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2.50 8. Jahrgang Ausgabe 2/2010 Frühling INTER Venti DEUTSCH-ITALIENISCHE SZENE IN BAYERN Alla ricerca della Terra Promessa Seite 27 La Germania che non ti aspetti Seite 4

INTERVenti · Baviera e dintorni si presentano in ... „Sì, viaggiare“, sang damals die italienische Pop-Ikone Lucio Battisti

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2.50

8. Jahrgang Ausgabe 2/2010 Frühling

INTERVent iDEUTSCH-ITALIENISCHE SZENE IN BAY ERN

Alla ricerca della Terra Promessa

Seite 27

La Germania che non ti aspettiSeite 4

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr

INTERVent i

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3Ausgabe 2/2010 Frühjahr SOMMARIO

DALL’ESTERO

La Germania che non ti aspettiS. 4

Homo homini lupus ... anche in campagna LS. 9

DALL’ITALIA

La Sartiglia di Oristano S. 12

Girotonno, il tonno di corsa S. 15

Una gita sul Po S. 16

Lettres italiennes. OdonomasticaS. 18

Saisonstart bei der Formel 1S. 19

CULTURA

Un mondo di paroleS. 20

Aldegondadi Baviera e Francesco V d’EsteS. 22

20 Jahre ItalLIBRI in München S. 24

DOSSIER

Alla ricerca della Terra Promessa

S. 27

DIG

10 Jahre DIGS. 35

ONLINE

YoutubeS. 36

SALUTE

A favore della vitaS. 37

ALMANACCO

Addio all’Erasmus S. 38

Al cinemaS. 39

Lista dei gruppi letterari italiani di Monaco di Baviera

S. 41

GASTRONOMIA

Quinto quarto – das fünfte ViertelS. 42

Baviera chiama ItaliaS. 43

SEGNALAZIONI

Luigi Fedeli, fotografo dell’anno 2010

S. 44

Programma di Cinema Italiano a Starnberg

S. 47

Programma dell’Istituto di Cultura di Monaco di Baviera

S. 48

AppuntamentiS. 49

Copertina: Il campanile sud della Chiesa dei Teatini a Monaco di Baviera

La redazione di INTERVenti invita i suoi lettori alla manifestazione culturale

INTERVenti d’arte Italiana@Monaco„Italienische Künstler in München stellen sich vor“

Monaco di Baviera, Hermann-Schmid-Strasse 8

orario ore 12 fino ore 20

Gli artisti italiani di Monaco di Baviera e dintorni si presentano in una grande manifestazione in comune presso l’Istituto di Cultura: collettiva, musica, letteratura, teatro and more.

Organizzazione: la redazione del trimestrale INTERVenti in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera

www.interventi.net

E-Mail: [email protected]

Sabato 24 Luglio 2010 Ore 12.00 – 20.00

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La Germania che non ti aspetti

Un cuore tedesco in un corpo brasiliano

Daniele Verri

Parlando di Brasile, i primi pensieri che vengono alla mente sono il sole, il carnevale, la samba, la bianche spiag-ge del nord, la pelle scura e lucente delle donne carioca dal corpo sinuoso ed invitante e dai sorrisi irresistibili, un drib-bling festoso come solo i grandi campioni della Selecao sono in grado di fare. Pac, finta a destra e giocatore a sini-stra, avversario beffato ed io, come un bambino di fronte alla televisione, estasiato dall’eleganza del gesto tecnico e che per poco non cado dalla sedia, ingannato da un movi-mento che nonostante le innumerevoli ore passate col pallone sui più brutti campetti di Germania ed Italia mai riuscirò a ripetere...

Beh, certo il Brasile è anche questo. Ma non solo. Con

gigante sudamericano è il quinto paese al mondo per dimensioni. Sottopopolato, se vogliamo, almeno secondo gli standard europei, ma pur sempre un mezzo continente.

ti di San Paolo e di Rio de Janeiro, dove viene prodotto oltre

santi di una nuova potenza economica già da alcuni anni, assieme a Cina e India, ospite fissa al tavolo dei potenti della Terra. Ma il Brasile è di più, molto di più di tutto questo. È un’impresa, penso, impossibile da descrivere in un

tempo accettabile; tutti i volti di un Paese che colpisce ogni visitatore col calore della sua gente e del suo sole così deciso, con l’infinità di tonalità di colore dei suoi paesaggi, con la bontà della sua cucina semplice, con la sensualità della sua dolce lingua musicale, con l’allegria che trasuda da tutti gli aspetti della vita quotidiana, anche in modo così drammatico da quelli tragici di morte e povertà. E quindi non ci proveremo nemmeno, nella speranza che queste poche righe introduttive abbiano svegliato in voi la voglia di andarci. Rileggete attentamente l’ultima frase e poi andateci. Non ve ne pentirete, qualunque sia la desti-nazione prescelta e qualsiasi il vostro obiettivo. Anzi, lasciate a casa gli obiettivi e andateci e basta: li troverete strada facendo.

C’era una volta, nel bel mezzo del Sud del Brasile, in uno Stato chiamato Santa Caterina, un paese incantato dal nome di Sao Joao do Oeste. In questo paese, nonostante la Germania si trovasse a 16.000 km di distanza, i bambini erano biondissimi, la gente parlava uno strano tedesco e tutti erano amici di tutti… Davvero è necessario utilizzare la tipica formula introduttiva della fiaba per presentare un luogo incantato come Sao Joao, minuscolo punticino in quell’ultima protuberanza di terra incastonata tra Argenti-na, Paraguay e Uruguay che comprende tre dei ventisei Stati che compongono il Brasile: Il Paranà, il Rio Grande do Sul e Santa Caterina. Il nostro viaggio ci porta proprio in quest’ultimo, 700 km ad ovest della capitale Florianopolis, famosa per le sue spiagge bianche, altrettanto belle ma

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Sao Joao, Brasile. Qui gli emigrati tedeschi hanno trovato la loro nuova patria.

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meno conosciute di quelle di Bahia o Maceió nel nord e quindi meta di un turismo prevalentemente nazionale; all’interno del Paese, a meno di 100 km dalla frontiera con l’Argentina, nel cuore di una regione che a partire dalla prima metà dell’Ottocento viene colonizzata da famiglie di contadini giunte dall’Europa alla ricerca di fortuna e di terra da lavorare. Incredibile la loro storia: ottenuta la concessione per un terreno, in barca risalgono il Rio Uru-guay, uno di quegli enormi fiumi sudamericani che qui segna il confine con il Rio Grande do Sul e con l’Argentina prima di sfociare nell’omonimo Paese, attraccano al posto prestabilito e cominciano a disboscare e ad impiantare coltivi e fattorie. Con che fatica ve lo lascio immaginare: il clima è subtropicale, la vegetazione lussureggiante, la colonizzazione agli albori. Una vera epopea a cavallo tra due continenti. Le famiglie vengono dal Baden-Württem-berg, dalla Baviera, alcune anche dall’Austria. Il clima favorevole all’agricoltura, i terreni fertili e la mancanza di prospettive in patria li convincono a rimanere. Dopo tanti anni, a causa della fondamentale mancanza di contatti e di mescolanza con altre razze, elemento tipico di altre regio-ni del Brasile (qui i neri tratti dall’Africa non sono mai arrivati) la comunità originale è rimasta intatta: sembra di stare in un qualche paesino delle alpi bavaresi.

È incredibile, uno schiaffo a tutte le nostre nozioni e fantasie di Brasile: dove sono finite le natiche rotonde e dorate incastonate in tanga miniinvasivi ammirate e desi-derate in tante dirette televisive del Carnevale di Rio sulla defunta Telemontecarlo?

La popolazione parla ancora tedesco. Non è di certo quello di Goethe e nemmeno quello di Günther Grass: si tratta del vecchio dialetto parlato al momento di emigrare, nel corso del tempo imbastarditosi con numerose parole in portoghese, che è e rimane l’unica lingua ufficiale. Al posto di schön si dirà scheeeen con la “e” lunga e aperta, al posto di arbeiten si dirà schaffen, al posto di fünf si dirà feeeenfproprio come con scheeeen, ma fattoci l’orecchio ci si intende perfettamente. Il tedesco scritto sarebbe chiedere troppo, nonostante il grosso arco all’inizio della discesa che dalla strada principale tra San Miguel e Itapiranga porta giù a Sao Joao ci ricordi che ci troviamo di fronte al Muni-cipio mais alfabetizado do Brasil, il comune più alfabetiz-zato del Brasile. Ma alfabetizzato in portoghese appunto, e non in tedesco.

San Joao e la sua regione hanno qualcosa di magico perché racchiudono in sé gli aspetti migliori sia della Ger-mania che del Brasile: la voglia di lavorare, la sicurezza e l’affidabilità dell’una e la voglia di stare assieme, la simpatia innata ed il calore dell’altro. E sarà proprio il calore ad accompagnarci ed a fare da filo conduttore alla scoperta di questo curioso angolo di mondo. La regione è tuttora a carattere fortemente rurale, la gente vive d’agricoltura e d’allevamento; nelle fattorie si allevano mucche, maiali e polli: è normale avere un po’ di terra. Numerosi sono gli aviàrios, edifici lunghi e bassi nei quali trovano posto decine di migliaia di frangosdurante i quali da pulcini si trasformano in robusti esem-

Lidor, la nostra guida alla scoperta del dorato mondo del pollame brasiliano, nelle operazioni di prelievo da parte dell’azienda che poi li preparerà e confezionerà per il mer-cato europeo, americano e arabo. I camion arrivano di notte, nelle ore più fresche. Da loro scendono frotte di carregado-res vocianti, gli uomini addetti alla cattura: giù le cassette vuote dal camion, sei polli per cassetta e via di nuovo sul camion. E uno sul camion in piedi con la gomma dell’ac-qua, nel caso specifico io, troppo imbranato per gli altri lavori, a bagnare dall’alto i polli in modo che sopportino il calore che già di primo mattino fa la sua apparizione pun-tuale. Un concerto notturno di starnazzi, piume e urla, che conclude un periodo di lavoro molto intenso per gli avicol-tori e che ne precede un altro esattamente uguale.

Numerosi anche gli allevamenti di suini, che vengono regolarmente riforniti di mangime dai camion cisterna che vediamo scorrazzare colorati sulle polverose strade della zona. Ogni giorno vengono caricate più volte tonnellate di mangime che vengono poi distribuite nei vari giri, come ci racconta Jerson, che questo mestiere lo fa da diversi anni e che con il suo bolide rosso ci consente di accompagnarlo a luoghi dal nome altisonante come Cristo Rei, Hervalsinhoe Beato Roque. Si va e si consegna il mangime, scaricato attraverso un grosso tubo nei silos degli allevatori. Gli stes-si sembrano soddisfatti, i loro maiali cantano pieni di aspettative e via che si riparte alla ricerca di nuovi grugni da sfamare.

Le mucche danno il latte, ma per farlo devono prima mangiare e poi essere anche munte. Entrambe le operazio-ni richiedono tempo ed impegno, come ci spiega Walter,

„Sì, viaggiare“, sang damals die italienische Pop-Ikone Lucio Battisti. Macht es Sinn, bis nach Brasilien zu fliegen, um Deutschland kennenzulernen? Sì, das macht es! Im Süden des südamerikanischen Riesen schlägt ein deutsches Herz: Wie und für wen, das erfahrt ihr in diesem Artikel!

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I volti degli abitanti di Sao Joao. Volti e nomi che ricordano la Germania: Walter, Beatriz, Jeane, Lukas, Lidor, Sili.

DALL’ESTERO

proprietario di alcuni ettari di terreno dove le ultime rade case di Sao Joao segnano la fine del paese. Il mais, che qui si chiama milho, viene coltivato e raccolto per farne man-gime per i bovini. Interi, enormi, rigogliosissimi e verdissimi campi di mais vengono triturati e raccolti in carri come l’uva durante la vendemmia: il loro contenuto viene vuota-to tutto assieme in vere e proprie montagne, che vengono coperte con teli di plastica nera e terra in modo che né la pioggia né il sole possano danneggiare il prezioso mangi-me, nel corso dell’anno opportunamente razionato.

Passiamo un giorno con Jeane, la figlia di Walter, che cura la stalla di famiglia. Le mucche vengono fatte uscire dalla stalla al mattino, fatte pascolare di giorno e poi ricondotte alla stalla la sera. La mungitura avviene due volte al giorno, la mattina alle cinque e la sera alle sei, prima che arrivi il camion a prelevare il latte, con il quale vengono poi prodotti i latticini: l’industria casearia è fio-rente e nel caso sulla vostra tavola doveste trovare i pro-dotti della ditta LacLelo, beh sappiate che per giungere a voi hanno ricoperto un tragitto non indifferente.

Oltre al latte sono altre due le bevande che qui spopo-lano: il cosiddetto chimarrao e la birra. Il primo è un tè di erbe che viene bevuto in compagnia in un’unica strana coppa di legno e pelle riempita per metà con una miscela di erbe tritate: vi si versa sopra acqua bollente, vi si infila di lato una specie di cannuccia di metallo schiacciata nella parte inferiore a forma di filtro, in modo che solo l’acqua ma non l’erba venga aspirata, e poi si beve da quella. Attenzione che brucia! Una volta finita l’acqua la coppa viene nuovamente riempita dall’immancabile bottiglia ter-mica colorata e via che si passa il bicchiere al prossimo bevitore. Ammetto che ci va fatta un po’ la bocca e che

-ratura (da consumarsi esclusivamente in veranda o all’om-bra, astenersi perditempo) non sia tipico della nostra cul-tura e nemmeno di quella tedesca, ma è un’usanza alla

quale ci si abitua in fretta, forse giocoforza: le famiglie lo bevono insieme la mattina prima di lavorare, a mezzogior-no prima di pranzo, dopo pranzo, la sera prima di cena, dopo cena, nei pomeriggi non lavorativi, se si effettua una gita la bottiglia termica non manca mai, insomma sempre quando non si fa qualcosa di specifico. In un paesino come Sao Joao dove non è che succedano cose incredibili, e dove quindi le cose fresche da raccontarsi non sono moltissime, è incredibile quanti argomenti la gente riesca a trattare nel corso di una giornata! Il chimarrao pare aiuti parecchio.

Una cosa che accomuna le due sponde dell’Atlantico è la passione sfrenata per la birra, rigorosamente bionda, fredda, mi raccomando la schiuma, un vero elisir dopo il lavoro e nel weekend: difatti una birra viene chiamata umagelada. La birra è più leggera che in Baviera e va giù come l’acqua. Simpatica è l’usanza di comprare una bottiglia che poi viene divisa fra tutti. Nessuno compra una birra solo per sé: finisce la mia ne compri una tu, e così via finché non si va a casa. Le bottiglie, per tenerle al fresco, vengono infilate in sgargianti contenitori di plastica o di polistirolo con la pubblicità delle varie marche. Certo che con la sete atavica che la gente del luogo si è portata dalla Germania, difficilmente una birra diventa calda... Una lotta all’ultimo sorso tra il sole e la sete, nella quale quest’ultima ha sem-pre la meglio.

Ma come si fa a bere senza mangiare? Impossibile anche in Brasile. La birra chiama la carne alla griglia, della quale è compagna inseparabile. Se in Europa spopola il maiale in tutte le sue forme e variazioni, qui è la carne bovina a farla da padrone. E noi gliela lasciamo fare, perché un sapore del genere è assolutamente introvabile da noi. La gente alleva le proprie mucche nutrendole col mais dei propri campi, le porta fuori e dentro dalla stalla mattina e sera, le vede crescere e le cura di giorno in giorno. E poi se le mangia. Succulenti pezzettoni di carne vengono infilati in lunghi spiedi chiamati espetos, che a loro volta vengono inseriti

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nella churrasquera, la griglia in muratura immancabile in ogni abitazione. Sulla legna ardente (il carbone non serve, la legna abbonda dappertutto) la carne cuoce per circa un’ora, prima che il churrasquero, l’addetto alla griglia, estragga un espeto e lo porti di piatto in piatto: ogni com-mensale può cosi tagliare col proprio coltello la porzione desiderata direttamente dall’enorme pezzo fumante. Genia-le come il sistema che chiameremo a bicicletta e che con-sente una perfetta cottura: tra il manico e l’inizio della lama ogni spiedo è dotato di una corona dentata che si inserisce in una catena azionata da un motorino elettrico. Scorrendo, la catena fa ruotare su se stessi gli spiedi e con loro la carne, che si cuoce uniformemente senza mai bru-ciarsi o seccarsi. Certo si mangia anche carne di maiale, oppure ottime salsicce che hanno poco dei würstel tede-schi e tanto delle care salsicce modenesi protagoniste di tante mie domeniche estive in gioventù, oppure carne di galletto ruspante così diversa da quella del pollo di alleva-mento della cui vita ingloriosa vi raccontavamo prima, ma nulla è così gustoso, così morbido, così saporito come la carne di gado, di bovino: ottima in tutte le sue espressioni, che sia la famosa picanha, il filetto senza un filo di grasso, lo speck, bello grasso, o le costinhas, le costolette, irresisti-bili, procaci, mendaci e anche fallaci, ultimo ed insuperabi-le scoglio ad ogni proposito di alimentazione vacanziera moderata. E come si fa? È come incontrare Heidi Klum inspiegabilmente ben disposta nei propri confronti ed inve-

ce andarsene a letto ripetendo “Avevo detto che questa sera sarei andato a letto presto...” Non esiste! Una tira l’altra! Anche perché praticamente non finiscono mai! In quanti siamo a pranzo? In dieci? Allora facciamo dieci chili di carne! Siamo in venti? Faccia-mone venti! Sempre conto pari! Ci metti un po’ d’insalata, di riso bianco, di torte dolci che vengono consumate con la carne a mo’ di pane, di cetrioli, d’insalata di patate, di pomodori, un freezer pieno di birra, un numero variabile di bocche voraci e stomaci capaci, una qualche bottiglia di refrì (le bibi-te per i più giovani) ed il gioco è fatto! Ah non dimentichiamoci dei palitos, gli stuzzi-cadenti, perché con tutta questa roba qual-cosa ad intralciare il lavoro del nostro denti-

sta rimarrà per forza. Dopo una grande abbuffata del genere la digestione ha

un ruolo vitale, nel senso che garantisce la sopravvivenza della specie. Il modo preferito dai brasiliani è giocare a calcio. Dimentichiamoci i vari Pelé, Ronaldinho e Robinho. I neri e i meticci sono qui davvero rari. Porto Alegre, con l’Internacional ed il Gremio a dividersi equamente i tifosi locali, che vengono chiamati colorados o gremistas a seconda della fede, è distante ben 600 km, e con lei il cal-cio che conta. Qui lo sport è solo locale, ma il livello medio è davvero niente male: la gente è in forma, le capacità tecniche innate e la voglia di divertirsi inesauribile. Il futbolin Brasile è gesto tecnico, ricerca del gol, bellezza estetica. Ci sono quattro o cinque bei campetti in giro per il paese sui quali è possibile giocare, più quello della società calci-stica Alianca, con regolare settore giovanile, prima squadra e amatori.

Ed è proprio ad una partita dei seniores che assistiamo un pomeriggio dopo un’abbuffata colossale. Beh, il passo non è più quello di una volta, la voglia di sfiancarsi sotto un sole implacabile e sull’erba così robusta rispetto a quel-la europea ci sarebbe anche, ma con lei gli anni. Il che riduce notevolmente il ritmo partita, ma i padri di famiglia col pallone tra i piedi ci sanno fare. Eleganti stop di petto, giocate di prima intenzione, finte di corpo, punizioni dalla traiettoria malandrina. La gara finisce con un rotondo 6-0 per i rossoneri locali. E sarà l’inizio di una serata indimen-

Alla festa non può mancare la mitica e prelibata carne sudamericana

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ticabile. La partita è l’ultima di campionato e precede così la festa di fine stagione. I ragazzi sono carichi, forti dei sei gol e della voglia di stare assieme. E via che scatta il chur-rasco, il secondo della giornata! Temprato da alcuni giorni di duro allenamento il mio stomaco risponde presente ed è pronto a sfidare chiunque pensi che un italiano mangi solo pasta e pizza. Le condizioni climatiche giocano improvvisa-mente a mio favore: il caldo afoso del pomeriggio lascia il posto ad una brezzolina accattivante che stimola fame e sete. La legna arde da un pezzo, la carne è quasi pronta. Si attende solo il fischio d’inizio.

E qui il Brasile mi conquista definitivamente con quella manifestazione del suo calore che nel corso di questo viag-gio ci ha affascinato più di tutte le altre: quella della sua meravigliosa gente. A me, fotografo improvvisato di un pomeriggio calcistico, viene immediatamente regalata una maglietta della squadra che vale il titolo di membro ad honorem della società. Gli abbracci e le prese in giro, in portoghese ed in tedesco, si sprecano. Subito sono l’italia-no, prototipo ultimo di amico europeo. Non appena capi-scono che parlo tedesco la conversazione si fa ancora più intensa: tutti vogliono sapere tutto della Germania, Paese mai conosciuto, sempre sognato e perennemente nel cuore. Come si vive, come si lavora, come sono le città. Porto al tavolo dove sono stato costretto a sedere sei misere birre, come segno di gratitudine per la maglietta e per l’acco-glienza fantastica: “E che non si dica che gli italiani non pagano da bere!” Non l’avessi mai detto. La mia frase goliardica e scherzosa si trasforma in un dolce boomerang: da quel momento per me non c’è più sosta. Un bicchiere di birra qua, un altro là, carne di mucca qui, costolette là, birra, carne, carne, birra, in un vortice calorico (tanto per

stare in tema...) assolutamente inarresta-bile. In una serata conosco praticamente la metà degli abitanti e non ce n’è uno che non mi offra qualcosa. E qui devo ringraziare il destino che dieci anni fa mi ha portato a Monaco, perché senza tutta la helles bevuta nell’ultimo decennio non ce l’avrei mai fatta ad uscire vivo da quel-la bolgia di pura allegria. Ecco, pura. Come i suoi protagonisti, gente semplice attaccata alla vita, quella di tutti i giorni, senza neurosi e senza distorsioni.

Il fatto che sia sopravvissuto ha avuto una certa impor-tanza, oltre che per me in senso stretto. Con alcuni ragaz-zi conosciuti quella sera stiamo organizzando un gemellag-gio tra una squadra di Monaco e l’Alianca, una sorta di Sao Joao on tour che nelle nostre speranze dovrebbe portare in un futuro non lontano diverse famiglie brasiliane a visitare quella che per loro è la patria lontana e mai dimenticata, anche se mai conosciuta.

Ai nostri amici lettori che al termine di questo articolo chiaramente di parte mantengano tuttora, come diceva Primo Levi, un salutare coefficiente di dubbio, non rimane che una cosa da fare: andarci e vedere di persona. Trove-ranno come noi la Germania che non ti aspetti.

Auf Wiedersehen in Sao Joao

Jerson con la sua rete da pesca.

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Sasha Deiana

“ROVIGO – Anche in Polesine gli immigrati si preparano a incrociare le braccia il primo marzo, giornata nazio-nale di sciopero contro il razzismo, con iniziative pubbliche e lo stop a qualun-que spesa per un’intera settimana. Nelle scorse settimane a Rovigo sono nati ben due comitati promotori, for-mati da cittadini stranieri, associazioni attive nel settore immigrazione e dirit-ti, semplici cittadini sensibili. L’obietti-vo è comune: fare sì che una parte della città si fermi, per fare capire come sarebbe la nostra società se venissero a mancare gli immigrati. Dopo i fatti di Rosarno e il moltiplicarsi di episodi di razzismo, la decisione di reclamare dignità: «l’unico modo per farci notare e rispettare è quello di toccare le tasche», spiegano i promotori del Comi-tato Primo Marzo Rovigo”.

(Tratto dall’articolo Gli immigrati: «Pronti allo sciopero» di Francesco Casoni, Corriere della Sera, 11 febbraio 2010).

Una delegazione della commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo si è

-io: lo scopo della visita è stato quello di revisionare le norme comunitarie in materia di immigrazione e lavoro e chiedere maggiori garanzie per i brac-cianti immigrati che popolano le aree rurali del nostro Paese.

I fatti di Rosarno risalenti ad alcuni mesi fa hanno fatto discutere tutta l’Italia mettendo un punto interroga-tivo su quello che è il comportamento di molti proprietari terrieri, i quali legittimano precarie condizioni di vita e salari discutibili agli immigrati che raggiungono l’Italia, soprattutto dalla vicina Africa ed Est Europa, per lavo-rare nelle nostre campagne.

In Trentino Alto Adige sono stati messi a disposizione decine di alloggi moderni e funzionali adibiti esclusiva-mente a cittadini comunitari e non, che si dedicano stagionalmente alla raccolta della frutta (prevalentemente mele), nelle vallate trentine. I proprie-

tari delle abitazioni hanno l’obbligo di affittare queste dimore, probabilmen-te piccole ma pulite e assolutamente accessoriate, solo alla categoria sopra indicata. A circa 10.000 Km dal verde, fresco e rigoglioso Trentino Alto Adige c’è l’Oceania, uno dei continenti che forse più affascina gli europei per la sua modernità, correttezza nei rap-porti umani, multietnicità e conviven-za eterogenea, spesso associato all’el-dorado per eccellenza nell’immagina-rio collettivo.

Forse non tutti sanno, però, che una condizione necessaria o meglio obbligatoria per un qualsiasi immigra-to europeo, italiano, tedesco, svedese o quant’altro che decida di trattenersi in Australia per un periodo superiore ai 12 mesi è quella di lavorare per almeno 88 giorni in una struttura riconosciuta a livello governativo in qualità di bracciante diretto (contadi-no), addetto alle costruzioni (murato-re), pescatore o ricercatore di perle.

Molti giovani che sono interessati a estendere il proprio visto si vedono quindi costretti ad abbandonare le città e recarsi in una delle aree previ-ste dal governo australiano (lontane solitamente centinaia di chilometri dai centri urbani abitati) per dedicarsi ai lavori sopra elencati.

Sembrerebbe un’iniziativa assolu-tamente interessante, innovativa e giusta, letta così; eppure la situazione è assai più complessa.

Il farmer, cioè il proprietario della fattoria e della campagna presso cui il o la giovane offriranno servizio, non ha alcun obbligo di pagare il lavorato-re. I suoi unici compiti sono quelli di provvedere ad un accomodation e a un pasto quotidiano.

Homo homini lupus... anche in campagnaIl percorso di “formazione” del perfetto emigrante in Australia

Esempio tipico di alloggio fatiscente per braccianti europei in Australia

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10 DALL’ESTERO

Il nostro agricoltore solitario, che ha trascorso tutta la sua esistenza in una desolata fattoria lontana almeno

e circa 30 km da un comunissimo supermercato, spesso ha una visione della modernità grottescamente distorta, ma sa perfettamente come sfruttare la manodopera, non a basso costo, ma gratis! Servendosi quindi delle associazioni affiliate al governo australiano può facilmente beneficia-re di lavoratori “disperati” offrendo loro il minimo indispensabile per la sopravvivenza.

Molti se la cavano con un caravan datato, maleodorante, impolverato e sudicio, naturalmente in lamiera che sotto il sole estivo dell’Australia può

vista, se si è fortunati, sul pollaio.I servizi igienici, naturalmente, nel

caravan non ci sono quindi il consiglio che spesso viene dato dai proprietari ai lavoratori “disperati” (speranzosi nell’estensione del visto) è di arran-giarsi come si può, ossia fare i propri bisogni nei vasti spazi esterni ed incolti che la fattoria offre. Natural-mente per le cose più urgenti vi è anche una toilette-latrina interna alla baracca in cui il contadino vive.

Fino a qui va tutto relativamente bene: il caravan si può pulire, la toi-lette preoccupa un po’, ma ci si può organizzare.

I volti cominciano a essere più crucciati quando arriva l’ora dei pasti e la necessità assoluta di abbeverarsi.In molti stati australiani uno dei pro-blemi maggiori è la siccità, l’acqua quindi non va assolutamente sprecata né per lavare se stessi (se non in maniera assolutamente sbrigativa e

sommaria), né per le stoviglie, figuria-moci per pulire casa o tirare lo sciac-quone delle toilette. Naturalmente, però, non si può vietare ai lavoratori di bere. L’acqua che giunge ai rubinet-ti solitamente proviene da grossi baci-ni interni alla fattoria spesso parzial-mente secchi durante la stagione esti-va. L’acqua viene filtrata e successiva-mente pompata attraverso le tubature sino ai rubinetti arrugginiti della baracca: il colore che la caratterizza è giallastro, il sapore rancido, senza dimenticare la singolare sensazione di impolverato che lascia in bocca una volta ingoiata. Il supermercato più vicino dista decine di chilometri quin-di acquistare acqua in bottiglia è pressoché impossibile, soprattutto perché spesso il lavoratore “disperato” non possiede un mezzo proprio.

Il farmer sa gestire perfettamente i propri soldi e risorse; diversamente da quanto si è soliti immaginare egli è poco generoso quindi i pasti sono a

base dei prodotti offerti dalla propria terra, difficilmente vengono acquista-ti in negozio. Il che non sembra nem-meno tanto male, il problema è che spesso egli nutre un’inquietante tolle-ranza o addirittura indifferenza nei confronti di insetti e ovipari che comunemente popolano la sua casa e il giardino, tra cui larve, scarafaggi (detti comunemente cockroach) e for-miche. Queste ultime in Australia possono raggiungere delle misure inimmaginabili per un europeo, più lunghe di una falange, con busto grosso e nero, velocissime e aggressi-ve. Non è inusuale trovarsele nel piat-to durante la cena, ed alla vista disgu-stata ma timidamente compiacente del lavoratore “disperato” il farmersdrammatizza spiegando scherzosa-mente che la formica rende più pic-cante la pietanza.

Ultima difficoltà, ma non meno importante, che deve affrontare il neo coltivatore è la tremenda solitudine.

Das Leben der Menschen, die außerhalb des eigenen Landes Arbeit suchen, ist nicht immer einfach. Sogar in toleranten und hoch entwickelten Ländern wie Australien erweist sich die Integration als oft sehr problematisch.

Lana merinos Farm australiana, Meredith (Victoria)

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Un farmer solitamente ospita uno o al massimo due persone, non di più. Essendo stato abituato da sempre ai lunghi silenzi della campagna egli si sente a proprio agio con la bocca chiusa, mentre il giovane novellino fa per la prima volta i conti con i propri pensieri per ore e ore sia durante il lavoro che durante le pause. Per quan-to possa apparire patetico, il rumore del vento è l’unica magra consolazio-ne a cui quest’ultimo si deve saper abituare.

La differenza tra un cittadino euro-peo in Australia con l’aspettativa di estendere il visto ed un immigrato comunitario o clandestino extraco-munitario che si reca in Italia con ambizioni di vita migliori non è molto diversa. Forse il giovane che esperisce la difficile prova delle fattorie austra-liane ha la possibilità, male che vada, di tornarsene a casa, l’immigrato clan-destino che tenta la fortuna in Italia no, ma le condizioni di vita e lavoro sono drammaticamente simili se non addirittura peggiori: non ricevere un salario è come rimanere senza terra sotto i piedi.

Non si pensi che la mole di lavoro sia diversa: un lavoratore “disperato” raccoglie da solo giornalmente circa un quintale o un quintale e mezzo di frutta e il pomeriggio passa il tempo a suddividerla e impacchettarla sotto potenti luci (per rendere visibili le ammaccature) che si sommano alla calura estiva delle immense distese australiane.

Il sistema è stato creato perfetta-mente ed ha sviluppato un business nel settore dei lavori “che nessuno vuol più fare” sconvolgente. Celate dietro l’escamotage “dell’esperienza

culturale”, queste associazioni vinco-late al reparto dell’immigrazione australiana, danno la possibilità a farmer senza scrupoli di sfruttare fino all’osso ragazze e ragazzi volenterosi senza offrire loro un soldo e facendo-li vivere in situazioni di indecente degrado e disagio, permettendo loro di ottenere così un profitto inimmagi-nabile durante l’arco della stagione lavorativa.

Questo sembra essere un vizietto che caratterizza i paesi di origine bri-tannica da un bel po’.

Gli anglosassoni da sempre hanno

incrementato la propria economia con lo sfruttamento degli extracomunitari ed è inutile dire che Inghilterra, Stati Uniti, Sud Africa, Canada e Australia siano le civiltà più sviluppate al mondo.

Forse lentamente anche il nostro piccolo Belpaese, seguendo il modello anglosassone, sta iniziando a mettersi in carreggiata emancipandosi econo-micamente, paradossalmente, valoriz-zando e sfruttando le potenzialità offerte dal fenomeno dell’immigrazio-ne al fine di trarne benefici e profitti, infischiandosene delle conseguenze umane da esso derivate.

DettaglioFarm, Meredith (Victoria)

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La Sartiglia di OristanoA caccia di una stella portafortuna

Nazzarena Barni-Fritsch

La Sardegna è un’isola di straordinaria bellezza, che offre molto più di un clima mite e spiagge con acque tropicali. La sua storia e le sue tradizioni parlano di un popolo fiero e sovrano in continua lotta per la sua auto-nomia e originale nelle sue tradizioni e nei suoi miti sorti per tramandare fatti storici, celebrare eventi religiosi o rendere omaggio ai cicli delle stagioni e al ruolo dell’uo-mo in una natura primordiale. Tra le numerose feste popolari che si svolgono in questa regione una delle più spettacolari e piene di colori è la Sartiglia che si celebra a Oristano.

caratteristiche di un torneo equestre, simile a quelle che ancora si svolgono in alcune città d’Italia, come la “Quin-tana” di Foligno o la “Corsa del Saracino” di Arezzo. Voluta probabilmente da Eleonora d’Arborea per commemorare la lotta contro l’invasore aragonese, si svolgeva e si svolge fin d’allora nell’ultima domenica e nell’ultimo martedì di Car-nevale. È uno spettacolo straordinario per le evoluzioni dei cavalieri, per la ricchezza e bellezza di costumi e bardature, per la partecipazione della folla e per l’entusiasmo che la bravura dei cavalieri riesce a suscitare.

Tra la Sartiglia della domenica e quella del martedì si celebra da alcuni anni la Sartiglietta, lo stesso tipo di torneo equestre riservato però a gio-vani cavallerizzi in età tra i sette e i diciassette anni che montano i caval-lini della Giara, territorio dove vivono allo stato brado o semibrado i cavalli della razza più antica presente in Sardegna. Quello che ospiti e visitatori non vedono è il lungo lavoro dei preparativi: si lavora per un anno per poter preparare la Sartiglia.

I cavallerizzi provano e riprovano gli esercizi di abilità sui cavalli per la corsa delle Pariglie. Donne e ragazze intrecciano le multicolori rosette che decoreranno le bar-dature dei cavalli e i costumi dei loro uomini, il banditore e il maestro d’armi ripassano i testi che pronunceranno a memoria in antica lingua sarda. Tutto deve essere pronto per il giorno in cui rulleranno i tamburi e squilleranno le trombe. E “su Componidori”, il personaggio più importante apparirà in tutta la sua autorità e il suo splendore.

La città di Oristano vive con grande amore e passione questa gara: commenti, partecipazione, entusiasmo e pole-miche sono i fili che tessono la fitta trama che sostiene questamanifestazione. Per antica tradizione la Sartiglia viene organizzata da due confraternite, i Gremi, che hanno anche l’onore di scegliere il capocorsa della competizione, detto “su Componidori”, la figura più carismatica della giostra.

La Sartiglia della domenica viene organizzata dal Gre-mio dei Contadini, sotto la protezione di San Giovanni Battista, quella del martedì dal Gremio dei Falegnami, sotto la protezione di San Giuseppe. Sono loro che il due febbraio, giorno della festa della Candelora, hanno preven-tivamente scelto il cavaliere che ritengono più degno a rappresentare la nobile figura di “su Componidori”.

Questo personaggio indossa per tutto lo svolgimento del torneo una maschera dai caratteri vagamente androgini chegli nasconde il viso e gli concede un’aura di semidivinità. È lui che dirigerà la festa e che potrà prendere qualsiasi deci-sione sullo svolgimento del torneo. Sarà solo lui, o solo lei, adecidere quali tra i cavalieri potrà cimentarsi nella prova di abilità di cogliere al galoppo con la spada un anello a formadi stella. Sembra che sia proprio la parola anello a dare origine al nome Sartiglia, mentre altri propendono per la

derivazione dalla parola latina sors(fortuna). Fortuna di cui ogni cavaliere ha veramente bisogno in questo giorno,a prescindere dalle sue capacità. Le fasi salienti della Sartiglia della dome-nica e quelle del martedì sono del tutto simili nelle loro fasi principali. Tutti i cavalieri partecipano ad ambe-

due le giornate, alla sfilata e alle corse delle Pariglie.Ma per ciascuna giornata solo uno è “su Componidori”,

attorniato e onorato dai suoi due cavalieri (su Secundu e su Terzu) e onorato da tutta la cittadinanza. Non tutti i cava-lieri potranno cimentarsi al torneo, ma solo quelli a cui “su Componidori”, nella sua saggezza o per suo capriccio, darà l’onore della spada. Il ruolo di “su Componidori” non è pre-rogativa esclusivamente maschile. Nel 1973 la Sartiglia ebbe come capocorsa per la prima volta una donna, Anna-dina Cozzoli, e quest’anno la storia si è ripetuta con Elisa-betta Sechi, che ha rivestito con grande sicurezza il ruolo di “su Componidori” e ha suscitato nel pubblico grande entusiasmo. Le amazzoni che prendono parte al torneo

Die „Sartiglia“ ist eine faszinierende Faschingsveranstaltung in Sardinien. Das Schauspiel ist von Farben, Masken und Symbolen geprägt und blickt auf eine über fünfhundert-jährige Tradition zurück.

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr 13DALL’ITALIA

indossano le bellissime ma ingombranti gonne plissettate del costume tradizionale, e non sono seconde in nulla ai loro compagni.Anzi, quest’anno l’unico cavaliere che abbia centrato due volte la stella, la domenica e il martedì, è stata proprio una donna, Sonia Cadeddu. Solo nella corsa delle pariglie le amazzoni indossano i pantaloni, per non essere troppo impacciate dagli abiti durante le acrobazie.

SVOLGIMENTO DELLA FESTAIl giorno della festa un araldo a cavallo annuncia per

strade e piazze del centro storico il torneo cavalleresco che si svolgerà nel pomeriggio. Il maestro d’armi fa rivivere nel suo racconto alla folla gli avvenimenti che portarono alla istituzione della Sartiglia e offre a chi impersona Eleonora d’Arborea un cavallo bianco su cui la dama monterà dando avvio al corteo storico. Contemporaneamente, a mezzo-giorno in punto, avviene nella sede del gremio la vestizione solenne di su Componidori.

VESTIZIONEIl prescelto, da cavallerizzo, indossando gli antichi indu-

menti del suo ruolo e la maschera androgina, si trasforme-rà in su Componidori, non più uomo ma semidio. Ragazze in costume tradizionale, le Massaieddas, presiedute dalla Massaia manna, donna più anziana ed esperta nella ceri-monia della vestizione, aiutano ad indossare i diversi indu-menti.Squilli di trombe e rulli di tamburi sottolineano i vari momenti della cerimonia, che raggiunge il culmine nel momento in cui il cavaliere indossa la maschera, portando

a termine la sua trasfor-mazione in su Componi-dori. Alla maschera si aggiungono il velo rica-mato, il cilindro nero e la camelia appuntata sul cuore, rossa per la domenica e rosa il mar-tedì. Così come rossi o rosa e azzurri sono i nastri che contengono gli sbuffi della camicia. Al termine della vesti-zione su Componidori, ormai trasformato in

divinità, viene fatto salire su un tavolo, e da qui, in solenne silenzio, sul suo cavallo bardato a festa. Per tutta la gior-nata non potrà più mettere piede a terra, solo alla sera, con la svestizione e levando la maschera, da figura sopranna-turale diventerà nuovamente umano e potrà toccare il suolo. Al termine della cerimonia, il corteo, con in testa i tamburini e i trombettieri, seguito da su Componidori accompagnato dal suo Secondo, dal suo Terzo e da tutti gli altri cavalieri in formazione di pariglia (cioè tre cavalieri su tre cavalli affiancati) si dirige al percorso di gara. La Sarti-glia si compone di due fasi distinte: la corsa alla stella e la corsa delle Pariglie.

LA CORSA ALLA STELLA La corsa alla stella ha luogo nel cuore medievale della

città. Un nastro verde regge una stella posizionata all’al-tezza di un uomo a cavallo. L’abilità consiste nel centrare l’anello della stella con una spada correndo a tutto galoppo.La gara è aperta ufficialmente da “su Componidori” e dal suo Secondo che incrociano per tre volte le spade sotto la stella, tenendo i cavalli al passo. Il primo a tentare la sorte è proprio “su Componidori", a cui seguono il suo Secondo edil suo Terzo. Poi si potranno cimentare solo quei cavalieri ai quali su Componidori ha concesso l’onore della spada. La corsa si chiude dopo un paio d’ore con il tentativo di infi-lare nuovamente la stella con un bastone, “su Stoccu”, tentativo riservato solo a “su Componidori” e al suo Secon-do. A chi sarà riuscito nel tentativo di cogliere il bersaglio spetta in premio una piccola spilla d’argento a forma di

Le donne, vestite con i lorto costumi tradizionali accompagnano il corteo.(Foto: Renato Robledo)

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DALL’ITALIA

stella e il tributo entusiasta della folla. Una folla che par-tecipa e soffre con il cavaliere, fischia se gli sembra che il suo galoppo sia troppo lento, sospira di delusione nel caso di mancato centro, urla di entusiasmo saltando in piedi all’unisono se la stella viene centrata, patisce e gioisce con e come i cavalieri. Se un partecipante, nelle due giornate della Sartiglia, centra due volte la stella, riceve una spilla d’oro. Il numero delle stelle colte è di buon auspicio per il futuro raccolto: più stelle verranno colte, più generosi saranno i campi. La corsa si chiude con un ultimo spetta-colo, “sa Remada”: la galoppata di “su Componidori” sdra-iato sulla schiena, che benedice la folla con lo scettro di viole mammole, che rappresenta l’incombente primavera.

LA CORSA DELLE PARIGLIELa manifestazione della corsa delle Pariglie si svolge

invece nella parte della città limitrofa alla parte medievale. Il percorso e´ ricoperto di sabbia e delimitato per motivi di sicurezza da numerose balle di fieno sui bordi della pista. Ogni pariglia, composta da tre cavalieri sui loro cavalli, prende il via da un portico, “su Brocciu”, e a galoppo sfre-

nato ricopre il percorso cimentandosi nelle spericolate acrobazie provate e riprovate per molti mesi. Ogni figura ha un suo nome particolare conosciuto dagli oristanesi “veraci” che la salutano per nome. 3 su 3: i tre cavalieri in piedi sui tre cavalli al galoppo. La piramide rovesciata: i due cavalieri esterni della pariglia che in piedi sorreggono il cavaliere di centro in verticale rovesciata sul cavallo. Il ponte volante: i due cavalieri esterni che sostengono il cavaliere di centro che si libra nell’aria e così via. C’è biso-gno di grande coordinazione e intesa tra i cavalieri fra loro e con i loro cavalli. E serve anche molto coraggio, perché proprio come sembrano, le evoluzioni sono pericolose e succede anche che per troppo osare qualche cavaliere o l’intera pariglia cada rovinosamente a terra. Solo la pariglia di “su Componidori” si presenta senza esibirsi in acrobazie. L’incolumità di “su Componidori” è sacra e non può rischia-re di porre piede a terra, perché perderebbe la sua aura di divinità. Al tramonto la corsa si conclude con l’ultima benedizione di “su Componidori” con lo scettro di violette mammole e con la sfilata di tutte le pariglie che accompa-gnano il capocorsa alla svestizione.

SVESTIZIONESmontato da cavallo direttamente sul tavolo, dove si

trova il suo seggio/trono, gli vengono tolti la maschera e gli indumenti tipici del suo rango e “su Componidori” da esse-re semidivino ritorna umano. Si può vedere allora un viso stanco dal peso della maschera e dagli avvenimenti vissuti, ma gli occhi brillano di orgoglio ed eccitazione! Il capocor-sa riceve come un re gli omaggi, gli abbracci, i baci di parenti, amici, cavalieri e ammiratori. Tutt’intorno le Mas-saieddas, le giovani in costume, offrono dolcetti sardi e vernaccia, si festeggia e si commentano gli eventi della giornata. Una cerimonia di ossequio che durerà alcune ore prima che la cena offerta dal gremio a tutti i partecipanti al torneo segni la chiusura di questa giornata. I cavalieri che sono riusciti a conquistare una stella la mostrano con un misto di orgoglio e naturalezza, girando fra conoscenti e pubblico. E la festa si conclude ufficialmente con il grido augurale: Attrus annus mellus, il prossimo anno andrà (ancora) meglio! Ma il brusio degli appassionati, i com-menti sulla giornata, le manifestazioni di gioia durano tutta la notte. Una notte incredibilmente mite e luminosa per la stagione.

Informazioni utili: www.sartiglia.org

La provincia di Oristano è situata nel centro della Sardegna, sulla costa occidentale. Oristano è a un’ora di auto da Cagliari, sede di porto e aeroporto, a 90 minuti dall’aeroporto di Alghero o dallo scalo portuale di Porto Torres e a circa due ore di distanza in auto da Olbia. Nella regione di Oristano si svolge a “cavallo” del periodo della Sartriglia la manifestazione gast-ronomica: Isole del Gusto, percorsi di cultura e sapori nella provincia di Oristano. www.or-camcom.it

Assessorato al turismo: [email protected]

Su Componidori in pariglia tra il suo Secondo ed il suo Terzo(Foto: Renato Robledo)

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Nazzarena Barni-Fritsch

L’ottava edizione del GIROTONNO si svolgerà dal tre al sei giugno a Carlo-forte, capoluogo dell’Isola di San Pie-tro in Sardegna in occasione della pesca del “tonno di corsa” nel periodo di maggio, quando i tonni si prepara-no a depositare le uova

Ogni anno chef internazionali si sfidano in una gara gastronomica incentrata sul tonno di qualità. La festa si protrae per quattro giorni con incontri legati alle tradizioni popolari, artistiche ed enogastronomiche, con visita alle tonnare, musica e spettaco-li di piazza nell’ambito del cosiddetto Buskers Festival.

L’edizione 2009 ha visto il confron-to fra gli chef d’Italia, Germania, Slo-venia e Spagna.

Per la prima volta vincitrice è stata l’Italia, con il cuoco Stefano Aldre-ghetti, seguito a brevissima distanza dal cuoco tedesco Ernst Knam; al terzo posto, a pari merito, Slovenia e Spagna. Per l’occasione prezzi popola-ri per traghetti per l’isola, con orari di servizio prolungati fino a notte fonda, Officine del Gusto ad ingresso libero per il pubblico e degustazioni enoga-stronomiche in tutto il centro di Car-loforte.

Per maggiori informazioni: www.girotonno.org

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Carloforte, Sardegna, La mattanza. (Foto: Simone Repetto)

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Franco Casadidio

Una gita sul Po, popopopo Una gita sul Po, oh sì, per scordarela fabbrica, e passar la domenica, e distrarsi anche un po’.

Cosi faceva il ritornello di una canzone di tanti anni fa di tale Gerardo Carmine Gargiulo con la quale veniva esal-tata la vena turistica del grande fiume, capace di cataliz-zare l’attenzione di tante famiglie che, non potendosi permettere week-end più trendy, si accontentavano di una gita in battello lungo il Grande Fiume.

Certo che se Gargiulo scrivesse la sua canzone oggi di quelle gite rimarrebbe ben poco da raccontare, a maggior ragione dopo il disastro ambientale dello scorso mese di febbraio quando 600 mila litri di petrolio si sono riversati da una vecchia raffineria dell’hinterland milanese nelle acque del fiume Lambro e poi in quelle del Po.

Un disastro colposo secondo i magistrati che indagano, per ora, contro ignoti, un disastro che, stando anche alle valutazioni dei volontari di Legambiente che per giorni hanno affiancato gli uomini della Protezione Civile nel tentativo di arginare i danni, avrà ripercussioni gravissime per molti anni a venire su tutto l’ecosistema della zona attraversata dai due fiumi.

Fortunatamente, in tutta questa brutta storia, la pron-tezza e la competenza dei tecnici della Protezione Civile ha evitato che l’onda nera arrivasse fino al delta del Po e quin-di in mare, riuscendo a bloccare praticamente tutto il petrolio all’altezza di Isola Serafini vicino Piacenza, rispar-miando una zona in cui i danni all’ambiente avrebbero potuto essere veramente incalcolabili.

Per un disastro ambientale assurto agli onori della cro-naca nazionale e internazionale, però, ce ne sono migliaia che restano confinati nelle cronache più o meno nere della provincia italiana, più piccoli rispetto a quello padano ma non per questo meno gravi e allarmanti.

È il caso, ad esempio, di quello accaduto la scorsa esta-te in un piccolo paese dell’Umbria, Stroncone, dove la notte del due luglio un incendio scoppiato in un capannone industriale e andato avanti per diverse ore, ha riversato nell'ambiente circostante ingenti quantità di diossina, materiale altamente tossico e riconosciuto come cancero-geno certo dallo IARC, già tristemente famosa in Italia per l’incidente che negli anni settanta interessò l’azienda ICMESA di Seveso, nel milanese.

Che la situazione fosse grave lo si era capito subito, quando le prime squadre di vigili del fuoco giunte sul posto hanno individuato l’azienda Ecorecuperi come quella inte-ressata dall’evento. L’azienda, infatti, recupera e ricicla i componenti in plastica delle automobili demolite ed il magazzino andato a fuoco era stipato da migliaia e miglia-ia di pezzi di plastica; il doppio di quelli consentiti per legge, come accerteranno i magistrati che per questo iscri-veranno sul registro degli indagati l’amministratore dell’azienda. E tutto questo nonostante l’impianto antin-cendio non funzionasse perfettamente, come attestato da ripetute ispezioni avvenute anche il giorno prima dell’in-cendio stesso.

Una situazione già grave di per sé, ma che assume toni grotteschi alla luce di quanto emerso dall’inchiesta della magistratura ternana che pochi giorni fa ha emesso alcune misure cautelari nei confronti del Sindaco del paese di Stroncone ma anche di un dirigente dell’ARPA Umbria e del presidente della Cassa di Risparmio di Terni. Ma perché misure cautelari per personaggi con ruoli tanto diversi tra loro e apparentemente estranei alla vicenda? Presto detto.

Il presidente della Cassa di Risparmio avrebbe, secondo i magistrati, effettuato pressioni sul dirigente Arpa per alte-rare i risultati delle analisi effettuate subito dopo il rogo, al fine di permettere un restringimento della zona rossa con-siderata a rischio, provvedimento di competenza del Sinda-co di Stroncone. In effetti, nei giorni immediatamente successivi, a molti erano parsi strani i confini che delimita-vano la zona rossa a più alto rischio diossina che aveva un raggio di soli due chilometri con confini a dir poco bizzar-ri. Invece di partire dal punto del rogo e tracciare una cir-conferenza con raggio pari a due chilometri, la mappa disegnata dai tecnici comunali aveva tutta una serie di spigoli vivi, angoli ed un andamento a zig-zag che creava anche situazioni paradossali, con famiglie che avevano i propri orti divisi a metà: di là inquinato da diossina, di qua perfettamente pulito, l’insalata da buttare, i pomodori da mangiare.

Una gita sul Po Ovvero: i disastri ambientali del Bel Paese

Umweltkatastrophen in Italien: Erdöl im Fluss Po und Dioxin im grünen Umbrien! Diese gravierenden Verschmutzung der Umwelt wirft Fragen auf und gibt Anlass zur Besorgnis.

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La realtà, sempre secondo i giudici, sarebbe quella di un presidente della Cassa di Risparmio impegnato a tener fuori dalla zona rossa l’agriturismo del figlio nonché i terreni di sua proprietà destinati, di lì a pochi giorni, ad essere vendu-ti ad un imprenditore edile per una somma vicina ai quattro milioni di euro, con Sindaco e dirigente ARPA che avrebbe-ro accolto le richieste allo stesso senza batter ciglio, pur consapevoli di mettere a rischio la salute di migliaia di per-sone ignare di quanto stava accadendo, “in spregio” come sostiene il GIP “del loro compito di tutela e salvaguardia della salute pubblica”. Per la cronaca, quella zona rossa che all’inizio di luglio era stata individuata in un raggio massi-mo di due km dall’epicentro dell’incendio, oggi, dopo otto mesi, è stata estesa fino ad otto chilometri, arrivando a comprendere buona parte della stessa città di Terni, con la conseguenza, lapalissiana, che per mesi migliaia di ignari cittadini hanno mangiato verdura, carne, frutta ma anche bevuto latte, tutto condito con una buona dose di diossina, e tutto questo senza che chi sapeva, e poteva prendere provvedimenti adeguati, muovesse un dito per impedirlo.

Questa piccola, ma grave, storia di provincia dimostra, semmai ce ne fosse ulteriore bisogno, pessima gestione dell’ambiente in Italia, testimoniata anche dalle recenti frane di intere montagne trascinate a valle da qualche pioggia più abbondante del solito dopo essere state selvag-giamente disboscate per far posto a case abusive poi sana-te con uno dei tanti condoni che si sono susseguiti negli ultimi anni. Una situazione compromessa anche a causa

della corruzione della classe politica italiana che ha chiuso non uno ma tutti e due gli occhi davanti agli scempi più orrendi e alle situazioni più drammatiche, come ad esem-pio la tragica situazione di Augusta e Priolo, in Sicilia, dove la raffineria Enichem, una delle più grandi d’Europa, ha inquinato e continua ad inquinare l’aria e l’acqua di tutto il comprensorio, con il risultato che nella zona i bimbi nati malformati sono il triplo della media nazionale mentre i

si prende in considerazione solo il cancro ai polmoni. Una citazione a parte merita poi la ditta Coemi che alla fine degli anni ’90 finì sotto la lente d’ingrandimento della procura di Siracusa perché nelle urine degli operai vennero trovate concentrazioni di mercurio molto al di sopra dei limiti consentiti dalla legge, ma anche perché tra i figli dei lavoratori stessi si registrarono molti casi di malformazioni congenite. Perché il caso della Coemi sarebbe diverso da altri casi analoghi registrati in Italia, vi chiederete? Beh, perché il titolare della Coemi non è un imprenditore qual-siasi. Il suo nome è Stefania Prestigiacomo; sì, avete capito bene, l’attuale Ministro dell’ambiente del governo Berlu-sconi. La stessa che, pochi mesi dopo essersi insediata appoggiò la proposta dell’Ilva di Taranto che si opponeva ad una riduzione dei limiti di diossina immessi in atmosfe-ra, nonostante questi fossero già otto volte maggiori di quelli consentiti in Friuli Venezia Giulia.

Qualcuno si stupisce ancora?

Il direttore del dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso ripreso

sulle rive del Lambro (Foto: ANSA)

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Corrado Conforti

Mi raccontava mia madre che durante il Ventennio cir-colava la seguente barzelletta.

“Ma insomma – si lamenta Mussolini con un suo sotto-posto – è possibile che con tutto quello che ho fatto per questo paese, nessuno abbia ancora pensato a intitolarmi una strada?” “Ma eccellenza – risponde contrito il subordi-nato – noi ci abbiamo provato; e infatti abbiamo messo all’inizio di un’importante arteria una targa con su scritto Via Mussolini”. “Ebbene?” replica il Duce stizzito. “È che il giorno dopo – conclude il brav’uomo – qualcuno ci ha scritto sotto ‘Magari!’”

Sarà forse per evitare questo rischio che le vie si inti-tolano solo a chi è trapassato; sempre che costui o costei abbia fatto in vita qualcosa di buono o che almeno tale sia apparso ai posteri. Quella che sembra a me, e credo anche a voi che mi leggete, una prassi ovvia, non deve invece aver convinto del tutto Marco Siclari, vice capo-gruppo del Pdl (Popolo della libertà in futuro forse Partito dell’amore) al Consiglio comunale di Roma, il quale ha spinto il proprio ragionamento oltre i confini dell’ovvietà. “Se – si deve esser chiesto Siclari – qualcuno ha dei meri-ti, come avrebbe potuto vederseli riconoscere se non fosse nato?” Ragionamento che non fa una grinza. “Di conseguenza – avrà continuato il Nostro – se qualcuno si è distinto in vita, il merito è anche di chi quella vita gliel’ha data, vale a dire della mamma”. Si può eccepire di fronte a un tale cristallino esempio di logica? Certo che no. Ma, mi chiedo essendo io un po’ malizioso, quale fine si cela dietro le impeccabili inferenze del vice capogruppo del Popolo della libertà? Sì, perché il signor Siclari, oltre a quella del sillogismo, pratica anche l’arte della politica, che non è disciplina puramente speculativa, bensì attività eminentemente pratica.

Per non farvi perdere troppo tempo in ipotesi, vi dirò che Siclari ha proposto di intitolare una strada di Roma alla signora Rosa Bossi in Berlusconi, madre – lo avrete capito – del nostro Presidente del Consiglio.

Bene, bravo! – avranno detto in molti (il Presidente è molto amato, e ci tiene ad esserlo) – Dal momento che non si può intitolare una strada al figlio (non subito), che se ne intitoli almeno una alla sua mamma. La quale, come ricor-da Siclari, “grazie alla sua dedizione, ha concorso a scrive-re una pagina della nostra storia recente, contribuendo alla decisione del figlio di scendere in campo”.

La proposta sarà ovviamente vagliata e – chissà? – magari pure accettata, suscitando l’approvazione di alcuni e il disappunto di altri. Io, pensandoci sopra, temo però di aver scoperto dei rischi ai quali si andrebbe incontro qua-lora si volesse estendere la pratica (la decisione costitui-rebbe un precedente) ad altri casi. Perché, senza voler togliere nulla al nostro Presidente (anzi credo che anche la nonna materna sarebbe meritevole di un’intitolazione), ritengo che alcune strade andrebbero dedicate anche alle mamme di altri grandi italiani. A quella di Leonardo da Vinci ad esempio. Già, ma come si chiamava la mamma di Leonardo? Il suo nome non è noto. Si potrebbe tuttavia intitolare la strada “Via della mamma sconosciuta di Leo-nardo da Vinci”. Che però sarebbe troppo lungo. E come la mettiamo con Piero della Francesca, altro straordinario pittore del nostro Rinascimento? La mamma si chiamava, è chiaro, Francesca, ma il figlio non aveva un cognome diver-so da quello che ne attestava la discendenza materna. Dunque un’eventuale strada si dovrebbe chiamare “Via Francesca”. Ma siccome molti si chiederebbero “Chi diavolo è questa Francesca?” bisognerebbe specificare nella targa “di Piero”. E tuttavia, dal momento che quest’ultima speci-ficazione sembrerebbe il patronimico, sarebbe necessario aggiungere un ulteriore chiarimento. Insomma, alla fine si potrebbe leggere sulla lapide (le targhe stradali in Italia sono in travertino) “Via Francesca mamma di Piero della sunnominata”. Voi capite che occorrerebbe una lapide a due piazze.

E come la metteremmo poi con i figli di N.N.? (Ci sarà pure qualche personaggio illustre allevato in un brefotro-fio!). Cosa si scriverebbe sulla targa? “Via della madre ignota di X”?

Vedete bene che l’idea, per quanto meritoria, è irrealiz-zabile. E tuttavia, per premiare l’intenzione, io gratificherei chi l’ha avuta proprio con la dedica di una strada. E non in una cittadina di provincia, ma in una delle nostre più belle metropoli. A Firenze, per esempio, dove fra le piazze del Duomo e della Santissima Annunziata corre una splendida via sulla quale si affacciano alcuni fra i più bei palazzi della città. Via dei Servi si chiama. Credo che nessuno se ne avrebbe a male se questa venisse ribattezzata col nome del nostro vice capogruppo. Anzi, la maggior parte della gente, fiorentini in testa, non se ne accorgerebbe nemmeno.

Lettres italiennesOdonomastica

Durch die Erweiterung und Vergrößerung der Städte nehmen auch die Probleme der Onomastik (Ortsnamenkunde) zu.

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19Ausgabe 2/2010 Frühjahr

Daniel Vetró

„Er ist einer von uns“ hörte man jahrelang aus den Reihen der italieni-schen „Ferraristi“, doch nun sitzt Michael Schumacher nach einer drei-jährigen Auszeit beim ersten Rennen der Saison 2010 am Steuer eines Mercedes-Silberpfeils.

Der siebenfache Weltmeister war von 1996 bis 2006 Pilot bei Ferrari und gewann mit der Scuderia fünf

WM-Titel und damit auch die Herzen der Fans. Nach über 20 Jahren Motor-sport trat Schumacher im Oktober2006 nach dem Formel-1-Rennen in São Paulo als aktiver Fahrer zurück.

Er blieb der Motorsportabteilung des Sportwagenherstellers aus Maranello

allerdings als Berater und Testfahrer treu. Im Dezember vergangenen Jah-res endete die Liebe zwischen Schu-macher und Ferrari jedoch endgültig.

Luca di Montezemolo, Präsident von Ferrari, verkündete der Presse, dass Michael Schumacher sich entschiedenhabe, einen anderen, neuen Weg ein-zuschlagen. Er wollte wieder aktiver Fahrer der Formel-1 werden. Er wäre auch gerne bei Ferrari geblieben, aller-dings waren die Cockpits für die Sai-

son bereits besetzt und Ferrari erhielt keine Genehmigung, ein drittes Fahr-zeug zu stellen. Viele italienische Fans konnten ihre Enttäuschung trotzdem nicht verbergen: Emotionsgeladen sprachen sie von „Scheidung – tira aria di divorzio“ und von „Verrat“.

Schumacher nun zurück auf die Piste gemeldet. Der Rekordweltmeister startete beim Großen Preis von Bah-rain als Fahrer für das neue Mercedes-Team namens „Mercedes GP“. Er hat bei seiner Rückkehr das Podium jedoch klar verpasst und musste den Doppel-sieg seines Ex-Teams Ferrari mit anse-hen. Den ersten Platz erreichte der neue Ferrari Star Fernando Alonso. Der 28-jährige Spanier fährt seit die-ser Saison an der Seite des Brasilia-ners Felipe Massa, der bereits seit 2006 im Team ist und in Bahrain auf Platz zwei ins Ziel kam.

Die Medien konnten sich die ein oder andere bissige Bemerkung gegen den zurückgekehrten Altmeister nicht verkneifen. Doch Schumacher ist mit seinem sechsten Platz zum Auftakt der Saison zufrieden. „Dafür, dass ich drei Jahre komplett draußen war und zur Vorbereitung nicht viel fahren konnte, bin ich sehr, sehr happy und stolz darauf, wie es gelaufen ist“ berichtet er auf seiner Homepage.

Kollegial äußerte sich Ferrari-Teamchef Stefano Domenicali. Er lobte die Leistung Schumachers und ist motiviert, einen starken Rivalen im Rennen zu haben. Solange Ferrari Doppelsiege einfährt, werden die Tifo-si Schumis Wechsel verkraften. Sollte Mercedes aber einmal vor Ferrari lie-gen, wird die Enttäuschung der Fans sicher noch steigen. Es bleibt auf alle Fälle spannend!

DALL’ITALIA

Dopo tre anni di pausa Michael Schumacher è di nuovo in pista al volante di una Mercedes-Silberpfeil.Molti ferraristi italiani non sono contenti che il loro favorito di una volta corra per un’altra marca.

Saisonstartbei der Formel 1Schumi startet die Rennsaison am Steuer eines Silberpfeils

Michael Schumacher im Mercedes F1-Wagen

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20 CULTURA

Miranda Alberti

Gli uomini hanno un loro mondo: è quello delle parole. Anche quando s’illudono di poggiare i piedi a terra e di muoversi nella realtà, avvertono uno strano stordimento che li induce a dubitare e a domandarsi: “ma dove sono veramente io?”.

In principio era la realtà, quella delle pietre, delle piante e degli animali, poi fu la parola dell’uomo che pronunciò tutte quelle cose e che creò quel suo mondo d’aria. Quando infine tutto era concluso, nessuno sapeva più cosa era veramente nato per primo. E chi avrebbe potuto saperlo? L’uomo era nato con le parole e siccome le pietre non pote-vano avanzare il loro diritto di priorità, egli decise che “in principio era il verbo”, cioè lui, il vero signore del creato. E chi avrebbe potuto contraddirlo? Comunque per sicurezza s’inventò una miriade di “dei” che dovevano testimoniare di questa precedenza: dunque in principio erano gli dei (cioè i primi uomini) parlanti. Che poi fossero uno o tanti rimase un tema aperto, in fondo irrilevante rispetto al vero senso di quest’operazione di rovesciamento.

A dire il vero, in principio, l’uomo non era così arrogan-te e i suoi primi idoli se li scelse fra le pietre, i vegetali e gli animali, evidentemente qualche dubbio su questa pre-sunta priorità doveva ancora averlo. Il fatto era che lui e solo lui aveva fatto di una pietra un simbolo, cioè una parola. Quando penso a questa condizione umana, me la rappresento così: vedo un uomo che con le mani si tiene appeso al suo mondo di nuvole piene di parole e che, don-

dolando, sorvola il mondo sfiorandolo con i suoi piedi senza riuscire mai ad atterrare veramente.

Così fu, così è. Ma dov’è il problema?Il problema è che gli uomini sono raramente coscienti

della confusione che fanno fra parole e realtà. Ne consegue che come s’illudono di camminare con i piedi per terra, così pensano che le loro parole siano reali. Altalenandosi fra queste due illusioni egli finisce, confondendo il tutto, per dimenticare che fra il dire e l’essere c’è di mezzo... il mare. Essendo il suo mondo quello delle parole, egli vi si affida fiducioso, proprio quando vigilanza e sospetto dovrebbero vegliare costanti.

Pensiamo all’effetto propaganda/pubblicità: il pover’uo-mo o la povera donna se ne stanno lì con uno yogurt che non è migliore di un altro, e potrebbero sentirlo, ma prima di averne la percezione ci vogliono altre parole, quelle del cosiddetto esperto, il quale però non gli dice di essere paga-to dalla concorrenza, fino a quando non glielo rivela un articolo di giornale, il quale giornale a sua volta ospita, guar-da caso, una bella foto dello yogurt predetto con una giova-ne e magrissima donna che se lo mangia, e così via navigan-do fra flutti di frasi. E questo sarebbe niente se un tale fondamentale “equivoco” non attraversasse trasversalmente tutta la nostra vita: dal privato al pubblico. E allora perché meravigliarsi quando interi popoli cadono preda delle parole bene o male congegnate di un imbroglione o di un crimina-le? È nella nostra natura credere più alle parole che alla realtà, poiché le parole sono la nostra natura e la sola realtà che percepiamo è quella che in parole si traduce.

Un mondo di paroleLa parola è un’arma potente, utilizzata non di rado nella società odierna per persuadere, per convertire e per costringere...

FOTOGRAFIE &

JOURNALISMUS

TEXTE ALLER ART

Kirsten Ossoinig

[email protected]

0172/9019589

Retired italian teacherfrom Massa Carrara wishes to have a corrispondence with foreign people (50 and more years old), to make new friends, to Know other coun-tries, to extend her culture.

Email: [email protected]

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21Ausgabe 2/2010 Frühjahr CULTURA

C’è via d’uscita da questo dilemma? No, non c’è e atten-zione a tutti quelli che vorrebbero convincervi del contra-rio, quelli sono i più pericolosi perché rischiano di farvi abbassare il livello di guardia verso un fenomeno che richiede da voi la massima vigilanza. Una buona terapia è il sorriso scettico, un esercizio che vi provocherà una leg-gera piegolina verso l’angolo destro o sinistro della vostra bocca, ma che può salvarvi da varie situazioni penose e dai mille imbrogli quotidiani che le parole intessono intorno a noi. Chi cerca un esempio di questa sana attitudine può farsi ispirare dalla Monna Lisa di Leonardo: il più bel sorri-

so scettico della storia dell’arte. Lo scetticismo è una specie di campanello d’allarme che vi avverte del fatto evidente ma appunto per questo spesso invisibile, che di sole parole si tratta. Tuttavia non dimenticate che anche lo scetticismo è fatto di parole, quindi diffidate anche di lui. Calcolate che le parole degli altri vi prendono in giro, come voi prendete in giro gli altri con le vostre. Meditate, infine, che anche quando parlate a voi stessi usate quelle stesse parole, quel materiale aereo che tanto amiamo da non sapercene mai separare.

Die Wörter sind unsere Welt. Die Welt der Menschen. Was wir wahrnehmen ist durch Wörter vermittelt, und wir nehmen nur wahr, was sich in Wörter übersetzen lässt. Diese Welt, die unsere Welt ist, ist voller Täuschungen, vor denen wir uns kaum retten können. Der Skeptizismus lehrt uns, Abstand vor unseren Illusionen zu nehmen. Leider besteht auch der Skeptizismus nur aus Wörtern. Was kann uns also retten? Vielleicht nur ein leichtes Lächeln. Das schönste Beispiel eines solchen Lächeln bietet uns Leonardo mit der Mona Lisa.

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22 CULTURA

Giuseppe Muscardini

L’esperienza umana di Silvio Pellico, le sue privazioni allo Spielberg, gli oltraggi di una prigionia lunga ed esaspe-rante, modificarono le prospettive e la stessa personalità del patriota torinese. Rinchiuso in se stesso, pensieroso, disilluso negli alti ideali che lo avevano animato, alla fine degli anni Trenta Pellico accettò l’incarico di bibliotecario presso i Falletti di Barolo, nella cui casa si trasferì per restarvi fino alla morte. La filantropia, le buone letture e il riposo impostogli da una salute cagionevole furono da allora le sue occupazioni, ma non prima di aver dato alle stampe i Doveri degli uomini e due volumi di liriche.

Allontanandosi dalla politica e inseguendo le sole rivo-luzioni che nascono dentro le anime, Pellico era persuaso che l’amore per il prossimo fosse il solo ideale per cui valesse la pena di lottare. Non la rassegnazione, la resa, ma la volontà di concepire l’esistenza come qualcosa di ugual-mente grandioso, malgrado le storture sociali e le sofferen-ze; posizione, questa, derivante dal suo progressivo avvici-namento alla Chiesa Cattolica.

Ma più delle motivazioni religiose, fu l’amore per la verità a farsi strada: la tolleranza, l’incuria per le calunnie, divennero le difese di un uomo fiaccato dalla prigionia, ma ancora prosciugato nell’intimo. La scelta di una filosofia conciliante è riscontrabile in una lettera del 6 gennaio

Ciambellano del Duca Francesco IV di Modena. In prece-denza lo stesso Campori lo aveva informato di uno spiace-vole dissapore con Pier Alessandro Paravia, letterato di vaglia del periodo risorgimentale. La risposta di Pellico è tutt’altro che scivolosa: induce il marchese a trarre cristia-namente da ogni critica i migliori vantaggi. L’atteggiamen-to non è passivo, ma dettato dall’acquisita convinzione che non serva difendersi dalle accuse gratuite e che la forza della coscienza, insieme alla buona fede, sia sempre la più lodevole virtù degli uomini saggi.

Eppure i rapporti fra Cesare Campori e Pier Alessandro Paravia appena due anni prima erano di affabilità. Si ha notizia di una precedente corrispondenza tra i due dove il tono è cordiale e amichevole. Si legge in una lettera da

Mio caro Marchesino, Le scri-vo una sola riga per dirle che ebbi oggi la Sua cara lettera. Mi ralegran le nozze del Suo Principe Ereditario; per la quale occasione son certo che la Sua Musa non tacerà. Suo aff.mo Servo ed amico. P.A. Paravia. Venezia, 21 8bre 1841.

Interessante la citazione alle nozze del Principe Eredita-riogran numero di manifestazioni celebrative. È del matrimo-nio fra l’arciduca Francesco d’Austria d’Este con Aldegonda Augusta Carlotta di Baviera che si parla, annunciato nel

-to il 30 marzo dello stesso anno a Monaco di Baviera nella Allerheiligenkirche am Kreuz (Chiesa di Ognissanti, oggi in Kreuzstraße 10). I due si erano incontrati a Modena nel 1839, nel periodo in cui Ludovico I di Baviera, genitore di Aldegonda, aveva reso una visita al Duca Francesco IV d’Este, padre del giovane principe ereditario Francesco Ferdinando.

Tra i due giovani, sedici anni lei e venti lui, si stabilirono presto le condizioni ideali per consentire ai rispettivi regnanti di pensare seriamente ad un’unione matrimoniale che legasse la dinastia Estense a quella Bavarese. Fu il canonico Giuseppe Forni, maggiordomo di primo grado del principe ereditario Francesco d’Este, a recarsi a Monaco l’8

Baviera la mano della principessa. La ragion di Stato fu tuttavia favorita dai sentimenti autentici subito nati fra i due giovani, dettati da una stima e da un rispetto recipro-co che non si esaurirono nel corso dei successivi trentatré anni di matrimonio. L’iconografia ufficiale allude in modo palese agli amorosi sensi che caratterizzarono la loro unio-ne, restituendoci in una litografia del tempo un bel ritratto dove risalta la regale serenità di entrambi. La stessa postu-ra è conservata dagli sposi nel recto in una medaglia

nell’iscrizione: FRANCISCO ATEST. ARCHID. AVSTR. DVCI MVTIN. DESTINATO ET ALDEGONDA BAVARICA FAVSTO CONNUBIO IVUNCTIS XXX MART. A. MDCCCXXXXII. Fuori dalle solennità e dalle celebrazioni, un’immagine fotogra-fica realizzata nel 1870 ritrae Aldegonda di Baviera e

Aldegonda di Baviera e Francesco V d’EsteUn’unione oltre la ragion di Stato

1842 heirateten in der Allerheiligenkirche am Kreuz in München Franz Ferdinand von Österreich-Este und Adelgunde Auguste Charlotte von Bayern. Die Hochzeit war nicht nur politisch motiviert, sondern sie war auch von Liebe geprägt.

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Francesco V nella quiete domestica degli ampi spazi di Corte, lei intenta a leggere, lui in divisa militare che a braccia conserte guarda in direzione del fotografo, tale Giuseppe Fantuzzi di Reggio Emilia.

Una verosimile raffigurazione di Aldegonda di Baviera del primo periodo modenese è oggi conservata presso la Galleria Estense di Modena, opera di Adeodato Malatesta. Bella, occhi luminosi, incarnato roseo e pelle di seta, la giovane donna rivela nel volto i tratti di chi vive con letizia la sua nuova condizione di moglie in una terra straniera ma ospitale. Una terra che qualche giorno dopo il matrimonio celebrato a Monaco, l’accolse con grandi festeggiamenti durati a lungo. Per l’occasione furono allestite a Modena e a Reggio Emilia sfarzose sfilate di carri che si protrassero fino agli ultimi giorni di maggio. Nelle diffuse illustrazioni dedicate ai festeggiamenti, spicca per imponenza il cosid-detto carro diurno bavarese, un grande carrozza sormonta-ta da baldacchino ricostruita in onore di Aldegonda dal Conte Agostino Paradisi e su cui la sposa prese posto insie-me al Duca per i cortei lungo le vie della città. E sempre in suo onore fu eretto a Reggio Emilia un obelisco alto 17

Piazza Gioberti. Recuperato quarant’anni dopo il significa-to celebrativo dell’obelisco in funzione risorgimentale, sopra il basamento oggi si legge: Questo monumento eret-to per le nozze di Francesco V d’Este con Aldegonda di Baviera fu per voto di popolo consacrato ai primi martiri della libertà. MDCCCXLII – MDCCCLXXXII.

Il principe ereditario successe al padre Francesco IV quattro anni dopo il matrimonio con Aldegonda, che acqui-sì il titolo di Duchessa di Modena. Le insurrezioni risorgi-mentali, le legittime pretese indipendentiste dei modenesi, la perdita dell’unica figlia Anna Beatrice, nata appena un anno prima, i tragici fatti della guerra, la fuga da Modena

regnanti fino alla scomparsa di Francesco V, avvenuta a

altri quarant’anni, trascorsi fra Vienna e il Castello bavare-se di Wildenwart. Poi la morte la colse a Monaco il 28

Nelle sue righe Paravia lasciava presumere che la Musa del Ciambellano di Corte Cesare Campori non avrebbe taciuto per il solenne matrimonio del Duca, salutando l’evento con versi in lode della principessa. In realtà il com-ponimento ufficiale, intitolato All’augusta Aldegonda, R. Principessa di Baviera, Sposa all’Altezza Reale Francesco d’Este Arciduca d’Austria, Principe Ereditario di Modena, si ascrive ad un autore che si mascherò dietro lo pseudonimo di Mauro Jattice. Il componimento ha il seguente incipit: Or che ti guida un Angelo / Presso all’Azziaco Trono / L’Arti essi pur desiano / Di presentarti un dono. / E un’altra rosa aggiungere / Al tuo gemmato crine: / Non la sdegnar, la Grazia, / Ride coll’Arti affine. I versi, dettati dal sentire poetico di un uomo di Corte, forniscono di Aldegonda una descrizione certamente enfatica ed encomiastica, ma nella quale si scopre una palese consonanza figurativa con il citato ritratto di Adeodato Malatesta conservato alla Gal-leria Estense di Modena. Una rosa è dipinta sul lato sinistro dell’ovale del bel viso di Aldegonda. Il fiore è fissato ai capelli, che si intendono gemmati perché impreziositi dalle pietre incastonate nel diadema.

L’Arciduca Francesco d’Austria d’Este e Aldegonda

di Baviera, 1842,da Alfredo Comandini,

“L’Italia nei cento anni del Secolo XIX giorno per giorno”

illustrato. 1826 al 1849, Milano, Vallardi, p. 977

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20 Jahre ItalLIBRIin MünchenEin Interview mit der Inhaberin Elisabetta Cavani

Sylvia Kroupa

INTERVenti (IV): Wann sind Sie nach München gekommen und aus welchem Teil Italiens stammen Sie? Erzählen Sie uns doch kurz Ihre Geschichte.Elisabetta Cavani (EC): Ich komme aus Bologna und ich bin 1983 nach Deutschland gekommen. Ich hatte Germa-nistik studiert und bekam vom akademischen Austausch-dienst DAAD ein Stipendium, um „Deutsch als Fremd-sprache“ weiter zu vertiefen bzw. zu studieren. In Italien gab es damals keinen adäquaten Studiengang. Ich wusste, dass in Heidelberg der Professor Weinrich das „Institut für Deutsch als Fremdsprache“ gegründet hatte. Ich kon-taktierte ihn und er teilte mir mit, dass er in Kürze ein weiteres Institut in München eröffnen werde. Auf diesem Wege bin ich dann nach München gekommen. Das Studi-um war sehr interessant und ich dachte mir: „Jetzt sollte man schauen, ob das, was man lernt, tatsächlich auch in der Praxis funktioniert“. Es wäre aber irgendwie komisch gewesen, wenn ich als Ausländerin in München „Deutsch als Fremdsprache“ unterrichtet hätte; dementsprechend dachte ich: „Ach, jetzt probiere ich es mit Italienisch“, da die Methodik und die Didaktik dieselbe ist und nur die grammatikalischen Erscheinungen anders sind. Und das hat dann auch geklappt und mir viel Spaß gemacht. Und so blieb ich hier.

IV: Wann und unter welchen Umständen hatten Sie die Idee, hier in München eine italienische Buchhandlung zu eröffnen?EC: Die Idee hatte ich schon sehr lange, denn ich hatte es satt, kofferweise Bücher aus Bologna nach München zu schleppen. Hier gab es im Hugendubel nur zwei oder drei – Regale ist übertrieben – Regalreihen mit italienischen Titeln zu sehr teueren Preisen. Und dann dachte ich mir: „Komisch, dass es hier keine italienische Buchhandlung gibt“. An der Uni wurde dann das Fortbildungsstudium „Buchwissenschaften“ angeboten – das war 1986/87. Das hat mich sofort angesprochen und ich nahm natürlich teil. Im Rahmen eines Studienprojekts entwickelte ich dann meine Idee von einer italienischen Buchhandlung.Nach meiner Fortbildung fehlte mir das nötige Kapital um eine Buchhandlung zu eröffnen. 1989 haben zwei Italiener in der Nähe des Konsulats eine italienische Buchhandlung Elisabetta Cavani vor

Ihrem Laden in der Nordenstraße in München

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr CULTURA

Nel cuore di Monaco-Maxvorstadt si trova la libreria italiana ItalLIBRI, gestita da Elisabetta Cavani. Quest’anno ItalLIBRI festeggia il suo ventesimo anno di attività e grazie allo spirito d’iniziativa della titolare questa libreria è diventata il punto di riferimento per tutti coloro che vogliono acquistare libri in italiano. Un vasto assortimento di letteratura per bambini completa l’offerta. La signora Cavani organizza letture ed incontri con gli autori, contribuendo in tal modo alla vita culturale del pubblico monacense.

eröffnet, aber ein Jahr später wieder geschlossen. Sie suchten einen Käufer, weil das sich das Geschäft für sie offensichtlich nicht gerechnet hatte. Meiner Meinung nach hatten die beiden Zahnmediziner nur wenige Kenntnisse vom Buchhandel und utopische Verdienstvorstellungen. So kam es also, dass ich mit einer weiteren Freundin das Geschäft samt eines Teils des Bestandes übernommen hatte. Am Standort Ismaningerstraße fuhr derzeit nur die Straßenbahn. Alles in allem war der Laden ziemlich weit ab vom Schuss. Ich denke, die Vorbesitzer hatten die Buchhandlung dort eröffnet, weil sie sich von der Nähe des Konsulats viele italienische Kunden erhofften. Das Konzept war aber nicht zu Ende gedacht. Da meine Kolle-gin mit dem Besitzer einer spanischen Buchhandlung befreundet war – die Buchhandlung befindet sich in Schwabing hinter der Uni Mensa, zwar in einem Souter-rain, aber gut zu erreichen - haben wir ihn gebeten, uns zu beherbergen, bis wir eine andere Möglichkeit gefunden hatten. Und dieses Provisorium hielt etwa sechs Jahre lang an. Es war lustig und ich habe die Zeit sehr genossen. Die Freundschaft mit dem Buchhändler war für uns von großem Vorteil, da er die Anfangsphase schon hinter sich hatte und uns mit seinen Tipps und Erfahrungen sehr helfen konnte. 1997 haben wir dann den jetzigen Laden gefunden. Zu Beginn hatten wir nur einen Verkaufsraum und zwei Jahre später konnten wir unsere Buchhandlung um einen weiteren Raum erweitern.

IV: Sie organisieren regelmäßig Lesungen mit italienischen Autoren. Welche Lesung ist Ihnen bis dato als Highlight besonders in Erinnerung geblieben und warum?EC: Es gibt verschiedene Highlights. Ich erinnere mich immer noch zu gerne an die allererste Lesung mit Giuseppe

Ich fand es sehr aufregend, mich vor der Lesung mit ihm zu unterhalten und ihn somit schon vor der Lesung ken-nen zu lernen. Das ist im Prinzip auch der Teil von dem Ganzen, der mich am meisten reizt und der mir am besten gefällt, weil man auf diese Weise die Schriftsteller wirklich näher kennenlernt. Das, was ich vor der Lesung erfahre, lasse ich, wenn es geht, in die Lesung selbst einfließen, also beispielsweise einen Aspekt oder einen Witz, den ich im persönlichen Gespräch gehört habe. Als in unserer Buchhandlung die Lesung mit Lucarelli

stattgefunden hat, drängten sich 30 Leute in unsere Räume. Das war eine tolle Atmosphäre. Der Autor befand sich damals noch am Anfang seiner Laufbahn.Wir haben auch Serien veranstaltet, die sehr gut beim Publikum ankamen, z. B. über Krimis oder über Schrift-stellerinnen. Es gibt sehr berühmte Schriftsteller, die wir eingeladen haben, wie z. B. den Camilleri oder den Carofiglio oder eben den Lucarelli. Die Lesung mit Ammaniti fand ich super. Das war so lustig, weil er wirklich ein netter Mensch ist. Das Highlight des letzten Jahres war ganz klar Giordano im Literaturhaus. Der Saal war ausverkauft, es kamen 300 Leute und es war sehr schön zu sehen, dass man mit dem Autor die richtige Wahl getroffen hatte. Es spielt natürlich auch immer eine Rolle, ob ein Autor bereits ins Deutsche übersetzt worden ist. Meiner Ansicht nach ist es unsere Aufgabe, nicht nur die Autoren einzu-laden, die bereits ins Deutsche übersetzt wurden, sondern die Trends und interessanten Erscheinungen aufzuspüren und hierher zu bringen, die sich in Italien entwickelt haben. Das führt zwar dazu, dass Autoren kommen, die dem deutschen Publikum vielleicht noch nicht bekannt sind und die Resonanz entsprechend geringer ist, aber das soll uns nicht entmutigen.

IV: Welches ist Ihr Lieblingsautor oder Ihre Lieblingsautorin und speziell welches Buch?EC: So etwas gibt es nicht. Viele! Das Schöne daran ist, dass man sich nicht auf einen festlegen muss. Das ist wie mit Freunden, es gibt nicht „den“ besten Freund oder „die“ beste Freundin, sondern viele Freunde.

IV: Welche Art von Büchern wird in Ihrer Buchhandlung am meisten gekauft?EC: Ich würde sagen, die Belletristik. Es gibt einen harten Kern von deutschen Lesern, der die italienische Literatur liest, also die Autoren, die in aller Munde sind. Und natür-lich werden die Autoren, die auf Deutsch erschienen sind, vielfach auf Italienisch von den Leuten bestellt, die italie-nisch lesen können. Dann werden sehr viele Kinderbücher gekauft, was mich unheimlich freut. Denn es gibt immer mehr gemischte Paare, bei denen die Eltern bzw. insbe-sondere die Mütter darauf bestehen, dass die Kinder auch auf Italienisch lesen oder dass man ihnen auf Italienisch vorliest. Das hält jedoch meist nur an, bis die Kinder in

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26 CULTURA

die Schule kommen. Sobald sie in der Schule sind, tritt natürlich die deutsche Sprache mit ihren Schwierigkeiten in den Vordergrund. Es sind dann mehr die rein italieni-schen Familien, die Bücher für ihre Kinder im schulpflich-tigen Alter suchen.

IV: Nach welchen Kriterien stellen Sie Ihr Sortiment zusammen? Erzählen Sie doch bitte ein wenig von Ihrer Vorgehensweise.EC: Wir bekommen von den großen Verlagen Vorankündi-gungen und dann selektieren wir danach, was unsere Kundschaft interessieren könnte. Viele Bücher sind so spezifisch, dass es für uns keinen Sinn macht, sie auf Lager zu haben. Auf speziellen Kundenwunsch können wir natürlich immer alle Titel bestellen. Aber wenn ich ein Buch nur einmal im Jahr verkaufe, muss ich schon überle-gen, ob ich das wirklich auf Lager haben möchte. Höchs-tens vielleicht aus Prestigegründen, um zu zeigen, dass man gut sortiert ist. Das ist aber nicht die Regel! Dann muss man sich überlegen, welchen Kunden man bedient. Also wir haben hauptsächlich deutsche Kunden, die an der italienischen Belletristik interessiert sind oder an speziellen Themen wie z. B. Geschichte. Die Italiener lesen hauptsächlich nicht italienische Autoren in Überset-zung, also die bekannten Autoren wie Philip Roth, etc., die auf dem Markt erscheinen. Letztendlich muss man immer abwägen, was und wie viel von welchen Büchern man auf Lager haben will. Ein Besuch der Buchmesse in Frankfurt ist zwar immer interessant, aber nicht alle itali-enischen Verlage sind dort vertreten, daher ist die Messe für uns nicht Pflicht. Außerdem bekommen wir meistens Vorankündigungen von den deutschen Verlagen, die italie-nische Neuigkeiten haben. Die „Fiera del Libro per Bambi-ni“ findet in Bologna statt, die „Fiera del Libro“ ist in Turin, allerdings ist es nicht immer einfach das alles zeitlich unter einen Hut zu bringen. Oft hilft auch einfach der Besuch eines Kollegen aus Italien. Man muss auch die Zeitungen und Zeitschriften lesen und verfolgen, was kul-turell und gesellschaftlich gerade diskutiert wird. Zum Beispiel kamen 2006 mehrere Bücher von jungen italieni-schen Autoren heraus, die sich mit dem Thema „befristete Arbeitsverhältnisse“ beschäftigen. Das kam nicht von ungefähr, denn es wurde ein neues Gesetz verabschiedet, welches die flexiblen Arbeitsverhältnisse zulässt. Dement-

sprechend haben die Autoren das Thema aufgegriffen und darüber berichtet. Auch insofern, finde ich, muss man als italienische Buchhandlung immer aktuell sein.

IV: Sie haben seit vielen Jahren eine Homepage mit Online-shop. In welchem Verhältnis steht der Online-Verkauf zum klassischen Verkauf im Laden?

und wir wollen auch heuer noch eine kundenfreundlichere Version der Seite auflegen. Ich hoffe, dass wir das bis zum zwanzigjährigen Jubiläum der Buchhandlung im Septem-ber hinbekommen.

IV: Warum dauert es manchmal so lange, bis die Bücher aus Italien da sind? Wovon hängt die lange Lieferzeit ab?EC: Das hängt von der Struktur des italienischen Buch-handels ab. Das hat aber nicht unbedingt etwas damit zu tun, dass wir im Ausland sind. In einigen Fällen, wenn zum Beispiel Vorauskasse verlangt wird, verzögert sich der Versand, bis der Geldeingang verbucht wurde. Aber Kun-den und Kollegen in Italien haben in der Regel dieselben Lieferzeiten. Auch in Italien ist es nicht ungewöhnlich, dass man zwei oder drei Wochen auf ein Buch wartet, wenn es nicht gerade auf Lager ist.

IV: Welche Neuentdeckungen am italienischen Literatur-markt empfehlen Sie besonders?EC: Von den Autoren, die gerade seit einiger Zeit auf dem Markt sind, gefallen mir besonders Andrea Bajani mit „Cordiali saluti“ oder „Se consideri le colpe“. Oder von Michela Murgia das Buch „Il mondo deve sapere“, das als Vorlage für den Film „Tutta la vita davanti“ diente. Jetzt ist bei Wagenbach ein neues Buch von ihr erschienen, es trägt den Titel „Accabadora“, das finde ich sehr gut. Ansonsten findet man meine Tipps auch auf der Webseite.

IV: Wieviele Bücher schaffen Sie neben Ihrer Arbeit als Buchhändlerin pro Monat oder pro Jahr zu lesen?EC: Das ist top secret.

IV: Last but not least: Wann kommt der Katalog 2010 heraus?EC: Das wird so um Ostern herum sein.

IV: Frau Cavani, vielen Dank für das Interview.

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Pasquale Episcopo

Monaco di Baviera e Milano hanno in comune l’iniziale e molto altro. La ricchezza ad esempio. Milano è una città industriale tra le più note al mondo, centro fieristico di importanza internazionale. La stessa cosa vale per Monaco. I due capoluoghi primeggiano anche nell’offerta culturale e artistica. Vantano importanti musei e pinacoteche che ospitano raccolte di notevole valore. Con la Scala e il Nationaltheater, sono sede di grandi eventi musicali. Para-gonabili anche l’estensione territoriale, la dimensione demografica e la ubicazione geografica. Entrambe le città sono a ridosso delle Alpi, vicino a laghi e montagne di bel-lezza straordinaria. Queste caratteristiche fanno di Monaco e di Milano due luoghi dove la qualità della vita ha un livello assai alto. Naturalmente tra le due città esistono anche differenze considerevoli, prima tra tutte la lingua e con essa la cultura e la mentalità. Ma le differenze, per chi crede nella biodiversità e fino a prova contraria, sono da considerarsi un ulteriore valore aggiunto.

Tra Monaco e Milano negli ultimi tre anni si è consumata una storia singolare e inquietante che non basta in sé a rappresentare una prova contraria del grado di civiltà rag-giunto dalle due città e tuttavia rappresenta un indizio di quanto, nonostante le apparenze, le cose possano essere molto diverse dalla realtà. Un indizio che apre uno squarcio su questioni delicate la cui conoscenza è importante se si vuole capire quanto lavoro c’è ancora da compiere per costruire l’Europa e farne un luogo di civile convivenza. I fatti di cui parleremo riguardano una famiglia mista, padre tedesco, madre italiana e i loro due figli, di undici e sette anni, bambini con due culture e due lingue. Che bello, pen-serete. Sono questi due bambini, le loro due lingue e queste due città che svolgono un ruolo centrale nella vicenda. Que-sti due bambini sono stati oggetto di un reato il cui nome è

“sottrazione internazionale di minori”. Per ben due volte la madre li ha portati via dalla città di Monaco. A Milano lo hanno fatto i carabinieri. Con la forza. Dunque “sottratti” tre volte. Almeno finora. Nel momento in cui scriviamo forse sono in Polonia, ma nessuno sa esattamente dove.

Prima di addentrarci nei particolari della vicenda desi-deriamo precisare che ogni riferimento, che si farà a per-sone reali e fatti accaduti, sarà voluto e necessario. Il motivo della precisazione è presto detto. È la madre dei bambini che ha voluto raccontare in prima persona met-tendo in moto una vera campagna di informazione verso i mass media. Con dichiarazioni, proteste e denunce, ha creato molto rumore intorno alla sua vicenda riuscendo a mobilitare le coscienze della gente, ma anche sollecitando ed auspicando per lei, per i figli e per l’ex-marito una solu-zione definitiva al loro dramma. Con questo articolo inten-diamo dare un contributo a quell’auspicio. Riporteremo i fatti occorsi attingendo alle svariate interviste rilasciate da questa donna e madre italiana che giornali e televisioni hanno portato all’attenzione del grande pubblico. Riporte-remo anche il punto di vista del suo ex-marito, così come appare nell’unica intervista concessa ad un giornale italia-no. Descriveremo il ruolo svolto dallo Jugendamt. Cerche-remo poi di comprendere il quadro giuridico internazionale e di descrivere il ruolo giocato dalle istituzioni. Ci cimente-remo infine in un tentativo di analisi critica della situazio-ne presente e azzarderemo una previsione sul possibile epilogo della vicenda.

La storiaMarinella C. e Tobias R. si conoscono e mettono su fami-

glia a metà degli Anni novanta. Tobias è di Monaco e qui i due stabiliscono la propria residenza. Vivono presumibil-mente felici per alcuni anni. Dalla loro unione nascono due bambini, Leonardo e Nicolò. Poi qualcosa si incrina. Nel mese di novembre del 2006 si separano. Il tribunale di Monaco stabilisce la residenza dei due bambini presso la madre. Tobias può vederli ogni due fine settimana e tra-scorrere con loro metà delle vacanze. Entrambi i genitori mantengono la potestà genitoriale. All’inizio del 2007 Marinella riceve la prima visita dello Jugendamt. Successi-vamente queste visite si intensificheranno. Nelle sue inter-viste Marinella parlerà dei modi e dei metodi dei funziona-ri dell’ufficio. All’inizio del 2008 la ditta in cui lavora

Alla ricerca della Terra PromessaUna storia di bambini contesi, tra Monaco di Baviera e Milano

Die Trennung von Marinella und Tobias schien wie jede andere Trennung zu verlaufen.Als jedoch das Jugendamt in Erscheinung tritt wird alles kompliziert. Die Leidtragenden sind vor allem die beiden Kinder, die Gegenstand einer bitteren rechtlichen Auseinandersetzung zwischen München und Mailand werden.

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decide di chiudere l’ufficio di Monaco e le propone il tra-sferimento nella sede di Milano. Un’offerta che Marinella vorrebbe accettare. Ne parla con Tobias impegnandosi a portargli i bambini una volta al mese. Si rivolge al tribuna-le per chiedere l’autorizzazione al trasferimento e per poter regolare le visite del padre. Lei e i bambini vengono nuova-mente interrogati dallo Jugendamt. Primavera 2008. La presenza dello Jugendamt nella vita dei due genitori e dei loro bambini si fa sempre maggiore e alimenta il conflitto tra i due ex-coniugi. Marinella ha difficoltà economiche e accusa Tobias di non sostenerla adeguatamente. A giugno il tribunale respinge la richiesta di trasferimento. Marinella fa ricorso.

Lo Jugendamt continua la sua azio-ne. I bambini sono spaventati. Piango-no. Marinella promette ai figli che non permetterà più che venga loro fatto del male. Decide di reagire e di difendersi e cerca aiuto. Viene a cono-scenza dell’esistenza del CEED (Con-seil Européen des Enfants du Divorce – Consiglio europeo dei bambini del divorzio) un’associazione di genitori di bambini vittime di sottrazioni inter-nazionali, e la contatta. Apprende che il suo caso non è isolato. Viene a sapere di bambini sottratti ai loro genitori dallo Jugendamt, senza pre-avviso e assegnati a famiglie affidata-rie. Decisione drastica e al stesso

2008 è in viaggio con i figli. Destina-zione Milano. Qualche giorno dopo li iscrive a scuola. Ottobre 2008. Mari-nella viene a sapere di essere ricercata dalla polizia. Il 27 ottobre si costitui-sce e apprende che contro di lei è stato spiccato un mandato di arresto

agosto quando si trovava ancora in Germania e mentre i figli erano in vacanza con il padre. Rischia fino a cinque anni di prigione. “Strano che il due settembre, presentandomi a

Monaco all’udienza di ricorso per il negato trasferimento, ricorso anch’esso respinto, non sia stata arrestata” dichiara Marinella. Ma quel giorno aveva già capito, sono sue paro-le, che si stava costruendo un caso per impedire che i figli lasciassero la Germania, e per toglierle l’affido. Trascorre una notte nel carcere di S. Vittore. Il giorno dopo viene rilasciata con l’obbligo di firma settimanale.

Il due dicembre 2008 il Tribunale dei Minori di Milano sulla base della documentazione ricevuta dalla Germania dispone il rimpatrio immediato dei bambini. Marinella denuncia anomalie ed irregolarità nella documentazione prodotta dai giudici tedeschi. Ciò in particolare per quanto riguarda la correttezza delle traduzioni il cui testo, non con-

Chi pensa a loro?

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forme all’originale, assegna al padre l’affidamento esclusivo dei figli. Marinella, delusa dalla decisione dei giudici italiani, decide di non mandare più a scuola i figli e di nasconderli. Il giorno dopo le arrivano in casa i carabinieri. Da quel momento dà inizio alla sua azione di informazione, di denuncia e di protesta. Contatta giornali e televisioni e scri-ve alle Istituzioni italiane ed europee. Tra gli altri, al Presi-dente della Repubblica e al Ministro della Giustizia. Il 26 gennaio 2009 i giudici della Corte d’appello rendono noto di aver rilevato “condizioni ostative” alla concessione dell’estra-dizione e che pertanto non accolgono la richiesta delle autorità tedesche. Marinella resta in Italia. Ciò non serve ad impedire che rimanga oggetto non solo di uno, ma di due procedimenti a suo carico, uno in campo penale e l’altro in campo civile. Uno, per il reato di sottrazione di minori, l’altro per non aver dato luogo al rientro dei bambini ordinato dai giudici. Nel mese di marzo avanza ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale dei Minori di Milano. I tempi tecnici dei ricorsi in Cassazione sono lunghi e Marinel-la non può e non vuole tenere a lungo i figli nascosti. I suoi avvocati contattano quelli dell’ex-marito e tra le parti ha così inizio una mediazione stragiudiziale con lo scopo di arrivare a sottoscrivere un accordo con il quale Tobias rinun-cia al rimpatrio dei figli e Marinella si impegna a far ripren-dere i contatti tra lui e i bambini. Aprile 2009. Firmato l’ac-cordo Leonardo e Nicolò riprendono la scuola. Otto maggio. Marinella va a prenderli a scuola, ma non li trova. Li hanno presi i carabinieri, per consentirne il rientro in Germania.

Dopo quell’otto maggio Marinella accentua la sua cam-pagna di informazione e di denuncia. L’eco che ne deriva è forte. Rilascia interviste a quotidiani, riviste e televisioni, e contatta parlamentari italiani ed europei. Tra questi l’on. Alessandra Mussolini, Presidente della Commissione Parla-

si impegna ad andare a fondo nella questione e dice persi-no di volersi recare personalmente in Germania. Il venti maggio il ministro Frattini istituisce una task force inter-ministeriale sulla sottrazione internazionale dei minori.

Questo in Italia. E in Germania?In Germania Tobias è impegnato nella delicata fase di

normalizzazione della vita dei figli. Raggiunto da un croni-sta italiano de “il Resto del Carlino” rilascia per la prima volta un’intervista che viene pubblicata l’otto giugno, a un

mese dal rientro dei bambini. Tobias dichiara che Leonardo e Nicolò stanno bene e che hanno ripreso con piacere la scuola e parla di come trascorrono la giornata ed i fine settimana. Poi parla anche della stampa italiana che si dimostra “priva di senso critico”. E delle “bugie dell’ex-moglie: non appena si è accorta che io e i ragazzi eravamo felici di stare insieme, ha cercato di andarsene per sempre in Italia. In questo modo voleva ridurre i miei incontri con i bambini, e alla lunga di impedirli. Solo a questo punto ho spiegato al nostro consulente coniugale, ai periti del tribu-nale e al giudice che i due bambini avevano un bisogno profondo e urgente del loro padre; della sua tenerezza per bilanciare il rapporto rigido e duro con loro madre, e con i suoi interventi duri e possessivi”. Sono le parole di Tobias, che continua: “In Italia è stata violata la mia sfera privata. In Germania il caso è conosciuto per fortuna solo da poche persone coinvolte. Purtroppo, è proprio la signora C. che non conosce limiti. Finora ho potuto tenere lontana la stampa e continuerò a farlo, con la sola eccezione di que-sta intervista. Io desidero solo una cosa: vivere in pace con i miei figli. Mi rammarico molto per come estranei si immi-schiano nelle nostre faccende e cercano di aizzare gli animi. Mi appello a tutti, e in particolare alla signora C.: preservate la nostra sfera intima e privata”.

Signor R. siamo qui a parlare di Lei, dei Suoi figli e della Sua ex-moglie, e Lei penserà che non abbiamo ascoltato il Suo appello. Vorremmo però tranquillizzarLa. La Sua vicen-da ci sta a cuore. Non la seguiamo con occhio inquisitore, bensì desideriamo sinceramente che per i Suoi figli presto si trovi una soluzione che permetta ciò che è un loro sacro-santo diritto, avere una casa, una vita serena e l'affetto dei loro genitori.

Torniamo in Italia. Marinella non ha notizie dei figli, non le è permesso sentirli tanto meno andarli a visitare. Nono-stante non possa mettere piede sul suolo tedesco, il 22 giugno il Tribunale di Monaco la diffida dall’avvicinarsi a meno di 200 metri dall’abitazione dei bambini o dalla

mesi di prigione. Il sette luglio quattro parlamentari italia-ni inoltrano un’interrogazione scritta al Presidente del Consiglio e ai Ministri degli Esteri e della Giustizia chieden-do quali azioni si intendano intraprendere, in sede comuni-taria, al fine di persuadere il governo di Berlino ad aprire un dialogo con i rappresentanti dello Jugendamt. A questa

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interrogazione ne seguono svariate altre che restano senza risposta. La vicenda ha ormai assunto una dimensione internazionale e tocca il delicato intreccio dei rapporti tra

firme per una maxi-petizione. L’eco della sua battaglia

novembre l’on. Cristiana Muscardini presenta un’interroga-zione alla Commissione.

Inizio 2010. Tutte le iniziative fin qui messe in azione, le conferenze stampa, le interviste giornalistiche e televisive, le petizioni e le interrogazioni non bastano a consentire che Marinella possa rivedere i figli. La donna è disperata. Il 19 febbraio 2010 è a Monaco. Vede i figli per strada, li chiama. I tre non si vedono da dieci mesi. Si abbracciano e vanno via insieme. Di loro da quel giorno non si ha più

dichiarazione:“Buongiorno a tutti, sono Marinella C. Avrete già ormai

tutti sentito che Leonardo e Nicolò sono di nuovo con me. Stiamo bene, siamo contenti. (...) Io sono dovuta andare da sola a riprendere i miei figli perché, era chiaro, una volta rimandati in Germania, dall’Italia nessuno sarebbe più andato a liberarli. E in Germania qualsiasi prova io possa portare delle illegalità che sono state fatte nei miei con-fronti non interessa a nessuno. (...) Erano dieci mesi che non potevo vederli senza nessuna ragione chiara. (...) Quin-di ho dovuto farlo. Non ho fatto niente di speciale, ho fatto quello che qualsiasi genitore responsabile nei confronti dei propri figli avrebbe fatto. Io spero soltanto adesso che, finalmente, vengano riconosciuti i diritti dei miei figli, anche quello di avere due genitori, e questo potrà succede-re solo in Italia”

JugendamtNella vicenda C.-R. lo Jugendamt ha svolto un ruolo

importante e merita un approfondimento. Letteralmente la parola “Jugendamt” vuol dire “ufficio della gioventù”. L’Ufficio è la principale istituzione tedesca a sostegno dell’infanzia e della gioventù e fa parte dell’amministra-zione comunale. Gli Jugendamt assistono e supportano i tribunali dei minori in merito a tutte le questioni riguardanti la potestà genitoriale e il diritto di visita. Partecipano e collaborano nelle cause e nei dibattimenti processuali.

Sicuramente sono moltissimi i casi in cui gli Jugendamt svolgono opera meritoria. Sussistono tuttavia molteplici situazioni che gettano ombra sull’istituzione e richiamano critiche dall’interno e dall’esterno della Germania. Nume-rosi episodi di ingerenza nella vita delle famiglie sono stati denunciati dai media. In una trasmissione del 22 gennaio 2009 il canale ARD (prima TV tedesca, ndr) parla di centi-naia di casi di genitori ai quali sono stati tolti i figli e che non hanno chance di riaverli e afferma che in nessun altro Paese europeo i servizi sociali hanno un potere paragona-bile a quello degli Jugendamt tedeschi. Il 18 marzo scorso la TV americana CBN ha denunciato senza mezzi termini lo strapotere del servizio sociale tedesco che “terrorizza e distrugge le famiglie e fa affari sulla loro pelle”. Questi sono solo alcuni esempi della pessima reputazione che si è andata formando intorno a questo servizio sociale tedesco. Ad essi si aggiunge quello della signora C. Nelle sue inter-viste Marinella racconta di minacce, ricatti e tentativi di manipolazione dei funzionari dell’ufficio. Questi interroga-no i bambini uno alla volta e a porte chiuse e tentano a più riprese di mettere in cattiva luce la madre. Una psicologa le fa visita per verificare se è idonea a svolgere il ruolo di madre. Un curatore legale, “Verfahrenspfleger”, scrive al giudice evidenziando il rischio che i bambini non siano accettati in Italia per il loro accento tedesco. Anche Tobias nella sua unica intervista commenta l’operato dello Jugen-damt. “Le accuse allo Jugendamt sono assolutamente ingiuste” egli dice. “Durante il processo ha dato il suo pare-re solo due volte, sostenendo che era meglio per i bambini vivere con il padre in Germania, piuttosto che con la madre in Italia. Simili consigli sono giunti anche da parte del perito che il tribunale ha voluto consultare”. Insomma affermazioni diametralmente opposte. Comprensibile, visto che si tratta di persone che hanno un contenzioso.

Esistono però pareri sicuramente meno soggettivi. A Strasburgo ad esempio la questione Jugendamt è ben nota. Il Parlamento Europeo ha dichiarato come ammissibili molte delle petizioni pervenute negli ultimi anni. Il 22 dicembre 2008 la commissione per le petizioni del Parla-mento ha reso pubblico un documento di lavoro che tratta delle numerose petizioni relative a “presunte misure discri-minatorie e arbitrarie compiute dallo Jugendamt” e ha affermato che “il suo operato rappresenta una questione di reale preoccupazione per molti cittadini europei e deve

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quindi essere affrontata con urgenza dalle autorità respon-sabili a livello nazionale”. Il documento cita tra le altre la “Petizione dei dieci genitori” inviata dal CEED che afferma che lo Jugendamt non trova corrispettivi negli altri Stati di diritto e che i suoi poteri sono molto estesi giungendo a comprendere quelli propri di un giudice. Obiettivo della petizione è che lo Jugendamt venga dichiarato illegale e di conseguenza abolito. Il 20 gennaio 2010 la Commissione Europea risponde all’interrogazione dell’on. Muscardini del

all’esercizio della responsabilità genitoriale, anche nei casi con implicazioni transnazionali, sono competenza degli Stati membri e non già dell’Unione europea”. Non è una

bella risposta, ma così è.Il dieci marzo scorso a Strasburgo

si è tenuta una conferenza stampa sui metodi dello Jugendamt. Alla confe-renza hanno partecipato alcuni euro-parlamentari tra cui il polacco on. Zimasky e gli italiani on. Muscardini, on. Pittella, on. Angelilli. Presenti numerose famiglie, soprattutto tede-sche, nonché il CEED con il suo presi-dente Olivier Karrer. Quest’ultimo ha menzionato numerosi casi di abusi compiuti dallo Jugendamt e ha affer-mato che lo scopo dell'ufficio è quello di difendere gli interessi tedeschi con-tro i cittadini stranieri.

Insomma pare proprio che un “pro-blema Jugendamt” esista e sia piutto-sto grave. Da più parti nel mondo l’istituzione è sotto accusa. Se anche soltanto la metà degli abusi e delle discriminazioni denunciate a suo cari-co risultassero vere, la Germania, paese fondatore dell’UE, ha il dovere di indagare e correre ai ripari anche alla svelta. Una drastica correzione dei metodi e delle procedure e una riforma in senso democratico dell’isti-tuzione appaiono indifferibili.

Il quadro giuridico e normativoVogliamo ora collocare la nostra storia nel quadro nor-

mativo vigente. Ciò è importante per capire come mai determinati eventi siano potuti accadere e per formulare ipotesi sugli sviluppi a venire.

Nel quadro giuridico un posto preminente è occupato dalla Convenzione dell’Aia del 1980. Questa ha il fine di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti. Per quanto riguarda i casi di sottrazione interna-zionale, con la Convenzione dell’Aia gli Stati firmatari hanno stabilito procedure tese ad assicurare l’immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale, nonché a garantire la tutela del diritto di visita. Il fulcro organizzativo

Quando troveranno la loro terra promessa?

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intorno al quale ruota la sua concreta attuazione è l’istituzione, in ciascuno Stato contraente, di un’Autorità cen-trale incaricata di adempiere agli obbli-ghi imposti dalla Convenzione. Questi organi centrali “devono promuovere la cooperazione tra le autorità compe-tenti nei loro rispettivi Stati, al fine di assicurare l’immediato rientro dei minori”. Il presupposto sul quale si basa il buon funzionamento della Conven-zione è quindi quello della reciproca fiducia tra gli Stati firmatari. Oltre alla Convenzione dell’Aia, in ambito più strettamente europeo c’è il Regola-mento 2201/2003, noto come “Bruxel-les II bis”. In estrema sintesi, il regola-mento stabilisce che foro competente per le decisioni in merito alla sottrazio-ne è quello dello Stato di abituale dimora e che i tempi di rientro dallo Stato dove il minore è stato trasferito debbono essere rapidissimi (sei setti-mane). Il regolamento stabilisce che “le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento”, senza “pro-cedere al riesame della competenza giurisdizionale del giu-dice dello Stato membro d’origine” e che “in nessun caso la decisione del giudice può formare oggetto di un riesame del merito”. In pratica sia Convenzione che Regolamento affer-mano il principio della reciproca fiducia.

Molto bene. Tuttavia, tale assunto può rivelarsi proble-matico. Infatti la sua validità sussiste solo se norme e procedure applicative dei diversi Stati contraenti sono basate su criteri giuridici comparabili. In parole semplici il sistema funziona così: io, Stato A, riconosco a te, Stato B, l’autorità di procedere a carico di un mio cittadino in quan-to assumo che le tue procedure interne, ancorché diverse dalle mie nella prassi organizzativa, soddisfino requisiti della correttezza formale, della legittimità e della non incompatibilità. Ma ciò è sempre vero? Lo è stato nel caso dei coniugi C.-R.? Insomma si può porre la domanda, se l’assunto sia sempre valido o se la sua validità non sia

invece da dimostrare. Porsi cioè in contraddittorio con esso. In fondo stiamo parlando di sottrazione di minori e non di furto di biciclette. Se l’assunto della reciproca fiducia viene meno, dobbiamo allora porci la questione se non possano verificarsi situazioni in cui nocivo sia non il trasferire il minore in un altro Stato, bensì il mantenerlo dov’è. Se in tali situazioni non possa diventare opportuno, e perfino necessario, allontanare il minore dallo Stato di abituale dimora. Farlo proprio allo scopo di garantirne la protezione. Porsi la questione di chi debba ravvisare le circostanze nocive per il minore e compiere le azioni orientate a con-trastarne i pericoli. Deve essere un’autorità dello Stato? Deve essere un genitore? E cosa succede se è proprio lo Stato a rappresentare il pericolo per il minore? Se un geni-tore abusa dei suoi diritti di custodia, lo Stato può (e deve) intervenire, ma cosa deve (e può) fare un genitore se ad abusare è lo Stato? Se ad abusare sono cioè le istituzioni che dovrebbero garantire protezione e incolumità del minore? Cosa deve fare in particolare il genitore straniero

Sballottati da una città all’altra

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che vive in un altro Stato e ravvisa scorrettezze gravi da parte proprio dei funzionari che lavorano nell’organizzazio-ne statale? Può rivolgersi all’autorità giudiziaria del proprio Stato e denunciare il comportamento anomalo delle istitu-zioni straniere? La Convenzione dell’Aia sarebbe di aiuto o di impedimento? Il caso della signora C. può essere fatto rientrare nella suddetta fattispecie?

Un altro aspetto che rende discutibile l’assunto della reciproca fiducia è la grande diversità delle norme di dirit-to di famiglia degli Stati europei. Con il regolamento Bru-xelles II bis l’Europa, invece di tentare di eliminare le ano-malie tra le norme nazionali e procedere ad una armoniz-zazione, ha preferito realizzare un dispositivo che fa rien-trare ogni disputa transnazionale entro i confini dello Stato in cui risiedono le persone fisiche interessate al contenzio-so. Ovvero entro l’ordinamento giuridico vigente all’interno di tali confini. Affermando di voler assicurare che i diritti di custodia e di visita previsti in uno Stato siano rispettati negli altri Stati contraenti, di fatto sia la Convenzione dell’Aia sia Bruxelles II bis legittimano le contraddizioni tra gli ordinamenti. E in virtù della reciproca fiducia estendono meccanicamente le anomalie giuridiche di uno Stato ad un altro che ne è privo.

Un altro tema importante, ma parimenti critico, è quel-lo della mediazione. Nel testo della Convenzione dell’Aia la parola “mediazione” non appare. Non ce n’è traccia. Nel Regolamento Bruxelles II bis è invece nominata. Soltanto una volta. Vediamo: “le Autorità centrali provvedono, diret-tamente o tramite le autorità pubbliche o altri organismi a facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità geni-toriale, ricorrendo alla mediazione o con altri mezzi, e ad agevolare a tal fine la cooperazione transfrontaliera”. Non è molto, ma meglio di niente. Cooperazione transfrontalie-ra è una bella espressione solo che resta poi difficile capire chi deve cooperare con chi. Nel caso di Tobias e Marinella c’è stata cooperazione tra gli Stati? C’è stata almeno la mediazione? Qualcuno (e chi se non lo Jugendamt?), ha provveduto a facilitare un accordo fra i due genitori? A giudicare dalla descrizione dei fatti si direbbe che l’unico tentativo ha avuto luogo nella primavera 2009 e aveva l’obiettivo di far uscire i bambini dal luogo nascosto dove la madre li teneva, far loro riprendere la scuola e consenti-re al padre di poterli vedere. Il Tribunale dei Minori di Milano ha cercato di favorire la mediazione convocando le

parti. L’accordo è stato firmato dagli avvocati e i bambini hanno ripreso la scuola. L’atto è stato poi trasmesso anche alle Autorità centrali dei due Paesi ed al Tribunale di Mona-co. Dopo poche settimane però l’avvocato tedesco ha man-dato un fax al Tribunale di Milano, ma non alla contropar-te, dicendo che la mediazione non interessava più e che i bambini dovevano immediatamente tornare in Germania. Il Procuratore del Tribunale dei Minori di Milano ha dato seguito alla richiesta e ha inviato la forza pubblica a scuo-la. Il resto lo conosciamo.

Alla conferenza stampa del dieci marzo l’on. Angelilli, vicepresidente del Parlamento Europeo, ha affermato di essere stata nominata, a partire da gennaio 2010, media-trice del Parlamento Europeo per i casi di sottrazione internazionale e di aver già ricevuto cinquanta casi, tutti con entrambi i genitori disponibili alla mediazione. La precedente mediatrice e parlamentare europea, l’on. Gebhardt, tedesca, nel 2007 ha predisposto un’interessan-te relazione in cui emergono le difficoltà di collaborazione con le Autorità centrali e ciò proprio perché la Convenzio-ne dell’Aia non contempla affatto la mediazione. Cosa che sapevamo già. La relazione termina con una serie di rac-comandazioni orientate a promuovere il ruolo della mediazione e a facilitarne l’adozione. Insomma, per quan-to sicuramente importante, l’esistenza della figura di mediatrice europea svincolata dalla Convenzione dell’Aia, ha valore più che altro politico e di indirizzo. E fin quando convenzioni e trattati non incorporeranno l’esigenza di impiegare la mediazione a basso livello, tale indirizzo è destinato a rimanere frustrato. Inoltre per motivi geogra-fici la figura della mediatrice europea rimane lontana da gran parte dei casi individuali che avvengono in Europa. Lontana e direi anche sconosciuta. Si impone dunque che la mediazione si conquisti un posto di rilievo, che ottenga riconoscimento e rispetto, che rappresenti l’approccio da preferire già in fase preliminare. Dirò di più: che diventi obbligatoria. Trattati, regolamenti e convenzioni sono solo un meccanismo di difesa, a effetto ritardato, che entra in funzione quando eventi drammatici sono già accaduti. Un meccanismo che non previene e che non agisce sulle cause, ma solo tardivamente sugli effetti. Sulle cause potrebbe invece agire la mediazione. Ma a questa, a quan-to pare, non è dato spazio. Nelle convenzioni, come nelle istituzioni, come nei fatti.

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Europa, sei tu la terra promessa?

proposta di risoluzione al Consiglio ed alla Commissione invitando i due massimi organi europei a valutare la neces-sità di istituire un Ente centrale per il diritto di famiglia nell’ambito dello Spazio giuridico europeo e ad affidare ad esso la competenza di farsi carico in tempi brevi dei ricor-si eventuali delle parti in conflitto che si ritengono discri-minate dalle decisioni di un tribunale nazionale di uno Stato membro dell’Unione diverso dal loro. La risposta non si è fatta attendere a lungo e il 16 aprile scorso la Commis-sione ha testualmente dichiarato che “ai sensi del trattato sul funzionamento dell‘Unione europea e del trattato sull‘Unione europea, l‘Unione europea non sembrerebbe disporre delle competenze necessarie per istituire un Ente centrale europeo per il diritto di famiglia, come suggerito dall'onorevole parlamentare”.

È noto a tutti che la Costituzione Europea è naufragata

Trattato di Lisbona ha poi ripreso in gran parte il vecchio testo e ora è stato approvato. Vi si legge: “le misure relati-ve al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, che delibera secondo una pro-cedura legislativa speciale. Il Consiglio delibera all’unani-mità previa consultazione del Parlamento europeo. (…) I parlamenti nazionali sono informati della proposta. (…) Se un parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro sei mesi dalla data di tale informazione, la decisione non è adottata. In mancanza di opposizione, il Consiglio può adottare la decisione”. Insomma se un solo Paese UE si oppone ad una decisione presa dai restanti 26, questa salta. È chiaro che il modello parlamentare europeo, assai bello sulla carta, rischia operativamente la paralisi.

Avremo un giorno un diritto di famiglia europeo?

Scetticismo e pessimismo generali lasciano poco spazio a questa speran-za. C’è tuttavia un’altra domanda alla quale qualcuno dovrà pur dare una risposta. E anche presto. Che ne sarà di Leonardo e Nicolò? Chi si farà cari-co di trovare una soluzione al loro dramma? Il 17 marzo a Roma al “Palazzaccio” c’è stata un’udienza della Corte di Cassazione sul ricorso contro la decisione del Tribunale dei Minori di Milano del dicembre 2008, quella che aveva disposto il rientro in Germania dei bambini. Il Procuratore Generale ha riconosciuto la fondatez-za del ricorso e ne ha chiesto l’acco-glimento. Va detto però che da dicem-bre 2008 molte cose sono successe. I

Roma, la sede della Corte di Cassazione, detta “Il Palazzaccio” (Foto: Wikipedia)

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Deutsch-italienische Gesellschaft Germering

drammi personali hanno velocità e tempi diversi da quelli istituzionali. I bambini, forzatamente rimpatriati prima, sono stati poi ripresi dalla madre recidiva. Tutto ciò non potrà non avere un impatto sulle future deci-sioni dei tribunali. Svariate e molteplici le domande che si pongono. Vediamole.

Se la Cassazione confermerà l’accoglimento del ricorso, madre e figli potranno rientrare a Milano? I bambini potranno rivedere il padre? Potranno essere ascoltati da un giudice? I coniugi C.-R. potranno chie-dere aiuto alla mediatrice europea per una soluzione stragiudiziale della vicenda? Potrà esserci un intervento delle diplomazie che aiuti nel superamento dei limiti giurisdizionali degli ordinamenti nazionali? Ci sarà col-laborazione tra i Tribunali di Monaco e Milano?

Insomma un bel groviglio di questioni, non c’è che dire. Un groviglio che rende difficile prevedere se e quando il calvario di questa famiglia avrà fine. Se non ci sarà una soluzione europea, qualcuno ha ipotizzato che Marinella lascerà l’Europa. Lei e i suoi figli se ne andranno in un’altra terra, diversa dalla Baviera e dalla Lombardia, e i bambini rischieranno di perdere il padre. Rischieranno anche di perdere le loro due lin-gue, e le culture che dietro quelle lingue soggiacciono. Per chi scrive, cittadino europeo e padre, questa ipo-tesi appare come una sconfitta dolorosa. Una sconfit-ta per le persone interessate. Una sconfitta per il Vecchio Continente.

Leonardo e Nicolò sono solo un caso, emblematico se si vuole, ma solo uno dei tanti, e sono migliaia e miglia-ia. Bambini discriminati, figli di famiglie miste penaliz-zate da leggi inadeguate. Oggetto di ingiustizie perpe-trate ai loro danni da parte di una Terra di nome Europa che fino ad oggi li ha traditi, mostrandosi incapace di mantenere le sue promesse.

Per riferimenti e documentazione rimandiamo al nostro sito web www.interventi.net (sommario)

Forum der Stadthalle Germering

Eröffnung der Ausstellung „IT' ART 2010: L’Italia fuori d’Italia“Dreizehn italienische Künstler, die in Bayern leben, stellen aus.

Stadthalle Germering, Orlandosaal

Jubiläumskonzertmit Michele Manfrè, Tenor; Maria Grazia Patella, Sopran und der Folkloregruppe “Trevigiano”Freikarten bei Rita Diazzi Tel. 089-8413577Anschließend ca. 20.00 Uhr, Schusterhäusl, GermeringGemeinsames Essen mit den Musikern € 11,-Schweinshaxe mit Brot und Knödel, Apfelstrudel mitVanillesoße. Anm. bei Rita Diazzi Tel. 089-84 13 577

Kino, Stadthalle

Brot und TulpenEin Film von Silvio Soldini. Entspannt, unaufdringlich, humorvoll und augenzwinkernd erzählt Silvio Soldini diese charmante Geschichte. „Brot und Tulpen“ ist eine besonders gut gelungene Komödie, nicht zuletzt auch aufgrund der wunderbaren Schauspieler.Eintritt frei. Keine Platzreservierungen.

Bauernhof Fa. Sepp, Hoflacherstr. 8, 82110 Germering

„La comunità di Camurana“ aus Italien kocht italienisch.Essen und Trinken zum Freundschaftspreis

Bauernhof Fa. Sepp, Hoflacherstr. 8, 82110 Germering

Heilige Messe in Italienischer Sprache mit dem Chor der italienischen katholischen Missionanschließend „La comunità di Camurana“ kocht italienisch. Essen und Trinken zum Freundschaftspreis

Programm

„10 Jahre DIG“

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr

INTERVent i

36 ONLINE

Marcello Tosetto

Il dominio www.youtube.com è

il suo lancio ufficiale è avvenuto nel novembre dello stesso anno. Nasce dall’idea di tre amici americani che avevano l’esigenza di condividere i video registrati durante il tempo libe-ro. Già un anno più tardi il dominio

nuovi video ed erano più di 100 milio-ni gli utenti che giornalmente si indi-rizzavano al sito per prendere visione dei filmati presenti.

Presto YouTube è diventato non solo una moda, ma un punto di riferi-mento per tanti cibernauti dove poter vedere ogni tipo di filmato, dal masti-no napoletano Annibale che quando dorme russa come un uomo fino ad una giovane ragazza intenta a par-cheggiare la propria utilitaria di quat-tro metri in uno spazio di tre, passan-do per la splendida visione di tramon-ti in terra d’Africa. Insomma vi sono filmati per tutti i gusti. YouTube ha subito avuto un impatto sociale stra-ordinario ed ha permesso a milioni di persone locate nei posti più remoti del

mondo di condividere immagini tal-volta anche straordinarie. L’incalzare delle tecnologie a basso prezzo e la diffusione di videocamere sempre più compatte hanno fatto il resto.

Ovviamente ci sono dei limiti sui contenuti dei filmati. Questi limiti sono dettati dalle leggi del Copyright e della Privacy. Quindi non si possono inserire trasmissioni TV, video musica-li e musiche, concerti o commerciali senza il permesso degli autori. Allo stesso modo non si possono inserire filmati che possono intaccare la pri-vacy delle persone oggetto della regi-strazione video.

Come in tutte le cose, insieme ai lati positivi del servizio, ci sono anche i lati negativi. YouTube è riuscito anche ad attirare un’infinità di indivi-dui meno civili che ha subito trovato un modo anomalo di usare il servizio. E quindi non è raro vedere tanti filma-ti dove “similuomini” si fanno ripren-

dere mentre si adoperano in atti van-dalici, o si rendono protagonisti di violenze contro i deboli.

Questo è dovuto al fatto che YouTube non controlla ogni filmato che viene caricato online e, se il fil-mato inserito non viene segnalato come offensivo dagli utenti, rimane a disposizione della visione di tutti i cibernauti.

YouTube è diventato per molti anche un mezzo per testimoniare determinate storie e vicende che spes-so attraverso i mass media e la censu-ra di molte nazioni non arriverebbero nelle nostre case. Prova lo sono stati i disordini che sono avvenuti negli ultimi mesi in Iran. Solo attraverso YouTube il mondo ha potuto sapere cosa effettivamente stava succedendo in quel paese. Per lo stesso motivo l’accesso al sito è stato bloccato in diversi paesi, come nella Repubblica Popolare Cinese, in Marocco ed in Thailandia.

Se usato con cautela e con gli opportuni filtri, YouTube può essere considerato senz’altro utile e diver-tente. Sarebbe stato inimmaginabile, ad esempio, fino a pochi anni fa poter visionare i filmati direttamente regi-strati dalla cabina di pilotaggio degli aerei durante decolli ed atterraggi o cose altrettanto straordinarie.

Sono finiti i tempi durante i quali bisognava necessariamente andare a casa degli amici per sorbirsi le inter-minabili registrazioni video delle loro vacanze. Basta avere il link giusto e lo si potrà fare comodamente da casa.

YOUTUBE Uno dei siti web più famosi del mondo compie cinque anni

Am 14. Februar 2005 wurde die Domain www.youtube.com registriert. Drei amerikanische Freunde hatten die Idee, Ihre eigenen Freizeitvideoclips über das Internet auszutauschen

Praxiszentrum beim Viktualienmarkt

CENTRO MEDICO BILINGUEMedicina generale, flebologia e scleroterapia

Dott. Univ. Parma Stephan Guggenbichler

Dr. med Katrin Hoehne

E-Mail: [email protected] www.beinsprechstunde.de

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INTERVent i

37Ausgabe 2/2010 Frühjahr SALUTE

Die sogenanten „probiotische Bakterien“ bringen dem Organismus mehrere Vorteile

Francesco Spanò

COSA SONO I probiotici sono microrganismi che, se ingeriti in quan-

tità adeguate, si integrano con la flora batterica intestinale ed esercitano funzioni benefiche per l’organismo. Il nome deriva dal greco “pro” e “bios” che si traduce: in “a favore della vita” e si contrappone al termine “antibiotico”.

Ci sono alcune centinaia di specie batteriche che vivono nel tratto gastrointestinale, costituendo un vero e proprio ecosistema. La salute della flora gastrointestinale è essen-ziale non solo per il buon funzionamento dell’intestino, ma anche per rafforzare l’organismo contro l’invasione di bat-teri e germi patogeni. È per questo che le colture alimen-tari di probiotici, o batteri amici, sono un modo sano e senza effetti collaterali per aiutare l’intestino e per soste-nere la vitalità delle nostre difese naturali.

Negli ultimi anni, i ricercatori hanno scoperto che i latto-bacilli ingeriti oralmente possono stimolare l'attività delle cellule immunitarie, che si nutrono di cellule tumorali e di microrganismi invasori.

Inoltre il batterio Acidophilus DDS-1 produce notevoli quantità di acidophilina, il più potente antibiotico naturale.

A COSA SERVONOLe funzioni che i probiotici esercitano nell’organismo

sono molteplici:Funzione di difesaGli organismi probiotici producono sostanze anti-microbiche utili per combattere microbi “intrusi” nell’organismo e rafforzano il sistema immunitario dell’organismo ospite; Funzione “depuratrice”I probiotici possono dirigere reazioni che portano alla modificazione di tossine nocive per l’organismo, rendendole innocue; Funzione coadiuvanteAlcuni dei batteri probiotici possiedono anche la capacità di produrre vitamine del gruppo B, indispensabili per molti processi che danno energia all’organismo;Funzione preventivaLa colonizzazione del tratto intestinale operata da questi microrganismi aiuta a preservare l’organismo da altre eventuali colonizzazioni che possono essere origine di malattie; Funzione digestivaI probiotici aiutano l’organismo a digerire gli alimenti e, in taluni casi, possono ridurre le intolleranze alimentari. Favoriscono l’assimilazione di calcio e altri importanti minerali.

I batteri più usati appartengono ai generi: Bacillus clau-sii, Bifidobacterium, Lactobacillus, Streptococcus, Leuco-nostoc, Pediococcus, Propionibacterium.

Sono contenuti in molti alimenti (spesso arricchiti con questi microrganismi) e integratori alimentari.

QUANDO SI USANO In caso di

A favore della vitaI vantaggi dell’introduzione dei cosiddetti batteri “probiotici“ attraverso gli alimenti

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38 ALMANACCO

Simona Morani

Cade la neve su Saarbrücken il mattino della mia partenza. Cade silenziosa e ricopre i tetti della città che dorme ancora, o che dorme già, o che è sveglia ma non fa rumore, alle quattro in punto di questa mattina. I miei coinquilini si sono alzati per salutarmi: la mia amica Wibke, Caro-lin con le borse sotto gli occhi ma un luminoso sorriso, e addirittura Micha-el, l’uomo di pietra, che incarna tutti i peggiori stereotipi del tipico tedesco, freddo e preciso, che non sbaglia i calcoli delle spese nemmeno di un centesimo, e organizza i turni delle pulizie settimanali. Per un qualche istante non l’ho detestato per le cro-ste e gli aloni di unto che lascia sem-pre sulle padelle e sulle posate. E forse anche lui ha perdonato le mie parano-ie, adesso che parto. Wibke ha detto che la neve è arrivata giusto per salu-tarmi, quest’anno non ne avevamo ancora vista così tanta. Scende sui tetti della Schumannstrasse, sulla Johanneskirche, sulla sede di Radio Salue, sulle tre valigie che abbiamo trascinato davanti alla porta di casa in attesa del taxi. Cerco di trattenere le lacrime, alzo la testa verso l’alto e guardo i fiocchi cadere.

Il cielo stamattina è viola, con stra-ne sfumature dorate. Ho dormito circa due ore e mezzo stanotte, con le can-zoni di 103.7 UnserDing in sottofondo che mi facevano compagnia per l’ulti-ma volta, da quello stereo che ho dovuto lasciare là perché nelle valigie non c’era più posto. Certi momenti non si scordano mai, nemmeno quan-do non si ha avuto il tempo o la voglia di immortalarli in una foto. Siamo rimaste lì fuori, io e Wibke, ad aspet-tare il taxi, a guardare la neve, a goderci gli ultimi momenti insieme da coinquiline. Parliamo del più e del meno, del tempo e di cd, mentre i minuti passano e il taxi non arriva. Dovrebbe essere già qui, l’abbiamo prenotato ieri sera verso le sette quando ci siamo seduti tutti insieme in cucina a brindare con il Soave da pochi euro comprato al Plus, invece non si vede ancora.

Wibke diventa sempre più nervosa, ha paura che io perda il treno, che non riusciamo ad arrivare puntuali al bina-rio con tutti quei bagagli. Io non ho paura, non so cosa provo, sono solo confusa perché dopo un anno e mezzo non è facile andarsene e fare finta di niente, come se l’Erasmus da oggi in poi fosse davvero un capitolo chiuso, come se Saarbrücken fosse una città come tutte le altre. Wibke va avanti e indietro alla ricerca del taxi che ci ha dato buca. La vedo laggiù, in fondo alla fermata Brauerstrasse che maneg-gia col cellulare. In quel momento

-tino. Non riconosco il numero, rispon-do ed è Daniel, il coinquilino di Elisa che ho conosciuto alla mensa univer-sitaria soltanto una decina di giorni fa, e che incredibilmente mi dice di

essere appena uscito dalla discoteca a pochi isolati di distanza da casa mia e mi chiede se per caso ho bisogno di un passaggio in auto. Non credo alle mie orecchie, è un evidente caso di telepa-tia provvidenziale! Proprio in quel frattempo mentre Wibke torna e mi dice che tutte le prenotazioni dei taxi sono state momentaneamente can-cellate per la neve… prova inconfuta-bile dell’essenza divina di Daniel! Accettiamo immediatamente il suo passaggio e trasciniamo i trolley fino in fondo alla via lasciando la scia delle ruote e le impronte delle scarpe sul manto candido. Ci fermiamo tra la fermata e il piccolo chiosco dei cinesi all’angolo. In pochi minuti Daniel arri-va temerario nella sua Golf ricoperta da mezzo metro di neve. Carichiamo tutto in fretta e furia, siamo già bagnate fradice. Preso dall’ansia di arrivare in ritardo, Daniel fa inversio-ne di marcia in mezzo alla strada proprio mentre alcune auto stanno arrivando, e forse a causa di una leg-gera accelerazione sulla neve fresca, in pochi secondi l’auto sbanda e andiamo a sbattere contro il marcia-piede.

Niente di grave, solo una manovra mal riuscita. Ci accorgiamo solo in quel momento che il nostro autista improvvisato sta guidando in stato di ebbrezza, ma chiudiamo un occhio incrociando le dita, in fondo questa è davvero un’emergenza. Due poliziotti in fondo alla via ci osservano sospet-tosi, ma sono troppo lontani e decido-no di non fermarci. Tiriamo un sospiro di sollievo e, lentamente, arriviamo sani e salvi in stazione. In tre è molto più facile portare tutte le borse al

Addio all’ErasmusUltimi ricordi dell’Erasmus: l’esperienza più intensa e toccante di tanti studenti universitari europei.

Saarbrücken

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39Ausgabe 2/2010 Frühjahr ALMANACCO

Sandro D. Fossemò

“Quei morti, pensò Mike, che possono ancora vedere, anche senon possono capire: quei morti sonole nostre telecamere." (Philip K. Dick)

Ero seduto in un angolo oscuro e isolato del cinema. Ad un tratto, cominciavo a sudare e a sentirmi stordito. Avevo bevuto molto e non stavo per niente bene. Nell’aria sentivo la presenza della solitudine dello spirito umano che ema-nava il proprio vuoto dentro a quel locale chiuso e buio.

Mi sentivo in qualche modo imprigionato da una tetrag-gine deprimente che non mi lasciava respirare tanto che avevo la sensazione di soffocare irreparabilmente; ma non potevo far nulla, ormai ero entrato e ci dovevo rimanere. L’alcool mi aveva senz’altro turbato. Se fossi uscito non avrei di certo migliorato la situazione sapendo che avevo perso l’occasione di guardare un bel film; naturalmente, nel caso che lo spettacolo non mi fosse piaciuto, me ne sarei andato via. Quindi sopportai quel malessere che non mi lasciava libero e tranquillo con la speranza che tra qualche istante sarebbe iniziato il divertimento.

A volte mi annoiavo così tanto che avevo voglia di dor-mire senza chiedermi come mi sarei sentito una volta svegliato; forse mi sarei addormentato di nuovo ma non potevo chiudere gli occhi e lasciarmi rapire dal sonno dopo aver pagato il biglietto.

Horror-fantascientifico o il sogno di un ubriaco? Realtà e finzione si confondono in un racconto adrenalinico: non perdete la testa!

Monaco di Baviera, vagone 10, posto

ritardo, alla fine siamo arrivati in anti-cipo. E dopo avere appoggiato tutta la montagna di roba al mio posto preno-tato non è rimasto che salutarci. Con le mani, con i baci, con gli abbracci, con i sorrisi, con le parole, con i silen-zi, con le lacrime. Ma tanto Wibke, che cerca di farmi ridere muovendo le mani in modo buffo come un mimo, ha già detto che mi viene a trovare quest’estate. E Daniel ha aggiunto che nel caso tornassi io a visitare Saarbrü-cken posso stare a casa sua e di Elisa, perché una stanzetta è sempre libera. Allora non c’è più bisogno di lacrime, e anche se scendono lo stesso non sono per la tristezza, ma per l’emozio-ne, l’attesa e la gratitudine per questo anno e mezzo indimenticabile, fatto di condivisioni, incontri che non avresti mai detto, pratiche burocratiche insormontabili, lezioni in tedesco incomprensibili, pomeriggi a casa dell’uno e dell’altro, malintesi lingui-stici, spaghetti col ketchup, gite nei fine settimana, shopping sfrenato, nottate in discoteca, amori di una notte, amicizie passeggere e alcune per la vita.

Si sente un fischio in lontananza e questa volta si parte davvero, non c’è nessun prolungamento. Le porte si chiudono e mi attacco al finestrino. Mentre il treno lentamente si mette in movimento torno al mio posto seguen-do con lo sguardo i due amici che anche loro,sorridendo, mi guardano e si incamminano verso le scale mobili che portano all’uscita. E sfruttiamo gli ultimi metri di visibilità per salutarci ancora. Con le mani, con le mani, con le mani, con le mani.

Al cinema

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INTERVent i

ALMANACCO

Molto probabilmente quella indifferenza era causata dal fatto che ero entrato senza sapere di quale film si trattasse. Lì dentro non solo non riconoscevo neanche un individuo ma non potevo nemmeno farmi notare da qualcuno a causa di quella separazione indistruttibile che il buio generava.

«Non si potrebbe», provai a domandare a uno che si era seduto accanto a me, «accendere la luce?».

Egli disse a bassa voce: «Con la luce non puoi guardare bene lo spettacolo, idiota.»

Risposi con una battuta: «Sì, è vero... ma possiamo guar-darci noi che, in fondo in fondo, siamo pure uno spettacolo.»

«Potremmo pure farlo, certo, però ciò non ha senso.»«Perché?»«È semplice: che senso ha vedere chi non conosci? Ades-

so lasciami in pace e per favore non venire più al cinema ubriaco!»

Gli spettatori stavano immobili e assonnati. Nessuno notò il mio stato di sofferenza psicologica. Avevo bevuto davvero follemente.

Non vedevo l’ora che iniziassero a far girare la pellicola, così avrei potuto immaginarmi, sognatore pazzo come sono, di essere l’attore principale del film e, in quel modo, tutti si sarebbero concentrati su di me, dandomi la soddi-sfazione di farmi sentire un personaggio importante, ma purtroppo ben presto rimasi deluso: non riuscivo a seguire lo spettacolo perché il film proiettato sul grande schermo scorreva molto rapidamente e con una trama vuota e disconnessa.

Alzai la testa e, appena vidi il fascio di luce del proiet-tore, mi accorsi quanto fosse inutile quel raggio luminoso in un ambiente oscuro come questo dove non viene notato da nessuno e, peggio ancora, non riusciva nemmeno a sti-molare il nostro interesse verso un film che era impossibile da osservare.

Sul capo mi cadde un mozzicone di sigaretta. Me l’aveva gettata addosso uno strano uomo dal piano di sopra che barcollava un po’ come se fosse una marionetta. Egli mi osservava come se attendesse una mia reazione nervosa: sembrava o meglio avevo la sensazione che mi sfidasse. Quello che mi dava fastidio era che pur sapendo che era stato lui non ero in grado di poterlo riconoscere perché il buio rendeva indistinguibile il suo volto e la sua sagoma.

Mi alzai, lo guardai con ira ed esclamai: «Perché butti la cicca qua sotto?»

L’uomo rispose: «Oh! Ti prego di scusarmi, ma credevo di essere solo, come puoi vedere qui non c’è nessuno.»

«Cooosa?» Mi voltai subito e vidi che il cinema era diventato improvvisamente vuoto: non c’era proprio anima viva, persino quello strano uomo era scomparso.

Quando mi rigirai a guardare lo schermo, vidi che le persone erano inspiegabilmente entrate nella base: esse venivano mutilate dalle immagini cinematografiche che scorrevano nello schermo, incessantemente, da sopra verso sotto come grandi e affilate lamiere taglienti. Rimanevano,

nonostante la carneficina, calmi e passivi: sui loro volti non c’era nessuna traccia di sofferenza ma neanche di piacere; il loro movimento sembrava privo di un controllo mentale.

Non credendo a ciò che vedevo, gridai: «Ma cosa vi sta succedendo?».

Esse ruotarono, lentamente e faticosamente, i loro corpi mutilati e insanguinati, si voltarono un attimo e dissero: «Ssss!... Sss!... Fai silenzio... Non distrarci... Guarda il film e stai zitto!»

Terrorizzato mi alzai e scappai via. Alcune teste mozzate fuoriuscirono dallo schermo come le palle di un cannone e mi piombarono vicino ai piedi: appena mi videro pietrifica-to e inorridito, si misero a ridere a squarciagola. Una inve-ce mi fissava freddamente negli occhi e, sorridendo mi chiese con alterigia: «Non finisci di vedere il film?».

Ero frastornato e sentivo d’impazzire. Quella maledetta testa continuava a insistere: «Non mi rispondi? Ti ho chie-sto se non finisci di guardare il tuo film!» Non avevo più la forza di rispondere.

«Allora…?», insisteva quel volto disgustoso.Rimasi in silenzio.«Mi devi rispondere!»«Quale film? Io vedo solo trailer impazziti, disconnessi

l’uno dall’altro. Trailer senza senso.»«Per noi è il film giusto... al momento giusto.»Mi feci coraggio e a stento dissi:«Que... sto... questo ci...

cinema è terribile,davvero terribile!»«Invece è bellissimo»«No! Fuggirò via da qui!»«Fallo, fallo pure, ma ricordati che la porta d’uscita è la

porta d’entrata di un altro cinema e così via...»«Sì, forse hai ragione, ma perché devo per forza guar-

dare?!»«Perché, come ti ho detto, è il tuo film o meglio è il

nostro film. Comunque puoi sempre entrare nella base dello schermo e partecipare anche tu al film dal vivo; così ti adatterai alla tua realtà prendendone parte totalmente e la smetterai di lamentarti come uno sciocco e di voler scappare come un pazzo.»

«Ma quelle immagini mi ridurranno in mille pezzi! Non voglio fare quella brutta fine!»

«Ah! Ah! Ah! Non sentirai niente! Fidati di me. Entra nello schermo e poni fine al tuo dolore, per sempre.»

Tremante e sconvolto, senza via di scampo mi voltai e mi recai verso il grosso schermo. Quando giunsi lì vicino però non ebbi più il coraggio di entrare: quella carneficina era veramente intollerabile. La testa continuava imperterrita a fissarmi e, nel vedermi ancora indeciso, mi chiese: «Perché ti ostini ancora?»

«Perché? Vuoi sapere perché? Te lo dico subito: eviden-temente sono diverso!»

«E con ciò? Essere diversi non significa di certo essere salvi o liberi.»

«Sì, hai ragione (tornavo sul mio sedile), ma attenderò

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Rubrica gruppi letterari

Artisti italiani in Baviera

(mi sedevo) tranquillamente la fine del film o meglio di questi maledetti trailer e poi... si vedrà.»

La testa rimase inquieta e silenziosa, ma continuava a osservarmi in modo diabolico.

«Davvero? Non lo sai che il film non termina mai?», udii dall’alto una voce cupa e tremola: era sempre lui, l’uomo irriconoscibile, quel maledetto individuo ombro-so che stava sopra. Egli saltò giù al piano terra e mi si avvicinò lentamente. Finalmente potevo riuscire a vederlo da vicino. Era una creatura infernale! Era orren-do! Aveva un volto inespressivo, senza lineamenti. Al posto degli occhi c’erano due piccoli fori, non aveva naso e capelli, la sua bocca non era altro che un grosso buco vuoto. Era realmente una specie di manichino vivente, proprio come mi era sembrato prima.

Dopo esserci guardati a vicenda, si sedette accanto a me e disse, come se stesse sorridendo: «Adesso ci vedre-mo insieme il film» Prese il suo grosso accendino di ferro e accese la sigaretta. Poi continuò con quella sua tetra boria: «Non credi che sia una bella idea?»

«Ma tu... chi diavolo sei!?»«L’hai appena detto: il diavolo.» Rispose sorridendo.Afferrai rapidamente il suo accendino e corsi via; poi

lanciai l’oggetto metallico in alto verso l’obiettivo del proiettore che, appena si ruppe, fece cessare quell’odio-so film.

Senza la luce del proiettore, la sala del cinema era semibuia perché lo schermo cinematografico si era trasformato in una gigantesca lampada che emetteva una flebile luce, come un vecchio neon. Sembrava quasi un maestoso occhio cupo.

Non vedevo più nulla di pericoloso. Le teste e quel maledetto fantoccio che mi perseguitava scomparvero, finalmente.

M’incamminai, molto agitato e incuriosito, verso lo schermo per osservare da vicino quella luce così rigida, tetra e terribilmente aliena. Mi venivano i brividi quan-do sfiorai con le dita quella superficie, illuminata inter-namente da qualcosa di artificiale e di ignoto.

La mia tragica sorte però non era ancora finita. Appena mi voltai vidi un immenso pubblico che mi applaudiva, dove tutti al posto degli occhi avevano due piccole telecamere con l’obiettivo illuminato di una luce rossa come quella del led. Notai, in quel momento atroce, anche il mio corpo immobile, come se fosse privo di vita, esattamente nel posto in cui mi ero sedu-to. Preso da un forte stato di eccitazione e delirio incontrollabile, urlai nell’abisso del cinema.

Scripta manentGruppo letterarioContatto: Miranda Alberti,

Incontri di letteratura spontaneaGruppo letterarioIncontri presso l’Istituto italiano di CulturaHermann-Schmid-Str. 8 – Monaco (Aula 22)Ogni secondo venerdì del mese ore 18.00

e-mail: [email protected]

SanteRecca nella Villa Berlepsch a Planegg la riuscitissima

Simonetti, Sante Recca, Martina Gärtner e Michele Golia)

Rimandiamo al nostro sito web per la lista aggiornata: www.interventi.net/almanacco

Il primo “Quaderno di scripta manent” del 2002

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INTERVent i

GASTRONOMIA

Ernst Haase, Amateurkoch und Slow Food Mitglied

Normalerweise wird der Körper von Schlachttieren in zwei vordere und zwei hintere Viertel zerteilt. Alles andere, also die Innereien, der gesamte Kopf, der Schwanz und die Füße abwärts von den Knien werden im Italienischen als „quinto quarto“, also „fünftes Viertel“, bezeichnet. Früher hatten die Arbeiter in den Schlachthöfen ein Vorrecht auf die Teile des „quinto quarto“. Manches davon, besonders die faltigen und netzartigen Gewebe um die Organe herum (zu Deutsch Gekröse) wurde auch einfach durch die Hinter-türen der Schlachthöfe von Testaccio hinausgeworfen und landete in den Töpfen der Ärmsten - sofern die Hunde nicht schneller waren. So kam die römische Küche zu ihrem Ruf als „cucina povera“, also „arme Küche“, wenn nicht gar „poverissima“, also „ärmste Küche“, und vieles vom „quinto quarto“ wurde zu gastronomischen Spezialitäten der Hauptstadt erklärt.

Dazu zählen auch die berühmt-berüchtigten Rigatoni con la pajata, von denen der Autor des Führers „Le Guide Xenofobe: Romani de Roma“ schreibt: „Man sollte sie nicht probieren ohne die vorherige Garantie eines äußerst ver-trauenswürdigen Kenners der Materie, andernfalls geht man das Risiko ein, dass der Magen ausgepumpt werden muss!“

Jedoch muss gesagt sein, dass sich unter diesen Körper-teilen auch Muskelfleisch und Organe befinden, über deren kulinarischen Wert in vielen Teilen der Welt kein Zweifel besteht Berühmt ist in dieser Beziehung die chinesische Küche mit ihrem Grundsatz, alles ist essbar, wenn es nur fliegt oder schwimmt – außer Hubschraubern und U-Boo-ten. Genauso wie die Sparsamkeit steht aber hinter diesem Prinzip auch eine Achtung vor dem Tier, von dem man nichts wegwirft.

Auch Slow Food vertritt die Ansicht, dass ein Tier keine unedlen Teile besitzt. Deshalb widmete sich die vorange-gangene Ausgabe des deutschen Slow Food Magazins dem Schwein und brachte auch Rezepte für Schweineohren und -füße. Sogar die Londoner gehen zum Essen in das „Res-taurant St. John“, in dem Starkoch Fergus Henderson sein Motto „Nose-to-tail-eating“ erfolgreich verkauft.

Die deutschsprachige Ausgabe der Zeitschrift Cucina Italiana startete mit der Ausgabe Februar/März 2010 die Serie „Neue Fleischkochschule für die vergessenen Teile“ und begann mit der Querrippe von Rind und Kalb, die hier-zulande nur noch als Suppenfleisch dient.

Quinto quarto – das fünfte Viertel Vergessener Fleischgenuss

Tutto ciò che è facile è buono, tutto ciò che è buono è facile. Scelta e preparazione del cosiddetto “quinto quarto” cioè delle interiora nell’arte culinaria.

Für 8 Kalbsbacken braucht man:Suppengemüse, etwas TomatenmarkFast ein Liter Kalbsfond – oder wenigerund dafür mehr RotweinThymian, Rosmarin, Salz und PfefferAusnahmsweise wäre das sogar ein Fall für ein bis zwei Löffel anständigen Balsamico

Für die Kräuterkruste:Altes Weißbrot, Eidotter, weiche Butter, Petersilie, Basilikum, Knoblauch,Zitronensaft und -schale

Fleisch ziemlich scharf in Olivenöl anbraten. Separat würfelig geschnittenes Suppen-gemüse anrösten, Tomatenmark, Kalbsfond und Wein sowie Kräuter dazugeben, zum Fleisch in einen Schmortopf legen, zuerst eine Stunde offen bei 180° braten, Wein nachgießen, zudecken, bei 160° eine weitere Stunde zugedeckt schmoren.Für die Kräuterkruste weiche Butter schaumig rühren und Eigelb dazugeben. Entrindetes, kleinwürfelig geschnittenes Weißbrot mit Kräutern mixen. Buttermasse dazugeben, mit Knoblauch, Zitronensaft und -schale, Salz und Pfeffer abschmecken.Die geschmorten Backen warm stellen und das Gemüse passieren oder aufmixen, mit Salz und Pfeffer abschmecken, die Kräuterpaste darauf streichen und unter den Ofengrill schieben. Getrocknete Steinpilze, eingeweicht und ausgedrückt, hätten in der Kräuter-kruste auch noch Platz.

Dazu gibt es bei mir Gemüse und Polenta oder nördlich des Alpenhauptkammesaufgebratene Serviettenknödel.

Kalbsbackerl mit Kräuterkruste

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr ALMANACCO

Vi prego Giulio Bailetti

Ich hoffe, dass immer mehr Verbraucher von billigem Discounter-Fleisch Abstand nehmen und versuchen aus den von Haus aus preiswerteren Stücken tolle Gerichte zu zaubern. Nur die Fernsehköche bemühen sich noch, das „quinto quarto“ aus der deutschen Küche zu verbannen. Das liegt neben der Quotenhascherei sicher auch daran, dass in der Kürze der Sendungen Gerichte mit langer Gar-zeit unmöglich darzustellen sind.

Hier ist ein praktisches Beispiel für ein besonderes Fleisch-stück nach meinem Geschmack: Die Backen von Kälbern und Ochsen, die wegen der Psychose um BSE einige Jahre hier nicht zu haben waren, aber inzwischen auf Bestellung beim Metzger wieder zu kaufen sind. Die Zubereitung ist nicht einmal schwierig, einzig wichtig ist das lange Schmo-ren. Das folgende Rezept ist so ähnlich schon 1989 in Alfons Schuhbeck’s Buch „Das neue bayrische Kochbuch” erschienen. Fast identisch damit ist das Rezept von Thomas Haselwanter, italienisch alias Kaselvanter vom Unterwirt in Gufidaun bei Klausen/Südtirol, der dazu geschrieben hat: „Alles Einfache ist gut, alles Gute ist einfach.“ Die beiden Rezepte differieren von der Menge des Fleisches: Schuh-beck nimmt für vier Personen acht Kalbsbacken, Haselwan-ter zwölf. Entweder sind dort die Kälber kleiner oder die Südtiroler sind verfressener als die Bayern!

Ähnlich läuft die Zubereitung aller Gerichte mit Ochsen-schwanz, der seit Jahrzehnten nur noch in die Suppe ver-bannt wurde. Auch die „coda vaccinara“ gehört zu den Spezialitäten Roms, und in Norditalien haben viele Köche – einschließlich des von mir verehrten Locatelli in London – entdeckt, welch einen wunderbaren Geschmack das Fleisch des geschmorten Ochsenschwanzes einer Füllung von Ravioli verleihen kann. Ich habe ihm auch eine neue Rolle gegeben: Anstelle des öden und dubiosen Hackflei-sches verwende ich das nur knapp für eine Suppe gekochte Fleisch als Basis für eine kräftiges Ragout: Mit dem Messer gehackt, ergibt es eine sehr geschmackvolle Bolognese.

Den nächsten Artikel in INTERVenti widme ich dem gleichen Thema, aber den aus deutscher Sicht prekäreren Teilen des „quinto quarto”, nämlich le „frattaglie“, den Innereien.

Vi prego,abbiate un po’ di pazienza,dura solo un minuto;si tratta della mia gattanera.

Da 18 giorni lei non vienepiù.No, io non volevo ferirla,credetemi.

L’ultima volta che l’hovista,le ho solo detto,che lei non puòprendersi cura,di tutti i gatti randagi delmondo;che questo non è umano o felino,in questo casofa lo stesso.

L’ho implorata di non cercaredi risolvere da solatutti i problemidel mondo.

Non che leinon ne abbia le capacità.Ce le ha,eccome!

È soloche èquel maledetto tempoche non le basta.I gatti randagi sono tanti,quasi tuttie lei è una sola,anche se speciale,ve lo giuro.

Sì, gliel’ho ammesso,che lei è anche molto veloce,a piedi,con il tram,con il treno,per non parlare dicome va divinamente inbicicletta.

E lei corre tutto il santo giorno, ad aiutare,un po’ quae un po’ là.E poi i gatti,e anche qualche gatta,la leccanoper riconoscenza.E lei è contenta così.Queste leccate lebastano.Le restituiscono la forzaspesa.E poi se ne vaintrepidadal prossimo.

No, io non volevo offenderla,dicendole questo,anzi.Volevo solo farlariflettere, cheil gatto aiutato poi soddisfattoaspetta il prossimoaiuto,che aiutare è comeuna droga,che rende l’aiutato sempre più dipendente,che con il tempole dosisi fanno necessariamentepiù massicce.

Volevo solo dirle che,mi sembrava veramenteun peccatoche lei,così giovanee bella,si fosse fissatain una cosa così.

giulio

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr

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SEGNALAZIONI

Pamela Lanciotti

Ad Orvieto in Umbria, come ogni anno, si è svolta la rassegna che pre-mia i migliori fotografi professionisti italiani e stranieri. L’edizione di quest’anno ha visto una partecipazio-ne enorme di concorrenti: oltre 2800 sono state le foto inviate creando un superlavoro ai giurati riuniti durante “Orvieto Fotografia” che al termine però non hanno avuto alcun dubbio ed hanno assegnato il primo premio “FIOF PROFESSIONAL PHOTOGRAPHY AWARDS 2010”* (il riconoscimento più ambito per un fotografo profes-sionista) a Luigi Fedeli. Il fotografo titolare dello studio Symbol di via Pizzi a San Benedetto del Tronto, è stato invitato a salire sul palco per ben altre sette volte, aggiudicandosi oltre al premio già citato, il primo premio assoluto, più due Gold Awards, un Silver ed un Bronze Awards per la categoria Matrimonio ed infine due Bronze Awards per le categorie Ritratto e Commerciale.

Una pioggia di riconoscimenti per Luigi Fedeli che da

è valsa numerosi premi nazionali ed internazionali. Ora la vera consacrazione sul gradino più alto del podio: è l’affer-mazione di un professionista attraverso il suo stile e la sua sensibilità artistica, un vanto per la città di San Benedetto che può annoverare fra i suoi concittadini il miglior foto-grafo italiano dell’anno 2010 e soprattutto la consapevo-lezza per tutti noi che tenacia e talento siano ricompensa-ti da grandi successi. Le immagini premiate sono visibili

aprile 2010, presso lo studio Symbol, sul sito internet di Luigi Fedeli e a breve saranno allestite esposizioni e mostre fotografiche in tutta Italia e all’estero.

Per maggiori informazioni: *http://awards.fiof.itInfo: www.luigifedeli.com

Luigi Fedeli, fotografo dell’anno 2010

Una delle foto vincitrici

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr SEGNALAZIONI

KONTAKTE

Austellung von Maura Marolla MetzdorfAquarell, Tempera, Kreiden

Vom 10.07. bis 07.08.2010Ausstellungseröffnung am Fr, 09.07.2010

KUBIZ – Jahnstr. 1, München Unterhaching

ECHT ITALIEN

Musik, Kabarett, Genuss, Kunst

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Ausgabe 2/2010 Frühjahr

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SEGNALAZIONI

Baviera chiama Italia

Anna Zanco Prestel

Un’imponente testa leonina dal piglio rozzo e beffardo, emblema della Baviera, a fronte di un volto femminile in marmo levigato, enigmatica bellezza italica assurta a sino-nimo di seduzione: con questo accostamento di grande vigore espressivo la ”Haus der Bayerischen Geschichte“ lancia la sua campagna pubblicitaria in vista della Bayeri-sche Landesausstellung 2010 ”Bayern-Italien“.

In un viaggio appassionante attraverso la storia delle millenarie relazioni tra due partner ”ineguali“ prende il via uno sguardo a ritroso dall’antichità fino alla fine del 18° secolo in un percorso articolato in tre grandi mostre alle-stite tra il 21 maggio e il 10 ottobre nelle città di Füssen e di Augsburg. Sotto il titolo ”Kaiser, Kult und Casanova“, nella splendida cornice del Convento barocco di St. Mang

a Füssen, verranno analiz-zati i complessi rapporti commerciali, religiosi e culturali instauratisi tra le due realtà lungo la Via Claudia. A beni espositivi di grande valore provenienti da chiese, musei, archivi e raccolte private verrà affidato il compito di illustrare gli eventi di maggiore e minore rilievo narrando anche le vicende private di personaggi di spicco come Ludovico il Bavaro e Casanova, ma anche di santi, delinquenti e castrati il cui nome è a esse indisolubilmente legato.

Dipinti di Tiziano, Dürer e Holbein sono presenti nell’esposizione allestita presso il Maximilianeum di Augsburg ”Künstlich auf welsch und deutschen Sitten“ che gravita nel segno del Rinascimento italiano e della sua influenza su arti e architettura di Baviera. Un ponte ideale tra passato e presente nel nuovissimo ”Bayerischer Textil- und Industriemuseum“ di Augsburg è la mostra ”Sehnsucht, Strand und Dolcevita“ nella quale si rievoca il diffondersi in Germania di un nuovo stile di vita segnatamente italiofilo sviluppatosi dalla tradizionale ”Sehnsucht“ tedesca verso la cultura, le bellezze naturali e il ”savoir vivre“ italiano anche come conseguenza dell’arrivo nel Sud della Germania di migliaia di emigranti del Bel Paese in cerca di fortuna.

Un’iniziativa che, si spera, contribuirà al superamento di vecchi cliché e stereotipi sull’Italia e gli italiani d’Italia e di Germania ancora radicati nell’immaginario collettivo locale.

Tra le manifestazioni di cornice la mostra ”Bella Figura. Italienische Buchmalerei in der Bayerischen Staatsbiblio-thek“ che dal 10 giugno al 18 agosto sará l’unico evento collaterale ufficiale collegato alla ”Bayerische Landesaus-stellung 2010“. Da non perdere, sempre ad Augsburg, la già inaugurata Kermesse ”Giro d’Italia“(6 marzo 2010 – Prima-vera 2011) presso la Staatsgalerie Moderner Kunst im Gla-spalast, suggestivo itinerario da Nord a Sud nell’arte con-

Povera fino alla Transavanguardia con capolavori di Fontana, Burri, Vedova, Giacometti Marini, Corpora e Kounellis.

Großer Preis von Italien 1935; Plakat; Treviso, Museo Civico di S. Caterina; Foto: Soprintendenza B.S.A.E. per le province di VE, PD, BL e TV / Luigi Baldin; Standort Landesausstellung: Augsburg, Bayerisches Textil- und Industriemuseum

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Mittwoch 19. Mai 2010 um 19.30 Uhr

Tutta la vita davanti – Du hast das ganze Leben noch vor dirItalien 2008, Regie: Paola Virzi, mit Isabella Ragonese, Micaela Ramazzotti, Sabrina Ferilli, 93 min.

Trotz einer brillanten Abschlussarbeit in Philosophie findet Marta nur eine Arbeits-stelle in einem Callcenter. Hier geht es ein-zig ums Verkaufen – und das möglichst immer mehr und schneller. Um die Motiva-tion der Mitarbeiter zu steigern, greift der Chef zu grotesken Methoden. Bereits am Morgen wird ein SMS-Weckruf verschickt, mit gemeinsamen Aerobic Übungen und Singen geht es im Büro weiter, und Mob-bing ist an der Tagesordnung. Marta ist gut in ihrem neuen Job – aber sie macht sich so ihre ganz eigenen Gedanken ... Paolo Virzì gelingt ein ironischer und entlarvender Blick auf die sadistische Realität eines Call-centers. Mit Witz und Einfühlungsvermögen schildert er die Probleme der Mitarbeiter und feiert gleichzeitig die unbezwingbare Lebenslust seiner Protagonisten.

Mittwoch 9. Juni um 19.30

Si può fare - Wir schaffen das schonItalien 2008, Regie Giulio Manfredonia, 111 min., mit Andrae Bosca, Anita Caprioli, Claudio Bisio, Giovanni Calcagno, Giuseppe Battiston

Mailand in den bewegten 1980er Jahren: Der aufmüpfige Gewerkschaftler Nello wird von der Leitung seiner Organisation zu einer Spezialaufgabe verdonnert: er soll sich um eine Gruppe von Ex-Psychiatrie-Patienten kümmern, die nach der Auflösung aller psychiatrischen Anstalten in Italien (das berühmte „Gesetz 180“) eine Koope-rative gegründet haben. Dennoch stehen sie unter der Fuchtel eines Arztes, der sie mit Medikamenten ruhigstellt und sie stumpf-sinnig Briefe frankieren lässt. Nello ist überzeugt, dass eine richtige Arbeit ihnen eine neue Würde geben könnte. Es gelingt ihm, die Gruppe zu motivieren und sie zum professionellen Verlegen von Parkettböden auszubilden. Mit erstaunlichen Erfolgen. Die einstigen Patienten blühen regelrecht auf, doch es sind noch jede Menge Schwierig-keiten zu meistern… Mit viel Situationskomik und einem Schuss Tragik zeigt der Film die turbulenten Aben-teuer dieser ungewöhnlichen Kooperative auf ihrem Weg zurück ins Leben.

L’orchestra di Piazza Vittorio –Das Orchester von Piazza Vittorio Italien 2006, 93 Minuten, Buch und Regie: Agostino Ferrente

Der Film erzählt die ungewöhnliche Entste-hungsgeschichte des mittlerweile inter-national berühmten „Orchester von Piazza Vittorio“. Im römischen Stadtteil Piazza Vittorio, dem größten multi-ethnischen Viertel der italienischen Hauptstadt, treffen Lebensgeschichten von Menschen aus aller Welt aufeinander. Aus einer Bürgerinitiative gegen die Schließung eines populären Kinos entstand der Gedanke, ein multikulturelles Orchester zu gründen. Jeder der 16 Musiker aus 11 Ländern, einige von Abschiebung bedroht, bringt hier neben seinem persönli-chen Background auch Lieder und Instru-mente aus seiner Heimat in das Orchester mit ein, so dass eine aufregende Fusion musikalischer Stile, Melodien und Stimmen aus aller Welt entstanden ist. In fünf Jahren hat das Orchester unter seinem rührigen Leiter Mario Tronco so Menschen zusam-mengebracht, die sich auf der Straße kennengelernt haben und gemeinsam den Traum realisieren, eine neue Art von Musik zu machen und solidarisch zu leben.

Cinema Italiano Italienische Filmreihe im OriginalMit einer italienischen Einführung von Ambra Sorrentino-Becker

Mai – Juni 2010

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SEGNALAZIONI

Dienstag, 18. Mai, 19 Uhr und

Istituto Italiano di Cultura

Autorengespräch:Antonia Arslan liest aus ihrem Werk Antonia Arslan lebt in Padua und lehrte dort Italienische Literatur an der Universität. Während ihrer Arbeit an der vielbeachteten Übersetzung der Gedichte des armenischen Dichters Daniel Varujan begann für sie auch eine Auseinander-setzung mit ihren eigenen armenischen Wurzeln. Sie erinnerte sich an Erzählungen ihres Großvaters Yerwant Arslanian, der 1924 die italienische Regierung darum bat, die Endsilbe -ian aus dem Fami-liennamen streichen zu dürfen, da sie eindeutig seine armenische Identität kennzeichnete. In ihrem mehrfach aus-gezeichneten und inter national erfolg-reichen Roman „Das Haus der Lerchen“ (Rizzoli, Goldmann) und in dem Fort-setzungsroman „La strada di Smirne“ (Rizzoli) erzählt sie die Geschichte ihrer Familie und die Verfolgung der Arme-nier in der Türkei 1915. „Das Haus der Lerchen“ wurde 2007 von Paolo und Vittorio Taviani ver-filmt.

10. Juni bis 18. August 2010Bayerische Staatsbibliothek, Ludwigstraße 16, München

»Bella figura« – Italienische Buchmalerei in der Bayerischen StaatsbibliothekAusstellung im Rahmen der Bayerischen Landesausstellung 2010 Bayern – Italien

Ebenfalls zum Thema Bayern – Italien findet auch eine Aus-stellung in München in der Schatzkammer der Bayerischen Staats-bibliothek statt. Sie präsentiert eine Auswahl italienischer Minia-turen vom 10. bis zur Mitte des 14. Jahrhunderts in eigenen Handschriften, die sich großenteils bereits frühzeitig in den baye-rischen Klöstern befanden und somit italienische Kunst in Bayern widerspiegeln.

Di, 18. Mai, 19 Uhr

Antonia Arslan, Lesung

21. Mai bis 10. OktoberLandesausstellung 2010 Bayern – Italien, Kunst

10. Juni 2010 bis 18. August 2011»Bella Figura«, Kunst

22. Mai bis September»Il principio Alessi«, Kunst

10. Juni bis 18. Juli58. Festspiele Europäische Wochen Passau

Mi, 23. Juni, 19 Uhr und

»Totò«, Musik/Cinema

Filmfest München, Cinema

»INTERVenti d’arte italiana@Monaco«,Kulturveranstaltung »Italienische Künstler in München«

Konzertreihen mit italienischen Künstlern in München und in Bayern, Musik

Sommer 2010»Der Sommer der Dichter«, Poesie

Kalender

»INTERVenti d’arte italiana@Monaco«, KulturveranstaltungItalienische Künstler in München stellen sich vor

Gli artisti italiani di Monaco di Baviera si presentano in comune in una grande manifestazione all’Istituto di Cultura: collettiva, teatro, musica, letteratura and more. In München lebende und arbeitende italienische Künst-ler stellen sich in einer großen Gemeinschaftsveran-staltung vor mit Bildern, Lesungen aus ihren Büchern, Musik- und Theater dar bietungen, u.v.m.Info: Tel. 089-44900335 oder [email protected]

Sabato 24 Luglio 2010 Ore 12.00 – 20.00

“Il Signor S. Pellica”

di Fabrizio Giannuzzi, edito da “Kunst- und Textwerk”, si può acquistare tra l’altro presso le librerie Itallibri e Bücher gallerie Westend nonché in internet da www.

baerendienst-buchversand.de

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Istituto Italiano di CulturaHermann-Schmid-Str. 8 (Aula 22), Monaco.Incontri di letteratura spontanea con Giulio Bailetti. Se hai una poesia, un piccolo racconto o anche un pensiero, un sogno o un’idea, che vuoi leggere o raccontare, vieni che sarai il/la benvenuto/a. Le testimonianze e le storie di tutti sono importanti e hanno dignità. Esprimersi, ascoltare e conoscersi fa comunque bene. Dopo tutti in pizzeria. Alla fine di ogni incontro i partecipanti sceglieranno la migliore testimonianza, alla quale andrà il premio letterario dedicato alla Signora Agnese Fiorani in Muhm.

11 giugno e 9 luglio.

CaritasCaritaszentrum Ost/Land, Berg am Laim, Josephsburgstr. 92, MünchenL’ADAI – Gruppo Assistenza Anziani si

17.00 e ogni lunedì, dalle 9.00 alle 11.00, si possono avere consigli e consulenze varie in italiano. Il gruppo organizza soggiorni in luoghi di cura, gite, incontri con gruppi di altre nazionalità e altre iniziative come Qi Gong, yoga, esercizi per la memoria, nonché feste di diverso tipo per gli italiani di tutte le età.

“Stammtisch” per gli italiani.

Centro Sardo Su GennargentuOgni sabato dalle ore 17 alle 22 e ogni domenica dalle ore 17 alle 21 ci si incontra al Centro, nella Fürstenrieder Str.

[email protected]

„Stammtisch der Trentini“Jeden 1. Freitag im Monat, ab 19.00 Uhr in der Trattoria „La Bruschetta“,

Associazione Giuliani di MonacoOgni ultimo giovedì del mese dalle ore 19.30 ci si incontra presso il ristorante

(angolo Oberländerstr.), Monaco.

Jost (segreteria), Tel.: 089-7002738

Gruppo Marinai d’Italia:Ogni venerdì sera, dalle 19.00 in poici si incontra presso la sede dell’asso-cia-zione nella Lilienstr. 20 a Monaco.

ITALCLUB – IngolstadtIncontri mensili – Stammtisch Italienisch

[email protected]

Ass. di Cultura Italiana WeilheimItalienischkurse für Erwachsene und Kinder.Info: Orazio Mangano, Tel./Fax: 0881-61809,[email protected]

Berufsbildungswerk ENAIPGoethestr. 28, 2. Stock, 80336 MünchenDeutschkurse für Ausländer

Incontro italiano GautingSiamo un gruppo di italiani e tedeschi che ama l’Italia e la sua lingua. Ci incontriamo con il fine di mantenere, esercitare e migliorare la nostra conoscenza della lingua italiana e per scambiarci idee ed informazioni sull’Italia e sui suoi abitanti. Ci piace parlare di tutto quello che troviamo interessante, in particolare di temi che riguardano cultura e società.Info: Christina Bredow,

[email protected]

Circolo culturale italo-tedesco Gröbenzell – CcitGVolete conversare in italiano? Siete italiani o avete una media o buona conoscenza della lingua italiana? Vi piacerebbe ricercare e scoprire nuovi e vecchi aspetti della cucina, dei giochi, della musica, della storia, dell’attualità, della società, insomma della cultura italiana? Allora venite al nostro incontro mensile! Generalmente ha luogo l’ultimo martedì del mese alle ore 19.30 nel Werkraum della VHS di Gröbenzell. Vi aspettiamo!

Deutsch-Italienische Spielgruppe

mit Übungen zur deutschen Sprache. So., 10.30 Uhr, Familienzentrum Laim, EG, Valpichlerstr. 36, München. Info: Sara [email protected]

Incontri regolari

Eventi culturali organizzati dall’Istituto Italiano di Cultura: www.iicmonaco.esteri.it

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ImpressumINTERVenti DEUTSCH-ITALIENISCHE SZENE IN BAYERN

Herausgeber, verantwortlicher Redakteur und Anzeigen-verantwortlicher:

Redaktion: Marco Armeni (ma), Gianfranco Caccamo (gc), Pasquale Episcopo (pe), Paola Gambaro (pg), Daniela Ghidini (dg), Pamela Lanciotti (pl), Gianni Minelli (gm), Simona Morani (sm), Kirsten Ossoinig (ko), Nausicaa Spinosa (ns), Ester Sposato (es), Daniele Verri (vd), Daniel Vetró (dv).

Mitarbeiter dieser Ausgabe: Miranda Alberti, Giulio Bailetti, Nazzarena Barni-Fritsch, Franco Casadidio, Corrado Conforti, Sasha Deiana, Bruno Diazzi, Sandro D. Fossemò, Ernst Haase, Sylvia Kroupa, Egle Maguolo-Wenzel, Ulrike Minelli, Giuseppe Muscardini, Francesco Spanò, Marcello Tosetto, Anna Zanco-Prestel.

Layout: Monika Grötzinger – Visualista, Mattias Schelbert

Druck: Nuove Arti Grafiche „Artigianelli“;

Auflage: 1.000

Kontakt: Mail: [email protected]; www.interventi.net

Bankverbindung: Interventi-Verlag

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madrelingua italiana. Sono gradite

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inviate per email a

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oppure ordinare presso l’editore o in ogni libreria. EURO 11,90 – ISBN: 978-3-930672-98-1

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Wolfram AlbertiChristoph Becker-LienauTomas BethkeLeonhard ChenMarco ConciGuido di MascioReinhard DinglerJoachim DrewsBernhard EckMario ElicioSusanne Freislederer-CacciaPeter FuchsBernhard GallenbergerStephan GuggenbichlerKurt Henze

Thomas KästnerAugustin KronesterThomas LangnerRainer LuickMarcella MalmusiCora MayerHans MehringerGianni MinelliAndrea-Carlo PesariniGregor PfaffWolfgang PürschelSerena ScarelNico SchühleThomas WinklerAnita Wuttge

L’associazione medici e psicologi bilingui di Monaco è stata fondata nel 1992 con lo scopo di promuovere e facilitare l’assistenza sanitaria degli italiani. Da allora i suoi membri hanno collaborato con le autorità mettendo a disposizione un elenco di medici generici e specialisti che offrono a Monaco un servizio di assistenza medica e psicologica basata su capacità linguistiche, affinità culturali e preparazione professionale al fine di tutelare la salute degli italiani. Questa competenza viene garantita da incontri periodici di aggiornamento sia in Italia che in Germania.

c/o Dr. S. Guggenbichler – Frauenstr. 17 – D-80469 München – Tel.: +49/89/299952 – Fax: +49/89/29163732 – www.amsit.net

ASSOCIAZIONE MEDICO-SCIENTIFICA ITALO-TEDESCA e.V.

DEUTSCH-ITALIENISCHE VEREINIGUNG ZUR FÖRDERUNG DER MEDIZINISCH-WISSENSCHAFTLICHEN ZUSAMMENARBEIT e.V.

Associazione a favore dell’informazione medica, psicologica e sociale per gli italiani a Monaco di Baviera

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Sullo sfondo di Piazza della Signoria a Firenze la mitica ”Isetta“ ideata nel 1954 a Torino dal costruttore di motocicli Renzo Rivolta e prodotta in serie su licenza dalla BMW. Il suo inaspettato successo non solo aiutò lo stabilimento bavarese a superare la propria grave crisi finanziaria ma fece da traino a metà degli anni Cinquanta al miracolo economico della Baviera divenendo il simbolo della ricostruzione postbellica. „Mit BMW-Isetta auf Stadtbesichtigung in Florenz“, 1957 (Foto: © BMW Group, Sparte Tradition, München. Standort Landesausstellung: Augsburg, Bayerisches Textil- und Industriemuseum. www.hdbg.de)