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LE PERSONE GIURIDICHE (Can. 113—Can. 123) Can. 113 § 1. La Chiesa cattolica e la Sede Apostolica sono persone morali in forza della stessa disposizione divina. § 2. Nella Chiesa, oltre alle persone fisiche, ci sono anche le persone giuridiche, soggetti cioè nel diritto canonico di obblighi e di diritti che corrispondono alla loro natura. Can. 114 § 1. Le persone giuridiche sono costituite o dalla stessa disposizione del diritto oppure dalla concessione speciale da parte della competente autorità data per mezzo di un decreto, come insiemi sia di persone sia di cose ordinati ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa, che trascende il fine dei singoli. § 2. Come fini, di cui al § 1, s’intendono quelli attinenti ad opere di pietà, di apostolato o di carità sia spirituale sia temporale. § 3. L’autorità competente della Chiesa non conferisca la personalità giuridica se non a quegli insiemi di persone o di cose, che perseguono un fine effettivamente utile e che, tutto considerato, sono forniti dei mezzi che si possono prevedere sufficienti a conseguire il fine prestabilito. Can. 115 § 1. Le persone giuridiche nella Chiesa sono o insiemi di persone o insiemi di cose. § 2. L’insieme di persone, che non può essere composto se non almeno di tre persone, è collegiale, se i membri determinano la sua azione, concorrendo nel prendere le decisioni, con uguale diritto o meno, a norma del diritto e degli statuti; altrimenti è non collegiale. § 3. L’insieme di cose, ossia la fondazione autonoma, consta di beni o di cose, sia spirituali sia materiali, e lo dirigono, a norma del diritto e degli statuti, sia una o più persone fisiche sia un collegio. Can. 116 § 1. Le persone giuridiche pubbliche sono insiemi di persone o di cose, che vengono costituite dalla competente autorità ecclesiastica perché, entro i fini ad esse prestabiliti, a nome della Chiesa compiano, a norma delle disposizioni del diritto, il proprio compito, loro affidato in vista del bene pubblico; tutte le altre persone giuridiche sono private. § 2. Le persone giuridiche pubbliche vengono dotate di tale personalità sia per il diritto stesso sia per speciale decreto dell’autorità competente che la concede espressamente; le persone giuridiche private vengono dotate di questa personalità soltanto per mezzo dello speciale decreto dell’autorità competente che concede espressamente la medesima personalità. Can. 117 Nessun insieme di persone o di cose che intenda ottenere la personalità giuridica, può validamente conseguirla se i suoi statuti non siano stati approvati dalla competente autorità. Can. 118

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LE PERSONE GIURIDICHE   (Can. 113—Can. 123)

Can. 113

§ 1. La Chiesa cattolica e la Sede Apostolica sono persone morali in forza della stessa disposizione divina.§ 2. Nella Chiesa, oltre alle persone fisiche, ci sono anche le persone giuridiche, soggetti cioè nel diritto

canonico di obblighi e di diritti che corrispondono alla loro natura.

Can. 114

§ 1. Le persone giuridiche sono costituite o dalla stessa disposizione del diritto oppure dalla concessione speciale da parte della competente autorità data per mezzo di un decreto, come insiemi sia di persone sia di cose ordinati ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa, che trascende il fine dei singoli.

§ 2. Come fini, di cui al § 1, s’intendono quelli attinenti ad opere di pietà, di apostolato o di carità sia spirituale sia temporale.

§ 3. L’autorità competente della Chiesa non conferisca la personalità giuridica se non a quegli insiemi di persone o di cose, che perseguono un fine effettivamente utile e che, tutto considerato, sono forniti dei mezzi che si possono prevedere sufficienti a conseguire il fine prestabilito.

Can. 115

§ 1. Le persone giuridiche nella Chiesa sono o insiemi di persone o insiemi di cose.§ 2. L’insieme di persone, che non può essere composto se non almeno di tre persone, è collegiale, se i

membri determinano la sua azione, concorrendo nel prendere le decisioni, con uguale diritto o meno, a norma del diritto e degli statuti; altrimenti è non collegiale.

§ 3. L’insieme di cose, ossia la fondazione autonoma, consta di beni o di cose, sia spirituali sia materiali, e lo dirigono, a norma del diritto e degli statuti, sia una o più persone fisiche sia un collegio.

Can. 116

§ 1. Le persone giuridiche pubbliche sono insiemi di persone o di cose, che vengono costituite dalla competente autorità ecclesiastica perché, entro i fini ad esse prestabiliti, a nome della Chiesa compiano, a norma delle disposizioni del diritto, il proprio compito, loro affidato in vista del bene pubblico; tutte le altre persone giuridiche sono private.

§ 2. Le persone giuridiche pubbliche vengono dotate di tale personalità sia per il diritto stesso sia per speciale decreto dell’autorità competente che la concede espressamente; le persone giuridiche private vengono dotate di questa personalità soltanto per mezzo dello speciale decreto dell’autorità competente che concede espressamente la medesima personalità.

Can. 117

Nessun insieme di persone o di cose che intenda ottenere la personalità giuridica, può validamente conseguirla se i suoi statuti non siano stati approvati dalla competente autorità.

Can. 118

Rappresentano la persona giuridica pubblica, agendo a suo nome, coloro ai quali tale competenza è riconosciuta dal diritto universale o particolare oppure dai propri statuti; rappresentano la persona giuridica privata, coloro cui la medesima competenza è attribuita attraverso gli statuti.

Can. 119

Per quanto concerne gli atti collegiali, a meno che non sia disposto altro dal diritto o dagli statuti: 1) se si tratta di elezioni, ha forza di diritto ciò che, presente la maggior parte di quelli che devono essere convocati, e piaciuto alla maggioranza assoluta di coloro che sono presenti; dopo due scrutini inefficaci, la votazione verta sopra i due candidati che hanno ottenuto la maggior parte dei voti, o, se sono parecchi, sopra i due più anziani di età; dopo il terzo scrutinio, se rimane la parità, si ritenga eletto colui che è più anziano di età; 2) se si tratta di altri affari, ha forza di diritto ciò che, presente la maggior parte di quelli che devono essere convocati, è piaciuto alla maggioranza assoluta di coloro che sono presenti; che se dopo due scrutini i suffragi furono uguali, il presidente può dirimere la parità con un suo voto; 3) ciò che poi tocca tutti come singoli, da tutti deve essere approvato.

Can. 120

§ 1. La persona giuridica per sua natura è perpetua; si estingue tuttavia se viene legittimamente soppressa dalla competente autorità o se ha cessato di agire per lo spazio di cento anni; la persona giuridica privata si estingue inoltre, se l’associazione stessa si discioglie a norma degli statuti, oppure se, a giudizio dell’autorità competente, la stessa fondazione ha cessato di esistere a norma degli statuti.

§ 2. Se rimane anche uno solo dei membri della persona giuridica collegiale, e l’insieme delle persone secondo gli statuti non ha cessato di esistere, l’esercizio di tutti i diritti dell’insieme compete a quel membro.

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Can. 121

Se gli insiemi sia di persone sia di cose, che sono persone giuridiche pubbliche, si congiungano in tale maniera che dai medesimi sia costituito un unico insieme dotato anch’esso di personalità giuridica, questa nuova persona giuridica ottiene i beni e i diritti patrimoniali propri dei precedenti e assume gli oneri, di cui i medesimi erano gravati; per quanto concerne poi la destinazione dei beni e l’adempimento degli oneri, devono essere salvaguardati la volontà dei fondatori e degli offerenti e i diritti acquisiti.

Can. 122

Se l’insieme, che gode di personalità giuridica pubblica, si divide in maniera tale che o una parte di esso sia unita a un’altra persona giuridica o dalla parte divisa si eriga una distinta persona giuridica pubblica, l’autorità ecclesiastica cui compete la divisione deve curare personalmente o per mezzo di un esecutore, osservati invero in primo luogo sia la volontà dei fondatori e degli offerenti sia i diritti acquisiti sia infine gli statuti approvati: 1) che i beni comuni divisibili e i diritti patrimoniali come pure i debiti e gli altri oneri siano divisi tra le persone giuridiche di cui si tratta con debita proporzione secondo il giusto e l’onesto, tenuto conto di tutte le circostanze e delle necessità di entrambe; 2) che l’uso e l’usufrutto dei beni comuni, che non sono sottoposti a divisione, tornino a vantaggio di tutte e due le persone giuridiche, e che gli oneri propri alle medesime siano imposti a entrambe, osservata parimenti la dovuta proporzione da definirsi secondo il giusto e l’onesto.

Can. 123

Estinta la persona giuridica pubblica, la destinazione dei beni e dei diritti patrimoniali e parimenti degli oneri della medesima viene retta dal diritto e dagli statuti; se questi tacciono, essi toccano in sorte alla persona giuridica immediatamente superiore, salvi sempre la volontà dei fondatori e degli offerenti come pure i diritti acquisiti; estinta la persona giuridica privata, la destinazione dei beni e degli oneri della medesima è retta dagli statuti propri.

1.  IntroduzioneSoggetto di diritti e di obbligazioni nell’ordinamento canonico, come in quello civile, sono non soltanto le persone fisiche,

ma anche quelle giuridiche, create dalla legge (Can. 113, § 2). Il loro fondamento o ragion d’essere è nella esigenza di perseguire e attuare efficacemente interessi e scopi collettivi, che superano la sfera individuale. Trattandosi, infatti, di tutelare interessi e scopi individuali, soggetto di diritto può essere lo stesso individuo; ma quando si tratta d’interessi collettivi, il singolo individuo non basta, e il soggetto di diritto dev’essere un’unità più ampia e più valida, risultante da una pluralità di persone (corporazione) o da un complesso di beni (fondazione), che sussista ed operi con capacità giuridica propria, per l’attuazione dei fini comuni.

Storicamente, il concetto moderno di persona giuridica è frutto di una lunga elaborazione, in cui l’ordinamento ecclesiastico e la scienza canonica hanno avuto un ruolo decisivo.

Nel diritto romano classico, figurano soltanto le associazioni di persone variamentedenominate: societas, ordo, sodalitas o sodalicium, collegium, corpus. Ma esse non sono concepite come un soggetto a sé, indipendente dai membri che le compongono, e non hanno neppure una piena capacità giuridica, poiché, fra l’altro, non possono acquistare, né ereditare, né possedere.

Tale capacità viene riconosciuta solo nel diritto giustinianeo, che tuttavia ignorapropriamente le fondazioni. Questi nuovi soggetti di diritto “sono un portato genuino del Cristianesimo, una emanazione della carità, idea essenzialmente nuova, e in quelle prime origini essi non hanno altro che scopi di beneficenza e di pietà. Erano ricoveri, ospedali, orfanotrofi, brefotrofi, lasciti per chiese e funzioni, ecc. Di qui il nome di piae causae” (P. Bonfante).

Nello stesso diritto romano — cristiano giustinianeo, infatti, la pia causa — considerata comeun semplice “scopo” (causa) — non si distacca nettamente dalla corporazione (chiesa o convento), a cui è fatto il lascito. Il distacco avviene lentamente ad opera della scienza canonica, che, nel secolo XIII, si svincola dai punti morti della concezione romanistica e riconosce nell’universitas una personalità giuridica propria a sé stante, indipendente dai singoli membri. Il merito maggiore di questa importante elaborazione teorica, che è alla base della dottrina moderna delle persone giuridiche, spetta al grande decretalista Sinibaldo Fieschi (1195—1254), divenuto poi papa col nome d’Innocenzo IV (1243).

Si discute nella dottrina sulla natura delle persone giuridiche. A tal riguardo, si hannoquattro precipue teorie.La prima sostiene che la persona giuridica sia il risultato di una pura finzione o astrazione fondata sulla legge, in quanto solo

la persona fisica, fornita di ragione e di volontà, può essere soggetto di diritti e di doveri.La seconda, con una concezione del tutto opposta, attribuisce alla persona giuridica una vera realtà organica, sia pure diversa

da quella persona fisica.La terza (una variante della prima) riconosce come reale nella persona giuridica solo ciò che è veramente tale, vale a dire

gl’interessi e gli scopi comuni e i mezzi per attuarli. Il resto è un’astrazione.La quarta, forse più fondatamente, distingue tra corporazioni (universitates personarum) e fondazioni (universitates rerum):

le prime sono soggetto reale di diritti e di doveri, poiché sono costituite da persone fisiche, capaci di volere e di agire; le seconde invece, formate da beni o cose, non sono soggetto reale, ma soltanto fittizio, creato dalla legge.

2.  Persone morali e persone giuridiche nella Chiesa

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Can. 113 (99—100, § 1*)  Seguendo la terminologia tradizionale, il Codice precedente distingueva le persone in fisiche e morali (99*).Il nuovo Codice adotta la terminologia civilistica moderna e, invece che di persone morali, parla di persone giuridiche, usando per altro la denominazione di persona morale per la Chiesa Cattolica e per la Sede Apostolica, allo scopo di mettere in evidenza che esse godono di tale prerogativa non in forza di un ordinamento giuridico umano, ma “in virtù dello stesso ordinamento divino” (§ 1).Per la stessa ragione, persona morale, e non semplice persona giuridica, è anche il Collegio dei Vescovi, perché pur esso è d’istituzione divina (Can. 330) e insieme col Romano Pontefice è “soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale” (Can. 336). Sorprende che il Codice non lo abbia rilevato in nessun canone.

Tutti gli altri enti che sussistono ed operano nella Chiesa come soggetti di diritti e di obbligazioni, sono dette persone giuridiche, poiché la loro personalità è posta in essere da un atto costitutivo della pubblica autorità.

3.  Gli elementi essenziali delle persone giuridicheCan. 114 (100, § 1*)  Prescindendo dalla natura della persona giuridica, e tenendo presente la legislazione ecclesiastica e

quella civile, si può dare di essa la seguente generica definizione: “Un’unità organica, formata da una pluralità di persone (corporazione) o da un complesso di beni o cose (fondazione), e alla quale la pubblica autorità (la Chiesa o lo Stato) conferisce la capacità giuridica, ossia la soggettività di diritti e di obblighi, per la realizzazione di uno scopo collettivo, rispondente alla sua natura”.

La persona giuridica così costituita si presenta come una realtà nuova, unitaria, che non è una semplice somma d’individui o di cose, ma un soggetto giuridico a sé stante, il quale supera l’individualità delle persone e degli elementi che la compongono e da essi è indipendente.

1)  Gli elementi materiali o di fattoCan. 114, § 1  Sono tre:1°  Una pluralità di persone nelle corporazioni (elemento personale), o un complesso di beni o cose nelle istituzioni o

fondazioni (elemento patrimoniale).2°  Uno scopo collettivo proprio — possibile, lecito e utile — rispondente alla natura di ciascuna persona giuridica,

diverso e distinto dai fini particolari dei singoli.3°  Una struttura adatta, capace di dare alla pluralità delle persone o al complesso dei beni una vera unità organica (non

un semplice agglomerato), indipendente dai singoli individui che compongono la corporazione o amministrano la fondazione.2)  L’elemento formaleÈ il riconoscimento da parte della pubblica autorità, che, ope legis o con un particolare provvedimento (decreto), conferisce

alla corporazione o alla fondazione la personalità giuridica, a seguito della quale l’ente diviene soggetto di diritti e di obblighi, con capacità di agire come tale. Senza questo atto costitutivo formale dell’autorità competente, si potrà avere una semplice entità o associazione di fatto, suscettibile anche di rapporti giuridici a termine del Can. 310, ma non una vera unità, ossia la persona giuridica propriamente detta.

1. Ovviamente la persona giuridica non si ha neppure se manca qualcuno degli elementi materiali accennati, poiché tali elementi costituiscono la base indispensabile affinché possa intervenire l’elemento formale.

3)  Il fine delle persone giuridiche ecclesiasticheCan. 114, § 2  Le persone giuridiche ecclesiastiche sono ordinate a un fine rispondente alla missione della Chiesa, il quale

trascende i fini particolari delle singole persone fisiche (§ 1). Si tratta in concreto — precisa il § 2 — di fini attinenti ad opere di pietà, di apostolato o di carità sia spirituale che temporale, quali ad esempio:

1. —  L’impegno per l’evangelizzazione: Can. 298, § 12. —  L’insegnamento della dottrina cristiana: Can. 298, § 1, e Can. 301, § 13. —  L’attuazione di una vita cristiana più perfetta: Can. 298, § 14. —  L’organizzazione e l’incremento del culto divino: Can. 298, § 1; Can. 301, § 1; Can. 1254, § 15. —  L’animazione dell’ordine temporale mediante lo spirito cristiano: Can. 298, § 1, e Can. 3276. —  Il dignitoso sostentamento del clero e degli altri ministri: Can. 1254, § 17. —  Iniziative a favore dei poveri: Can. 1254, § 14)  Una duplice condizioneCan. 114, § 3  Il 3° paragrafo del Can. 114 detta una norma di prudenza e di responsabilità: la concessione della personalità

giuridica da parte della competente autorità ecclesiastica dev’essere effettuata a due condizioni:1°  Che il fine perseguito dagli insiemi di persone o di cose sia un fine realmente utile, anche allo scopo di evitare una

dannosa dispersione delle forze (Can. 323, § 2)2°  Che non manchino loro i mezzi sufficienti per conseguire il proprio fineSono i criteri fondamentali richiamati nel Decr. conc. Apostolicam actuositatem del 18 nov. 1965, n. 19, 4: “Occorre evitare

la dispersione delle forze, che si ha quando si promuovono nuove associazioni e opere senza motivo sufficiente, o si mantengono in vita più del necessario associazioni o metodi superati; né sarà sempre opportuno che forme istituite in una nazione vengano trasferite indiscriminatamente in altre”.

4.  La classificazione delle persone giuridicheCan. 115 (99—100*)  Il Codice precedente distingueva le persone giuridiche (dette morali) in collegiali e non collegiali,

ma la divisione era inadeguata, per cui il nuovo Codice adotta una classificazione più esatta e anche più rispondente alla tradizione canonica: quella tra “universitates personarum” e “universitates rerum”, suddividendo le “universitates personarum” in collegiali e non collegiali. Si noti però che anche le “universitates rerum” possono essere rette e amministrate sia da una o più persone singole sia da un collegio, a norma del diritto e degli statuti (§ 3).

1)  Universitates personarum aut rerumCan. 115, § 1  La distinzione era stata già formulata nel Can. 114, § 1, ma il Can. 115, dedicato alla classificazione dei vari

tipi di persone giuridiche, ritiene opportuno richiamarla.

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Le “universitates personarum” sono le unità di persone o corporazioni; le “universitates rerum”, le unità di cose o fondazioni autonome (cfr. anche Can. 1303, § 1, n. 1).

2)  Persone collegiali e non collegialiCan. 115, § 2  Le unità di persone si distinguono in due classi: collegiali e non collegiali.Nelle persone collegiali, l’attività è determinata dai membri, i quali prendono parte alle decisioni sia con uguale diritto

(aequali iure), come ad esempio nei capitoli cattedrali, sia con diritto non uguale (iure inaequali), come nelle Conferenze Episcopali, nelle quali ai Vescovi diocesani ed ai Presuli ad essi equiparati e inoltre ai Vescovi coadiutori compete “ipso iure” il voto deliberativo (Can. 454, § 1), mentre ai Vescovi ausiliari e agli altri Vescovi titolari che fanno parte della Conferenza, spetta il voto deliberativo o consultivo secondo la disposizione degli statuti (Can. 454, § 2). Anche nel Collegio dei Vescovi vige un diritto disuguale tra i membri e il Capo, il Romano Pontefice, a cui spetta per diritto proprio non solo convocare e presiedere le assemblee (Can. 338, § 1), ma anche confermare e promulgare con la sua autorità tutti i decreti e tutte le deliberazioni emanate dal Collegio (Can. 341).

Nelle persone non collegiali — come per esempio le diocesi, le parrocchie, i seminari, gl’istituti religiosi — l’attività è determinata dalle persone che ne hanno la competenza a norma del diritto e degli statuti.

1. Secondo un’antica massima del diritto romano, la corporazione richiede un insieme di almeno tre persone: “Neratius Priscus tres facere existimat collegium, et hoc sequendum est” (Dig., L, 16, de verborum significatione). Questo, tuttavia, non significa che una persona giuridica cessi di esistere qualora il numero dei suoi membri scenda al di sotto di tre. Nel Can. 120, § 2, è previsto il caso che sopravviva anche uno solo dei membri, e dal Can. 120, § 1, risulta che la persona giuridica può continuare a sussistere anche quando tutti i suoi membri siano venuti meno.

3)  Le fondazioni autonomeCan. 115, § 3  Il terzo paragrafo del Can. 115 determina con più esattezza le “universitates rerum”, formate da un complesso

di cose, sia spirituali che materiali, e rette, come s’è già accennato, da una o più persone singole o da un collegio, a norma del diritto e degli statuti.

4)  Persone pubbliche e privateCan. 116, § 1  Il nuovo Codice distingue formalmente anche tra persone giuridiche pubbliche e private: una distinzione che

costituisce senza dubbio un progresso della scienza canonica (Communicationes, a. 1982, p. 143, Can. 113). Il criterio di distinzione non è il fine, che è il medesimo per le une e per le altre (fine culturale, apostolico, caritativo), conforme alla missione della Chiesa: Can. 114, §§ 1—2, ma il modo di attuarlo. Le persone giuridiche pubbliche operano in nome della Chiesa, quali suoi strumenti, mentre le persone giuridiche private agiscono a nome proprio e sotto la responsabilità dei membri. Senza dubbio, anch’esse cooperano al bene pubblico (intuitu boni publici), ma questa intenzionalità nelle persone giuridiche pubbliche e più diretta e qualificata.

In conseguenza del fine da realizzare “nomine Ecclesiae”, le persone giuridichepubbliche sorgono ad iniziativa diretta dell’autorità ecclesiastica (Can. 301, § 3). Quelle private, invece, ad iniziativa dei fedeli (Can. 215 e Can. 299), i quali organizzano gli elementi materiali o di fatto, che sono la base o il sostrato necessario per l’intervento della pubblica autorità competente, ossia per l’atto costitutivo della personalità giuridica (l’elemento formale). Niente però impedisce che una persona giuridica privata, sorta ad iniziativa dei fedeli, possa diventare persona giuridica pubblica. Sarà sufficiente che l’autorità ecclesiastica competente, le conferisca una particolare “missio”, in forza della quale essa sia autorizzata a svolgere la sua attività nomine Ecclesiae.

1. Le persone giuridiche private si collocano in una posizione intermedia tra le sempliciassociazioni di fatto (Can. 215, Can. 219, Can. 230, Can. 310) e le persone giuridiche pubbliche. La loro figura è nuova nel diritto canonico, e non manca chi si chiede quali siano gli effetti pratici della loro introduzione nell’ordinamento canonico. La domanda è legittima e ad essa risponderanno i fatti. Una conseguenza molto importante agli stessi fini pratici, si ricava tuttavia dal Can. 1257, per la quale i beni temporali appartenenti alle persone giuridiche pubbliche esistenti nella Chiesa, come si dirà in seguito, sono beni ecclesiastici, retti dai canoni relativi (Can. 1259—Can. 1310), oltre che dagli statuti, mentre i beni appartenenti alle persone giuridiche private sono beni laicali, retti dai propri statuti e non dai canoni accennati, tranne che sia disposto espressamente in modo diverso.

5.  La costituzioneCan. 116, § 2  A termini del Can. 114, § 1, le persone giuridiche ecclesiastiche sono costituite o in forza della stessa

disposizione del diritto (ex ipso iuris praescripto), o per speciale concessione fatta dalla competente autorità mediante decreto (speciali competentis auctoritatis concessione per decretum data). Il Can. 116, § 2, completa il detto principio, ma per intenderne l’esatto contenuto, occorre tener presente anche la normativa sulle associazioni (Can. 298 ss.).

Il canone distingue tra persone giuridiche pubbliche e private:1°  Le persone giuridiche pubbliche — ossia quelle sorte ad iniziativa della pubblicaautorità e operanti nomine

Ecclesiae (Can. 116, § 1; Can. 301, § 3) — acquistano la personalità in una duplice forma: o per espressa disposizione del diritto (ipso iure), o mediante uno speciale decreto della competente autorità.

Godono della personalità giuridica ipso iure: 1. —  Le Chiese particolari legittimamente erette: Can. 3732. —  Le province ecclesiastiche: Can. 432, § 23. —  Le Conferenze episcopali: Can. 449, § 24. —  I seminari: Can. 238, § 15. —  Le parrocchie: Can. 515, § 36. —  Gl’Istituti religiosi, le province, le singole case: Can. 634, § 1—  Le società di vita apostolica e, se non è disposto diversamente nelle costituzioni, anche le loro parti e le singole case:

Can. 741, § 1.

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Gli altri enti pubblici hanno invece bisogno di un formale decreto della competente autorità. Per esempio: la regione ecclesiastica (Can. 433, § 2).

A norma del Can. 313, le pubbliche associazioni, come pure le loroconfederazioni, sono costituite persone giuridiche in forza dello stesso decreto che dispone la loro erezione. Questa, ovviamente, è la norma, perché l’atto di erezione — se così ritiene opportuno la competente autorità ecclesiastica — può anche non comportare la concessione della personalità giuridica. È, ad esempio, il caso delle Conferenze dei Superiori maggiori religiosi, che, pur erette dalla Santa Sede, non acquistano per ciò stesso la personalità giuridica (Can. 709). Un caso analogo si ha nella erezione delle regioni ecclesiastiche (Can. 433).

L’associazione o l’ente semplicemente eretti e non costituiti in persona giuridica, hanno una capacità limitata, che non consente loro una effettiva soggettività di obbligazioni e di diritti, propria delle persone giuridiche.

2°  Le persone giuridiche private, sorte ad iniziativa dei fedeli (Can. 215 eCan. 299), acquistano la personalità giuridica solo mediante uno speciale decreto amministrativo, emesso dalla competente autorità ecclesiastica (Communicationes, a. 1980, p. 125, Can. 73, § 2).

L’autorità competente per la concessione della personalità giuridica, sia alle personegiuridiche pubbliche sia a quelle private, è di regola a termini del Can. 312, § 1:

1. —  La Santa Sede, per le persone giuridiche di carattere universale e internazionale2. —  La Conferenza Episcopale, per quelle di carattere nazionale—  Il Vescovo diocesano, per quelle di carattere diocesano.Il riconoscimento civileCon i nuovi Accordi intervenuti tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984, si conferma da parte dello

Stato il riconoscimento della Chiesa Cattolica (art. 2, n. 1) e della Santa Sede, firmataria degli Accordi. Si stabilisce inoltre con norma generale:

—  Art. 7, n. 2: “Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici che ne sono attualmente provvisti, la Repubblica italiana, su domanda dell’autorità ecclesiastica o con il suo assenso, continuerà a riconoscere la personalità giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in Italia, eretti o approvati secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalità di religione o di culto. Analogamente si procederà per il riconoscimento agli effetti civili di ogni mutamento sostanziale degli enti medesimi”.

Occorre tener presenti anche gli artt. 1—15, 20 e 22 delle Norme esecutive circa gli enti e ibeni ecclesiastici in Italia, emanati in data 3 giugno 1985.

Riportiamo gli articoli di maggior rilievo:—  Art. 1: “Gli enti costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione

o di culto, possono essere riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato”.

—  Art. 2: “Sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli Istituti religiosi e i Seminari.

Per altre persone giuridiche canoniche, per le fondazioni e in genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità giuridica nell’ordinamento della Chiesa, il fine di religione o di culto è accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell’art. 16.

L’accertamento di cui al comma precedente è diretto a verificare che il fine di religione o di culto sia costitutivo ed essenziale dell’ente, anche se connesso a finalità di carattere caritativo previste dal diritto canonico”.

—  Art. 3: “Il riconoscimento della personalità giuridica è concesso su domanda di chi rappresenta l’ente secondo il diritto canonico, previo assenso dell’autorità ecclesiastica competente, ovvero su domanda di questa”.

—  Art. 11: “Il riconoscimento delle chiese è ammesso solo se aperte al culto pubblico e non annesse ad altro ente ecclesiastico, e sempre che siano fornite dei mezzi sufficienti per la manutenzione e la officiatura”.

—  Art. 13: “La Conferenza Episcopale Italiana acquista la personalità giuridica civile, quale ente ecclesiastico, con l’entrata in vigore delle presenti norme”.

—  Art. 22, 1° comma: “L’Istituto centrale e gli altri Istituti per il sostentamento del clero acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto del Ministro dell’Interno, che conferisce ad essi la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto”.

1. —  Art. 30, 1° comma: “Con l’acquisto, da parte della parrocchia, della personalità giuridica a norma dell’articolo 29, si estingue, ove esistente, la personalità giuridica della chiesa parrocchiale e il suo patrimonio è trasferito di diritto alla parrocchia, che succede all’ente estinto in tutti i rapporti attivi e passivi”.

6.  L’approvazione degli statutiCan. 117 (689*)  Tutte le persone giuridiche, pubbliche e private, di carattere personale e patrimoniale (corporazioni e

fondazioni), devono avere i propri statuti (Can. 94), approvati dalla competente autorità. Una tale approvazione è condizione e presupposto essenziale per la concessione della personalità.

L’obbligo dell’approvazione è rinnovato nel Can. 314, per le associazionipubbliche, e nel Can. 322, § 2, per le associazioni private. L’approvazione degli statuti, per altro, non cambia la natura privata dell’associazione (Can. 322, § 2), come di una qualsiasi persona giuridica.

L’obbligo dell’approvazione degli statuti, ai fini del conseguimento della personalità giuridica, è una norma nuova, che non esisteva nel Codice precedente (l’obbligo di avere gli statuti, approvati dalla Sede Apostolica o dall’Ordinario del luogo, era tuttavia imposto alle Associazioni di fedeli nel Can. 689). La norma riguarda pertanto le persone giuridiche che saranno istituite dopo la promulgazione del Codice (Can. 9).Quelle che già esistono in forza del Codice precedente sono tenute ovviamente a redigere i detti statuti, qualora ne siano sprovvisti, e ad aggiornare in conformità del nuovo Codice quelli che già li possiedono. Nell’uno e nell’altro caso è necessaria l’approvazione da parte dell’autorità competente.

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1. A norma del Can. 94, § 1, gli statuti devono determinare la finalità dell’ente, la sua costituzione, il governo e le forme di attività. Essi sono di essenziale importanza per la vita della persona giuridica e per la sua reale efficienza. È il Codice stesso che lo riconosce, poiché, nelle sue norme, rinvia spesso agli statuti degli enti, per il principio di sussidiarietà largamente adottato nella nuova legislazione.

7.  La rappresentanza giuridicaCan. 118  Nella persona giuridica, come in quella fisica, si distingue una duplice capacità: la capacità giuridica e la

capacità di agire (n. 673).La capacità giuridica, conseguente al riconoscimento da parte della pubblica autorità, è ovviamente più limitativa rispetto a

quella delle persone fisiche, non potendo estrinsecarsi in numerosi rapporti, che presuppongono l’individualità fisica. Quanto alla capacità di agire, ossia di porre in essere atti e negozi giuridici, essa pure spetta alla persona giuridica, che tuttavia, non potendo svolgere la sua attività da sé (si tratta di un’entità giuridica, creata dalla legge), ha bisogno a tal fine dell’opera di persone fisiche, che agiscano in suo nome e siano i suoi organi.“Le persone morali (giuridiche), collegiali e non collegiali — affermava il Can. 100, § 3, del Codice precedente — sono equiparate ai minori”.

Gli organi di rappresentanza, nelle persone giuridiche pubbliche, sono determinate daldiritto universale o particolare o dai propri statuti; nelle persone giuridiche private, dagli statuti approvati dalla competente autorità. Anche gli statuti sono “diritto particolare”, ma di carattere interno (diritto statutario). I detti organi, di cui si avvalgono le persone giuridiche, operano nel caso, “o individualmente o riuniti in unità collegiali. Si dicono organi individuali gli amministratori che agiscono da soli, in nome e per conto della persona giuridica (per es. il parroco).Si dicono organi collegiali i collegi di amministratori, nei quali più volontà formano unitariamente la volontà della persona giuridica (es. un capitolo cattedrale, il consiglio di amministrazione dell’istituto diocesano per il sostentamento del clero” (Istruzione della Conferenza Episcopale Italiana in materia amministrativa, 1° aprile 1992, n. 47).

Per diritto universale, la rappresentanza giuridica è determinata relativamente alla diocesi, alseminario e alla parrocchia.—  Rappresentante della diocesi in tutti i suoi negozi è il Vescovo (Can. 393). Delle altre comunità ecclesiali assimilate

alla diocesi — prelature e abbazie territoriali, vicariati e prefetture apostoliche, amministrazioni apostoliche stabilmente erette (Can. 368) — sono rappresentanti, rispettivamente, il Prelato e l’Abate territoriale (Can. 370), il Vicario e il Prefetto apostolico (Can. 371, § 1), l’Amministratore apostolico (Can. 371, § 2).

—  Rappresentante del seminario è il rettore, “tranne che per determinati negozi l’autorità competente abbia stabilito diversamente” (Can. 238, § 2).

—  Rappresentante della parrocchia in tutti i negozi è il parroco (Can. 532). Nel caso che la cura pastorale di una o più parrocchie sia affidata in solido a un gruppo di sacerdoti (Can. 517, § 1), la rappresentanza spetta esclusivamente al moderatore (Can. 543, § 2, n. 3).

Nella capacità giuridica delle persone giuridiche è compresa la capacità processuale: a talriguardo, il Can. 1480, § 1, dispone che “le persone giuridiche stanno in giudizio mediante i loro legittimi rappresentanti”, determinati, com’è già rilevato, dalla legge o dagli statuti.

8.  La procedura negli atti collegiali1)  Le norme del nuovo CodiceCan. 119 (101*)  Le forme e le modalità concernenti gli atti delle persone giuridiche in parte sono regolate dal Codice

o dal diritto particolare, in parte dai propri statuti. Per gli atti collegiali, il Can. 119 stabilisce delle norme di carattere generale, che vanno applicate “salvo che non sia disposto diversamente dal diritto (comune, speciale o particolare) o dagli statuti particolari”, debitamente approvati. Ovviamente, bisogna tener conto anche delle norme prescritte nei canoni circa l’elezione e la postulazione (Can. 164—Can. 183).

I principi stabiliti nel Can. 119 sono i seguenti:1°  È anzitutto necessario che, nella seduta fissata per la votazione, qualunque ne sial’oggetto (Communicationes, a. 1974,

pp. 99—100, n. 6), sia presente la maggior parte delle persone da convocare (Can. 119, nn. 1—2), ossia dei componenti il gruppo o il collegio, “nisi iure vel statutis aliud caveatur”. La convocazione va effettuata a norma del Can. 166 (Cfr. Communicationes, a. 1982, p. 144, Can. 115).

2°  Trattandosi di elezione: —  Ha forza di diritto ciò che sia stato deliberato dalla maggioranza assoluta dei presenti;—  Dopo due scrutini inefficaci, la votazione verte sopra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di

suffragi, o, se sono di più, sopra i due più anziani di età (ballottaggio);—  Al terzo scrutinio, è sufficiente la maggioranza relativa, e, se permane la parità, si considera eletto colui che è più

anziano di età (Can. 119, n. 1), senza dover procedere a una quarta votazione.La maggioranza assoluta è prescritta anche nei tribunali collegiali: “Il tribunale collegiale deve procedere collegialmente ed

emanare la sentenza a maggioranza di voti” (Can. 1426, § 1).Sono previste maggioranze qualificate: —  Per l’elezione del Romano Pontefice da parte del Collegio dei Cardinali: “due terzi più uno dei voti” (Costituzione

Apostolica Romano Pontifici eligendo di Paolo VI, 1° ottobre 1975, n. 5: Enchir. Vat., vol. 5, pp. 958—961, n. 1516).—  Per la postulazione in ordine alla elezione a un ufficio ecclesiastico: “due terzi dei voti” (Can. 181)—  Per l’emanazione di decreti generali da parte delle Conferenze Episcopali: “due terzi dei voti dei Presuli che fanno

parte della Conferenza Episcopale con voto deliberativo” (Can. 455, § 2).3°  Trattandosi di altri negozi giuridici, diversi dall’elezione: —  Ha forza di diritto ciò che sia stato deliberato dalla maggioranza assoluta dei presenti;—  Dopo due scrutini, se i suffragi risultino uguali, il presidente può dirimere la parità col suo voto (Can. 119, n. 2),

qualunque sia il numero dei voti riportati. Non è quindi un obbligo che s’impone al Presidente, com’era prescritto nel Can.

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101, § 1, n. 1, del Codice precedente (dirimat). Gli si concede una facoltà, di cui può anche non valersi, se non lo ritenga opportuno (suo voto paritatem dirimere potest).

Post duo scrutinia, ossia dopo la seconda votazione (non dopo la terza, come intendono alcuni, e com’era prescritto nella legislazione precedente: Can. 100, § 1, n. 1*). Trattandosi non di “elezioni” ma di “altri negozi”, le votazioni sono soltanto due né per sé si può procedere a un terzo scrutinio (v. tuttavia n. 835).

4°  Trattandosi infine di cosa che tocchi tutti singolarmente, l’approvazione dev’esseredata da tutti (Can. 119, n. 3), sempre che non sia disposto diversamente dal diritto o dagli statuti.

È un’antica norma del diritto romano, riportata nelle Regulae Iuris del VI Libro delle decretali di Bonifacio VIII (la 29”). Non è facile, tuttavia, determinare quel che “omnes uti singulos tangit”. Talvolta è lo stesso diritto che prescrive l’unanimità, come ad esempio nel compromesso (Can. 174, § 1, in cui i singoli elettori rinunziano al loro diritto di esprimere personalmente il voto, e in un caso particolare concernente le deliberazioni della Conferenza Episcopale (Can. 455, § 4).

In genere, la regola va applicata quando si tratta dei cosiddetti diritti ed obbligazionicommuniter personales, quelli cioè che tocchino tutti i componenti di un gruppo o collegio, sia nel loro insieme che singolarmente. Tale, ad esempio, è l’assunzione di un particolare obbligo, non previsto dagli statuti, da parte dei membri di un’associazione: il relativo impegno richiede una deliberazione unanime; — la trasformazione di un Istituto da contemplativo in attivo o viceversa, oppure la sua unione con un altro Istituto: è necessario il consenso unanime di tutti i membri del Capitolo generale. In caso di dubbio, si potrà anche stabilire, di comune intesa, una maggioranza qualificata, purché non ci sia alcun pericolo che vengano pregiudicati i beni e i diritti personali (diritti di voto, di anzianità, di rendite, ecc.).

2)  Annotazioni e chiarimenti1°  Le norme prescritte nel Can. 119, relativamente agli atti collegiali, hannovalore suppletorio o sussidiario: devono

essere applicate qualora non sia disposto diversamente dal diritto universale o particolare o dagli statuti debitamente approvati (nisi iure vel statutis aliud caveatur).

2°  La nuova procedura prescritta nel Codice si differenzia profondamente dalla proceduraprecedente. La differenza più rilevante concerne il quorum dei presenti, necessari per la validità dell’adunanza, e il quorum dei voti necessari per la validità della decisione collegiale.

Le due modifiche s’imponevano da sé, perché il vecchio sistema, che intendeva raggiungere un effetto pratico — sollecitare cioè l’effettiva partecipazione di tutti i membri di un collegio alle adunanze deliberative — portava a delle incongruenze legalizzate, soprattutto in ordine al quorum dei suffragi, poiché si lasciava a una minoranza irrilevante la possibilità di decidere con i suoi voti anche su cose molto importanti. In effetti, a norma del Can. 163 del Codice 1917, avvenuta la legittima convocazione dei membri di un collegio per l’elezione a un ufficio ecclesiastico, si poteva procedere alla votazione, qualunque fosse il numero dei presenti; e, a norma del Can. 101, § 1, n. 1, era prescritta per la validità della decisione la maggioranza assoluta dei votanti, “demptis suffragiis nullis”, ossia la maggioranza dei voti validi. Poteva così accadere che, di 30 membri di un collegio convocato per procedere a un’elezione di sua competenza, prendessero parte alla riunione solo 10 persone; che di questi dieci votanti 3 si astenessero, presentando scheda bianca, 2 sbagliassero nel compilare la scheda, che pertanto veniva annullata. Con una tale votazione tre soli suffragi erano sufficienti per deliberare legalmente l’elezione.

Questi inconvenienti sono stati eliminati dal nuovo Codice, il quale, nel Can. 119, n. 1—2, da una parte prescrive che partecipi effettivamente alla seduta collegiale la maggioranza dei componenti il gruppo o il collegio (praesente quidem maiore parte eorum qui convocari debent), e dall’altra che abbia valore giuridico quello che sia stato deliberato dalla maggioranza dei presenti e non delle schede valide o dei votanti (quod... placuerit parti absolute maiori eorum qui sunt praesentes). Con tale sistema, il voto bianco o anche l’astensione hanno effetto di voto negativo.

Senza dubbio, il nuovo sistema ha pur esso i suoi inconvenienti, e forse bisognava emanarenorme più dettagliate, ma gl’inconvenienti maggiori sono stati rimossi. È per altro da notare che la procedura prescritta nel Can. 119 riguarda le persone giuridiche e, pertanto, a stretto rigore, è obbligatoria soltanto per esse ‘“nisi iure vel statutis aliud caveatur”). Se invece si tratta di enti privi di personalità — come ad esempio le associazioni private di cui al Can. 310 — mancando un richiamo (esplicito o implicito) al detto canone, l’obbligatorietà per sé non esiste, o almeno è dubbia. Il problema si presenterà in particolare nei Can. 127 e Can. 167, § 1.

3°  La maggioranza richiesta, sia in ordine all’adunanza che in ordine alla votazione, èquella assoluta, che non va tradotta erroneamente “la metà più uno”, perché nei numeri dispari questo non è esatto. Su 9 persone, ad esempio, la maggioranza assoluta è 5, ma 5 non è certo la metà più uno di 9 (cfr. Risposta della S. Congregazione del Concilio, 16 marzo 1912, III: AAS, a. 1912, p. 404).

4°  La maggioranza richiesta in ordine alla seduta collegiale (il quorum dei componenti ilgruppo o il collegio), è senza alcun dubbio quella assoluta, non quella relativa, anche se il Can. 119 non lo dica espressamente (praesente quidem maiore parte eorum qui convocari debent). Trattandosi di due gruppi (presenti e non presenti), la maggioranza non può essere che assoluta, e se risultasse la parità, la maggioranza mancherebbe, e la seduta non sarebbe valida.

5°  Nel n. 2 del canone è disposto che, dopo due scrutini, se i suffragi risultino uguali, ilpresidente possa dirimere la parità col suo voto, ma chi è il presidente a cui è concessa questa facoltà? Il presidente dell’adunanza o il presidente del collegio deliberante? Di regola, il presidente dell’adunanza coincide col presidente del collegio, ma può essere anche diverso, come ad esempio nel caso di elezione del Superiore generale di un Istituto di diritto diocesano, in cui il presidente della seduta è il Vescovo diocesano (Can. 625, § 2), mentre il presidente del collegio votante è il Superiore designato dalle costituzioni.

Il Can. 119, n. 2 — come il Can. 101, § 1, n. 1, del Codice precedente — non ci danno alcuna indicazione. L’opinione prevalente della dottrina attribuisce la competenza al presidente dell’adunanza, anche se non sia “de gremio collegii”.

6°  Parità per deliberazioni su altri negozi. Come s’è già notato, il Can. 119, § 1, relativo alle elezioni, prospetta il caso di parità al terzo scrutinio, e dispone che, in tale occorrenza, si consideri eletto chi è più anziano di età, tenendo presente che, per elezioni, è sufficiente la maggioranza relativa.

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E se si tratta di deliberazioni per “altri negozi”, di cui al § 2, e, in caso di parità di suffragi al secondo scrutinio, il presidente non voglia dirimere la detta parità col suo voto, quale soluzione occorrerà seguire?

L’alternativa possibile in questa ipotesi è di procedere a una terza votazione a maggioranza relativa, anche se questo non sia previsto dal canone, come, d’altra parte, non sembra neppure escluso. Ovviamente si può prospettare il caso all’autorità competente (concretamente la Santa Sede) e attendere la sua decisione.

Resta comunque in facoltà del diritto particolare o degli statuti risolvere il dubbio, stabilendo al riguardo una norma precisa.9.  Durata ed estinzioneCan. 120 (102*)  Come s’è già rilevato, la persona giuridica ha un’esistenza propria, indipendente dalle persone

fisiche che la compongono, e dagli organi che agiscono in suo nome. Atteso il suo fine e la sua funzione, essa è costituita per durare senza limiti di tempo: la sua natura è di essere ex se “perpetua”.

Ovviamente, anche la persona giuridica è soggetta ad estinzione.1)  La soppressioneUna prima forma di estinzione delle persone giuridiche, pubbliche e private, è la legittima soppressione da parte della

competente autorità. Si richiede, a tal fine, un provvedimento formale, ossia uno speciale decreto, giustificato da gravi cause. Nella sua emissione occorre tener presenti le prescrizioni contenute nei Can. 320, §§ 1—3, e Can. 326, § 1, circa le associazioni di fedeli.

L’autorità competente a disporre la soppressione è, di regola, la medesima che ha conferito la personalità a termini del Can. 312, § 1.

È riservata formalmente alla Santa Sede: 1. —  La soppressione delle associazioni erette dalla medesima: Can. 320, § 12. —  Delle province ecclesiastiche: Can. 431, § 3; ovviamente anche delle Chiese particolari: cfr. Can. 3733. —  Delle Conferenze Episcopali: Can. 449, § 14. —  Dei capitoli cattedrali: Can. 5045. —  Degl’istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica, anche se di semplice diritto diocesano: Can.

584 e Can. 7326. —  Dell’unica casa di un istituto religioso: Can. 616, § 2—  Dei monasteri femminili “sui iuris”: Can. 616, § 4Il Can. 515, § 2, riserva al Vescovo diocesano la soppressione delle parrocchie. 1. La soppressione di una casa religiosa è di competenza del Moderatore supremo a norma delle costituzioni, ma

dev’essere consultato il Vescovo diocesano (Can. 616, § 1). Il Vescovo dev’essere consultato anche quando si tratta della soppressione di una casa o comunità di società di vita apostolica (Can. 733, § 1).

2)  L’estinzione “ipso iure” La persona giuridica, sia pubblica che privata, si estingue “ipso iure” se abbia cessato da ogni attività per lo spazio di cento

anni.Nel Codice precedente era disposto: “Si esse desierit”, se abbia cessato di esistere.3)  Cessazione di persone giuridiche privateUn’associazione privata, a cui sia stata attribuita la personalità giuridica, oltre che per soppressione da parte della

competente autorità e per estinzione “ipso iure”, può anche cessare qualora si sciolga secondo le modalità previste negli statuti (cfr. anche Can. 326, § 1).

A termini degli statuti, può similmente cessare di esistere una fondazione autonoma privata.1. Può cessare per deliberazione dei suoi membri un’associazione privata eretta in personagiuridica? Perché una tale

deliberazione sia possibile, dev’essere prevista negli statuti. Se gli statuti non prevedono il caso, anche se i membri si dimettano tutti, l’associazione continua ad esistere legalmente per il periodo dei cento anni disposti nel canone.

4)  La sopravvivenza di un unico membroIl Can. 120, § 2, considera il caso di una persona giuridica collegiale, privata o pubblica, di cui sopravviva un unico membro.

Se tale persona collegiale non abbia cessato di esistere a norma degli statuti, o in altro modo legittimo, l’esercizio di tutti i suoi diritti compete ex lege a quell’unico membro. È questa una norma che dimostra il grande rispetto che il legislatore ecclesiastico ha per le persone giuridiche, costituite per durare con carattere di perpetuità.

Exercitium omnium iurium: continuare a svolgere l’attività della persona giuridica secondo i suoi fini, amministrare i suoi beni, agire in giudizio, esercitare un eventuale diritto di presentazione, ammettere nuovi eventuali membri, ecc., naturalmente sotto una più diretta tutela dell’autorità ecclesiastica.

Il diritto delle Chiese cattoliche orientali conserva anch’esso il principio contenuto nel §2 del Can. 120, come risultava espressamente dal M.P. Cleri sanctitati di Pio XII, 2 giugno 1957:

—  Can. 30, § 2: “Si vel unum ex personae moralis collegialis membris supersit, ius omnium in illud rècidit” (X. Ochoa, Leges Ecclesiae, II, n. 2664, col. b).

Lo stesso principio è contenuto nell’attuale Codice delle Chiese Orientali, pubblicato da Giovanni Paolo II il 18 ottobre 1990:

—  Can. 925: “Se sopravvive anche un solo membro di una persona giuridica ed essa, tuttavia, non ha cessato di esistere secondo gli statuti, l’esercizio di tutti i diritti della detta persona compete a quel membro”.

—  Can. 926, § 1: Se non è disposto diversamente dal diritto, i beni e i diritti della persona giuridica che è priva di membri, devono essere conservati, amministrati ed esercitati a cura dell’autorità a cui compete disporre di essi in caso di estinzione; questa autorità deve provvedere, a norma del diritto, al fedele adempimento degli oneri che gravano su quei beni, e curare inoltre che la volontà dei fondatori o degli offerenti sia scrupolosamente rispettata”.

10.  La destinazione dei beni e degli oneri

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Gli ultimi tre canoni concernenti le persone giuridiche, regolano la destinazione dei loro beni e diritti patrimoniali e dei loro oneri in caso di fusione, di divisione o smembramento e di estinzione delle medesime. I canoni Can. 121 e Can. 122, che si riferiscono alla funzione e alla divisione, riguardano soltanto le persone giuridiche pubbliche e non toccano quelle private, a cui viene lasciata una maggiore autonomia. Anche le persone giuridiche private, tuttavia, devono agire nel rispetto della volontà dei fondatori e degli offerenti, dei diritti acquisiti e degli statuti legittimamente approvati, e osservare i principi di equità e di giustizia. D’altra parte, esse restano soggette al controllo della pubblica autorità all’atto della fusione e dello smembramento, che richiede una modifica degli statuti e, nel caso che sorga una nuova persona giuridica, un nuovo formale decreto di costituzione.

Il canone Can. 123 considera sia le persone giuridiche pubbliche sia quelle private.1)  In caso di fusioneCan. 121 (1419*)  L’unione di due persone giuridiche può avvenire in semplice forma federativa, in modo che le due

persone, pur associate, rimangono distinte nella loro entità; — mediante incorporazione, per cui l’una, che ha minore importanza, confluisce nell’altra e da questa viene assorbita; — mediante vera e propria fusione, che dà vita a una nuova ed unica persona giuridica, con la conseguente estinzione delle due preesistenti. Il Can. 121 considera il terzo caso e stabilisce:

1°  Che la nuova persona giuridica, sorta dal confluire delle due precedenti, subentri nella titolarità di tutti i loro rapporti, acquistandone i beni e i diritti patrimoniali e assumendone gli obblighi.

2°  Che, per quanto riguarda in particolare la destinazione dei beni e l’adempimento degli oneri, debbano essere rispettati anzitutto la volontà dei fondatori e degli offerenti e i diritti acquisiti (e gli statuti legittimamente approvati).

Ovviamente, la costituzione della nuova persona giuridica richiede un nuovo intervento dell’autorità ecclesiastica competente, a norma del Can. 116.

2)  In caso di divisioneCan. 122 (1500*)  La divisione o smembramento di una persona giuridica può effettuarsi in due modi:—  La parte che si distacca si unisce ad un’altra persona giuridica esistente—  Dalla parte distaccata, si forma una nuova persona giuridica a sé stanteNell’uno e nell’altro caso: 1°  Bisogna rispettare anzitutto, con diritto di priorità, la volontà dei fondatori e degli offerenti e i diritti acquisiti e gli

statuti approvati.2°  I beni divisibili e i diritti patrimoniali, e nello stesso tempo, i debiti e tutti gli altri oneri devono essere ripartiti con un

criterio proporzionale ex aequo et bono (non con un criterio matematico), tenendo conto delle circostanze e situazioni concrete di entrambe le persone giuridiche, e delle loro particolari necessità.

3°  I beni indivisibili — per es. una biblioteca o una collezione di arte, che, ripartite, perderebbero il loro valore — devono restare di comune proprietà, in modo tuttavia che il loro uso e usufrutto, unitamente agli oneri relativi, siano assegnati similmente con la debita proporzione ex aequo et bono.

Le norme suddette hanno la loro applicazione soprattutto nella divisione delle diocesi e delle parrocchie.3)  In caso di estinzioneCan. 123 (1501*)  Il Can. 123 distingue tra persona giuridica pubblica e privata.1°  Estinguendosi una persona giuridica di carattere pubblico, la liquidazione dei beni ediritti patrimoniali, compresi gli

oneri, viene effettuata a norma dei diritti e degli statuti. Se nulla è prescritto a tal riguardo, i beni, i diritti e gli oneri passano alla persona giuridica immediatamente superiore. In ogni caso, sono da rispettare scrupolosamente la volontà dei fondatori e gli offerenti e i diritti acquisiti.

La persona immediatamente superiore è “quella che persegue lo stesso fine analogo”(Communicationes, a. 1974, p. 100, n. 7). L’identificazione è semplice, quando si tratta di persone ordinate fra loro gerarchicamente: così, per esempio, per una parrocchia la persona immediatamente superiore è la diocesi; per la diocesi è la Santa Sede; per una casa religiosa, la provincia; per una provincia, l’istituto. Ma non mancano casi in cui l’identificazione presenta delle difficoltà: se, per esempio, due associazioni siano pienamente autonome e non abbiano fra di loro alcun rapporto. Trattandosi di una persona giuridica di carattere diocesano, quella immediatamente superiore sarà allora la diocesi. Nei casi dubbi, la decisione spetta all’autorità ecclesiastica da cui la persona giuridica estinta dipende, ossia, di regola, quella medesima che aveva eretto la persona giuridica e aveva la facoltà di sopprimerla.

2°  Estinguendosi una persona giuridica di carattere privato, la liquidazione vieneeffettuata a norma degli statuti, salvi sempre i diritti acquisiti e la volontà degli offerenti.

La norma viene ripetuta nel Can. 326, § 2, circa l’estinzione delle associazioni private.4)  Canoni da tener presenti—  Can. 582 e Can. 732: le fusioni e le unioni d’Istituti di vita consacrata o di Società di vita apostolica sono riservate alla

Sede Apostolica; alla medesima sono anche riservate le loro confederazioni e federazioni.—  Can. 584 e Can. 732: La soppressione di un Istituto di vita consacrata o di una Società di vita apostolica è di esclusiva

competenza della Sede Apostolica; ad essa è anche riservato disporre dei loro beni temporali.11.  Norme ulteriori1°  La capacità patrimoniale delle persone giuridiche ecclesiastiche: sia quelle di carattere pubblico sia quelle di carattere

privato sono “soggetti capaci di acquistare, conservare, amministrare e alienare i loro beni temporali a norma del diritto”: Can. 1255.

2°  La proprietà dei beni, sotto la suprema autorità del Romano Pontefice, appartiene alla persona giuridica che li ha acquistati legittimamente: Can. 1266.

3°  I beni delle persone giuridiche pubbliche sono beni ecclesiastici e sono retti dai canoni relativi (1259—1310), oltre che dai propri statuti: Can. 1257, § 1.

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4°  I beni delle persone giuridiche private sono retti dai propri statuti, e non dalle prescrizioni canoniche, tranne che sia disposto espressamente in modo diverso: Can. 1257, § 2.

5°  La vigilanza da parte dell’Ordinario: cfr. Can. 1276, § 1.6°  Offerte a persone giuridiche ecclesiastiche, pubbliche e private: cfr. Can. 1267.7°  Prescrizione delle cose sacre: cfr. Can. 1269.8°  Tempo richiesto per la prescrizione di beni appartenenti a persone giuridiche ecclesiastiche pubbliche: cfr. Can. 1270.9°  Imposizione di contributi speciali da parte del Vescovo diocesano alle persone giuridiche ecclesiastiche pubbliche e

private, per le necessità della diocesi: cfr. Can. 1263.1. 10°  Il tribunale competente in una causa sui beni e diritti di una persona giuridica rappresentata dal Vescovo diocesano: cfr. Can. 1419, § 2.