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Come riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita In cammino verso l’XI° Congresso di aprile 2013 Speciale Festa dell’Eremo: parole e immagini delle tre comunità E D V ESPERIENZE DI VITA IL DIO DELL’IMPOSSIBILE Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 156 - anno XXXIV | Dicembre 2012

EDV 156 - Il Dio dell'impossibile

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In questo numero affrontiamo il tema: il Dio dell’impossibile. Nel periodo del Santo Natale, nell’anno della Fede e in preparazione al prossimo Congresso della comunità ci domandiamo se serve ancora fidarsi e affidarsi a un Dio che si ripresenta a noi sotto forma di bambino, indifeso e desideroso di essere accolto.

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Come riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita

In cammino verso l’XI° Congresso di aprile 2013

Speciale Festa dell’Eremo:parole e immagini delle tre comunità

EDVESPERIENZE DI VITA

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EDITORIALE

Nel silenzio il Dio dell’impossibile si fece parola

ATTUALITà

Avevi messo in conto la gratuità?

I bimbi visti con gli occhi dei nonni

Lasciarsi lavorare dal Signore

ZOOM

L’anno delle Fede e il nostro personale cammino di ricerca

di Dio

RUBRICA

“Mio Dio, se esistete, fate che io vi conosca”

IN COMUNITà

Speciale Festa dell’eremo

Settima di comunità a Villabassa. Un’esperienza autentica

“Un uomo di Dio, che sapeva vedere oltre”

XI° Congresso. Invito alla missione

Se non diventerete come bambini

BACHECA

Il ricordo di Mariolina

News dalla Comunità

SommarioDicembre 2012

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EDV

In questo numero affrontiamo il tema: il Dio dell’impossibile.Nel periodo del Santo Natale, nell’anno della Fede e in preparazione al prossimo Congresso della comunità ci domandiamo se serve ancora fidarsi e affidarsi a un Dio che si ripresenta a noi sotto forma di bambino, indifeso e desideroso di essere accolto.

Giovanni CattaneoLuigi CrimellaRosalba BeatricePaolo Cattaneo

PROGETTO GRAFICOE IMPAGINAZIONEPaolo Cattaneo

[email protected]

www.piccologruppo.it

Piccolo Gruppo di CristoVia San Pietro, 2020832 Desio, MB

SegreteriaTelefono: (+39) 0362 621651Fax: (+39) 0362 287322Mail: [email protected]

redazione

info PGC

N°156

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Piccolo Gruppo di Cristo

invito alla

X I ° C O N G R E S S O • 2 5 - 2 8 a p r i l e 2 0 13 • D e s i o - M i l a n o

Già Da qualche Mese si è aperto ufficialMente il caMMino pubblico preparatorio Dell’appuntaMento che nei GIORNI dal 25 al 28 aprile 2013 veDrà convenire presso la seDe centrale Di Desio i DeleGati conGressuali inDicati Dalle cinque coMunità locali presenti in italia (tre in Diocesi Di Milano, una a treviso e una a roMa).

per sinGolare e siGnificativa coinciDenza, il caMMino Di preparazione pre-conGressuale coinciDe con Due eventi ecclesiali Di portata universale: l’anno Della feDe e il sinoDo Dei vescovi sulla nuova evanGelizzazione, inDetti Dal papa eD entraMbi al via nello scorso ottobre. inoltre, ricorrono quest’anno Due anniversari: il 50° Di apertura Del concilio vaticano ii e il 20° Di pubblicazione Del catechisMo Della chiesa cattolica, eventi centrali della storia recente della chiesa e del suo impegno apostolico.

per la coMunità Del piccolo Gruppo Di cristo “è tempo di mettersi in cammino” in coMunione con la chiesa per testiMoniare il Dono Di Grazia ricevuto e annunciare, o ri-evanGelizzare queGli aMbienti che si sono DiMenticati Di cristo e Del suo MessaGGio Di aMore.

missione

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il DIO DELL’IMPOSSIBILE

IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

si fece parola

Nel silenzio,

Betlemme, Basilica della Natività

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5IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

“Dio che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva par-lato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2).

Suona un po’ strano che il Natale celebri il mistero della parola di Dio definitivamente proclamata al mon-do e alla storia, quando nel presepe siamo di fronte a un infante, cioè uno che è privo di parola.

Come può riassumere tutto il par-lare di Dio un bimbo, che in sè non dice nulla?

Certo, parlerà da grande; ma egli è da subito Parola, non solo quando inizierà la sua predicazione.

Sembra inoltre che ciò vada contro la modalità forte e decisa, con la quale la voce di Dio si fa sentire nel-le teofanie, manifestazioni potenti e sconvolgenti sino a incutere timore.

Qualcuno sperimenta il comunica-re di Dio in forme paradossalmen-te deboli; si tratta di Elia, chiamato sull’Oreb a porsi in ascolto di una voce di silenzio: “Ci fu una voce di sottile silenzio. Come l’udì, Elia si coprì il volto” (1Re 19,12). È un pas-saggio di purificazione anche per lui che aveva appena dato battaglia ai profeti di Baal sterminandoli tutti nel segno del fuoco divino!

Forse il paradosso del Natale somi-glia a una voce di silenzio, per di più sottile; chiede pertanto che ce ne facciamo avvolgere, imparando che solo dal grembo del silenzio nasce ogni vera comunicazione.

L’inquinamento acustico delle no-stre città evidenzia l’inquinamento interiore, l’incapacità del cuore a farsi accogliente; impariamo da Ma-ria, la madre, che non parla ma me-dita e rielabora.

Un testo sapienziale narra appunto in forma di silenzio l’incontro tra la parola di Dio e questa terra bisogno-sa di salvezza.

“Mentre un profondo silenzio av-volgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola dal cielo si lanciò in mezzo alla ter-ra di sterminio” (Sap 18,14-15).

L’attitudine da coltivare per fare Natale è pertanto quella contempla-tiva, in certo senso cercata anche da coloro che ne vivono unicamente il

fascino di tradizione familiare; sia-mo infatti tutti malati di inquietudi-ne e abbiamo se non altro nostalgia di ciò che fa serena la vita.

Guardare il Bambino che ci guarda e fa silenzio, accoglie e non giudica, fa tacere i tormenti e rimargina le ferite.

L’annuncio natalizio è tutto racchiu-so in un versetto denso, udito il qua-le dovremmo come il profeta coprir-ci il volto; a significare l’intensità di una relazione in cui entriamo, ma in punta di piedi.

“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). La Parola non si fa voce, si fa carne; la comunicazione non dice cose, divie-ne comunione e condivisione.

Irrompe da quella culla un rove-sciamento che sa di rivoluzione e la Madre lo ha cantato: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1,52).

Se Dio parla nel silenzio del Bam-bino, che tono avrà il vangelo che la comunità cristiana proclama al mondo? Può farsi forte della po-tenza umana, dirsi con linguaggi vincenti, offrirsi sul mercato come prodotto di successo?

“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annunzia la pace, del messaggero di buone no-tizie che annunzia la salvezza” (Is 52,7).

Il messaggio del Natale richiede non sponsor che lo finanzino, bensì te-stimoni credibili che lo raccontino con scelte evangeliche; non che lo gridino, ma ne facciano gustare il si-lenzioso profumo d’amore e di vita.

Buon Santo Natale a tutti Voi, so-relle e fratelli del Piccolo Gruppo, ai vostri bimbi, ai vostri nipoti e ai vostri cari.

EDV

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Maria Rosa e Pietro (nella foto sopra con tutta la famiglia) vivono in provincia di Como, nella casa re-staurata da Pietro insieme ai suoi fratelli. Una famiglia apparente-mente straordinaria e invece incre-dibilmente normale.

Il racconto dell’esperienza di affi-do, il travaglio per la morte di una figlia conosciuta da pochi mesi, la devozione a Maria. Un viaggio lungo oltre 25 anni con tre luo-ghi-simbolo: Medjugorje, l’Eremo s.Salvatore, Assisi.

Quando è iniziata la vostra esperienza come famiglia affi-dataria?Tutto ha avuto inizio con un viag-gio a Medjugorje. Un’esperienza assolutamente non cercata eppure fondamentale per la nostra storia.

Ha cambiato il nostro modo di in-tendere la vita. Da quel momento abbiamo iniziato a domandarci cosa il Signore ci chiedeva, come coppia e come famiglia.

Quando è arrivato il primo fi-glio?Oltre 20 anni fa: si trattava di una bambina. Avevamo già fatto do-manda per l’adozione, sia in Italia che all’estero, quando leggemmo un appello lanciato su Avvenire. Veni-va richiesto un aiuto per accogliere una bambina sieropositiva. Era il febbraio del 1991. Si trattava di un aiuto solo diurno: a partire dal mese di febbraio la piccola stava con noi fino all’ora di cena e poi tornava a dormire con la zia, l’unica parente rimasta ad accompagnarla. In quel momento non lo sapevamo, ma quell’incontro avrebbe cambiato la nostra storia. Dopo pochi mesi ci comunicarono che il suo stato di salute stava peggiorando. In pochi giorni passammo dal vederla a casa nostra all’alternarci in ospedale per accompagnarla in quell’ultimo trat-to di strada.

Avete subito sperimentato la croce…Certamente è stata un’esperienza che ci ha segnati profondamente. A maggio la bimba è morta: mi ricordo la sofferenza di quei giorni e nono-stante questo il suo volto sorriden-te. Grazie alla sua presenza ci siamo resi conto che la vita è preziosa pro-

LA GRATUITàAvevi messo in conto

prio perché riceviamo tanto, più di quanto siamo in grado di donare.

E poi è arrivato Matteo…Già, era la fine del 1991. Ed era solo l’inizio… Poco tempo dopo iniziam-mo il percorso di sostegno anche con Alex. Di quel periodo ricordo il desiderio di entrambi di ritagliarsi i propri spazi. Dopo qualche mese ci siamo resi conto di dover dare la priorità a chi aveva maggior bisogno e abbiamo optato per un sostegno leggero con Alex, cercando di segui-re al meglio Matteo. Dieci anni dopo è stata la volta di Lidia e Margherita. Abbiamo iniziato in modo graduale e dal 2005 si è aggiunto anche il fra-tellino Andrea.

Di fronte al bisogno costante di cura e affetto di questi nuovi figli, quali regole vi siete dati?Dopo le prime esperienze ci siamo resi conto che l’unica regola è dare tutti se stessi. Sperando che ciò che seminiamo possa far germogliare qualcosa nella vita di questi bambi-ni e ragazzi.Per un certo periodo abbiamo ac-compagnato anche una ragazza di 12 anni, in attesa di una soluzione definitiva da parte della comuni-tà dove era stata accolta. Abbiamo sperimentato il fallimento e ci sia-mo resi conto di non poter disfare ciò che avevamo costruito negli anni precedenti. Occorre anche accettare di non poter sempre farcela.

IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

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7IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

Quali sono i momenti della giornata più importanti?Certamente la messa al mattino è un passaggio fondamentale ma an-cor di più – per la nostra esperienza di coppia – ci ha aiutato la fedeltà al rosario serale. Abbiamo iniziato a recitarlo tornati proprio dal viaggio a Medjugorje. All’inizio provavamo un po’ di vergogna nel pregare in-sieme. Adesso ogni tanto saltiamo qualche decina. Ma non torneremo mai indietro.

Da cosa nasce questo attacca-mento alla preghiera?Ad entrambi è sempre piaciuto andare in moto. Facevamo tragit-ti molto belli e a messa andavamo quando “ce la sentivamo”. L’incon-tro con Maria, la preghiera costante, l’arrivo dei figli, ci hanno fatto com-prendere il vuoto della vita senza il Signore. Tutto è servito per arrivare

fin qua oggi, ma non faremmo cam-bio con il passato. Abbiamo fatto de-gli errori e, se tornassimo indietro, probabilmente eviteremmo alcuni comportamenti, nella coppia e nel rapporto con i figli. Ma la preghie-ra ti illumina anche nel riconoscere che ognuno ha i propri limiti, e van-no accettati.

C’è qualche luogo a cui siete particolarmente affezionati?Oltre a Medjugorje, siamo rimasti molto legati ad alcune esperienze vissute presso l’eremo S.Salvatore. In particolare un corso di esercizi sulle lettere di S.Paolo in cui aveva-mo riflettuto sull’ “intraprendere un viaggio senza sapere dove conduce”.È una situazione che abbiamo vis-suto e viviamo ogni giorno con i fi-gli. Un altro momento particolare è stata la visita ad Assisi: san France-sco ci ha mostrato la possibilità di

un’esistenza sobria nelle braccia del Padre.

Oggi qual è il rapporto con i fi-gli?Devi sempre mettere in conto la gratuità. Sia con i figli propri sia con quelli che ti vengono affidati. Ciò che conta è affidarli ogni giorno al Signore: dove noi non possiamo arrivare ci penserà Lui. Ed infatti in molti casi sono stati i figli ad aiu-tarmi a crescere: nella pazienza, nel rivedere dentro di noi le ragioni di certe decisioni, nel saper chiedere scusa, nel saper essere fermi e re-sponsabili. Ogni figlio ha la sua sto-ria ma la novità di ogni giorno sta nella nostra capacità di voler loro bene per quello che sono.

GIOVANNI CATTANEO

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“Ti danno ogni giorno cose nuo-ve”. È questa la prima espres-sione con cui Agusto Gallia-ni (nella foto a

lato), nonno per tre volte, consacra-to e già responsabile generale del Piccolo Gruppo di Cristo, racconta il rapporto con le sue tre nipoti. A lui abbiamo chiesto come è cam-biata la sua vita dopo la nascita di Marta.

Cosa ha significato per te l’espressione “fare nuove tutte le cose”?L’essere nonno è stata certamente una tappa importante della mia cre-scita come cristiano e come consa-crato. I bambini ti spingono sempre a guardare il mondo con occhi nuovi che poi sono anche gli occhi di Gesù. Quando li accompagno in Chiesa, li porto a salutare Gesù o ad accende-re i lumini, sono convinto che sia il modo più bello e spontaneo per farli innamorare di questa bellezza,

VISTI CON GLI OCCHIdei nonni

sfruttando ciò che loro desiderano per portarli a Gesù. A volte sono spinti dalla caramella che sanno di poter chiedere alla signora in fondo alla chiesa, ma intanto… si affezio-nano a quel luogo!

Ci sono stati momento di fatica nel tuo tempo da “nonno”?Certamente c’è un sovraccarico fisi-co che per ora – grazie a Dio – non mi pesa troppo ma comunque i ritmi per me e mia moglie sono impegna-tivi. Ci siamo organizzati per darci i

i bimbi

IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

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turni e cercare comunque di seguire anche altri impegni che portiamo avanti. Io esco presto la mattina per la messa, faccio qualche commis-sione in moto e per le 10 cerco di tornare a casa così da dare il cam-bio a Eliana. I bambini vorrebbero sempre correre e spesso alla sera io e mia moglie siamo “cotti”.

Come affronti queste giornate?Con una grande gioia nel cuore, perché comunque proceda il rap-porto con i figli e con i nipoti, che crescono velocemente, è sempre fonte di grande serenità e motivo di ringraziamento al Signore per i doni ricevuti. La sfida diventa pro-prio questa: comunicare loro, gior-no dopo giorno, la gioia per la grazia ricevuta.

C’è un brano della Scrittura a cui sei particolarmente legato, nel servizio ai tuoi nipoti?In realtà ne ho sempre in mente due. Il primo è “Lasciate che i bambini vengano a me”. Il secondo è invece un versetto del salmo 91. L’ho scel-to quando sono andato in pensione e da allora mi accompagna: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti, sa-ranno vegeti e rigogliosi, per annun-ziare quanto è retto il Signore: mia roccia, in Lui non c’è ingiustizia.”

Natale è un periodo magico per i bambini. Con quale stile state vivendo questa attesa?In effetti è sempre un momento par-ticolare da vivere insieme ai bambi-ni. La cosa più bella è poter ripetere loro: “C’è Gesù, da qui nasce ogni dono”.Così diventa possibile dare sempre una risposta anche quando passia-mo davanti ad una vetrina e mia nipote mi chiede l’ultima bambola che ha visto. Anche in quel caso c’è spazio per una parola buona: “Fe-steggiamo Gesù anche con i regali, perché è da lui che riceviamo il rega-lo più bello”. Tante volte mi accorgo di poter solo seminare questi germi, confidando nell’opera del Signore

per farli crescere nella vita di questi bambini.

Qual è stato il momento più bello di questo Avvento?Quando abbiamo preparato il prese-pe. In casa mia – è ormai una tradi-zione – mettiamo sempre al centro Gesù Bambino. Anche per i bambini è possibile capire che tutto il bello del Natale è guardare a Lui. Anche se poi, mettendoci tutti le mani, fi-niamo con impiegare sempre tre ore per finire la preparazione del prese-pe. Ma è proprio questo “stare insie-me” con Gesù che aiuta a capire il senso del dono. Come la tua consacrazione ha influenzato questo tempo della tua vita?Mi capita spesso di ripetere le pa-role dell’icona biblica: “Fai opere di bene senza pretendere nessuna ri-compensa”. È un’esperienza che fac-ciamo spesso nelle nostre famiglie,

non solo con i bambini. La preghiera insegna anche ad essere prudenti: è importante lasciare che i figli siano genitori e non sostituirsi a loro. Non è facile, a volte si ha la tentazione di intervenire, ma è importante non andare oltre.

C’è ancora spazio per la “novi-tà” di Dio?Ogni mercoledì cerco di organizzar-mi per far incontrare tra di loro le tre nipoti. È un modo per condividere e far condividere, per ascoltare tutti e star vicini a ciascuna, con attenzione all’età e alla situazione familiare. E’ una giornata impegnativa, devo fare 50/60 km avanti e indietro con l’au-to per recuperare tutti. Ma ne vale la pena. A volte mi capita di incontrare altri fratelli della comunità impe-gnati come nonni: riconosciamo la fatica di queste giornate ma insieme ci ritroviamo a ringraziare il Signore per questo tempo “nuovo”.

G.C.

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Letizia Pa-squalotto (nel-la foto a lato), giovane sposa, appartenente al Piccolo Gruppo di Cristo, rac-

conta l’affidamento quotidiano al Signore nella ricerca del lavoro e del proprio progetto di vita.

Quale esperienza di “affida-mento” hai vissuto al termine dell’università, mentre iniziavi a guardare al mondo del lavo-ro? Sin dall’inizio del mio percorso uni-versitario (che è coinciso con il mio esordio nell’aspirantato) sono stata chiamata a vivere quello che allora era il mio lavoro, cioè lo studio, in un’ottica di affidamento. Dal cerca-re di comprendere meglio il metodo di studio, al vivere le relazioni ami-cali all’interno dell’ambiente sco-lastico, fino agli ultimi mesi di tesi. Quest’ultimo periodo, in particola-re, dove per la maggior parte della giornata, mi era chiesto di concen-trarmi sul progetto che stavo ela-borando è stata una bella prova di pazienza e perseveranza, in cui ogni giorno affidavo al Signore quello che avrei “scritto” o vissuto. Anche davanti ad alcuni intoppi avuti du-rante la stesura della tesi è stato fon-damentale alzare gli occhi e cercare di vedere con gli occhi del Signore la strada che mi stava tracciando. Ogni giorno del mio ultimo periodo uni-

versitario ho inoltre rivolto la mia preghiera verso la prospettiva lavo-rativa, affinchè mi si aprissero delle strade in cui mettere a disposizione le capacità acquisite in questi anni di studio, ma soprattutto farmi stru-mento del Signore anche nell’ambi-to lavorativo.

Cosa ti ha colpito di più della tua prima prova lavorativa?Queste prime esperienze lavorative mi stanno insegnando molto come mettermi in ascolto. Entrando in un nuovo ambiente si apprendono non solo nuove competenze, ma si entra più nel vivo delle dinamiche relazio-nali con i colleghi, si comprendono meglio gli atteggiamenti da tene-re in realtà molto variegate, e non sempre serene. Proprio in questi ambienti che sembrano così poco attenti alla presenza del Signore, secondo me è invece importantis-simo (e talvolta necessario) portare la testimonianza che le situazioni lavorative possono essere affronta-te diversamente. Penso alle “pause caffè” dove si corre spesso il rischio di farsi trascinare dai pettegolezzi o dal parlar male dei colleghi...in certi momenti mettere in luce gli aspetti positivi delle persone o assumere un atteggiamento di silenzio, è un modo per parlare di Dio.

Stai vivendo un periodo carico di novità: dove hai visto all’ope-ra il “Dio dell’impossibile”?Se penso a cosa è successo a me e a

LAScIARSIlAvorAre

Paolo in questi ultimi mesi non pos-so che meravigliarmi per quanto il Signore ha lavorato su di noi! All’ini-zio di quest’anno non avrei mai im-maginato che ci avrebbe portato dove siamo ora: se penso alla ricerca della casa, ai progetti solo immagi-nati che si sono concretizzati. Tutte rivelazioni di quanto grandi siano i piani del Signore, al di sopra di quel-lo che potremmo pensare. “Non te-mere” “perchè non abbandonarci a Lui”...queste parole dell’Icona Bibli-ca, dobbiamo incarnarle nel nostro vissuto di cristiani che diffondono il profumo di Cristo, specie in questo momento storico di forte sfiducia. Il monito è rivolto innnanzitutto a me stessa...a volte non sono sempre in grado di avere occhi sorpresi per l’amore che si manifesta nella mia vita. Non devo dimenticarmi che sto davanti ad un Dio che si prende cura di me e che vedrà come farmi affrontare bene anche le instabilità e le difficoltà di tutti i giorni.

Quali sono le priorità per un giovane che oggi stia ancora studiando e debba prepararsi a entrare in una realtà lavo-rativa? di fronte alla crisi eco-nomica e occupazionale e al rischio che “nulla possa cam-biare”, come guardi al futuro?In questi giorni mi è capitato di leggere un articolo di Martini che richiamava il valore della perseve-ranza. Ecco, credo sia fondamentale avere uno sguardo pù ampio su ciò

IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

dal Signore

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che ci accade attorno. A partire dal-le esperienze che stiamo vivendo: magari ci possono sembrare inutili o che richiedono uno sforzo in più di umiltà perchè ci affidano lavo-ri umili. Non importa. Perseverare nell’amare anche queste situazioni è fondamentale per riuscire a viverle al meglio e ribaltarle cercando uno sguardo nuovo, una prospettiva di-versa. Penso a chi sacrifica le ambi-zioni lavorative per dare più spazio alla famiglia, o chi nel silenzio svol-ge lavori molto umili o addirittura chi non può fare molto se non offri-re le proprie preghiere: chiediamo al Signore di renderci utili proprio come Lui ci vuole!.

Che spazio può avere la pre-ghiera nel far luce sulle scelte lavorative? Spesso durante gli incontri di comu-nità ce lo ripetiamo: “farci persona preghiera” credo sia da interpreta-re come “far del nostro lavoro una preghiera”. Questo è molto impor-tante, innanzitutto per ricavarci in modo originale ed innovativo degli spazi di preghiera anche durante la nostra giornata lavorativa (magari approfittando del viaggio verso il luogo di lavoro per un rosario o dei momenti dove non c’è molto da fare

per la meditazione) e nel contempo per affidare le situazioni lavorative attraverso la nostra preghiera. Lo penso rispetto alla mia breve espe-rienza lavorativa, ma anche pen-sando al futuro: fin’ora ho avuto contratti di sei mesi in sei mesi...sono dei periodi brevi. Ecco allora è per me fondamentale rimettere al Signore anche questa mia instabilità lavorativa affinche sia Lui a darmi la stabilità vera di cui abbiamo e sento realmente il bisogno! Senza un lavo-ro stabile non è che non si possono fare dei progetti a lungo termine: è la mancanza del riferimento al Si-gnore che invece mi spaventa di più!

In base a questi primi mesi di lavoro, come rileggi la nostra icona biblica “lavora e prega, fai opere di bene...”?La rileggo pensando alle varie forme di lavoro e di preghiera da cui sono circondata: mamme che lavorano per il bene dei loro bimbi, persone senza lavoro che si prendono cura

di chi è fisicamente/moralmente debole donando il proprio tempo, giovani che si spendono per qualco-sa in cui credono e che ha cambiato loro la vita. Tutte queste sono forme di lavoro, anche se non ufficiale, ma che mi sorprendono per come que-ste persone aderiscano pienamente e con serenità alla chiamata di farsi pane spezzato in quelle specifiche situazioni...magari avevano pensato di fare tutt’altro nella loro vita...ma il Signore li ha voluti li, e loro ogni giorno rispondo con la loro vita: “Eccomi”! questo penso sia incredi-ile: lasciarsi “lavorare” dal Signore è il primo passo da compiere per fare della nostra vita un buon lavoro per il suo Regno.

G.C.

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L’anno della fEDEe il nostro personale

CAMMINO DI RICERCA DI DIO

tra l’altro affermato che “il patrimo-nio spirituale e morale in cui l’Oc-cidente affonda le sue radici e che costituisce la sua linfa vitale, oggi non è più compreso nel suo valore profondo, al punto che più non se ne coglie l’istanza di verità. Anche una terra feconda rischia così di di-ventare deserto inospitale e il buon seme di venire soffocato, calpestato e perduto”. Il “patrimonio” dimenticato - Un grido d’allarme molto forte, quindi, quello di Benedetto XVI, che siamo invitati a raccogliere ed approfondi-re nel nostro cuore, anzitutto, chie-dendoci se anche dentro di noi c’è quel “deserto inospitale” dove Dio non trova spazio e ascolto. Un allar-me, però, che ha anche un risvolto intellettuale, “razionale”: siamo si-curi di non avere in qualche modo anche noi dimenticato quel “pa-trimonio spirituale e morale in cui l’Occidente affonda le sue radici”, vale a dire la grande e ricca tradi-zione cristiana da cui si è generata la civiltà occidentale? Dal modo in cui risponderemo a queste doman-de dipende la possibilità di vivere nel concreto della storia odierna of-frendo un contributo costruttivo di laboriosità, serenità e pace sociale. Il dinamismo della ricerca - L’“Anno della Fede” ci offre l’oc-casione di interrogarci su cosa sia veramente “la fede”. Ci aiuta un vescovo italiano, mons. Marcello

Semeraro, che guida la diocesi di Albano. Nella sua lettera pastorale “Io credo in te”, dedicata appunto all’ “Anno della Fede”, va anzitutto alla ricerca delle “ragioni per le quali un uomo giunge alla fede”. In quel verbo “giunge” il vescovo colloca il momento primario col quale ogni uomo “incontra” la fede: si tratta di un dinamismo, del cambiamen-to interiore, di una serie di fatti ed eventi che modificano i percorsi umani facendo scaturire una nuova e inaspettata possibilità, una forte novità all’interno della nostra ani-ma. Descrive questi dinamismi così: “Spesso, da noi accade ancora, c’è l’educazione religiosa e la pratica di vita cristiana in famiglia e nella comunità parrocchiale. C’è per altri l’accostamento e la partecipazione a un gruppo, a un movimento, a un’as-sociazione. A volte, quando si tratta di persone giovani o adulte, l’avvio è dato dal bisogno di un senso pie-no per la vita. In alcune circostanze l’uomo è deluso dall’umano, che tro-va dall’altra parte, e cerca qualcosa di più stabile, dietro ciò che empiri-camente è conoscibile”. Nelle possi-bilità elencate da mons. Semeraro, la costante è rappresentata da una “ricerca” più o meno consapevole da parte di un uomo o di una donna, che prima o poi approda al traguardo. E tale traguardo consiste nel credere “riponendo in Dio la propria fiducia fondamentale. In questo totale con-segnarsi a Dio, l’uomo riceve la sua esistenza come esistenza fondata”.

La ‘porta della fede’ (At 14,27) che introduce alla vita di co-munione con Dio e permette l’ingresso nella

sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella so-glia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia pla-smare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta compor-ta immettersi in un cammino che dura tutta la vita”: sono le parole con le quali Benedetto XVI ha aper-to la sua Lettera apostolica “Por-ta fidei”, dell’11 ottobre 2011, con la quale ha indetto l’ “Anno della Fede”. Dalla pubblicazione del suo Motu Proprio è passato più di un anno, nel frattempo siamo entrati nel vivo di questo “Anno della Fede” ed è giusto interrogarci su cosa esso significhi per ciascuno di noi. A 50 anni dal Concilio - Il Papa ha voluto fare coincidere l’Anno della Fede con il 50° anniversario dell’inizio del Vaticano II e con il 20°della promulgazione del Cate-chismo della Chiesa Cattolica. Una scelta non soltanto celebrativa, ma legata alla convinzione di Benedet-to XVI che oggi Dio e la questione religiosa appaiono come “esiliati” o “rimossi” dalla nostra cultura. Par-lando ai Vescovi italiani, riuniti nel-la loro assemblea annuale in Vati-cano il 24 maggio scorso, il Papa ha

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Alcuni esempi nella storia del-la salvezza personale - La let-tera pastorale di mons. Semeraro abbonda di riferimenti a testimoni che hanno “scoperto” la fede e di cui narra il momento o l’evento della conversione. Così di Charles de Fou-cault, beatificato nel 2005, richiama le parole: “Come credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo far altro che vivere per Lui solo”. Con Soren Kierkegaard richiama la “fede inquieta” riportando le sue se-vere parole: “«essere cristiano è l’es-sere come spirito, è l’inquietudine più alta dello spirito, l’impazienza dell’eternità, un continuo timore e tremore: che viene acuito dal tro-varsi in questo mondo perverso che crocifigge l’amore, scosso dal bri-vido per il giudizio finale, quando il Signore e Maestro ritornerà per giudicare se i cristiani sono stati fe-deli». La citazione di Paul Claudel riguarda il “momento preciso” in cui ebbe il dono della fede attraver-so una conversione rapidissima e potente: “In un istante il mio cuore fu toccato e io credetti. Credetti con una forza di adesione così grande, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così potente, in una certezza che non lasciava posto a nessuna specie di dubbio che, dopo di allora, nessun ragionamento, nessuna circostanza della mia vita agitata hanno potuto scuotere la mia fede né toccarla”. Verso un’epoca completamen-te non religiosa? - Altri esempi molto “potenti” e suggestivi di con-

versioni e di ingresso nel mondo della fede sono quelli di Dietrich Bonhoeffer, che mons. Semeraro cita con un passaggio inquietante: “E’ passato il tempo in cui si pote-va dire tutto agli uomini tramite le parole (fossero parole teologiche o pie), così come è passato il tempo dell’interiorità e della coscienza, cioè il tempo della religione in ge-nerale. Andiamo incontro a un’epo-ca completamente non religiosa”. Lo stesso Bonhoeffer rimanda a un Dio “debole” quando afferma: “La Bibbia indirizza gli uomini all’im-potenza e alla sofferenza di Dio; solo il Dio che soffre può venire in aiuto”. Il vescovo cita un altro caso emblematico di scoperta della fede, questa volta in una non cristiana: l’ebrea Etty Hillesum, morta ad Au-shwitz nel 1943 che lascia scritto nel suo diario: “Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho di-stribuito agli uomini. Perché no? Erano così affamati e da tanto tem-po”. Mons. Semeraro commenta: “Senza essere cristiana, Etty diventò una donna ‘eucaristica’ ”. E poi c’è la “fede di Agostino”, che ci ricorda: “Raggiungere Dio appena un poco con il pensiero è una grande beati-tudine; quanto a comprenderlo, in-vece, è assolutamente impossibile”. O la fede di S. Paolo che “trasmette quello che ha ricevuto”. O anche di Romano Guardini che “scopre” la fede, comprendendo che c’è “un’al-tra realtà – dinanzi a lui, in lui stes-so o al di sopra di lui – appartenente a un mondo differente; in alto, las-sù. Questa realtà s’afferma, cresce di forza nella sua verità, nella sua bon-tà, nella sua santità ed esige l’ade-sione di colui che è stato chiamato”. Il nostro dovere è scoprire “ciò che è già avvenuto” - Una volta che il “cammino” verso la fede è ap-prodato al suo traguardo, che con-siste nell’ “incontro con Cristo”, la “persona alla quale si affida la pro-pria vita”, secondo il vescovo Seme-raro avviene il successivo passaggio. Questa volta entra in gioco la litur-

gia, come atto conseguente a tale incontro. Spiega: “la liturgia è l’atto nel quale crediamo che Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare. E’ l’atto nel quale entriamo in contatto con Dio: Egli viene a noi, e noi sia-mo illuminati da Lui”. Ancora una volta si tratta di un “dinamismo” di tutta la persona: occorre lasciar-si “condurre” all’azione liturgica, muoversi in essa, assumere quella che il vescovo definisce “l’indole pe-regrinante della fede”. La fede divie-ne così elemento costitutivo essen-ziale della persona, la celebrazione e l’adorazione di Dio divengono il momento fortificante quotidiano, ne illuminano ogni “passo”, spin-gono “a parlare ad altri della nostra fede”, orientano a una vita buona e caritatevole. La fede così è lo “sco-prire ciò che è già avvenuto” dentro di noi, attorno a noi, perché non cer-cheremmo Dio “se Lui non ci fosse già venuto incontro”. L’ “Anno della Fede” è sempre - Potrebbe a questo punto apparire banale, ma per un cristiano che si è totalmente affidato a Dio, che è innamorato di Cristo e ne segue il Vangelo, che confida nello Spirito Santo e si lascia da Lui illuminare in tutte le sue opere e pensieri, l’ “Anno della Fede” è “sempre”. Un tale cri-stiano sa che Dio è Dio, che riempie di sé ogni cosa e persona, che agisce in maniera imperscrutabile sempre e comunque, e quindi l’orizzonte del tempo è totalmente nelle mani del Signore della storia. Giustamente il Papa ha indetto l’ “Anno della Fede”, per richiamare ogni uomo a questa dimensione profonda del proprio essere. Ma il credente “vive” immer-so nella fede, “consiste” nella fede e senza di essa “non esiste”. Così il richiamo del Papa è accolto come un dono perché risuoni nei cuori di tutti gli uomini, anche di coloro che sono lontani e non avvertono in loro la presenza amorevole di Dio.

LUIGI CRIMELLA(nella foto a pag.12)

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Ricercando fra le vite dei Santi esperienze di fede che abbiano testi-moniato la bellezza del “Dio dell’im-possibile, che fa nuove tutte le cose” mi ha affascinato la persona di Charles De Foucauld, uomo d’azio-ne, con temperamento per il quale, più che la teoria, contano i fatti e le persone.

C’è voluto molto perché il seme macerasse nella terra, infatti fu un missionario che non riuscì a conver-tire nessuno nella sua vita. Padre De Foucauld era di statura picco-la, brizzolato, con la barba incolta, sdentato, gli occhi vivi, la fronte in-telligente. Chi lo incontra sente in lui un calore, una fiamma mistica intensa, un ardore di fede divorante.Ma raccontiamo con ordine, Char-les nasce in Francia, a Strasburgo, il 15 settembre 1858, da una san-ta madre, ma entrambi i genitori muoiono precocemente quando lui ha 6 anni e viene affidato al nonno

la testimonianza di Charles De Foucauld

se esistete,

insieme alla sorella Maria. Charles si allontana dalla Fede e vivrà tutta la sua adolescenza e gioventù come tanti giovani d’oggi in un mondo senza Dio. A 17 anni scriveva: “ero tutto egoismo, empietà, desiderio di male, ero come impazzito”. A 20 anni: “Dormo a lungo. Mangio mol-to. Penso poco”. Charles si trovava nel buio della notte, non vedeva più né Dio, né gli uomini, vedeva solo se stesso. Fu militare senza convinzio-ne e con una reputazione di viveur, la vita disordinata, con scappatelle e legami ostentati e per queste mo-tivazioni viene sollevato dall’incari-co. Così incomincia i suoi viaggi in Oriente e a studiare l’arabo. Viene riconosciuto come esploratore af-fermato e pubblica un atlante del Marocco. Rientrato in Francia ri-trova la famiglia e manifesta i segni di una ricerca interiore; la sua con-versione é latente da qualche tempo ed é subito totale e definitiva.” Una grazia interiore fortissima mi spin-

geva: mi misi ad andare in Chiesa e mi trovavo bene solo là e vi passavo lunghe ore a ripetere quella strana preghiera: “Mio Dio, se esistete, fate che io Vi conosca”. Mi parlarono di un prete molto colto, lo trovai nel suo confessionale e gli dissi che non ero venuto a confessarmi, perché non avevo la fede , ma desideravo delle informazioni sulla fede cat-tolica. Il reverendo Huvelin, a me sconosciuto, dal quale Egli mi aveva mandato, divenne i mio confessore,migliore amico e direttore spiritua-le. Mi fece inginocchiare, mi confes-sò e mi dette la comunione. Appena io ebbi creduto che un Dio esiste, capii che non potevo fare altro che vivere per Lui solo”.

Charles rinuncia quindi ai suoi pro-getti di esplorazione, entra in una tappa in Siria ma non tarda a sen-tirsi a disagio trovando il regime di vita poco conforme al suo ideale di imitazione di Gesù di Nazareth.

“Mio Dio, fate che IO VI CONOSCA”

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Il gusto di Foucauld per la vita na-scosta di Nazareth, dove Gesù non manifestava la sua divinità, lo aveva condotto a nascondersi come do-mestico nei pressi di un convento di clarisse a Nazareth. Brevi parole definiscono molto concretamente la spiritualità della vita che ha scel-to: la sua è la vocazione di fratello universale, e si è fratelli universali solo per imitazione di Gesù Cristo, seguendo le sue orme. “Bisogna dare testimonianza, bisogna porta-re una presenza cristiana, bisogna conoscere gli uomini per amarli e poterne essere amati . È un apo-stolato di lunga pazienza e ha bi-sogno di tanta preghiera”. Metter-si al servizio di Dio: ServirLo, vale a dire lavorare alla salvezza delle anime, essere salvatori nella misura del possibile, questo è lo schema di vita praticato da Foucauld. Egli è un uomo estremamente conviviale con una grande capacità e un profondo desiderio di solitudine. Scriveva in una lettera: “Non vi preoccupa-te perché mi vedete solo, senza un amico, non soffro affatto per la so-litudine, la trovo dolcissima: ho il Santo Sacramento, il migliore degli amici con cui parlare giorno e not-te”.

“Niente clausure - come Gesù a Na-zareth; non abitare lontano da ogni luogo abitato, ma nei pressi di un villaggio - come Gesù a Nazareth; non meno di otto ore di lavoro al giorno (manuale o altro, per quan-to possibile manuale) – come Gesù a Nazareth; né grande terreno, né grande abitazione, né grandi spese, né grandi elemosine, bensì estre-ma povertà in tutto – come Gesù di Nazareth... in una parola: Gesù a Nazareth. Come Lui (il Cristo di Nazareth) dà anche tu un grande posto al lavoro manuale, il quale non è tempo tolto alla preghiera, bensì dato alla preghiera; il tempo del tuo lavoro manuale è un tempo di preghiera”.

Per Foucauld i medicinali, le piccole

elemosine sono un beneficio soprat-tutto spirituale, sono un mezzo per entrare in relazioni buone e ami-chevoli con i Tuaregh per far si che abbiano fiducia nei suoi confronti. “Sapendomi sempre qui, vengono a farmi visita, perché sono sicuri di trovarmi; facciamo conoscenza a poco a poco, senza indiscrezio-ne”. Padre Foucauld è un lavoratore accanito, non gli piace sprecare il tempo perché lui dice che il tempo è l’azione. Ogni persona che incon-tri è un diverso, è un mistero che non puoi penetrare completamente. L’importante per Foucauld è il suo senso della “povertà”. Desiderare ardentemente avvicinarsi al mistero dell’altro, ma con infinito rispetto, avvicinarsi a lui per conoscerlo ed amarlo, ma senza colonizzarlo né appropriarselo.

“La compassione, vale a dire la comprensione dell’altro che porta gli esseri ad amare fraternamente fuori dal loro ambiente e della loro parentela, nel tempo e nello spazio di questo mondo, in una fraterniz-zazione all’universale”. “Compatire, lasciarsi raggiungere dall’altro in quanto altro, non più l’altro che si vuole convincere o convertire, ben-sì l’altro che si riconosce come un altro se stesso, un fratello.”

Il leitmotiv della vita di Foucauld riluce in queste righe: si tratta di imitare la vita di Gesù Cristo a Na-zareth nella sua povertà, in mezzo agli altri, vita nascosta che però dà testimonianza.Viene ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato a bruciapelo da un ragazzo impaurito che lo custodiva legato saldamente come ostaggio. Quella morte concludeva una vita instancabilmente tesa verso l’amo-re di Dio, vissuta nella ricerca dell‘ “ultimo posto”, nulla riesce nella sua vita a distogliere Carlo dal-la preghiera incessante, passa con estrema facilità dall’adorazione al servizio al prossimo e viceversa. Proprio attraverso quelle prolunga-

te adorazioni giunge a cogliere come decisivo il fatto di essere “come” Gesù: immolato, mangiato, dona-to. Si commenterà la sua morte con queste parole: “Ha trovato il passag-gio, è arrivato”, rientra nel sistema mistico del riscatto per gli altri.

ROSALBA BEATRICE

Bibliografia: “Foucauld nel deserto”-Editrice Queriniana

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esortazioni e ringraziamentinella parole dei fratelli e delle sorelle della comunità.

ESOrtAzIONI

Per Cristo, con Cristo e in Cristo,fortificati, santi-ficati, consacrati dallo Spirito San-to diamo lode al Padre, all’unico

Padre di tutti, che ha scelto proprio noi come suo resto, come sua parte di eredità e oggi ci chiama a far festa con Lui.

Ho iniziato così, prendendo spunto dalla sollecitazione che Giancarlo ci ha dato per preparare questa salita, parole, le sue, forti e incisive che io ho riletto in senso liturgico.

Festa dell’Eremo

Detto questo però devo confessare tutto il mio disagio nell’essere qui, ora. Mi sento il più piccolo di voi tut-ti, il più povero non solo di parole ma anche di preghiere; mi sento così ina-datto a parlarvi che non posso far al-tro che lasciare che sia lo Spirito Santo ad illuminarmi e ad illuminare anche voi. Consapevole di tanta piccolezza e inadeguatezza, resto però “tranquillo e sereno”, come dice il salmo (Sl.130), “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”, così è in me l’anima mia.

Saliamo oggi sul monte e ci traiamo in disparte in un tempo segnato dalla crisi, in un tempo difficile da vivere, in cui le prove sembrano non finire e in cui le tenebre sembrano poter dire

l’ultima parola. E proprio noi, laici consacrati, non possiamo esimerci dal vivere completamente questo passag-gio, dall’assumerci queste croci, dallo stare nel mondo come tanti altri nostri fratelli, nascosti fra di loro. “Ti vedrò sudato e spossato; sarai il più piccolo, il più debole, il più umile, il più gene-roso”. E ancora, più avanti nella nostra bella icona: “Ti vedrò incompreso, de-riso, insultato, vecchio, trascurato, solo”. Oggi queste parole assumono si-gnificati forti, concreti: non sono solo una bella preghiera, uno stimolo per il nostro cammino, ma sono la realtà di tante persone, la realtà di tanti di noi.Eppure, ritrovare dei riferimenti così chiari nell’icona mi fa dire che questo è soprattutto tempo di grazia. È que-

Particolare del “Cristo” dell’Eremo San Salvatore di Erba (affresco di Michelino da Besozzo)

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17IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

sto il tempo in cui il superfluo non conta più, e l’essenziale per noi è Cri-sto; è il tempo in cui certe immagini astratte non contano più, e la concre-tezza per noi è Cristo; è il tempo in cui l’isolamento produce povertà, e l’uni-ca ricchezza che noi possiamo portare agli altri è ancora Cristo. Cercando le motivazioni del nostro andare siamo chiamati a ravvivare la nostra speran-za, a fondare sempre di più i nostri passi sulla verità che è Cristo, a fidarci di Lui oltre ogni nostro umano calco-lo: “non temere, Piccolo Gruppo; non temere, piccolo uomo: a te concedo le mie infinite forze e io ti sosterrò e sarò con te fino alla fine dei secoli”. “Ti sol-leverò, ti laverò dai tuoi peccati, ti ve-stirò con abiti nuovi, ti porterò nella mia casa, mangerai a mensa con me, sarai il mio amico, mio fratello fede-le e amato”. Questa è la Provvidenza, questo è il fine provvidenziale cui sia-mo chiamati oltre ogni umana fatica.

Con questa fiducia nel cuore, mista ad entusiasmo e gioia, nove anni fa dicevo il mio eccomi, rispondendo prontamente al suo invito. Ora, dopo avermi accompagnato in questi anni, magari fra alti e bassi, ma sempre con lo sguardo fisso su di Lui, tenendo il mio cuore il più vicino possibile al suo, ora sento che mi chiede qualcosa di più: mi chiede di preparami ad una risposta definitiva, che mi interpella singolarmente, così come la vocazione matrimoniale mi ha già chiamato ad una risposta “per sempre” con Robi. Allora chiedo a voi, amati fratelli, di sostenermi con la vostra preghiera, col vostro esempio, col vostro incorag-giamento, perchè nulla mi separi mai dall’amore di Cristo.

Insieme con me quel giorno di nove anni fa anche Roberta diceva il suo ec-comi: portando nel grembo Caterina si presentava al Signore nella Frater-nità con lo stesso ardore, con lo stesso desiderio di corrispondere ad un amo-re che le da vita e che proprio in quei mesi faceva crescere in lei una vita nuova, una meraviglia per la nostra piccola famiglia.

La vita stessa, ma ancor di più l’amore per la Verità, chiedono oggi ad ognu-no di noi un forte impegno di testimo-nianza: se è vero che il nascondimento è la dimensione che più ci avvicina al Signore, è altrettanto vero che oggi stare nel Piccolo Gruppo di Cristo vuol dire anche “cambiare per rimanere se stessi”, come lo stesso Giancarlo ci ha invitato a fare. Non cambiare per cam-biare, ma seguire il Signore là dove ci vuol guidare, seminare là dove Lui ci indica, lasciando magari ad altri la mietitura. Non temere il domani, che è già nelle mani di Dio, ma vivere in modo appassionato il presente, espri-mendo così quella “presenza costante, amorosa e salvifica del Redentore”.

In questo modo allora potremmo an-cora essere strumenti di salvezza nelle mani dello Spirito Santo, non perchè capaci di chissà quali imprese, ma perchè abbandonati in Lui, “tranquilli e sereni, come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sl.130).

Resti così visibile al mondo, al di là delle nostre parole, dei nostri proget-ti o delle nostre stesse persone, ma soprattutto resti visibile al nostro Si-gnore, qual’è il fine ultimo della nostra vita: la salvezza nostra e quella dei nostri fratelli, la nostra partecipazione alla gloria divina.

ANTONIO CIANFRONE

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Carissimi fratelli e sorelle,dopo le prime esitazioni sulla proposta relativa alla preparazione dell’esortazione,

non posso nascondervi la gioia che in questi ultimi giorni di preparazione alla Festa ho riscoperto in me.È il silenzio del Signore, tra le letture appena ascoltate, che l’ha svelata an-cora a me stessa, troppo preoccupata e affaticata dalla contingenza delle contraddizioni quotidiane per poterla vivere pienamente.

Sì, è quella gioia che abbiamo prova-to e proviamo tutti nella nostra storia personale, prima e dopo il dono della consacrazione: la gioia di appartenere all’Amore Trinitario.

Provate a pensarci fratelli e sorelle, che cosa straordinaria ci sta di fron-te: Dio ci ama, la sua grazia è entrata nella nostra vita, ci ha fatto Comunità, ci esorta ad Amare la Chiesa., gli al-tri, tutti. Questa è l’identità del nostro Dio: la Carità perfetta.

Lasciamola abitare nel nostro cuore, perché il nostro fare incarni la Paro-la di Vita, il Vangelo, dal basso, nel concreto, in un “ Buongiorno!”, in un “Come stai?”, in un semplice sorriso, in una parola di “ Dio fattosi uomo” fra parole di uomini. Certo, forse, il mondo va in un’altra direzione; certo, siamo fonte di contraddizione, ma è possibile l’unità, è possibile fare luce, è possibile la santità, perché Cristo si è incarnato per amore, ci ha redenti a caro prezzo e ci invita a rinnegare la nostra vita per abbandonarla a Lui e contribuire a costruire la Città sul Monte. È un sentiero difficile, impe-gnativo, ma luminoso se ci aiuta a cre-scere nella Carità.

Allora, riaffidiamoci a chi ci ama, ma con un cuore “restaurato”, come ci suggerisce il nostro Fondatore; non dimentichiamoci che la fedeltà chie-staci dalla Chiesa e dalla nostra forma di vita vuol dire cambiare per rima-nere se stessi, come ci esorta il nostro Responsabile Generale; ascoltiamo un’altra volta la chiamata del Signore riscoprendo il dono dei voti; diciamo il nostro “Eccomi” con un totale ab-bandono alla grazia e purifichiamoci per ripartire più forti e convinti, pro-prio da lì, dall’ultimo posto, perché il nostro sostare con Lui ci permetta di diminuire per farlo crescere in noi.

speciale ereMo 2012

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Infine, ma non per questo meno im-portante, chiediamo l’aiuto del nostro responsabile personale, perché la no-stra sequela sia orientata a prendere il largo, pur con le nostre fragilità e debolezze ed educhiamoci vicendevol-mente al perdono, alla comprensione, alla collaborazione.

Oggi, tra il silenzio di queste pietre, luogo di preghiera, fusi in un’unità perfetta, nell’intimo, il nostro Dio ci parla: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto di darvi il suo Regno… Le tue radici sono ben affondate nella terra; la tua preghiera contemplativa sale dalla valle operosa; la tua casa appoggia saldamente sulla roccia… In nulla ti distinguerai se non nell’essere un Vangelo vivente. Lavo-rerai e pregherai, farai opere di bene senza pretendere nessuna ricompen-sa…Ti vedrò: avrò compassione di te, ti solleverò, ti laverò dai tuoi peccati, dalle tue omissioni; ti vestirò con abiti nuovi, ti porterò nella mia casa, man-gerai a mensa con me, appoggerai la testa sul mio petto, sarai mio amico, mio fratello fedele e amato. Mi com-piacerò di te! Ti presenterò al Padre, che ti consegnerà l’anello della carità, dell’amore, della gloria. Con gli occhi dell’ Agnello assiso sul trono potrai ve-dere cosa ho fatto io per te e con te... ”.Domani queste parole vivranno nel silenzio del nostro cuore, una piccola pietra di luce, luogo di silenzio, luogo di preghiera, luogo dell’incontro tra noi e il nostro Dio.

È sempre così: Dio ci propone la pace della gloria, già nel presente. Perché non tentare, perché non lasciarsi fare da chi ci ama?Chiediamo allo Spirito Santo di custo-dire la nostra preghiera e la nostra re-lazione con il Padre, così come Gesù ci ha insegnato, di aiutarci a vegliare sul nostro cuore con cura e passione per tutta la vita, di farci per sua gloria un mosaico di pietre di luce. Amen.

GIORGIA EVANGELISTI

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

“La vorrei san-ta (la mia figlia Maria) e vorrei santa anche te Paolina. Anche io vorrei farmi santa ma

non so da che parte cominciare, c’è tanto da fare che mi limito al deside-rio. Dico spesso durante la giornata: “Mio Dio, come vorrei essere santa”. Poi non compio le opere! Però è tem-po che mi ci metta, perché mi potreb-be accadere come a quelle persone che sono decedute questa settimana e la cui morte mi ha sensibilmente im-pressionata”. (Zelia Martin LZ184).

Questo che ho appena letto, è uno stralcio di una lettera che Zelia Mar-tin, madre di Santa Teresa del Bambin Gesù, scrisse a sua figlia Paolina.Zelia e Luigi Martin, erano una coppia di sposi che è stata recentemente bea-tificata: la prima coppia santa, genito-ri di una santa.

Ma cosa avevano di speciale? E’ la domanda più immediata che potrem-mo fare ascoltando la storia della loro vita. La mia risposta è: niente di spe-ciale o di irrealizzabile. La loro storia è la storia di una famiglia santa, che desiderava diventare santa, che desi-derava avere figli santi. Una famiglia che mentre lavorava, pregava e faceva opere di bene senza pretendere nessu-na ricompensa, costruiva con la Sua Grazia la città sul monte. Una coppia di imprenditori, lui orolo-giaio lei merlettatrice, famiglia agiata che lavorava bene e tanto perché il la-voro è riflesso della bellezza di Dio ed è un servizio a Lui reso “per ordinare le realtà temporali secondo la scienza, la giustizia e la carità di Dio”.Padre Stefano Piat già cinquant’anni fa scriveva: “Luigi e Zelia gareggiava-no in spirito soprannaturale per tra-sfigurare in opera divina il monotono dovere quotidiano. La messa ascoltata ogni mattina, insegnava loro a con-centrare in Dio tutti i doveri del loro stato e trasformarli in autentica pre-ghiera”. (Piat, p.82)

E ancora una famiglia che ha accolto in tutte le sue sfaccettature la sfida dell’educazione dei figli. Una famiglia che ha santificato la fe-sta perché preludio della vita in Dio. Una famiglia, infine, accompagnata da una fede retta e carità perfetta.

La famiglia non è un ambito seconda-rio: è l’ambito in cui si esprime e vive la nostra società. “Cerchiamo di essere strumento di salvezza mediante una testimonian-za che esprima la presenza costante, amorosa e salvifica del Redentore”.Nella famiglia viviamo la missione, nella famiglia accogliamo i nostri amici, accogliamo chi ha bisogno, al-leviamo i nostri figli perché siamo un granello di senape e sui nostri rami si appoggeranno i bisognosi. I nostri figli…le prime persone “estra-nee” che entrano nella famiglia e che hanno bisogno di vedere e sentire il Signore. Bambini e bambine che han-no dentro il germe di Dio, ma occorre riconoscere che hanno la stessa fede in Dio ed esperienza d’incontro in Cristo che possono avere le tribù indi-gene dell’amazzonia, quindi nessuna. Bambini che quindi hanno bisogno di incontrare testimoni di Cristo. I bam-bini sono i primi esseri umani che en-trano in una famiglia e attendono di essere evangelizzati. I genitori sono i loro primi testimoni. Quando sono piccoli, noi li vestiamo, li puliamo…. gli diamo da bere quan-do hanno sete e gli diamo da man-giare quando hanno fame. Quando crescono è la stessa cosa, camminano sulla loro strada, ma se non capisco-no o sbagliano attendono da noi quel perdono “speciale” che la grazia ci ha insegnato a riconoscere e che loro at-tendono in dono. Quindi, anche se forse in senso spiri-tuale, attendono ancora una volta di essere puliti, dissetati e sfamati. I nostri figli, i figli di tutti hanno molti diritti, ma uno sopra tutti: avere una famiglia, dove ci sia un padre e una madre, maschio e femmina.Hanno bisogno e diritto ad una fami-

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glia unita che viva insieme. “La famiglia è la prima scuola dove i bambini imparano il dono totale di sé” (A.Scola).Li accudiamo ma sappiamo che i figli non sono nostri, ci sono stati affidati perché anche grazie alla nostra testi-monianza ritornino a Colui che ce li ha dati. L’eredità più grande che pos-siamo lasciargli è la nostra educazio-ne cristiana, non sapremo poi come andrà a finire la loro storia, ma sem-pre in un angolo del loro cuore avran-no un’àncora che potrà tenerli saldi nei momenti di tempesta della vita e dargli ragione della vera felicità nei momenti sereni.

Lavorerai e pregherai,farai opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa.

Ti vedrò sudato e spossato;sarai il più piccolo, il più debole,il più umile, il più generoso.

In tutto questo non sei solo. Perché io entro in te con la mia grazia.

Non temere, Piccolo Gruppo;non temere piccolo uomo:a te concedo le mie infinite forzee io ti sosterrò e sarò con te fino alla fine dei secoli.

Quante volte mi sono sentito spossato, di quella spossatezza che non colpisce le membra, ma il cuore. Quante volte addolorato, apro le braccia e mi rasse-gno e mi dico: “non ho tutto l’Amore di cui hanno bisogno coloro che mi stanno intorno. Signore fammi ricco di tutto quell’Amore che è necessario a costoro: io non basto neppure a me stesso”.

Esortare, ex hortari, far fare qualcosa a qualcuno ma anche consolarlo. Che compito. Io sono certo che il Signore accompagnerà ciascuno di noi anche quest’anno. La chiesa sta vivendo pe-riodi difficili, ma anche molto ricchi. Nei mesi appena passati a Milano si è celebrata la festa della famiglia, in questi giorni viviamo l’apertura dell’anno della fede nella ricorrenza dei 50 anni del Concilio Vaticano II;

quindi periodi forti per la chiesa ma anche per la nostra comunità. E’ per questo che vorrei chiudere questa esortazione con un passo di Santa Te-resa del Bambin Gesù:

“Ah come è bella la vocazione del Pic-colo Bambino! Non è una missione che deve evangelizzare, ma tutte le missioni. E questo come?....aman-do, dormendo, gettando fiori a Gesù quando sonnecchia. Allora Gesù prenderà questi fiori e comunicando loro un valore inestimabile, li lancerà a sua volta, li farà volare su tutte le rive e salverà le anime, con i fiori, con l’amore del piccolo bambino che non vedrà nulla, ma che sorriderà sem-pre anche attraverso le lacrime!Un bambino missionario e guerriero: che meraviglia!”(Carmelo di Lisieux 8-17 Settembre 1896- LT194)

ANTONIO LONGO

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Care sorelle e cari fratelli, vi invito a fare festa perché siamo amati dal Signore con un amore di miseri-cordia, che par-

tecipa delle nostre gioie e delle nostre sofferenze, siamo amati con un amore che sa perdonare, che ci prende come siamo, poveri e peccatori, per farci come Lui ci vuole, santi e immacolati al suo cospetto.

Nell’anno della Fede e in occasione del cinquantacinquesimo anno di fonda-zione del Piccolo Gruppo di Cristo, a cinquant’anni dall’apertura del Con-cilio Vaticano II, dopo il nostro pelle-grinaggio ad Assisi, siamo qui davanti al Signore a chiedergli di riprenderci tra le sue braccia come ha fatto il padre

speciale ereMo 2012

“Elia in preghiera” [icona di Mara Zanette], mentre ascolta sul monte Oreb Dio che parla nel “mormorio di vento leggero

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con il figliol prodigo. Per ricostruirci come singoli e come Comunità, secon-do il progetto che ci ha indicato quan-do ci ha chiamati ad essere suoi e noi gli abbiamo detto di sì, per servire il nostro prossimo e la Chiesa.

In quel momento il nostro è stato un sì senza riserve, il sì di chi si sente profondamente amato e protetto no-nostante i propri peccati, i propri limi-ti, il proprio nulla e per questo getta le reti al largo secondo la sua Parola. Un sì che io personalmente ho pro-nunciato con tremore, ma dicendo-glielo ho provato un profondo senso di pace, la pace di un momento, ma una promessa di pace nella gloria che va oltre la mia persona e dice la gran-dezza della nostra vocazione comune. Infatti come promette la nostra Icona biblica: “… mentre lavoravi, pregavi e facevi opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa, con la mia gra-zia hai costruito la Città sul Monte: città che illumina le genti, luogo per i cristiani comuni consacrati, città spirituale ma vera, presente nella Chiesa; città piccola e umile, povera casta ubbidiente, città serena e piena di pace del Paradiso”.

Oggi siamo qui per chiedergli perdo-no per i nostri peccati e soprattutto per le nostre omissioni. Siamo qui a ridirgli che vogliamo essere suoi, suo popolo che solo lui conduce a salvez-za. Non siamo soli, con noi ci sono i fratelli e le sorelle del Gruppo che ci

sostengono con la vicinanza e la pre-ghiera e ci aiutano ad essere fedeli e a servire la Chiesa. Con noi, come per i due discepoli di Emmaus, c’è Gesù, il Crocifisso e Risorto, un compagno di viaggio e di vita speciale che ci riscal-da il cuore nei momenti di difficoltà e di scoraggiamento e ce lo fa ardente. Come preannuncia Isaia 30, 20: “An-che se il Signore ti darà il pane dell’af-flizione e l’acqua della tribolazione, tuttavia non si terrà più nascosto il tuo maestro, i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: -Questa è la strada, percorretela, caso mai an-diate a destra o a sinistra-”.

Perché lui ci possa salvare e per essere per quanto possibile strumento di sal-vezza per chi ci mette a fianco dobbia-mo lasciarci plasmare da Lui, abban-donarci a Lui con fiducia e confidenza in ogni nostra necessità quotidiana, ringraziandolo per il bene ricevuto, e vincendo con il suo aiuto le paure e le tentazioni . Dice Carlo Maria Martini nel libro “Credo la vita eterna”: “Quan-do tutto ci va bene, possiamo sempre illuderci; solo nel momento in cui ogni uscita di sicurezza è sbarrata, nell’ora della morte, siamo messi a confronto con il mistero dell’abbandono a Dio, del saperci affidare al Padre come fi-gli”. Come è successo anche a Gesù nel Getsèmani. Suggerisce Martini: “An-diamo a rileggerci come Lui in quel momento ha superato la paura della morte”, perché ci sarà di aiuto in ogni

circostanza della vita.

Siamo uomini e donne di dura cer-vice, che cercano di crescere nell’ab-bandono fiducioso, pur sapendo che la nostra fede si accompagna all’in-credulità, che la fede è ricerca non è mai certezza di essere nel giusto, che i progetti di Dio non sono i nostri, che della fede non se ne vedono i frutti in termini di successo e vittoria umana; non li ha visti Mosè e non li hanno visti i santi, posti di fronte anche al fallimento delle opere. Ma nell’even-to pasquale è Gesù stesso, il Croci-fisso Risorto, che prende l’iniziativa e si mostra vivente ai discepoli e loro gioiscono nel vederlo. Chi ha incontra-to il Risorto è inviato da lui a essere suo testimone. Come ci ricorda la no-stra Icona biblica: “Il Risorto appare agli apostoli e dona loro la pace della gloria. Gesù sale nella casa del Padre, mentre rimane con noi nell’Eucari-stia, quale Agnello trafitto per la no-stra salvezza. Discende lo Spirito san-to e i deboli diventano forti, i timorosi diventano guerrieri di Cristo, gli igno-ranti diventano oratori e maestri”.

Sì per prendere coraggio e fare davve-ro la volontà di Dio Padre dobbiamo chiedere la luce del suo Spirito perché ci renda unica persona in Gesù, simili a lui. Se, come dice Giancarlo: ”Nella nostra vita, come nella vita della Chie-sa, il peccato va di pari passo con la grazia, le tenebre si mescolano con la chiarezza” solo prendendo Gesù come compagno di viaggio, Gesù che riceviamo ogni giorno come pane spezzato per noi nell’Eucaristia e nella sua Parola, lampada sui nostri passi, possiamo progredire nel distinguere il bene dal male, e imitandolo capire che cosa è a Lui gradito e perfetto. Al-lora, come chiede Ireos nella preghie-ra composta ad Assisi, potremo dirgli con sempre maggiore convinzione e verità : “Signore fa’ di tutti noi quel che tu vuoi perché il nostro amore corrisponda al tuo universale amo-re”… che sarà visibile nel suo splendo-re in Paradiso. Amen

VILMA CAZZULANI

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rINGrAzIAMENtI

“Signore, ti pre-go, prendi nelle Tue mani la mia vita; fa di ogni mia parola e di ogni mia azione soltanto quello

che tu avresti detto e fatto.Ti prego, Signore, non lasciare mai che il tuo servo devia dalla Tua via.Sono Tuo… totalmente Tuo”Cardinale Edward M. Egan12 luglio 2003,ordinazione presbiterale di don Tonio

Questa preghiera, pronunciata da Sua Eminenza il Cardinale Egan il giorno del 12 luglio del 2003, data della mia ordinazione presbiterale, la ripeto oggi, 14 ottobre 2012, gior-no del mio ingresso nella fraternità del Piccolo gruppo di Cristo.

Signore, tu ci hai scelti da sempre per essere santi e immacolati da-vanti a te. Tu ci hai scelti e amati una sola volta e per sempre. Io, in-vece nella mia grande povertà e con tutti i miei limiti ti devo scegliere ogni giorno. Ogni giorno mi devi ri-cordare che Tu sei la mia unica sal-vezza.

Oggi Giancarlo mi ha detto di rice-vere la Croce di Cristo “unica spe-ranza in questo mondo”. Ventidue anni fa, quando avevo solo 17 anni e ho cominciato a fare il catechista mi avevano consegnato una croce dove nella parte bassa c’è scritto: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” Lc 9,23. Quel giorno ero ancora molto piccolo, non sapevo ancora quello che il Signore stava per chiedermi di fare. Misteriosamente un mese e mezzo fa, quando stavo venendo a Roma per cominciare questa nuova esperienza, tra le cose che volevo portare pensavo anche una croce tra le tante che avevo ricevuto nel giorno della mia ordinazione. Ini-

zialmente stavo scegliendo tra una delle belle croci che ho ricevuto, alla fine mi sono ricordato di una croce, molto semplice, quella che mi ave-vano consegnato quando avevo 17 anni, e ho deciso di prendere quella. Sento che nuovamente il Signore mi sta dicendo di accogliere la croce, ogni giorno, perché solo cosi posso fare ogni giorno la scelta giusta mal-grado la mia povertà e incapacità.

Più guardo indietro nella mia vita e più vedo con i fatti che tu Signore mi conosci fino in fondo anche se io ti conosco ancora poco, che tu mi stai guidando sulla via della vita anche se tante volte io cerco di uscirne fuo-ri, che tu mi Ami anche se tante vol-te non rispondo con amore (anche se povero) al tuo Amore immenso.

Ieri don Luciano ha detto che Dio ci ha chiamati per essere sacerdoti o per essere consacrati non per qual-che pregio, ma per la nostra miseria. Allora io a questo punto mi sento doppiamente misero e doppiamen-te povero, mi sento come uno che lontano da Lui poteva doppiamente combinare guai, perché Lui non solo mi ha scelto per essere presbitero, ma adesso mi ha scelto anche per stare nel Piccolo Gruppo di Cristo! Chi sa che potevo combinare lonta-no da Lui?!

Oggi, o Signore, ti voglio ringraziare, in modo particolare per quest’anno nel Piccolo Gruppo di Cristo e oggi nel giorno della mia entrata nel-la fraternità. Tu questo lo hai fatto misteriosamente tramite tante per-sone e circostanze. Grazie perché in pochi mesi che ho fatto nella parroc-chia di San Gabriele dell’Addolorata tramite la preghiera semplice di Na-dia mi hai fatto conoscere il Piccolo Gruppo di Cristo. Grazie Signore, perché un anno fa tramite Giancar-lo mi hai accolto a braccia aperte per fare quest’esperienza, proprio qui a Casperia. Grazie per don Pierpaolo che è diventato subito un fratello e un sostegno. Grazie per tutti i mem-

bri della comunità romana che mi hanno accolto subito come uno di loro. Grazie per il gruppo dei Celi-bi che ho incontrato la prima volta a gennaio scorso e che per me come sacerdote sono di grande sostegno.

Grazie anche per gli sposati e le per-sone in stato libero che mi fanno incontrare la realtà della società di oggi. Grazie per il dono del respon-sabile personale, o meglio del custo-de Andrea con il quale ho comin-ciato questo cammino spirituale; grazie anche per Emiliano che è ve-nuto qua per la festa del Eremo e per questo servizio di responsabile della Fraternità. Grazie Signore per ogni fratello e sorella della comunità, quelli che ho già conosciuto e quelli che ancora devo imparare a cono-scere. Ecco Signore il Tuo modo di chiamarci è molto concreto, lo hai fatto tramite incontri semplici con persone concrete.

Tutto questo bene che Tu mi vuoi e che Tu mi hai donato mi riempie di un debito che non posso mai pagare se non offrendo ancora una volta la mia vita a te o Signore. Ancora una volta mi rivolgo a te o Signore, tu che mi scruti e mi conosci: prendi-mi come sono, e fammi come tu mi vuoi.

DON TONIO GALEA

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Signore ti rin-grazio, ora so che mi hai ama-to da sempre e da sempre mi hai voluto per te. Da piccolo,

quando entravo in chiesa, mi col-piva la statua del Tuo Sacratissimo Cuore ma non sapevo che quel cuo-

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Foto di gruppo della comunità di Roma

Foto di gruppo della comunità di Treviso

Foto di gruppo delle comunità di San Carlo e San Pio V

Foto di gruppo della comunità di San Ambrogio

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re era vivo e stava battendo per me che gli ero davanti. Poi sono andato a scuola dalle suore, per fortuna ero una peste, così hanno dovuto prega-re tanto per me. Mi parlavano di te ma non capivo.

Un giorno ho detto non credo e non ho più pensato a te, ma tu sei fede-le ed hai vegliato su di me con tanti occhi e mani, ma io non ti vedevo. Con grande pazienza ed amore hai continuato a farti trovare sulla mia strada e, quando finalmente ti ho invocato, ti sei fatto prossimo, mi hai lavato e curato. Allora ti ho vi-sto ed ho creduto. Quanti angeli sulla mia strada perché io fossi qui oggi, mi devi amare proprio tanto! Mi hai detto cammina accanto a me che non ti abbia a perdere di nuovo, resta nel mio piccolo gregge. Mi sei stato padre, fratello, amico. Ora mi hai chiamato ad una unione più in-tima con te nel Piccolo Gruppo, mi vuoi tutto per te ed io ho detto sì. Voglio consacrarmi a te come Tu ti sei consacrato per tutti gli uomini.

Voglio essere povero per ricevere la ricchezza della Tua Grazia ed amare senza essere riamato, ed anzi biasi-mato, come te che sei bontà infinita.Voglio essere casto, così che quando mi prenderò cura del mio prossimo, preferendo i più piccoli ed i più po-veri, essi vedano te unico vero bene.Voglio essere obbediente perché il mio cuore trova pace solo nel fare la tua volontà e per poterti lodare quando dai e quando togli.

Ti ringrazio perché ti fidi di me no-nostante la mia debolezza, mi hai chiamato a vivere in te SS. Trinità, per te che sei Misericordia, con te che sei Amore. Che bella vocazione! Sacro Cuore di Gesù, che tanto ci ami, confido e spero in te; Sacro Cuore di Maria, gioia e salvezza dell’anima mia, vegliate su di me e su tutti noi.

IVO DI GAETANO

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Fratelli e sorel-le nel Signore, nell’aprire la bocca sento che non ho parole ma colgo sola-mente la mia

fragilità e la mia debolezza. Mi è stato chiesto e ci è stato chiesto di offrire il mio ed il nostro ringrazia-mento ma questo è per il mio e no-stro cuore solo il modo per ricono-scere la grazia di Dio che è presente in ognuno di noi.

Mi lascio accompagnare dalla pa-rola di San Paolo che ci ha parlato in questi giorni: “per grazia di Dio però sono quello che sono e la sua grazia per me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me”.

Questa grazia non è una grazia lon-tana da noi ma una grazia dentro di noi poiché Dio è dentro noi. Se io solo avessi la minima consapevolez-za di questa verità, allora tutto, ve-ramente tutto, sarebbe meno fatico-so e solo riconoscendo la presenza di Dio nel fratello e nella sorella che mi sono accanto, allora il mio amo-re traboccherebbe libero da attese e giudizi.

Questa è la fatica per me di questo tempo, la fatica di liberare i miei pensieri per far spazio solamente alla presenza di Dio Amore. Una presenza che con la sua grazia tra-sforma tutto ciò che sono e tutto ciò che sono stata senza cambiare, sen-za sradicare, senza rinnegare, ma a partire dalla mia e dalla nostra re-altà.

Ci troviamo di fronte ad un nuovo sì nel Piccolo Gruppo di Cristo e così a riconoscerci bisognosi di ribaltare nuovamente la nostra visione: non io mi devo adeguare ad un Dio fuori di me fatto di obiettivi alti, regole, ma è Dio stesso che vive in me, è Dio stesso che mi ama così come sono

che non ci vuole diversi ma desidera solamente e semplicemente che noi siamo felici. Con questa consapevo-lezza che allenta le nostre tensioni ed i nostri affanni, desideriamo rin-graziare il Signore per il suo amore ed abbandonarci in questo nuovo anno tra le sue braccia.

“Rallegratevi voi tutti che siete op-pressi, il Signore è per l’uomo, dol-ce il suo giogo leggero il suo calice, il Signore è per l’uomo, il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato Gesù è il Signore del sabato, Gesù è il Signore dell’uomo Misericordia e non il sacrificio, il Signore è per l’uomo.”

MARA ZACCHELLOGIOVANNI TONELLO

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Di fronte ai Doni ricevuti dal Si-gnore emergo-no dentro di me tanti desideri e sentimenti.

Il desiderio di fare silenzio per co-glierne la grandezza.Il ringraziamento e la lode.La serena constatazione dei miei li-miti. La Gioia e l’entusiasmo.Sono tanti i doni ricevuti ed ognuno con un valore inestimabile e molto, molto più grande rispetto a tutte le ricchezze e possibili crisi di questo mondo che passa.Oggi mi soffermo sul dono della fra-ternità.

Fraternità composta da singoli ca-polavori pensati e voluti dal Signore ancora prima di essere nel grembo materno. Prodigi unici ma pensati insieme dal Signore all’interno di

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questa porzione di chiesa per condi-videre e sostenersi durante il cam-mino della vita.

Sono entusiasta di percorrere que-sto cammino insieme e nel salutarvi con un fraterno abbraccio vi tra-smetto una notizia che ho letto da un articolo di giornale e che mi ha colpito molto.

L’articolo parlava di una persona che si è sentita male in treno e dei suoi soccorritori che hanno provato a rianimarla per 40 minuti.Chissà quanti pensieri in questi 40 minuti.Chissà che tensione, che sforzo, sa-crificio in questi 40 minuti.Chissà quanto amore e quanto desi-derio in questi 40 minuti.Chissà la gioia nel vedere, dopo 40 minuti, il corpo che riprende vita.Chissà l’esultanza di fronte al mira-colo della vita che,ancora una volta, vince la morte.

Mi ha riportato alla memoria il bra-no del Vangelo dove Gesù dice a quel papà che aveva cercato aiuto per la figli ammalata, non preoccuparti se gli altri dicono che è morta, tu con-tinua solo ad avere fede. Di fronte ai doni del Signore chiedo quindi con la preghiera l’umiltà per accoglierli e la fede per viverli.

Spirito Santo Vieni nel mio cuore,Con la Tua potenza attrailo a Te,Donami carità con timore,Riscaldami ed infiammami con il Tuo dolcissimo amoreSi chè ogni pena mi paia leggera,Dolce mio Padre,Dolce mio Signore,ora aiutami con questa mia azione,Cristo Amore,Cristo Amore,Cristo Amore

EMILIANO GIGLIOTTI

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Oggi e non ieri. Oggi e non do-mani. Dopo 14 anni di cammi-no, 330 incon-tri di nucleo, 14 eremi e 13 corsi

di esercizi, una sessantina di adora-zioni e 40 domeniche di ritiro ver-rebbe la tentazioni di guardarsi in-dietro, per ringraziare Dio dei tanti doni ricevuti, delle parole giuste al momento giusto, dei beati che mi ha fatto incontrare e che mi hanno sor-retto fin qui, con la preghiera e con l’esempio.

Allo stesso tempo nasce la curio-sità di guardare avanti, di provare a intuire come sarà quando dovrò e dovremo farcela con le nostre gambe. Don Luigi ci ha illustrato il senso profondo della festa della dedicazione della chiesa cattedrale, invitandoci a respirare con il cuore della Chiesa al di là delle parole che

signore, mio Dio mentre recepisco la bellezza della tua costante presenza, sperimento la mia debole corrispondenza alla tua parola.

ho bisogno che tu mi possieda totalmente, perché io riesca a essere una cosa sola in te e diventi una profonda espressione della tua volontà.

il tuo amore è così grande da perdonare i miei peccati e innalzar-mi nella tua santità.

aiutami a realizzare il tuo progetto su di me,affinché la nostra unione sia completa e io sia in grado di rendere visibile il tuo misericordioso amore. amen.

“una cosa sola in te” per vivere appieno la vocazione

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ci aspettavamo di pronunciare, al-cune delle quali a noi molto care e ricche di emozioni. Mentre ci dice-va questo ripensavo a chi era al mio fianco dieci anni fa, con i primi voti, ed oggi non è qui – perché il Signore indica strade nuove e tempi nuovi.

Lì per lì questo pensiero rivolto con affetto a Ireos e a Mauro, mi ha in-tristito, ma alla luce delle parole di don Luigi è diventato fonte di acqua nuova: la grazia del presente sta dunque nel lasciar fare al Signore, nella luminosa oscurità sicura, per-ché questo Piccolo Gruppo sia come Lui vuole e ciascuno di noi possa mettersi al servizio della Chiesa e della Comunità.

La bellezza dell’oggi sta dunque nell’essere testimoni oculari del Dio dell’impossibile, capace di fare nuo-ve tutte le cose. Un Dio fedele che mi ha messo accanto un responsa-bile paziente e sapiente in ogni fase

del cammino: Gabriella, Antonio, Mauro.

Il Piccolo Gruppo ha consolidato la mia vocazione matrimoniale ispi-rando il tempo del fidanzamento e incoraggiandomi nel cammino di coppia e di famiglia. Il presente si fa presenza nella gioia di condivi-dere questo passaggio vocazionale con voi, fratelli e sorelle, con il dono sovrabbondante di aver accanto mia moglie e la mia famiglia, lampade per i miei passi, e gli amici che – con la presenza fisica e spirituale – mi confermano come lo Spirito conti-nua a soffiare e scaldare i cuori.

Lasciamo spazio all’oggi nella no-stra vita, alla certezza che l’amore di Dio si manifesta qui ed ora, alla gioia di assaporare la sua mano sul-la mia spalla. Al di là delle mie tan-te debolezze, della mia incostanza, della mia supponenza spirituale, c’è spazio solo per una parola sussurra-

ta ma non fragile, che desidero es-sere definitiva e che solo il Signore può rendere perpetua: Sì. Sì all’og-gi di Dio, sì ad un cuore spalancato all’eternità, sì alla presenza intima di gesti provvidenziali, sì alla coc-ciuta tensione verso il presente, sal-vezza e gioia dell’anima.

Sì ad una chiamata serena, la rispo-sta è perpetua. Sì ad una comunità viva, l’esperienza è vissuta. Sì ad una chiesa edificata da cammini di santità, sì all’impossibile fatto dall’amore, sì al cuore istruito di notte dal consiglio benedetto di Dio. Signore prendimi oggi come sono oggi e fammi oggi come tu mi vuoi, oggi.

GIOVANNI CATTANEO

preghiera “una cosa sola in te” per meglio corrispondere alla propria vocazione questa preghiera, composta da ireos in vista degli esercizi spirituali tenuti a Galloro nel dicembre 2003, è finalizzata ad una nuova conversione, di carattere non solo personale, ma collettivo. con un passaggio in avanti rispetto alla “preghiera per scoprire e accogliere la propria vocazione”, questa esprime invece la ricerca della coerenza tra vocazione abbracciata e vissuta. il cuore della preghiera è l’in ten zione di essere “una cosa sola in Dio”, che richiama la preghiera sacerdotale di Gesù e indica la “vita unitiva”: ossia, non solo “fare per Dio” o “con Dio”, ma “essere in Dio”; e non solo fare la sua volontà, ma esserne espressione. se siamo “in Dio”, sarà lui ad usarci al meglio e con più spontaneità ed efficacia.

la preghiera “una cosa sola in te” è tratta dal volume con animo sereno (libro del piccolo Gruppo di cristo). le preghiere e le icone spirituali raccolte in questo libro non prescrivono formule per pregare, ma esprimono e descrivono la forma di una ordinaria vita intessuta di preghiera nelle realtà quotidiane.

Alba e panorama dall’Eremo San Salavotre di Erba

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IL DIO DELL’IMPOSSIBILE26

La settimana di comunità è sicu-ramente uno de-gli appuntamen-ti annuali più attesi ed intensi per il Piccolo

Gruppo di Cristo. Infatti mi aveva molto colpito, quando sono entra-to a far parte dell’aspirantato due anni fa, come tutti parlassero entu-siasti delle esperienze che avevano vissuto durante la “settimana”. Già solamente dai racconti che ascolta-vo al riguardo, me ne ero fatta una bellissima idea, ma (come ogni vol-ta in cui si “sale sul monte” per ri-flettere e sentire con più intensità la voce di Dio) devo ammettere che ciò che l’anno successivo ho trovato alla mia prima “settimana” è andato molto al di là delle mie aspettative. Ero arrivato a settimana già avvia-ta, conoscevo già solo le persone di Roma e per me era il primo approc-cio con l’intera Comunità. Per que-sti motivi, mi ero reso conto di aver partecipato a qualcosa che mi aveva dato tantissimo, ma di cui non ero riuscito a comprendere totalmen-te il senso. Quest’anno, invece, alla mia seconda esperienza di settima-na di comunità, ho iniziato a capir-ne veramente lo spirito.

Sin da subito ho percepito un gran-de senso di accoglienza e di amicizia tra di noi, sia con le persone che co-noscevo, sia con quelle nuove che mi presentavano. Questo però non de-

riva da una semplice capacità uma-na che spinge i membri del Gruppo ad essere tutti buoni e simpatici, ma dall’aver compreso che ciò che vera-mente ci unisce è la voglia di voler seguire Gesù e di avere del bel tem-po da spendere con Lui. La spiritua-lità è la parte più intima per me, e sapere di trovarmi con persone con cui posso condividerla mi fa sentire a casa, anche se queste persone le conosco poco o da poco tempo. In questo clima, mi ha fatto piacere co-gliere anche le condivisioni di Mo-nica e Francesco, i due nuovi amici di Gozo venuti per la prima volta in Gruppo proprio alla Settimana, che pur essendoci conosciuti solo in quell’occasione riconoscevano un grande senso di comunione.

Oltre a questa familiarità, sono stati per me di grande conforto gli incon-tri che abbiamo fatto noi aspiran-ti. Spesso alcuni amici più grandi mi raccontano delle settimane di

Settimana di comunitàUn’esperienza autentica

qualche anno fa, in cui gli aspiran-ti erano più numerosi. Io devo dire che effettivamente non siamo mol-ti, ma in quei giorni, secondo me, c’era molto di Gesù con noi (“pochi ma boni”, diremmo a Roma). Ognu-no di noi ha cercato di tirare fuori il meglio di sé, nonostante avessimo interessi, attività ed età diverse. In tutte le condivisioni mi è sembrato di vedere persone realmente in ri-cerca e ciò mi ha aiutato molto nel mio cammino personale. Oltre a questo, per me è stato veramente un grande tesoro avere avuto l’oppor-tunità di confrontarmi con le per-sone della comunità che sono più avanti nel cammino, come gli sposi o i celibi. Per un ragazzo come me è importante avere davanti testimo-ni concreti che sappiano mostrare cosa significa essere consacrati, vi-vere totalmente uniti a Dio.

Questa opportunità mi si palesava nei momenti di “relax” in cui ci si poteva conoscere e confrontare, ma soprattutto si verificava la mattina, quando andavo in cappella, magari anche un po’ prima dell’orario pre-visto e trovavo alcuni che stavano lì a pregare già da un po’. Nella mia esperienza ai campi con la parroc-chia non mi è mai capitato di vede-re qualcuno che andasse a pregare oltre i momenti di preghiera comu-nitaria. Al contrario, nel Gruppo questa mi sembra una regola. Ed è molto bello vedere come ognuno vo-glia stare col Signore sempre.

riflessioni di un giovane aspirante

a villAbASSA

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27IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

Impossibile infine trascurare gli spassosissimi momenti di gioco e divertimento insieme! Non solo la sera, ma anche dopo pranzo o a vol-te durante le passeggiate. Se si ride o si scherza tanto insieme è evidente che c’è sintonia, che c’è complicità e che c’è voglia di stare insieme. Ogni persona del Gruppo anche in questo, a mio parere, ha dato un contributo speciale, dai più piccoli ai più gran-di; nei momenti in cui ci si ritrovava tutti insieme non si sentiva tanto la differenza d’età, di esperienza o di abitudini, ma si stava in unità con gioia.

La settimana comunitaria è stata veramente un grande regalo che il Signore mi ha fatto e mi ha aiutato anche a fare un buon discernimen-to, a stare vicino a Lui, e penso che lo sia stato per tutta la comuni-tà, anche per chi non c’era. È stata per me una gioia sentire Giancarlo dire: “Abbiamo realizzato un sogno, guardate quante famiglie, quanti bambini ci sono!”. Sicuramente la realizzazione di questo primo sogno è la gioia di tutta la Comunità, ma io credo che la settimana di quest’an-no sia stata sì un punto d’arrivo, ma anche un punto di partenza. Alla fine abbiamo ricevuto i complimenti delle persone che gestivano la casa e questo mi ha colpito molto, perché costituisce per noi un impegno.

Quest’estate alla settimana ho per-cepito che tesoro è il Gruppo, ma anche come ci si debba impegnare affinché questo tesoro resti bello com’è, o meglio, come Dio lo vuole.

Il senso grande di unione con Dio e comunione tra di noi che ho speri-mentato e che mi è rimasto da que-sta settimana, credo che sia la vera essenza del Piccolo Gruppo di Cri-sto. Sono due cose semplici, naturali potremmo dire, ma che rendono la vita unica e bellissima.

ANDREA FAZIO(Nella foto a pag.26)

In queste foto alcuni momenti di vita comune durante la settimana di comunità a Villabassa.

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Carissimi,Vi ricordo con affetto e immensa gioia. Custodisco nel cuore la bella presenza di cui mi avete fatto dono e mi accompagna nel quotidiano che, come tutti, è ricco di tanti impegni.

Oggi, pensando a Voi come comunità, emerge dal mio cuore una frase che, come ogni giorno, cerco di meditare e di vivere:” Essere attenti alle necessità di ognuno”. Ascoltare con interesse, partecipare come vorremmo che gli altri assumessero le nostre gioie ed i nostri affanni. Vivere questi attimi con solennità ricordando: “ L’hai fatto a me !”.

Ricordiamoci a vicenda di essere sempre e ovunque la “ perla preziosa” per tutti.Ho sempre pensato che la famiglia è come la “vigna”, terreno per coltivare i doni dello Spirito Santo, in particola-re: l’amore, la fede e la carità. I nostri figli sono come il “tesoro nascosto” dove germoglieranno i frutti del nostro seminare. I nostri ragazzi sono per il mondo ed altri raccoglieranno quanto noi, come genitori, abbiamo donato gratuitamente con amore e pazienza.

Preghiamo uniti per la vocazione che il Signore ha messo nei nostri cuori: la famiglia.Vi auguro un cammino di Avvento ricco di gioie sante e pure.

Uniti con Gesù Eucarestia doniamo Amore e Carità per accendere nel mondo una immensa luce di Pace.

Buona giornata.Giovanna (coordinatrice per l’accoglienza della Casa Alpina Scalabrini a Villabassa)

Da villabassa,

un pensiero molto gradito

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It-tALBA tAL-MIXJA

Mulej, dawwalni u mexxini fil-fidi, fit-tama u fl-imħabba.

It-triq li int imxejt, jiena għażilt.Dak li ħabbejt inti, inħobb jien ukoll.

Inti Dawl: dawwal id-dlamijiet tiegħi.Inti Qawwa: saħħaħ id-dgħufija tiegħi.

Għajnejja huma għajnejk,idejja huma jdejk,spallejja huma spallejk.

Qalbi hija l-qalb tiegħek, biex hekk ħuti,permezz tal-preżenza umli u fidila tiegħi,jaslu jiltaqgħu miegħek u, fil-fidi, jarawk u jħobbuk.

Mulej, ħudni kif jien u agħmel minni dak li trid.

Signore, illuminami e guidami nella fede,

nella speranza e nella carità.

La strada che tu hai percorso sia da me seguita. Tutto ciò che tu ami sia da me amato.

Tu, Luce, illumina le mie tenebre. Tu, Forza, sorreggi la mia debolezza.

I miei occhi siano i tuoi occhi,le mie mani siano le tue mani,

le mie spalle siano le tue.

Il mio cuore sia il tuo cuore,affinché i fratelli,

tramite la mia umilee fedele presenza,

possano incontrare te e,nella fede, vederti e amarti.

Signore, prendimi come sono e fammi come tu mi vuoi.

(La preghiera fu composta da Ireos nel 1977)

LA PrEGHIErA DEL CAMMINOin lingua maltese

In questa foto: (partendo da sinistra) un lato di Manresa (Ist.to dei Gesuiti dove alcuni del Piccolo Gruppo di Cristo hanno soggiornato in occasione dell’incontro con il Vescovo di Gozo Mario Grech) e la seconda parte dell’edificio è l’Ist.to delle Clarisse.sa.

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IL DIO DELL’IMPOSSIBILE30

Proponiamo un’intervista appar-sa su Avvenire nei giorni successivi alla morte del caro Cardinale Carlo Maria Martini.

Si incontrarono per la prima volta 51 anni fa. E ne rimase folgorato: «Io ero uno studente di filosofia, lui era fresco sacerdote. Non avevo mai sentito nessuno “maneggiare” la Bib-bia come lui». Era il 1961, allora la Bibbia era in gran parte una sorta di “oggetto sconosciuto”. «Ne fui entu-siasta. Ed era appena l’inizio...».

Da allora, padre Silvano Fausti e pa-dre Carlo Maria Martini si incontra-rono tantissime volte. Padre Silvano – filosofo e teologo, anche se tutti vi

“Un uomo di Dio

diranno che è un biblista – avreb-be un giorno fondato, con altri con-fratelli gesuiti e alcune famiglie, la Comunità di Villapizzone, alle porte di Milano. Padre Carlo Maria sareb-be diventato arcivescovo di Milano. L’ultimo incontro venerdì: l’amico di una vita padre Silvano era lì, al capezzale di padre Carlo Maria. Uno dei pochi a vederlo volare in cielo.

Lei è stato prima discepolo e poi anche amico di Martini. L’entu-siasmo della prima ora è rima-sto sempre tale?Sì. Teologo e biblista raffinato... Ma io ricordo la persona di fede, capace di provare meraviglia del mondo. Le persone soltanto pie e devote difficil-

mente prendono in considerazione l’ipotesi che Dio sia presente e operi nella storia. L’uomo di fede, e Marti-ni lo era, ha l’occhio di chi sa vedere l’azione di Dio nel mondo.

Occorrono occhi speciali...Occorre capacità di discernimento. Occorre abbandonare ogni tentazio-ne di presupposto interpretativo.

Ovvero, in termini banali, ogni pregiudizio?Discernere. Con fede, con acume. Se sei legato a presupposti interpretati-vi, non ci riuscirai mai. Martini inve-ce si dimostrava sempre “all’altezza del gioco”. Da quando cominciammo noi a studiare, la cultura è cambiata radicalmente. Ma lui si dimostrava sempre capace di discernimento.Provi a chiudere gli occhi e a pensare al suo amico di una vita. Come lo vede?Lo vedo a testa alta con lo sguardo aperto all’orizzonte. Sereno. E in montagna.

Era uno scalatore...Sì, eccome. Da giovane affrontava scalate anche molto impegnative. Ancora da arcivescovo, si avventu-rava su montagne dure, con guide esperte. Nel gruppo del Rosa, nella Bergamasca, nel Lecchese. Negli ul-timi anni era capace di arrivare fino in cima al Generoso, in Svizzera.

Lei dunque lo vede con lo sguardo fisso all’orizzonte: un

che sapeva vedere oltre”il ricordo di Carlo maria martini nelle parole di Padre Silvano Fausti

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31IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

orizzonte reale ma anche meta-forico?Lo sguardo della sua fede, e del suo intelletto, era sempre un poco “ol-tre”. Era uno sguardo aperto. Un esempio? Può accadere di gettare lo sguardo su chi appare come un men-dicante, per scoprire che in realtà è un principe... Chi era guardato da Martini si sentiva “figlio di Dio”, fos-se stato anche un delinquente: per-ché come guardi le persone, così le fai diventare. Martini non era uomo da schemi né da giudizi né da eti-chette. Era aperto all’ascolto, per in-tuire la presenza di Dio ovunque e in chiunque. E questo era pure il segre-to degli incontri con chi era lontano dalla fede.

Anche con chi apparteneva a una fede diversa?C’è un piccolo “segreto” che non so se sia garbato rivelare...

Se è un bel “segreto”, che fa del bene e non del male, perché no?La notte di giovedì scorso c’era una persona, all’esterno dell’istituto dove padre Carlo Maria si stava spegnen-do. La notte intera. Ferma sotto un lampione, rivolta verso la finestra. Recitava i salmi. Era stata mandata dal rabbino Laras. Non aveva suona-to o bussato. Con discrezione, era ri-masta fuori, in preghiera per l’amico morente.

Di Martini è stato detto tutto, forse. C’è qualcosa che non è stato ricordato abbastanza?La sua umiltà. Davanti a chiunque. Ascoltava tutti e si interessava di tut-ti. Era il maestro che si rende costan-temente discepolo.

Qual è, per lei, l’eredità spiri-tuale di Martini?La speranza, al di là e al di sopra di ogni possibile apparenza.

le parole del cardinale al piccolo gruppo di cristo

il vostro contributo specifico alla vita cristiana nella chiesa localeconsiste proprio nell’impegno, che nasce dal vangelo,

di essere cristiani nelle scelte anche piccole.

certo, dobbiamo essere cristiani di fronte anche a scelte maggiori,sociali ed etiche, però non ci arriveremo mai

se non lo siamo anche nelle scelte minori e quotidiane.

e ciò esige perseveranza, impegno, umiltà,concretezza, spirito di sacrificio, sensibilità:

atteggiamenti che vorrebbero essere tipici del vostro Gruppo.Occorre calare il Vangelo nella vita di ogni giorno

a partire da un radicamento contemplativo di preghiera con Gesù,che diventa eucaristica, meditata, rivolta agli altri, ed è espressa

nelle virtù evangeliche quotidiane.

Mi pare sia davvero una grande novità: bisogna che la gente ritroviil tessuto evangelico della vita cristiana e bisogna che voi ne siate

come i seminatori, anche nascosti, che siate come coloro che si spandonocome lievito nella pasta, come il sale, senza pretese

e senza volersi distinguere in maniera particolare, senza avere privilegi.

così dovete essere e il signore che vede nel nascondimentovi ricompenserà: quando sei nel mondo o sei nella preghiera,

nasconditi nella massa perché il padre che è nei cieliveda la sincerità del tuo cuore.

nella chiesa ci sono tante difficoltàperché ci sono tanti protagonismi,

ci sono le invidie.

è necessario abbracciare il non-protagonismo del vangelo,il desiderio di nascondersi nel tessuto quotidiano della chiesa locale,

della parrocchia, collaborando con semplicità e dedizione,soprattutto nutrendosi di profonda preghiera,

di spirito di oblazione, di retta intenzione.

aiutate la gente a capire che il regno di Dio è qui,non in una società che ci sarà domani, è qui adesso, e ognuno deve cercarlo

nella salute, nella malattia, nelle difficoltà del proprio impegno,nella famiglia, nelle piccole responsabilità quotidiane,

anche nell’anonimato della grande città,nei mezzi pubblici insieme con tutta la gente.

l’importante è portare ovunque la fiaccola del vangelo di Gesù.io mi attendo molto da voi, affinché diveniate nella grande città

diffusori delle virtù evangeliche semplici.allora la società non andrà totalmente in declino,

l’impegno sociale riprenderà.

carlo Maria Martini (1927-2012), della compagnia di Gesù (Gesuiti), è stato arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002, e cardinale dal 1983. è stato lui a riconoscere canonicamente il Gruppo nel 1984 e a dotarlo della casa centrale a Desio. ha rivolto al Gruppo tre discorsi: nel 1983 e nel 1986, in visita alla sua sede; e nel 1994, ricevendo la comunità in arcivescovado: una sezione di tale discorso costituisce un importante riferimento ecclesiale per la vocazione e la missione del Gruppo. inoltre, ha tenuto, nella casa dei Gesuiti a Galloro (vicino ariccia) una meditazione agli aspiranti del Gruppo il 3 novembre 2002 e un ritiro alla comunità romana il 23 febbraio 2003.

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IL DIO DELL’IMPOSSIBILE32

invito alla MISSIONEXI° CONGRESSO,

Dal 25 al 28 aprile 2013

Sorelle e fratelli carissimi, cele-brate le feste de-gli Eremi di Tre-viso, di Roma e delle tre Comu-nità lombarde e

per la prima volta di Gozo (Malta), ci siamo incamminati con passo de-ciso e forte verso il nostro Undi-cesimo Congresso Ordinario convocato dal 25 al 28 aprile del 2013.

A livello personale e comunitario ci siamo preparati riflettendo sui “Li-neamenta”, ora l’ulteriore passaggio che insieme dobbiamo compiere è quello di predisporre “l’Instrumen-tum Laboris” che dovremo appro-

vare nella Sessione Congressuale Preliminare già fissata nel mese di gennaio del prossimo anno 2013. Dovremo continuare la nostra ri-flessione in stretto contatto con il Gruppo di Lavoro presieduto da Enzo Mapelli affinché i cinque stru-menti di lavoro diventino uno solo da sottoporre al vaglio ed alla ap-provazione del Consiglio Generale. Nel mese di marzo, durante la se-conda ed ultima Sessione Congres-suale Preliminare, dovremo elegge-re i delegati che parteciperanno al Congresso e prendere visione dell’ Instrumentum Laboris che portere-mo alla discussione e alla approva-zione del Congresso stesso.

Lasciamoci illuminare dallo Spirito Santo perché abbiamo ad eleggere un nuovo Responsabile Generale e dei nuovi Consiglieri Generali se-condo il cuore di Dio.

Lasciamoci illuminare dallo Spirito Santo per individuare su quali per-corsi incamminarci per compiere la volontà santificante di Dio nei prossimi cinque anni.

Il cammino che ci resta da compie-re abbia come bastone la preghiera e come bisaccia la perdita di sè. Sia il cammino dei discepoli di Gesù. Ricordiamoci che anche noi siamo chiamati ad abbandonare tutto per andare dietro a Colui da cui spe-riamo tutto. Apprestiamoci a fare nel dopo Congresso “quel poco che

dipende da noi” come diceva Santa Teresa d’Avila quando ha preso co-scienza della gravità della situazione in cui la Chiesa e il mondo si trova-vano e della missione che il Signo-re le stava affidando. Anche a noi il Signore ha affidato una missione: salvarci per aiutare gli altri a sal-varsi. So che può sembrare davvero molto poco, ma è proprio il poco e il piccolo, per non dire il nulla, ciò da cui Dio crea il tutto. Questo è il Dio dell’impossibile che abbiamo medi-tato in questo tempo di preparazio-ne alla nostra assise Congressuale. E di questo noi abbiamo il dovere di essere testimoni, diventando perso-na preghiera, ovvero donne e uomi-ni con la mente, il cuore e l’anima completamente unità al nostro Dio che è stupenda relazione trinitaria. La passione per Cristo e per il pic-colo gruppo di Cristo sia la passione per questa umanità inquieta per la quale il Figlio di Dio ancora muore.Non possiamo rifugiarci nostalgi-camente nel passato, ne possiamo assumere acriticamente tutto ciò che proviene dalla cultura attuale, perché non tutto è compatibile con la nostra Consacrazione. Certo è che dobbiamo aprirci al futuro di Dio con speranza attraverso una rivi-sitazione della nostra identità, così che, senza rinunciare a ciò che non è negoziabile, possiamo riprendere con creatività alla realtà mutevole in cui viviamo.

GIANCARLO(Nella foto in alto)

lasciamoci illuminare dallo Spirito Santo

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Quante volte ho letto que-sto passo. Solo ora, avanti negli anni, mi sembra di averlo capito un po’ di più. È

proprio vero che il Signore si mette al passo con noi e si rivela gradual-mente. In questo brano del Vangelo, i bimbi sono presentati a Gesù per-ché “Li toccasse” v’immaginate... ? Chi sgomita, chi strilla, chi vuol pre-valere, chi piange perché è rimasto indietro... Come avremmo fatto an-che noi, i discepoli, li rimproverano: troppo chiasso, troppo disordine, troppa confusione, troppo baccano, di fronte a Gesù. Quasi con sorpresa davanti a questo modi di fare verso i bambini, Gesù è “indignato”.

Come sempre noi adulti non capia-mo molto del mondo infantile. È vero è difficile educare ma, baste-rebbe adottare la pedagogia del Si-gnore verso di noi. Lui è paziente, sa ascoltare ed attendere, ci lascia liberi nelle nostre scelte.

I bambini sono semplici, spontanei, chiassosi, imprevedibili, di solito sinceri e per la loro innocenza sono attratti da Gesù, dal buono, dal bello e cosa più istintivo correre da Lui.

Mi sono chiesta e io? Quante cose bloccano la mia corsa verso di Lui che pure e misteriosamente mi at-trae ed affascina.

Se non diventerete

Cosa frena il mio correre spontàneo verso di Lui? Il mio peccato, l’averlo deluso nelle sue aspettative, insom-ma siccome non sono brava chissà se mi accoglie.

Leggendo però la Parola scopro che Lui è venuto sulla terra proprio perquesto, ho dovuto vivere tanti anni per capire che non è la mia fragilità edebolezza che potrebbe frenare la mia corsa verso di Lui, anzi è pro-prio per questo che gli devo stare più vicino, come fanno i bambini che

quando sbagliano vanno piangendo in fretta dalla mamma o dal papà af-finché rimedino i loro errori.Quei bimbi portati a Gesù, forse fino a poco prima avevano litigato, pic-chiato qualche amico, disubbidito, detto bugie... ma nulla ha impedito loro di andare a Gesù senza paura. Sentivano innato il bisogno di stare con Lui. Anch’io Signore, ho bisogno di stare con Te, nella preghiera ado-rante, in quella diffusa durante la giornata; anch’io ho bisogno di stare sotto la Tua azione benefica che cura e guarisce le ferite delle conseguen-ze del peccato originale.

Anche nell’esame di coscienza sera-le, noto sempre che potevo fare di più e meglio, il dubbio può assali-re: “possibile che mi perdona sem-pre?”. “Si! lo sono Dio e non uomo” mi risponde e, come ha fatto a quei bambini, mi prende fra le sue pater-ne e materne braccia, mi benedice m’impone le mani, mi avvicina alla sua guancia, mi stringe al suo cuore, quasi mi culla e mi calma dicendo-mi: “Non aver paura, Io ti conosco fino in fondo, stai con Me e sarai forte, lo ho dato la vita per te, ab-bandonati e non temere”.

Ecco perché si sta bene con il Signo-re: in quale creatura umana trovo questa potenza di parole? Ti lodo e ti ringrazio Gesù, cercherò di vivere da figlia di Dio.

GIANNA URBANI(nella foto in alto)

come bambinila relazione tra l’uomo e Dio nelle parole di una sorella della comunità

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IL RICORDO DI MARIOLINAil 31 agosto ci ha lasciato Mariolina; non tutti della Comunità l’hanno conosciuta ma quelli che sono nel Piccolo Gruppo di Cristo da tanti anni la ricordano come una persona speciale. è stata una delle pri-me donne ad entrare nel Piccolo Gruppo di Cristo (un tempo solo maschile) e, anche se da diversi anni aveva scelto di proseguire il suo cammino verso la santità in un modo differente da quello proposto dalla Comunità, il suo affetto ed interessamento verso il Gruppo non è mai venuto meno.è stata per tutti esempio di gioia di vivere, amore per la famiglia e comprensione verso tutti.la ricordiamo con le parole che roberto e i suoi figli hanno pronunciato durante la cerimonia funebre.

Ti ringrazio tanto, o Signore per la mia Mariolina, per questa persona unica, d’oro, cordiale ed esigente, calda, con due occhioni sorridenti, per questa tua figlia che mi hai dona-to perché condividessimo 7+37 anni sempre insieme, e ne avremmo desi-derati tanti altri!Anni che con lei sono stati tutti splendidi, nonostante i nostri limiti, le difficoltà della vita, le apprensioni e infine la malattia che Mariolina ha avuto il coraggio di offrirti ogni gior-no per Simone, per Maria Laura, per Francesco, per Nao per le loro fami-glie e per i nostri futuri nipotini di cui si sentiva già nonna premurosa, e per me.Tesoro mio, ringraziamo ancora il Signore perché insieme, poco alla volta, ci ha fatto scoprire che prima c’eravamo noi due e la nostra rela-zione da costruire ogni giorno, poi i nostri figli, poi le nostre famiglie di origine e gli amici, quindi i nostri la-vori e gli impegni per gli altri.Dal Cielo che ti sei meritata il Signo-re ti ascolti quando pregherai per noi tutti, e ci sentiremo ancora uniti mentre noi ti ricorderemo a Lui.

ROBERTO

Cara Mamma, ci hai sommerso di cose belle. Da quelle materiali di cui hai riempito premurosamente e gio-iosamente il nido della tua famiglia, alla più bella, il tuo sorriso che hai donato a tutti noi attorno a te senza sosta, con generosità, fino agli ultimi giorni quando con uno sguardo riu-scivi a dirci di non aver paura.Ci hai dato amore e comprensione, e sei stata capace di farci sentire il tuo appoggio in tutte le nostre scelte, senza mai farci mancare una parola di consiglio. Sei stata capace di ascol-tare e capirci così profondamente da farci dimenticare delle differenze lin-guistiche.Grazie per aver accolto Lalla e Nao dal primo momento come figlie, e per averci dato con papà un mera-viglioso esempio di famiglia al quale ispirarci.O Signore, ti preghiamo perchè su-perando il senso di perdita che pro-viamo oggi possiamo rinnovare la speranza di ritrovarci tutti un giorno riuniti nel Tuo amore.

FRANCI E NAO

Mamma dolcissima, è impossibile esprimere in questo momento e in poche parole tutto ciò che vorremmo ancora dirti. Ci siamo detti tanto in questi anni, settimane e giorni, sia a parole che con gesti sempre nuovi di affetto, anche quando le parole erano impossibili. Ci siamo avvolti in una nuvola di amore nella quale abbiamo attraversato l’inaccettabile tenendoci per mano. Tu e papà ci avete inse-gnato come si cresce, come si vive, come si è famiglia nella comunità. Poi, quando è venuto il momento, ci avete anche insegnato come ci si ammala, come si soffre tenendosi per mano, e infine come ci si sepa-ra restando uniti. Vedendo il vostro esempio, anche questo fa meno pau-ra. Francesco, Nao, Lalla ed io ab-biamo ancora bisogno di imparare, mamma. Sappiamo che continuerai ad accompagnarci giorno per giorno col tuo sorriso. Sappiamo che lo farai perché sei la nostra mamma, e non c’è nemmeno bisogno di chiedertelo. Adesso ti diciamo grazie, e rendiamo grazie al Signore per te, per quello che sei stata e per quello che sempre sei.

SIMO E LALLA

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ESPErIENzE DI VItA, LA rIVIStA è ON LINE

Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di Cristo hanno la possibilità di accedere

al sito internet www.piccologruppo.it e poter leggere la rivista “Espe-

rienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le

mani la stessa rivista in formato cartaceo.

Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente oc-

corre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine

della rivista.

Considerato che ogni copia cartacea della rivista ha un certo costo, sarebbe

opportuno da un lato invogliare gli appartenenti al P.G.C. a leggere la rivista

su internet. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può di-

ventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un

interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende

avvicinare al “Gruppo”.

NEWSLEttEr E FLASH SPIrItUALI

Per tutti c’è la possibilità di iscriversi al sito internet www.piccologrup-po.it e ricevere aggiornamenti sulle proposte e il cammino della comunità e

brevi pensieri per meditare. Per qualsiasi necessità o suggerimento scrivete

a [email protected]

La redazione di EDV

IL DIO DELL’IMPOSSIBILE

Prossimi appuntamenti da ricordare:

• 1 gennaio 2013: 46° Giornata Mondiale della Pace dal tema “Beati gli operatori

di pace”

• 25 - 28 aprile 2013: XI° Congresso della comunità

Tutti i contenuti sono di proprietà del Piccolo Gruppo di Cristo - copyright 2012 © - È espressamente vietata la riproduzione

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Auguri di un Santo Natale da parte del responsabile generale del Piccolo Gruppo di Cristo, Giancarlo Bassanini

www.piccologruppo.it

lasciaMoci ancora sorprenDere Dal Mistero Del santo natale, perchè attraverso l’incarnazione Di Gesù,ci viene raccontatala sorprenDente storia Dell’aMore tra Dioe noi sue creature.

SANTO NATALE 2012ANNO NUOVO 2013