sua meditazione sulla parabola evan-gelica del buon Samaritano ha fatto riferimento alla indizione di un anno giubilare camilliano, in occasione dei 400 anni dalla morte di San Camillo de Lellis (avvenuta il 14 Luglio del 1614), augurando a tutti i medici e ope-ratori sanitari di operare nello spirito del santo fondatore dei Ministri degli Infermi, patrono dei malati e di tutti

coloro che sono impegnati nel campo sanitario.L’anno giubilare, indetto dal Papa, si è aperto proprio il 14 Luglio del 2013 per culminare il 14 luglio 2014, 400° anniversario

del dies natalis al cielo di san Camillo.S. Camillo nell’anno 1600 fu Vicario generale della Diocesi di Nola, e, avendo dato grande testimonianza di coraggio e

carità cristiana, abbiamo ritenuto opportuno approfondire la conoscenza del suo pensiero e della sua opera.

Per L’ aNNo CaMILLIaNodi Salvatore Feola

L’autorevole storico della me-dicina Giorgio Cosmacini, nella recente biografia di San Camillo, si interessa al carat-

tere laico del ministero del santo fra i malati, ne focalizza il ruolo storico in ambito caritativo, curativo e sanitario, facendone intravedere fondatamente il profilo di riformatore dell’assistenza sanitaria.

La Bolla di Benedetto XIV del 1800 inserisce il nome di Camillo tra i Santi e lo riconosce come iniziatore di una nuova scuola di carità in chiave infer-mieristica, relazionale e spirituale.

La distanza del tempo e del pro-gresso proprio della scienza e della tecnologia medica non consentono di sottoscrivere in toto suggerimenti e suggestioni, tesi al sostegno dei malati di un tempo, ma restano attuali princi-pi, intuizioni e sensibilità.

La sociologa americana Carol Gil-ligan attribuisce al nostro santo “ una voce diversa” nel mondo della salute in virtù della sintonia e della compas-sione piuttosto che della razionalità astratta.

L’atteggiamento olistico che in modo concorde oggi il mondo scien-tifico richiama in causa rinvia a delle anticipazioni di San Camillo, per il quale tutta la persona è colpita e ri-sente della nostra cartella clinica e del nostro modo di reagire, senza che nes-suna delle dimensioni rimanga estra-

nea , sia fisica e intellettuale, che spirituale e socio- emotiva. alcuni criteri innovativi della sensibilità contemporanea già permeavano la filosofia del santo, con la differenza che allora

faceva da propulsore una visione cristiana della vita, mentre oggi l’immagine dell’uomo non trascende l’orizzonte mondano. È merito di Maslow averci ricordato che alle nostre molteplici dimensioni corrispondono i relativi bisogni, se vogliamo rag-giungere e conservare l’armonia vitale della persona in situazione di salute e di malattia.

Il genio del nostro santo sta nella completezza dello sguardo che in modo simultaneo include medicina e spiritualità ov-vero l’anima incarnata e la carne animata in sede singolare e sociale. e con lo stesso sguardo S. Camillo vedeva non solo il fratello nella sua totalità ma in lui il Signore. Il segreto è proprio qui.

SaN CaMILLo: uN rIForMatore DeLL’ aSSISteNza SaNItarIadi Luigi Mucerino

Page 15: Esercizi di comunione

san camiLLo de LeLLis

III

uNa traCCIa DI SaNtItà NeLLa StorIa DeLLa ChIeSa DI NoLadi Pasquale d’onofrio

C’è una storia di santità che cor-re lungo i tempi e i luoghi e che sempre assicura il chinarsi concreto di Dio sugli uomini.

Così la storia, e quella di una Chiesa par-ticolarmente, potrebbe essere ricostruita a partire da queste presenze umane che si-gnificano nel segno degli uomini la fedel-tà della promessa eterna: io sono con voi. Così siamo quello che ci hanno donato, e ciò che ci hanno lasciato come eredità spi-rituale. Nel nostro DNa si ritrova l’eredità di Paolino il santo cui è legata la memoria della nostra Chiesa di Nola, “Accorrerò ovunque udrò risuonare per me il nome di Cristo” (PaoLINo, Lettera a Severo, 23, 36) è l’espressione che più di ogni altra dice la ricerca continua che muove i passi di questa nostra Chiesa.

Questa ricerca di verità nella carità ha segnato la nostra esperienza di fede ed ha portato frutti nella continuità del tempo. L’occasione dunque della memoria di San Camillo de Lellis che, nell’agosto del 1600, fu chiamato dall’allora vescovo di Nola Fabrizio Gallo a soccorrere gli uomini e le donne toccati dalla peste e creato suo Vicario Generale perché curasse non solo i corpi ma anche le anime di questa po-polazione diventa una possibilità ulteriore per cogliere la traccia di santità che anco-ra è presente nella nostra esperienza. La sua azione parte non tanto da un’organiz-zazione perfetta, quanto da un sentimento particolare. Come egli stesso scrive desi-dera “servire i malati come fa una madre amorosa con il suo unico figliolo infermo”, questo approccio nuovo, pieno di umanità concreta fu il segno della sua santità. Si comprende che suo modello era il buon samaritano, sua regola il discorso del giudizio finale, suo criterio il gesto di Cristo che lava i piedi ai discepoli. una sensibilità non nuova nell’ampio panorama di testimonianza della nostra Chiesa locale che nasce con questo spirito della prossimità e dell’accoglienza, della familiarità e della cura dell’altro. una sensibilità corroborata dalla presenza, negli anni a venire, di altri uomini santi che hanno lasciato un segno: Francesco Saverio Maria Bianchi, alfonso Maria de’ Liguori. ambedue testimoni della cultura e della carità, della padronanza dello spirito e della cordialità verso il popolo; capaci di entrare in estasi dinanzi al mistero dell’eucaristia e dell’incarnazione e di trovare le forme im-mediate della carità e della tradizione popolare per esprimere nella concretezza la fede. un tempo “dei lumi”, segnato dalla luce di queste vite in questa nostra esperienza di Chiesa. una via di santità mai spenta che ci ha resi solleciti verso i più deboli e ha fatto germogliare mille forme di carità sul nostro territorio. esiste poi una specie di eredità di santità dove è bello porre delle coordinate comuni, fra le tante possibili quella che stinge la figura di san Camillo con quella del servo di Dio padre arturo D’onofrio. egli è stato il presbitero che più di ogni altro ha saputo tradurre la carità in opera. Innamorato della vergine Maria e del suo Figlio, si sentì quasi “obbligato” a corrispondere a tanto amore riproponendo della vergine il senso dell’accoglienza e di Cristo l’esperienza della sollecita fraternità. Nell’accoglienza dei piccoli, e fra questi dei più diseredati e di coloro che avevano della famiglia un’esperienza infelice, seppe diventare padre e fratello, assicurando non la semplice sopravvivenza, ma la dignità di un mestiere da spendere nel futuro e la capacità di affetti saldi e maturi. unisce Camillo ed arturo un’esperienza: la misericordia. Fatti oggetto della misericor-dia di Dio, questi uomini se ne fanno strumento per gli altri. Così continua la nostra storia nell’oggi, eredi di un patrimonio che silenziosamente cresce e si sviluppa, un seme che piantato, mai più muore.

Il seme della santità vive di quella stessa logica del seme evangelico: seppure agli altri può apparire inutilmente gettato sul terreno perché gli uccelli lo predano perché diventi loro cibo, in verità in questo perdersi, in questo portare vita anche senza aver portato frutto, è il mistero della permanenza della grazia che opera a vantaggio degli altri, anche se nessuno se ne accorge.Come per San Camillo il 2 febbraio 1575 resta fissato nel calendario del suo cuore come il giorno della sua conversione perché una piaga alla gamba lo riportò al S. Giacomo di roma e da quel luogo iniziò il suo viaggio nel chiedersi come dare una risposta alla sua vita e un senso a ciò che gli ardeva nel petto, così c’è un appuntamento possibile nella nostra storia rispondendo al quale potremo trovare la strada per la nostra personale santità.

Page 16: Esercizi di comunione

mensile della Chiesa di Nola

IV

uNa VIta a SerVIzIo DeI SoFFereNtIdi Salvatore Feola

Camillo nasce a Bucchianico (Chieti), il 25 Maggio del 1550, da Giovanni de Lellis, di no-bile famiglia, e da Camilla de

Compellis.Manifesta, sin dall’infanzia, un carattere vivace e forte e, educato dall’e-sempio della madre, dimostra bontà ver-so i poveri e i mendicanti. a soli 13 anni muore la madre. Il padre lo conduce con sé per qualche tempo, poi lo affida ad al-cuni parenti e ad un precettore. Seguendo l’esempio del padre, intraprende la car-riera delle armi quale soldato di ventura, menando per lo più una vita spensierata e quasi dissoluta.

Nel 1567 il padre si aggrava improv-visamente e muore. a Camillo compare sulla gamba destra una fastidiosa piaga, che tende ad aggravarsi. Perciò si reca per le cure adeguate all’ospedale di S. Giaco-mo degli Incurabili a roma.

Nel 1575 viene inviato per una com-missione nel convento di san Giovanni rotondo. Qui le parole di un certo Fra’ angelo scuotono il giovane che si pente della sua vita passata e si converte a Dio. È il giorno 2 Febbraio. ripensa alla sua fede e alla sua vita spirituale.

Nell’anno 1582 una notte, verso la fe-sta dell’assunta, egli sempre più angustia-to dall’abbandono in cui versano i malati negli ospedali, è come folgorato da una ispirazione celeste: si sente chiamato a dare vita ad una compagnia di persone che si impegnino ad assistere gli infermi, con cuore generoso e senza ricompensa. e’ il primo abbozzo della futura fonda-zione religiosa.

Il 26 Maggio del 1584 Camillo è ordi-nato sacerdote. Scrive intanto la Regola della Compagnia delli Servi delli Infermi, che sarà approvata il 18 marzo del 1586 da Papa Sisto V col nome di “Congregazione dei Ministri degli Infermi”. Il Pontefice auto-rizza p. Camillo e i suoi compagni a portare sull’abito, quale segno distintivo, la croce rossa. Intanto si trasferisce alla chiesa della Maddalena (che diventerà la casa madre dell’ordine) e viene eletto primo superiore della comunità. Due anni dopo nel 1588 P. Ca-millo apre a Napoli la prima fondazione fuori roma. Negli anni che seguono ci sono varie fondazioni, a Milano, a Genova, più tardi a Bologna. Poi ancora a Ferrara, a Messina e a Palermo. Nell’agosto del 1600 corre a Nola dove è scoppiata una violenta epidemia di peste bubbonica. Il vescovo, mons. Fabrizio Gallo, lo elegge vicario della diocesi per tutto il tempo dell’epidemia. Grande sarà la carità manifestata da San Camillo e dai suoi religiosi. Nel 1612, dopo gli ultimi viaggi e un periodo trascorso a Napoli fissa la sua dimora a roma, nell’ospedale di santo Spirito. Nella Primavera del 1614 lo troviamo degente nell’Infermeria della casa religiosa. Il 13 giugno scrive a tutti i suoi religiosi la Lettera testamento, documento di fondamentale importanza per la spiritualità e il carisma dell’ordine. Dopo un mese, il 14 luglio P. Camillo, ormai quasi agonizzante, ascolta devotamente l’ultima Santa Messa. alle ore 21, 45, dopo aver benedetto i suoi religiosi, rende la sua anima a Dio.

Viene beatificato il 7 aprile 1742 da Benedetto XIV e canonizzato il 29 giugno 1746. Nel 1886 papa Leone XIII lo dichiara, insieme a san Giovanni di Dio, “Patrono degli ospedali e dei malati”; Pio XI, il 28 agosto 1930, lo proclama, sempre insieme col fondatore dei Fatebenefratelli, “Patrono degli infermieri”. Paolo VI, infine, nel 1964, lo proclamerà Patrono della regione abruzzo e, nel 1974 “Protettore particolare della sanità militare italiana”. La sua memoria viene celebrata il 14 luglio, come solennità nelle chiese dell’ordine e come memoria nelle altre chiese. Il corpo del Santo è venerato nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a roma; la reliquia del suo cuore è custodita nel Santuario a lui dedicato a Bucchianico, suo paese natale. Il 16 giugno 2012, per la prima volta dopo quattro secoli, le spoglie mortali di San Camillo hanno fatto il loro ritorno a Bucchianico, per rimanervi fino al 27 luglio prossimo, in occasione della celebrazione dell’anno camilliano.

Page 17: Esercizi di comunione

san camiLLo de LeLLis

V

SaN CaMILLo VICarIo GeNeraLe DeLLa DIoCeSI DI NoLadi Salvatore Feola

La straordinarietà della vita di San Camillo de Lellis, illumi-nata e accesa da un carisma singolare, veramente fuori del normale, ha avuto modo di manifestarsi nella nostra Chiesa di Nola, in occasione di un’epidemia che fece tante vittime

nel nostro territorio. Quanto qui di seguito riportiamo lo abbiamo attinto da una biografia su San Camillo scritta dal camilliano P. San-zio Cicatelli, autore della Vita del P. Camillo de Lellis Fondatore della Religione de Chierici Regolari Ministri dell’Infermi, opera pubblicata subito dopo la sua morte, nel 1615: ad essa ha attinto lo stesso re-mondini nel trattare un profilo biografico su San Camillo nel terzo tomo della sua opera Della Nolana Ecclesiastica Storia.

Gli ultimi anni del sec. XVI furono per la città di Nola davvero terribili, per il dilagare di una peste disseminatrice di morte. Nell’e-state del 1600 molti abitanti della nostra città e dintorni persero la vita tra indicibili tormenti. Molte persone morirono private di ogni conforto umano, morale e religioso, soprattutto per la mancanza di sacerdoti e religiosi, alcuni colpiti dal morbo, altri allontanatisi per paura di essere contagiati. era il mese di agosto dell’anno 1600, quan-do il Vicerè di Napoli mosso da pietà per la strage dilagante chiese il soccorso dei ministri degli infermi di San Camillo, i quali immedia-tamente si resero disponibili per l’ardua impresa. Furono ben presto inviati a Nola sette Sacerdoti, che si impegnarono con tutte le loro energie sacrificando persino la loro vita. ai loro occhi la città di Nola si presentò come l’antica Gerusalemme amaramente pianta dal Pro-feta Geremia. La città appariva deserta e priva di vita, porte e fine-stre sbarrate, strade solitarie, chiese sempre vuote, campane non più suonanti a festa ma solo a morto. I pochi abitanti che apparivano in pubblico erano pallidi, tristi e privi di forza, consumati dalla dispe-razione, tanto da sembrare più morti che vivi. Gli zelanti ministri si diedero subito all’opera, sostenendoli fisicamente e spiritualmente. In alcune circostanze furono addirittura costretti ad accompagnare i defunti alla tomba. Durante la loro permanenza a Nola, battezzaro-no molti bambini, unirono in matrimonio alcune coppie conviventi in modo illegittimo, ascoltarono confessioni e distribuirono il sacro Viatico ai moribondi. Diverse volte si trovarono di fronte a scene tri-stissime: vedere accanto a malati, ancora in vita, impossibilitati ad al-zarsi, morti spirati da diversi giorni che giacevano nello stesso letto e che emanavano un fetore terribile. ovunque si adoperarono con sol-lecitudine per la salvezza delle anime, ma cercando in ogni modo di dare sollievo anche ai corpi affranti. San Camillo era da poco tornato da Genova a Napoli e, ancor non ripreso del tutto dalla stanchezza del viaggio, pur contro il volere dei medici volle correre a Nola, accompa-gnato da alcuni confratelli. Giunto nella Città, indescrivibile fu il suo cordoglio nello sperimentare il doloroso stato in cui versava il nostro territorio, ma fu confortato dal vedere i suoi religiosi lieti per la mis-sione compiuta, anche se oppressi dalle continue fatiche e contami-nati dall’aria pestilenziale. alcuni di loro colpiti dal morbo morirono dopo pochi giorni. Il tempo trascorso a Nola fu per San Camillo e per tutti i suoi confratelli tempo di prova, di grazia e di testimonian-za. In tale periodo il Vescovo di Nola, Fabrizio Gallo, soggiornava in roma in occasione dell’anno Santo e non potendovi ritornare, vista la grande carità espressa dai Camilliani nei confronti del suo gregge e informato circa la grave situazione in cui Nola versava, inviò una let-tera a San Camillo (vedi box), con la quale gli conferiva ogni facoltà e autorità durante la sua assenza, rimettendo nelle sue mani i poteri di un vicario generale.

Della magnanimità dei Camilliani e del loro fondatore fu infor-mato lo stesso papa allora regnante Clemente VIII, il quale, a ricono-scenza di sì gran meriti, inviò da roma una sua benedizione conce-dendo una speciale indulgenza plenaria.

Camillo vicario generale della Diocesi di Nola Dalla lettera del vescovo Gallo del 19 agosto 1600Reverendissimo Padre, e Signor mio Osservandissimo, Non ho potuto senza abbondantissime lagrime leggere la lettera di Vostra Paternità Reverendissima, nella quale mi scrive le afflizioni, e miserie della Città mia di Nola, e suoi distretti; […] Ho inteso ancora, che l’Abbate Melchiorre (qual fu la-sciato dal mio Vicario in suo luogo) stia male, ne credo potrà provvedere ai bisogni correnti. Però con la presente dò tutta la mia autorità a V. P. Rma tanto di tutti i casi Vescovili, quanto in ogni altra cosa pertinente al Vostro ufficio di Vicario, e che possa comandare, approvar Confessori, e costringere i Preti, ed ogn’altro mio suddito, e castigare i contravenienti ai suoi ordini, come fosse la persona mia propria. Dicendogli in oltre, che dalla casa mia si pigli tutte quelle comodità, che ci sono per servigio di V. P. Rma, e de’ suoi Padri e quando non vi fos-se comodità tale, si faccia dar danari dal mio agente, e prov-vedersi a suo gusto. E raccomandandogli con ogni caldezza, e lagrime quelle anime, gli prego dal Signore salute, e contento.

Page 18: Esercizi di comunione

mensile della Chiesa di Nola

VI

L’agro nolano ha subito nel corso dei secoli diverse epidemie pestilenziali che hanno mietuto migliaia di vite umane. Soltan-to quella del 1600, quella in cui San Camillo intervenne direttamente ad assistere la popolazione, si contarono circa 60.000 vittime. ogni pioggia più abbondante del solito provocava lo straripamento dei corsi d’acqua che attraversavano la Cam-pania Felix, poi il calore e l’umidità della zona favorivano il processo putrefattivo dell’acqua stagnante. Questo ambiente

malsano aggravava le cattive condizioni igieniche già esistenti ed era causa di alcune malattie epidemiche (malaria, tifo, peste, ecc.) che, all’epoca di cui parliamo, erano indistintamente etichettate come “morbi pestilenziali epidemici” e curabili esclusivamente con metodi empirici. Nel Seicento non ancora doveva essere utilizzato il metodo sperimentale nelle discipline scientifiche, per cui le conoscenze mediche erano basate su una preparazione filosofico-astrologica, sulla teoria degli umori di Ippocrate e di Galeno. La cura delle malattie si basava essenzialmente su tre fondamenti: norme di comportamento, rimedi naturali e metodi evacuativi. tra le prime prevaleva il consiglio di fuggire e di stare lontano dagli “appestati” e dagli “incurabili”. I rimedi naturali erano costituiti da sostanze “semplici”, derivate da piante, o da misture di prodotti animali, vegetali e minerali. tra queste era considerata una pana-cea la teriaca, un intruglio a base di carne di vipera e di altre decine di componenti. tra i metodi evacuativi primeggiava il salasso, ritenuto il metodo di eccellenza per allontanare la materia peccans dall’organismo, ma che spesso procurava la morte nelle persone già indebolite dalla malattia. Predominava tra la popolazione anche un senso di rassegnazione e di ineluttabilità ai mali che pe-riodicamente la angustiavano perché questi erano considerati come la giusta punizione di un Dio castigatore che si vendicava dei peccati commessi. Quei pochi ospedali che esistevano costituivano dei luoghi pii in cui erano accolti in modo promiscuo infirmi, expositi, pueri et virgines (malati, trovatelli, orfani e giovani nubili), una condizione che favoriva ineluttabilmente il contagio e l’au-mento del numero dei morti. L’assistenza era prevalentemente religiosa, per tutte le altre esigenze ci si affidava a personale stipen-diato, quindi non qualificato né motivato. Quando sul finire del ‘500 incominciò la sua opera caritatevole, San Camillo assistette e contribuì in maniera decisa all’importante trasformazione dell’“ospedale” così classicamente concepito. Questo luogo cominciò ad essere considerato non più un ospizio per i poveri infermi, ma si trasformava sempre più in un luogo dove i malati trovavano i medici e i chirurghi per curarli e dove gli infirmarii diventavano validi collaboratori per completare la cura. L’idea che il nostro santo mise in pratica fu quella di un’assistenza globale che non facesse differenza tra una sublime cura dell’anima ed un’infima cura del corpo, ma che considerasse entrambe come strumenti necessari per conseguire il fine principale di servire gli infermi in modo totale e completo. Fu questo spirito che animò i suoi Crociferi, i portatori della croce rossa sul petto, anche quando intervennero per assistere la popolazione dell’agro nolano durante le pestilenze del 1594 e del 1600. essi servirono i bisognosi con quella carità e amore “che sogliono fare le madri verso i loro figliuoli infermi”.

S. CaMILLo e GLI aSPettI MeDICo-aSSISteNzIaLI DeL SeICeNtodi eduardo Verrillo

L’aGer NoLaNuS e IL ProGetto DeI reGI LaGNIdi Maria Carolina Campone

La situazione artistica e culturale di Nola tra la fine del XVI secolo e i primi anni del secolo successivo è stata ampiamente chiarita e illustrata da una serie di in-dagini connesse a Progetti di ricerca di rilevante Interesse Nazionale (PrIN) condotti dalla Seconda università di Napoli.

Le risultanze emerse, oltre a proporre una chiave di lettura inedita per i processi ar-chitettonici e artistici in atto nell’ager nolanus, hanno rilevato la straordinaria fioritura artistica della città, pur in un periodo segnato da una grave emergenza igienico-am-bientale, legata al dissesto idrogeologico del territorio. Nel tentativo di far fronte a tale situazione, già a partire dalla seconda metà del XV secolo, i sovrani aragonesi avevano ideato un articolato programma di bonifiche, servendosi di ingegneri e tecnici rinomati presso le maggiori corti italiane, con un impegno destinato a culminare nella costruzione dei regi Lagni, grandiosa opera idraulica, cui partecipò, fra gli altri, anche Domenico antonio Fontana.

all’interesse per la soluzione del problema si deve, fra l’altro, la produzione di una serie di pergamene, con la raffigurazione di Napoli e del suo entroterra, in cui l’immagi-ne di Nola è affidata alla presenza dell’anfiteatro romano e contrassegnata da un ampio nucleo urbano cinto da mura. un testo -edito di recente in versione italiana- il De morbo epidemiali nolano, scritto da Giovan Battista Cavallari in occasione dell’epidemia verifi-catasi nell’anno 1600 a causa del ristagnare delle acque piovane, costituisce, con la pianta

allegata, un documento importante per la storia dell’architettura e del paesaggio, restituendo il quadro della città, com’era nel momento in cui vi giungeva, proprio per far fronte all’epidemia, Camillo de Lellis.

Il confronto con superstiti atti d’archivio rende il quadro di un periodo drammatico, segnato da ricorrenti epidemie, nel far fronte alle quali si distinsero, stando alla testimonianza del Cavallari, i Gesuiti e i Camilliani. Proprio fra il 1600 e il 1601, stando alla documentazione in nostro possesso, i lavori dei lagni subirono una battuta d’arresto, a causa della mortalità, che raggiunse un’incidenza altissima fra gli addetti ai lavori.

Il De morbo epidemiali rappresenta una testimonianza di grande valore per ricostruire l’assetto urbano agli inizi del XVII secolo e, nel contempo, per riflettere sul degrado attuale, che ha ridotto un’opera di alta ingegneria a discarica a cielo aperto, con conseguenze nefaste sull’attuale assetto della Campania felix.

G.B. Cavallari, De morbo epide-miali nolano (1602). Rappresen-tazione dell’ager nolanus, parti-colare della città di Nola.

Page 19: Esercizi di comunione

san camiLLo de LeLLis

VII

Un medico e la malattia di Antonio FalconeSecondo una illuminata tradizione scientifica il nome della stessa malattia include una indefinita molteplicità di espressioni secon-do le persone che sono colpite. e rientra innanzitutto nel potere della persona fare della malattia un luogo di esperienza passiva op-pure un percorso di umanità e di Grazia, prendendo in mano il timone di se stessi con l’aiuto dell’alto. Intorno a noi girano spesso parole e citazioni che vengono riportate, senza minimo riscontro nella realtà vissuta. Il periodo della malattia che mi ha interessato, dal 6 novembre 2013, quando mi fu asportata una apparente banale cisti, rivelatasi un raro tumore maligno, è stato un processo di coscientizzazione di me stesso in senso integrale. Il mio vocabolario di vita è rinato come daccapo.

avevo sempre contato tra gli anni di Grazia soltanto quelli felici della laurea, delle nozze, della nascita dei miei figli, scartando inconsciamente quelli meno appaganti o addirittura contrari alla sensibilità quotidiana. Mi è venuto spontaneo considerare come anno di Grazia quello scorcio del 2013 in avanti, perché ho avvertito che il Signore Crocifisso e risorto facesse singolarmente presa su di me in un momento serale di colloquio con Lui. anche i percorsi accidentati sono Grazia, se vissuti con Lui.

La mole di volumi che sono in casa mia e di cui sento il gusto ed il peso insieme, mi hanno sempre parlato di chissà quante civiltà e culture, quando in una mattinata lunga e solitaria ho visto sporgersi da uno scaffale il testo del Concilio e mi venne l’intuizione che della cultura è parte autentica la storia personale del nostro soffrire visibile o segreto. Così parla la Gaudium et Spes. Secondo alcune insistenze della spiritualità dell’azione Cattolica da cui provengo ed in cui tuttora mi ritrovo, non significa altro essere con-templativi itineranti o coltivare la clausura del cuore se non comunicare con il nostro Dio nei tempi facili e nei momenti cruciali. e la malattia è sempre un tempo cruciale, quando soltanto i Salmi hanno la capacità di fornirci le parole giuste. Ma non solo il mio linguaggio di vita è rinato, soprattutto i miei rapporti sono stati investiti da altro significato in questo periodo.

La nostra vita è un tessuto di dipendenze e di iniziative libere che dobbiamo sviluppare con umiltà e responsabilità nello stesso tempo.

Con verismo inaudito ho capito il senso di quella frase talora insignificante “essere nelle mani degli altri”. ho capito plastica-mente cosa volesse dire, quando “hanno messo su di me le loro mani” amiche e competenti il dott. Lino raimo, nonché il prof. Nicola Mozzillo con la sua equipe del “Pascale” di Napoli. ho lentamente smesso la veste, qualche volta altera, del guaritore e mi sono ritrovato con la tuta del ferito, distinto e confuso con tante persone che incontro ogni giorno. Per la verità in quella stessa circostanza ho sperimentato soprattutto il peso dell’espressione di essere “nelle mani di Dio”, come tante volte siamo soliti dire. e sono davvero ottime mani.

In questo intreccio positivo di esperienze, unitamente a tanti altri momenti di incertezza, ho attraversato questo tempo partico-lare di me stesso. Ma sono state soprattutto alcune persone che mi hanno fatto dono di gratuità e di speranza ed attraverso di loro ho intravisto segni visibili del Padre. Sono stati più gli altri a cercare me che io a cercare gli altri, sentendomi libero dall’isolamento in cui è facile slittare in situazioni consimili. Parole francescane di serenità mi arrivano da assisi da parte di Padre alfredo M. avallone. accenti mariani di speranza mi raggiungono da Lourdes con il mio amico dott. alessandro de Franciscis, Presidente del Bureau des Constatations Médicales de Lourdes. una fit-ta rete di pazienti augura al suo medico di… indovinare la ricetta. una fila di sacerdoti, amici e pazienti fanno il mio nome al Signore. La mia consorte teresa si ritrova, senza sapere come, carica di inesauribile premura.

ragioni di misura e di opportunità mi spingono a chiudere l’elenco, nonché la storia illuminata e condivisa di questo mio tempo particolare. Scatta in modo sponta-neo la constatazione di San Paolo di sentirsi forte proprio nei momenti della prova, ma la forza non viene garanti-ta tanto dagli altri quanto da Colui che noi riusciamo a completare nella sofferenza.

I bambini di fronte al dolore di Francesco Capasso Quando si parla di Pastorale della Salute si pensa alle grandi tematiche della Sanità, dalle malattie, agli ospe-dali, agli anziani. Si pensa poco ai bambini,ma spesso sono proprio loro, i più piccoli, a restare soli di fronte ad eventi di cui non comprendono il senso. La chiesa di oggi è chiamata a raccogliere questa sfida: illuminare del-la luce di Cristo tutte la situazioni di fragilità dell’uomo, spesso troppo solo di fronte al ministero della sofferenza. un uomo che muore, la malattia di un amico di scuo-la, un dolore che bussa alla porta di casa, spesso travolge e sconvolge sopratutto i più fragili, i bambini, e li lascia soli con domande a cui non ci sono, sul piano umano, risposte. Da credenti sappiamo che si può andare oltre il dolore, imparando a leggerlo, coinvolgendo la speranza che ci viene dalla nostra fede, per cogliere la prospettiva di salvezza, e di pienezza di vita, presente anche quando la salute manca. Beati noi se riusciamo a trasmettere la nostra fede anche ai nostri bambini.

FeDe e SoFFereNza QuattroCeNto aNNI DoPo CaMILLo

Essere medico per prendersi curadi Luigi De SimoneI trattati dell’arte medica sono abbastanza precisi nell’elencare le procedure standardizzate per potere correttamente visitare un ammalato: anamnesi (cioè storia) familiare e personale, remota e prossima; osservazione, ispezione ed anche palpa-zione; quindi si formula una diagnosi, si è in grado di fare una prognosi, di prescrivere una terapia. Tutto questo, si sa ,costa tempo e, ahimé il tempo è avaro, passa veloce, bisogna far presto, essere frettolosi. Oggi poi, con lo sviluppo tecnologico e con la necessità di ridurre al minimo l’assunzione di respon-sabilità posso ottenere un qualche risultato prescrivendo una serie di esami e di indagini strumentali. Eppure, io medico, ho il dovere di curare imparando anche a prendermi cura del paziente che mi ha scelto. Dove prendersi cura di una persona significa pure poter ricorrere a sofisticate e complesse tecno-logie. Oggi, diciamocelo in confidenza, urge un supplemento d’ani-ma come ci hanno ricordato figure che oggi definiamo li icone di “carità” verso i malati. Tali persone con molta semplici-tà hanno saputo predersi cura dell’altro. L’hanno fatto con l’ esempio della loro vita (Elisabetta d’Ungheria) e magari rac-cogliendo intorno a sé persone dotate della stessa sensibilità (san Camillo de Lellis, Madre Teresa di Calcutta); qualcu-no, inoltre, è stato anche in grado di dare notevoli contributi scientifici nel campo della medicina nella sua epoca (Giusep-pe Moscati), senza sentirsi “minimizzato” nella sua professio-ne quando, ogni giorno si chinava sull’ammalato, fermandosi, ascoltandolo, guardandolo, toccandolo, guarendolo.

Page 20: Esercizi di comunione

mensile della Chiesa di Nola

VIII

Diocesi di NolaBiblioteca Diocesana San Paolino

 Convegno

S. Camillo de Lellis e Nola

7 Aprile 2014 ore 19:00Chiesa dei SS. apostoli

Nola

San Camillo de Lellis

Patrono dei malati, dei medici e degli operatori sanitari 

L’Ager Nolanus ai tempi di San Camillo

Prof.ssa Maria Carolina Campone 

Gli aspetti medico-assistenziali nel sec. XVII

Dott. eduardo Verrillo 

La spiritualità di San Camillo tra carità e servizioPadre antonio Puca

Page 21: Esercizi di comunione

13marzo 2014

in diocesi

L’ Azione cattolica riprende il cammino dopo il rinnovo del Consiglio e della Presidenza diocesani

uN uNICo oRIzzoNTedi Marco Iasevoli

coniugando questo sforzo con ini-ziative formative di alta qualità e di forte rilievo pubblico.

La nuova presidenza si inserisce in questo solco mettendo a fuoco cinque priorità.

La prima: ciascuna associazione parrocchiale, in particolare nuova o fragile, deve ricevere dal centro diocesano un sostegno ordinario, costante, qualificato, attraverso una rete di “tutor” esperti nella formazione e capaci di relazioni umane significative. Una partico-lare dedizione è necessaria per i giovani, affinché non vengano as-sorbiti dal “servizio” e ricevano, nelle forme possibili, la proposta di un cammino di fede personale e di gruppo significativo.

La seconda: il desiderio della presidenza diocesana è che l’Ac “serva” anche le comunità par-rocchiali in cui l’associazione non esiste, mettendo a disposizione la sua tradizione formativa e la sua esperienza educativa.

La terza: recuperare nella vita delle comunità un’ampia fascia di giovani coppie e adulti under 40 che hanno bisogno, per le specifi-cità delle loro condizioni di vita, di proposte agili e significative.

La quarta: promuovere una nuo-va presenza dei laici nella vita dei quartieri e delle città, valorizzare l’altissima dignità della vocazione alla politica.

La quinta: la disponibilità

dell’associazione a collaborare nell’ambito della pastorale dio-cesana e con le altre aggregazioni laicali non solo per sentirci emoti-vamente “più famiglia”, ma anche per agire insieme, concretamen-te, sui fronti che ci vedono, come Chiesa, in ritardo o in affanno.

Il grande entusiasmo registrato durante l’Assemblea diocesana ha avuto un’eco fortissima nei pri-mi incontri del Consiglio e della Presidenza diocesana. L’esercizio democratico, come al solito, ha fatto bene all’associazione, l’ha fatta crescere in maturità e unità. L’esito più importante è l’assolu-ta convergenza di tutte le perso-ne chiamate al servizio diocesano sulla direzione di marcia da assu-mere: c’è un unico verso, un’unica strada da percorrere, quella che accorcia le distanze tra vita della diocesi e vita delle parrocchie. In questo senso, ci sentiamo dunque pienamente corresponsabili del cammino sinodale (comunionale) intrapreso dalla Chiesa di Nola. Forti del sostegno di padre Benia-mino, sostegno che il vescovo as-sicura con stile paterno all’intero laicato organizzato della diocesi, intendiamo contribuire con entu-siasmo, passione e volontà ad una pastorale più legata alle esigenze concrete delle persone, più snel-la, più creativa, più ordinaria. Il terreno e il tempo sono fertili, ne siamo certi.

La conversione missionaria cui Papa Francesco ci sta “costrin-

gendo” non può escludere l’Azio-ne cattolica e, in generale, il lai-cato organizzato. Anzi.

Guai a pensare che il Papa parli “solo” alle gerarchie ecclesiasti-che, “solo” ai sacerdoti e ai reli-giosi. I laici credenti sono dentro a tutte le sfide indicate dal San-to Padre: ritrovare le motivazioni spirituali del servizio alla Chiesa; restituire ai poveri il posto d’ono-re nelle nostre comunità; andare in cerca degli altri, e non aspet-tarli (invano) in sacrestia; leggere i tempi ed essere creativi (e fles-sibili) nelle proposte formative; dare al nostro agire il respiro del “bene comune”, e non dell’”inte-resse particolare”; restituire di-gnità al tempo dello studio, della famiglia e del lavoro; liberarsi da-gli orpelli delle forme e dai pesi falsificatori del potere (di ogni tipo di potere).

L’Ac diocesana inizia il nuovo triennio consapevole che in que-sto tempo “o si è coraggiosi, o si è inutilmente tiepidi”. Negli ultimi anni l’associazione ha registrato un ampio consenso presso le co-munità parrocchiali, tanti laici hanno deciso di darsi una forma associata per sostenere meglio la pastorale locale. La presidenza diocesana uscente ha dedicato a questo lavoro di “promozione e sostegno” le sue migliori energie,

Page 22: Esercizi di comunione

marzo 201414

mensile della Chiesa di Nola

Centenario della nascita del Servo di Dio Padre Arturo D’onofrio

L’APoSToLo DeI GIoVANIdi Alfonso Lanzieri

Cento anni fa, l’8 agosto 1914, nasceva a Visciano, nei pres-

si di Nola, il Servo di Dio Padre Arturo D’Onofrio, fondatore del-la “Piccola Opera della Divina Redenzione”, congregazione che svolge la propria attività princi-palmente in favore dei bambini bisognosi, oggi diffusa nel mondo con circa quaranta istituti.

Tanti gli appuntamenti previsti in occasione di questa importan-te ricorrenza: tra questi spicca sicuramente la solenne conce-lebrazione eucaristica che si è svolta presso il duomo di Nola, lo scorso sabato 15 marzo, pre-sieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, nella quale la diocesi dei santi Felice e Paolino ha vo-luto ricordare e onorare il suo illustre figlio. Accanto al Cardi-nal Sepe, naturalmente mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola, che all’inizio della cele-brazione ha voluto ringraziare il Signore per l’immenso dono di grazia che in Padre Arturo ha vo-luto dare alla chiesa nolana. Con loro, per la concelebrazione, an-che mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo d’Assisi, mons. Lui-gi Travaglino, nunzio apostolico nel Principato di Monaco, mons. Felice Cece, arcivescovo eme-rito di Sorrento-Castellamare, mons. Giovanni Rinaldi, vescovo emerito di Acerra, mons. Gerar-do Pierro, arcivescovo emerito di Salerno-Campagna-Acerno, mons. Arturo Aiello, vescovo di Teano Calvi, mons. Antonio Napo-letano, vescovo emerito di Sessa Aurunca e mons. Oscar Rizzato, arcivescovo elemosiniere emeri-to di Sua Santità. La cattedrale, gremita dei fedeli della comunità di Visciano e della Piccola Opera della Redenzione, ospitava l’im-magine della Madonna del Carpi-

nello - per la quale Padre Arturo nutriva una speciale devozione - venerata nel Santuario Basilica di Visciano, accanto al quale sor-ge tra l’altro la casa generalizia della Piccola Opera. Presenti era-no anche l’ Ordine Equestre del Sacro Sepolcro di Gerusalemme e l’Ordine dei Costantiniani. Tra le numerose autorità convenute, non poteva mancare il sindaco di Visciano, dott. Pellegrino Gam-bardella, che al termine della messa ha rivolto il suo doveroso indirizzo di saluto ai presenti.

Nella sua omelia il Cardinale Sepe ha anzitutto ricordato «la gioia personale di aver conosciu-to Padre Arturo, presso il semina-rio regionale di Salerno, quando egli veniva a salutare i semina-risti». Poi, commentando il van-gelo della Trasfigurazione, l’ar-civescovo di Napoli ha rimarcato «l’importanza anche oggi dell’an-nuncio instancabile del Vangelo con animo missionario, annuncio che passa per forza di cose dalla testimonianza di Cristo nella pro-pria vita, anche a costo del sacri-ficio personale. Occorre lasciar-si guidare e condurre da Dio in

questo cammino – ha proseguito l’arcivescovo di Napoli – proprio come ha fatto Padre Arturo. Dob-biamo mettere al primo posto la volontà di Dio, che spesso, come accaduto a Padre Arturo, ci gui-da per sentieri inaspettati. A noi tocca sempre rispondere a Dio: non come voglio io, ma come vuoi Tu!».

Il Cardinale ha inoltre richia-mato l’importanza della preghie-ra, del continuo colloquio col Signore, unico mezzo per poter testimoniare efficacemente il Vangelo pur in mezzo alle diffi-coltà: «Padre Arturo parlava con il Cristo e faceva parlare Cristo a lui, sempre. Certe volte, leggen-do le pagine dei diari che ci ha lasciato, scorgiamo tanti passaggi della sua vita toccati dalla soffe-renza. Come mai? Perché senza non c’è la resurrezione».

Prima della conclusione del rito, poi, Padre Vito Terrin, supe-riore generale dei missionari di Padre Arturo, ha ringraziato com-mosso il vescovo di Nola, Benia-mino Depalma, il cardinale Sepe, gli altri vescovi presenti e i fedeli convenuti per la celebrazione.

Page 23: Esercizi di comunione

15marzo 2014

una vita per gli altriDon Salvatore Di Giuseppe: 50° anniversario di sacerdozio

un grande giocoA San Giuseppe Vesuviano e ottaviano la giornata speciale promossa dalla FISM

Fatti per essere feliciLa promessa dei Cavalieri

In Parrocchia

Page 24: Esercizi di comunione

marzo 201416

mensile della Chiesa di Nola

Don Salvatore Di Giuseppe: 50° anniversario di sacerdozio

uNA VITA PeR GLI ALTRIIl profilo di Umberto Guerriero

Il 28 febbraio scorso don Salva-tore Di Giuseppe ha celebrato

il 50° anniversario della sua or-dinazione presbiterale avvenuta a Roma nel 1964. Tale ricorren-za rappresenta non solo per don Salvatore, ma per tutti coloro che hanno avuto la grazia di in-contrarlo nel proprio cammino un motivo per rendere lode a Dio. Il ministero presbiterale di don Salvatore, caratterizzato da esperienze tanto entusiasmanti quanto differenti tra loro, è stato certamente segnato in modo tut-to peculiare dagli oltre 40 anni trascorsi come pastore della par-rocchia “S. Antonio di Padova” in Terzigno. Nel giorno del suo in-

gresso, risalente all’ottobre del 1973, all’allora vescovo di Nola, mons. Guerino Grimaldi, che gli chiedeva di esporre un breve pro-gramma per il suo parrocato, don Salvatore non presentò una serie di iniziative ma un progetto tan-to entusiasmante quanto arduo: rendere la comunità parrocchiale a lui affidata un’autentica fami-glia, in cui la tenerezza e la mi-sericordia di Dio Padre potessero essere incarnate attraverso gli sguardi, i gesti e le parole di cia-scun fedele. E il suo non è rima-sto un mero auspicio. Don Salva-tore ha saputo essere immagine autentica del Padre Misericordio-so, di colui cioè che è capace di generare la vita autentica, sen-za che alcuno ne rimanga imbri-gliato. Consentendo anche che i

propri figli percorressero sentieri tortuosi che talvolta li allontana-vano da lui, si è mostrato capace di attendere trepidante, a braccia aperte, il ritorno di ciascuno. Ha scelto di essere un uomo umile, in grado di declinare il ministe-ro affidatogli come un autentico servizio, un uomo capace di fare spazio dentro e fuori di sé, tra le convinzioni e i progetti persona-li, per lasciare che ognuno sco-prisse il proprio posto, si sentisse accolto, trovando il coraggio di impegnarsi responsabilmente al servizio del bene. Don Salvato-re ha fatto proprio questo per le persone che sono state affidate alla sua cura pastorale: ha aiuta-to tutti a riconoscere i talenti che il Signore ha affidato ai suoi figli e ha insegnato a condividerli per-

Page 25: Esercizi di comunione

17marzo 2014

Il raccontodi Francesco Stanzione“Non voglio nessuna festa perché non voglio stare al centro dell’attenzione”, sono state le sue prime parole sull’argomen-to cinquantesimo di sacerdozio. “Ma Don Salvatore la gente vi vuole ringraziare per tutto ciò che gli avete fatto”. “Capisco e li ringrazio ma non voglio nessuna esaltazione della mia perso-na”. Però poi una concessione, come è nel suo stile: “l’unica cosa che desidero è ringraziare il Signore della vocazione che mi ha donato e che si potesse dare una mano ad altri giovani nel fare discernimento sulla vocazione, in particolare quella al sacerdozio”. Da queste parole allora è stata organizzata, a sua insaputa, con sentimenti di festa e di gratitudine e tra la stima di tutti, una quattro giorni per il suo cinquantesimo di sacerdozio di cui quaranta vissuti nella famiglia parrocchiale di Sant’Antonio di Padova a Terzigno. Sono molti infatti a Terzigno che tengono a precisare con riconoscenza: “mi ha battezzato ed ha battezzato i miei figli”. Per tutti questi motivi la festa era obbligatoria, celebrando e predicando intorno al tema di fondo sulla figura del sacerdote. Il primo giorno, allora, c’è stata la messa che ha aperto i festeggiamenti con il Vicario generale Don Lino D’Onofrio, il secondo giorno i solenni Vespri presie-duti da Don Franco Iannone, il terzo giorno, il 28 Febbraio la data dell’ordinazione, la Santa Messa presieduta dal Vescovo con la presenza di numerosissimi confratelli tra cui il Rettore del Seminario e i seminaristi. Il quarto giorno, infine, la Messa presieduta da Don Salvatore che ha ringraziato tutti, seguita da una gioiosa festa con tutti i fedeli. Forse dire “Grazie Don Sal-vatore di tutto” sembra poco ma è la migliore sintesi possibile di una bella vita vissuta alla sequela del Maestro.

ché, nella diversità dei carismi, ciascuno potesse contribuire alla costruzione del Regno di Dio nella concretezza della realtà parroc-chiale. Per farlo ha spesso scel-to di rimanere dietro le quinte, di non cedere in alcun modo alle tentazioni del protagonismo, fug-gendo le luci della ribalta. Lo ha fatto nei confronti dei superiori, dei confratelli presbiteri, ma an-che dei fedeli che hanno condivi-so con lui gioie, ansie, difficoltà, sconfitte e vittorie della vita per-sonale e parrocchiale. Ad essi don Salvatore ha sempre concesso grande fiducia, educando ciascu-no alla responsabilità e all’impe-gno, senza nessuna preclusione, senza chiusure, senza timore. Nella seconda lettera a Timoteo è contenuta un’esortazione fon-damentale: «annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno» (2Tm 4,2). Don Salvatore ha saputo fare proprio questo impegno, con coerenza, decisione, ironia e dolcezza; sen-za mai stancarsi di mostrare a tutti la gioia di aver incontrato il Cristo Risorto. Lo possono testi-moniare i tanti alunni della scuo-la secondaria in cui ha insegna-to con passione per tanti anni; i cristiani in ricerca che ha guidato attraverso una paziente e attenta direzione spirituale; le famiglie e gli anziani che ha accompagnato nei momenti di gioia, ma anche di crisi, di prova e di malattia; i giovani in cui ha visto crescere e maturare il desiderio di servire il Signore percorrendo con coraggio ed entusiasmo il cammino di se-quela. Tra questi ci sono anch’io, che oggi sono sacerdote per voca-zione e per grazia di Dio. Don Sal-vatore ha ripetuto per me i gesti del Maestro, chiamandomi a col-laborare ad un grande progetto d’amore e aiutandomi ad impa-rare il servizio ai fratelli vissuto nell’impegno assiduo, nella gra-tuità e nel nascondimento. Oggi anch’io voglio unire la mia voce all’inno di lode che si innalza al Signore per aver donato alla sua Chiesa un pastore secondo il suo cuore.

Page 26: Esercizi di comunione

marzo 201418

mensile della Chiesa di Nola

A San Giuseppe Vesuviano e ottaviano la giornata speciale promossa dalla FISM

uN GRANDe GIoCo di Pasquale Prisco

Le scuole della Federazione Ita-liana Scuole Materne da sem-

pre, sia per quanto le riguarda in quanto scuole, sia nell’attua-le contesto culturale e sociale, sono chiamate a svolgere il loro irrinunciabile compito educativo verso i bambini e di accompagna-mento delle famiglie per quanto loro compete.Più che mai oggi si evidenzia un troppo di “confusio-ne” intorno al mondo dell’educa-zione e della scuola: le famiglie, nel momento della scelta della scuola dell’infanzia per i propri fi-gli, chiedono di essere sempre più informate sulla scuola, sul pro-getto educativo che persegue, sui servizi che offre.

Da qui la necessità di potenzia-re azioni e percorsi per sensibi-lizzare e informare le comunità, proponendo “il mondo FISM”, l’i-dentità valoriale, la competenza pedagogica, la capacità di fare scuola oggi, così che i genitori scelgano in modo più consapevole le “nostre scuole nella convinzio-ne di compiere la migliore opzio-ne” per i propri figli.

E così, insieme alla ricorrenza dei 40 anni di attività della FISM, le scuole della federazione hanno pensato di coinvolgere tutte le scuole FISM d’Italia in un “grande gioco” nel quale bambini, educa-trici e famiglie riscoprono e valo-rizzano alcuni ambiti importanti, propri dell’essere scuola FISM: venerdì 21 Marzo 2014 i bambi-ni della grande famiglia FISM di ogni parte d’Italia hanno giocato, insieme ai proprio genitori, con-temporaneamente e idealmen-te tutti insieme. Anche la Scuola

dell’Infanzia Paritaria “S. Maria La Scala” – Scuola Cattolica – di S. Giuseppe Vesuviano, che accoglie circa 130.00 bambini e la scuola dell’Infanzia Paritaria “S. Fran-cesco di Assisi” di Ottaviano, che accoglie circa 100 bambini hanno preso parte all’iniziativa intitola-ta “TESORI. Un grande gioco per dire che, tutti insieme, siamo una scuola grande”: una scuola grande e anche una grande scuola perché ogni bambino è un tesoro da va-lorizzare ed è il vero tesoro delle nostre comunità.

La F.I.S.M. nasce, a livello nazionale, nel 1973 quando la Conferenza Episcopale Italiana ne promuove la costituzione sulla base di esperienze associative provinciali già operanti; nell’ottobre del 1974 si tenne il Congresso di fondazione. Oggi è Associazione di categoria di importanza nazionale, ricono-sciuta dall’Agenzia delle Entrate il 17 luglio 2004. Le scuole F.I.S.M. accolgono circa 660.000 bambini, (cioè il 43% di tutto il servizio nazionale) e svolgono un prezioso servizio educa-tivo pubblico: scuole pubbliche a gestione privata, dove sono presenti rappresentano un’importante e consolidata risposta alle esigenze delle famiglie e sono punto di riferimento per la crescita e la socializzazione.

La promessa dei Cavalieri

FATTI PeR eSeRe FeLICI di Rosamaria De Rosa

La Promessa del Cavaliere di Santa Giovanna d’Arco è un

gesto che viene richiesto libera-mente ai ragazzi dalla prima alla terza media inferiore, un mo-mento per ripensare al percorso fatto e dire un forte “sì” attra-verso il carisma scelto. Le città di Andria e Trani hanno fatto da sfondo a questo momento vissuto con trepidante attesa dai bam-bini, “un’emozione – ha detto Daniela che frequenta i Cavalieri dalla terza - da far battere forte il cuore. Mi sono resa conto che il Signore resta fedele anche quan-

do io non lo sono. È stato uno dei momenti più bello della mia vita”. Le giornate pur essendo solo due sono sembrate mille ad Alessan-dro, che frequenta la III media, per il quale “la promessa è sta-ta un bellissimo ritorno dopo un periodo di assenza: un momento per riscoprire più vera un’amici-zia”. Raffaele, invece, ha vissuto la sua ultima promessa: “la gio-ia più grande è stato ricordare di aver vissuto tre promesse ognu-na con un amico diverso e in un luogo diverso: volti e luoghi che porterò sempre con me”.

Page 27: Esercizi di comunione

19marzo 2014

Il dialogo ecumenicoLa mancata o scorretta comunicazione è spesso causa e conseguenza delle separazioni e divisioni

Lacrime per la speranzaA Pomigliano vescovo di Nola ha presieduto la messa per i funerali del panettiere morto suicida lo scorso febbraio

Rieducare con fiducia “Pictur of life”: il progetto promosso dalla Comunità Jonathan di Scisciano

un uomo scomodoPomigliano: una serata a Mimmo Beneventano, giovane medico, ucciso nel 1980 da sicari di Cutolo

In Rubrica

Page 28: Esercizi di comunione

marzo 201420

mensile della Chiesa di Nola

La mancata o scorretta comunicazione è spesso causa e conseguenza delle separazioni e divisioni

IL DIALoGo eCuMeNICodi Paolo Di Palo

L’ecumenismo è uno stile di presenza e di comportamento.

Comporta il dialogo come realtà composita, il cui fine è quello di ristabilire la comunione ecclesiale, la ricostruzione dell’«edificio spirituale» (1 Pt 2,4) che è la Chiesa, Corpo del Risorto. La reciproca conoscenza tra le varie confessioni cristiane è il passo primo e necessario, così come la condivisone è percepire in maniera corretta le somiglianze e le diversità. Il percorso deve avere come logica conclusione il ristabilimento dell’unità di tutti i battezzati (Ut unum sint, 77).Nel nostro tempo, la comunicazione è una realtà che investe, definisce e dirige cultura e società, persone e istituzioni. La comunità ecclesiale non può prescindere dal rapportarsi ad essa, realtà omnicomprensiva, chiamando in causa anche la dimensione religiosa e spirituale della persona. Nella prospettiva ecumenica, la mancata o la scorretta comunicazione è spesso causa e conseguenza delle separazioni e divisioni. Spesso si ha una conoscenza delle altre confessioni cristiane superficiale, parziale, condizionata da pregiudizi e stereotipi, cioè segnata da difetti nella comunicazione. La divisione, ancor più quando si verifica in un clima di polemiche e di vibrati contrasti – come spesso si è verificato negli scismi e nelle separazioni confessionali – crea un imbarazzo, una barriera difficile da filtrare, quando non ardua nel riconoscimento.

Il dialogo ecumenico predispone all’ascolto dell’altro, senza presupporre di già conoscere, di già aver compreso, valutato, giudicato, risolto. L’ascolto è una dimensione profonda che è suggerita e insegnata dalla Scrittura, è una categoria che caratterizza la vita dell’uomo biblico: da Abele a Maria, alle donne e uomini giusti che sono persone in ascolto della parola

del Signore su se stessi. Il Regno di Dio si diffonde per la proclamazione e l’ascolto del messaggio del Signore Gesù. La fede nasce ex auditu. Così anche il dialogo per l’unità.

Dialogare significa ascoltare, lasciarsi raggiungere dalla lieta notizia sull’altro, lasciare che l’altro si narri, si racconti, comunichi la sua storia, la sua identità. Dialogare significa sapersi raccontare, narrare se stessi in modo nuovo, tale da portare uno svelamento su ciò che non è conosciuto o incompreso, senza alcuna falsità o compromesso. Il dialogo è presentare un modo diverso e sincero la propria appartenenza, ossia il proprio credo e la propria esperienza di vita. Narrazione, identità, tradizione sono legate intrinsecamente. Esse costituiscono una “identità narrativa” (A. MacIntyre): la vita è una «storia», un «dramma» da rappresentare, in cui gli «attori», cioè le persone, devono raccontare e spiegare le proprie esperienze, le azioni e le emozioni, in modo che ciascuno possa conoscere il proprio ruolo e dirigere il proprio agire. Questa visione narrativa, nel mondo ecumenico, ha una valenza antropologica ed ecclesiale, costituisce la narrazione di sé e della propria storia, costituisce, definisce, interpreta l’identità stessa del soggetto, così come la narrazione dell’esperienza religiosa, del proprio profilo confessionale porta alla comunicazione della propria identità comunitaria. È il valore della «tradizione», la quale è la narrazione dell’esperienza comunitaria, l’insieme delle esperienze e dei racconti che costituiscono il contesto di ciascuna narrazione singola e che ne determinano coerenza e permanenza. Anche questa prospettiva è di rilevanza chiara per il dialogo ecumenico, in quanto offre la capacità di comprendere le relazioni tra

le diverse tradizioni. Poiché ci si può narrare in molti modi, il percorso ecumenico può essere offerta di una strategia concreta per crescere verso la comunione.

Attraverso il dialogo ecumenico si delinea una antropologia del dialogo, in cui ogni persona è chiamata ad essere pienamente tale, a prendere in mano il senso profondo della propria storia personale e comunitaria, così da farsi dono per l’altro. Questa verità sull’essere umano come persona e come dono è intrinsecamente legata al messaggio di Cristo Signore: la persona è creata gratuitamente, è immagine e somiglianza del Dio personale, perciò porta in sé il carattere indelebile dell’essere “mistero”. In questo c’è la profonda dignità e bellezza della persona: «la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (GS 24). L’essere creato a immagine e somiglianza di Dio porta in sé anche la dimensione trinitaria; la persona porta, dunque, in sé anche il carattere indelebile della relazionalità. L’atteggiamento di “dialogo” si situa al livello della natura della persona e della sua dignità (Ut unum sint, 28) e ciò significa e comporta che la persona non solo intraprende un dialogo, ma è dialogo essa stessa, in quanto la relazionalità è intrinseca alla natura creaturale e all’essere a immagine di Dio Amore. Una formazione ecumenica è chiamata a sottolineare l’importanza di sviluppare gli aspetti relazionali e comunionali degli individui e delle comunità coinvolte nel dialogo. Il presupposto al dialogo è la relazione interpersonale. Ciò è fondamentale perché ciò che si prefigge il dialogo ecumenico riguarda tutta intera la comunità ecclesiale, il suo essere popolo di Dio, nella sua struttura visibile come comunità confessante. Essa è il sì all’ecumenismo.

Page 29: Esercizi di comunione

21marzo 2014

in rubrica

A Pomigliano vescovo di Nola ha presieduto la messa per i funerali del panettiere morto suicida lo scorso febbraio

LACRIMe PeR LA SPeRANzAdi Daniele De Somma

«Noi tutti affidiamo Eddy nelle mani di Dio al quale chiediamo

di dare coraggio alla moglie, ai fi-gli, ai genitori, ai fratelli e a tutti i suoi amici, perché la vita deve continuare». Sono le parole del Vescovo di Nola Beniamino Depal-ma durante la tradizionale messa, ad un mese dalle esequie, dedica-ta ad Eduardo De Falco, per tutti Eddy, il panettiere morto suicida a fine febbraio dopo che due ispet-tori del lavoro di Napoli gli aveva-no ratificato una multa da 2mila euro e una serie di difformità, tra cui due lavoratori in nero, duran-te un controllo al suo panificio di corso Umberto I a Casalnuovo. Insieme al Vescovo Depalma alla chiesa Santa Maria del Suffraggio, all’interno del quartiere ex 219 di Pomigliano, c’erano i parroci di tutte le parrocchie della città, tra cui il responsabile della pastora-le del lavoro don Aniello Tortora, parroco della chiesa dedicata alla Madonna del Rosario e don Pep-pino Gambardella di San Felice in Pincis, definito dai cronisti “il prete degli operai”, per via delle sue partecipazioni in prima linea alle battaglie in favore dei diritti dei lavoratori.

Tutti si sono stretti attorno alla famiglia di Eddy, molto conosciu-ta in questo quartiere di perife-ria, distante in egual misura dal

centro di Pomigliano e da quello di Casalnuovo. L’uomo si è tolto la vita inalando i gas del tubo di scappamento della sua auto con un tubo di gomma. Ha lasciato una moglie e tre figli, una ragaz-za 14enne e due gemelli di appe-na 5 anni.

«Dobbiamo aiutarci gli uni gli altri, – ha precisato il Vescovo du-rante l’omelia – non voglio lacri-me di disperazione ma di grande speranza. Mi auguro che il sacri-ficio di Eddy, e di tanti altri come lui, ci aiuti a farci forza e a capire che ce la possiamo fare. Tutti in-sieme, nessuno escluso. Ma dob-biamo indirizzare la bussola del-la nostra vita su ciò che vale sul serio, mettendo da parte tutte le cose inutili a cui la nostra socie-tà ci ha abituato. La nostra vita deve continuare, ma non in ma-niera egoistica, perché il sacrifi-cio di Eddy deve servire a qual-cosa, altrimenti la sua morte sarà vana. Dobbiamo fare in modo che una tragedia come questa non av-venga a Pomigliano, non avvenga a Nola e non avvenga in nessun altro luogo, mai più».

Alla messa erano presenti, per dimostrare solidarietà alla fami-glia, tanti componenti dell’am-ministrazione comunale tra cui il sindaco Lello Russo, l’assessore alla politiche sociali Leonilde Co-

lombrino e quello allo sport e alla viabilità Gianfranco Mazia.

«Faccio mie le parole del vesco-vo, – ha commentato il consiglie-re comunale Mattia De Cicco, neo coordinatore del circolo di Forza Italia e responsabile della com-missione politiche sociali, anche lui presente alla messa – la poli-tica può solo piangere di fronte a questa tragedia. E rimboccarsi le maniche per far sì che fatti come questo non si ripetano».

La storia di Eddy è rimbalzata su tutti i giornali e le tv italiane, fino ad arrivare anche al blog di Beppe Grillo, attraverso le parole del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che ha aderito alla campagna di donazioni, organiz-zata dall’Ape, Associazione per Esercenti a favore della famiglia di Eddy per poter riuscire a ria-prire il panificio, che è rimasto chiuso dalla morte del suo tito-lare.

«Eddy, – scrive Di Maio – lo ave-vo conosciuto qualche anno fa. Venne a proporre al Movimento 5 Stelle di Pomigliano un proget-to sul latte e pane a “km 0”. Mi disse: “lanciatelo voi, io lavoro come un somaro”. Davanti all’u-miliazione di quella multa non ha retto e si è tolto la vita. Eddy era uno tosto. Se non ha retto lui, al-lora c’è da preoccuparsi».

Page 30: Esercizi di comunione

marzo 201422

mensile della Chiesa di Nola

“Pictur of life”: il progetto promosso dalla Comunità Jonathan di Scisciano

RIeDuCARe CoN FIDuCIA di Luigi Mucerino

Ornella Ricci. È toccato al direttore delle Risorse Umane Manfrotto, dott. Marco Scippa, illustrare il senso e la portata del progetto che non tende a fornire istruzioni empiriche per l’uso, ma a prospettare la professione del fotografo come itinerario di conoscenza “dell’oggetto” e di coscientizzazione personale. La fotografia non è un risultato strumentale, ma coinvolge gli aspetti molteplici della persona, perché chiama in causa il senso di individuazione e di contestualizzazione dell’operatore, la sua capacità interpretativa, nonché la prefigurazione dell’effetto in ambito personale e sociale. L’immagine si colloca oggi al centro delle scienze della comunicazione, dopo aver interessato già altri ambiti di ricerca, perché essa si pone come amplificazione della conoscenza e come prolungamento della realtà. Rimanendo pertanto ancorati ai soggetti della comunità Jonathan, è evidente l’aderenza rieducativa di siffatta proposta formativa per i nostri adolescenti provenienti da esperienze in cui si sono visti incastrati a causa di furti, scippi, droga nell’area di Avellino e di Napoli, come Secondigliano, Soccavo, Ponticelli.

Le voci che compongono il laboratorio fotografico sono state puntualmente presentate dalla signora Loredana per conto della Manfrotto, che detiene il primato nel settore degli accessori della fotografia e che ha sponsorizzato il progetto.

Il profilo e la storia della comunità Jonathan sono stati presentati dalla dr.ssa Silvia Ricciardi, che ha il merito, in tandem con il dottor Vincenzo Morgera, di aver iniziato e proseguito con intelligente tenacia l’esperienza di Scisciano.

Dell’ospitalità che data da oltre venti anni si è detto fiero il sindaco professor Edoardo Serpico. Come luogo di accoglienza è stato inquadrato il centro Jonathan secondo molte direzioni. E accogliere non è un verbo morbido, come potrebbe sembrare, perché è un processo sereno e forte. Sono interessati a coniugarlo i soggetti della devianza, vincendo gli opposti sentimenti della rabbia e dell’indifferenza, attingendo e sviluppando in modo alternativo le loro risorse personali. Senso di accoglienza va espresso da parte di tutti gli interlocutori, che a vario titolo interagiscono con gli adolescenti attraverso una relazione di aiuto intessuto di fiducia e di corresponsabilità.

Superando attese scontate di tipo legale, la voce autorevole

del Dipartimento per la giustizia minorile, dottoressa Serenella Pesarin, ha trasmesso ai ragazzi della Comunità Jonathan di Scisciano l’invito ad avere fiducia e assecondare l’energia di promuovere se stessi. Costretta tra le carte di procedure quotidiane, la stessa Pesarin ha ancora puntato un tiro di natura utopica, quando ha espresso l’auspicio di cancellare le carceri. Non demagogia spuria, ma invocazione ideale che sorge dal cuore della cruda realtà. I due accenni testimoniano l’atmosfera che ha caratterizzato la presentazione, lo scorso 11 marzo, di “Picture of life”, progetto promosso dall’ promosso dal Ministero di Giustizia - Dipartimento Giustizia Minorile, con la società Manfrotto (a Vitec Group brand) e l’associazione Jonathan con l’obiettivo di dare una possibilità di qualificazione professionale ai giovani inseriti nella Comunità dell’Associazione J o n a t h a n , s u p p o r t a n d o l i nel diventare dei fotografi professionisti.

Presenti autorità di vario ordine, giornalisti, numerose persone di ordinario interresse. Con la sua divisa spiccava il comandante Giovanni Marchitelli, simbolo e vindice concreto “dell’ordine pubblico”. Il direttore del Centro di giustizia minorile della Campania, dottor Giuseppe Centomani, ha scavato in profondità nell’area della psico-pedagogia, quando ha osservato che i ragazzi vanno progressivamente accompagnati ogni giorno nel porsi e nel costruire alcune domande essenziali intorno a se stessi, gli altri e il mondo. Non è mancata all’appuntamento con il suo contributo la presidente del Tribunale di Sorveglianza del servizio minorile, dottoressa

L’Associazione JONATHAN onlus nasce agli inizi degli anni ‘90 per iniziativa di un gruppo di operatori sociali di orientamento multidisciplinare in risposta ad una forte richiesta di nuove ri-sorse da impegnare nel difficile e complesso universo del disa-gio e della devianza adolescenziale. Il progetto operativo si sviluppa nelle attività di recupero, for-mazione, ricerca e documentazione con interventi di sostegno e integrazione alle Istituzioni, Enti Locali e del privato sociale. Il progetto dell’Associazione nelle sue varie articolazioni preve-de tra gli obiettivi programmatici la centralità del suo impegno nelle quattro unità residenziali attualmente esistenti: Comuni-tà “Jonathan” di Scisciano (Na) ; Comunità “Colmena” di Mari-gliano (Na); Comunità “La casa di Luca” di San Vitaliano (Na); Comunità “Oliver” di Scisciano (Na).

Page 31: Esercizi di comunione

23marzo 2014

in rubrica

Pomigliano: una serata a Mimmo Beneventano, giovane medico, ucciso nel 1980 da sicari di Cutolo

uN uoMo SCoMoDo di Biagio Palmese

persone che hanno più bisogno degli altri: i poveri.

Una storia, una vita, una testimonianza che sarebbe rimasta nascosta, dimenticata, tralasciata se qualcuno non avesse pensato di “darle vita….darle cuore”: RI-COR-DARE, come dare cuore. È questo il filo rosso che ha guidato la serata del 22 marzo promossa dal Centro la Pira di Pomigliano d’Arco e dal Movimento Educativo d’Impegno Ecclesiale.

Pezzi di ricordi, scritti su fogli diversi, ma che insieme hanno dato corpo ad una storia armonica di un giovane che, come tante persone presenti nella sala, era di Azione Cattolica, ma più di tutti i presenti aveva capito fino

in fondo che il suo compito nella vita era quello di “conformarsi a Cristo”; amare la vita fino al punto di perderla per gli altri. Amici di Mimmo, conoscenti, uditori: il tempo trascorso al centro ha lasciato certamente un segno in tutti i presenti. Grazie all’interpretazione magistrale di Edoardo Ammendola, si è potuto dare vita ai tratti più “umani” della persona di Mimmo. Tanti volti, per una sola storia, che non può essere dimenticata e dovrebbe vedere il suo prosieguo nell’impegno civile di ogni persona politica contemporanea. Concludendo, lascio una domanda: e tu, sei pronto ad impegnarti per la vita? Ad essere UOMO SCOMODO?

7 Novembre 1980: un mattino come tanti per molta gente,

non per Mimmo Beneventano e la sua famiglia. No, per loro no! Per Mimmo, medico e chirurgo 32enne, amante della vita e impegnato nella politica, fu quello l’ultimo giorno in cui vide la luce del sole.

Era nella sua macchina, una Sinca 1000, pronto come tutte le mattine per andare ad esercitare, con entusiasmo e il sorriso sul volto, la sua professione all’ospedale San Gennaro di Napoli. Ad un tratto sette colpi di pistola: Pam, pam, pam…..pam, pam….pam, pam! I sicari della nuova camorra organizzata capitanata da Raffaele Cutolo: anche loro quel giorno avevano compiuto il loro dovere.

Due missioni, due professioni: Mimmo salvava la gente, Cutolo e i sicari la uccidevano. Mimmo ridava la vita, risanava le ferite, donava un sorriso; Raffaele e la camorra la toglievano, procuravano sofferenze, la morte. Una violenza senza precedenti, quella imposta da Cutolo: a Mimmo questo non andava bene e voleva essere testimone di una vita “legale”. E così è stato.

Giovane di Azione Cattolica, che come tanti altri, amava cantare, suonare, scrivere poesie, amava la cultura. La sua missione: dare aiuto ai più deboli. Il suo sì, incondizionato, incessante, generoso e umile, non mancava mai. In parrocchia, in diocesi, in Italia, Mimmo c’era con la mente e con il cuore. Amava la vita fino a dedicarsi anima e corpo all’impegno civile che impegnato politicamente in prima persona con il PCI (Partito comunista italiano) fino a diventare consigliere comunale, proprio di Ottaviano, comune dove Cutolo “regnava”: la politica per lui era il prolungamento di un impegno civile accanto alle

Page 32: Esercizi di comunione

Messaggio per la Quaresima.Esercizi di comunione

“Padre, qui ciascuno vive la propria fede come un’impresa eroica e solitaria, una crociata individuale, nessuno avverte l’esigenza di far crescere la propria fede insieme agli altri, nella gioia, nella semplicità dello stare insieme, nella condivisione. Ciascuno preferisce restare nel chiuso della propria stanza e delle proprie convinzioni, cercando sostegno alle proprie idee tra coloro che la pensano nello stesso identico modo…”.Ricordo la sera in cui Anna, rompendo ogni formalismo e ingessatura, ha pronunciato queste parole dinanzi a me, al suo parroco e all’intera comunità. Era un giovedì freddissimo e piovoso, e mi ha rivelato in pieno il senso di questo nuovo viaggio che sto compiendo nelle parrocchie della nostra diocesi. Parole non isolate. In queste settimane tanti altri, specie giovani, mi hanno fatto capire che dinanzi a noi una sola è la sfida fondamentale: quella della comunione, della fraternità, del “camminare insieme”.Il tempo della Quaresima è più che mai proficuo per raccogliere questa sfida. Un tempo di silenzio, in cui ciascuno può uscire da sé e piegare il proprio ego nella preghiera dinanzi al Cristo sofferente. Tempo proficuo per una conversione autentica, in cui la coscienza si rinnova nella verità e alimenta gesti nuovi e concreti di amore per l’altro.D’altra parte non abbiamo comode vie d’uscita: o i nostri talenti sono a servizio di un progetto comune, che coinvolga tanti, o sono sprecati, rovinati e deprezzati dalle lusinghe e dai successi effimeri dell’individualismo. Propongo perciò a tutti , laici impegnati e sacerdoti, religiosi e diaconi, seminaristi, credenti e non, uomini e donne di buona volontà, di vivere questi giorni uscendo da se stessi e impegnandosi in piccoli grandi “esercizi di comunione”.Accogliere la diversità. Impegniamoci a non circondarci di “simili”, ad abbandonare la paura del diverso, ad accettare la sfida di un pensiero alternativo al nostro. “Cantarsela e suonarsela” non serve a nessuno, ci fa solo diventare più piccoli e non più grandi. Questo tempo nuovo non vuole ascoltare abili solisti ma un coro intonato dalla ricerca del bene comune.Spezzare il pane della responsabilità. Impegniamoci a non assegnare più ad altri i compiti che spettano a noi, in quella logica della “delega” e del “rinvio” che forse – e purtroppo – abbiamo appreso dalle nostreclassi dirigenti. Allo stesso tempo, però, proponiamo uno stile nuovo di condivisione, solidarietà e fraternità: come il Cireneo, proviamo a prenderci un pezzetto delle responsabilità altrui e, senza deliri dionnipotenza, troviamo l’umiltà di affidare a chi ci è vicino pezzetti dei pesi che toccano a noi.Esserci, ma senza presenzialismi. Impegniamoci a occupare “l’ultimo banco”. Abbandoniamo la tentazione di voler essere sempre in vista, sempre al primo posto. “Esserci” è un valore, ma il presenzialismo ne è la negazione. Il protagonismo a tutti i costi soffoca i talenti altrui, educa le comunità alla delega, non aiuta a formare una coscienza critica, spinge tutti a pensare che basta seguire il leader per risolvere tutti i problemi.Lasciare le medaglie a chi è sempre nelle retrovie. Impegniamoci a fare gioco di squadra. E a mandare sul podio, quando c’è da raccogliere una medaglia, le persone più umili, quelle che fanno il “lavoro sporco”. Il mediano che recupera i palloni a centrocampo, il difensore che permette e allo schiacciatore di fare punto.Ascoltare e valorizzare le idee altrui. Impegniamoci a porci in un atteggiamento di “ascolto permanente” del mondo che ci sta intorno. Non esistono persone interessanti e persone meno interessanti. Interiorizzare e condividere le esperienze di vita altrui, e le idee e visioni del mondo che da esse derivano, significa aumentare esponenzialmente la consapevolezza del proprio compito nel mondo.Accoglienza, corresponsabilità, presenza umile, valorizzazione degli altri, ascolto. Cinque esercizi per una Quaresima che ci prepari davvero al senso più profondo della Pasqua: la comunione tra gli uomini nella gloria del Cristo risorto.

+ Beniamino DepalmaArcivescovo, Vescovo di Nola