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DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

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Page 1: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINOAuthor(s): EZIO FRANCESCHINISource: Aevum, Anno 35, Fasc. 3 (MAGGIO-GIUGNO 1961), pp. 247-272Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20859407 .

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EZIO FRANCESCHINI

DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

Le pagine che seguono sono, con qualche maggiore elaborazione e documentazione, il testo di un discorso pronunciato a Trento nel Castello del Buon Consiglio, il 1? settembre del 1956. Si chiudeva, in quel giorno, un Convegno Internazionale di studi sulTUmanesimo, tenuto presso il ? Centro Maria Immacolata ? al Passo della Mendola, da poco costituito dall'Universita cattolica del S. Cuore con il con corso fattivo ed operoso di tutte le autorita del Trentino, e al quale avevano preso parte studiosi di ogni regione d'Europa. E non fu senza

significato che le ultime parole del Convegno risuonassero nella sala

maggiore di un Castello in . cui il Rinascimento era entrato splendido e sfarzoso, condotto per mano da Giovanni Hinderbach, da Bernardo

Clesio, dai Madruzzo, vescovi di Trento noti ben oltre i confini della loro diocesi, lasciandovi nelParchitettura, nella pittura, nelFarts, i segni inconfondibili di una civilta che e insieme italiana ed europea.

Dando una redazione definitiva a quel testo, che rimane tuttavia soltanto un tentativo di sintesi a largo respiro, senza la pretesa di una documentazione completa e senza approfondimento di problemi marginali, ripeto Pomaggio che allora rivolsi, a nome del Congresso, ma anche come compatriota, a tutti gli studiosi trentini che, stretti

intorno alle loro riviste e ai loro giornali, hanno esplorato da decenni e vanno tuttora esplorando con pazienza ammirevole, e con sicuro metodo di ricerca, ogni periodo ed ogni aspetto della storia della loro citta e della loro Regione.

Da coloro che fra la fine del secolo scorso e il principio del pre sente, prima della guerra 1914-18, diedero spesso alle loro indagini il significato di una testimonianza nazionale e di una sfida, e ci la sciarono un cospicuo patrimonio di studi (penso a Francesco Am brosi, a padre Barbacovi, alPOberziner, al Papaleoni, al Trenner, al Pranzelores, al Giuliani, al Reich, al Suster, alPInama, al Cesa

rini-Sforza, al Malfatti, all'Orsi, ai Menestrina, al Panizza, al Brioni,

etc.), fino ai loro degni eredi, da poco scomparsi, o viventi ed ope ranti: e mi sia lecito ricordare Giuseppe Gerola (f 1938), mons. We

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248 E. FRANCESCHINI

ber (f!945), Giovanni Ciccolini (f 1949), mons. Zanolini (f 1950), mons. Zambiasi (fl955), Aldo Ducati (f 1955), Angelico Prati (f 1961), il Fogolari, lo Steinmayr, lo Zieger, il Cetto, attuale direttore della

Biblioteca Comunale, il cui recente volume su Castel Selva e Le

vico e prova cospicua di fedelta alia serieta delle tradizioni e do

cumento esemplare di probita scientifica.

Dietro ciascuno di questi nomi sono solchi dissodati nel campo della storia trentina dalle sue lontanissime origini preromane fino

ai nostri giorni: senza la loro fatica non sarebbe neppure pensabile il tentativo di sintesi rapida che sara oggetto di queste pagine.

A formare le quali confluiscono anche, e non posso dirlo senza

commozione, le indagini su questo periodo di alcuni miei studenti trentini che nelPAteneo di Padova e nelPUniversita cattohca del S. Cuore hanno voluto fare oggetto delle loro dissertazioni di laurea, con ricerche spesso condotte su materiale inedito, argomenti che li

tenessero legati, pur negli studi universitari, alia loro terra: Lia

Coraiola (1945); Danilo Vettori, Giovanna FasaneUi e don Mario Dalle Donne (1946); padre Arcangelo Cologna, cappuccino (1948); Alfredo Dalmaso, Aldo Ongari e don Elio Gottardi (1949); Angela Zambon (1950); don Silvio Gilli (1953) 1.

Scrivo, come allora parlai, anche a nome di tutti loro: e loro, non meno che mio, e il dono ?

quale ne sia il valore ? che queste

pagine vogliono essere alia comune Patria trentina: viva sempre dentro di noi, dovunque ci abbia disperso la vita.

Voglio inline dedicare lo studio alPaw. Carlo Posser, da Mezzo

lombardo, che alia conoscenza del giure unisce una fine sensibilita

umanistica, e il Trentino ama da sessaat'anni in silenzio operoso e fattivo: cioe nel modo piu prezioso per chi ancora crede ai veri

valori dello spirito.

I

Prima di entrare, come suol dirsi, ?in medias res ?, sara bene

dichiarare che per umanesimo nel Trentino s'intende qui tutto cio che le rinate litterae humanae hanno prodotto nel Trentino ad opera di trentini o di uomini che tali possono essere considerati per lunga dimora e attivita in questa regione. II criterio della nascita non puo infatti essere in alcun modo accolto, soprattutto in un fatto come

1 I lavori del Dalmaso, del Gottardi, del Gilli, sono stati parzialmente editi negli ? Studi Trentini di Sc. Storiche ?, rispettivamente negli anni 1955 e 1956 (Dalmaso), 1956 (Gottardi), 1957 e 1958 (Gilli): si vedano piu avanti le indicazioni precise.

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DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO 249

queilo delTumanesimo, per il quale puo avere validita soltanto il criterio di una formazione spirituale e culturale attinta a determinati centri e a determinati maestri, pur nel giro ampio di una concezione

supernazionale di cui Puso e Pidolatria della lingua latina non sono

che Paspetto esteriore. Ogni umanista e figlio della citta in cui ha

respirato la nuova vita della cultura e delParte; di quella in cui e nato lo e soltanto se in essa riporta, rendendola produttiva e feconda, la sua maturita, accendendo, eosi, quasi lumen de lumine, una nuova

fiaccola e una nuova luce.

Con questa premessa noi possiamo sgomberare subito il terreno

da tre nomi che spesso s'incontrano nelle pagine della storia della

cultura trentina. Sono i nomi di Siccone Polenton (f ca 1447), di Guarino Veronese (f 1460), di Giulio Cesare Scaligero (f 1558).

Di nobile famiglia padovana (la famiglia Rizzi), Siccone nacque nel 1375-6 a Levico in Valsugana solo perche il padre vi si trovava in quel tempo come procuratore (a Borgo) di Siccone di Telvana 2.

Ma ritorno ancora giovanissimo, con la famigUa, a Padova dove, scolaro di Giovanni da Ravenna (1393-1403), vi ottenne la citta dinanza (1402-3), divenne notaio (1396) e poi, per quasi trent'anni, prima notaro poi cancelliere del Comune (1404-1430), dando al mondo delle lettere, fra altre cose minori, quegli Scriptorum illustrium la tinae linguae libri duodeviginti

3 che Remigio Sabbadini defini ?il

primo disegno di storia letteraria latina?, e quella Catinia (1419), giocosa satira conviviale, per cui fu chiamato, nella iscrizione che

e sotto la statua erettagli nel 1778 dal Collegio dei Notai in Prato della Valle a Padova ? philologus eruditus, qui primus post renatas litteras latinam comoediam restituit ? 4.

Or a, e ben vero che tale statua e dedicata Xicchoni Riccio Po-*

lentono tridentino, ma e altrettanto vero che Siccone appartiene per intero al centro umanistico padovano, di cui fu uno dei primi esponenti.

2 Da cui sarebbe derivato, secondo una probabile ipotesi di Guido Suster, il norae al bambino. ? Xicho natus ser Bartholomei dicti polentoni de Riciis de Levigo ?: b la piu comune firma di Siccone negli atti

notarili padovani. Su Siccone rimane sempre fondamentale il lavoro di Arnaldo Segarizzi, La Catinia, le Orazioni,

le Epistole di Sicco Polenton umanista trentino, Bergamo, 1899. II piu recente e quello di un giovane stu

dioso trentino, A. Dalmaso, Note sulVattivita letteraria deWumanista Sicco Polenton, in ? Studi Tren

tini di Sc. Storiche ? XXXIV (1955), pp. 3-27 e 236-64; XXXV (1956), pp. 22-48, completo nell'analisi

delle opere, ma che risente ancora troppo della sua origine scolastica. 8 Sono pubblicati, in edizione splendida, da B.L. Ullman, Sicconis Polentoni Scriptorum illustrium

latinae linguae libri XVIII, American Academy in Rome, Roma, 1928. Costarono all'autore venticinque anni di lavoro ed ebbero la loro redazione definitiva nel 1437 (TOllman ne ha identificato Tautografo, datato appunto di quell'anno, nel cod. Ottoboniano lat. 1915 della Bibl. Vaticana).

4 L'iscrizione completa dice: ?Xicchoni Riccio Polentono, tridentino, ab actis Civitatis Patavinae,

philologo erudito, qui primus post renatas litteras latinam comoediam restituit, Tabellionum Collegium sodali benemerenti p.c. anno MDCCLXXVIII?.

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250 E. FRANCESCHINI

Con Trento egli ebbe ancora rapporti, ma tali che non gli fanno certamente onore, mettendo in luce uno degli aspetti deteriori del

rUmanesimo: e fu quaxido scrisse, per commissione di Niccolo Cam

polongo, podesta di Trento (1418), due successive orazioni, piene di vuota retorica in un periodo sonante cui non mancano le clau sole ciceroniane, nella prima delle quali sono rivolte ampie lodi al vescovo Giorgio di Liechtenstein, ?princeps optimus et sapiens?, mentre nella seconda lo stesso vescovo, da poco morto, e chiamato

?lupus saevissimus et tyrannus immanissimus ? per compiacere il

duca d'Austria, Federico, davanti al quale il Campolongo la doveva

pronunciare. Piu degno invece di venire ricordato puo essere il fatto che la

Catinia di Siccone fu, poco dopo la sua composizione, tradotta in un dialetto che Carlo Battisti afferma ?antico trentino? e sara

la prima opera di carattere letterario stampata a Trento (nel 1482) 5.

Dopo Siccone dobbiamo togliere di mezzo anche il grande Gua rino. Che avesse insegnato a Trento si deduceva da un epigramma di

Giano Pannonio, gia suo scolaro a Ferraia (1447-1451) e di solito bene inform ato:

Tu mare frenantes Venetos, tu Antenoris alti

Instituis cives; tua te Verona legentem, Finis et Italiae stupuit sublime Tridentum.

Ma per cio che riguarda Trento, tutto si riduce ad un soggiorno di pochi mesi, nel 1424, per sfuggire ad un'epidemia di peste scoppiata in quelPanno a Verona 6. E i perginesi non dovrebbero certamente

erigergli un monumento per quanto egli dice di loro nelle lettere pub blicate da Rodolfo Wolkan: ? eorum animus et cura in longis, immo

perpetuis compotationibus viget...hic Bacchus unicus deus est. Eius sacra non unus, ut reliquorum, dies festus celebrat, sed annus totus, immo vero vita omnis ?.

? L'eccelsa Trento, estremo lembo d'ltalia ?, puo dunque essere

6 Chi ne sia il traduttore e rimasto ignoto anche al pur diligentissimo Battisti (La traduzione dialet tale della ? Catinia ? di Sicco Polenton, in ? Archivio Trentino ?, XIX-XXI (1904-1906), che tuttavia esclude, e giustamente, l'attribuzione a Modesto, figlio di Siccone, raccolta da Apostolo Zeno. Che poi la Catinia, in questa redazione volgare, sia stata rappresentata in onore di Bernardo Clesio durante le celebrazioni per la sua entrata a Trento come vescovo (settembre 1514) e ipotesi dello Zenatti (Le rappre sentazioni sacre nel Trentino, in ? Archivio storico per Trieste, Tlstria e il Trentino ?, II (1883), 2-3), non appoggiata da alcun documento o testimonianza del tempo.

Un altro trentino emigrato nel padovano e Marco da Cles, detto anche Marco da Trento, grande amico di Ludovico Bar bo, che lo dice nel 1404 ?vir utique antiquissimus et canitie quadam decorus, sed sanctitate praeclarior ?. Era stato nel 1359 parroco di S. Tomaso di Albignasego (Padova) e dal 1406 al 1412 di S. Michele a Padova. Ma non abbiamo notizia di una sua attivita letteraria (P. Sambin, Ricer* che di storia monastica medievale, Padova, 1959, pp. 75-83). 6 Cfr. R. Sabbadini, La scuola e gli studi di Guarino Guarini Veronese, Catania, 1896, p. 7; e soprat tutto R. Wolkan, Guarino von Verona in Sudtirol, in ? Zeitschrift fur die Oesterreichen Gymnasien ?.

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DISCOIiSO BREVE SULI/UMANESIMO NEL TRENTINO 251

stata fiera di aver ospitato Guarino, ma non ne ha udito la voce di

maestro.

Quanto a Giulio Cesare Scaligero, Pavversario di Erasmo e

?sui saeculi ingens miraculum, et vir quo superiorem antiquitas vix habuit, parem ceite sua aetas non vidit ?, come lo chiamo Ro

berto Costanzio (1561) poco dopo la morte (1558), la nascita a Riva del Garda (1484) e cosi incerta, malgrado Paffermazione del figlio, che ci permette di non citarne altro che il nome e la memoria.

Risultato al quale arriveremmo ugualmente, anche se il parti colare della nascita fosse certo, in base ai criteri sopra indicati.

Allontanate cosi quelie che, per eccessivo e male inteso amor

patrio, avrebbero potuto essere delle tentazioni, cerchiamo di ve

dere come si presenta Pumanesimo nel Trentino.

Ed ecco farsi avanti quel singolare canonico del Capitolo di Trento (dai 1439 al 1443) che fu Enea Silvio Piccolomini.

Si trovava come segretario del cardinale Capranica al concilio

di Basilea quando un giovane tientino gli fece avere dei versi latini con la preghiera che li presentasse alPimperatore. La risposta fu im

mediata e netta: i tedeschi (compreso Pimperatore) sono barbari e non sanno gustare i versi:

non sapit haec seges, nec scit toga barbara versus.

?Non ha sapore questo frutto, ne sanno apprezzare versi i bar

bari ?: frase che ne riecheggia un'altra, ancora piu sdegnosa nei ri

guardi delFignoranza ultramontana, e che si trova in una sua let

tera al canonico trentino (ma lombardo di nascita) Giovanni Pi

rogallo: ?In Austria dementis est quaerere Romam, aut Platonem

apud Hungariam investigare ? 7.

Ma a noi non importa tanto riflettere su questo giudizio di Enea

Silvio, quanto conoscere il nome del giovane trentino che gli aveva

mandato i versi: e il conte Francesco d'Arco (f 1482), il nonno di colui che sara il maggior poeta umanista trentino, Niccolo d'Arco.

Ne questo e Punico documento dei rapporti di amicizia che inter

correvano fra il Piccolomini e la famiglia dei conti d'Arco 8. Piu tardi, passato come ?secretarius? alia cancelleria impe

riale di Federico III, di cui scrivera la Historia, Enea Silvio stringeva affettuosa amicizia con un giovane tedesco, da lui stesso introdotto

nella cancelleria, ? vir bonus et supra mores gentis suae doctus ?

(come lo definira in una lettera a Pietro di Noceto): che accompagnera

7 Cfr. G. Papaleoni, Enea Silvio Piccolomini e i conti Lodron e d'Arco, in ? Studi trentini?, 1940,

pp. 165-7. 8 Fratello di Francesco d'Arco era Galeazzo: loro madre Angela Nogarola, donna intelligente e colta.

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252 E. FRANCESCHINI

il piu anziano ed autorevole amico in un'ambasceria presso il

duca di Milano, nel 1447, poi a Roma per Pincoronazione di Papa Callisto III (1455), e che ailo stesso amico, salito al soglio di Pietro col nome di Pio II (1458) ricordera con commosse parole la lunga coasuetucline di vita nella allocuzione pronunciata a Siena (1459) in nome di colui che per molti anni era stato loio comune sign ore, Federico III. Quel giovane tedesco, vissuto cosi a lungo a contatto

del Piccolomini e formatosi alia luce della sua diplomazia e della sua cultura, era Giovanni Hinderbach, il futuro vescovo di Trento, il

primo dei vescovi umanisti della citta.

Se dunque a qualcuno deve essere dato il titolo e il nome di

padre delPumanesimo nel Trentino, questi non puo essere che Enea

Silvio Piccolomini. A lui infatti fa capo, alle origini, la storia dei due unici centri di vita umanistica fioriti nei secoli XV e XVI nel prin cipato: quello che si raccoglie intorno ai vescovi di Trento, e quello cui da vita non effimera la famigUa dei conti d'Arco. Di questi due centri dobbiamo innanzitutto esaminare la consistenza, la vitalita, i frutti.

II

A Trento Pumanesimo entra con Giovanni Hinderbach (1465 1486), raggiunge il momento di piu alto splendore con Bernardo Clesio (1514-1539), declina con Cristoforo Madruzzo (1539-1567), si spegne con il nipote di lui, Lodovico (1567-1600). Sono centocin quant'anni di storia trentina. Giovanni Hinderbach era nato (1418) nell'Assia e aveva avuto la sua prim a istruzione a Vienna, dove nel 1438 raggiungeva il grado di magister artium; ma poi era passato, dal 1440, a Padova, a contiauare gli studi di diritto e vi aveva otte nuto con grande pompa la laurea nel 1452, alia presenza deilo stesso

imperatore, al cui servizio era ormai da anni sotto la protezione e

la guida, come si e visto, del Piccolomini. II ventennio del suo episcopate non fu certo tranquillo: sia per

la continuata attivita diplomatica che lo vide ancora oratore impe riale a Roma, a Regensburg (1471: dove parla in latino e in tedesco), ad Augusta (1474), sia, e piu, p^r il troppo famoso episodio delPuc cisione del bambino Simone Unferdorben (23 marzo 1475)

? il beato Simonino ? e i successivi processi agli ebrei: eppure nessuna nota

manca a Giovanni Hinderbach perche egli stesso possa a giusto titolo meritare il nome di umanista.

La sua attivita di scrittore, e vero, non e rilevante: pochi versi

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DISCORSO BREVE SUIX'UMANESIMO NEL TRENTINO 253

latini sul b. Simone 9; una Continuation compilata per incarico im

periale, della Historia Friderici Imperatoris del Piccolomini, che non

puo certo, per poverta di concezione e di dettato, stare a paiagone con il modello 10; ma notevoli sono i suoi discorsi, nei quali Enea Silvio riconosceva presenti e lodava il ?verborum ornatus ? e la ? sententiarum gravitas ?, e maggiore attenzione meriterebbe il suo

epistolario. Come pure occorrerebbe studiare le glosse e le note da

lui apposte a molti dei codici raccolti per la sua biblioteca n, e i

reportata, da lui stesso redatti, delle lezioni dei suoi maestri di Vienna e di Padova. I codici 1557 e 1558 della Comunale di Trento conten

gono, non scritte di mano deU'Hinderbach, le lezioni del suo maestro

e zio Enrico de Langhenstein, udite a Vienna; i codici 1592, 1561, 1360, 1589, datati fra il 1440 (cod. 1561) e il 1447, questa volta scritte di suo pugno, le lezioni dei maestri di diritto che egli ebbe a Padova:

Angelo de Castro, Antonio de Roselli, Leonardo Basioli. Siamo nei

tempi della giovinezza, si dira: ma varrebbe bene la pena di riesa

minare questi testi, con cui si puo ricostruire la formazione cultu

rale del vescovo.

E maggiove attenzione ancora merita la ricca biblioteca da lui

raccolta. stato giustamente detto che THinderbach e il vero fou

datore della Biblioteca vescovile trentina, il cui primo nucleo risaliva,

secondo la nota ricerca della Tarugi-Secchi, ai vescovi del sec. XIV,

Enrico di Metz (1310-1336), Alberto di Ortenburg (1363-1390) e a Giorgio di Liechtenstein (1390-1419); ma bisogna anche aggiun gere che la sua passione per i libri e di gran lunga superiore a quella dello stesso Clesio e dei Madruzzo. Nessuna occasione egli tralascio

per acquistarne: neppure la persecuzione contro gli ebrei. ?Hie

liber ? annota di suo pugno in un codice contenente vite di santi ?

repertus est apud quendam hebreum, qui venit hue de Brixia, seu eius territorio, impignoratus sibi, ut asseruit (non tamen dixit

per quern et pro quanta pecunia) in illis partibus; quern, veluti ec

clesiasticum et sacris dedicatum, de statione ac manibus eiusdem

eripuimus pro nobis et Ecclesia, ac usibus nostris servandum, aut,

si legitime constiterit cuius ecclesiae in illis partibus fuerit, resti tuendum. 1470 Ioannes episcopus tridentinus manu propria scrip sit ? (e ora il cod. 1566 della Comunale di Trento).

9 Riportati dal Menestrina, Gii ebrei a Trento, in ? Tridentum ?, 1903, p. 304.

10 Egli stesso ne era, del resto, pienamente consapevole se poteva scrivere: ?... velut sus quidam

Minervam imitabor...?. 11 Alcune sono esaminate da G. Gerola, Cronache trentine del Medio Evo, in ? Studi Trentini?,

1938, pp. 1-26 (le pp. 25-26 sono intitolate Note Hinderbachiane e riguardano quattro breviarii postillati dal Vescovo).

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254 E. FRANCESOHINI

Un centinaio sono i codici da lui raccolti. Sono testi liturgici, teologici, breviarii miniati, opere ascetiche, patristiche, sermonarii, omiliarii; ma non mancano gli autori profani, molti dei quali anno

tati da lui, con la firma: J. H. rerum antiquarum studiosus che e

la dichiarazione esplicita del suo umanesimo.

Troviamo cosi: Cesare, Cicerone, Ovidio, Seneca, Svetonio, Cur

zio Rufo, e fra gli scritti e gli scrittori del Medioevo Paolo Diacono, un trattato sulPAnticristo, alcune opere di Alberto Magno, una

storia dei Franchi 12.

AlPHinderbach inoltre risale il merito di aver introdotto a Trento la stampa: per sua iniziativa appare infatti qui, ad opera di Alberto

Kunne, nel 1475, il primo libro a stampa: Geschichte des an Trient ermordeten Christenkindes (con 12 incisioni rappiesentanti scene del

rapimento e delPuccisione del b. Simonino), ed anche, sette anni

dopo (1482), la prima opera di carattere letterario, cioe il volgariz zamento, gia ricordato, in antico trentino della Catinia di Sicco ne Polenton, ad opera dello stampatore trevisano Zuan Alberto Longo.

Del suo amore per Farte rimangono documenti la chiesa di S. Pietro, fatta da lui costruire dalle fondamenta, i lavori eseguiti nel castello del Buon Consiglio per i quali trasse ispirazione dal suo

soggiorno nel Veneto 13, il restauro del palazzo pretorio: e molti al

tri, in citta e nel territorio della diocesi.

Ma piu e da insistere, per cio che riguarda il nostro tema, sui

rapporti che egli ebbe con umanisti di altri paesi. Lasciamo pure da parte Pomponio Leto, che gli offre poeti (e

se stesso) per celebrare in qualsiasi metro il martirio di Simonino

(?Si cupis pro ipsa historiae aequitate carmina in quocumque genere, scribe. Multi sunt Romae vates qui pro tarn sancta re proque tua

auctoritate carmina facient?), ma possiamo ricordare Felice Feli

ciano, che gli dedica il Pronosticon, Giovan Mattia Tiberino, da Chiari, medico, autore di quella Passio beati pueri Simonis (1482) cui attingeranno poeti quasi senza numero, in Italia e fuori 14, e so

12 Elio Gottardi, Ricerca e illustrazione di codici latini nelle biblioteche di Trento (in ? Studi Tren tini di Scienze Storiche ?, 1956, pp. 163-187, 263-281, 413-436) ha illustrato parecchi dei codici di pro venienza hinderbachiana, e in modo particolare quelli di contenuto letterario: ma con una buona volonta non sorretta da uguale competenza.

13 Cfr. G. Gerola, II castello del Buon Consiglio con le sue vicende e nei suo ripristino, in ? Trentino ?, 1931; e G. De Carli, II Rinascimento architettonico a Trento, in ? Trentino ?, 1942.

14 Cfr. M. de Unterrichter, II beato Simone e i verseggiatori suoi contemporanei, in ? Studi Tren tini?, XI, 1930, pp. 187-193. Al Tiberino appartenne (per averlo acquistato a Brescia nei 1482), il co dice di Aratore che egli poi dond all'Hinderbach e che ora fa parte della Bibl. Com. di Trento. Ma lo studio che ne ha fatto A. Benzoni (// codice di Aratore 186, in ? Studi Trentini?, XVIII, 1937, pp. 203-212) e la posteriore descrizione del Gottardi (?ibid.?, 1956, pp. 282-3) vanno rivedute: questa perche incompleta, quello perche criticamente insoddisfacente. Sul codice v. pure ?ibid.?, 1958, p. 493.

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DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO 255

prattutto Raffaele Zovenzoni, triestino e cancelliere della sua citta

che gli dedica VIstrias nel 1477. Insisto su questo nome perche P opera dello Zovenzoni, reeen

temente pubblicata da Baccio Ziliotto (Raffaele Zovenzoni. La vita, i carmi, Trieste 1950) permette di vedere piu da vicino i suoi rapporti con PHinderbach. Si erano conosciuti probabilmente a Ferrara, dove lo Zovenzoni era allora scolaro di Guarino (1451). L'Hinder bach lo aveva poi nuovamente incontrato durante una visit a a Trieste e alPIstria (1457) e lo aveva accompagnato alia poetica incoronazione

imperiale del 1466-7. Nessuna meraviglia potranno percio destare le

parole di lode che egli rivolge frequentemente nei suoi carmi al ve scovo di Trento fino a farlo apparire come un eroe omerico nel Car

men concitatorium in Turcum a lui dedicator

... ecce venit meus Inderbacchius heros

atque Tridentinae praesul sanctissimus arcis.

(Ziliotto, p. 49).

Egli e il suo poet a, gli scrive: ? unde tuus vates ego sum, tibi nostra dicavi ?

plectra, pater... ? (Ziliotto, p. 52). E in una visita a Trento cantera in poesia i lavori del castello e scrivera, per la citta, un inno solenne (Epaenodia in urbem Tridentum: ed. Ziliotto, pp. 141-2) se dovessimo credere al quale

? a parte i riferimeinti alPAdige, al Bondone, al Calisio e alia Paganella

15 ? non Firenze, o Roma, o Napoli, ma Trento era il piu splendido centro delPumanesimo italiano:

Marmore purpureo stant moenia celsa Tridenti

Unde mihi totiens spiritus ille venit;

Moenia, quae nitidis et dulce strepentibus undis Ornantur: dices has Heliconis aquas.

Arx adamanteis surgit pulcherrima muris,

Quam Pallas, Phoebus, Pieridesque colunt. Radit et hanc Athesis, fluviorum primus in orbe

Terrarum (veniam tu mihi, Thybri, dabis).

Mi pare dunque di poter concludere che se Giovanni Hinder bach non e ? ...chori gloria Castalii? come il suo cantore triestino lo

15 Tris habet urbs montes, quorum Bondorus abundat

gramine, quod vitae reddidit Hippolitum... Alter Oragreus silvis riget arduus altis

in quo venari saepe Diana solet... Tertius argento gravis est Vacaeus et auro,

mons sacer antiqua religione patrum. (Ziliotto, p. 142)

Del Mons Vacaeus il nome e rimasto oggi in Montevaccino, localita subito a nord del M. Calisio, o Ar

gentario, assai piu noto del primo.

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Page 11: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

256 E. FRANCESCHINI

chiama, non e pero neppure soltaiito il ? Caesaris arcanus consultor, iuris alumnus ? come si legge nella sua lapide nel duomo di Trento.

Egli ebbe veramente Fanimo di un umanista in un tempo in cui nessun accenno esisteva ancora, nel Trentino, di risveglio let

terario o di cultuxa delle humanae litterae, ove si eccettui la piccola fiammella che appare accesa ad Arco nei versi modesti del nonno

di Niccolo.

Enea Silvio Piccolomini aveva dawero avuto la mano felice

nello scegliere questo tedesco delFAssia per avvicinarlo alia nuova cultura. Perche, al di fuori di ogni altro giudizio che possa essere dato dell'Hinderbach in sede politica (riconobbe a Sigismondo, duca del Tirolo, il diritto di nominare il capitano della citta, in sua

rappresentanza, e a lui affido le chiavi del castello: 1468) o per la sua opera di govemo della diocesi, nessuno potra negargli il merito, se tale e, di aver aperto le porte del Trentino alFumanesimo e alle sue forme di vita.

Un aspetto diverso assume PUmanesimo nel Trentino con Ber nardo Clesio (1514-1539), il primo trentino vescovo della sua citta, e uomo cui e giustamente riconosciuta una statura europea. Diplo

matico, mecenate, principe, egh non e uomo di lettere, ma soprat tutto uomo d'azione. In una lettera scritta da Buda ad Erasmo nel 1535 c'e una frase che lo dipinge meglio di qualsiasi ritratto: ? Haec dum vos, theologi, de fide disceptatis, nos miseri operamur homines ?.

Eppure scrivendo, giovanissimo (era nato a Cles nel 1485) da Verona, dove aveva compiuto i primi studi, aveva affermato, facendo sua una frase famosa: ? Litteris mihi nihil dignius visum fuerit... nam sine doctrina vita est quasi mortis imago ? 16; e nei sette anni di permanenza a Bologna, culminati nel 1512 con la laurea ?in utro

que iure? aveva conosciuto maestri come Filippo Beroaldo e il

Campegio.

Egli non venne mai meno a queste posizioni: ma la sua stessa vita voile che le vedesse compiute piu intorno a se che in se.

Che cosa la citta di Trento ? da lui amata e curata anche du rante le molte lontananze dovute all'intensa camera diplomatica

? e

la diocesi gh debbano e troppo noto perche non basti qua che un fugace accenno; gli devono: il codex clesianus (che raccoglie in dodici volumi tutte le carte e i documenti riguardanti la diocesi di Trento a partire dal vescovo Bartolomeo Quirini, 1307), fonte preziosa di notizie per la

16 Cfr. S. Guglielmo Firmat (f 1095): ? Otiura sine litteris mors est, et vivi hominis sepnltura *

(cit. da Morin, in ? Revue benedictine ? XXXI, p. 248). Ma la sentenza risale a Seneca (Ep. 17).

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Page 12: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCORSO breve SULL'uMANESIMO NEL TRENTINO 257

storia religiosa, politica, economica, sociale del Trentino; la riforma dello Statuto di Trento (Statutum Clesianum: 1528) che rimarra, in tale redazione, immutato fino alPinizio del see. XIX; la costruzione della chiesa di S. Maria Maggiore (1520-4: affidata ad Antonio Me

daglia, di Val d'Intelvi), delle chiese di Civezzano, Cles, Sanzeno, Brez, Castelfondo, Revo, Sarnonico, e la cura per i palazzi vesco

vili di Castel Toblino, Castel Selva, Stenieo, Cles; la deviazione e

Parginatura del Fersina; e soprattutto i lavori che del Castello del

Buonconsiglio fecero una sfarzosa dimora, atta ad accogliere impe ratori e re: lavori dovuti alPoperosita di scultori, architetti, pittori trentini e italiani (di Como, Verona, Venezia, Vicenza, Mantova), mentre dalle Fiandre venivano gli arazzi, su cartoni di Alberto Durer, e da Norimberga opere in legno intarsiato e in metallo fuso 17.

? Optandae sunt divitiae duarum potissimum rerum causa ?

soleva dire il Clesio ? ut dones, videlicet, et ut aedifices ?. E il Pin cio, che le riporta, soggiunge: ?et ad aedificandum et ad donan dum propensus (il Clesio) nihil quod praeclarum esset a se unquam ahenum putavit? (De vitis pontificum tridentinorum, XII, 102-103).

Ne usci una citta quasi interamente trasformata, anche se non

possiamo accettare alia lettera quanto lo stesso Pincio afferma:

?iure (gloriabatur) tridentinus (episcopus) se, immisso veluti in cavernas sole, urbem commodiorem ac salubriorem reddidisse, et

quam lateritiam reppererat, marmoream apricamque relicturum...?.

Piu da vicino riguardano la cultura le sue lettere, le cure che ebbe per la biblioteca, i rapporti con umanisti italiani e stranieri.

Venti fascicoli dell'Archivio di Stato di Trento conservano, reduci dalPesilio di Vienna, circa trecento lettere del Clesio: delle

quali, redatte in grafia di assai difficile lettura, PAusserer e il Gerola hanno pubbHcato (1924) soltanto quelle che riguardano ?il magno palazzo ?. Dal loro lavoro di edizione e dallo studio che dieci anni

dopo (1934) Gabriele Steinmayr dedico alia sua epistolografia la tina (in ? Studi Trentini? 1934) 18, Pepistolario del Clesio non ap pare di tipo umanistico, nel senso ristretto della parola, ma piuttosto quello di un uomo d'azione che non ignora il buon stile latino, ma scrive soprattutto per che ha molte cose da dire, da fare e da far fare.

La biblioteca il vescovo pose in una sede piu degna e piu vasta; e si adopero per arricchirla di opere: ?Inter alia nobis semper cordi

17 Si veda, fra Taltro, L. Bonfioli, Bernardo Clesio e lo sviluppo urbanistico di Trento, in ? Studi

Trentini?, 1939, pp. 269-299. 18 Cfr. C. Ausserer-G. Gerola, I documenti clesiani del Buon Consiglio, Venezia, 1924; G. Stein

mayr, Osservazioni sulle epistole latine di Bernardo Clesio. in ? Studi trentini ?, 1934, pp. 39-52.

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Page 13: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

258 ?. FRANCESCHINI

fuit ? scrive ad Erasmo (21 aprile 1533) ? ut iuxta gradum ac

facultatem nostram bibliothecam omnium in quolibet facultatum

genere potiorum auctorum libris exstrueremus ?: e cosi ad altri suoi

corrispondenti. I codici direttamente entrati nella biblioteca per

opera sua non sono facilmente identificabili19, ma sappiamo che alia sua morte (1539) la biblioteca vescovile, a parte i numerosissimi libri a stampa, comprendeva circa mille codici, cifra del tutto straor

dinaria per quei tempi, anche per citta ben maggiori di Trento 20. Oltre che con Erasmo (da lui conosciuto ad Aquisgrana nel

1520) il quale, materialmente beneficato, gh dedico Ylreneo, Ber nardo Clesio ebbe rapporti di amicizia con Beato Renano, che gli dedico la sua edizione degli Annali di Tacito, con PEck che gli con sacro alcune delle sue omeUe (1532): ne gli fu ignota la sfrontata ar

roganza di Pietro Aretino che, nelPoffrirgli la seconda edizione della Cortigiana, non si peritava di scrivergli ?il mondo si chiarira dei vostri meriti, onorandovi io...?.

Ma piu ancora di questi rapporti con gli esponenti della cultura europea, cio che importa e costatare la presenza, intorno al Clesio, di una produzione indigena, cioe di un umanesimo trentino: dalla humus preparata daU'Hinderbach nascono a Trento i primi fiori: e non conta che siano gracili e non passibili di confironto con le aiuole da tempo splendide nelle regioni limitrofe, il Veneto, la Lombardia, PEmilia, da cui attingono i succhi vitali: conta che siano nati, e ab biano portato fino ad una zona contesa da due popoli le propaggini estreme di una cultura essenzialmente latina.

Non mi riferisco a Niccolo d'Arco, che nel 1525 ospito ed aiuto cor

uomini armati il Clesio durante la guerra rustica, e le opere del ve scovo esalto in parecchi dei suoi carmi, perche la figura di Niccolo e Poperosita del centro d'Arco vanno esaminati a parte; quanto piuttosto a figure operanti attomo al vescovo, in Trento: a Gian Pirro Pincio, a Pier Andrea Mattioli, a Girolamo Stellimauro, e ai minori poeti di cui lo Steinmayr raccolse ed esamino i carmi latini in onore del Clesio 21.

A Gian Pirro Pincio (Ianus Pirrhus Pincius), mantovano di nascita, per quanto maestro assai discussc nelle scuole di Trento, non puo essere disconosciuto il merito di essere il padre della storio

19 Due, assai preziosi, contenenti versioni medievali di Aristotele rintracciai io stesso in una vec

chia ricerca (Codici di traduzioni latine medievali, etc. nella Bibl. Com. di Trento, in ? Studi Trentini ?f 1932, pp. 125-6). 20 Chiese a molti studiosi, osserva il Pincio, che gli raccogliessero libri da ogni dove; cosi che di lui si poteva dire ?...talem temporihus nostris bihliothecam in sua urbe confecisse qualem reges Attalici alias Pergami feruntur constituisse ? (De vitis tridentinorum pontificum, XII, 102). al In: ? Annali Lie. Sc. Galilei?, Trento, 1932-33.

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Page 14: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCORSO BREVE SULL UMANESIMO NEL TRENTINO 259

grafia trentina nei 12 libri De gestis ducum tridentinorum et de vitis

pontificum tridentinorum (edita a Mantova nel 1546) non privi di uno scribendi impetus pur nelPampollosita spesso goffa di una osten tata imitazione liviana. Lo stesso Pincio aveva celebrato in un'ora

zione Pentrata del Clesio a Trento (1514) e scritto per cantarne le

gesta un poema eroico, la Clesiada, di cui non rimane che il nome e il ricordo.

Da Siena, dov'era nato (1501), venne a Trento nel 1527 Pier Andrea Mattioli, laureato in filosofia e in medicina a Padova; vi rimase quindici anni, medico personale di Bernardo Clesio; e, dopo un soggiorno a Gorizia (1542-54), a Praga e a Vienna, come medico cesareo (1554-1571), voile tomarvi (1571) per morire (1578). A Cles

egli scrisse, dedicandolo a Bernardo Clesio, il De morbo gallico (ed. Bologna 1530); e il vescovo voile celebrato in un poemetto volgare in ottava rima, II magno palazzo del cardinale di Trento (ed. Venezia

1539), ricevendone una risposta assai saggia, che lo deve aver fatto

molto riflettere sulle sue capacita poetiche: ? ...sara forse meglio, per piu utile tuo, a seguir el studio tuo... ? (lettera del 19 agosto 1533, da Vienna). II Mattioli accolse Tinvito, e diede mano alPopera alia

(juale e ancora legato il suo nome (e che egli dedichera poi a Cri stoforo Madruzzo): la traduzione e il commento del 7tepl ty)<; (SXyjc; locTpixv)? di Dioscoride (ed. Venezia 1544), che divenne un testo clas sico di botanica, tradotto subito in tutte le lingue di Europa e dif fuso in numerosissime edizioni. 15 il suo titolo di gloria anche nella iscrizione che e nel duomo di Trento dove fu sepolto:

Herbarum vires nec rectius edidit alter, Nec mage te clarus hac super arte fuit.

Si mens ut corpus depingi posset, imago Una Dioscoridis Matthiolique foret 22

Trentino e Pultimo dei tre, Girolamo Stellimauro da Brez, in Val di Non, console a Trento verso il 1516-22, che al Clesio voile de dicata la sua Historia belli rustici contra civitatem Tridentinam gesti che in un latino ben diverso da cpiello del Pincio narra senza alcuna obiettivita le vicende della guerra rustica del 1525.

Infine, il cenacolo di poeti di corte che celebrano il Clesio: Ca millo ZaneUi, parroco a Ossana e poi in Val Rendena 23; Bartolomeo

82 Sul Mattioli lo studio piu recente h quello di A. Cetto, A proposito di un manoscritto di Pier An

drea Mattioli esistente nella Bibl. Com. di Trento (ms. 1795), in ? Studi Trentini di Sc. Storiche ?, XXXVIII, 3, 1959, pp. 233-257, condotto con la compiutezza d'informazione e lo spirito critico che sono propri del l'autore.

28 Su Camillo Zanelli cfr. G.B. Emert, Un'elegia in onore di Bernardo Clesio, in ? Studi Trentini?,

1939, pp. 134-7. Oltre alTelegia, lo Z. dedicfc al Clesio anche cinque brevi munuscula di versi, nel 1518.

Queste poesie furono trascritte dal P. Tovazzi nel ms. del suo Parochiale (t. 2?, p. 1155, ms. 38 della Bibl.

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Page 15: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

260 K. FRANCESCHINI

Amanzio, maestro di scuola a Trento; Paolo Veiente; Tommaso

(f 1524) e Paolo (f post 1546) Tabarelli de Fatis, conti di Terlago; Tommaso Salvadori che, secondo il Tovazzi, in lode del vescovo avrebbe scritto un poemetto nel 1514; il canonico Alberto Alberti

(f 1548), dal 1534 al 1537 vicario generale della diocesi (autore di

un'elegia che e nel cod. Ashburnhamiano 270 di Firenze). Sono, compresi quelli dei tre maggiori, nomi che non vanno al

di la di una risonanza regionale; ma bastano a provare che attorno a Bernardo Clesio si e formato un centro di attivita nel quale, sia

pure in tono minore, Pumanesimo fa le sue prove.

II movimento si allarga, a Trento, sotto il successore del Clesio, Cristoforo Madruzzo (1539-1567), il vescovo del Concilio, la cui pre parazione era stata uno dei meriti maggiori del suo predecessore. Personalmente il cardinale, educato a Padova e a Bologna (1532 37), e che Veronica Gambara salutava ? ornamento e splendore di

questa nostra eta ?, non mostra interesse per la cultura se non come

elemento di decoro del principato. E, a parte una breve poesia la

tina, solo il vastissimo epistolario meriterebbe di essere studiato.

Ma il fermento di cultura che e intorno alia sua persona mostra

il progressivo svilupparsi di quegli interessi che abbiamo visto fer ment are alia corte del Clesio.

Non e nostro proposito fermarci a parlare degh ospiti insigni che egli accolse durante il Concilio : Gerolamo Vida, Paolo Paruta,

Marco Antonio Flaminio, Gerolamo Fracastoro, ne ricordare che il

Trissino prego proprio lui, nel 1548, di presentare alPimperatore Carlo V il suo poema UItalia liberata dai Goti.

Voglio invece fermarmi su quanti, trentini, o in Trento per

lunga consuetudine di vita maturati, sono intorno al cardinale: Carlo

da Sporo (del 1542 sono gli unici versi che conosciamo di lui, in onore del Madruzzo); Leonardo Colombino, da Terlago (il cui poemetto volgare in ottava rima, II trionfo tridentino (1547) celebra la festa tenuta il 3 maggio 1547 al Palazzo delle Albere, in occasione della vittoria di Carlo V sui luterani a Muhlberg, e inizia con Finvocazione

grossolanamente enfatica ?Madruzzo, io veggo il mondo in tuo go verno ?); Lorenzo Piccoli, prete di Castellano (che ricorda con or

goglio la lode tributatagh dal vescovo per certi suoi versi: ? Non potero dignas, princeps, persolvere grates

? Cum mihi subridens 4placuere poemata' dixti ? e mette ai piedi di lui la sua povera musa:

dei Gappuccini di Trento). Nell'elegia maggiore (12 distici) prevale la solita stucchevole ampollosita (?Ber narde antistes, quern virtus, sydera coeli ? imperio ornarunt, Caesaris atque favor ? ... Mille licet vates concurrant vocibus, omnis ? dicta tuis meritis laus erit inferior ?).

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Page 16: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCORSO BREVE SULL'uMANESIMO NEL TRENTINO 261

?non caret e nostris vestro uilus honore libellus ?); Tommaso Ta

barelli De Fatis (che ne saluto Pelezione con un discorso); Giacomo Castelrotto, da Strigno (1520-1586: autore di un'ampia storia della

Valsugana dal 1150 al 1580); Iacopo Acconcio, da Ossana (1492 1566) che ? filosofo, teologo, scienziato, ingegnere

? fu per qualche tempo segretario del Madruzzo, a Milano (1554) e poi, aJbbracciato il protestantesimo, esule in Svizzera, dove scrisse il De methodo (1558), e in Inghilterra, alia corte della regina Elisabetta, cui dedico (1565) il De stratagematibus Satanae, sul problema delFunione delle Chiese riformate;23biB Melchiorre Partini (nato nel 1531; dedicata al Madruzzo e Punica poesia che di lui ci resta); e i due conoscitori di ebraico e di greco, Giulio Alessandrini e Pagostiniano Nicola Scutelli, medico il primo (n. a Trento nel 1506, laureato a Padova, per piu di trent'anni

medico cesareo alia corte di Ferdinando, f 1590), traduttore di Ga leno e di Plutarco e autore di un poemetto didascalico, la Paedotro

phia (De puerorum educatione) pubblicato a Trento nel 1586, tradut tore di Giamblico il secondo (f 1542), teologo e uomo di governo del suo Ordine in Germania, a Viterbo, a Roma (la traduzione di Giam blico, ed. Roma 1556, e dedicata al Madruzzo). Tutto deve al Madruzzo anche Iacopo Vargnano (?Debeo, Madruti, vitam quam denique vivo -

ipse tibi... ?): il quale tuttavia appartiene al centro di Arco e quindi sara con esso studiato. Anche il valore di questi uomini raccolti intorno a Cristoforo Madruzzo e molto tenue e il loro nome, a parte quello delP Acconcio, non va oltre i confini del centro in cui fioriscono.

II quale pare notevolmente restringersi, per stanchezza o per venir meno di ingegni e di interessi, sotto gli altri due Madruzzo, Lodovico (1567-1600) e Carlo.

Al tempo di Lodovico scrisse un'Historia tridentinae civitatis et totius Episcopatus (inedita) Innocenzo a Prato (nato nel 1554, laureato in diritto a Padova nel 1575, f 1615) che fu console di Trento nel 1582, vi fece venire uno stampatore, e raccolse una ricca biblio

teca (studiata dalFOberziner, nel 1910); e fiori quel Cristoforo Bu setti (nato in Val di Non, consigliere delParciduca Carlo d'Austria) che e, nel suo Canzoniere inedito (ms. 17 della Bibl. Comunale di

Rovereto) Punico petrarchista che abbia avuto il Trentino.

Sotto Lodovico e Carlo poeto Niccolo Inama, da Fondo, autore anche dell'orazione funebre per Lodovico e del panegirico per la ele

tsbi? Si veda ora quanto suli'Acconcio scrive Delio Cantimori, in ? Dizionario biografico degli italiani*, I, 1961.

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Page 17: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

262 E. FRANCESCHINI

zione di Carlo al cardinalato, maestro di scuola a Trento, la cui voce

pud chiudere gli esercizi poetici del centro umanistico di Trento. E non degnamente, in verita, se leggiamo i versi con cui termina

il panegirico deU'ultimo dei Madruzzo, pomposi e contorti nel fluire duro di una stentata imitazione classica:

Proles Madrutiadum Carolus edita Celso sanguine, honos, lux nova saeculi.

Hoc praesaga futuri Olim musa canit mea.

Omnes Madrutiis pergite, caelites, Praebere nitidis numina sedibus:

Caelo defluat alto Hanc in progeniem favor.

Nunc cantu populi sidera personent Pean civis ovans quisque canat sacrum

Aeterno usque Parenti

grates promeritas agat. Tu caelo, Vigili, numine dextero Dilectum populum respiciens Triden

tinum, tempus in omne

Gentem Madrutiam tege.

II dissolvimento e ormai in atto. II fuoco portato a Trento dal

rHinderbach, curato dal Clesio, accesosi in sia pur tenui fiammelle sotto Cristoforo Madruzzo, si e spento: e le ultime luci hanno un poco

gia il colore della cenere.

Ill

Una storia piu ricca ha il centro di Arco, che comprende anche

Riva, le Giudicarie, la Val Lagarina. Abbiamo gia visto Enea Silvio Piccolomini leggere a Basilea

(ca 1440) i versi che gli aveva mandato, perche li offrisse alTimpera tore, il conte Francesco d'Arco (f 1482). La seges dunque, che non

poteva essere gustata oltralpe, era gia coltivata nel giardino dei si

gnori di Arco: e i versi del conte Francesco, almeno per cio che ne

sappiamo, ne sono la primizia. Ma non soltanto in quella corte, che pur tuttavia ne era e ne

rimarra il centro irradiatore e di cui Iacopo Vargnano fara dire ad Apollo e a Minerva:

Haec regio nobis sola dedit arte potiri: Arcum est, hie nobis templa dicata vigent

(cord. 1973 B. Com. di Trento, p. 39)

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Page 18: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCORSO BREVE SULl/UMANESIMO NEL TRENTINO 263

Infatti Pattuale codice Ashburnhamiano 270 della Laurenziana di Firenze ci conserva una miscellanea curiosa, nella quale, accanto a trascrizioni di lettere di Poggio, del Bruni, del Guarino, di Isotta

Nogarola, di orazioni e di epitalamii, e felicemente eonservato quel

poco di poesia che produsse la Val Lagarina nella seconda meta del secolo XV.

II codice e autografo di tre archesi: Antonio Betta (per la parte datata dal 1431 al 1461), Giovanni Betta (1477-1489), Lodovico Betta (1495-7). Nettissimo e il collegamento con il centro culturale della vicina Verona che ne risulta.

Accanto a povere e incerte poesie di due degh stessi copisti, Antonio e Lodovico (queste di miglior fattura, ma tanto ricche di retorica quanto povere di contenuto), del notaio Massimo Grandi da Riva, che piu tardi Niccolo d'Arco rimproverera garbatamente di aver ripreso a poetare in tarda eta (?Intermissa, iterum cur, Maxi

me, carmina tentas - Atque, aetate gravis, mollia plectra moves? ?)

e di qualche altro come Antonio Zanoni, Pautore su cui la miscellanea dei Betta richiama maggiormente Pattenzione e Giovanni Lagarino, nato da famiglia parmense, stabilitasi ad Ala nella seconda meta del Quattrocento. Studio a Treviso, da dove datano, piu tardi (1496 99) parte dei suoi carmi, a Verona, a Roma. Dovette amare la sua

terra natale se voile conservarne, nel suo, il nome; ma essa non se

ne puo troppo lodare, perche il Lagarino, come appare dalle poesie edite dal Papaleoni (trentanove, in distici elegiaci, quasi tutti epi grammi) ̂ da Ovidio e da Marziale, suoi autori preferiti, seppe trarre larga vena di oscenita, ma nulla della loro arte: e solo qualche

parola commossa per la sua valle lontana. Ad Ala doveva essere

certamente, prete, nel primo decennio del Cinquecento; del 1507, ex Allano pago, e la sua elegia al vescovo di Trento, Giorgio di Neydeck (1505-1514), il precursore di Bernardo Clesio, che viene salutato:

Neidecher, urban a fulgens gravitate, Georgi, Gemma tridentini lucida, praesul, agri,

Qui regis excelsi sapienter eburna Tridenti

Sceptra, diu tanto praeside digna frui

e a lode del quale (? Cui Numa, cui cedit moribus ipse Cato... Te nihil hac unquam maius in urbe fuit?) \iene scomodato tutto Par mamentario mitologico-storico nei suoi tradizionali ingredienti: Tito, Traiano, Cambise, i Gracchi, Numa, Catone, Nestore, con Pinvocazione

24 Ma vedi anche, dello stesso Papaleoni, Un epitafio di Giovanni Lagarino in S. Marco di Rovereto, in ? Studi Trentini ?, 1934, pp. 154-5.

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Page 19: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

264 R. FRANCESCHINI

e Faugurio finale alia porpora cardinalizia: ?tonsaque purpureus

tempora cingat apex?. Cosi Iohannes Lagarinus sacerdos (e la fixma sotti i suoi carmi)

saluta il suo vescovo; mentre a Trento ancora non sono maturati i frutti della seminagione delPHinderbach, la valle Lagarina ha una sua voce: anche se e una povera voce di prete, in eui Fumanesimo

mostra i suoi aspetti deteriori. E rispettivamente da Stenico e da Riva erano venute poco

prima, (1505 e 1506) allo stesso Neydeck, la prosa oratoria di Gia como Mazzi, notaio, nella Oratio in primitiis inclyti praesulis Tri dentini, citata dal Bonelli ed oggi perduta, e quella di Paride Darda nio, il quale celebrera poco dopo, nello stesso modo, anche il succes

sors di lui, Bernardo Clesio (per cui scrisse pure una elegia, non giunta a noi).

Ma i veri rappresentanti delPumanesimo nel Trentino meridio

nale sono il conte Niccolo d'Arco (1479-1546) e il suo piu giovane amico Iacopo Vargnano (1510-1596): un aristocratico di larga cul tura, e un prete di campagna, che pare non si sia mai allontanato dalla sua terra.

Di Niccolo d'Arco (? ...tu, quern formosa suum vocat Archia

regem? cantera il Vargnano) e ben nota la vita (ma non sara

male ricordare che ebbe per madre Cecilia Gonzaga e per moglie Giulia Gonzaga). Paggio dapprima alia corte delPimperatore Fede rico III (f 1493), poi di Massimiliano (f 1519), ebbe la sua educazione a Pavia, dove conobbe il Pincio, Paolo Giovio, Matteo Bandello

(che gli dedichera una delle sue novelle), e pote farsi una vasta cul tura classica (comprendente la lettura di Virgilio, Catullo, Orazio, Lucrezio, Tibullo, Properzio). E doveva essere, se crediamo al Var

gnano, anche scienziato e conoscitore di opere greche: Seu Capriana tenet scrutantem arcana latent is

Naturae, et graium versantem scripta virorum...

Poi fu a Bologna, dove gli fu amico Marcantonio Flaminio e conobbe Bernardo Clesio, quindi a Padova e a Venezia. La sua vita divise fra la natia Arco e la villa di Cavriana, presso Solferino, amata e cantata come una seconda patria.

La poesia doveva avere nel sangue se gia vecchio (1542) costretto a lasciare Arco, affidava il suo dolore a versi di troppo palese imita zione classica: ? Cogimur antiquas sedes et dulcia tecta ?

linquere et extemas errando quaerere gentes ?. E fama grande di poeta egli ebbe presso i contemporanei, pur tenendo conto del motivo adtda

torio che falsa spesso ogni giudizio in un'eta cosi facile all'idolatria

piu acritica e piu servile.

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Page 20: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCORSO BREVE SULl/UMANESIMO NEL TRENTINO 265

Nel Vargnano (che lo canta << ...integemmum virum... nun

quam laudandum satis ? quern Musae nutriere in castissimo sinu

? quern mores ornant et augent scientiae ? e ancora ? o decus sum

mum patriae et senatus ? Archiae, splendorque domus nitentis ?)

parlano indubbiamente Fammirazione e Famieizia; ? molto letterato e poeta colto e soavissimo ? lo dice Matteo Bandeilo; piu in alto di tutti lo colloca lo Scaligero (1484-1558):

Ille decus Latii, patriae mellitus alumnus cuius honorata est Roma superba chely

Ne minori furono le lodi che ebbe dai posteri. Un giudizio sulla sua poesia si puo facilmente dare perche dei

suoi carmi, editi per la prima volt a a Mantova nel 1546, Fanno stesso della morte delPautore, e contro sua voglia, ad opera del Fruticeno, abbiamo un'edizione quasi completa curata da Zaccaria Betti e

stampata a Verona nel 1762 e i successivi supplementi del Papa leoni 25 e del Pranzelores 26, che ci fanno conoscere anche i ? car

mina ob verecundiam omissa? nelPedizione settecentesca.

La raccolta e intitolata Numeri (e forse il ricordo esplicito e in una delle poesie, IV, 20: ? Et vino et numeris iuvat ? dulci laeti tiae solvere pectora

- postquam prata rigent gelu

? hibema, et

fluvii sunt nive turgidi ? et gaudet stabulis pecus ?) e la Invocatio

operis, che nelPedizione di Verona appare alFinizio del quarto libro, ne dice gli intendimenti e i modelli:

Pontani manes, et docti sacra Catulli

Me sinite e vestro fonte levare sitim. Felices animae, vestigia sancta docete,

Atque ubi priscorum est orbita facta patrum: Audax ingrediar vestrum nemus, et pede dextro

Vos ego Parnassi per iuga celsa sequar. Este duces , et me sublimem attollite caelo,

Ut volitem aeterna laude per ora virum.

I temi sono molto varii: si passa dai carmi bucolici, che sono

senza dubbio la parte migliore della raccolta, e biografici (amori giovanili, soprattutto, e una lunga Naenia de morte matris in 84

esametri), a quelli in cui Padulazione non conosce limiti; dagli epi grammi violenti e licenziosi alle brevi nenie, ai poemetti, agli epilU, alle elegie. Non manca senza dubbio la padronanza del verso nei

25 S. Papaleoni, II codice Ashburnhamiano-Laurenziano delle poesie di Nicold d'Arco in ? Arch. Tr. ?, 1886, pp. 219 ss.

26 A. Pranzelores, Un nuovo manoscritto di poesie di N. d'A., in ? Tridentum ?, X, 1899, pp. 380 ss.

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Page 21: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

266 E. FRANCESCHINI

metri piu di versi, e la imitazione degli adorati classici spesso lascia

aperto il varco a voci intime, soprattutto la dove sono tema del canto

Pamicizia, gli affetti, Pamore della natura (le rive del Sarca e la Val

Rendena): manca cio che manca a quasi tutti gli umanisti, eccet

tuato forse il Pontano, la spontaneita: dote in verita diflicilissima per un mondo basato sulFartificio, nello sforzo vano di riportare alia vita un patrimonio di valori che appartenevano ormai soltanto alia

storia. Sotto questo giudizio va ricondotta e vagliata anche quella

larga vena di oscenita che e quasi obbligatoria alia poesia di ogni umanista; anatomia gelida, e per ogni uomo di buon gusto, ributtante, di corpi di donna turpemente svelati con manifesta compiacenza in volgari risate di versi latini.

Ma poiche un giudizio etico non puo essere confuso con un giu dizio estetico, e d'altra parte la materia oscena non innalza mai la

poesia, per le doti che in lui abbiamo notato, Niccolo d'Arco puo indubbiamente essere considerato un poeta umanista, il maggiore che abbia avuto il Trentino.

Del resto, proprio in lui e nella sua casa possiamo riscontrare la presenza di quel mondo di cultura, che non e fatto soltanto di opere scritte, proprio del periodo rinascimentale. Per esempio la parteci pazione delle donne di casa d'Arco al movimento culturale: si ricor

dano Dina, sorella di Niccolo, e la figlia di lei Isabella, entrata poi sposa in casa Madruzzo; e due figlie dello stesso Niccolo, Emilia e Livia, con la figlia Violante, poi sposa ad un Lodron.

Non che abbiano scritto molto: ma per le donne, come per i re, la letteratura non ha grandi pretese per accoglierle nelle pagine della sua storia.

Quanto ai pittori archesi del sec. XVI (anche questo e un ele

mento che merita considerazione) basti rimandare agli studi non

troppo antichi del Bartolotti (? Studi Trentini?, 1938, pp. 68 ss.) e del Weber (? Atti S.I.P.S. ?, 1931, e ? Studi Trentini?, 1927).

Ritornando alia poesia, al centro di Arco possono essere ricon dotte anche le due uniche voci che ci vengono da Stenico: quella di Giacomo Mazzi, gia ricordato, notaio (fca 1530), autore, oltre che di una giovanile elegia in febrem (trascritta nella copertina dell'in cunabolo 248 della Comunale di Trento: non piu di uno stentato balbettamento in versi: ? Quid tibi laudis eris iuvenem si viceris aegrum ?et fueris tantae maxima causa necis??), di una oratio, ricordata dal Bonelli, recitata per Pelezione del vescovo Giorgio di Neydeck nel 1505; e quella dell'anonimo Claviger, la cui esistenza conosciamo solo da pochi versi direttigli dalPamico Niccolo d'Arco:

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DISCORSO BREVE SULl/lJMANESIMO NEL TRENTINO 267

Musae, Clavigero meo poetae vellem paucula verba nuntiare, ut se ferat ad suum sodalem

montanas Stenici domos relinquens.

Ma il poeta che pur nella sua umilta piu si awicina alTarte di Niccolo, ed e il piu trentino di tutti, perche pare (anche se la sua musa canta amici di Verona e di Brescia) che non abbia mai oltrepassato i confini segnati da Varignano sua patria (1510), da Isera (dove ri

mase, curato, dal 1527 al 1535), da Lomaso (1535-1561) e da Arco

(che lo vide canonico dal 1561 alia morte), e Iacopo Vargnano (1510 1596).

Studioso di filosofia, di teologia, di astronomia, il Vargnano e la classica figura del parroco di campagna autodidatta ed umanista: e la sua poesia, grazie a Dio, e almeno pulita.

Conserva il corpus dei suoi versi il codice autografo 1973 della Comunale di Trento (compilato fra il 1525 -

1542), dedicato a Cri stoforo Madruzzo, e intitolato Quodlibetum ?ideo ? cosi spiega l'au

tore stesso questo titolo strajio per una raccolta di poesie ?

quod cuiuslibet generis carmina diversasque musas fere in se contineat ?.

Aveva cominciato a poetare molto giovane (1525) dedicando al Clesio un poemetto di stretta imitazione virgiliana Ad beatam

Virginem et ad innocentes, che ebbe subito notevole risonanza. Ne

del resto pare si prolunghi oltre la giovinezza la sua opera poetica. Dedicando il Quodlibetum a Cristoforo Madruzzo non ancora ve

scovo (quindi prima del 1539) confessa:

Lusimus si quid tenui camoena,

vix et ad sacros latices sororum

quivimus nostros iuvenilis aevi

tendere gressus ...

Nos et in parva spaciamur umbra

compotes nullas subiisse lauros

et suis mixtos haederis corimbos

munera vatum,

Quae manu nostra nequeunt revelli

cespite ... (Bibl. Com. Trento, cod. 1973, p. 25)

E se osa sperare:

Forsan et pusthac dabimum camuenas

uberiores

Quae magis limam Veneris marito

Respuant sumptam ...

(ibid.)

non abbiamo testimonianze che la sua musa abbia cantato piii dopo il 1542.

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Page 23: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

268 E. FRANCESCHINI

Le maggiori lodi ebbe da Niccolo d'Arco, che ce lo descrive im merso nello studio anche nelFestate fervida, quaiido gli altri giocano alia palloncina o bevono:

... tremula deiectus in umbra

Cum solis fervet radiis ardentibus aestas, Dum ludunt aliive pila, cyathosque frequentant Discinti, aut celebrant convivia lauta nepotes Ludum ludentes ingratum ignobilis oti: Tu studio allectus, priscorum script a parentum Evolvis, quos religio prima sacravit ...

(Numeri, II, 24)

Con Pimmancabile adulazione si sente anche Paffetto in questo distico:

Harmoniae arte, fidis versuque eris aemulus Orphae: Post te his qui fuerint liqueris invidiam.

E la Pieve di Lomaso se lo tenga caro, perche i suoi abitanti si possono ben ritenere

Orbatos sine Vargnano, ut sine floribus arva Ut sine sole dies, ut sunt sine sidere noctes.

Parrebbe, sulla bocca di Niccolo, piuttosto il canto ad una dolce fanciulla che al giovane pievano di Lomaso.

Ma, a parte gli immancabili fiori della retorica e i fumi del re

ciproco incenso (cosi cari al mondo delFumanesimo), il Vargnano merita, almeno in parte, le lodi del nostro maggior poeta latino.

vero, come ha dimostrato lo Zanolini, che egli si accosta spesso troppo pedissequamente ai modelli (a Virgilio e a Ovidio, soprat tutto: meno a Lucrezio, a Properzio, a Catullo, a Orazio).

E sono anche awertibili, nel suo verso, durezza ed artificiosita di espressione, andamento qua e la faticoso che non sdegna il ri corso ai tibicines: elementi tutti indicatori di una chiara immatu rita artistica. Tuttavia nella semplicita dei temi, sia profani (il lago di Garda, il Sarca e le sue ninfe: ? Ninphae quae Sarcae colitis vaga flumina tuque

? Pan felix, ovium custos... ?, le barche vaganti

sulle onde ) sia sacri (come nei canti in onore della Vergine: ? Tu decus aeternum, magni tu splendor Olimpi... Tu caelum terramque regis, tu tartar a terres... Te genus omne vocat miserabile teque pre catur... ?), nella umanita delPispirazione, nella cura delle immagini, non mancano ne un onesto tentativo di ricerca poetica ne una per sonale adesione al canto.

Molto inferiore, indubbiamente, a Niccolo nella capacita di espres sione d'arte, il Vargnano ha tuttavia il merito di aver sempre tenuto lontano la sua musa dagli aspetti deteriori della poesia umanistica.

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Page 24: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

DISCOBSO BREVE SULl/UMANESIMO NEL TRENTINO 269

Con Niccolo e col Vargnano il centro di Arco raggiunge il punto piu alto del suo splendore. E produce anche, sul finire del secolo, quell9Ambrogio Franco (nato ad Arco nel 1559, laureato a Padova, conoscitore di latino, di greco, di ebraico, morto nel 1611) cui dob biamo una vasta opera in prosa, inedita, sulla storia della sua citta:

De arcensis castri fundatione. Con la quale siamo ormai alPestremo

limite cronologico consentito al nostro tema.

IV

Dopo questo esame analitico, e per quanto possibile completo, dei due centri di Trento e di Arco, non sara difficile raccogliere in

rapida sintesi alcune conclusioni generali:

a) il movimento umanistico e avvertibile nel Trentino con le note caratteristiche delPUmanesimo: rinato interesse per le huma nae litterae; imitazione dei classici, specialmente dei grandi poeti latini; ricerca e raccolta dei codici che ne contengono le opere; uso

di una lingua latina elegante; conoscenza dei metri piu varii; studio del greco; splendore d'arte e sfarzo di corti nel mecenatisiuo dei

principi;

6) Pumanesimo nel Trentino proviene, in tutti i suoi esponenti, dai grandi centri culturali dell9Italia settentrionale: Padova, Vene

zia, Verona, Mantova, Bologna, Pavia, Milano. Sono le citta verso

le quali, anche prima, ma soprattutto a partire da questo momento,

gravita Trento per i suoi bisogni culturali;

c) a paragone con la ricchissima produzione dei centri a cui e

legata, quella di Trento e molto tenue. Sembra quasi che il respiro largo delPUmanesimo nei centri delPalta Italia raggitmga a fatica e a rilento, con battiti assai lievi, la citta che lo Scaligero canta ? No

bilis italico quae prima urbs imminet orbi?;

d) contrariamente a quanto e stato afFermato da numerosi

studiosi trentini (soprattutto quando Paffermarlo costituiva dare una base storica a rivendicazioni patriottiche), nessuna colorazione

nazionalistica e riscontrabile nei firutti delPumanesimo in questa regione. E anche questo conferma il carattere internazionale della

concezione umanistica che, come era ritomata al latino al di sopra delle dovunque fiorenti lingue e letterature nazionali, cosi cercava di avere per confini il mondo al di sopra delle singole patrie.

Nelle poesie di Niccolo d'Arco le lodi e le adulazioni sono distri buite a chiunque, senza discriminazione, e il sensus patriae e assente;

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Page 25: DISCORSO BREVE SULL'UMANESIMO NEL TRENTINO

270 E. FRANCESCHINI

Iacopo Vargnano non ama i francesi (? Errant qui dicunt gallos non

posse potiri ?

Italia, tumulus namque erit ilia sui ?; e ancora: ? Su

perbe galle, qui nivosa montium ? male auspicatus, evolas cacu

mina... ?) ma le sue invettive restano nei temi comuni della poe sia epigrammatica; clie poi Bernardo Clesio in una lettera datata

da Bressanone il giomo prima (27 luglio 1539) della morte scriva a Federico Gonzaga, dtica di Mantova perche gli mandi un architetto ? che se ne intenda di fortezze ? per ridurre a miglior stato la ? nova

residentia ?, non e segno di italianita quanto piuttosto di mentalita rinascimentale: la stessa mentalita che nel castello del Buon Con

siglio a Trento ha dato prova di saper unire insieme gli elementi dell'arte italiana con talune fra le maggiori caratteristiche di

oltralpe. Nessun dubbio, naturalmente, che all'italianita del Trentino

abbia portato un notevoUssimo contributo il movimento umanistico e rinascimentale che proveniva, come si e visto, dai grandi centri delTItalia settentrionale; e fu dawero come se il mare padano si

fosse spinto con un fiordo tranquillo lungo la valle delPAdige e della Brenta. Ma cio avvexme al di fuori delle intenzioni dei centri di cul tura trentini che abbiamo esaminato, nei cui esponenti non e riscon

trabile il concetto antiumanistico di patria. Ci rimane ora da esaminare quali siano i motivi della tenuita

del movimento culturale in Trentino durante i secoli XV e XVI. Essi possono essere facilmente identificati in due fatti fra di loro interdipendenti: la poverta della regione e la mancanza in essa di un centro di studi superiori.

II Trentino e sempre stato una regione povera; e non parliamo delle valli 27, ma dei centri cittadini stessi nei quali si raccoglieva la vita culturale: Trento, Rovereto, Arco, Riva. Trento deve il suo

fiorire nei sec. XV-XVI alia presenza e alia politica dei vescovi principi, alia ripresa dei commerci con il sud e con il nord, alTope rosita industriosa dei suoi abitanti che lo Scaligero canta di intelli genza latina e di tenacia tedesca (? Romanum ingenium est, ani mus germanus...?), ma fu sempre una citta povera, al centro di valli ancora piu povere, spesso percosse dai flagelli della pestilenza e della fame. ? Mortui sunt in Tridento de sex personis quinque ?

87 Nel Sinodo del 1276 si descrivono, per esempio, le condizioni di quella che e attualmente Madonna di Campiglio; il vescovo Enrico II (1274-1289) concede ? quadraginta dierum indulgentiam ... facientibus eleemosinam fratribus et hospitali B. Mariae de Campeio, in desert is locis, ubi nullum bladum nec vinum seu aliquis fructus oritur, infra confines vallis Solis et Randenae... ut pauperes pascat, peregrinos et ad venas hospitaliter recipiat et nudos vestiat et alia caritatis opera exerceat?. (Arch, di Stato di Trento, capsa 83, n. 47).

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DISCORSO BREVE SULl/UMANESIMO NEL TRENT I NO 271

scrive, ad es., parlando della peste del 1348, il canonico trentino Giovanni da Parma (1348-1382).

A questa poverta va ricondotto il limitato fiorire di quei due

grandi strumenti di cultura che sono la scuola e la stampa. Per la

stampa, dopo le poehe opere edite fra il 1475 e il 1485, trascorrera un secolo ixitero prima di un fecondo ritorno; e per le stesse orazioni del Concilio si dovra far ricorso alia stamperia delPebreo Giacobbe di Davide Marcaria che lavora in Riva, fra il 1558 e il 1563, con il permesso di Cristoforo Madruzzo.

Sulla situazione delle scuole informano i lavori accurati di Si mone Weber (Maestri di grammatica a Trento, in ?Tridentum?,

1900, pp. 193 ss.; e poi in ? Studi Trentini? 1920); molti nomi dei

maggiori maestri della seconda meta del Quattrocento e della prima del Cinquecento (Zuan da Verona, Paolo da Mantova, Giacomo da

Reggio, ComeUo da Vicenza, Nestore da Milano) confermano che

siamo in zona di cultura veneto-lombarda, anche se non sono man

cati, ne prima ne dopo, maestri trentini 28, come quel Calepino Ca

lepini (1454) giureconsulto, che aveva aperto in citta una scuola di diritto molto frequentata, se Antonio Betta gli scrive ?non tu solus his studiis incumbere voluisti, verum etiam reliquis cupienti bus dilucidum iter praebuisti... semper honos nomenque tuum lau

desque manebunt... ? 29.

E una scuola superiore manco sempre a Trento, anche quando il suo sorgere sembrava essere maturo. Due tentativi ci furono, in

verita, ma entrambi fallirono. II piu interessante fu quello ad opera di Cristoforo Madruzzo, appoggiato da Ferdinando I, conte del Ti rolo, nel 1553. Ma la cittadinanza di Trento, raccolta a consiglio ?ad sonum campanae?, come di costume, alia proposta del vescovo

di creare uno ? studio generate et pleno ? rispose ad unanimita ? quod non necessarium et utile est quod iuventus tridentina in litteris exer

ceatur, sed potius in mercatura ? (G.B. Trener, Notizie sul progetto del card. Madruzzo d'erigere a Trento un ginnasio ed uno ?studio

generate et pleno ?, in ? Tridentum ?, III, 1900, pp. 10 ss.). Visione indubbiamente realistica di uno stato di cose che non

si presentava favorevole alle litterae: ma se da quattro secoli gli stu

denti trentini di humanae litterae si disperdono per le universita ita

liane, quasi sempre senza piu fare ritorno, la causa e in questo voto

unanime del 1553, uscito da una assemblea dei loro padri, raccolti a consiglio al suono della civica campana.

88 Nei 1488 e ricordata anche una ? magistra puellarum ?, fatto assai notevole (cfr. Weber). 89 Cfr. S. Weber, La cattedra di giurisprudenza a Trento, in ? Studi Trentini?, 1942, pp. 137-154.

La cattedra fu istituita dai consoli nei 1454, e fu tenuta con molto onore dai Calepini.

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272 E. FRANCESCHINI

Pochi decenni dopo falliva anche il tentativo, piu modesto, ma non meno generoso, del patrizio Innocenzo a Prato (nato nel 1554, console nel 1582, morto nel 1615), che esortava i consoli ad aprire a Trento una scuola con vasti orizzonti culturali 30, non solo ad istru

zione della gioventu trentina, ma anche per impedirne Pesodo verso

altri centri di cultura, motivo di disagio anche economico per tutta

la regione (cfir. Oberziner La libreria di un patrizio trentino nel sec. XVI, in ? Miscellanea A. Hortis ?, Trieste, 1910, I, 373 ss.).

Cosi, al centro di una regione povera, incapace di esprimere dal suo seno, per la sua stessa poverta, un grande centro di cultura, Trento dovette accontentarsi di vivere di luce riflessa. II suo uma

nesimo, come abbiamo visto, e la stessa osservazione va ripetuta per il centro di Arco, viene da Padova, da Venezia, da Verona, da

Mantova, da Pavia, da Bologna, da Milano.

Sono queste le citta cui e legata nei secoli XV e XVI la storia della cultura trentina.

Ne, da allora, la situazione e mutata piu: perche il Trentino ha

saputo valorosamente resistere, in epoca recente, al richiamo della cultura nordica: e ha mantenuto intatto, anche se spesso ne e stato e ne e malamente ricompensato, il volto della civilta latina.

Poca e tenue cosa, dunque, soprattutto se paragonato a quello delle maggiori citta italiane, PUmanesimo nel Trentino. Ma se po tessimo raccogliere in un volume ideale i nomi dei trentini che, esuli dal loro paese, lo hanno onorato in ogni tempo nelle lettere, nelle scienze, nelle arti, nella filosofia, il mondo conoscerebbe quanto feconda e

generosa sia stata e sia una terra povera e forte, che non esporta sol tanto legname e frutta, come e scritto nei manuaU di geografia, ma

anche uomini. A un siffatto volume potremmo dare veramente per titolo ? Umanesimo trentino ?: e sarebbe ben altra cosa che andare a rintracciare con fatica, come abbiamo fatto in queste pagine, le

espressioni e il volto delPUmanesimo storico nel nostro paese. E sarebbe capitolo essenziale di una nobile storia: quella di cui

da secoli scrive ogni giomo una pagina, con le sue valli, Trento, ?finis Italiae... sublime Tridentum?.

90 Prescrive, tuttavia, dalle scuole pubbliche ? i versi profani e lascivi, come li amatorii di Ovidio ?:

cfr. G. Steinmayr, Ovidio ml Trentino, in ? Studi Trentini?, XI, 1930, pp. 194-203.

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