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Dispense del corso di Analisi II versione preliminare Paolo Tilli Dipartimento di Matematica Politecnico di Torino email: [email protected] 10 dicembre 2004

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Dispense del corso di Analisi IIversione preliminare

Paolo Tilli

Dipartimento di MatematicaPolitecnico di Torino

email: [email protected]

10 dicembre 2004

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Capitolo 3

Serie di Fourier

3.1 Introduzione

Un diapason e uno strumento metallico a forma di forcella, comunemente utilizzatoper accordare gli strumenti musicali. La caratteristica del diapason e quella di pro-durre, grazie alle vibrazioni delle forcelle in seguito ad un piccolo colpo, la nota LA a440 hertz (il la sopra il do centrale). L’onda sonora giunge al nostro orecchio grazieal movimento ondulatorio delle molecole d’aria, ciascuna delle quali oscilla attornoad una posizione di equilibrio. Se indichiamo con f(t) lo spostamento (rispetto allaposizione di equilibrio) di una molecola d’aria in funzione del tempo, il grafico dif(t) e pressappoco il seguente:

t = 0 t = 1440 t = 2

440tempo (in secondi)

Figura 3.1: Nota LA 440 emessa da un diapason.

Il grafico e quello della funzione f(t) = A sin ωt, dove A (l’ampiezza dell’oscilla-zione) e dell’ordine del millimetro, mentre ω = 2πν e la pulsazione, con frequenza νpari a 440 hertz (e quindi il periodo T dell’oscillazione e pari a 1/ν = 1/440 secondi).Un moto di questo tipo (il cui andamento nel tempo e di tipo sinusoidale) viene dettomoto armonico con frequenza ν e, nel caso in questione, la molecola d’aria compie

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440 oscillazioni al secondo (nel grafico sono riportate tre oscillazioni complete: laprima ad esempio ha luogo dal tempo t = 0 al tempo t = 1/440).

E ben noto tuttavia che, se la stessa nota LA 440 viene emessa da un altrostrumento, quale il pianoforte o il violino, il suono risultante e diverso (pur venendopercepito come la medesima nota), e varia parecchio da strumento a strumento. Adesempio, il grafico dello spostamento f(t) di una molecola d’aria in funzione deltempo, nel caso della stessa nota LA 440 emessa da un pianoforte e grosso modo ilseguente

t = 0 t = 1440 t = 2

440

Figura 3.2: Nota LA 440 emessa da un pianoforte.

Questa volta si tratta della funzione

(3.1) f(t) = A(sin ωt + 0.2 sin 2ωt + 0.25 sin 3ωt + 0.12 sin 4ωt + 0.1 sin 2π5ωt

)dove, come prima, ω = 2πν con frequenza ν = 440 hertz.

Come si vede, l’andamento non e piu sinusoidale ma e pur sempre periodico con ilmedesimo periodo T = 1/440 secondi. Il moto ondulatorio si ottiene sommando (o,meglio, sovrapponendo) diversi moti ondulatori sinusoidali (le cosiddette armonichedel suono) ciascuno con una propria ampiezza e con una propria frequenza (ν, 2ν,3ν ecc.) che e un multiplo intero della frequenza fondamentale ν (l’onda relativa allafrequenza base ν viene detta armonica fondamentale). E proprio il fatto che vi siauna frequenza fondamentale ν = 440 hertz, assieme a frequenze che sono multipleintere di ν, che permette al nostro orecchio di riconoscere il suono della nota LA 440anche quando questa proviene da uno strumento complesso come il pianoforte, cheemette note ricche di armoniche superiori oltre a quella fondamentale.1

Le Figure 3.1 e 3.2 sono state ottenute tracciando al calcolatore i grafici dellerispettive funzioni: in altre parole, la forma del segnale sonoro e stata dedotta da

1Un’accurata analisi del LA 440 di un pianoforte rivela anche la presenza delle armoniche confrequenza 6ν, 7ν ecc., che qui sono state omesse perche la loro ampiezza e piccola rispetto ad A.

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una conoscenza esplicita dell’equazione che lo governa (in particolare, delle armonicherilevanti e delle loro ampiezze).

In realta, in molte applicazioni si ha a che fare con una grandezza periodica neltempo (ad esempio un segnale sonoro, luminoso, di trasmissione ecc.) e si vuolerisalire alle singole frequenze che la compongono e alle relative ampiezze, senza co-noscerle in anticipo (si pensi ad esempio a un apparecchio elettronico che, captandoattraverso un microfono le vibrazioni dell’aria prodotte da uno strumento musicale,le analizzi per riconoscere di quale nota si tratta). La cosiddetta analisi di Fourierche ci accingiamo a studiare ha come obiettivo primario proprio questo: dato unsegnale periodico, riuscire a decomporlo come somma (sovrapposizione) di segna-li di tipo sinusoidale, ciascuno con una propria frequenza (multipla intera di unafrequanza base) e una propria ampiezza.

Fu proprio il matematico francese Joseph Fourier (1768-1830), motivato princi-palmente dallo studio dell’equazione del calore, il primo a rendersi conto che unafunzione f(x) sostanzialmente arbitraria2 purche periodica di periodo T , puo esseredecomposta come somma infinita di seni e coseni (serie trigonometrica), ciascunocon una propria ampiezza ed una propria frequenza multipla intera della frequanzabase ν = 1/T .3 Si tratta in sostanza di uno sviluppo del tipo

(3.2) f(x) ∼∞∑

k=0

(ak cos kωx + bk sin kωx

), ω =

T,

noto appunto come sviluppo in serie di Fourier. Abbiamo usato il simbolo ∼ al postodel simbolo di uguaglianza per evitare interpretazioni vaghe che, a questo punto dellatrattazione, potrebbero risultare fuorvianti.

Il passaggio dalla descrizione di un segnale4 dal punto di vista del suo andamentotemporale alla sua descrizione dal punto di vista della decomposizione in somma diarmoniche, viene spesso chiamato passaggio dal dominio dei tempi al dominio dellefrequenze. Per chiarire questa terminologia, torniamo al grafico nelle Figura 3.2: essodescrive l’andamento di un certo segnale rispetto al tempo, ed e facile ricavare daquesto grafico informazioni del tipo “quanto vale il segnale all’istante t” ecc.; tuttaviae molto difficile (per non dire impossibile) riconoscere immediatamente che si trattadel LA 440 di un pianoforte piuttosto che di un violino, oppure –anche sapendo giache si tratta del LA di un pianoforte– capire se la terza armonica prevale rispettoalla seconda oppure no, ecc.

Per rispondere a questo tipo di domande convenie rappresentare lo stesso segnalenel dominio delle frequenze, cioe riportare sulle ascisse le frequenze e sulle ordinatele relative ampiezze, come nella Figura 3.3. Da questo grafico emerge chiaramente

2Vedremo nel corso del capitolo che, in realta, la funzione f deve soddisfare alcune ipotesi.3La possibilita di sviluppare alcune funzioni come serie trigonometriche era in realta gia nota

da tempo. Fourier fu comunque il primo a comprenderne la vera portata e farne un uso sistematiconella risoluzione delle equazioni alle derivate parziali. Si veda ad esempio Morris Kline, Storia delpensiero matematico, Einaudi, Torino, 1996.

4Useremo talvolta il termine “segnale”, un po’ impropriamente, come sinonimo di “fenomenoperiodico”.

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0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

ν 2ν 3ν 4ν 5ν

Figura 3.3: Nota LA 440 emessa da un pianoforte: dominio delle frequenze, conν = 440 hertz

che l’armonica fondamentale ha un’ampiezza dominante rispetto alle altre, che laterza prevale leggermente sulla seconda e via dicendo.

Nell’esempio esaminato, la funzione f(t) rappresentava l’andamento periodico diuna certa grandezza in funzione del tempo t, e abbiamo visto come f(t) potesseessere descritta piuttosto bene da una combinazione lineare di armoniche del tiposin kωt, con k numero intero e ω = 2π/T , dove T e il periodo di f . Un discorsoanalogo vale per grandezze f(x) che presentino un andamento periodico rispetto aduna variabile x che non indica piu il tempo bensı una posizione nello spazio: adesempio, immaginando di fotografare in un dato istante il profilo delle onde di unlago in condizioni di relativa tranquillita, l’immagine che ne deriva potrebbe essererappresentata da una funzione periodica f(x), dove x indica l’ascissa di un punto sullasuperficie e f(x) ne indica l’ordinata (misurata rispetto al fondale, oppure rispettoal livello medio delle acque a riposo). In un caso come questo, se fosse ad esempiof = A sin ωx, la grandezza ω non dovrebbe piu essere pensata (e misurata) come unapulsazione (o frequenza angolare), bensı come numero d’onda del tipo ω = 2π/λ,dove λ e la cosiddetta lunghezza d’onda ovvero il periodo spaziale (piuttosto chetemporale) del sistema.

E chiaro che la trattazione matematica sara la stessa nei due casi. Noi, nel seguito,parleremo di funzioni f(x) periodiche di periodo T , dando un significato generico allavariabile x senza voler privilegiare un’interpretazione piuttosto che l’altra.

3.2 Funzioni periodiche e polinomi trigonometrici

Definizione 3.2.1 Una funzione f , definita sulla retta reale, si dice periodica diperiodo T (o anche T -periodica) se T > 0 e un numero reale tale che

f(x + T ) = f(x) per ogni x ∈ R.

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Il fatto di non considerare periodi negativi e solo una convenzione. Invece, il fattodi escludere T = 0 come periodo serve a non banalizzare la definizione: altrimenti,qualsiasi funzione risulterebbe periodica con periodo T = 0.

Esaminiamo alcune proprieta elementari delle funzioni periodiche.

Proposizione 3.2.2 Siano f e g due funzioni entrambe periodiche di periodo T .Allora:

a) la funzione f(x) + g(x) e periodica di periodo T ;

b) la funzione f e periodica anche di periodi 2T , 3T , ecc.;

c) per ogni λ > 0, la funzione x 7→ f(λx) e periodica di periodo T/λ;

d) se f e integrabile sugli intervalli limitati, allora il valore del suo integrale suun qualsiasi intervallo di ampiezza T non dipende dall’intervallo considerato.In formule, ∫ T

0

f(x) dx =

∫ a+T

a

f(x) dx per ogni a ∈ R.

Dimostrazione. La a) segue subito dalla definizione, cosı come la b). Ad esempio,abbiamo

f(x + 2T ) = f((x + T ) + T ) = f(x + T ) = f(x).

Analogamente, per verificare la c), si ha

f(λ(x + T/λ)) = f(λx + T ) = f(λx).

Infine, verifichiamo la d). Dato un qualsiasi a, consideriamo il piu piccolo intero ktale che a ≤ kT : chiaramente si avra kT < a + T . Allora ai puo scrivere∫ a+T

a

f(x) dx =

∫ kT

a

f(x) dx +

∫ a+T

kT

f(x) dx

=

∫ kT

a

f(x + T ) dx +

∫ a+T

kT

f(x) dx

=

∫ kT+T

a+T

f(x) dx +

∫ a+T

kT

f(x) dx

=

∫ kT+T

kT

f(x) dx =

∫ kT+T

kT

f(x− kT ) dx =

∫ T

0

f(x) dx.

Esercizi

3.2.1 Un cinema proietta ininterrottamente un film di durata pari a T , iniziando la prima proiezioneal tempo x = 0. Uno spettatore entra nel cinema al tempo x = a (dove a non e necessariamenteun multiplo di T ) ed esce dal cinema al tempo x = a + T . Avendo questo in mente, spiegare ilsignificato di tutti i passaggi nell’ultima equazione.

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Una funzione f periodica di periodo T e univocamente determinata su tutto R se la siconosce su un qualsiasi intervallo di ampiezza T del tipo [a, a+T ). Infatti, il graficodi f su R si ottiene partendo dal grafico di f sull’intervallo [a, a + T ) e replicandoneinfinite copie, una accanto all’altra, sugli intervalli del tipo [a + kT, a + kT + T ) conk = ±1,±2, . . ..

Tipicamente, per identificare f se ne specificano i valori nell’intervallo [0, T )oppure nell’intervallo [−T/2, T/2), e si impone essa che sia periodica di periodo T(o, come si dice, la si estende per periodicita).

! Esempio 3.2.3 (segnale a dente di sega) Fissiamo T > 0 e A > 0, consideriamola funzione f

(3.3) f(x) =2A

Tx per − T

2≤ x <

T

2,

ed estendiamola in modo che sia T -periodica. Il grafico della funzione f e riportatonella Figura 3.4. Un segnale di questo tipo viene detto a dente di sega, con periodoT e ampiezza A. �

0

periodo T

T2−T

2

A

−A

Figura 3.4: Onda a dente di sega di periodo T e ampiezza A

! Esempio 3.2.4 (onda quadra) Fissiamo T > 0 e A > 0, e consideriamo lafunzione f(x), periodica di periodo T , che sull’intervallo [−T/2, T/2) e data da

f(x) =

−A se −T/2 < x < 0,

0 se x = −T/2 o x = 0,

A se 0 < x < T/2.

Il suo grafico e rappresentato nella Figura 3.5. Una funzione di questo tipo vienedetta onda quadra di periodo T e ampiezza A. �

! Esempio 3.2.5 (onda triangolare) Fissiamo T > 0 e A > 0, e consideriamo lafunzione f(x), periodica di periodo T , che sull’intervallo [−T/2, T/2) e data da

(3.4) f(x) =4A

T|x|, −T

2≤ x <

T

2.

Il suo grafico e rappresentato nella Figura 3.5: una funzione di questo tipo vienedetta onda quadra di periodo T e ampiezza A. �

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A

−A

−T −T2 TT

20

Figura 3.5: Onda quadra di periodo T e ampiezza A

−T −T2 0

2A

T2 T

Figura 3.6: Onda triangolare di periodo T e ampiezza A

Tra le funzioni periodiche piu semplici vi sono i cosiddetti polinomi trigonome-trici, ovvero combinazioni lineari di seni e coseni aventi frequenze multiple di unafrequenza base.

Definizione 3.2.6 Fissato un numero T > 0, chiamiamo polinomio trigonometricodi periodo T una funzione del tipo

(3.5) p(x) = a0 +N∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

), ω =

T,

dove an e bn sono numeri reali.

I numeri an e bn sono i coefficienti del polinomio trigonometrico, e in particolare ilcoefficiente a0 viene detto termine noto. Inoltre, se nella (3.5) almeno uno dei duecoefficienti aN e bN e diverso da zero, si dice che il polinomio trigonometrico ha gradoN .

Indichiamo con i l’unita immaginaria, e con c il coniugato di un numero complessoc. Nel seguito, useremo spesso la nota identita

(3.6) eit = cos t + i sin t per ogni t ∈ R,

da cui discendono le formule

(3.7) cos t =eit + e−it

2, sin t =

eit − e−it

2i, per ogni t ∈ R.

Queste relazioni sono utili per scrivere un polinomio trigonometrico in forma espo-nenziale, come e chiarito nella seguente proposizione.

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Proposizione 3.2.7 Siano a e b due numeri reali arbitrari. Allora si ha

(3.8) a cos t + b sin t = ceit + ce−it per ogni t ∈ R, c =a− ib

2.

Viceversa, se c e un numero complesso arbitrario, allora si ha

(3.9) ceit + ce−it = a cos t + b sin t per ogni t ∈ R, a = 2 Re c, b = −2 Im c

e i numeri a, b sono reali.

Dimostrazione. Si tratta di una semplice verifica. Usando la (3.7), abbiamo

a cos t + b sin t = aeit + e−it

2+ b

eit − e−it

2i

=

(a

2+

b

2i

)eit +

(a

2− b

2i

)e−it =

a− ib

2eit +

a + ib

2e−it

e quindi si ha la (3.8). Infine, si verifica facilmente che la (3.9) e equivalente alla(3.8). �

Osservazione 3.2.8 In base alla proposizione precedente, vale l’identita

a0 +N∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

)=

N∑n=−N

cneinωx ∀x ∈ R,

se sono verificate le relazioni

(3.10) c0 = a0, c−n = cn e cn =an − ibn

2, n = 1, 2, . . . , N.

Le relazioni (3.10) si possono anche scrivere nella forma

a0 = c0, an = 2Re cn, bn = −2 Im cn n = 1, 2, . . . N,(3.11)

c−n = cn, n = 0, 1, . . . N.(3.12)

Esempio 3.2.9 Scelto T > 0 e posto ω = 2π/T , la funzione

2 + sin ωx− 12 cos 2ωx + 4 sin 7ωx

e un polinomio trigonometrico di periodo T e di grado 7. Per scrivere questopolinomio trigonometrico in forma esponenziale, ricaviamo i suoi coefficienti

a0 = 2, a2 = −12, b1 = 1, b7 = 4

(tutti gli altri coefficienti si intendono nulli). Usando la (3.10), troviamo

c0 = a0 = 2, c1 =a1 − ib1

2= − i

2, c2 =

a2 − ib2

2= −6, c7 =

a7 − ib7

2= −2i

c−1 = c1 =i

2, c−2 = c2 = −6, c−7 = c7 = 2i,

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e quindi la forma esponenziale e data da

2ie−i7ωx − 6e−i2ωx +i

2e−iωx + 2− i

2eiωx − 6ei2ωx − 2iei7ωx.

La forma esponenziale e utile anche per manipolare algebricamente i polinomi trigo-nometrici, senza utilizzare le formule della trigonometria.

Esempio 3.2.10 La funzione

(sin x)2 + 10 cos(x + 3)

e un polinomio trigonometrico di periodo 2π, anche se non e nella forma canonica(3.5). Per scriverlo nella forma (3.5), usiamo le equazioni (3.7):

(sin x)2 + 10 cos(x + 3) =

(eix − e−ix

2i

)2

+ 10ei(x+3) + e−i(x+3)

2=

=ei2x + e−i2x − 2

−4+ 5e3ieix + 5e−3ie−ix =

= −1

4e−i2x + 5e−3ie−ix +

1

2+ 5e3ieix − 1

4ei2x,

che e un polinomio trigonometrico in forma esponenziale con coefficienti

c−2 = −1

4, c−1 = 5e−3i, c0 =

1

2, c1 = 5e3i, c2 = −1

4

(si noti che c−1 = c1 e c−2 = c2). Utilizzando le (3.11) si trovano i coefficienti

a0 = c0 =1

2, a1 = 2 Re c1 = 10 cos 3, b1 = −2 Im c1 = −10 sin 3,

a2 = 2 Re c2 = −1

2, b2 = −2 Im c2 = 0.

Pertanto si ha

(sin x)2 + 10 cos(x + 3) =1

2+ (10 cos 3) cos x− (10 sin 3) sin x− 1

2cos 2x,

ovvero il polinomio trigonometrico di partenza scritto nella forma canonica (3.5). �

Esercizi

3.2.2 Verificare che un polinomio trigonometrico del tipo (3.5) ha periodo T .3.2.3 Scrivere in forma esponenziale i seguenti polinomi trigonometrici

5 + cos x− 2 sinx + 6 cos 4x, 2 + (cos x)3, sin(x− 1) + sinx cos x.

3.2.4 Scelto T > 0 e presi due numeri interi m,n, dimostrare che∫ T

0

sinmωx cos nωxdx = 0, ω =2π

T.

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3.2.5 Usando la (3.10), calcolare |cn|2 in termini di an e bn.3.2.6 Dimostrare che se an, bn sono reali e vale la (3.10), allora si ha

N∑n=−N

|cn|2 = a20 +

12

N∑n=1

(a2

n + b2n

), N = 1, 2, . . .

3.2.7 Se p(x) e un polinomio trigonometrico del tipo (3.5) e i coefficienti bn sono tutti nulli, cosasi puo dire dei coefficienti cn della sua forma esponenziale? E se sono nulli i coefficienti an?3.2.8 Dimostrare che si ha∫ π

−π

(sinnx)2 dx =∫ π

−π

(cos nx)2 dx = π, n intero non nullo.

3.2.9 Risolvere l’esercizio precedente, senza calcolare le primitive. (Suggerimento: usare la relazione(sinnx)2 + (cos nx)2 = 1, e confrontare i grafici delle due funzioni).3.2.10 Usando le (3.7), scrivere (sinx)4 nella forma (3.5).

3.3 Coefficienti di Fourier

Una prima classe di funzioni periodiche per le quali svilupperemo la teoria di Fouriere quella delle funzioni continue a tratti, che definiremo tra breve. Occorre subitoosservare che vari tipi di segnali periodici che si incontrano nelle applicazioni (adesempio l’onda quadra o l’onda a dente di sega) hanno delle discontinuita di primaspecie: pertanto, considerare soltanto le funzioni continue sarebbe troppo restrittivo.

Definizione 3.3.1 Una funzione periodica di periodo T > 0 si dice continua a trattise e possibile trovare un numero finito di punti

x0 = 0 < x1 < x2 < · · · < xm = T

tali che valgano le seguenti condizioni:

a) La funzione f e continua in ogni intervallo aperto del tipo (xi, xi+1), i =0, 1, . . . ,m− 1.

b) Per ogni i = 0, 1, . . . ,m− 1 esistono finiti i seguenti limiti

(3.13) limt→x+

i

f(t), limt→x−i+1

f(t).

Si noti che, nella definizione precedente, i valori che la funzione assume nei singolipunti xi sono irrilevanti. Inoltre, ogni funzione periodica e continua su R e chiara-mente continua a tratti. Infine, una funzione continua a tratti e integrabile secondoRiemann su qualsiasi intervallo limitato.

Osservazione 3.3.2 Se f e T -periodica e continua a tratti, allora i limiti destro esinistro

limt→x+

f(t), limt→x−

f(t)

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esistono finiti per ogni x ∈ R. Infatti, sfruttando la periodicita si puo supporre chex ∈ [0, T ) nel primo limite e che x ∈ (0, T ] nel secondo. In ogni ciascun caso, sex coincide con uno dei punti xi della Definizione 3.3.1, allora i limiti esistono perla condizione b). Se invece x e diverso da tutti i punti xi, allora x appartiene aduno degli intervalli (xi, xi+1), e quindi i due limiti esistono (e sono uguali) per lacondizione a). �

! Esempio 3.3.3 L’onda a dente di sega, l’onda quadra e l’onda triangolare sonofunzioni continue a tratti. Ad esempio, per l’onda a dente di sega della Figura 3.4 sipuo scegliere

x0 = 0, x1 =T

2, x2 = T

e si verificano facilmente le condizioni a) e b). Ad esempio, nel punto x1 = T/2 siha

limt→(T/2)+

f(t) = −A, limt→(T/2)−

f(t) = A.

Si noti che tra queste tre funzioni, l’onda triangolare e l’unica ad essere continua sututto R. �

Definiamo ora i coefficienti di Fourier di una funzione periodica e continua a tratti.

Definizione 3.3.4 Sia f(x) una funzione reale T -periodica e continua a tratti. Icoefficienti di Fourier di f sono i numeri complessi definiti da

(3.14) cn =1

T

∫ T2

−T2

f(x)e−inωx dx, ω =2π

T, n = 0,±1,±2, . . .

La serie di funzioni

(3.15) c0 +∞∑

n=1

(cne

inωx + c−ne−inωx

),

che si indica anche col simbolo

(3.16)∞∑

n=−∞

cneinωx,

viene detta serie di Fourier della funzione f .

Notiamo qui, una volta per tutte, che la notazione (3.16) e una abbreviazione perla (3.15). In altre parole, le somme parziali della serie di Fourier sono i polinomitrigonometrici

(3.17) PN(x) =N∑

n=−N

cneinωx, ω =

T, N = 0, 1, 2, . . .

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che sono chiamati polinomi di Fourier della funzione f . Naturalmente, la serie di Fou-rier si puo scrivere utilizzando le funzioni trigonometriche invece delle esponenzialicomplesse, ricordando l’Osservazione 3.2.8. Riscrivendo la (3.14) come

(3.18) cn =1

T

∫ T2

−T2

f(x) cos nωx dx− i1

T

∫ T2

−T2

f(x) sin nωx dx, ω =2π

T,

la (3.12) e verificata. Inoltre, la (3.11) diventa

(3.19)

a0 =1

T

∫ T2

−T2

f(x) dx,

an =2

T

∫ T2

−T2

f(x) cos nωx dx, ω =2π

T, n=1,2,. . .

bn =2

T

∫ T2

−T2

f(x) sin nωx dx, ω =2π

T, n=1,2,. . .

Quindi, in base all’Osservazione 3.2.8, i polinomi di Fourier (3.17) si possono scrivereanche nel modo seguente

(3.20) PN(x) = a0 +N∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

), ω =

T, N = 0, 1, 2, . . .

e la serie di Fourier (3.16) diventa

(3.21) a0 +∞∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

), ω =

T.

Per questo motivo, anche i numeri an e bn definiti nella (3.19) sono chiamati coeffi-cienti di Fourier di f . Essi sono legati ai coefficienti cn dalle relazioni (3.11) (o, inmodo equivalente, dalle (3.10)).

Per facilitare il calcolo dei coefficienti di Fourier, conviene effettuare negli integrali(3.14), (3.19) il cambiamento di variabile x′ = ωx = 2π

Tx ottenendo le formule

equivalenti

(3.22) cn =1

∫ π

−π

f

(T

2πx

)e−inx dx, n = 0,±1,±2, . . .

(3.23)

a0 =1

∫ π

−π

f

(T

2πx

)dx,

an =1

π

∫ π

−π

f

(T

2πx

)cos nx dx, n=1,2,. . .

bn =1

π

∫ π

−π

f

(T

2πx

)sin nx dx, n=1,2,. . .

59

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Osservazione 3.3.5 Puo essere utile ricordare il punto d) della Proposizione 3.2.2,da cui segue che nella formule (3.22), (3.23) e possibile integrare sull’intervallo (0, 2π)(o su qualsiasi altro intervallo di ampiezza 2π) invece che sull’intervallo (−π, π). Incerti casi, traslare l’intervallo di integrazione puo aiutare a semplificare i calcoli. �

Osservazione 3.3.6 Per calcolare i coefficienti di Fourier di una funzione, si puoprocedere utilizzando la (3.22) oppure, in modo del tutto equivalente, la (3.23): inogni caso, si puo passare dai coefficienti cn ai coefficienti an, bn e viceversa, usandole relazioni (3.11) o (3.10). Il vantaggio principale della (3.22) consiste nell’avereun’unica formula valida per ogni n, mentre nella (3.23) vi sono formule di tre tipi (sinoti in particolare che il coefficiente davanti all’integrale nella prima formula e 1/2π,mentre nelle altre due e 1/π). Viceversa, la (3.23) consente di sfruttare eventualisimmetrie della funzione: infatti, essendo cos t una funzione pari e sin t una funzionedispari, dalla (3.23) segue che

se f e pari, cioe se f(x) = f(−x), allora bn = 0 ∀n;

se f e dispari, cioe se f(x) = −f(−x), allora an = 0 ∀n.(3.24)

Pertanto, una funzione pari ha una serie di Fourier del tipo

a0 +∞∑

n=1

an cos nωx

(serie di coseni), mentre una funzione dispari ha una serie di Fourier del tipo

∞∑n=1

bn sin nωx

(serie di seni). �

Prima di procedere con alcuni esempi, osserviamo che nel calcolare i coefficienti diFourier e utile tenere presenti le seguenti identita:∫ π

−π

cos nx dx = 0, n intero non nullo,(3.25) ∫ π

−π

sin nx dx = 0, n intero,(3.26) ∫ π

−π

einx dx = 0, n intero non nullo,(3.27) ∫ π

−π

sin mx cos nx dx = 0, n,m interi,(3.28)

cos(nπ) = einπ = (−1)n, n intero.(3.29)

! Esempio 3.3.7 Calcoliamo i coefficienti di Fourier dell’onda a dente di sega di pe-riodo T e ampiezza A (Figura 3.4). Trattandosi di una funzione dispari, i coefficienti

60

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π−π 0 π−π 0

Figura 3.7: Polinomi di Fourier di grado 2 e 3, per l’onda a dente di sega di periodoT = 2π e ampiezza A = 1

an saranno nulli; per calcolare i coefficienti bn, usiamo l’ultima equazione nella (3.23).Ricordando la (3.3), si ha

bn =1

π

∫ π

−π

2A

T

(T

2πx

)sin nx dx =

A

π2

∫ π

−π

x sin nx dx.

L’ultimo integrale si puo calcolare per parti, usando poi le (3.25), (3.29):∫ π

−π

x sin nx dx =1

n

∫ π

−π

cos nx dx− x cos nx

n

∣∣∣π−π

= − x cos nx

n

∣∣∣π−π

=

= −π cos nπ

n+

(−π cos(−nπ)

n

)= −2

π cos nπ

n= 2π

(−1)n+1

n

e quindi

bn =2A

π

(−1)n+1

n, n = 1, 2, . . .

Pertanto, la serie di Fourier dell’onda e dente di sega di periodo T e ampiezza A ela serie di seni

2A

π

∞∑n=1

(−1)n+1

nsin nωx =

2A

π

(sin ωx− sin 2ωx

2+

sin 3ωx

3− · · ·

), ω =

T.

Nel caso in cui T = 2π e A = 1, i polinomi di Fourier di grado 2 e 3 sono riportatinella Figura 3.7. �

! Esempio 3.3.8 Calcoliamo i coefficienti di Fourier dell’onda triangolare di periodoT e ampiezza A (Figura (3.6). Essendo una funzione pari, i coefficienti bn sono tuttinulli. Per calcolare i coefficienti an, usiamo la (3.23) e la (3.4):

a0 =1

∫ π

−π

4A

T

∣∣∣∣ T

2πx

∣∣∣∣ dx =A

π2

∫ π

−π

|x| dx = A,

mentre per n > 0 si ha

an =1

π

∫ π

−π

4A

T

∣∣∣∣ T

2πx

∣∣∣∣ cos nx dx =2A

π2

∫ π

−π

|x| cos nx dx =4A

π2

∫ π

0

x cos nx dx.

61

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La primitiva nell’ultimo integrale si trova integrando per parti, e si ottiene:∫ π

0

x cos nx dx =

(cos nx

n2+

x sin nx

n

∣∣∣∣π0

=cos nπ − cos 0

n2=

(−1)n − 1

n2

e quindi

an =4A

π2

(−1)n − 1

n2, n = 1, 2, . . .

La serie di Fourier dell’onda triangolare di periodo T e ampiezza A e quindi la seriedi coseni

A +4A

π2

∞∑n=1

(−1)n − 1

n2cos nωx, ω =

T.

Dato che (−1)n − 1 vale 0 per n pari e vale −2 per n dispari, la serie si puo anchescrivere nel modo seguente

(3.30) A− 8A

π2

∞∑n=0

cos(2n + 1)ωx

(2n + 1)2= A− 8A

π2

(cos ωx +

cos 3ωx

9+ · · ·

), ω =

T.

Nel caso in cui T = 2π e A = 1, i grafici dei polinomi di Fourier di primo e terzogrado sono riportati nella Figura 3.8. �

π−π 0 π−π 0

Figura 3.8: Polinomi di Fourier di primo e terzo grado dell’onda triangolare diperiodo T = 2π e ampiezza A = 1

! Esempio 3.3.9 Calcoliamo i coefficienti di Fourier dell’onda quadra, di periodo T eampiezza A (Figura 3.5). Essendo una funzione dispari, basta calcolare i coefficientibn usando la (3.23). Abbiamo

bn =1

π

∫ π

−π

f

(T

2πx

)sin nx dx =

1

π

(∫ 0

−π

(−A) sin nx dx +

∫ π

0

A sin nx dx

)=

2A

π

∫ π

0

sin nx dx =2A

π

(−cos nx

n

∣∣∣π0

=2A

π· 1− (−1)n

n,

quindi la serie di Fourier dell’onda quadra di periodo T e ampiezza A e la serie diseni

2A

π

∞∑n=1

1− (−1)n

nsin nωx, ω =

T.

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Osservando che 1 − (−1)n vale 0 per n pari e vale 2 per n dispari, la serie si puoanche scrivere nel modo seguente

4A

π

∞∑n=0

sin(2n + 1)ωx

2n + 1=

4A

π

(sin ωx +

sin 3ωx

3+

sin 5ωx

5+ · · ·

), ω =

T.

Nel caso in cui T = 2π e A = 1, i grafici dei polinomi di Fourier di terzo e quintogrado sono riportati nella Figura 3.9. �

π−π 0 π−π 0

Figura 3.9: Polinomi di Fourier di terzo e quinto grado dell’onda quadra di periodoT = 2π e ampiezza A = 1

Teorema 3.3.10 (formula di Parseval) Sia f(x) una funzione reale T -periodicae continua a tratti. Allora si ha

(3.31)1

T

∫ T2

−T2

f(x)2 dx = |c0|2 +∞∑

n=1

(|cn|2 + |c−n|2

)= a2

0 +1

2

∞∑n=1

(a2

n + b2n

),

dove i numeri cn, an e bn sono i coefficienti di Fourier di f .

L’identita (3.31) e nota come formula di Parseval. Si noti che anche la funzione f(x)2

e continua a tratti, e quindi l’integrale a primo membro esiste ed e finito. Pertanto,la formula di Parseval implica che le due serie numeriche sono convergenti, e che laloro somma coincide con l’integrale.

Nella teoria dei segnali, l’integrale a primo membro e chiamato potenza mediadel segnale (in altre situazioni, esso puo rappresentare anche un’energia media). Ilsignificato fisico della formula di Parseval sta nel fatto che si puo calcolare la potenzamedia di un segnale sommando i quadrati di tutte le ampiezze delle singole armonicheche compongono il segnale. In altre parole, questa formula permette di esprimere lapotenza media nel dominio dei tempi (integrale) e nel dominio delle frequenze (serienumeriche).

Teorema 3.3.11 (Lemma di Riemann-Lebesgue) I coefficienti di Fourier di unafunzione T -periodica e continua a tratti sono infinitesimi, cioe si ha

(3.32) limn→∞

an = limn→∞

bn = 0.

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Il Lemma di Riemann-Lebesgue e una conseguenza della formula di Parseval edella condizione necessaria per la convergenza di una serie numerica: dato che ledue serie numeriche nella formula di Parseval sono convergenti, i loro termini sononecessariamente infinitesimi.

Noi non dimostreremo la formula di Parseval. Tuttavia, daremo una dimostra-zione indipendente del Lemma di Riemann-Lebesgue.

Dimostrazione. Sia f(x) T -periodica e continua a tratti. In base alla (3.23), icoefficienti bn sono dati da

(3.33) bn =1

π

∫ π

−π

g(x) sin nx dx, n = 1, 2, . . .

dove abbiamo posto g(x) = f(

T2π

x)

per semplificare la notazione. Scegliendo unintero N > 0, si ha

0 ≤∫ π

−π

(g(x)−

N∑n=1

bn sin nx

)2

dx

=

∫ π

−π

(g(x)2 − 2g(x)

N∑n=1

bn sin nx +N∑

n=1

bn sin nxN∑

m=1

bm sin mx

)dx

=

∫ π

−π

g(x)2 dx− 2N∑

n=1

bn

∫ π

−π

g(x) sin nx dx +N∑

n=1

N∑m=1

bnbm

∫ π

−π

sin nx sin mx dx.

Ma gli ultimi due integrali possono essere calcolati: il penultimo e uguale a πbn perla (3.33), mentre per l’ultimo si ha∫ π

−π

sin nx sin mx dx =

{0 se n 6= m,

π se n = m.

Sostituendo, quindi, otteniamo

0 ≤∫ π

−π

g(x)2 dx− 2πN∑

n=1

b2n + π

N∑n=1

b2n =

∫ π

−π

g(x)2 dx− πN∑

n=1

b2n,

ovvero

(3.34)N∑

n=1

b2n ≤

1

π

∫ π

−π

g(x)2 dx per ogni N .

Essendo g continua a tratti, si verifica facilmente che g(x)2 e integrabile. Quindi la(3.34) mostra che le somme parziali della serie a termini positivi

∑b2n sono limitate:

pertanto la serie e convergente, e quindi si ha necessariamente

limn→∞

bn = 0.

In maniera del tutto analoga, si puo mostrare che limn→∞ an = 0. �

64

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! Esempio 3.3.12 Scriviamo la formula di Parseval per l’onda a dente di sega del-l’Esempio 3.2.3, scegliendo T = 2π e A = π, in modo che f(x) = x su [−π, π).L’integrale della potenza media nella formula di parseval e

1

∫ π

−π

f(x)2 dx =1

∫ π

−π

x2 dx =π2

3.

I coefficienti di Fourier, invece, sono quelli calcolati nell’Esempio 3.3.7, quindi

a0 = 0, an = 0, bn = 2(−1)n+1

n, n = 1, 2, . . .

e la formula di Parseval diventa

π2

3=

1

2

∞∑n=1

4

n2,

ovvero la formula∞∑

n=1

1

n2=

π2

6.

Sapevamo gia dallo studio delle serie numeriche che la serie a primo membro econvergente. Con la formula di Parseval, riusciamo a calcolarne la somma. �

Esercizi

3.3.1 Verificare che l’onda quadra e l’onda triangolare sono funzioni continue a tratti, e calcolarein ogni punto a i limiti indicati nella (3.13).3.3.2 Giustificare in dettaglio la (3.24).3.3.3 Disegnare il grafico e calcolare i coefficienti di Fourier dell’onda raddrizzata f(x) = | sinωx|,con ω = 2π/T > 0.3.3.4 Dire perche la serie di funzioni

1 +∞∑

n=1

(cos nx√

n+

sinnx

n

)non puo essere la serie di Fourier di una funzione continua a tratti (si usi la formula di Parseval).3.3.5 Dire perche la serie di funzioni

∞∑n=1

sinnx

n2

non puo essere la serie di Fourier della funzione 2π-periodica uguale a x20 nell’intervallo [−π, π] (siusino le simmetrie).3.3.6 Sia f(x) la funzione di periodo 2π tale che f(x) = x sull’intervallo [0, 2π). Si disegni il graficodi f(x). Come differisce dal grafico della Figura 3.4? Si calcolino i coefficienti di Fourier di f , e sifaccia il confronto con l’Esempio 3.3.7.3.3.7 Si consideri la funzione

f(x) ={

π + x se −π ≤ x < 0,π − x se 0 ≤ x < π,

65

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estesa a R con periodo 2π. Si calcolino i coefficienti di Fourier di f .3.3.8 Si risolva l’esercizio precedente, senza fare calcoli. (Suggerimento: si disegni il grafico di f esi sfrutti l’Esempio 3.3.8).3.3.9 E possibile che i numeri an = bn = (−1)n siano i coefficienti di Fourier di una funzioneperiodica e continua a tratti?3.3.10 Sia f(x) una funzione continua a tratti di periodo T , e siano cn i suoi coefficienti di Fourier.Fissato x0, verificare che i coefficienti di Fourier della funzione traslata x 7→ f(x + x0) sono dati daeiωx0cn, dove ω = 2π/T . Usando questo fatto, si risolva in altro modo l’esercizio precedente.3.3.11 Dimostrare che, se a, b sono numeri reali non entrambi nulli, allora

a cos x + b sinx = A sin(x + x0) ∀x,

dove A =√

a2 + b2 e x0 e tale che sinx0 = a/A, cos x0 = b/A. Qual e quindi l’ampiezza del segnale3 sinx + 4 cos x?3.3.12 Cosa si ottiene se si applica l’esercizio precedente alla serie di Fourier (3.21)?3.3.13 Sia f una funzione 2π-periodica continua a tratti. Fissato un intero n, si calcoli il minimodella funzione

t 7→∫ π

−π

(f(x)− t cos nx

)2dx

al variare di t ∈ R. Come e legato il punto di minimo ai coefficienti di Fourier di f?3.3.14 Si ripeta l’esercizio precedente con la funzione

t 7→∫ π

−π

(f(x)− t sinnx

)2dx, t ∈ R.

3.3.15 Si completi la dimostrazione del Lemma di Riemann-Lebesgue, per la parte riguardante icoefficienti an.3.3.16 Scrivere la formula di Parseval relativa all’onda quadra e all’onda triangolare.

3.4 Successioni e serie di funzioni

Abbiamo visto che partendo da una funzione f(x) T -periodica continua a tratti epossibile costruire la sua serie di Fourier

(3.35) a0 +∞∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

), ω =

T.

La (3.35) e una serie di funzioni le cui somme parziali sono i polinomi di Fourier

(3.36) PN(x) = a0 +N∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

),

e dalle Figure 3.7, 3.8 e 3.9 si intuisce che i grafici dei polinomi di Fourier, all’aumen-tare del grado N , approssimano sempre meglio il grafico della funzione di partenzaf(x). Tuttavia, se si cerca di rendere preciso (da un punto di vista matematico) que-sto concetto intuitivo di approssimazione, si incontrano delle difficolta. Ad esempio,i polinomi di Fourier PN(x) sono funzioni continue, mentre il segnale f(x) puo averedelle discontinuita (come nelle Figure 3.7 e 3.9): in che senso, allora, delle funzioni

66

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continue possono approssimare una funzione discontinua? Oppure: se due funzioniT -periodiche e continue a tratti f(x) e g(x) coincidono in tutti i punti dell’intervallo[0, T ) tranne uno, i loro coefficienti di Fourier sono identici: come e possibile allorache i polinomi di Fourier (che sono gli stessi!) approssimino sia f(x) che g(x)? Cosasuccede nel punto x0 tale che g(x0) 6= f(x0)?

Piu in generale, indipendentemente dalle serie di Fourier, occorre formalizzareil concetto intuitivo di approssimazione, cercando di dare un significato preciso adespressioni matematicamente ambigue, del tipo “una successione di funzioni fn tende,per n → ∞, ad una funzione f”. L’aspetto piu importante di tutta la teoria e chequesto puo essere fatto in modi diversi: in altre parole, esistono diverse nozioni diconvergenza per successioni di funzioni. Nel seguito, prenderemo in esame soltantotre tipi di convergenza: convergenza puntuale, convergenza uniforme e convergenzain media quadratica.

Definizione 3.4.1 Supponiamo che I sia un intervallo, che f(x) sia una funzionedefinita (almeno) per x ∈ I, e che {fn(x)} sia una successione di funzioni, tuttedefinite (almeno) per x ∈ I. Allora diciamo che:

1) La successione di funzioni fn converge puntualmente alla funzione f su I, sesi ha

(3.37) limn→∞

fn(x) = f(x) per ogni x ∈ I.

2) La successione di funzioni fn converge uniformemente alla funzione f su I, sesi ha

(3.38) limn→∞

(supx∈I

|fn(x)− f(x)|)

= 0.

3) La successione di funzioni fn converge in media quadratica alla funzione f suI, se I = [a, b] e un intervallo chiuso e limitato e si ha

(3.39) limn→∞

∫ b

a

|fn(x)− f(x)|2 dx = 0

(l’esistenza degli integrali in questione fa parte delle ipotesi).

Nella definizione precedente, in tutti e tre i casi la funzione f(x) viene detta fun-zione limite (puntuale, uniforme, o in media quadratica), mentre le funzioni fn(x)della successione possono essere pensate come funzioni approssimanti. Inoltre, ledefinizioni di convergenza puntuale e uniforme rimangono valide anche quando I eun insieme qualsiasi, e non necessariamente un intervallo. In questo paragrafo ci oc-cuperemo della convergenza puntuale e di quella uniforme: la convergenza in mediaquadratica verra ripresa brevemente piu avanti, a proposito delle serie di Fourier.

La nozione di convergenza puntuale e certamente la piu semplice e, per certi versi,la piu intuitiva: si richiede semplicemente che, per ogni punto x ∈ I, il valore fn(x)delle funzioni approssimanti tenda (per n →∞) al valore f(x) della funzione limitein quel punto.

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Esempio 3.4.2 Consideriamo l’intervallo aperto I = (0, 1) e le funzioni fn(x) =nxn. Per studiarne la convergenza puntuale, osserviamo che si ha

limn→∞

fn(x) = limn→∞

nxn = 0 per ogni x ∈ I = (0, 1).

Per il punto 1) della definizione precedente, quindi, si ha che le funzioni fn(x) = nxn

convergono puntualmente alla funzione f(x) = 0 sull’intervallo I = (0, 1). �

Esempio 3.4.3 Studiamo l’eventuale convergenza puntuale delle funzioni fn(x) =arctan(nx). Per fare questo, notiamo che

limn→∞

fn(x) = limn→∞

arctan(nx) =

−π

2se x < 0,

0 se x = 0,π2

se x > 0.

Il limite puntuale esiste quindi per ogni x ∈ R. In base al punto 1) della defi-nizione precedente, possiamo dire che le funzioni fn(x) = arctan(nx) convergonopuntualmente alla funzione f(x) su R, dove f(x) e data da

(3.40) f(x) =

−π

2se x < 0,

0 se x = 0,π2

se x > 0.

Si noti che la funzione limite f(x) e discontinua, nonostante tutte le approssimantifn(x) siano continue. �

Esempio 3.4.4 Studiamo l’eventuale convergenza puntuale delle funzioni fn(x) =xn. Si ha

limn→∞

fn(x) = limn→∞

xn

= 0 se x ∈ (−1, 1),

= 1 se x = 1,

= +∞ se x > 1,

non esiste se x < −1.

Quindi il limite puntuale esiste finito solo per x ∈ (−1, 1], e ponendo

f(x) =

{0 se x ∈ (−1, 1),

1 se x = 1,

possiamo concludere che le funzioni fn(x) = xn convergono puntualmente alla fun-zione f(x), sull’intervallo (−1, 1]. Anche in questo caso, la funzione limite f(x) ediscontinua, nonostante tutte le approssimanti fn(x) siano continue. �

Esempio 3.4.5 Studiamo la convergenza puntuale delle funzioni fn(x) = n2xe−nx.Si ha

limn→∞

fn(x) = limn→∞

n2xe−nx =

{0 se x ≥ 0,

−∞ se x < 0.

Il limite puntuale esiste finito solo per x ≥ 0 (e vale zero). Pertanto, possiamo direche le funzioni fn(x) = n2xe−nx convergono puntualmente alla funzione f(x) = 0,sulla semiretta [0, +∞). �

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La convergenza puntuale, come si vede dagli esempi esaminati, risponde abba-stanza bene al concetto intuitivo di approssimazione. Tuttavia, questa nozione diconvergenza puo dare origine ad alcuni fenomeni indesiderati. Ad esempio:

• Il limite puntuale f(x) di funzioni continue fn(x) potrebbe essere discontinuo(come accade negli Esempi 3.4.3 e 3.4.4).

• Anche quando le funzioni approssimanti fn(x) e la funzione limite f(x) sonotutte continue, gli integrali definiti delle fn potrebbero non convergere all’in-tegrale definito del limite puntuale f . Nell’Esempio 3.4.5 abbiamo visto che lefunzioni fn(x) = n2xe−nx convergono puntualmente a f(x) = 0 sulla semiretta[0, +∞) (e quindi anche sull’intervallo [0, 1]). Tuttavia, usando il fatto che laprimitiva di ye−y e −(y + 1)e−y, per gli integrali definiti si ha∫ 1

0

fn(x) dx =

∫ 1

0

n2xe−nx dx =

∫ n

0

ye−y dx = 1− (n + 1)e−n,

e quindi

limn→∞

∫ 1

0

fn(x) dx = 1, mentre

∫ 1

0

f(x) dx = 0,

nonostante f(x) sia il limite puntuale di fn(x). In altre parole, l’integrale defi-nito della funzione limite e diverso dal valore limite degli integrali definiti dellefunzioni approssimanti. Un fenomeno del tutto analogo accade nell’Esempio3.4.4.

Si tenga presente che in numerose applicazioni, oltre alle funzioni fn(x) e f(x), anchei loro integrali definiti potrebbero avere un significato fisico (ad esempio se la fn(x)indica una velocita al tempo x, il suo integrale definito rappresenta lo spostamentoin un certo intervallo di tempo). Anche per questo motivo, e desiderabile avere unanozione di convergenza per successioni di funzioni che garantisca, ad esempio, laconvergenza degli integrali definiti e la continuita della funzione limite, quando lefunzioni approssimanti sono continue. Vedremo tra breve che, sotto certe ipotesi, lanozione di convergenza uniforme permette di raggiungere questi obiettivi.

In effetti, la nozione di convergenza uniforme e un rafforzamento della nozione diconvergenza puntuale, come si vede dal seguente teorema.

Teorema 3.4.6 Supponiamo che una successione di funzioni fn(x) converga unifor-memente a una funzione f(x), su un certo insieme I. Allora la successione fn(x)converge anche puntualmente alla stessa funzione f(x), sull’insieme I.

La dimostrazione consiste in una semplice verifica.

Dimostrazione. Prendiamo un qualsiasi punto x0 ∈ I. Chiaramente si ha

(3.41) |fn(x0)− f(x0)| ≤ supx∈I

|fn(x)− f(x)| .

69

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Ma dato che per ipotesi le fn convergono a f uniformemente su I, si ha (per il punto2) della Definizione 3.4.1) che

limn→∞

(supx∈I

|fn(x)− f(x)|)

= 0

e quindi, per la (3.41), si ha anche

limn→∞

|fn(x0)− f(x0)| = 0.

Ma questo equivale a dire che limn→∞ fn(x0) = f(x0) e, dato che x0 era un puntoqualsiasi dell’insieme I, si ottiene che le fn convergono a f anche puntualmente, suI. �

Per comprendere il significato della convergenza uniforme, puo essere utile riesa-minare la dimostrazione precedente, alla luce della Figura 3.10. La quantita

supx∈I

|fn(x)− f(x)|

rappresenta, per cosı dire, lo scarto massimo5 tra i due grafici della funzione appros-simante fn(x) e della funzione limite f(x). La convergenza uniforme (cioe il fattoche valga la (3.38)) significa quindi che, per n →∞, lo scarto massimo tra il graficodi fn e quello di f tende a zero: e chiaro quindi che, se fissiamo un qualsiasi puntox0, tendera a zero (a maggior ragione) anche la differenza |fn(x0) − f(x0)|, cioe loscarto nel punto x0.

Se riscriviamo le definizioni di convergenza puntuale e uniforme esplicitando lanozione di limite, otteniamo

fn converge a fpuntualmente su I

⇐⇒ ∀x ∈ I e ∀ε > 0, ∃n0 tale che∀n > n0, |fn(x)− f(x)| ≤ ε.

fn converge a funiformemente su I

⇐⇒ ∀ε > 0, ∃n1 tale che∀x ∈ I e ∀n > n1, |fn(x)− f(x)| ≤ ε.

La differenza fondamentale tra i due tipi di convergenza e la seguente: nella con-vergenza puntuale, l’indice n0 dipende da ε e dal punto x che si e scelto; nella con-vergenza uniforme, invece, l’indice n1 dipende unicamente da ε, e la disuguaglianza|fn(x) − f(x)| ≤ ε e uniforme rispetto al punto x. Da quanto detto si puo intuireperche la convergenza puntuale non implica (in generale) quella uniforme. Questofatto sara chiarito ulteriormente negli esempi seguenti.

Esempio 3.4.7 Torniamo alle funzioni fn(x) = nxn dell’Esempio 3.4.2: sappiamoche queste convergono puntualmente alla funzione f(x) = 0 sull’intervallo (0, 1).

5Nell’esempio in figura, l’estremo superiore e effettivamente un massimo. In generale, l’estremosuperiore potrebbe non essere raggiunto in alcun punto.

70

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x0

fn(x)

f(x)

scarto max

Figura 3.10: Scarto massimo tra i grafici, e scarto in un generico punto x0.

Tuttavia, la convergenza non e uniforme. Infatti, per il Teorema 3.4.6, se la conver-genza fosse uniforme la funzione limite sarebbe ancora la funzione f(x) = 0, ma siha

supx∈(0,1)

|fn(x)− f(x)| = supx∈(0,1)

|nxn − 0| = supx∈(0,1)

|nxn| = n

(basta considerare punti x < 1 arbitrariamente vicini a 1, in modo che nxn si avvicinia n). Pertanto, la condizione (3.38) non e verificata con I = (0, 1) e quindi non siha convergenza uniforme sull’intervallo (0, 1).

Invece, ad esempio, si ha convergenza uniforme sull’intervallo (0, 1/2). Per veri-ficarlo, calcoliamo

supx∈(0, 1

2)

|fn(x)− f(x)| = supx∈(0, 1

2)

|nxn − 0| = supx∈(0, 1

2)

|nxn| = n

2n.

Dato che n/2n → 0 per n →∞, la condizione (3.38) con I = (0, 1/2) e verificata, equindi le fn convergono a f uniformemente sull’intervallo I = (0, 1/2). �

Esempio 3.4.8 Sappiamo dall’Esempio 3.4.3 che le funzioni fn(x) = arctan(nx)convergono, puntualmente su R, alla funzione f(x) definita nella (3.40). Per vederese la convergenza e anche uniforme su R, calcoliamo

supx∈R

|fn(x)− f(x)| = π

2∀n

(si veda la Figura 3.11). Quindi, la condizione (3.38) non e verificata, e non si haconvergenza uniforme su R. �

Esempio 3.4.9 Studiamo la convergenza delle funzioni fn(x) =√

n xe−nx. Si ha

limn→∞

fn(x) = limn→∞

√n xe−nx =

{0 se x ≥ 0,

−∞ se x < 0.

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π2

−π2

f(x)

n=1

n=2n=3n=4

fn = arctan nx

π2

−π2

f(x)

scarto ≈ π2

fn(x) = arctan nx

Figura 3.11: a) Le funzioni fn(x) = arctan nx e il loro limite puntuale f(x). b)Vicino all’origine, lo scarto si avvicina a π/2.

Pertanto, le fn convergono puntualmente alla funzione f(x) = 0 sulla semiretta[0, +∞). Per studiare la convergenza uniforme, calcoliamo l’estremo superiore

supx≥0

|fn(x)− f(x)| = supx≥0

√nxe−nx.

Cerchiamo eventuali punti di massimo di fn(x), nella semiretta aperta (0, +∞). Siha

f ′n(x) =√

n(1− nx)e−nx, e f ′n(x) = 0 ⇐⇒ x =1

n.

Dato che fn(0) = 0 e limx→∞ fn(x) = 0, il punto x = 1/n e necessariamente puntodi massimo assoluto (in quanto fn(x) ≥ 0 per x ≥ 0). Quindi otteniamo

supx≥0

|fn(x)− f(x)| = fn

(1

n

)=

e−1

√n

.

La condizione (3.38) e quindi verificata con I = [0, +∞), e le funzioni fn convergonouniformemente alla funzione f(x) = 0, sulla semiretta I = [0, +∞). �

L’importanza della nozione di convergenza uniforme e messa in luce dal seguenteteorema.

Teorema 3.4.10 Sia I un intervallo, e sia {fn(x)} una successione di funzionicontinue su I, che convergono uniformemente su I ad una funzione f(x). Allora lafunzione limite f(x) e necessariamente continua su I.

Inoltre, se I = [a, b] e un intervallo chiuso e limitato, si ha

(3.42) limn→∞

∫ b

a

fn(x) dx =

∫ b

a

f(x) dx.

Il teorema garantisce che il limite uniforme di funzioni continue e una funzionecontinua. Inoltre, dato che il limite uniforme f(x) e anche il limite puntuale, la(3.42) si puo riscrivere nel modo seguente:

limn→∞

∫ b

a

fn(x) dx =

∫ b

a

(lim

n→∞fn(x)

)dx

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cioe (sotto l’ipotesi di convergenza uniforme di funzioni continue): “il limite degliintegrali coincide con l’integrale della funzione limite”.

Esempio 3.4.11 Alla luce del teorema precedente, il fatto che nell’Esempio 3.4.3il limite puntuale non fosse uniforme si puo verificare senza fare calcoli: infatti, lefunzioni fn(x) = arctan nx sono tutte continue. Se queste convergessero uniforme-mente su R alla funzione f(x) definita nella (3.40), la funzione f(x) dovrebbe esserecontinua su R (e non lo e). �

Le varie nozioni di convergenza per successioni di funzioni trovano una natura-le applicazione nello studio delle serie di funzioni. Come per le serie numeriche,la convergenza di una serie di funzioni si riduce alla convergenza delle sue sommeparziali.

Definizione 3.4.12 Sia I un intervallo, sia {fn(x)} una successione di funzionidefinite su I, e sia f(x) una funzione definita a sua volta su I. Allora diciamo chela serie di funzioni

(3.43)∞∑

n=1

fn(x)

converge alla funzione f(x) puntualmente (oppure uniformemente, oppure in mediaquadratica) su I, se la successione delle sue somme parziali

(3.44) SN(x) =N∑

n=1

fn(x) = f1(x) + · · ·+ fN(x)

converge a f(x) puntualmente (oppure uniformemente, oppure in media quadratica),su I.

In altre parole, la serie di funzioni (3.43) converge puntualmente a f(x) su I, se perogni x0 ∈ I la serie numerica

∞∑n=1

fn(x0)

e convergente e la sua somma coincide con f(x0).Invece, la convergenza uniforme a f(x) su I della serie significa che si ha

(3.45) limN→∞

(supx∈I

|SN(x)− f(x)|)

= 0.

Esempio 3.4.13 Sappiamo che si ha

∞∑n=1

xn =1

1− xper ogni x ∈ (−1, 1).

In base alla definizione precedente, questo vuol dire che, ponendo fn(x) = xn, laserie di funzioni

∞∑n=0

fn(x)

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converge puntualmente alla funzione f(x) = 1/(1− x) sull’intervallo I = (−1, 1) (ede quindi nel senso della convergenza puntuale, che abbiamo inteso finora le serie dipotenze).

In questo caso, la convergenza della serie di funzioni non e uniforme su (−1, 1).Infatti, indicando con SN(x) la somma parziale

SN(x) = 1 + x + · · ·+ xN ,

abbiamo

supx∈(−1,1)

|f(x)− SN(x)| = supx∈(−1,1)

∣∣∣∣ 1

1− x−(1 + x + · · ·+ xN

)∣∣∣∣ = +∞

(basta scegliere x < 1 arbitrariamente vicino a 1), e quindi la (3.45) non e verificatasu I = (−1, 1). Tuttavia, la convergenza diventa uniforme se ci restringiamo a unqualsiasi intervallo chiuso [−a, a] con 0 ≤ a < 1. Infatti, in questo caso si ha

supx∈[−a,a]

|f(x)− SN(x)| = supx∈[−a,a]

∣∣∣∣ 1

1− x−(1 + x + · · ·+ xN

)∣∣∣∣= sup

x∈[−a,a]

∣∣∣∣∣(

∞∑n=0

xn

)−(1 + x + · · ·+ xN

)∣∣∣∣∣= sup

x∈[−a,a]

∣∣∣∣∣∞∑

n=N+1

xn

∣∣∣∣∣ = supx∈[−a,a]

∣∣∣∣∣xN+1

∞∑n=0

xn

∣∣∣∣∣ = supx∈[−a,a]

∣∣∣∣xN+1

1− x

∣∣∣∣ =aN+1

1− a.

Quindi si ottiene

lim N →∞ supx∈[−a,a]

|f(x)− SN(x)| = limN→∞

aN+1

1− a= 0,

e questo vuol dire che la convergenza della serie di funzioni e uniforme, su ogniintervallo chiuso [−a, a] con 0 ≤ a < 1. �

Di solito, data una serie di funzioni, la verifica della (3.45) non e agevole, perchespesso non si conosce neppure la funzione f(x) (cioe la somma della serie). Perquesto, e utile il seguente criterio per la convergenza uniforme di una serie di funzioni.

Teorema 3.4.14 (test di Weierstrass) Sia dato un intervallo I e una serie difunzioni

∞∑n=1

fn(x), x ∈ I.

Se esistono dei numeri∑

Mn tali che:

1) Valgono le disuguaglianze

(3.46) supx∈I

|fn(x)| ≤ Mn ∀n.

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2) La serie numerica∑

Mn e convergente,

allora la serie di funzioni converge uniformemente su I, a una certa funzione f(x).

L’importanza del test di Weierstrass consiste nel fatto che si puo riuscire ad affermarela convergenza uniforme6 di una serie di funzioni, senza neppure conoscere la funzionesomma f(x).

Esempio 3.4.15 La serie di funzioni∞∑

n=1

e−nx2

n2sin(nxn)

converge uniformemente su R (a una funzione f(x) che non riusciamo a determinare).Infatti, si ha ∣∣∣∣∣e−nx2

n2sin(nxn)

∣∣∣∣∣ =e−nx2

n2|sin(nxn)| ≤ 1

n2∀x ∈ R,

e quindi la condizione (3.46) e verificata se scegliamo Mn = 1/n2. Dato che la serienumerica

∑1/n2 e convergente, la convergenza uniforme della serie segue dal test

di Weierstrass.Inoltre, pur non conoscendo la funzione somma f(x), possiamo affermare che

essa e una funzione continua: infatti, le somme parziali della serie di potenze sonofunzioni continue, e la convergenza uniforme preserva la continuita (Teorema 3.4.10).�

! Esempio 3.4.16 Usando il test di Weierstrass possiamo dimostrare nuovamente(questa volta senza fare calcoli!) che la serie di funzioni dell’Esempio 3.4.13 convergeuniformemente in ogni intervallo chiuso del tipo [−a, a] con 0 ≤ a < 1. Infatti, si ha

supx∈[−a,a]

|fn(x)| = supx∈[−a,a]

|xn| = an.

Scegliendo quindi Mn = an, la serie∑

Mn e convergente e possiamo applicare il testdi Weierstrass. �

! Esempio 3.4.17 Se una funzione T -periodica e continua a tratti ha coefficienti diFourier an, bn tali che la serie numerica

∞∑n=1

(|an|+ |bn|

)sia convergente, allora la serie di Fourier

a0 +∞∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

), ω =

T

converge uniformemente. Infatti, si ha∣∣an cos nωx + bn sin nωx∣∣ ≤ |an|+ |bn|,

e quindi si puo applicare il test di Weierstrass scegliendo Mn = |an|+ |bn|. �6Talvolta, si dice che una serie di funzioni converge totalmente se ad essa si puo applicare con

successo il test di Weierstrass.

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Esercizi

3.4.1 Studiare l’eventuale convergenza puntuale e uniforme della successione di funzioni {fn(x)},con fn(x) data da:

sinnx

n2, sin(x/n),

x2

n, arctan(x/n),

1 + nx4

1 + n2x2.

3.4.2 Studiare, al variare del parametro α > 0, la convergenza delle funzioni fn(x) = nαxe−nx

sulla semiretta [0,+∞).3.4.3 Usando il test di Weierstrass, dimostrare che le serie di Maclaurin delle funzioni sinx, cos xe ex convergono uniformemente su ogni intervallo del tipo [−a, a].3.4.4 Usando il test di Weierstrass, dimostrare che le seguenti serie di funzioni convergono unifor-memente su R:

∞∑n=1

sinnx

n2,

∞∑n=1

e−n2x2

n3,

∞∑n=1

(−1)n cos x/n

n!.

3.4.5 Sia f(x) la funzione che vale 1 per x ≥ 0 e −1 per x < 0. E possibile che una successione dipolinomi pn(x) converga a f(x) uniformemente sull’intervallo [−1, 1]? E sull’intervallo [0, 1]?3.4.6 Dimostrare che le funzioni fn(x) = xn convergono in media quadratica, sull’intervallo [0, 1],alla funzione f(x) = 0. Quale e il limite puntuale?3.4.7 Supponiamo che le funzioni fn(x) siano tutte continue, e che convergano, uniformemente su[0, 1], a una funzione f(x). Dimostrare che le fn(x) convergono a f(x) anche in media quadratica.

3.5 Convergenza delle serie di Fourier

In questo paragrafo, sfruttando le nozioni di convergenza puntuale, uniforme ein media quadratica, presenteremo alcuni teoremi sulla convergenza delle serie diFourier.

Abbiamo definito i coefficienti di Fourier per funzioni periodiche e continue atratti: se non si fanno ulteriori ipotesi di regolarita sulla funzione, non si ha (ingenerale) convergenza puntuale (ne tanto meno uniforme) della serie di Fourier. Valetuttavia il seguente risultato.

Teorema 3.5.1 Sia f(x) una funzione T -periodica e continua a tratti. Allora lasua serie di Fourier converge a f(x) in media quadratica, ovvero si ha

(3.47) limN→∞

∫ T2

−T2

|PN(x)− f(x)|2 dx = 0,

dove PN(x) indica il polinomio di Fourier di f(x) di grado N :

(3.48) PN(x) = a0 +N∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

), ω =

T.

Osservazione 3.5.2 Da un punto di vista fisico, la (3.47) significa che, se sovrap-poniamo al segnale f(x) il segnale −PN(x), otteniamo un segnale la cui potenzamedia tende a zero per N →∞: in altre parole, se pensiamo al segnale f(x)−PN(x)come all’errore che si commette approssimando f(x) con PN(x), questo errore tendea zero nel senso della potenza media (o dell’energia, a seconda dell’interpretazionefisica che si vuol dare alla funzione f(x)). �

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Per studiare l’eventuale convergenza puntuale delle serie di Fourier, e opportunofare delle ipotesi supplementari sulla funzione f(x).

Definizione 3.5.3 Una funzione periodica di periodo T > 0 si dice regolare a trattise e possibile trovare un numero finito di punti

x0 = 0 < x1 < x2 < · · · < xm = T

tali che valgano le seguenti condizioni:

a) La funzione f e di classe C1 in ogni intervallo aperto del tipo (xi, xi+1), i =0, 1, . . . ,m− 1.

b) Per ogni i = 0, 1, . . . ,m− 1 esistono finiti i seguenti limiti

limt→x+

i

f(t), limt→x−i+1

f(t), limt→x+

i

f ′(t), limt→x−i+1

f ′(t).

In sostanza, una funzione f(x) e regoalare a tratti se sia f(x) sua f ′(x) sono continuea tratti. Si noti che una funzione regolare a tratti puo avere discontinuita di primaspecie e punti angolosi.

! Esempio 3.5.4 L’onda a dente di sega, l’onda quadra e l’onda triangolare sonofunzioni regolari a tratti (si noti che, tra queste funzioni, l’onda triangolare e l’unicaad essere continua su tutto R). Ad esempio, per l’onda a dente di sega della Figura3.4 si puo scegliere

x0 = 0, x1 =T

2, x2 = T

e si verificano facilmente le condizioni a) e b). Ad esempio, nel punto x1 = T/2 siha

limt→(T/2)+

f(t) = −A, limt→(T/2)−

f(t) = A, limt→(T/2)+

f ′(t) =2A

T, lim

t→(T/2)−f ′(t) =

2A

T,

in quanto il coefficiente angolare dei tratti rettilinei e dato da 2A/T . �

Sappiamo dall’Osservazione 3.3.2 che, se f(x) e continua a tratti (e quindi, a maggiorragione, se e regolare a tratti) esistono finiti in ogni punto i limiti destro e sinistro

f(x+) = limt→x+

f(t), f(x−) = limt→x−

f(t).

Quindi, data una funzione f(x) regolare a tratti, possiamo definire la funzione f ∗(x)nel modo seguente:

(3.49) f ∗(x) =f(x+) + f(x−)

2, x ∈ R,

che coincide in ogni punto x con la media aritmetica tra il limite destro e il limi-te sinistro di f in quel punto. La funzione f ∗(x) cosı definita viene chiamata la“regolarizzata di f”. Come si verifica facilmente, una funzione f(x) coincide con lapropria regolarizzata in ogni punto x dove f e continua. L’importanza della funzioneregolarizzata e messa in luce dal seguente teorema.

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Teorema 3.5.5 Sia f(x) una funzione T -periodica regolare a tratti. Allora la suaserie di Fourier converge puntualmente su R alla regolarizzata di f(x) definita nella(3.49). In altre parole, si ha

(3.50) a0 +∞∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

)=

f(x+) + f(x−)

2, ∀x ∈ R, ω =

T,

ovvero

(3.51) limN→∞

PN(x) =f(x+) + f(x−)

2, ∀x ∈ R

dove PN(x) indica il polinomio di Fourier di f(x) di grado N , dato dalla (3.48).

! Esempio 3.5.6 La funzione f(x) a dente di sega dell’Esempio 3.2.3 e regolare atratti. Usando la (3.3), costruiamo la regolarizzata di questa funzione. I punti didiscontinuita per la funzione f(x) sono i punti del tipo x = T/2 + kT , con k intero,quindi e sufficiente calcolare la regolarizzata f ∗ nel punto x = T/2. I limiti destro esinistro (si veda la Figura 3.4) sono

limt→(T/2)+

f(t) = −A, limt→(T/2)−

f(t) = A,

e quindi si ha

f ∗(

T

2

)=−A + A

2= 0.

La regolarizzata quindi vale 0 nei punti del tipo T/2 + kT , con k intero: in tuttigli altri punti, essa coincide con f(x). Quindi, in particolare, la serie di Fourierdella funzione a dente di sega converge puntualmente a zero, in tutti i punti del tipoT/2 + kT , k intero (si veda la Figura 3.7, in cui T = 2π). �

Osservazione 3.5.7 Se la funzione f(x) e regolare a tratti e la sua regolarizzata hadei punti di discontinuita (come nel caso del dente di sega o dell’onda quadra), laserie di Fourier di f(x) non puo convergere uniformemente su R a f ∗(x). Infatti, ipolinomi di Fourier PN(x) sono funzioni continue: se la convergenza fosse uniforme,allora anche la regolarizzata f ∗(x) dovrebbe essere continua, per il Teorema 3.4.10.�

In effetti, se la funzione e regolare a tratti e continua, la convergenza della sua seriedi Fourier e uniforme.

Teorema 3.5.8 Sia f(x) una funzione T -periodica regolare a tratti e continua. Al-lora la sua serie di Fourier converge uniformemente su R a f(x). In altre parole, siha

(3.52) limN→∞

(supx∈R

|PN(x)− f(x)|)

= 0,

dove PN(x) indica il polinomio di Fourier di f(x) di grado N , dato dalla (3.48). Inparticolare, vale

(3.53) a0 +∞∑

n=1

(an cos nωx + bn sin nωx

)= f(x), ∀x ∈ R, ω =

T.

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! Esempio 3.5.9 La funzione f(x) dell’Esempio 3.2.5 (onda triangolare) e regolare atratti e continua. Quindi si puo applicare il teorema precedente: la serie di Fourierdell’onda triangolare converge uniformemente all’onda triangolare, su tutta la rettaR (si veda la Figura 3.8). �

! Esempio 3.5.10 Vogliamo calcolare la somma della serie numerica

∞∑n=1

1

(2n + 1)2= 1 +

1

9+

1

25+ · · ·

Notiamo che una serie del tutto simile a questa si ottiene dalla serie di Fourier(3.30) dell’onda triangolare, ponendo x = 0. D’altra parte, l’onda triangolare f(x)dell’Esempio 3.3.8 verifica f(0) = 0. Quindi, ponendo x = 0 nella (3.53), troviamo

A− 8A

π2

∞∑n=1

1

(2n + 1)2= f(0) = 0.

Scegliendo ad esempio A = 1 e risolvendo, si ottiene

∞∑n=1

1

(2n + 1)2=

π2

8.

! Esempio 3.5.11 Vogliamo dimostrare che la serie numerica

∞∑n=0

sin(2n + 1)

2n + 1= sin 1 +

sin 3

3+

sin 5

5+ · · ·

e convergente, e calcolarne la somma.Per fare questo, scriviamo la serie di Fourier dell’onda quadra di periodo T = 2π

e ampiezza A (Esempio 3.3.9):

4A

π

(sin x +

sin 3x

3+

sin 5x

5+ · · ·

).

La regolarizzata f ∗(x) dell’onda quadra di periodo 2π e ampiezza A verifica f ∗(1) =A: pertanto, la serie di Fourier converge ad A, per x = 1. Dal Teorema 3.5.5 siottiene quindi (ponendo x = 1 nella (3.50))

4A

π

(sin 1 +

sin 3

3+

sin 5

5+ · · ·

)= A.

Scegliendo A = π/4, si ottiene infine

∞∑n=0

sin(2n + 1)

2n + 1= sin 1 +

sin 3

3+

sin 5

5+ · · · = π

4.

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Page 34: Dispense del corso di Analisi II - calvino.polito.itcalvino.polito.it/~tilli/dida/serie_fourier.pdf · In realt`a, in molte applicazioni si ha a che fare con una grandezza periodica

Esercizi

3.5.1 Supponiamo che la serie trigonometrica

a0 +∞∑

n=1

(an cos nωx + bn sinnωx

)sia la serie di Fourier di f(x), e che PN (x) sia il suo polinomio di Fourier di grado N . Calcolare laserie di Fourier di f(x)− PN (x).3.5.2 Dimostrare che il Teorema 3.5.1 e una conseguenza della formula di Parseval (si usi l’esercizioprecedente).3.5.3 Cosa si puo dire sulla convergenza della serie di Fourier dell’onda raddrizzata f(x) = | cos x|?(N.B. non c’e alcun bisogno di calcolare i coefficienti di Fourier)3.5.4 Una funzione 2π periodica vale 0 per −π ≤ x ≤ 0 e coincide con cos x per 0 < x < π. Epossibile che la serie trigonometrica

∞∑n=1

(cos nx

n!+

sinnx

n4

)sia la sua serie di Fourier? Qual e la somma della sua serie di Fourier, per x = 0, x = −π e x = 1?3.5.5 Sia f(x) la funzione 1-periodica tale che f(x) = x3 per 0 ≤ x < 1. Qual e la somma dellasua serie di Fourier, per x = 0, x = 1/2 e x = 1?3.5.6 E possibile che la serie trigonometrica

∞∑n=1

cos nx

n

sia la serie di Fourier di una funzione periodica di classe C1? E di una funzione regolare a tratti?3.5.7 Calcolare la serie di Fourier della funzione f(x) = eα|x| su [−π, π) (estesa con periodo 2π), ese ne discuta la convergenza.3.5.8 Calcolando per x = 0 e x = π la somma della serie di Fourier dell’esercizio precedente,calcolare la somma delle serie numeriche

∞∑n=1

1n2 + α2

,

∞∑n=1

(−1)n

n2 + α2.

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