56
DISTURBI DELL’UMORE Spettro molto ampio di turba psichiatriche con ALTERAZIONE CENTRALE DELL’UMORE (stato emozionale interno di un individuo che condiziona la qualità e l’intensità dei suoi vissuti e della sua attività cognitiva, volitiva e comportamentale) Ipotesi di un continuum dalla tristezza fisiologica ai quadri più gravi di patologia depressiva. Ipotesi di connotazioni patologiche completamente differenti dai quadri fisiologici e dalle oscillazioni normali del tono dell’umore .

DISTURBI DELL’UMORE - unikore.it · La depressione maggiore può manifestarsi come episodio singolo o, ... Il quadro depressivo si caratterizza per l'assenza di ... sembra determinare

  • Upload
    lemien

  • View
    222

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

DISTURBI DELL’UMORE Spettro molto ampio di turba psichiatriche con

ALTERAZIONE CENTRALE DELL’UMORE

(stato emozionale interno di un individuo che condiziona la qualità e l’intensità dei suoi vissuti e della sua attività cognitiva, volitiva e comportamentale)

Ipotesi di un continuum dalla tristezza fisiologica ai quadri più gravi di patologia depressiva.

Ipotesi di connotazioni patologiche completamente differenti dai quadri fisiologici e dalle oscillazioni normali del tono dell’umore.

DISTURBI DELL’UMORE INQUADRAMENTO CLINICO-NOSOGRAFICO

Il disturbo depressivo maggiore è classificato tra i disturbi dell'umore. Secondo un'indagine multicentrica del National Institute of Mental Heath sulla popolazione adulta, il rischio nel corso della vita di soffrire di un disturbo depressivo maggiore va dal 10% al 25% per le donne e dal 5% al 12% per gli uomini; la prevalenza nel corso della vita varia dal 5% al 9% per le donne e dal 2% a13% per gli, uomini.

Il disturbo è più frequente tra i soggetti con storia familiare positiva per disturbo depressivo maggiore, soprattutto se si tratta di familiari di primo grado.

Inoltre è stato calcolato che la possibilità di ammalarsi per i familiari di primo grado di pazienti con depressione maggiore è del 10-13%, due volte superiore a quella della popolazione generale. L'età media di esordio è intorno ai 30 anni, ma può comparire in ogni età.

DISTURBI DELL’UMORE DISTURBI DEPRESSIVI

DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE

Episodio singolo

Episodio ricorrente

Disturbo distimico

Disturbo depressivo non altrimenti specificato (NAS)

DISTURBI DELL’UMORE DISTURBI BIPOLARI

Disturbo bipolare I

Episodio maniacale singolo

Ultimo episodio ipomaniacale

Ultimo episodio ipomaniacale

Ultimo episodio misto

Ultimo episodio depressivo

Ultimo episodio non specificato

DISTURBO BIPOLARE II

DISTURBO CICLOTIMICO

DISTURBO BIPOLARE NON ALTRIMENTI SPECIFICATO (NAS)

DISTURBO DELL’UMORE DOVUTO A CONDIZIONI MEDICHE GENERALI

DISTRUBO DELL’UMORE DA USO DI SOSTANZE

DISTURBO DELL’UMORE NON ALTRIMENTI SPECIFICATO (NAS)

DISTURBI DELL’UMORE IPOTESI ETIOLOGIHE

GENETICA

Parenti di I° grado: 1,5- 3 volte superiore

Gemelli monozigoti: concordanza del 65- 75%

Gemelli eterozigoti: 14- 19%

NEUROCHIMICA

Ipotesi monoaminergica (reserpina, farmaco antiipertensivo e sedativo dà depressione tramite svuotamento dei depositi neuronali di catecolamine con funzione neurotrasmettitoriale)

Modello biologico conseguente: carenza di noradrenalina e serotonina.

SISTEMA NEUROENDROCRINO

Aumento della secrezione di cortisolo ed incremento dei livelli liquorali di CRF (corticotropin- realising factor) depongono per un’iperattività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

DISTURBI DELL’UMORE NEUROPEPTIDI

Colecistochinina, VIP (peptide intestinale vasoattivo), ossitocina, endorfine, vasopressina, somatostatine, enkefaline.

SISTEMA IMMUNITARIO

Suggestivi rapporti tra vita emotiva, sistemi neurotrasmettitoriali, sistema endocrino ed immunità.

STUDI SUL SONNO E I RITMI CIRCADIANI

Alterazioni del sonno, rapida comparsa della I fase REM, aumento della frequenza dei movimenti oculari, riduzione del sonno non REM.

Peggioramenti in autunno e in primavera (abnorme sensibilità alla luce e alla variazioni giornaliere della sua durata)

DISTURBI DELL’UMORE NEUROIMAGING

Aumento della dilatazione dei ventricoli associata ad un decorso più severo, più tardiva età di esordio del disturbo. Presenza di deliri ed allucinazioni, più ricoveri, maggior rischio suicidario, livello intellettivo più basso, integrazione sociale più bassa, minore familiarità.

Riduzione del consumo di glucosio in alcune arre cerebrali (prefrontale, frontale, temporale destra).

DISTURBI DELL’UMORE PERSONALITA’, FATTORI PSICODINAMICI E PSICOSOCIALI

Fattori premorbosi:

Tendenza ossessiva

Perfezionismo

Ambizione

Tendenza a vivere la realtà come una sfida e quindi a gareggiare e competere

Tratti di personalità dipendente (ricerca di approvazione sociale, di gratificazioni e di conferme)

Personalità orale

Personalità isterica

Bassi livelli di autostima

Forte tendenza all’autocritica

DISTURBI DELL’UMORE Fattori psicosociali precoci

Qualità dell’ambiente affettivo sperimentato nella prima

infanzia per lo sviluppo di un senso di sicurezza

ontologico e di un atteggiamento di fondo nei confronti

della vita che consente di fare riferimento a risorse

interne e ad attitudini positive e costruttive nel far fronte

ad ostacoli, difficoltà, esperienze dolorose.

Secondo questa prospettiva appare centrale la qualità

della relazione madre- bambino.

DISTURBI DELL’UMORE Abraham e Freud

Perdita dell’oggetto di amore accompagnata dall’introiezione dell’oggetto come tentativo di riparare la perdita determinandosi un’identifcazione inconscia con l’oggetto di amore perduto, nutrendo sentimenti contrastanti di amore e di odio. La rabbia diretta verso l’oggetto perduto si canalizzerebbe, pertanto, contro se stessi.

M. Klein

Posizione depressiva necessaria per vivere sentimenti contrastanti di amore e di odio e mettere in atto strategie riparative al sentimento di perdita dell’oggetto di amore solo buono e fonte di gratificazioni.

DISTURBI DELL’UMORE Prospettiva sistemico- relazionale

Atmosfera familiare improntata a pessimismo, tristezza,

mancanza di speranza, rigidità e tendenza all’ipercriticismo

e alla colpevolizzazione, capro espiatorio della condizione

familiare con funzione protettiva ed omeostatica

dell’equilibrio familiare.

Ruolo degli eventi stressanti recenti.

Morte del coniuge, separazione e divorzio, perdita del

posto di lavoro, o gravi insuccessi lavorativi, trasloco, ecc.)

DISTURBI DELL’UMORE DEPRESSIONE MAGGIORE

La depressione maggiore può manifestarsi come episodio singolo o, più spesso, assumere un decorso ricorrente (50-85% dei casi); in quest’ultimo caso nell'intervallo libero di solito si verifica il ritorno al funzionamento premorboso anche se è possibile la persistenza di sintomi residui con scadimento dell'adattamento sociale o occupazionale. Possibile l'andamento stagionale con ricorrenze soprattutto in primavera e/o autunno.

La profonda tristezza, il pessimismo che spesso riguarda anche l'efficacia delle cure, l'indifferenza affettiva, la perdita di speranza per il futuro possono portare il paziente con depressione a considerare la morte come l'unica via d'uscita dallo stato di sofferenza in cui si trova e spingerlo quindi al suicidio (ideazione suicidaria 50% dei casi, tentativi 15% dei casi).

DISTURBI DELL’UMORE PROCEDIMENTO DIAGNOSTICO

Sintomi chiave

Presenza di umore triste o perdita di interesse?

SI NO

Presenza di almeno 5 dei 9 sintomi seguenti per la maggior parte della

giornata, quasi ogni giorno, per almeno 2 settimane.

DISTURBI DELL’UMORE 1. Umore depresso

2. Marcata diminuzione di interesse o di piacere in quasi tutte le

attività

3. Significativa perdita o aumento di peso

4. Insonnia o ipersonnia

5. Agitazione o rallentamento psicomotorio

6. Affaticabilità o mancanza di energia

7. Sentimenti di svalutazione o di colpa eccessivi o immotivati

8. Diminuita capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione

9. Pensieri ricorrenti di morte, ricorrenti propositi suicidari o

tentativo di suicidio

DISTURBI DELL’UMORE SI NO

EPISODIO DEPRESSIVO MAGGIORE, ATTUALE

Presenza di 1 o più precedenti episodi maniacali o misti

SI NO

↓ ↓

DISTURBO BIPOLARE 1 Precedenti episodi ipomaniacali

SI ↓

↓ NO

Disturbo bipolare II ↓

Precedenti episodi depressivi maggiori

SI NO

↓ ↓

D. Dep. maggiore ricorrente D. dep. maggiore, ep. singolo

DISTURBI DELL’UMORE Valutazione della gravità del disturbo depressivo maggiore:

1. Lieve: se il numero di sintomi è appena al di sopra del mini­mo di quelli richiesti per fare la diagnosi (5 o 6) e se è presente solo una minore compromissione funzionale.

2. Moderato: se il numero di sintomi è maggiore e il grado di malfunzionamento è intermedio.

3. Grave: in presenza di un numero di sintomi importante e di una marcata interferenza dei sintomi con lo svolgimento del­le attività lavorative o/e occupazionali o/e nei rapporti interpersonali.

a) con manifestazioni psicotiche (presenza di delirio e/o allucinazioni)

b) senza manifestazioni psicotiche

DISTURBI DELL’UMORE Diagnosi differenziale

Disturbo dell'umore dovuto a una condizione medica generale

Malattie neurologiche (epilessia, sclerosi multipla, malattia di Parkinson, malattia di Huntington, morbo di Alzheimer);

Malattie cerebrovascolari (ictus);

Malattie metaboliche (diabete mellito; deficienza di vitamina B 12);

Condizioni endocrinologiche (iper ­e ipo-tiroidismo, iper- e ipo- paratiroidismo, iper- e ipo­corticosurrenalismo);

Condizioni autoimmuni (Lupus eritematoso sistemico);

Infezioni virali (epatite, HIV, mononucleosi);

Tumori (cerebrali, pancreatici).

Dall'anamnesi, l'esame fisico o i dati di laboratorio emerge che l'alterazione dell'umore è conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale. In questi casi 1'intervento terapeutico deve primariamente mirare alla correzione della condizione medica generale anche se spesso è necessario instaurare anche un trattamento specifico per la sindrome depressiva.

DISTURBI DELL’UMORE Demenza

La sequenza temporale nella comparsa dei sintomi depressivi e cognitivi, la storia clinica del paziente (precedenti episodi de­pressivi, familiarità per disturbi dell'umore), così come l'utilizzo di indagini neuroradiologiche e di test neuropsicologici possono essere di ausilio nella diagnosi differenziale. In molti casi è la risposta al trattamento antidepressivo che permette la distinzione tra quadri clinici in cui la depressione è responsabile della compromissione cognitiva e forme primarie di deterioramento.

DISTURBI DELL’UMORE Disturbo dell'umore indotto da sostanze

L’assunzione di alcuni farmaci (antipertensivi, analgesici, antibatterici, antimicotici, antineoplastici, contraccettivi orali, corticosteroidi, fenotiazine) come pure l'abuso, la dipendenza o l'astinenza da alcune sostanze (alcol, anfetamine, cocaina, allucinogeni e sedativi) può aver un effetto potenzialmente depressogeno.

Il dato anamnestico dell'uso di una sostanza (droga, medicamento o esposizione a una tossina) in concomitanza al disturbo depressivo maggiore permette di porre la diagnosi differenziale. Da tenere presente, tuttavia, che in molti casi l'uso di sostanze o alcolici costituisce una complicanza del disturbo dell'umore per il quale è necessario uno specifico intervento terapeutico.

DISTURBI DELL’UMORE Disturbo distimico

Nel disturbo distimico la flessione dell'umore, che si manifesta in forma attenuata e decorso cronico, si associa a sentimenti di inadeguatezza, di insoddisfazione, pessimismo, astenia, difficoltà nel prendere decisioni. Questa condizione provoca problemi nello studio e nell'attività lavorativa, come nei rapporti interpersonali. La prevalenza della distimia è del 2,3-3,8%, l'età di insorgenza è spesso precoce (18-45 anni), e il rapporto femmine/maschi è di circa 2:1. Nella distimia è frequente l'abuso di alcol e di farmaci come pure sono elevati i1 rischio di suicidio e la vulnerabilità a fattori psicosociali stressanti. La prognosi è meno favorevole di quella degli episodi maggiori, con una percentuale di guarigione intorno al 40% in un periodo di 2-3 anni e un'elevata incidenza (oltre il 70%) di disturbi psichiatrici concomitanti.

La diagnosi differenziale con la depressione maggiore si pone in base alla gravità, cronicità e persistenza della sintomatologia.

DISTURBI DELL’UMORE Disturbi dello spettro schizofrenico (schizofrenia, disturbo schizoaffettivo)

Presenza di manifestazioni psicotiche per almeno 2 settimane in assenza di sintomi

depressivi rilevanti.

Disturbo dell'adattamento con umore depresso

Uno dei sottotipi del disturbo dell'adattamento è quello con umore depresso,

caratterizzato principalmente da crisi di pianto, disperazione ed angoscia. I sintomi,

che non devono durare oltre i 6 mesi, si sviluppano in relazione a eventi stressanti

acuti (ad es., fine di ma relazione sentimentale, diventare genitore, andare in

pensione, difficoltà economiche, problemi coniugali) o protratti (soprattutto

malattie croniche o a prognosi infausta come tumore o infezione da HIV).

La diagnosi differenziale si pone per la presenza di uno specifico evento scatenante

nei 3 mesi precedenti l'esordio della sintomatologia, l'assenza di precedenti episodi

depressivi o espansivi, l'incompletezza della sintomatologia depressiva, con

mancanza di idee di suicidio, deliri o allucinazioni e infine per la durata del disturbo

inferiore a 6 mesi.

DISTURBI DELL’UMORE Lutto

Il disturbo compare nei 2 0 3 mesi successivi alla perdita di una persona cara (genitore, figlio, coniuge) e tende a risolversi spontaneamente entro un anno.

Il quadro depressivo si caratterizza per l'assenza di alternanza diurna della sintomatologia con miglioramento serale, di rallentamento psicomotorio, di sintomi psicotici e idee di suicidio.

DISTURBI DELL’UMORE COMORBILITÀ

In letteratura è riportato che il 25-40% dei pazienti con depressione presenta contemporaneamente anche un disturbo d'ansia. La concomitanza del disturbo di panico, che oscilla tra il 15 e il 30% dei casi, sembra determinare una maggiore gravità del quadro clinico, un più alto rischio di suicìdio e una maggiore compromissione sul piano socio-lavorativo; l'esordio in età giovanile di questi due disturbi in comorbilità sembra inoltre predire un'evoluzione di tipo bipolare della patologia dell'umore.

L’incidenza della comorbilità tra disturbo depressivo maggiore e disturbo ossessivo-compulsivo varia tra il 13 e il 75%; anche questa co-iagnosi sembra determinare maggiore gravità della sintomatologia, maggiore tendenza alla cronicità, risposta meno soddisfacente ai trattamenti e prognosi meno favorevole.

Molto frequente è la comorbilità tra disturbo depressivo maggiore e disturbo da uso/abuso di alcol o di altre sostanze che comporta generalmente una ridotta adesione ai trattamenti e spesso richiede 1'ospedalizzazione del paziente per gli elevati rischi suicidari o per la concomitanza di disfunzioni epatiche che rendono difficoltoso il trattamento farmacologico.

Nei soggetti anziani il disturbo depressivo maggiore non di rado si accornpagna a segni e sintomi di deficit cognitivo che possono essere secondari alla patologia affettiva (pseudodemenza) o il risultato di una comorbilità con una vera e propria demenza.

Soggetti con disturbi di 1personalità, in particolare ossessivo­compulsivo, evitante, dipendente, narcisistico e borderline, sono più predisposti a episodi di depressione maggiore.

I dati riguardanti la concomitanza di depressione e sclzizofrenia sono contrastanti; frequente è il disturbo depressivo postpsicotico .

DISTURBI DELL’UMORE TERAPIA

Diagnosi di disturbo depressivo maggiore

Valutazione complementare di particolari aspetti sintomatologici

a. Sintomi atipici: reattività dell'umore, sintomi neurovegetativi inversi (ipersonnia, iperfagia, inversione delle variazioni diurne della sintomatologia) e sensibilità al rifiuto.

b. Sintomi psicotici.

c. Alterazioni neurologiche/elettroencefalografiche.

d. Agitazione/impulsività.

Valutazione internistica

a. Presenza di condizioni mediche generali che possono aver causato il disturbo dell'umore; se necessario, trattamento del disturbo organico primario.

b. Presenza di condizioni mediche generali che controindichino, in modo relativo o assoluto, l'utilizzo di specifici trattamenti antidepressivi. Tra queste: pregresso infarto del miocardio, disturbi del ritmo e della conduzione cardiaca, ipertrofia prostatica, glaucoma, asma, insufficienza degli organi emuntori (epatica c/o renale), epilessia.

Valutazione della comorbilità

DISTURBI DELL’UMORE Trattamento dell'episodio

a. Supporto psicoeducazioliale al paziente e ai familiari.

Il supporto psicoeducazionale dovrebbe fornire informazioni riguardo:

• obiettivi e durata del trattamento

effetti secondari e meccanismo d'azione dei farmaci

conseguenze di una scarsa adesione al trattamento

atteggiamento più corretto dei familiari nei confronti del paziente

riconoscimento di sintomi residui e prodromici della depressione maggiore.

DISTURBI DELL’UMORE b. Scelta del trattamento farmacologico.

I composti oggi a disposizione del medico per il trattamento

della depressione comprendono:

Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI).

Farmaci di prima scelta sono particolarmente indicati in

presenza di sintomi atipici, di concomitanti malattie fisiche,

di comorbilità con disturbo di panico (paroxetina,

citalopram, sertralina), disturbo ossessivo compulsivo

(fluvoxamina, citalopram, sertralina, fluoxetina, paroxetina),

disturbi della condotta alimentare (fluoxetina, sertralina).

DISTURBI DELL’UMORE Triciclici (TCA)

La loro efficacia nel trattamento della depressione maggiore è confermata da numerosi

studi clinici alcuni dei quali indicano una superiorità rispetto alle altre classi di

antidepressivi nelle forme particolarmente gravi o con melanconia.

Inibitori delle monoaminossidasi (IMAO).

La scarsa maneggevolezza e la disponibilità di un unico composto in commercio

(tranilcipromina in associazione con trifluoperazina) ne limitano l'impiego ai quadri

resistenti agli altri antidepressivi, in particolare in presenza di sintomi atipici.

Altri antidepressivi:

Trazodone per l'azione sedativa viene talora impiegato nei quadri con agitazione e

concomitante compromissione organica cerebrale. Nefazodone, dotato di una

buona azione sedativa. Venlafaxina, inibitore della ricaptazione della noradrenalina e

della serotonina (SNRI), appare particolarmente indicato in caso di comorbilità con

ansia generalizzata. Mirtazapina, iníbitore della ricaptazione della noradrenalina e

selettivo della serotonina (NASSA). Reboxetina, inibitore selettivo della ricaptazione

della noradrenalina (NARI). Altri farmaci con proprietà antidepressive: Iperico,

adenoosil­metionina,, utile nelle forme agitate e in associazione agli S.S.R.I,

DISTURBI DELL’UMORE Interventi di tipo psicologico.

In alcuni quadri di minore gravità possono essere utilizzati, in alternativa alle cure

farmacologiche, interventi di tipo psicologico, come la psicoterapia cognitivo-

comportamentale, interpersonale e psicodmamica breve, per í quali è stata

dimostrata un efficacia in prove controllate. Studi clinici dimostrano, inoltre, una

migliore risposta in caso di associazione tra farmacoterapia e psicoterapia.

Valutazione della risposta.

Il paziente che inizia il trattamento farmacologico viene valutato ogni 2-4 settimane al

fine di monitorare la comparsa di eventuali effetti collaterali, adeguare il dosaggio

del composto e valutare la risposta. In genere alla 6.a settimana:

se si ottiene una risposta completa, continuare il trattamento (vedi fase di

mantenimento).

se la risposta è parziale, adeguare il dosaggio e valutare dopo 2-4 settnnane.

se la risposta è assente, cambiare il trattamento e rivalutare dopo 2-4 settimane.

DISTURBI DELL’UMORE Trattamento di mantenimento

Ottenuta la completa remissione sintomatologica, il trattamento farmacologico deve essere protratto per ulteriori 6-8 mesi allo scopo di prevenire il riattivarsi della sintomatologia dell'episodio (ricaduta).

In questa fase viene abitualmente impiegato lo stesso composto utilizzato nella fase acuta senza variarne le dosi.

DISTURBI DELL’UMORE Trattamento preventivo

Per prevenire la comparsa di nuovi episodi (recidive) è necessario attuare un trattamento a lungo termine (2 anni e oltre) se si verificano le seguenti condizioni:

Tre o più episodi di depressione maggiore in anamnesi

Uno o due episodi in anamnesi e presenza di fattori di rischio quali:

Precoce età di esordio

Storia familiare di depressione maggiore

Resistenza al trattamento

Sintomi psicotici

Rapida comparsa di ricaduta o recidiva dopo l'interruzione del trattamento

Pregressi tentativi autolesivi o ideazione autolesiva persistente nel corso dell'episodio depressivo

Concomitanti condizioni mediche o sociolavorative che possono rendere rischiosa la comparsa di un nuovo episodio depressivo.

Anche in questa fase viene generalmente impiegato lo stesso composto utilizzato in fase acuta senza variarne le dosi. L’interruzione del trattamento si effettua riducendo gradualmente le dosi (4-6 mesi) e monitorando il paziente per cogliere i segnali di un'eventuale ricomparsa della sintomatologia.

DISTURBI DELL’UMORE Resistenza al trattamento

In caso di mancata risposta ad un trattamento con antidepressivi effettuato con

dosi adeguate e per un tempo sufficientemente lungo è opportuno:

A. Riconsiderare la diagnosi primaria. Valutare la presenza di condizioni mediche

generali che possono giustificare, in tutto o in parte, la resistenza al trattamento;

orientare la cura verso il disturbo organico primario.

B. Valutare la presenza di aspetti sintomatologici che richiedono specifici interventi:

Sintomi psicotici: associazione di antidepressivi e neurolettici atipici o tipici, terapia

elettroconvulsivante;

Sintomi atipici: SSRI o IMAO;

Alterazioni neurologiche/elettroencefalografiche: associare antiepilettici (valproato,

gabapentin, carbamazepina/ oxcarbazepina);

Agitazione/impulsività: stabilizzatori dell'umore (litio carbonato o antiepilettici).

DISTURBI DELL’UMORE C. Valutare la presenza di comorbilità:

1. disturbo da abuso di sostanze: associare agonisti (metadone) o antagonisti degli oppioidi (naloxone, naltrexone); antidoto antietilico (disulfir-am)

2. demenza: associare nootropo (colina, piracetam, citicolina, donepezil, rivastigmina)

3. disturbo di personalità: psicoterapia

4. schizofrenia: associare neurolettici atipici e/o tipici

D. Attuare strategie di potenziamento associando:

1. SSRI + TCA

2. Sali di litio

3. Tiroxina

4. Triptofano

5. Beta-bloccanti (pindololo)

6. Antiepilettici (carbamazepina, gabapentin)

7. IMAO + Triciclici (potenzialmente pericolosa

8. Buspirone

9. Bupropione

10. Psicoterapia

DISTURBI DELL’UMORE E. Valutare alternative terapeutiche:

1. Citalopram o clomipramina e.v.

2. Terapia elettroconvulsivante (prima scelta in caso di

quadri particolarmente gravi con sintomi psicotici o

arresto psicomotorio)

DISTURBI DELL’UMORE DEPRESSIONE RESISTENTE

DEFINIZIONI

Definizione di risposta al trattamento antidepressivo

Remissione: raggiungere la remissione significa essere liberi da sintomi depressivi. Sulla base della scala di Hamilton per la Depressione (HAM-D) a 17 item, la remissione è definita da un punteggio < 7, anche se alcuni ricercatori hanno riportato punteggi soglia più elevati, tra 7 e 10, per definire la remissione. Il raggiungimento di uno stato di uno stato virtualmente asintomatico deve essere mantenuto per 2 mesi consecutivamente.

Guarigione: è definita come una remissione di almeno 6 mesi consecutivi.

Risposta: si definisce come una riduzione di almeno il 50% del punteggio dell'HAM-D o un punteggio finale all' HAM-D < 7.

DISTURBI DELL’UMORE Non risposta: una risposta che risulti inadeguata al punto da richiedere un

cambiamento nel piano di trattamento (per es. una riduzione < al 50% della HAM-

D, solo minimi miglioramenti o addirittura peggioramenti delle condizioni del

paziente).

Risposta parziale: questa categoria si situa tra la risposta e la non risposta e

rappresenta la condizione in cui il paziente è migliorato rispetto all'inizio, ma

continua ad essere sintomatico, cosicché è richiesto un ulteriore trattamento. Si

definisce come risposta parziale una diminuzione dai punteggi di partenza della

HAM-D < del 50% e > del 20%. I pazienti che rientrano in questa categoria

possono continuare con il trattamento corrente (eventualmente con una strategia

di potenziamento) oppure cambiare trattamento.

Depressione resistente al trattamento (TRD): si definisce tale quando non si ha

risposta a due o più trial adeguati con antidepressivi di diverse classi.

Depressione refrattaria al trattamento: si definisce tale quando non si verifica

alcuna risposta al trattamento, i sintomi risultano immutati o peggiorati.

DISTURBI DELL’UMORE I dati relativi alla prevalenza della depressione resistente al trattamento dicono che 1/3

circa dei pazienti trattati per depressione maggiore non risponde in maniera soddisfacente al primo trial con antidepressivi; osservazioni di follow-up rivelano che circa il 20% rimane sintomatico 2 anni dopo l'esordio del disturbo. Infine, anche dopo molteplici interventi terapeutici, fino al 10% dei pazienti è ancora depresso.

Le definizioni di cui sopra sono ovviamente correlate al concetto di trattamento adeguato e alla definizione di durata idonea della cura. In molti casi, infatti, si possono presentare errori terapeutici che inevitabilmente condizionano l'efficacia della terapia: è i1 caso, ad esempio, di pazienti che vengono trattati con dosaggi inadeguati di antidepressivi (come capita più comunemente con i triciclici, a causa della loro maggiore tossicità se utilizzati alle dosi terapeutiche).

Molti pazienti vengono poi sottoposti alle cure per periodi di tempo troppo brevi, inferiori anche alle 4-6 settimane, per cui non si ha tempo neanche per valutare in modo corretto e com­pleto l'azione terapeutica di un antidepressivo.

Occorre infine menzionare altri problemi che concorrono nel creare scarsa risposta alla terapia farmacologica, come fattori di pertinenza dei paziente quali: variazione individuale della farmacocinetica (rapido metabolismo, malassorbimento), scarsa compliance (a causa di effetti collaterali mal tollerati), errata assunzione per incomprensioni ed infine l'eventuale presenza di malattie organiche (taciute allo specialista).

DISTURBI DELL’UMORE DEPRESSIONE BIPOLARE

INQUADRAMENTO CLINICO- NOSOGRAFICO

Diversi Autori hanno tentato di differenziare dal punto di vista fenomenologico le fasi depressive dei disturbi bipolari dalla depressione maggiore ricorrente. Sono state di volta in volta segnalate come caratteristiche della forma bipolare la labilità dell'umore, il rallentamento motorio, i disturbi somatici, l'ansia sociale, i fenomeni di derealizzazione, i sintomi psicotici, la minore frequenza di condotte suicidarie, l'ipersonnia, 1'iperfagia e il peggioramento mattutino. Il singolo episodio avrebbe inoltre una durata minore e sarebbe più spesso complicata dall'abuso di alcol o sostanze. Non è tuttavia tracciabile un netto confine tra depressione unipolare e bipolare e molte delle differenze riscontrate sono in realtà dovute all'eterogeneità dei criteri utilizzati per la diagnosi di depressione maggiore. Questa eterogeneità ha determinato da un lato l'erroneo inserimento tra le forme unipolari di generiche condizioni di "demoralizzazione" e di disturbi primariamente non affettivi, dall'altra non ha consentito la differenziazione tra forme depressive pure e quadri clinici risultanti dalla comorbilità coi disturbi d'ansia.

DISTURBI DELL’UMORE Quando si adottano criteri restrittivi come, per esempio, quelli di "depressione con malinconia", sul piano trasversale non si rilevano più differenze tra forme unipolari e bipolari e lo stesso comportamento psicomotorio risulta correlato, più che alla polarità, ad altre variabili come il sesso e l'età, essendo l'agitazione più comune tra gli anziani e le donne. Parimenti, le indagini neurofisiologiche, come lo studio del tracciato elettroencefalografico durante il sonno e del rapporto ventricoli/encefalo mediante TAC, non sono in grado di discriminare tra depressione unipolare e fasi depressive del disturbo bipolare. In assenza di dati di decorso non è pertanto agevole la distinzione, fondamentale invece a fini prognostici e terapeutici, tra questi due sottotipi di depressione. Dinanzi a un primo episodio depressivo con esordio nell'infanzia/adolescenza il rischio che la successiva evoluzione sia di tipo bipolare è stimato intorno a120-30% dei casi; le probabilità sono maggiori se l'insorgenza è improvvisa e/o sono presenti ritardo psicomotorio o sintomi psicotici.

DISTURBI DELL’UMORE Quando l'esordio si verifica in età adulta il rischio di un'evoluzione bipolare è del 5%, che però sale al 20% se l'intensità della sintomatologia è tale da richiedere il ricovero, se sono presenti sintomi atipici (ípersonnia; rallentamento), se la comparsa è nel post-partum, se c'è stata un'induzione da farmaci psicotropi e in presenza di familiarità per disturbi bipolari. Secondo diversi Autori dovrebbero essere inquadrate nell'ambito dello spettro bipolare anche le depressioni seguite da fasi (ipo)maniacalí "scatenate" da antidepressivi e, pur in assenza di precedenti episodi espansivi, le depressioni resistenti al trattamento e quelle che si verificano in soggetti con temperamento premorboso di tipo ipertimico o ciclotimico.

DISTURBI DELL’UMORE TERAPIA

Obiettivi:

garantire la sicurezza de1 paziente

- ottenere la riduzione dei sintomi

- consentire il ritorno ad un normale livello di funzionamento psicosociale

- valutare la necessità di un trattamento a lungo termine

- incidere su eventuali fattori (psicologici o ambientali) stressanti che facilitano le recidive.

I trattamenti somatici includono diverse classi di farmaci (antidepressivi, sali di litio e antiepilettici), alcune terapie ancora in fase sperimentale e la terapia elettroconvulsivante.

DISTURBI DELL’UMORE a) Antidepressivi. Studi controllati e in aperto hanno dimostrato che tutte le classi di antidepressivi sono superiori al placebo e parimenti efficaci tra loro nel trattamento della depressione bipolare. Esiste tuttavia un rischio di switch verso l’(ipo)mania che è maggiore per i triciclici (TCA) (6-50% in relazione alla durata dell'assunzione), intermedio per la venlafaxina e il bupropione (rispettivamente l3% e 11%) e più basso per gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (0 - 3%). Efficaci, ben tollerati e con un rischio di switch inferiore a quello dei triciclici sono risultati anche la tranilcipromina e la moclobemide. Per ridurre la possibilità di insorgenza di una fase espansiva e l'accelerazione dei cicli, gli antidepressivi dovrebbero essere prescritti con cautela, a dosi basse, per il minore tempo possibile e sempre in associazione a stabilizzanti dell'umore.

DISTURBI DELL’UMORE b) Sali di litio. Otto studi controllati verso placebo indicano che il litio ha

una discreta efficacia (36% di risposte "inequivocabilmente positive") nel trattamento della depressione bipolare, con una latenza di risposta di 6-8 settimane.

c) Antiepilettici. In studi in aperto o su piccoli campioni è stata segnalata una moderata attività depressiva dell'acido valproico e della carbamazepina, soprattutto in presenza di stati misti. La lamotrigina ha mostrato una capacita antidepressiva superiore al placebo a 50 mg/ die (latenza di risposta 7 settimane) e a 200 mg/die (latenza di risposta 5 settitnane) con una frequenza di switch in fase (ipo)maniacale rispettivamente del 3% e dell’ 8%. In uno studio, in cui era utilizzata una dose flessibile fino a 400 mg/die, l'azione antidepressiva è stata rilevata nei pazienti con disturbo bipolare I, ma non in quelli con disturbo bipolare II.

DISTURBI DELL’UMORE d) Terapie sperimentali. Pramipexolo, antipsicotici atipici

(olanzapina, in monoterapia o in associazione con fluoxetina, risperidone, ziprasidone), acidi grassi omega 3, sleep deprivation, fototerapia, stimolazione del nervo vago e stimolazione magnetica transcraniale.

e) Terapia elettroconvulsivante (TEC). Questa tecnica ha dimostrato un'efficacia antidepressiva pari o superiore a quella dei triciclici e degli inibitori delle monoammossidasi con un possibile minore rischio di switch. Il ricorso alla TEC è oggi limitato ai soggetti che non rispondono o non tollerano i farmaci, che presentano un rischio di vita, che necessitano una rapida risoluzione dell'episodio o che lo richiedano.

DISTURBI DELL’UMORE MANIA E IPOMANIA

A. Mania

In base ai criteri del DSM IV-TR si definisce episodio maniacale un periodo di umore anormalmente e persistentemente elevato, espansivo o irritabile, che duri almeno una settimana o che richieda l'ospedalizzazione.

Durante tale periodo devono essere presenti a un livello significativo almeno 3 dei seguenti sintomi (4 se l'umore è solo irritabile):

1) ipertrofica o grandiosa stima di sé;

2) ridotta necessità di sonno;

3) maggiore loquacità del solito, oppure spinta continua a parlare;

4) fuga delle idee o sensazione che i pensieri si succedano rapidamente;

5) distraibilità;

6) agitazione psicomotoria o aumento dell'attività finalizzata sociale, lavorativa, scolastica o sessuale;

7) eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di conseguenze dannose.

DISTURBI DELL’UMORE L’alterazione dell'umore non deve essere secondaria

all'azione di una sostanza (droga o farmaco) o a una

patologia medica generale e l'episodio deve essere

abbastanza grave da provocare una marcata

compromissione socio­lavorativa o da richiedere

l'ospedalizzazione. Abitualmente il soggetto non ha

coscienza di malattia o della necessità di seguire cure.

DISTURBI DELL’UMORE L’episodio può avere un esordio brusco o essere proceduto da sintomi

prodromici come inusuale sensazione di benessere, irritabilità, aumento delle energie e dell'attività sessuale, riduzione del bisogno di sonno.

Nel periodo di stato le alterazioni riguardano il tono dell'umore, la psicomotricità, la sfera cognitiva e il sistema somato­vegetativo.

L’umore è abitualmente elevato: il paziente appare allegro, euforico, felice, gioioso; nei casi più gravi si manifestano sensazioni di "beatitudine" e di "illuminazione". In alcuni soggetti predomina la disforia con scontrosità, irritabilità, aggressività, rivendicatività. Caratteristica è la continua variabilità dello stato d'animo. L’attività motoria è incrementata, la mimica è mutevole, la gestualità esagerata, ci sono incapacità a stare fermo, irrequietezza e impulsività. La maggiore disponibilità di energie consente di eseguire compiti anche pesanti senza avvertire stanchezza e, nelle forme più lievi, determina un aumento dell'attività finalizzata; con il progredire del disturbo si perde la capacità di raggiungere gli obiettivi e la possibilità di rendere produttiva l'azione.

DISTURBI DELL’UMORE Quando l'eccitamento motorio è più intenso vengono persi i freni inibitori e sono possibili crisi pantoclastiche, con aggressività verbale e fisica e tentativi impulsivi di suicidio. Le funzioni cognitive presentano modificazioni formali e di contenuto.

Sul piano soggettivo prevale una sensazione di aumento dell'efficienza intellettuale mentre oggettivamente è riscontrabile un deficit dell'attenzione e delle capacità di concentrazione. Il corso del pensiero è accelerato e spesso frammentato e, nei casi più gravi, si può giungere alla perdita dei nessi associativi ("fuga delle idee").

Il contenuto del pensiero è rappresentato da idee di grandezza con ipervalutaztone della propria forza fisica, dell'aspetto estetico, delle capacità intellettuali e delle disponibilità economiche.

Nel 45-75% dei pazienti sono presenti veri e propri deliri il cui contenuto può essere congruo o incongruo all'umore; raramente sono presenti fenomeni dispercettivi o sintomi catatonici. Sul piano somatovegetativo si evidenzia riduzione del bisogno di sonno, fino all'insonnia totale, aumento dell'appetito o della libido.

La durata dell'episodio maniacale è in media di 4-6 mesi, potendo variare da alcuni giorni a diversi anni. Nel 5-10% dei pazienti la mania può assumere un decorso cronico.

DISTURBI DELL’UMORE INQUADRAMENTO CLINICO-NOSOGRAF'ICO

B. Ipomania

I criteri per la diagnosi di ipomania sono sovrapponibili a quelli dell’episodio

maniacale, anche se è prevista una minore gravità della sintomatologia (mancano la

marcata compromissione socio­lavorativa, la necessità di ricovero e i sintomi

psicotici) e la durata può essere più breve (4 giorni). I sintomi, costituiscono

comunque un cambiamento nel modo di agire della persona tale da essere notato

dagli altri.

Il paziente appare allegro, vivace, sicuro di sé, assertivo, ha una capacità produttiva

inusuale e una limitata necessità di riposo e di sonno. A volte l'attivazione è così

intensa da essere soggettivamente spiacevole e spingere all'assunzione di alcol o

benzo­diazepine a scopo autoterapeutico. Come nella mania, anche nell'ipomania

l'umore è instabile ed è frequente la repentina comparsa, sollecitata da eventi

esterni, di tristezza o irritabilità. I soggetti in ipomania vivono il proprio stato come

ego-sintonico, considerandolo spesso una "fisiologica" reazione alla risoluzione di

un precedente episodio depressivo e alla sofferenza che questo ha comportato. Di

conseguenza non consultano spontaneamente lo specialista, a meno che non

insorgano complicanze o non sia presente una patologia in comorbilità.

DISTURBI DELL’UMORE Diagnosi differenziale

Stati misti. Difficile da stabilire un confine netto sia per l'Inaffidabilità dei criteri per la diagnosi di stato misto, sia perché sintomi depressivi sono "normalmente" presenti in mania. Caratteristici dello stato misto sarebbero 1‘anedonia, 1'affaticabilità, le idee di colpa o di inaiutabilità, le ricorrenti idee di morte o di suicidio.

Schizofrenia. Sul piano trasversale mancano l'esordio brusco, la labilità dell'umore con rapida alternanza di stati emotivi differenti, la vivacità mimico-gestuale, la capacità di interagire attivamente con l'ambiente; sono invece presenti sintomi negativi. Sul piano longitudinale mancano un buon fiunzionamento premorboso, una patologia temperamentale, precedenti episodi maniacali o depressivi. La familiarità per disturbi dell'umore è negativa.

Disturbo borderline di personalità. L’esordio è più precoce, il quadro è persistente, mancano precedenti episodi maniacali o depressivi.

Disturbo antisociale di personalità. Le condotte antisociali sono persistenti.

Disturbo da deficit dell'attenzione con iperattività. L’esordio è più precoce, il decorso cronico, mancano umore espanso e manifestazioni psicotiche.

DISTURBI DELL’UMORE I trattamenti includono sali di litio, antiepilettici, antipsicotici,

calcio­antagonisti e terapia elettroconvulsivante.

a) Sali di litio. Cinque studi ne hanno ditnostrato la superiorità rispetto al placebo con un miglioramento complessivo nel 70% dei casi. Sembrano più indicati nella mania pura o euforica.

b) Antiepilettici. L’acido valproico è risultato superiore al placebo, pari all'aloperidolo e pari o inferiore all'olanzapina. Sembra più indicato in presenza di numerosi episodi precedenti. La carbamazepina ha mostrato una capacità antimaniacale superiore a1 placebo, comparabile a quella del litio e della clorpromazina, inferiore a quella del valproato. L’oxcarbazepina, un chetoanalogo della carbamazepiua, è risultata efficace quanto il litio e 1'aloperidolo. Risultati contrastanti si sono ottenuti con la latnotrigina mentre la gabapentina è risultata equivalente al placebo.

DISTURBI DELL’UMORE c) Antipsicotici. Olanzapina, risperidone e ziprasidone,

utilizzati in monoterapia o come terapia aggiuntiva, hanno mostrato un'efficacia superiore al placebo e pari al litio, all'acido valproico e all'aloperidolo. La clozapina ha fornito risposte positive anche nelle forme resistenti, Gli antipsicotici tipici, peraltro poco testati, sembrano superiori al placebo e pari al litio.

(d) Calcio antagonisti. Nimodipina e verapamil sono utili come terapia aggiuntiva nelle forme resistenti ai trattamenti tradizionali.

e) Terapia elettroconvulsivante. In diversi studi in aperto e in tre studi controllati ha dimostrato un’efficacia superiore al litio e all'associazione litio-aloperidolo.

DISTURBI DELL’UMORE Profilassi dei disturbi bipolari

Il DSM IVTR prevede tre differenti forme di disturbo bipolare, oltre alla categoria residua di disturbo bipolare non altrimenti specificato: disturbo bipolare I e II e ciclotimia.

Il disturbo bipolare I comprende sia pazienti che hanno presentato episodi depressivi e maniacali o misti sia pazienti che sono andati incontro esclusivamente a ricadute maniacali (5-9% dei casi). Nel decorso spontaneo i singoli episodi hanno una durata abbastanza regolare, 3-4 mesi per la mania e mesi 6-8 per la depressione, e stabile nell'arco della malattia. L’età di esordio si colloca tra i 15 e i 40 anni, con una maggiore frequenza intorno ai 30 anni; è possibile alche una presentazione in epoca pre-puberale. La polarità di esordio, soprattutto nel sesso femminile, è più frequentemente di tipo depressivo (rapporto depressione/mania al primo episodio: 3/1 nelle donne, 3/2 negli uomini); il successivo decorso vede una prevalenza delle recidive depressive nelle donne, un'equivalenza di fasi espansive e depressive negli uomini.

DISTURBI DELL’UMORE ll disturbo bipolare II comprende i pazienti che alternano

episodi depressivi e 1pomaniacali spontanei, secondo

alcuni Autori dovrebbe includere anche i pazienti con

episodi ipomaniacali indotti farmacologicamente e i

pazienti con episodi depressivi e temperamento

lpertimico o ciclotimico o con familiarità di primo

grado per disturbi bipolari (disturbo bipolare

"attenuato").

DISTURBI DELL’UMORE Importante, anche per le ricadute sul trattamento profilattico, è la valutazione delle

caratteristiche del ciclo maniaco-depressivo, cioè della modalità con cui si succedono depressione, (ipo)mania e intervallo libero. 5 possibili sequenze:

a) Mania-depressione- intervallo libero: il disturbo inizia con una fase (ipo)maniacale segue una fase depressiva e quindi un intervallo libero dopo il quale si manifesta una nuova fase espansiva. Più frequente nel pazienti con disturbo bipolare I, si associa a una buona risposta al litio;

b) Depressione-mania-intervallo libero: l'esordio è in depressione, segue una (ipo)mania e quindi un intervallo libero. Più frequente nel pazienti con disturbo bipolare II, si associa a una risposta parziale al litio;

c) Circolare continuo a lunghi cicli: caratterizzato da un unico ciclo per anno [in genere depressione in autunno-inverno e (ipo)manla in primavera-estate] senza interv,allo libero. Si riscontra con uguale frequenza nei pazienti con disturbo bipolare I e II e si associa a una risposta parziale al litio;

d) Circolare continuo a brevi cicli: caratterizzato da due o più cicli per anno, corrisponde in parte al disturbo bipolare a cicli rapidi. Più frequente nei pazienti con disturbo bipolare II, si associa a una scarsa risposta al litio;

e) Irregolare: l'alternanza degli episodi non segue una precisa regola. Più frequente nei pazienti con disturbo bipolare I, si associa a una risposta parziale al litio.

DISTURBI DELL’UMORE Il disturbo ciclotimico è caratterizzato da una rapida e

continua alternanza di fasi depressive e ipomaniacali di intensità lieve/moderata e comunque tale da non soddisfare i criteri per l'episodio pieno. Le oscillazioni dell'umore sono abitualmente improvvise e di breve durata (ore o giorni) e raramente lasciano spazio a periodi di normotimia.

In questi soggetti si susseguono ottimismo e pessimismo, iperattività e mancanza di energie, ricerca di nuovi interessi e apatia, eccessiva sicurezza e crollo dell'autostima, bisogno di contatti sociali e isolamento, insonnia e ipersonnia. Lo stile di vita è tumultuoso con frequenti cambiamenti di lavoro, interessi, amicizie e relazioni sentimentali. Frequente è l'abuso di alcol o sostanze.

L’età di esordio si colloca tra l’adolescenza ed i 21 anni, il decorso è cronico (durata superiore al 2 anni) e, almeno nelle popolazioni cliniche, costituisce spesso il precursore di una patologia bipolare più grave con un rischio di evoluzione nel 30-50% dei casi verso il disturbo bipolare II e nel 5% dei casi verso il disturbo bipolare I.

DISTURBI DELL’UMORE Sali di litio. Studi controllati, effettuati negli anni '70, ne hanmo dimostrato la superiorità rispetto al placebo (28-43% vs 80% di recidive a 2 anni) ma più recenti studi naturalistici hanno ridimensionato la portata della loro effiacia (18-53% di drop-out, 50% di risposte "soddisfacenti").

Predittori di risposta favorevole sono: familiarità per disturbi bipolari o per risposta al litio, episodi maniacali di moderata gravità, ridotto numero di episodi precedenti, ciclo mania- depressione- intervallo libero, assenza di comorbilità con disturbi di personalità, con patologie neurologiche e con abuso di alcol o sostanze.