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1 Diritto delle persone e delle relazioni familiari Note personali e sistema delle fonti. Joaquim Betriu Monclús Francesc Vega Sala Avvocati I.- Il contesto. II.- Il Diritto catalano. III.- Fonti del Diritto Civile Catalano. IV. Efficacia territoriale e personale del Diritto Civile Catalano. V.- Diritto della persona. VI.- Diritto delle relazioni familiari. VII.- Relazioni di convivenza di assistenza mutua. I.- Il contesto. Il Diritto Catalano è il diritto proprio di una popolazione di circa 7.500.000 di abitanti (7.412.194 nel censimento del giugno 2016), che vive su un territorio di una superficie di 31.968 Km2, e che costituisce una nazione che è conosciuta e identificata con il nome di Catalogna. Se la confrontiamo con altri stati europei, la Catalogna ha un numero di abitanti superiore a 24 stati e una superficie maggiore di 11. La Catalogna non ha soltanto un diritto proprio, ma anche una lingua propria (il catalano) che è parlato in Andorra, in una parte della Spagna, e anche in Italia, precisamente in Sardegna (Alghero), oltre a una cultura e una storia che risalgono alla caduta dell’impero romano. Quello che non ha la Catalogna è la personalità di Stato, dunque è una nazione senza uno stato proprio e, quindi, nella divisione politica amministrativa delle nazioni, vi figura facendo parte di un altro Stato, che come tutti sapete è la Spagna. Tutto questo è la conseguenza di vicende storiche nelle quali non entreremo. Nella terminologia politica-amministrativa imperante nel diritto costituzionale spagnolo, la Catalogna costituisce una “Comunità Autonoma” (equivalente alle Regioni italiane) all’interno dello Stato Spagnolo, e così è riconosciuto negli artt. 2 e 137 della Costituzione Spagnola, e nell’art. 1 dello Statuto d’Autonomia della Catalogna, che è la sua norma istituzionale di base (art. 1 EAC). Come tutti sappiamo, la Spagna fa parte, come l’Italia, dell’Unione Europea. Tuttavia, bisogna far notare che, mentre gli Stati dell’Unione Europea sono strutturati su un ordinamento giuridico di tipo unitario, vale a dire, che le leggi sono le stesse in tutto lo Stato, la Spagna è un’eccezione, poiché, per ragioni storiche, possiede vari ordinamenti giuridici, che corrispondono alle varie Comunità Autonome, anche se non tutte le Comunità Autonome hanno un ordinamento giuridico proprio, e quelle che ce l’hanno, non ce

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Diritto delle persone e delle relazioni familiari

Note personali e sistema delle fonti.

Joaquim Betriu Monclús

Francesc Vega Sala Avvocati

I.- Il contesto.

II.- Il Diritto catalano.

III.- Fonti del Diritto Civile Catalano.

IV. Efficacia territoriale e personale del

Diritto Civile Catalano.

V.- Diritto della persona.

VI.- Diritto delle relazioni familiari.

VII.- Relazioni di convivenza di

assistenza mutua.

I.- Il contesto.

Il Diritto Catalano è il diritto proprio di una popolazione di circa 7.500.000 di abitanti

(7.412.194 nel censimento del giugno 2016), che vive su un territorio di una superficie

di 31.968 Km2, e che costituisce una nazione che è conosciuta e identificata con il

nome di Catalogna. Se la confrontiamo con altri stati europei, la Catalogna ha un

numero di abitanti superiore a 24 stati e una superficie maggiore di 11.

La Catalogna non ha soltanto un diritto proprio, ma anche una lingua propria (il

catalano) che è parlato in Andorra, in una parte della Spagna, e anche in Italia,

precisamente in Sardegna (Alghero), oltre a una cultura e una storia che risalgono alla

caduta dell’impero romano. Quello che non ha la Catalogna è la personalità di Stato,

dunque è una nazione senza uno stato proprio e, quindi, nella divisione politica

amministrativa delle nazioni, vi figura facendo parte di un altro Stato, che come tutti

sapete è la Spagna. Tutto questo è la conseguenza di vicende storiche nelle quali non

entreremo.

Nella terminologia politica-amministrativa imperante nel diritto costituzionale

spagnolo, la Catalogna costituisce una “Comunità Autonoma” (equivalente alle

Regioni italiane) all’interno dello Stato Spagnolo, e così è riconosciuto negli artt. 2 e

137 della Costituzione Spagnola, e nell’art. 1 dello Statuto d’Autonomia della

Catalogna, che è la sua norma istituzionale di base (art. 1 EAC). Come tutti sappiamo,

la Spagna fa parte, come l’Italia, dell’Unione Europea. Tuttavia, bisogna far notare che,

mentre gli Stati dell’Unione Europea sono strutturati su un ordinamento giuridico di

tipo unitario, vale a dire, che le leggi sono le stesse in tutto lo Stato, la Spagna è

un’eccezione, poiché, per ragioni storiche, possiede vari ordinamenti giuridici, che

corrispondono alle varie Comunità Autonome, anche se non tutte le Comunità

Autonome hanno un ordinamento giuridico proprio, e quelle che ce l’hanno, non ce

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l’hanno con la stessa estensione. La Catalogna è la Comunità Autonoma che ha

l’ordinamento giuridico più ampio ed è l’unica ad avere un Codice Civile. Il giurista

deve prestare, pertanto, in ciascun caso, molta attenzione a quale sia la legge o

l’ordinamento giuridico applicabile.

II.- Il Diritto catalano.

Le prime forme di Diritto catalano sono nate in quella che, qualche autore ha definito

come la “notte gotica”, cullate dal “confusionismo feudale” e necessariamente

influenzate dalle caratteristiche del tempo, ma il Diritto catalano storico non si trova

propriamente raccolto fino alle “Constitucions” (anno 1495) che sono un riassunto

ordinato, secondo il criterio scientifico del tempo, di tutte le disposizioni applicabili.

La terza e ultima stesura delle “Constitucions” fu pubblicata nel 1704. Le vicende

politiche che, a partire dal 1714, ha vissuto la Catalogna e l’influenza del movimento

codificatore che ha prodotto il Codice Napoleonico (1804) furono la causa che non ci

sia stata una stesura del Diritto civile catalano fino al 1960.

Recuperata dalla Catalogna, nel quadro costituzionale spagnolo, la competenza per

“conservare”, “modificare” e “sviluppare” il Diritto Civile Catalano, l’attività legislativa

catalana ha passato da diverse fasi, culminando con la promulgazione del Codice Civile

Catalano, che prende la forma di Codice aperto.

III.- Fonti del Diritto Civile Catalano.

Il Diritto civile Catalano è costituito dalle disposizioni del Codice Civile Catalano,

dalle altre leggi del Parlamento Catalano in materia di diritto civile, dai costumi e dai

principi generali del diritto proprio. Il costume disciplina solo se non c’è la legge

applicabile. Le disposizioni del CCCat. costituiscono il diritto comune in Catalogna e,

pertanto, sono di tipo complementare per l’interpretazione di altre leggi catalane. La

giurisprudenza del Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna deve essere tenuta

conto per interpretare e applicare il Diritto Civile Catalano.

IV. Efficacia territoriale e personale del Diritto Civile Catalano.

Il diritto civile catalano ha competenza territoriale, fatto salvo le eccezioni che si

possono stabilire in ciascuna materia, e le situazioni che devono essere disciplinate

dallo statuto personale o da altre norme extraterritoriali e, di conseguenza, le

disposizioni del diritto civile catalano si applicano in via preferenziale su qualsiasi

altra.

Il “Titolo Preliminare” del “Codice Civile“ dello Stato e l’applicazione dei diritti delle

Comunità Autonome raccolte nel concetto di “veïnatge civil” (“residenza civile”).

Acquisiscono residenza civile di una certa Comunità Autonoma i figli di coppie che

hanno residenza civile in tale Comunità. Se alla nascita del figlio, i genitori hanno

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residenza civile diversa, il figlio acquisirà quella del genitore cui filiazione sia stata

determinata prima e, se simultanea, quella del luogo di nascita.

V.- Diritto della persona.

Il Diritto Catalano mette la persona fisica come perno centrale del suo ordinamento

civile e, di conseguenza, la personalità civile si acquisisce per nascita, nella linea di cui

all’articolo 7 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, adottata dall’Assemblea

Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, e ratificata dallo Stato Spagnolo il

30 Novembre 1990.

Può sorprendere l’abbondanza degli istituti di protezione della persona nel Diritto

Civile Catalano, perché a quelli tradizionali della tutela, affidamento, difensore

giudiziale, affidamento di fatto e protezione dei minori abbandonati, si devono

aggiungere quelli dei patrimoni protetti e dell’assistenza, quest’ultima a conseguenza

della maggior aspettativa di vita, e non solo per persone con disabilità bensì anche per

quelle bisognose di aiuto e guidato dal principio del rispetto della volontà e delle

preferenze della persona assistita, cosi come raccomandato dalla Convenzione sui

Diritti delle Persone con Disabilità, approvata a New York il 13 dicembre 2006.

VI.- Diritto delle relazioni familiari.

Il Codice Civile Catalano intitola il suo Libro II “Persona e famiglia” e nonostante la

pomposa dichiarazione che apre il Titolo dedicato alla Famiglia “La Famiglia gode della protezione giuridica stabilita dalla legge”, la verità è che la legge solamente

“protegge senza discriminazione le relazioni familiare derivate” di tre tipi di Famiglia:

Il “Matrimonio”, la “unione di fatto” e “ le famiglie monoparentali con i loro

discendenti”. Le altre famiglie non sono prese in considerazione dal legislatore

catalano.

Il matrimonio è definito come una comunità di vita, (senza fare riferimento

all’eterosessualità, ammettendo di fatto il matrimonio omosessuale) nella quale è stato

sostituito l’obbligo di fedeltà con l’obbligo di lealtà. Ogni matrimonio ha un regime

economico patrimoniale che, se non è stabilito dai coniugi, è soggetto formalmente al

regime di separazione dei beni, ma che in realtà, in caso di nullità, separazione o

divorzio, diventa di fatto un regime di comunione perché il coniuge che ha lavorato

per la casa o per l’altro coniuge, ha il diritto a una compensazione economica al

momento della liquidazione del regime. Il CCCat introduce i “prenupcial agreements”,

che non erano disciplinati dal diritto catalano, ma con tante precauzioni e cautele che

li rendono di fatto inutili.

Per quanto riguarda la “Unione di fatto”, bisogna far notare che questo istituto può

nascere anche contro la volontà degli interessati, dunque, oltre alla sua costituzione

espressa, il semplice decorso del tempo o la nascita di un figlio comune durante la

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convivenza, danno luogo alla sua esistenza. Quindi, la volontà degli interessati non è

prevalente.

Facciamo notare che il Codice Civile Catalano disciplina in modo specifico gli effetti

della nullità del matrimonio, del divorzio e della separazione matrimoniale, motivo

per cui le sue norme disciplinano queste procedure, e la giurisprudenza è espletata

dalla Camera Civile e Penale del Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna.

VII.- Relazioni di convivenza di assistenza mutua.

Nel Codice Civile Catalano, nel Libro Secondo “La persona e la famiglia”, si include

un ultimo Titolo IV “le relazioni di convivenza di assistenza mutua”, in cui si

stabiliscono diritti e obblighi quando due o più persone convivono in una stessa

dimora abituale condividendo, senza controprestazione economica e con volontà di

permanenza e assistenza mutua, le spese comuni o il lavoro domestico, o entrambe le

cose.

Essendo questa la prima conferenza, ci è sembrato necessario fare una spiegazione

generale del Diritto catalano, coscienti di che, facendo ciò, possiamo invadere le

tematiche dei Colleghi che si succederanno nell’esposizione delle altre conferenze.

Allo stesso tempo, speriamo di non essere stati troppo sintetici e che, quindi, la nostra

esposizione sia utile per questa giornata.

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Dret de les persones i de les relacions familiars

Notes pròpies i sistema de fonts.

Joaquim Betriu Monclús

Francesc Vega Sala Advocats

I.- L’entorn.

II.- El Dret de Catalunya.

III.- Fonts del Dret civil de Catalunya.

IV. Eficàcia territorial i personal del

Dret civil de Catalunya.

V.- Dret de la persona.

VI.- Dret de les relacions familiars.

VII.- Relacions convivencials d’ajuda

mútua.

I.- L’entorn.

El Dret Català és el dret propi d’una població de gairebé 7.5000.000 d’habitants

(7.412.194 en el cens de juny 2016), que viu sobre un territori de 31.968 Km2 de

superfície, i que constitueix una nació que és coneguda i identificada amb el nom de

Catalunya. Si la comparem amb els altres Estats d’Europa, Catalunya té més habitants

dels que tenen 24 Estats d’Europa i més superfície que la que tenen 11 Estats d’Europa.

Catalunya no solament té un dret propi, sinó que té una llengua pròpia (el català) que

també es parla a Andorra i a part d’Espanya, i que a Itàlia en té una mostra a l’illa de

Sardenya (Algher), una cultura i una història pròpies que s’inicien amb el

desmembrament del Imperi romà. El que no té Catalunya és la personalitat d’Estat,

doncs és una nació sense estat propi i, per tant, en la divisió política-administrativa de

les nacions, hi figura formant part d’un altre Estat. Aquest Estat del que forma part és

Espanya. Tot això és conseqüència de una sèrie de vicissituds històriques en les que no

hi entrarem.

En la terminologia política-administrativa imperant en el dret constitucional

espanyol, Catalunya constitueix una “Comunitat Autònoma” dintre del Estat espanyol,

i així es reconeix en els arts. 2 i 137 de la Constitució Espanyola, i en l’art. 1 del Estatut

d’Autonomia de Catalunya, que és la seva norma institucional bàsica (art. 1 EAC). Com

és sabut, Espanya forma part, igual que Itàlia, de la Unió Europea. Destaquem què,

mentre els Estats de la Unió Europea, estan estructurats sobre un ordenament jurídic

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de caràcter unitari, és a dir, que les lleis son les mateixes en tot l’Estat. Espanya en és

una excepció ja que, per raons històriques, té diversos ordenaments jurídics, que

corresponen a les distintes Comunitats Autònomes, encara que no totes les Comunitats

Autònomes tenen ordenament jurídic propi, i aquelles que el tenen, no el tenen en la

mateixa extensió. Catalunya es la Comunitat Autònoma que té l’ordenament jurídic

més ampli, i l’única que té un Codi Civil. El jurista té de fer, per tant, en cada cas,

molta atenció a quina es la llei o l’ordenament jurídic aplicable.

II.- El Dret de Catalunya.

Les primeres formes del Dret català, neixen en el que, algun autor en diu la “nit gòtica”,

bressolades pel confusionisme feudal i necessàriament influïdes per les

característiques d’aquella època, però el Dret català històric no es troba,

verdaderament recollit, fins les “Constitucions” (any 1495) que son un resum ordenat,

segons el criteri científic de l’època, de totes les disposicions aplicables. La tercera i

ultima recopilació de les “Constitucions” es va publicar en 1704. Les vicissituds

politiques que, a partir de l’any 1714, va viure Catalunya i la incidència del moviment

codificador que va produït el Codi de Napoleó (1804) van ser la causa de que no hi

hagués una compilació del Dret civil català fins l’any 1960.

Recuperada per Catalunya, en el marc constitucional espanyol, la competència per a

“conservar”, “modificar” i “desenvolupar”, el Dret civil de Catalunya, l’activitat

legislativa catalana va passar per diverses fases, i culmina amb la promulgació del Codi

Civil de Catalunya que pren la forma de Codi obert

III.- Fonts del Dret civil de Catalunya.

El Dret civil de Catalunya és constituït per les disposicions del Codi Civil de Catalunya,

les altres lleis del Parlament Català en matèria de dret civil, els costums i els principis

generals del dret propi. El costum regeix només si no hi ha llei aplicable. Les

disposicions del CCCat. constitueixen el dret comú a Catalunya, i per tant, són de

caràcter supletori per l’interpretació de les altres lleis de Catalunya. La jurisprudència

del Tribunal Superior de Justícia de Catalunya s’ha de tenir en compte per interpretar

i aplicar el Dret Civil de Catalunya.

IV. Eficàcia territorial i personal del Dret civil de Catalunya.

El dret civil de Catalunya té eficàcia territorial, sens perjudici de les excepcions que es

puguin establir en cada matèria, i de les situacions que s’hagin de regir per l’estatut

personal o altres normes d’extraterritorialitat i, en conseqüència, les disposicions del

dret civil de Catalunya s’apliquen amb preferència a qualsevol altres.

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El “Titulo Preliminar” del “Código Civil“ del Estado estableix l’aplicació del drets de

les Comunitats Autònomes recolzant-se en el concepte de “veïnatge civil” (“vecindad

civil”). Tenen veïnatge civil d’una determinada Comunitat Autònoma els nascuts de

pares que tenen el dit veïnatge civil. Si al néixer el fill, els pares tenen diferent veïnatge

civil, el fill tindrà el que correspongui a aquell dels progenitors del que s’hagi

determinar primer la filiació i, en el cas de ser simultània, el del lloc de naixement.

V.- Dret de la persona.

El Dret Català col·loca la persona física en l’eix central del seu ordenament civil i, en

conseqüència, la personalitat civil s’adquireix pel naixement, en la línea del que

disposa l’article 7 de la Convenció sobre els Drets de l’Infant, adoptada per l’Assemblea

General de les Nacions Unides el 20 de novembre de 1989, i ratificada pel Estat

Espanyol el 30 de Novembre de 1990.

Pot estranyar l’abundància d’institucions de protecció de la persona en el Dret Civil

de Catalunya, doncs a les tradicionals de la tutela, la curatela, el defensor judicial, la

guarda de fet i la protecció dels menor desemparats si hi ha afegir els patrimonis

protegits i l’assistència, aquesta última con conseqüència de la major esperança de vida,

i ja no per persones amb incapacitat sinó necessitades de ajuda i guiada pel principi de

respectar la voluntat i les preferències de la persona assistida, tal i com preconitza la

Convenció sobre els Drets de les Persones amb Discapacitat, aprovada en Nova York

el 13 de desembre de 2006.

VI.- Dret de les relacions familiars.

El Codi Civil de Catalunya intitula el seu Llibre II “persona i família” i malgrat la

pomposa declaració que encapçala el Títol dedicat a la Familia de que “La Familia gaudeix de la protecció jurídica que determina la llei”, la cosa certa és que la llei

solsamènt “empara sense discriminació les relacions familiars derivades” de tres tipus

de Família: El “Matrimoni”, la “convivència estable en parella” i “ les famílies formades

per un progenitor sol amb els seus descendents”. Les altres famílies no compten pel

legislador català.

El matrimoni es defineix com una comunitat de vida, (sense fer referència a la

heterosexualitat, per la qual cosa admet el matrimoni homosexual) en la que s’ha

substituït l’obligació de guardar-se fidelitat per la de guardar-se lleialtat. Tot

matrimoni té un règim econòmic matrimonial i si no és establert pels cònjuges queden

sotmesos a un règim, formalment dit règim de separació de béns, però que en realitat,

en cas de nul·litat, separació o divorci del matrimoni, esdevé en un règim de

participació perquè el cònjuge que ha treballat per la casa o per l’altre cònjuge, té el

dret a una compensació econòmica en el moment de liquidar el règim. El CCCat

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introdueix els “prenupcial agreements”, que no estaven regulats en el dret català, però

amb tantes precaucions i cauteles que els fa inútils.

A destacar en la “Convivència estable en parella” que aquesta institució pot néixer en

contra de la voluntat dels interessats, doncs, amés de la seva constitució expressa, el

simple decurs dels temps, o el naixement d’un fill comú durant la convivència, dona

lloc a la seva existència. Així, doncs, la voluntat dels interessats no és prevalent.

Posem de manifest que el Codi Civil de Catalunya regula de manera especifica els

efectes de la nul·litat del matrimoni, del divorci i de la separació matrimonial, per quin

motiu les seves normes regeixen en aquest procediments, i la jurisprudència la crea la

Sala Civil i Penal del Tribunal Superior de Justícia de Catalunya.

VII.- Relacions convivencials d’ajuda mútua.

En el Codi Civil de Catalunya, dins el Llibre Segon “La persona i la família”, s’inclou

un darrer Títol IV “les relacions convivencials d’ajuda mútua”, en que s’estableixen

drets i obligacions, quan dues o més persones conviuen en un mateix habitatge

habitual i que comparteixen, sense contraprestació i amb voluntat de permanència i

d’ajuda mútua, les despeses comunes o el treball domèstic, o ambdues coses.

En ser aquesta la primera ponència, ens ha semblat necessari fer el plantejament

general del Dret català, conscients de que, fent això, podíem envair la temàtica dels

Companys que ens succeiran en l’exposició de les restants ponències. Al mateix temps

esperem no haver deixat massa curt en nostre tema. Esperem no haver caigut en cap

dels dos defectes i que, en conseqüència la nostra exposició sigui profitosa per aquesta

Jornada.

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Le famiglie e il diritto.

Varie forme giuridiche di relazioni familiari in Catalogna.

José Antonio García

Avvocato

Il presente studio analizza le varie forme di organizzazione familiare contemplate con

maggiore o minore estensione dal Libro II, Codice Civile Catalano (CCCat.), approvato

dalla Legge 25/2010, del 29 luglio.

La legislazione parte dal modello tradizionale di organizzazione che sta alla base del

nostro diritto, il MATRIMONIO cui natura giuridica è analoga a quella disciplinata in

Italia, per poi trattare gli aspetti più rilevanti della regolamentazione dell’unione di

fatto, che viene definito come un modello di famiglia (231-1 CCCat.) diverso dalla

famiglia tradizionale, dal quale il legislatore deduce conseguenze diverse.

L’art. 234-1 CCCat. precisa la nozione di UNIONE DI FATTO, intendendola come l’unione

tra due persone che convivono in una comunità di vita analoga a quella matrimoniale

e, dato tale presupposto di convivenza, dispone di tre casi alternativi per la sua

costituzione: il primo basato su una convivenza che dura da più di due anni; il secondo

sulla presenza di un figlio in comune durante la convivenza; e, la terza, con la

formalizzazione della relazione mediante atto notarile.

La proclamazione del concetto legale di unione di fatto è accompagnata dalla

contestuale individuazione delle persone escluse dalla stessa e, quindi, non potranno

formare una coppia di fatto i minori non emancipati, i parenti in linea retta o

collaterale fino al secondo grado, le persone sposate non separate di fatto, e coloro che

convivono in coppia con una terza persona (art. 234-2 CCCat.).

La regolamentazione del CCCat. non distingue tra le unioni di fatto eterosessuali e

quelle omosessuali.

Durante la convivenza, le relazioni dell’unione di fatto sono protette dalla libertà di

accordo, in modo tale che la legge elude la disciplina del regime giuridico dell’unione

durante la convivenza (art. 234-3.1 CCCat.) e non esige una forma determinata per gli

accordi di unione di fatto durante il periodo di convivenza. Per questo motivo, si

intende che tali accordi possono essere formalizzati in documento pubblico o privato

o incluso verbalmente, o essere dedotti dal comportamento dei membri della coppia,

essendo ammessi i taciti accordi (facta concludentia).

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In materia di disposizione della dimora utilizzata dalla coppia, si rimanda alla

regolamentazione matrimoniale, al fine proteggere la dimora familiare della coppia

(artt. 234-3.2 e 231-9 CCCat.).

È stato legiferato sulla possibilità dei conviventi di stipulare accordi di

“sopravvivenza”, rimandando alle norme stipulate per il matrimonio, in modo tale che

i conviventi, acquistando congiuntamente beni a titolo oneroso, possano convenire

che, in caso di morte di uno di essi, il convivente superstite diventi titolare del bene

(artt. 234-3.3 e 231-15 a 231-18 CCCat.).

La norma contempla altresì la possibilità dei conviventi di sottoscrivere accordi in

previsione di vista di un’eventuale cessazione della convivenza e, inoltre, di

concordare gli effetti della cessazione una volta concluso il rapporto di convivenza.

Per la sua regolamentazione si rimanda direttamente alla normativa matrimoniale in

materia (art. 234-5 CCCat.).

L’art. 234-4 CCCat. disciplina le cause di cessazione dell’unione di fatto e, come effetto

di tale cessazione, dispone la revoca dei poteri e dei consensi e, subito dopo, regolarizza

i restanti effetti di cessazione, in modo che:

a) In materia di affidamento dei figli e del regime di visite si rimanda direttamente ai

precetti matrimoniali in materia (art. 234-7 CCCat.), che si basano sul principio di

equiparazione tra i figli matrimoniali e quelli non matrimoniali, con la finalità di

evitare la discriminazione per nascita (art. 14 della Costituzione). Il rimando si

riferisce alla responsabilità genitoriale, al piano genitoriale, all’affidamento dei figli, ai

regimi di visita dei nonni e dei fratelli e alla supervisione delle visite in situazioni di

rischio (artt. da 233-8 a 233-13 CCCat.)

L’art. 234-8 CCCat. disciplina l’attribuzione o la distribuzione della dimora familiare

e della sua mobilia sotto l’egida della libertà di accordo e, in mancanza, stabilisce che

sarà a favore di chi abbia l’affidamento dei figli o, se l’affidamento è condiviso, sarà

distribuita a favore del convivente più bisognoso di protezione.

b) L’art. 234-9CCCat. stabilisce anche la possibilità di richiedere l’istituzione di un

assegno di mantenimento (di natura compensativa) e, l’art. 234-10 CCCat. quella di

un assegno alimentare.

È stabilito il diritto a una compensazione economica fondata sul fatto che uno dei

conviventi abbia lavorato sostanzialmente più per la casa oppure lo abbia fatto per

l’altro convivente senza retribuzione alcuna o con una retribuzione insufficiente, a

condizione che l’altro convivente abbia ottenuto un incremento patrimoniale

superiore durante il tempo della convivenza, cui calcolo è effettuato rimandando alle

prescrizioni matrimoniali in materia (artt. 232-6 e successivi CCCat.). Tale diritto è

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concesso anche per i casi di cessazione di unione di fatto a causa di morte di uno dei

conviventi.

E sono stabiliti degli assegni alimentari per coprire le necessità di sostentamento del

convivente che abbia visto ridotte le proprie possibilità di ottenere redditi a

consenguenza della convivenza o se gli è stato concesso l’affidamento di figli comuni

in modo da limitare le sue possibilità di ottenere entrate, cui natura (è puramente

alimentare e non compensativa) e portata (pagabile per un massimo di tre anni) è

minore di quella dell’assegno di mantenimento (di natura compensativa)

matrimoniale.

c) In caso di morte di uno dei conviventi in unione i fatto vengono riconosciuti

determinati diritti successori per rimando alle norme matrimoniali.

Una situazione trasversale al matrimonio e all’unione di fatto è l’esistenza di FAMIGLIE

RICOSTRUITE, che sono disciplinate in due precetti della normativa catalana.

L’Art. 236-14 del CCCat contiene previsioni rispetto ai poteri del coniuge, o

convivente in unione di fatto, del genitore sui figli minorenni di quest’ultimo di

partecipare alla presa di decisioni sui temi legati alla vita quotidiana; e l’art. 236-15

CCCat. stabilisce, a delle determinate condizioni, che, in caso di morte del genitore

che aveva l’affidamento esclusivo, l’altro genitore lo recupererà, e l’autorità

giudiziaria, con la relazione del pubblico ministero, può attribuire eccezionalmente

l’affidamento e le responsabilità genitoriali al coniuge o convivente in unione di fatto

del genitore deceduto.

Nell’ultima parte del libro II sono trattate le RELAZIONI DI CONVIVENZA PER MUTUA

ASSISTENZA, che l’art. 240-1 CCCat. definisce come relazioni esistenti quando due o più

persone convivono in una stessa dimora abituale condividendo, senza

controprestazione e con volontà di permanenza e assistenza mutua, le spese comuni o

il lavoro domestico, o entrambe le cose, e il suo regime giuridico è disciplinato dal

principio di libertà di accordo (art. 240-4 CCCat.), cui limite è l’assenza di danno a

terzi, ammettendo anche accordi in vista della cessazione della convivenza.

Le relazioni di convivenza per mutua assistenza possono essere costituite in atto

notarile o per il semplice fatto di aver trascorso due anni di convivenza (art. 240.3

CCCat.).

Il legislatore si occupa di disciplinare la cessazione anche di queste relazioni (art. 240-

5 CCCat.), cui cause legalmente contemplate si basano su (i) l’accordo di tutti i

conviventi, (ii) la volontà unilaterale di uno dei conviventi, (iii) la morte di uno dei

conviventi e, (iv) quelle pattuite dai conviventi. Come effetto della cessazione di

questa relazione di convivenza, si configura la revoca dei poteri eventualmente

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conferiti tra i conviventi e, altresì, gli effetti sulla dimora, differenziando se si tratta di

una dimora di proprietà o in affitto.

L’art. 240-7 CCCat. stabilisce che, nel caso di cessazione della convivenza per morte di

uno dei conviventi, se esistono determinate condizioni, i superstiti hanno diritto a un

assegno alimentare a carico degli eredi del de cuius, per un periodo massimo di tre

anni, e hanno diritto anche a conservare temporaneamente l’uso della dimora

variandone l’uso a seconda che si tratto di una dimora di proprietà o in affitto.

Infine, elenchiamo una serie di questioni che possono risultare interessanti per i

cittadini italiani che vivono in Catalogna o che vogliono convivere con un cittadino

residente in Catalogna:

1.- Matrimonio.

1.1.- Il matrimonio celebrato in Spagna tra cittadini di entrambi i paesi, per essere

valido in Spagna, deve essere celebrato necessariamente ai sensi della legge spagnola

(art. 49 CC), e non è valido il matrimonio consolare se uno dei contraenti è spagnolo.

1.2.- Il matrimonio celebrato in Spagna tra due cittadini italiani può essere celebrato ai

sensi della legge spagnola o italiana. È valido in Spagna il matrimonio consolare tra

due italiani.

È valido anche il matrimonio tra un cittadino italiano e un cittadino di una altro paese

conforme alle norme della legge personale del cittadino non italiano (ad esempio,

davanti al console di quest’altro paese).

1.3.- Il matrimonio di cittadini di entrambi i paesi celebrato in Italia è valido in Spagna.

1.4.- Il matrimonio omosessuale celebrato in Spagna tra cittadini di entrambi i paesi ha

piena validità in Spagna.

4.1.5.- Il matrimonio omosessuale celebrato tra due cittadini italiani ha piena validità

in Spagna, tuttavia, per contrarlo, almeno uno dei contraenti deve essere residente in

Spagna.

2.- Le unioni di fatto.

2.1.- Non sono di applicazione analogica a queste unioni le norme che disciplinano il

matrimonio.

2.2.-La costituzione di unioni di fatto di cittadini di entrambi i paesi deve verificarsi

necessariamente mediante atto notarile (Art. 234-1 c) CCCat.); non sono applicabili ai

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cittadini italiani gli art. 234-1 e 234-2 CCCat. che prevedono la costituzione di

un’unione di fatto per semplice convivenza o per la presenza di un figlio in comune.

2.3.- Una coppia di cittadini italiani che vivono in Catalogna può costituire un’unione

di fatto in modo volontario conforme alla legislazione catalana, purché almeno uno di

essi sia residente in Catalogna, stipulando un atto notarile (Art. 234-1 c) CCCat.).

Questo documento potrà essere iscritto al Registro Catalano delle Coppie di Fatto (art.

3 del Regolamento del Registro Catalano delle Coppie di Fatto).

Ha piena validità in Catalogna anche l’unione di fatto tra cittadini italiani costituita

davanti al Console d’Italia, che è particolarmente importante nel caso di coppie

omosessuali, in applicazione dell’art. 1-3 Legge 20 maggio 2016, n. 76. Questo

documento non potrà essere iscritto al Registro Catalano delle Coppie di Fatto poiché

non stipulato nella forma prevista dalla legislazione catalana.

Non sono applicabili alle coppie di cittadini italiani gli artt. del CCCat. che prevedono

la costituzione automatica di una coppia di fatto per semplice convivenza o per la

presenza di un figlio in comune.

3.- Sulle famiglie ricostruite.

Nel caso di una famiglia ricostruita di cittadinanza mista residente in Catalogna o una

famiglia ricostruita italiana residente abitualmente in Catalogna, è applicabile il

CCCat. (artt. 8, 61 e 62 del Regolamento (CE) 2201/2003 del 27 novembre (Bruxelles

II bis) e 111-3-1 CCCat).

4.- Sull’unione di convivenza di mutua assistenza.

4.1.- Non sono di applicazione analogica le norme sostanziali che disciplinano i

matrimoni, né quelle che disciplinano la coppia di fatto.

4.2.-Potrà essere costituita tra conviventi italiani o conviventi di cittadinanza mista

residenti in Catalogna, mediante il conferimento di atto notarile.

4.3.- Essendo un istituto giuridico non contemplato dalla normativa sulla famiglia

della UE, né da quella italiana, la validità degli accordi e gli effetti di queste unioni

sono disciplinati dal Regolamento Roma I sulla legge applicabile alle relazioni

contrattuali.

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Las familias y el derecho.

Diferentes formas jurídicas de las relaciones familiares en

Cataluña.

Supuestos de aplicación al ciudadano italiano.

José Antonio García

Abogado del Ilustre Colegio de Barcelona [email protected]

1.- Introducción. 2.- Formas de convivencia familiar

reguladas en la legislación catalana.

2.1- El matrimonio.

2.2.- Unión estable de pareja.

2.2.- Efectos colaterales al matrimonio y

a la unión estable de pareja: las familias

reconstituidas.

3.- Las relaciones convivenciales de ayuda

mutua.

4.- Cuestiones prácticas.

4.1.- Sobre el matrimonio.

4.2.- Sobre las uniones estables de

pareja.

4.3.- Sobre las familias reconstituidas.

4.4.- Sobre la unión convivencial de

ayuda mutua.

1.- Introducción.

La configuración del Derecho de Familia que se presenta en el Libro II del Código

Civil de Cataluña (CCCat.) se fundamenta en los principios que se contienen en la

Constitución española de 1978 (CE), en el Estatuto de Autonomía de Cataluña de 2006

(EAC), que se proyectan en los valores y principios que inspiran el ordenamiento civil

catalán (art. 111-2 del CCCat.).

De ellos se sigue la especial conformación jurídica del hecho familiar y de las

relaciones que se producen en torno a él en donde se aprecia su acomodo a los

conceptos y vivencias de la sociedad del siglo XXI.

En lo que respecta a la norma de regulación, en Cataluña se ha de tener en cuenta la

coexistencia de la normativa civil propia (el derecho civil catalán) junto a la normativa

estatal (derecho civil español), dado el reparto de competencias entre el Estado y la

Generalitat de Cataluña (arts. 149.1.8ª CE y 129 EAC). De la distribución de

competencias se sigue que existen determinadas materias que se comprenden en el

Derecho de Familia que aparecen reservadas en exclusiva al Estado, lo que obliga a

efectuar un listado a fin de que quede clara cuál es la norma jurídica que rige.

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El Libro II del CCCat. se erige en la norma básica de regulación de las relaciones de

familia, y en él se comprenden una parte de la regulación relativa al matrimonio y, de

forma total, la regulación de las uniones estables de pareja y las situaciones de

convivencia.

En nuestro ordenamiento jurídico no existe una noción cerrada de familia, ni tampoco

un único tipo de familia que se erija en modelo al que deba ajustarse el grupo social

merecedor de dicha denominación. El conjunto de personas que compone una unidad

de convivencia e intereses comunes se reconduce al concepto de familia si concurren

en aquél los datos que, en cada tiempo, identifica (califica) la sociedad como tal.

Esta indefinición inicial deriva no sólo de que constitucionalmente no existe una

determinación en este sentido, el art. 39 CE dispone los grandes principios que deben

regir en torno a la protección de la familia sin decantarse por un modelo concreto;

sino también de que se ha de producir la adaptación a la evolución paulatina que tiene

lugar en la sociedad.

En este sentido, el art. 231-1 CCCat, bajo el título heterogeneidad del hecho familiar

después de indicar que la familia goza de la protección jurídica que está dispuesta en

la ley, agrega que ésta ampara, sin ningún tipo de discriminación, las relaciones

familiares que se derivan de la existencia del matrimonio, de la convivencia estable en

pareja y de las familias que están formadas por uno de los progenitores y sus

descendientes (familia monoparental) y, acaba de perfilar, al reconocer que forman

parte de la familia, asimismo los hijos no comunes de los progenitores que convivan

con la pareja (familias reconstituidas).

El precepto indicado no hace sino recoger explícitamente alguno de los datos más

habituales que se han considerado, social y jurídicamente, con más o menos intensidad

según el momento y la política legislativa (pública: social, y privada) a la hora de

describir la familia, pero no implica una enumeración tasada. A los datos expresados,

para la descripción jurídica de lo que sea la familia es necesario agregar los que resultan

de las normas en las que se regulan las relaciones familiares y el hecho familiar.

2.- Formas de convivencia familiar reguladas en la legislación catalana.

2.1- El matrimonio.

El matrimonio es un vínculo jurídico entre dos personas que origina una comunidad

de vida entre los cónyuges, una situación jurídica en la que ambos gozan de los mismos

derechos y deberes y que les obliga a guardarse lealtad, ayudarse y prestarse mutuo

socorro (art. 231-2 CCCat).

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Los cónyuges tienen en el matrimonio los mismos derechos y deberes, especialmente

el cuidado y la atención de los demás miembros de la familia que estén a su cargo y

convivan con ellos, y deben compartir las responsabilidades domésticas.

La regulación actual del matrimonio deriva de la adaptación del modelo tradicional o

clásico a la realidad constitucional y civil, un modelo en el que mucho tuvo que ver la

caracterización y principios que formulaba la Iglesia Católica en el matrimonio canó-

nico.

El modelo de matrimonio vigente en la actualidad, se configura como una institución

civil, separada del modelo canónico o religioso (aunque se tenga en cuenta) y se trata

de una unión en la que, a diferencia del modelo tradicional, el sexo de los miembros

del matrimonio no es relevante (42 CC).

La normativa catalana actual regula otras dos formas de convivencia, la primera de

ellas es la unión estable de pareja y, la segunda, las relaciones convivenciales de ayuda

mutua, que vienen reguladas en el Libro II del CCCat., aprobado por la Ley 25/2010,

de 29 de julio, como otras fórmulas de convivencia diferentes a la matrimonial.

2.2.- Unión estable de pareja.

2.1.1.- El CCCat. regula la institución de la pareja estable y ha supuesto la derogación

de la Ley 10/1998, de 15 de julio, de Uniones Estables de Pareja (LUEP).

Como afirma el Preámbulo del Libro II, el fundamento de esta regulación es que «la

sociedad catalana, como otras del entorno, ha evolucionado y que las características

de las familias han cambiado sustancialmente en relación con las de la generación

inmediatamente anterior», de forma que formaliza relaciones de convivencia basadas

en realidades diferentes de la familia tradicional y, teniendo en cuenta que la

jurisprudencia constitucional (un ejemplo es la STC 184/1990), concluye que el

matrimonio y la convivencia de pareja estable no son situaciones equivalentes, por lo

que se otorga al legislador el margen de que, al regular el uno y la otra, pueda deducir

razonablemente consecuencias diferentes,

El art. 234-1 del CCCat. precisa la noción de pareja estable, entendiéndola como la

unión entre dos personas que conviven en una comunidad de vida análoga a la

matrimonial (tal comunidad de vida viene definida en el art. 231-2-1 CCCat. en la que

deben respetarse, actuar en interés de la familia, guardarse lealtad, ayudarse y prestarse

socorro mutuo) y dado tal presupuesto convivencial, se disponen tres supuestos

alternativos para su constitución: (i) una convivencia que dure más de dos años

ininterrumpidos; (ii) en la tenencia de un hijo en común durante la convivencia y; (iii)

la formalización de la relación de pareja mediante escritura pública.

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La proclamación del concepto legal de pareja estable viene coronada por la concreción

de las personas excluidas de la misma (art. 234-2 CCCat.), de forma que no podrán

formar una pareja estable (i) los menores de edad no emancipados; (ii) los parientes en

línea recta o colateral dentro del segundo grado; (iii) los casados y no separados de

hecho y (iv) aquellos que convivan en pareja con una tercera persona.

Durante la convivencia, las relaciones de la pareja estable se amparan en la libertad de

pactos, de forma que la norma elude regular el régimen jurídico de la pareja durante

la convivencia (234-3.1 CCCat.) y ello se justifica en el Preámbulo de la ley ya que

«que es muy difícil de armonizar con la gran variedad de situaciones que presenta esta

realidad», a lo que se ha de añadir además, que no se exige una forma determinada

para adoptar los acuerdos de la pareja estable durante el periodo convivencial, lo que

implica que estos se pueden plasmar en documento público o privado, pueden ser

verbales e incluso tácitos (facta concludentia).

En materia de la disposición de la vivienda familiar, se articula una remisión expresa

a la regulación matrimonial, con el fin de otorgar una total protección de la misma

(art. 234-3-2 CCCat.).

Se admite la posibilidad de que los convivientes puedan otorgar pactos de

supervivencia (también por remisión a las normas del matrimonio) comportando que

los convivientes en pareja, al adquirir conjuntamente bienes, pueden pactar en el

mismo título de adquisición que, cuando uno de ellos fallezca, el sobreviviente pase a

ser titular único de la totalidad del bien adquirido (art. 234-3-3 CCCat.).

La norma contempla la posibilidad de que los convivientes (por remisión también a la

normativa matrimonial), puedan suscribir pactos en previsión de la ruptura (art. 234-

5 CCCat.).

Asimismo, el CCCat. enumera las causas de extinción (i) por cese de la convivencia

con ruptura de la comunidad de vida, (ii) muerte o declaración de fallecimiento de

uno de los convivientes; (iii) matrimonio de cualquiera de los convivientes; (iv) de

común acuerdo de los convivientes formalizado en escritura pública; y (v) por

voluntad de uno de los convivientes notificada fehacientemente al otro (art. 234-4-1

CCCat.).

La extinción conlleva ex lege la revocación de poderes y consentimientos (art. 234-4-

2 CCCat.); implica el establecimiento de un régimen de guarda de los hijos y relaciones

personales (se articula una remisión a los preceptos matrimoniales), que viene referida

a la responsabilidad parental, el plan de parentalidad, el ejercicio y el régimen de la

guarda, las relaciones personales con otros familiares y la supervisión de las relaciones

personales en situaciones de riesgo; admite la atribución o distribución de la vivienda

familiar y el establecimiento de una compensación económica por razón de trabajo,

fundada en el hecho de que uno de los convivientes haya trabajado sustancialmente

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más para la casa o bien lo haya hecho para el otro conviviente sin retribución o con

retribución insuficiente, disponiéndose como condición que el otro conviviente haya

obtenido un incremento patrimonial superior durante el tiempo de la convivencia; y

el posible establecimiento de una prestación alimentaria, que se declara para cubrir las

necesidades de sustentación del conviviente que haya visto mermadas sus

posibilidades de obtener ingresos como consecuencia de la convivencia o si se le otorga

la guarda de los hijos comunes de tal forma que efectivamente le merme sus

posibilidades de obtener ingresos (arts. 234-7 y sgts. CCCat.).

2.1.2.- Si bien la inscripción de la pareja de hecho no es obligatoria, ni tiene eficacia

constitutiva, la Conselleria de Justicia de la Generalitat de Cataluña, por medio de la

Orden JUS/44/2017 de 28 de marzo (DOGC núm. 7341 de 31/03/2017), ha aprobado

el Reglamento sobre el Registro de las parejas estables en Cataluña.

Para su inscripción (i) si la existencia de la pareja deriva de la mera convivencia deberá

acreditarse esa convivencia misma a través de los certificados de empadronamiento;

(ii) si la existencia de la pareja deriva de la convivencia y la existencia de un hijo común

deberán acreditarse, por un lado, la convivencia a través de los certificados de

empadronamiento y además, el nacimiento del hijo a través del libro de familia o

certificado de nacimiento.

2.1.3.- Por otra parte, no podemos olvidar los derechos sucesorios del conviviente

supérstite donde, por remisión a las reglas del matrimonio, se produce un

reconocimiento para la pareja estable de derechos viudales familiares, que encuentran

su regulación en el Libro IV del CCCat., relativo a las Sucesiones, donde destaca la

equiparación sucesoria entre cónyuges y convivientes supervivientes anunciando su

Preámbulo que «el libro cuarto (...) con carácter general, asimila los derechos

sucesorios de los convivientes a los de los cónyuges, entendiendo que, a efectos de la

sucesión por causa de muerte, lo que es esencial es la existencia de una comunidad de

vida estable y los lazos de afecto entre quienes conviven como pareja, y no el carácter

institucional del vínculo que los une».

En tal sentido, si el conviviente premuerto ha fallecido con descendencia al

conviviente supérstite le corresponde el usufructo universal ab intestato, del que cabe

destacar su compatibilidad con los derechos viudales familiares relativos al ajuar de la

vivienda, aunque no con el derecho al año de viudedad, al quedar éste superado por la

universalidad del usufructo.

A su vez, se faculta al usufructuario para que conmute tal usufructo por la atribución

de una cuarta parte alícuota de la herencia y, además, el usufructo de la vivienda

familiar. En cambio, si el causante muere sin hijos u otros descendientes, la herencia

se defiere al conviviente superviviente conservando los padres del causante el derecho

a la legítima.

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Asimismo, se admite por el Libro IV que los convivientes en pareja estable puedan

celebrar pactos sucesorios.

2.1.4.- Si bien no es obligatorio resulta conveniente la inscripción de la pareja de hecho

que vive en Cataluña en el Registro de las parejas estables (i) para facilitar la

reclamación de derechos derivados de la ruptura (DA Quinta del Libro II): (ii) para

acceder a una pensión de viudedad (art. 221 del RDL 8/2015, de 30 de octubre, por el

que se aprueba el Texto Refundido de la Ley General de la Seguridad Social); (iii) a

efectos fiscales a fin de acreditar la existencia de la pareja de hecho ya que en todos

aquellos impuestos, así como en toda la normativa de servicios y prestaciones sociales

que dependen de la Generalitat de Catalunya la pareja de hecho está equiparada al

matrimonio; (iv) a efectos penales ya que el Código Penal sí reconoce el derecho de la

familia o de un tercero (conviviente o compañero en una pareja de hecho) a percibir

indemnizaciones en caso de fallecimiento y por los perjuicios materiales y morales

derivados, por ejemplo, de un accidente de tráfico; (v) para facilitar la obtención de

asistencia sanitaria, ya que se reconoce tanto al cónyuge como a la pareja con la que

conviva el titular del derecho, acreditar un periodo mínimo de convivencia de un año

con éste; (v) a efectos patrimoniales del Reglamento UE/2016/1104, por el que se

establece una cooperación reforzada en el ámbito de la competencia, la ley aplicable,

el reconocimiento y la ejecución de resoluciones en materia de efectos patrimoniales

de las uniones registradas, que entrará en vigor el 29 de enero de 2019; (vi) La Ley de

Arrendamientos Urbanos para poder optar a la subrogación del contrato de alquiler

exige una duración de la pareja de dos años o que exista descendencia (art. 16-1 b)

LAU); y (vii) Para obtener el permiso de residencia de ciudadanos extracomunitarios,

la consideración de pareja de hecho de ciudadano un español o residente en España

faculta, junto con otros requisitos, para obtener autorización de residencia en España

de un ciudadano extranjero.

2.2.- Efectos colaterales al matrimonio y a la unión estable de pareja: las familias

reconstituidas.

Una situación transversal al matrimonio a las uniones estables de pareja es la existencia

de familias reconstituidas, que se regulan en dos preceptos de la norma catalana.

Si bien la norma no realiza ninguna definición, de su contenido se deduce que gira en

torno a dos polos: la existencia de un nuevo matrimonio o de una unión estable de

pareja y la convivencia en este entorno de hijo o hijos de, al menos, uno de sus

miembros.

El Art. 236-14 del CCCat contiene previsiones respecto a facultades del cónyuge o

conviviente en pareja estable del progenitor sobre los hijos menores de éste. En este

caso, los requisitos son distintos y están pensados para familias reconstituidas en las

que uno o ambos miembros de la pareja aportan hijos menores tras su divorcio con los

que el otro miembro convive en los periodos en los que su progenitor tiene atribuida

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su guarda: Puede tratarse del cónyuge del progenitor pero también la pareja o

conviviente; no presupone que el otro progenitor o bien ha fallecido o bien ha sido

privado de su titularidad previamente, al contrario, el otro progenitor continúa en el

ejercicio y en la titularidad; no supone compartir el ejercicio sino un derecho a

participar en la toma de decisiones:

“1. El cónyuge o conviviente en pareja estable del progenitor que en cada momento tiene la guarda del hijo tiene derecho a participar en la toma de decisiones sobre los asuntos relativos a su vida diaria. 2. En caso de desacuerdo entre el progenitor y su cónyuge o conviviente en pareja estable prevalece el criterio del progenitor. 3. En caso de riesgo inminente para el menor, el cónyuge o conviviente en pareja estable del progenitor que tiene la guarda del hijo puede adoptar las medidas necesarias para el bienestar del hijo, de todo lo cual debe informar sin demora a su cónyuge o conviviente. Este debe informar de ello al otro progenitor”

Añade el Art. 236-15 CCCat. previsiones para la atribución de la guarda del hijo en

caso de muerte del cónyuge o conviviente en pareja estable:

“1. Si muere el progenitor que tenía atribuida la guarda de forma exclusiva, el otro progenitor la recupera. 2. La autoridad judicial, con el informe del ministerio fiscal, puede atribuir excepcionalmente la guarda y las demás responsabilidades parentales al cónyuge o conviviente en pareja estable del progenitor difunto si el interés del hijo lo requiere y se cumplen los siguientes requisitos: a) Que el cónyuge o conviviente del progenitor difunto haya convivido con el menor. b) Que se escuche al otro progenitor y al menor de acuerdo con lo establecido por el artículo 211-6.2. 3. El cónyuge o conviviente del progenitor difunto a quien no corresponda la guarda de acuerdo con el apartado 2, si el interés del hijo lo justifica, puede solicitar a la autoridad judicial que le atribuya un régimen de relación, siempre y cuando haya convivido con el menor durante los dos últimos años.”

3.- Las relaciones convivenciales de ayuda mutua.

Los antecedentes de la normativa actual los encontramos en el artículo 14 del Estatuto

de Autonomía de Cataluña (EAC) de 1932, el artículo 50 de la Constitución española

y el artículo 9.25 del EAC de 1979 y, en su antecesora Ley 19/1998, de 28 de diciembre

(LSCAM), que ha sido objeto de derogación por el CCCat.

El Preámbulo del Libro II del CCCat. indica que la finalidad de las relaciones

convivenciales de ayuda mutua es proteger y poner remedio a las dificultades propias

de la gente mayor, a pesar de que en el articulado únicamente exige la mayoría de edad

de los convivientes para constituir esta unión convivencial.

Estas uniones se constituyen cuando dos o más personas, que conviven en una misma

vivienda habitual y que comparten, sin contraprestación y con voluntad de

permanencia y de ayuda mutua, los gastos comunes o el trabajo doméstico, o ambas

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cosas, y se rige por los acuerdos que hayan estipulado o, en su defecto, por lo establecido

por el presente título (art. 240-1 CCCat.)

Pueden constituir una relación convivencial de ayuda mutua las personas mayores de

edad unidas por vínculos de parentesco en línea colateral sin límite de grado y las que

tienen relaciones de simple amistad o compañerismo, siempre y cuando no estén unidas

por un vínculo matrimonial o formen una pareja estable con otra persona con la que

convivan; el número máximo de convivientes, si no son parientes, es de cuatro (art.

240-2 CCCat.).

Las relaciones convivenciales de ayuda mutua pueden constituirse en escritura pública,

a partir de la cual tienen plena efectividad, o por el transcurso de un período de dos

años de convivencia (art. 240-3 CCCat.)

Las relaciones de convivencia no tienen en sentido estricto la consideración de familia;

pese a que en la regulación actual ha desaparecido la mención expresa que se contenía

en el art. 1 LSCAM en el que se indicaba que no se constituía "una familia nuclear".

La relación de convivencia que, tiene origen voluntario o factual, pese a que no alcanza

la condición jurídica de familia sí debe considerarse incluida en el ámbito del Derecho

de Familia, ya que afecta a la esfera personal de relación de la persona. Ha de notarse

que en lo referente a determinadas medidas y prestaciones sociales, el art. 3 LAF

considera situación equiparada a la familia la derivada de estas convivencias de ayuda

mutua.

El régimen jurídico de las relaciones convivenciales de ayuda mutua se rige por el

principio de libertad de pactos y tiene como único límite la ausencia de perjuicio a

terceros junto con las disposiciones imperativas del Código. La autonomía de la

voluntad también se incluye a los pactos en previsión de ruptura de la convivencia

(art. 240-4 CCCat.).

El legislador también se ocupa de regular la extinción de estas relaciones, cuyas causas

legalmente contempladas se basan en (i) el acuerdo de todos los convivientes, (ii) la

voluntad unilateral de uno de los convivientes, (iii) la muerte de uno de los

convivientes y, (iv) las pactadas de los convivientes.

Como efectos de la extinción de esta relación convivencial, se configura la revocación

de poderes que hubieran podido otorgarse entre sí los convivientes. Y, a su vez, los

efectos sobre la vivienda, diferenciándose si se trata de una vivienda en propiedad o

en arrendamiento.

En materia de relaciones convivenciales de ayuda mutua, es de destacar que el CCCat.

establece que, en el caso de extinción de la convivencia por defunción de uno de los

convivientes, el conviviente o convivientes que sobrevivan, que eran mantenidos total

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o parcialmente por el premuerto durante el año previo al fallecimiento y que no

tengan medios económicos suficientes para mantenerse, tienen derecho a una pensión

alimenticia, a cargo de los herederos de aquél, por un período máximo de tres años

(art. 240-7 CCCat.).

4.- Cuestiones prácticas.

A continuación, se expondrán una serie de posibles cuestiones que pueden plantearse

por parte de un ciudadano italiano que viva en Cataluña.

4.1.- Sobre el matrimonio.

4.1.1.- El matrimonio celebrado en España entre nacionales de ambos paises para ser

válido en España se ha de otorgar necesariamente conforme a la ley española (art. 49

CC), y se ha de destacar que no es válido el matrimonio consular si uno de los

contrayentes es español (art. 5-1-f del Convenio de Viena de 24 de abril de 1963 y

RRDGRN de 22 de febrero de 2012 o de 29 de septiembre de 2003).

4.1.2.- El matrimonio celebrado en España entre dos ciudadanos italianos se puede

celebrar conforme a la ley española o a la italiana (art. 50 CC), pudiendo celebrarse

también de cualquier forma reconocida en Italia y no en España. Es plenamente válido

en España el matrimonio consular entre dos italianos.

También será válido el matrimonio entre un ciudadano italiano y un ciudadano de

otro país conforme a las normas de la ley personal del ciudadano que no es italiano

(por ejemplo, ante el cónsul de ese otro país).

4.1.3.- El matrimonio mixto celebrado en Italia es válido en España siempre que sea

conforme a la ley italiana.

4.1.4.- El matrimonio homosexual celebrado en España entre ciudadanos italianos y

españoles tiene plena validez en España.

4.1.5.- El matrimonio celebrado entre dos homosexuales italianos tiene plena validez

en España, no obstante, para contraerlo, al menos uno de los contrayentes debe tener

fijado su domicilio en España, lo que implica poder demostrar que el centro de su vida

social, económica y personal se encuentra en este país.

4.2.- Sobre las uniones estables de pareja.

4.2.1.- Se ha de tener en cuenta que no ha entrado en vigor el Reglamento (UE)

2016/1104 del Consejo, de 24 de junio de 2016, por el que se establece una cooperación

reforzada en el ámbito de la competencia, la ley aplicable, el reconocimiento y la

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ejecución de resoluciones en materia de efectos patrimoniales de las uniones

registradas (entrará en vigor el 29 de enero de 2019).

4.2.2.- No son de aplicación analógica a las uniones estables de pareja ni las normas que

regulan el matrimonio, ni tampoco las normas de derecho internacional privado

españolas aplicables al matrimonio; sin perjuicio de que muchas situaciones de

conflicto puedan ser resueltas por otras normas de competencia judicial y derecho

aplicable que se determinará en cada caso según la reclamación concreta de que se

trate y las condiciones personales y de convivencia aplicables.

4.2.3.- Pareja registrada o formal (constituida mediante documento).

Al documento de constitución de uniones estables de pareja de nacionales de ambos

países otorgado en Cataluña le es de aplicación la legislación catalana al ser el lugar de

su otorgamiento, de forma que deberá de constituirse mediante el otorgamiento de

escritura ante notario (Art. 234-1 c) CCCat.), no bastando hacer una comparecencia

ante el encargado del Registro Civil español como ocurre en Italia con las uniones

estables homosexuales (Art. 1-3 Legge 20 maggio 2016, n. 76).

Una pareja de ciudadanos italianos que vivan en Cataluña también podrá constituirse

de forma voluntaria y firmar acuerdos de convivencia conforme a la legislación catalana,

siempre que al menos uno de los contrayentes tenga su domicilio en Cataluña,

otorgando una escritura ante notario (Art. 234-1 c) CCCat.). Este documento podría

inscribirse en el Registro de parejas de hecho de Cataluña (art. 3 del Reglamento del

Registro de parejas estables de Cataluña).

También tendría plena validez en Cataluña el documento de constitución de unión

estable de pareja entre italianos otorgado ante el cónsul de Italia, lo que es

particularmente importante entre parejas homosexuales, en aplicación del art. 1-3

Legge 20 maggio 2016, n. 76. Este documento no podrá inscribirse en el Registro de

parejas de hecho de Cataluña al no otorgarse de la forma prevista en la legislación

catalana.

4.2.4.- Pareja no registrada o informal (simple convivencia en pareja).

No son aplicables al ciudadano italiano que convive en Cataluña maritalmente con un

ciudadano/ciudadana catalana los arts. 234-1 y 234-2 CCCat. que prevén la

constitución automática de una pareja de hecho por la convivencia ininterrumpida de

2 años o por el hecho de tener un hijo común, al tratarse de una norma interna

aplicable sólo a parejas de hecho constituidas por dos ciudadanos catalanes.

Tampoco son de aplicación estos dos preceptos a la pareja de hecho constituida por dos

ciudadanos italianos que vivan en Cataluña los arts. 234-1 y 234-2 CCCat., al ser una

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norma interna de exclusiva aplicación a las parejas de hecho constituidas por

ciudadanos catalanes.

En este último caso, las relaciones familiares internas entre ambos convivientes

italianos les sería de aplicación la ley italiana, y si tiene relaciones patrimoniales entre

ambos, la ley aplicable al supuesto patrimonial de que se trate.

4.3.- Sobre las familias reconstituidas.

En el caso una familia reconstituida de nacionalidad mixta o una familia reconstituida

italiana que resida habitualmente en Cataluña, el cónyuge o conviviente en pareja

estable del progenitor que tenga la guarda del hijo menor, tiene derecho: (i) a participar

en la toma de decisiones sobre los asuntos relativos a su vida diaria ; y (ii) si muere el

progenitor que tenía atribuida la guarda de forma exclusiva la autoridad judicial, puede:

(ii.1) atribuir excepcionalmente la guarda y las demás responsabilidades parentales al

cónyuge o conviviente en pareja estable del progenitor difunto si el interés del hijo lo

requiere; y también (ii.2) si el interés del hijo lo justifica, puede solicitar a la autoridad

judicial que le atribuya un régimen de relación (arts. 16 y 17 CLH 1996 y 8, 61 y 62 del

Reglamento (CE) 2201/2003 de 27 de Noviembre (Bruselas II bis) y 111-3-1 CCCat).

4.4.- Sobre la unión convivencial de ayuda mutua.

4.4.1.- No son de aplicación analógica las normas sustantivas que regulan los

matrimonios, ni las normas que regulan la pareja de hecho, ni tampoco las relativas a

derecho internacional privado que regulan una y otra.

4.4.2.- Dada su peculiar naturaleza, tan sólo se podrá constituir entre convivientes

italianos o convivientes mixtos (italianos-catalanes) que vivan en Cataluña, mediante

el otorgamiento de escritura pública.

4.4.3.- Al ser una institución jurídica no contemplada en la normativa sobre familia de

la UE, ni en la italiana, a la validez de los pactos y efectos en estas uniones se aplicaría

el Reglamento Roma I sobre ley aplicable a relaciones contractuales.

A pesar de que el art. 240-7 CCCat. CCCat. establece que, en el caso de extinción de

la convivencia por defunción de uno de los convivientes, el conviviente o convivientes

que sobrevivan, que eran mantenidos total o parcialmente por el premuerto durante

el año previo al fallecimiento y que no tengan medios económicos suficientes para

mantenerse, tienen derecho a una pensión alimenticia, a cargo de los herederos de

aquél, por un período máximo de tres años, a esta pensión de alimentos no le sería de

aplicación el Reglamento (CE) 4/2009 del Consejo de 18 de diciembre de 2008 relativo

a la competencia, la ley aplicable, el reconocimiento y la ejecución de las resoluciones

y la cooperación en materia de obligaciones de alimentos, ya que el art. 1-1 del

Reglamento sólo se aplica a obligaciones de alimentos derivadas de una relación

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familiar, de parentesco, matrimonio o afinidad y en este caso su origen no es de tipo

familiar sino estrictamente contractual.

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Responsabilità genitoriale e tutela dei minori; misure di affidamento e

limitazioni della responsabilità genitoriale; abbandono e adozione.

Mª Pilar Tintoré Garriga

Avvocatessa

1.-Introduzione.

2.- Legislazione applicabile in

Catalogna.

3.- Potestà genitoriale.

3.1.- Sospensione della potestà.

3.2.- Privazione della potestà.

4.- Situazione di rischio.

4.1.-Concetto.

4.2.- Misure di protezione:

4.3.- Procedura.

5.- Dichiarazione di abbandono.

5.1.- Concetto.

5.2.- Effetti della dichiarazione di

abbandono.

5.3.- Misure di protezione.

5.4.- Procedura e decisione

amministrativa di dichiarazione di

abbandono.

6.- Capacità e procedura di adozione

7.- Novità nella procedura di adozione

internazionale

1.-Introduzione. In Spagna, con il fine di riportare in un testo normativo i principi contenuti nella

Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, nel 1996 è stata approvata la Legge Organica

sulla Protezione Giuridica del Minore (di seguito LOPJM). Nel 2015, la suddetta Legge

è stata modificata dalla legge Organica 8/2015, del 22 luglio, modificativa del sistema

di protezione dell’infanzia e dell’adoloscenza (LOMSPIA). Con la riforma sono state

introdotte modifiche necessarie nella legislazione spagnola per la protezione

dell’infanzia che permettono di continuare a garantire ai minori una protezione

uniforme in tutto il territorio spagnolo. Essendo la Spagna uno stato plurilegislativo,

su questa materia, in virtù del comma 1.20ª dell’articolo 148 della Costituzione

Spagnola, le Comunità Autonome (equivalenti alle Regioni italiane) possono assumere

attraverso i propri Statuti di Autonomia poteri legislativi riguardanti “l’assistenza

sociale”.

2.- Legislazione applicabile in Catalogna.

• Legge 14/2010, del 27 maggio, sui diritti e sulle opportunità dell’infanzia e

dell’adolescenza (di seguito, LDOIA).

• Legge 25/2010, del 29 luglio, del libro secondo del Codice Civile Catalano, relativo

alla persona e la famiglia (di seguito, CCCat.). La potestà genitoriale è raccolta nei

precetti del Capitolo VI, del Titolo III del libro secondo.

3.- Potestà genitoriale.

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Con il termine potestà genitoriale si intende l’insieme dei diritti e dei doveri attribuiti

ai genitori sui figli minori non emancipati, atti a garantire l’adempimento delle

responsabilità genitoriali che la legge assegna loro, e mediante le quali si produce la

protezione integrale dei figli e il libero sviluppo della loro personalità. Se non è

possibile affidare la suddetta responsabilità ai genitori, entrano in gioco gli istituti di

tutela e protezione.

3.1.- Sospensione della potestà.

La sospensione della potestà è l’esclusione di uno o di entrambi i genitori dall’esercizio

della totalità o di parte del contenuto della stessa. In generale, la sospensione riguarda

l’esercizio della potestà e con la cessazione della causa che ha originato tale

sospensione, avviene il recupero della stessa; tuttavia, in determinati casi, la

sospensione può essere l’anticamera di una privazione della potestà, quando è

conseguenza di una situazione di abbandono del minore. La sospensione può avvenire:

1. Nei casi in cui, provvisoriamente, la potestà, o determinate funzioni di

quest’ultima, sia esercitata da uno dei genitori in esclusiva. Questo può

avvenire come conseguenza di accordi tra essi e/o per impossibilità, assenza o

disabilità di uno dei genitori. Inoltre, quando esistono disaccordi tra i genitori,

sia occasionali che reiterati. Inoltre, nei casi nei quali è previsto da una

sentenza di separazione, divorzio o nullità.

2. Quando, di fronte alla situazione di abbandono del minore, l’ente pubblico che

ha funzioni di protezione, assume funzioni tutelari sullo stesso. Questa

sospensione non esonera i genitori dall’obbligo di dover prestargli assistenza e

alimenti in senso lato.

3. Per quanto riguarda le situazioni personali tra i figli, i genitori, gli altri parenti

(nonni, fratelli) e persone vicine, l’autorità giudiziaria può negare o sospendere

e/o variare le modalità dell’esercizio, se questi non adempiano i loro doveri, se

la relazione pregiudica l’interesse del minore o in caso di giusta causa, come

nei casi di abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psichici, o nei casi in cui i

minori siano vittime dirette o indirette di violenza domestica o di genere.

3.2.- Privazione della potestà. La privazione della potestà è l’esclusione dei genitori dalla loro titolarità e dal suo

esercizio per la presenza di una delle cause previste dalla legge. Sono cause di

privazione della potestà:

a) L’inadempimento grave o reiterato dei doveri che spettano ai titolari della

potestà. Esiste inadempimento grave se il figlio minorenne o incapace subisce

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abusi sessuali o maltrattamenti fisici o psichici, o se è vittima diretta o indiretta

di violenza domestica o di genere.

b) La mancanza di interesse per il minore e l’inadempimento del regime di visite

per sei mesi, senza un giusto motivo, nei confronti del minore abbandonato.

Tuttavia, la natura permanente della privazione della potestà (rispetto a quella

provvisoria della sospensione) esige, sempre, una procedura e una risoluzione

giudiziale che stabilisca ciò. La privazione può essere dichiarata:

a) Con sentenza definitiva, in processo civile ordinario intrapreso con tale

finalità.

b) Con una sentenza penale quando il reato comporti l’imposizione di questa pena

(È l’inabilitazione di cui parla la norma penale).

c) Con una sentenza derivante da un processo matrimoniale; sono le procedure

di nullità, separazione e divorzio.

Sono legittimati per richiedere la privazione della potestà dei figli soggetti, i genitori,

i parenti dei figli fino al quarto grado di consanguineità o secondo di affinità e il

Pubblico Ministero. Nel caso dei minori abbandonati, l’ente pubblico competente. La

privazione, in nessun caso esime i genitori dall’obbligo di assistenza dei figli minori né

dall’obbligo di prestargli alimenti in senso lato. La privazione termina solo quando,

cessata la causa che l’ha provocata, il giudice dichiara il recupero della potestà e, se del

caso, quella del suo esercizio, per la quale deve sempre tenere conto del beneficio e

dell’interesse del figlio.

4.- Situazione di rischio. Le situazioni di rischio e l’abbandono costituiscono casi di entità sufficiente per

attivare il sistema pubblico di protezione dei minori. In entrambi i casi, il minore si

trova in una situazione di vulnerabilità che, come vero titolare dei diritti, deve cercare

di evitare o lenire.

4.1.-Concetto. L’articolo 17.1 LOPJM definisce la situazione di rischio come: “quella in cui, a causa

di circostanze, carenze o conflitti familiari, sociali o educativi, il minore si vede

pregiudicato nel suo sviluppo personale, familiare, sociale o educativo, nel suo

benessere o nei sui diritti in modo che, senza raggiungere l’entità, l’intensità o la

persistenza che giustificherebbe la sua dichiarazione di abbandono e l’assunzione

dell’affidamento da parte delle autorità, sia necessario l’intervento

dell’amministrazione pubblica competente, per eliminare, ridurre o compensare le

difficoltà o il disadattamento che lo riguardano ed evitarne l’abbandono e l’esclusione

sociale, senza dover essere separato dal suo ambiente familiare”.

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La legge Catalana, nel suo art. 102.2 LDOIA, indica in un elenco aperto i casi che

costituiscono situazioni di rischio a effetti legali:

a) La mancanza di assistenza fisica o psichica del bambino o dell’adolescente da

parte dei genitori o chi ne fa le veci, che comporti un danno lieve per la salute fisica o

emozionale del bambino o dell’adolescente.

b) La difficoltà grave per fornire un’adeguata assistenza fisica e psichica al bambino

o all’adolescente da parte dei genitori o chi le fa le veci.

c) L’utilizzo, da parte dei genitori o chi ne fa le veci, della punizione fisica o

emozionale sul bambino o sull’adolescente che, senza costituire un episodio grave o

un modello cronico di violenza, ne pregiudichi lo sviluppo.

d) Le carenze che, per non potere essere adeguatamente compensate nell’ambito

familiare, né promosse da questo stesso ambito per il loro trattamento mediante i

servizi e risorse normalizzate, possono scaturire in emarginazione, disadattamento o

abbandono del bambino o dell’adolescente.

e) La mancanza di scolarizzazione in età obbligatoria, l’assenteismo e l’abbandono

scolastico.

f) Il conflitto aperto e cronico tra i genitori, separati o meno, quando antepongono

le loro esigenze a quelle del bambino o dell’adolescente.

g) L’incapacità o l’impossibilità dei genitori o chi ne fa le veci di controllare la

condotta del bambino o dell’adolescente che provochi un pericolo evidente di farsi del

male o di farlo a terze persone.

h) Le pratiche discriminatorie, da parte dei genitori o chi ne fa le veci, contro i

bambini o i giovani, che comportino un danno per il loro benessere e per la loro salute

mentale e fisica, compreso il rischio di subire l’ablazione o la mutilazione genitale

femminili o la violenza esercitata contro di loro.

i) Qualsiasi altra circostanza che, in caso di persistenza, possa evolversi e scaturire

nell’abbandono del bambino o dell’adolescente.

4.2.- Misure di protezione:

Le misure di assistenza sociale ed educativa che possono stabilirsi dopo la valutazione

della situazione di rischio sono stabilite, a mo’ di elenco aperto, nell’art. 104 LDOIA.

Queste misure sono di natura assistenziale ed educativa e possono rivolgersi sia ai

minori che alle loro famiglie.

Le misure che possono essere stabilite una volta valutata la situazione di rischio sono

le seguenti:

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a) L’orientamento, la consulenza e il sostegno della famiglia. Il sostegno alla

famiglia comprende le azioni di contenuto tecnico, economico o materiale volte a

migliorare l’ambiente familiare e rendere possibile la permanenza del bambino o

dell’adolescente nello stesso.

b) L’intervento familiare mediante la definizione di programmi socioeducativi per

i genitori o chi ne fa le veci con la finalità di fargli raggiungere capacità e strategie

alternative per la cura e l’educazione dei loro figli o del bambino o dell’adolescente

affidato.

c) L’accompagnamento del bambino o dell’adolescente nei centri educativi o in

altre attività, e il sostegno psicologico e l’assistenza allo studio.

d) Il sostegno a domicilio.

e) L’assistenza in un centro aperto e altri servizi socioeducativi.

f) L’assistenza sanitaria, che include l’intervento psicoterapeutico o il trattamento

familiare, sia per i genitori o chi ne fa le veci, che per il bambino o l’adolescente.

g) I programmi formativi per adolescenti che hanno abbandonato il sistema

scolastico.

h) L’assistenza personale per i genitori, o chi ne fa le veci, con diversità funzionale

che consenta loro di assumere i loro obblighi di cura e assistenza dei bambini e degli

adolescenti.

i) L’assistenza personale per i bambini e gli adolescenti con diversità funzionale

che consenta loro di superare la situazione di rischio.

j) Qualsiasi altra misura di natura sociale ed educativa che contribuisca alla

sparizione della situazione di rischio.

4.3.- Procedura.

Secondo la LDOIA, l’esistenza di una situazione di rischio non determina l’inizio di

una procedura formale che culmina con la dichiarazione di tale situazione, bensì che

mette in funzione l’intervento dei servizi sociale di base o, se del caso, dei servizi

specializzati –sempre a livello locale-. I servizi sociali valuteranno l’eventuale

situazione di rischio e prenderanno, in modo consensuale, le misure e le risorse di

assistenza sociale ed educativa con il fine di ridurre o eliminare la situazione di rischio,

se possibile, con la collaborazione dei genitori o chi ne fa le veci.

5.- Dichiarazione di abbandono.

5.1.- Concetto. La LDOIA considera in stato di abbandono i minori che si trovano di fatto in

situazione in cui manchino elementi elementari per lo sviluppo integrale della loro

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personalità (art. 105.1 LDOIA). Il legislatore catalano esemplifica mediante un elenco

aperto le situazioni ritenute costitutive di abbandono di cui l’articolo 105.2 LDOIA:

Sono casi di abbandono

a) L’abbandono.

b) I maltrattamenti fisici o psichici, gli abusi sessuali, lo sfruttamento.

c) I danni gravi al neonato causati da maltrattamento prenatale.

d) L’esercizio inadeguato delle funzioni di affidamento che comporti un pericolo

grave per il bambino o l’adolescente.

e) Il disturbo o l’alterazione psichica o la dipendenza dalla droga dei genitori o chi

ne fa le veci.

f) La somministrazione al bambino o all’adolescente di droghe, stupefacenti o

qualsiasi altra sostanza psicotropa o tossica.

g) L’induzione all’accattonaggio, alla delinquenza o alla prostituzione.

h) La disattenzione fisica, psichica o emozionale grave o croniche.

i) La violenza di genere o l’esistenza di circostanze nell’ambiente sociofamiliare del

bambino o dell’adolescente, quando pregiudichi gravemente il suo sviluppo.

j) L’ostruzione da parte dei genitori o chi ne fa le veci delle azioni di ricerca o

controllo, o la sua mancanza di collaborazione, quando questo comportamento metta

in pericolo la sicurezza del bambino o dell’adolescente, così come il rifiuto dei genitori

o chi ne fa le veci di partecipare all’esecuzione delle misure adottate in situazioni di

rischio, se ciò comporta la persistenza, la cronicizzazione o l’aggravamento di queste

situazioni.

k) Le situazioni di rischio che per il loro numero, evoluzione, persistenza o

aggravamento determino la privazione al bambino o all’adolescente degli elementi

base per lo sviluppo integrale della propria personalità.

l) Qualsiasi altra situazione di disattenzione o negligenza che attenti all’integrità

fisica o psichica del bambino o dell’adolescente, o l’esistenza oggettiva di altri fattori

che rendano impossibile il suo sviluppo integrale.

5.2.- Effetti della dichiarazione di abbandono.

Assunzione immediata e automatica delle funzioni tutelari sul minore da parte

dell’Ente pubblico. Sospensione della potestà genitoriale o dell’affidamento ordinario

e dei diritti derivanti, essendo autorizzato l’Ente Pubblico a privare i genitori, purché

giustificato, della potestà o per rimuovere l’affidatario dalla sua condizione.

5.3.- Misure di protezione.

Una volta dichiarato l’abbandono, l’Ente pubblico regionale adotterà le misure di

protezione che ritiene più adeguate all’interesse del minore. L’art. 120 LDOIA

contiene le misure che possono essere adottate:

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a) L’affidamento familiare semplice da parte di una persona o famiglia che possa

supplire, provvisoriamente, al nucleo familiare naturale del bambino o

dell’adolescente.

b) L’affidamento familiare permanente.

c) L’affidamento familiare in un’unità di convivenza con azione educativa.

d) L’affidamento in un centro pubblico o parificato.

e) L’affidamento preadottivo.

f) Le misure di transizione alla vita adulta e all’autonomia personale.

g) Qualsiasi altra misura di tipo assistenziale, educativo o terapeutico consigliabile,

secondo le circostanze del bambino o dell’adolescente.

La dichiarazione di abbandono e l’adozione di una misura di protezione non

impediranno la comunicazione, la relazione e le visite del minore con i suoi familiari,

salvo che l’interesse del minore ne consigli la limitazione o l’esclusione. Tuttavia, nel

caso in cui si opti per l’affidamento preadottivo, le relazioni con la famiglia biologica

dovranno essere annullate.

Queste misure possono essere contestate giudiziariamente, senza necessità di reclamo

amministrativo previo (art. 123.1 LDOIA), in sede civile e secondo quanto disposto

dall’art. 780 LEC.

5.4.- Procedura e decisione amministrativa di dichiarazione di abbandono. L’esistenza di una situazione di abbandono determina l’inizio di una procedura

formale che culmina con la dichiarazione amministrativa di tale situazione, sempre

tramite sentenza amministrativa. La procedura è disciplinata dagli artt. da 106 a 108

LDOIA.

In Catalogna l’istituto di protezione è la “Direcció General d´atenció a la Infancia i

l´adolescencia” (di seguito DGAIA), che ha funzioni decisionali, sia rispetto alla

dichiarazione di abbandono (art. 106 LDOIA), che rispetto all’adozione delle misure

di protezione. In questo senso, si prevede che l’avvio della procedura sia notificata ai

genitori, o chi ne fa le veci, del minore e che siano informati del loro diritto a

comparire nel procedimento, produrre perizie o altri elementi di prova, o presentare

le argomentazioni che ritengono opportune (art. 106.2 LDOIA). Altresì, è stato

conferito un ruolo rilevante al personale tecnico competente, le EAIA, durante la

procedura di abbandono, che è incaricato dell’elaborazione di una perizia precettiva

(art. 106.3 LDOIA). Dopo la redazione della suddetta perizia, si deve dare udienza e

far consultare il fascicolo ai genitori o chi ne fa le veci per un periodo di dieci giorni

(art. 106.5 LDOIA), e trascorso tale periodo, si dà per conclusa la procedura mediante

una decisione motivata che dichiara la situazione di abbandono o, in caso contrario,

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ordinando l’archiviazione del fascicolo. Per pronunciare la decisione,

l’Amministrazione dispone di un anno dall’avvio della procedura. Se ciò non avviene,

la procedura si intende decaduta, fatto salvo un suo nuovo avvio (art. 106.6 LDOIA).

Tuttavia, la LDOIA prevede una procedura semplificata di dichiarazione di abbandono

(art. 107 LDOIA). Al riguardo, l’organismo competente può pronunciare, senza

ulteriore formalità, la sentenza se i genitori o chi ne fa le veci dichiarano la conformità

alla dichiarazione, dopo aver ascoltato il minore. La sentenza, sia tramite procedura

ordinaria che per procedura semplificata, dovrà essere comunicata al Pubblico

Ministero nel termine di due giorni, così come ai genitori o chi ne fa le veci, e

all’adolescente. Questa ha effetto immediato, ma può essere naturalmente oggetto di

revisione giudiziale. Il ricorso dovrà essere formulato nel termine di due mesi a

contare dalla notifica della sentenza ricorsa, senza necessità di previo reclamo

amministrativo (art. 113 LDOIA), in sede civile. La Competenza spetta al Tribunale di

Primo Grado della sede dell’ente di protezione. Limiti temporali: Il ricorso della

sentenza amministrativa attraverso la quale si dichiara l’abbandono del minore, potrà

essere presentato in un termine di due mesi dalla notifica. Procedura: L’attore

presenterà un atto iniziale nel quale si descrive brevemente la pretesa e la decisione

che si vuole ricorrere. Il Cancelliere richiederà all’ente amministrativo una copia

autenticata del fascicolo completo, che dovrà essere presentata nel termine di 20

giorni. Ricevuta la copia autenticata del fascicolo amministrativo, il Cancelliere

convocherà l’attore in un termine di 20 giorni affinché presenti l’atto di citazione.

6.- Capacità e procedura di adozione

In Spagna, le modifiche legislative introdotte nel 2015, hanno apportato novità

importanti, elevando a 16 anni la differenza minima di età che deve esistere tra

adottante e adottato (fino ad ora era 14 anni), e si introduce come novità una

differenza massima di 45 anni, che deve essere soddisfatta, almeno, da uno dei membri

della coppia.

Rispetto alle fasi della procedura adottiva, è stato introdotto l’affidamento ai fini di

adozione, che sostituisce l’affidamento preadottivo (art. 176 bis CC). Questa figura di

protezione suppone la cessione dell’affidamento del bambino (dichiarato adottabile) a

una famiglia capace, idonea e selezionata per adottare tale bambino, che si farà carico

di lui fino a quando l’adozione sia decretata giudizialmente. Comporta la sospensione

delle visite e della comunicazione con la famiglia di origine, e obbliga a presentare la

proposta di adozione al Giudice, nel più breve tempo possibile, entro un massimo di

tre mesi (un anno se si considera che la convivenza previa è necessaria per determinare

l’opportunità dell’adozione).

Altra questione è il consenso della madre biologica che non potrà prestarlo fino a

quando non siano trascorse sei settimane dal parto (fino ad ora 30 giorni), e si potrà

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prescindere dall’assenso dei genitori biologici se nel termine di due anni non abbiano

presentato ricorso con successo alla dichiarazione di abbandono che ha portato loro

figlio ad essere ritenuto adottabile. Non è possibile nemmeno prestare l’assenso

rispetto ad adottanti specifici.

Si limita la possibilità di formulare adozioni internazionali senza l’intervento di un

ente mediatore, che è limitata alle adozioni con paesi membri della Convenzione

dell’Aja (art. 6 LAI).

Il concetto tradizionale di adozione completa e chiusa tende a una concezione di

“adozione aperta” che suppone la possibilità che esista un certo grado di

comunicazione tra la famiglia biologica e il figlio adottato, mantenendo una certa

relazione personale, stabilita in ogni caso in funzione delle circostanze del bambino,

della famiglia biologica e della famiglia adottiva. Così, esistono casi in cui c’è un

contatto diretto tra il figlio e la famiglia di origine, attraverso incontri, lettere o altri

tipi di comunicazione (adozione aperta in senso stretto); e altri casi in cui c’è scambio

di informazioni tra gli uni e gli altri, ma senza arrivare a conoscersi né includere dati

identificativi (adozione semi-aperta).

La Legge 26/2015 disciplina la sua esistenza riformulando l’articolo 178 CC, che

stabilisce, nel suo comma 4, quanto segue:

» La possibilità, nell’interesse del minore e per la sua situazione familiare, età o altra

circostanza significativa, di concordare alcun tipo di relazione o contatto che si

ritenga opportuno tra la famiglia adottiva e i membri della famiglia biologica, in

modo particolare con i fratelli.

» Il mantenimento di questo rapporto sarà deciso, nel decretare l’adozione, da parte

del Giudice, che stabilirà la periodicità, la durata e le condizioni, previa proposta

dell’Ente Pubblico di protezione dei minori o del Pubblico Ministero. Per fare

questo dovrà contare anche sul consenso della famiglia adottiva e dell’adottando, se

ha sufficiente maturità, e comunque, se maggiore di 12 anni. Il bambino minorenne

sarà ascoltato secondo la sua maturità.

7.- Novità nella procedura di adozione internazionale Oltre alla già citata limitazione della cosiddetta procedura “libera”, nell’ambito

dell’adozione internazionale sono state introdotte principalmente le seguenti novità:

» È stato riformulato il concetto di adozione internazionale in modo da coincidere con

quanto utilizzato nell’ambito della Convenzione dell’Aja: saranno considerate

internazionali le adozioni nelle quali avvenga il trasferimento del minore dal suo

paese di residenza abituale al paese di residenza degli adottanti.

» Lo Stato si riserva alcune competenze legate alle circostanze e agli affari esteri: la

decisione di sospendere o limitare l’adozione in determinati paesi (ad esempio a

causa di guerre, catastrofi naturali, rilevamento di irregolarità …); la

determinazione del numero di fascicoli annuali da inoltrare a ogni paese (per

cercare così di controllare la “domanda” e la pressione che questa suppone per

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alcuni paesi e per il loro sistema di protezione); la certificazione di Organismi

Intermediari (prima conosciuti come ECAIs) e il controllo e il monitoraggio delle

loro azioni all’estero (le loro azioni all’interno del paese continueranno ad essere

controllate dalle rispettive Comunità Autonome).

» È stabilita l’impossibilità di adottare minori cui paese di origine proibisca l’adozione,

per evitare adozioni “claudicanti” (che hanno validità in Spagna ma non nel paese

di origine del minore). Questo è particolarmente importanti per i casi, frequenti

fino ad ora, di minori “kafalati” in paesi islamici con l’intenzione di promuovere

un’adozione in Spagna.

» Le adozioni consolari sono riservate ai casi nei quali il paese di origine del minore le

ammetta, e solo ai casi nei quali non sia necessaria la proposta dell’ente pubblico.

» Sono eliminati i riferimenti alla sospensione e alla modifica dell’adozione,

disciplinati fino ad ora dalla LAI, ma che si riferiscono a figure non disciplinate

dall’ordinamento giuridico spagnolo.

» È stabilito che, una volta acquisita la cittadinanza spagnola per adozione, si

riconoscerà la nazionalità di origine del bambino purché la legislazione del suo

paese ne preveda la conservazione.

» In quanto al riconoscimento in Spagna delle adozioni costituite in un altro paese

davanti ad autorità straniera, si semplifica la prova del diritto straniero e la

questione dell’autorità competente, bilateralizzando le norme spagnole di

competenza giudiziale internazionale e sostituendo il controllo della legge applicata

con la verifica della non contrarietà dell’adozione rispetto all’ordine pubblico

spagnolo (fondamentalmente per quanto riguarda l’interesse superiore del bambino

e l’esistenza di consensi liberi, informati e non soggetti a controprestazione

economica).

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Responsabilidad parental y tutela de los menores; medidas sobre

la guarda y limitaciones de la responsabilidad parental;

alejamiento y adopción.

Mª Pilar Tintoré Garriga

Abogada

1.-Introducción

2.- Legislación aplicable en Cataluña.

3.2.- Privación de la potestad.

4.- Situación de riesgo.

4.1.-Concepto.

4.2.- Medidas de protección.

4.3.- Procedimiento.

5.- Declaración de desamparo.

5.1.- Concepto.

5.2.- Efectos de la declaración de

desamparo:

5.3.- Medidas de protección.

5.4.- Procedimiento y resolución

administrativa de declaración de

desamparo.

6.- Capacidad y procedimiento de

adopción.

7.- Novedades en la tramitación de las

adopciones internacionales.

1.-Introducción En España, y con la finalidad de reflejar en un texto normativo los principios

contenidos en la Convención de los Derechos del Niño, se aprobó en el año 1996 la

Ley Orgánica de Protección Jurídica del Menor (en adelante LOPJM). En el año 2015,

la citada Ley fue modificada por la Ley Orgánica 8/2015, de 22 de julio, de

modificación del sistema de protección a la infancia y a la adolescencia (LOMSPIA) y

la Ley 26/2015, de 28 de julio, de modificación del sistema de protección a la infancia

y a la adolescencia (LMSPIA). Con la reforma se han introducido cambios necesarios

en la legislación española de protección a la infancia que permiten continuar

garantizando a los menores una protección uniforme en todo el territorio del Estado.

Siendo España un estado plurilegislativo, y en cuanto a esta materia, en virtud del

apartado 1.20ª del artículo 148 de la Constitución Española, las Comunidades podrán

asumir a través de sus Estatutos de Autonomía potestades legislativas relativas a

“asistencia social”.

2.- Legislación aplicable en Cataluña. • Ley 14/2010, de 27 de mayo, de los derechos y oportunidades en la infancia y

la adolescencia (en adelante, LDOIA).

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• Ley 25/2010, de 29 de julio, del libro segundo del Código Civil de Cataluña,

relativo a la persona y la familia (en adelante, CCCat.). La potestad parental se

recoge en los preceptos del Capítulo VI, del Título III del libro segundo.

3.- Potestad parental. Bajo el término potestad parental se enmarca el conjunto de derechos y deberes

atribuidos a los progenitores sobre sus hijos menores no emancipados, que aseguran el

cumplimiento de las responsabilidades parentales que la ley les asigna, y mediante las

que se produce la protección integral de los hijos y el libre desarrollo de su

personalidad. Si no es posible encomendar la referida responsabilidad a los

progenitores entran en juego las instituciones de guarda y protección.

3.1.- Suspensión de la potestad.

La suspensión de la potestad es la exclusión a unos de los progenitores o a ambos del

ejercicio de todo o parte del contenido de la misma. En general, la suspensión afecta

al ejercicio de la potestad, con el cese de la causa que originó la suspensión se produce

la recuperación de la misma; no obstante, en determinados supuestos puede llegar a

ser la antesala de una privación de la potestad, cuando derivan en una situación de

desamparo del menor. Diversos supuestos:

1. Aquellos casos en los que, temporalmente, la potestad o determinadas

funciones de ésta, se ejercen por uno de los progenitores en exclusiva. Esto

puede suceder como consecuencia de los pactos entre ellos y/o en los supuestos

de imposibilidad, ausencia o incapacidad de uno de los progenitores. Asimismo

ocurre cuando existen desacuerdos entre los progenitores, ya ocasionales, ya

reiterados. También en los supuestos en los que la sentencia de separación,

divorcio o nulidad así lo prevea.

2. Cuando, ante la situación de desamparo del menor, la entidad pública que tiene

funciones de protección, asume funciones tutelares sobre el mismo. Esta

suspensión no afecta a la obligación de los progenitores del deber de asistencia

ni de la obligación de prestarles alimentos en sentido amplio.

3. En lo que respecta a las situaciones personales entre los hijos y los progenitores

y los demás parientes (abuelos, hermanos) y personas próximas, la autoridad

judicial puede denegar o suspender y/o variar las modalidades del ejercicio, si

aquellos incumplen sus deberes, si la relación perjudica el interés del menor, o

si concurre justa causa como en supuestos de abusos sexuales, malos tratos

físicos o psíquicos, o en aquellos casos en que los menores son víctimas directas

o indirectas de violencia doméstica o de género.

3.2.- Privación de la potestad. La privación de la potestad es la exclusión de los progenitores de su titularidad y de su

ejercicio por la concurrencia de una de las causas previstas por la ley. Son causas de

privación de la potestad:

a) El incumplimiento grave o reiterado de los deberes que competen a los titulares

de la potestad. Existe incumplimiento grave si el hijo menor o incapacitado

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sufre abusos sexuales o maltratos físicos o psíquicos, o si es víctima directa o

indirecta de violencia doméstica o de género.

b) La falta de interés por el menor y el incumplimiento del régimen de relaciones

personales durante seis meses, sin un motivo suficiente que lo justifique,

respecto del menor desamparado.

Con todo, el carácter más permanente de la privación de la potestad (frente al

provisional de la suspensión) exige, siempre, un procedimiento y una resolución

judicial que la establezca. La privación sólo puede declararse:

a) En sentencia firme, en proceso civil ordinario que se inste con tal finalidad.

b) En una sentencia penal cuando el delito lleve aparejado la imposición de esta

pena (es la inhabilitación de la que habla la norma penal).

c) En una sentencia derivada de un proceso matrimonial; son los procedimientos

de nulidad, separación y divorcio.

Están legitimados para demandar la privación de la potestad los hijos sometidos, los

progenitores, los parientes de los hijos hasta el cuarto grado de consanguinidad o

segundo de afinidad y el Ministerio Fiscal. En el caso de los menores desamparados, la

entidad pública competente. La privación, en ningún caso exime del deber de los

progenitores de asistir a sus hijos menores ni de la obligación de alimentarlos en

sentido amplio. La privación sólo acaba cuando cesada la causa que la originó el juez

declara la recuperación de la potestad y si procede, la de su ejercicio, para lo que ha de

tener en cuenta el beneficio e interés del hijo.

4.- Situación de riesgo. Las situaciones de riesgo y el desamparo constituyen supuestos de entidad suficiente

para activar el sistema público de protección de menores. En ambos casos, el menor se

halla en una situación de desprotección que, como verdadero titular de derechos, debe

ser evitada o paliada.

4.1.-Concepto. El artículo 17.1 LOPJM define la situación de riesgo como: “la que, a causa de circunstancias, carencias o conflictos familiares, sociales o educativos, el menor se vea perjudicado en su desarrollo personal, familiar, social o educativo, en su bienestar o en sus derechos de forma que, sin alcanzar la entidad, intensidad o persistencia que fundamentarían su declaración de situación de desamparo y la asunción de la tutela por ministerio de la ley, sea precisa la intervención de la administración pública competente, para eliminar, reducir o compensar las dificultades o inadaptación que le afectan y evitar su desamparo y exclusión social, sin tener que ser separado de su entorno familiar”.

La ley Catalana en su art. 102.2 LDOIA concreta en una lista abierta de supuestos que

constituyen situaciones de riego a efectos legales:

a) La falta de atención física o psíquica del niño o el adolescente por parte de los

progenitores, o por los titulares de la tutela o de la guarda, que comporte un perjuicio

leve para la salud física o emocional del niño o el adolescente.

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b) La dificultad grave para dispensar la atención física y psíquica adecuada al niño o al

adolescente por parte de los progenitores o de los titulares de la tutela o de la guarda.

c) La utilización, por parte de los progenitores o por los titulares de la tutela o de la

guarda, del castigo físico o emocional sobre el niño o el adolescente que, sin constituir

un episodio grave o un patrón crónico de violencia, perjudique su desarrollo.

d) Las carencias que, por no poder ser adecuadamente compensadas en el ámbito

familiar, ni impulsadas desde este mismo ámbito para su tratamiento mediante los

servicios y recursos normalizados, puedan producir la marginación, la inadaptación o

el desamparo del niño o el adolescente.

e) La falta de escolarización en edad obligatoria, el absentismo y el abandono escolar.

f) El conflicto abierto y crónico entre los progenitores, separados o no, cuando

anteponen sus necesidades a las del niño o el adolescente.

g) La incapacidad o la imposibilidad de los progenitores o los titulares de la tutela o de

la guarda de controlar la conducta del niño o el adolescente que provoque un peligro

evidente de hacerse daño o de perjudicar a terceras personas.

h) Las prácticas discriminatorias, por parte de los progenitores o titulares de la tutela

o de la guarda, contra las niñas o las jóvenes, que conlleven un perjuicio para su

bienestar y su salud mental y física, incluyendo el riesgo de sufrir la ablación o la

mutilación genital femenina y la violencia ejercida contra ellas.

i) Cualquier otra circunstancia que, en caso de persistir, pueda evolucionar y derivar

en el desamparo del niño o el adolescente.

4.2.- Medidas de protección. Las medidas de atención social y educativa que pueden establecerse tras valorarse la

situación de riesgo están fijadas, a modo de lista abierta, en el art. 104 LDOIA. Estas

medidas son de carácter asistencial y educativo y pueden dirigirse tanto a los menores

como a sus familias.

Las medidas que pueden establecerse una vez valorada la situación de riesgo son las

siguientes:

a) La orientación, el asesoramiento y la ayuda a la familia. La ayuda a la familia incluye

las actuaciones de contenido técnico, económico o material dirigidas a mejorar el

entorno familiar y a hacer posible la permanencia del niño o el adolescente en el

mismo.

b) La intervención familiar mediante el establecimiento de programas socioeducativos

para los progenitores, tutores o guardadores con la finalidad de que alcancen

capacidades y estrategias alternativas para el cuidado y la educación de sus hijos o del

niño o el adolescente tutelado.

c) El acompañamiento del niño o el adolescente a los centros educativos o a otras

actividades, y el apoyo psicológico o las ayudas al estudio.

d) La ayuda a domicilio.

e) La atención en centro abierto y otros servicios socioeducativos.

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f) La atención sanitaria, que incluya la intervención psicoterapéutica o el tratamiento

familiar, tanto para los progenitores o los titulares de la tutela o de la guarda, como

para el niño o el adolescente.

g) Los programas formativos para adolescentes que han abandonado el sistema escolar.

h) La asistencia personal para los progenitores, tutores y guardadores con diversidad

funcional que les permita asumir sus obligaciones de atención y cuidado de los niños

y los adolescentes.

i) La asistencia personal para los niños y los adolescentes con diversidad funcional que

les permita superar la situación de riesgo.

j) Cualquiera otra medida de carácter social y educativo que contribuya a la

desaparición de la situación de riesgo.

4.3.- Procedimiento. De acuerdo con la LDOIA, la existencia de una situación de riesgo no determina el

inicio de un procedimiento formal que culmina con la declaración de tal situación,

sino que pone en funcionamiento la actuación de los servicios sociales básicos, o en su

caso, de los servicios sociales especializados –siempre a nivel local-. Los servicios

sociales valorarán la eventual situación de riesgo y tomarán, de forma consensuada,

las medidas y recursos de atención social y educativa con el objetivo de disminuir o

eliminar la situación de riesgo, a ser posible, con la colaboración de los progenitores o

de los titulares de la tutela o de la guarda.

5.- Declaración de desamparo.

5.1.- Concepto. La LDOIA considerar en desamparo a aquellos menores que se hallen en situación de

hecho en que carecen de elementos básicos para el desarrollo integral de la

personalidad (art. 105.1 LDOIA). El legislador catalán ejemplifica mediante una lista

abierta las situaciones que se consideran constitutivas de desamparo en el artículo

105.2 LDOIA: Así, son supuestos de desamparo

a) El abandono.

b) Los maltratos físicos o psíquicos, los abusos sexuales, la explotación

c) Los perjuicios graves al recién nacido causados por maltrato prenatal.

d) El ejercicio inadecuado de las funciones de guarda que comporte un peligro grave

para el niño o el adolescente.

e) El trastorno o la alteración psíquica o la drogodependencia de los progenitores de la

tutela o de la guarda.

f) El suministro al niño o al adolescente de drogas, estupefacientes o cualquier otra

sustancia psicotrópica o tóxica

g) La inducción a la mendicidad, a la delincuencia o a la prostitución

h) La desatención física, psíquica o emocional grave o cronificada.

i) La violencia machista o la existencia de circunstancias en el entorno sociofamiliar

del niño o el adolescente, cuando perjudiquen gravemente su desarrollo.

j) La obstaculización por los progenitores o los titulares de la tutela o de la guarda de

las actuaciones de investigación o comprobación, o su falta de colaboración, cuando

este comportamiento ponga en peligro la seguridad del niño o el adolescente, así como

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la negativa de los progenitores o los titulares de la tutela o de la guarda a participar en

la ejecución de las medidas adoptadas en situaciones de riesgo si ello conlleva la

persistencia, la cronificación o el agravamiento de estas situaciones.

k) Las situaciones de riesgo que por su número, evolución, persistencia o agravamiento

determinen la privación al niño o al adolescente de los elementos básicos para el

desarrollo integral de la personalidad.

l) Cualquier otra situación de desatención o negligencia que atente contra la integridad

física o psíquica del niño o el adolescente, o la existencia objetiva de otros factores que

imposibiliten su desarrollo integral.

5.2.- Efectos de la declaración de desamparo: Asunción inmediata y automática de las funciones tutelares sobre el menor por parte

de la Entidad pública. Suspensión de la potestad parental o de la tutela ordinaria y de

los derechos que se derivan, estando legitimada la Entidad pública para privar a los

padres, siempre que esté justificado, de la potestad o para remover al tutor de su

condición.

5.3.- Medidas de protección. Declarado el desamparo, la Entidad pública autonómica adoptará las medidas de

protección que considere más adecuadas al interés del menor. El art. 120 LDOIA

contiene las medidas que pueden ser adoptadas:

a) El acogimiento familiar simple por una persona o una familia que pueda suplir,

temporalmente, el núcleo familiar natural del niño o el adolescente.

b) El acogimiento familiar permanente.

c) El acogimiento familiar en unidad convivencial de acción educativa.

d) El acogimiento en un centro público o concertado.

e) El acogimiento preadoptivo.

f) Las medidas de transición a la vida adulta y a la autonomía personal.

g) Cualquier otra medida de tipo asistencial, educativo o terapéutico aconsejable, de

acuerdo con las circunstancias del niño o el adolescente.

La declaración de desamparo y la adopción de una medida de protección no impedirán

la comunicación, la relación y las visitas del menor con sus familiares, salvo que el

interés del menor aconseje su limitación o exclusión. No obstante, en el caso de que se

haya optado por el acogimiento preadoptivo, las relaciones con la familia biológica

deberán desaparecer.

Estas medidas son impugnables judicialmente, sin necesidad de reclamación

administrativa previa (art. 123.1 LDOIA), ante la jurisdicción civil y según lo que

dispone el art. 780 LEC.

5.4.- Procedimiento y resolución administrativa de declaración de desamparo. La existencia de una situación de desamparo determina el inicio de un procedimiento

formal que culmina con la declaración administrativa de tal situación declarada

siempre por una resolución administrativa. El procedimiento está regulado en los arts.

106 a 108 LDOIA.

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En Cataluña la institución protectora es la “Direcció General d´atenció a la Infancia i

l´adolescencia” (en adelante DGAIA), atribuyéndosele funciones resolutorias, tanto

en relación con la declaración de desamparo (art. 106 LDOIA), como respeto de la

adopción de las medidas de protección. En este sentido, se prevé que la incoación sea

notificada a los progenitores o titulares de la tutela o de la guarda del menor y que se

les informe de su derecho a comparecer en el procedimiento, aportar informes u otros

elementos de prueba, o efectuar las alegaciones que consideren pertinentes (art. 106.2

LDOIA). Asimismo, se les da un papel relevante a los equipos técnicos competentes,

las EAIA, durante el procedimiento de desamparo en la medida en que se encargan de

la elaboración de un informe preceptivo (art. 106.3 LDOIA). Tras la elaboración del

informe propuesta, se ha de dar audiencia y vista del expediente a los progenitores o a

los titulares de la tutela o guarda durante un periodo de diez días (art. 106.5 LDOIA),

y transcurrido dicho periodo, se da por finalizado el procedimiento mediante una

resolución motivada declarativa de la situación de desamparo o, caso contrario,

ordenando el archivo del expediente. Para resolver el expediente, la Administración

cuenta con un año desde su incoación. Si no lo hace, se entiende caducado el

procedimiento, sin perjuicio de su nueva incoación (art. 106.6 LDOIA).

No obstante, la LDOIA prevé un procedimiento simplificado de declaración de

desamparo (art. 107 LDOIA). En este sentido, el organismo competente puede dictar,

sin más trámites, la resolución si los progenitores o los titulares de la tutela o la guarda

manifiestan la conformidad con la declaración, una vez escuchado al menor. La

resolución, ya sea por el procedimiento ordinario o por el simplificado, deberá ser

comunicada al Ministerio Fiscal en el plazo de dos días, así como a los progenitores o

titulares de la tutela o guarda y al adolescente. Esta tiene eficacia inmediata, pero

puede ser naturalmente objeto de control judicial. La oposición habrá de formularse

en el plazo de dos meses a contar desde la notificación de la resolución que se impugna,

sin necesidad de reclamación previa por vía administrativa (art. 113 LDOIA), ante la

jurisdicción civil. La Competencia corresponde al Juzgado de Primera Instancia del

domicilio de la entidad protectora. Límites temporales: La oposición a la resolución

administrativa por la que se declare el desamparo de un menor y a las restantes

resoluciones administrativas que se dicten en materia de protección de menores, podrá

formularse en el plazo de dos meses desde su notificación. Procedimiento: El actor

presentará un escrito inicial en el que se expresará sucintamente la pretensión y la

resolución a la que se formula oposición. El Secretario judicial reclamará a la entidad

administrativa un testimonio completo del expediente, que deberá ser aportado en el

plazo de 20 días. Recibido el testimonio del expediente administrativo, el Secretario

judicial emplazará al actor por 20 para que presente la demanda.

6.- Capacidad y procedimiento de adopción. En España, las modificaciones legislativas producidas en el año 2015, ha introducido

novedades importantes, así se ha elevado a los 16 años la diferencia mínima de edad

que debe existir entre adoptante y adoptado (hasta ahora en 14 años), y se introduce

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como novedad una diferencia máxima de 45 años, que debe ser cumplida, al menos,

por uno de los miembros de la pareja.

En relación con las fases del procedimiento adoptivo, se introduce la guarda con fines

de adopción, que viene a sustituir al acogimiento preadoptivo (art. 176 bis CC). Esta

figura de protección supone la cesión de la guarda del niño (declarado adoptable) a

una familia capaz, idónea y seleccionada para adoptar a ese niño concreto, que se hará

cargo de él hasta que la adopción se constituya judicialmente. Implica la suspensión

de las visitas y comunicaciones con la familia de origen, y obliga a presentar la

propuesta de adopción al Juez cuanto antes, sin sobrepasar el plazo máximo de tres

meses (un año si se considera que la convivencia previa es necesaria para determinar

la oportunidad de la adopción)

Otra cuestión es el consentimiento de la madre biológica que no podrá prestar su

consentimiento hasta que hayan transcurrido seis semanas desde el parto (hasta ahora

30 días), y se podrá prescindir del asentimiento de los padres biológicos si en el plazo

de dos años no han recurrido con éxito la declaración de desamparo que llevó a su hijo

a ser considerado adoptable. Tampoco es posible prestar el asentimiento respecto a

adoptantes determinados.

Se restringe la posibilidad de tramitar adopciones internacionales sin la intervención

de una entidad mediadora, que queda limitada a las adopciones con países miembros

del Convenio de la Haya (art. 6 LAI).|

El concepto tradicional de adopción plena y cerrada tiende a una concepción de

“adopción abierta” que supone la posibilidad de que exista cierto grado de co-

municación entre la familia biológica y el hijo adoptado, mantenimiento de una cierta

relación personal, establecida en cada caso en función de las circunstancias del niño,

la familia biológica y la familia adoptiva. Así, existen casos en los que hay un contacto

directo entre el hijo y la familia de origen, a través de encuentros, cartas u otro tipo

de comunicación (adopción abierta en sentido estricto); y otros supuestos en los que

hay intercambio de información entre unos y otros, pero sin llegar a conocerse ni

incluir datos identificativos (adopción semi-abierta).

La Ley 26/2015 regula su existencia al reformar el artículo 178 CC, que establece, en

su apartado 4, lo siguiente:

» La posibilidad de que, en interés del menor y por su situación familiar, edad u otra

circunstancia significativa, se acuerde algún tipo de relación o contacto entre la familia

adoptiva y los miembros de la familia biológica que se considere, especialmente con

los hermanos.

» El mantenimiento de esta relación será acordado, al constituir la adopción, por el

Juez, que determinará su periodicidad, duración y condiciones, previa propuesta de la

Entidad Pública de protección de menores o del Ministerio Fiscal. Para ello deberá

contar, también, con el consentimiento de la familia adoptiva y del adoptando, si

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tuviera suficiente madurez y, en todo caso, si fuera mayor de 12 años. El niño menor

de esta edad será oído de acuerdo con su madurez.

7.- Novedades en la tramitación de las adopciones internacionales. Además de la ya mencionada restricción de la llamada tramitación “por libre”, en el

ámbito de la adopción internacional se introducen principalmente las siguientes

novedades:

» Se reformula el concepto de adopción internacional de modo que coincida con el

empleado en el ámbito del Convenio de la Haya: serán consideradas internacionales

las adopciones en las que se produzca el traslado del menor desde su país de residencia

habitual al país donde residen sus adoptantes.

» El Estado se reserva algunas competencias relacionadas con la acción y las relaciones

exteriores: la decisión de suspender o limitar la adopción en determinados países (por

ejemplo por guerras, catástrofes naturales, detección de irregularidades…); la

determinación del número de expedientes anuales que se remitirán a cada país (para

tratar así de controlar la “demanda” y la presión que esta supone para algunos países y

para sus sistemas de protección); la acreditación de Organismos Intermediarios (antes

conocidos como ECAIs) y el control y seguimiento de sus actuaciones en el exterior

(sus actuaciones dentro del país seguirán siendo controladas por las correspondientes

Comunidades Autónomas).

» Se establece la imposibilidad de adoptar a menores cuyo país de origen prohíba la

adopción, para evitar adopciones claudicantes (que tienen validez en España pero no

en el país de origen del menor). Esto es especialmente relevante para los casos,

frecuentes hasta ahora, de menores kafalados en países islámicos con la intención de

promover después una adopción en España.

» Se reservan las adopciones consulares para los casos en los que el país de origen del

menor las admita, y sólo para casos en los que no sea necesaria la propuesta de la

entidad pública.

» Se eliminan las referencias a la suspensión y modificación de la adopción, recogidas

hasta ahora en la LAI, pero referidas a figuras no reguladas en el ordenamiento jurídico

español.

» Se determina que, una vez adquirida la nacionalidad española por la adopción, se

reconocerá la nacionalidad de origen del niño siempre que la legislación de su país

prevea que la conserve.

» En cuanto al reconocimiento en España de las adopciones constituidas en otro país

ante una autoridad extranjera, se simplifica la prueba del derecho extranjero y la

cuestión de la autoridad competente, bilateralizando las normas españolas de

competencia judicial internacional, y sustituyendo el control de la ley aplicada por la

comprobación de la no contrariedad de la adopción con el orden público español

(fundamentalmente en lo referido al interés superior del niño y a la existencia de

consentimientos libres, informados y no sujetos a precio).

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1

Sistemi alternativi alla via giudiziaria

e autonomia negoziale delle parti.

Mª Mercè Mira i Cortadellas

Avvocatessa e Mediatrice Presidentessa della SCAF

Membro del Consiglio della AEAFA

I.- Introduzione.

II.- Autonomia negoziale delle parti.

III.- Sistemi alternativi alla via

giudiziaria.

I.- Introduzione.

L’AUTONOMIA NEGOZIALE DELLE PARTI è sempre stata applicata al

procedimento giudiziario arrivando ad accordi attraverso i rispettivi avvocati. Dopo

sono arrivati altri SISTEMI ALTERNATIVI ALLA GIURISDIZIONE, quali: Arbitrato,

Mediazione, Diritto Collaborativo, ecc. Dell’Arbitrato non parlerò perché non si

applica al Diritto di Famiglia; parlerò invece della Mediazione, che è disciplinata dalla

Legge e incorporata alla LEC (Codice di Procedura Civile) e al Codice Civile Catalano;

e del Diritto Collaborativo che è agli albori in Spagna, dove esistono associazioni, ma

che non è ancora legiferato.

In Spagna ci sono 17 Comunità Autonome (equivalenti alle Regioni italiane), tutte

applicano lo stesso Codice Procedurale (CODICE DI PROCEDURA CIVILE) per i

procedimenti di separazione, divorzio e nullità civile; misure provvisorie, preliminari

o contemporanee a queste tre procedure; modifica delle misure definitive; ed

esecuzione forzata delle misure decise in queste procedimenti.

Sia la Separazione che il Divorzio, non sono causali, possono essere trattati in modo

consensuale o mediante un procedimento contenzioso, in questo caso non è necessario

addurre alcuna causa, visto che l’unico argomento di discussione è l’effetto. L’unica

differenza è a livello personale dei coniugi, solo se sono divorziati possono risposarsi,

ma sia separati che divorziati possono costituire una nuova unione di fatto. La

separazione e il divorzio sono regolati dalle norme dell’Unione Europea o spagnole di

diritto internazionale privato (art. 107.2 Codice Civile).

Per quanto riguarda la nullità, se questa è di un matrimonio civile, è soggetta alla stessa

procedura della separazione e del divorzio; se invece è di un matrimonio religioso, ha

effetto civile, su richiesta di qualsiasi delle parti, se queste si dichiarano aderenti al

Diritto dello Stato Spagnolo tramite decisione pronunciata dal Giudice Civile

competente in conformità alle condizioni della LEC.

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2

Per quanto riguarda il Diritto Sostanziale, ci sono Comunità Autonome, che hanno

disciplinato alcuni aspetti relativi al Diritto di Famiglia, come Aragona, Baleari,

Galizia, e Paesi Baschi; le altre Comunità applicano il Codice Civile. La CATALOGNA

è quella che ha la regolamentazione più completa, visto che il nostro Codice Civile

Catalano disciplina:

- Libro I: Disposizioni generali.

- Libro II: La persona e la famiglia.

- Libro III: Persone giuridiche.

- Libro IV: Successioni.

- Libro V: Diritti reali.

II.- Autonomia negoziale delle parti.

CI SONO DUE FASI: prima di contrarre matrimonio o di costituire unione di fatto, e

quando si verifica la crisi. Non posso dilungarmi, e quindi vedremo solo il matrimonio

e il Codice Civile Catalano (CCat.)

A/ Accordi in vista della separazione o del divorzio:Art. 231-20 CCCat.

1. Gli accordi in vista della separazione o del divorzio possono essere stipulati in capitoli matrimoniali o in atto notarile. Nel caso di quelli Pre-matrimoniali, sono validi solo se stipulati entro i trenta giorni precedenti alla data di celebrazione del matrimonio.

2. Il notaio, prima di legalizzare l’atto di cui al punto 1, deve informare separatamente ciascuno dei contraenti sulla portata delle modifiche che si vogliono introdurre con gli accordi rispetto al regime patrimoniale legale e li deve avvertire del loro obbligo reciproco di fornire le informazioni di cui al punto 4.

3. Gli accordi di esclusione o limitazione di diritti devono avere natura reciproca e precisare chiaramente i diritti che limitano o quelli a cui si rinuncia.

4. Il coniuge intenzionato a far valere un accordo in vista della separazione o del divorzio ha l’onere di dimostrare che l’altra parte disponeva, al momento della firma, delle informazioni sufficienti sul suo patrimonio, le sue entrate e le sue aspettative economiche, purché queste informazioni siano rilevanti rispetto al contenuto dell’accordo.

5. Gli accordi in vista della separazione o del divorzio che al momento in cui se ne esige l’adempimento siano gravemente pregiudizievoli per un coniuge, non sono validi se questi dimostra che sono sopravvenute circostanze rilevanti che non erano previste né potevano essere previste al momento in cui tali accordi sono stati stipulati.

L'art. 231-20 CCCat. analizza la Sentenza TSJC Sez. 1a, 19/2016, del 31.03.2016,

Ricorso 160/2014, relatore Carlos Ramos Rubio.

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Art. 232-7 CCCat. Accordi sugli assegni di mantenimento (di natura compensativa).-

“In vista della separazione, del divorzio o di scioglimento dell’unione matrimoniale per decesso di un coniuge, si può concordare l’aumento, la riduzione o l’esclusione degli assegni di mantenimento (di natura compensativa) ai sensi di quanto stabilito dall’art. art. 231-20”.

B/ Misure definitive proposte nelle Condizioni del divorzio: Art. 777 LEC (condizioni

e accordo finale di mediazione), 4 art. 233-2 CCCat. 1. Se i coniugi richiedono in modo consensuale il divorzio, la separazione

giudiziale o l’adozione o modifica delle misure regolatrici delle conseguenze della nullità del matrimonio, o se lo fa uno di questi con il consenso dell’altro, devono allegare all’atto iniziale le condizioni del divorzio.

2. Se i coniugi hanno figli in comune sotto la loro potestà, le condizioni devono comprendere: a) Un piano genitoriale, ai sensi dell’art. 233-9. b) Gli alimenti che devono versare, sia rispetto alle necessità ordinarie che

straordinarie, indicando la periodicità, la modalità di pagamento, i criteri di aggiornamento e, se previsto, le garanzie.

c) L’eventuale regime di visita dei nonni e dei fratelli che non vivono sotto lo stesso tetto.

3. Oltre a quanto stabilito nel punto 2, le condizioni devono contenere, se del caso: a) L’assegno divorzile che si attribuisce a uno dei coniugi, indicando la

modalità di pagamento, se del caso, la durata, i criteri di aggiornamento e le garanzie.

b) L’attribuzione o distribuzione dell’uso della dimora familiare con la relativa mobilia.

c) L’assegno di mantenimento (di natura compensativa). d) La Liquidazione del regime economico patrimoniale e la divisione dei

beni in comunità ordinaria indivisa. 4. Oltre a quanto stabilito nei punti 2 e 3, nelle condizioni del divorzio i

coniugi possono concordare alimenti per i figli maggiorenni o emancipati che non dispongano di risorse economiche proprie.

C/ Accordi al di fuori delle condizioni del divorzio: art. 233-5 CCCat. 1. Gli accordi in vista della separazione o del divorzio stipulati secondo l’ art. 231-20 e quelli adottati dopo la rottura della convivenza che non fanno parte delle condizioni del divorzio sono vincolanti per i coniugi. L’azione per esigere l’adempimento di questi accordi può essere accumulata a quella di nullità, separazione o divorzio e si può chiedere che siano incorporati alla sentenza. Si può richiedere anche che siano incorporati al procedimento sulle misure provvisorie affinché siano accolte dalla decisione giudiziaria, se del caso.

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2. Gli accordi adottati dopo la rottura della convivenza senza assistenza legale, indipendente per ciascuno dei coniugi, possono essere invalidati, su richiesta di una delle parti entro i tre mesi successivi alla data in cui sono stati adottati e, al massimo, fino al momento della comparsa di risposta o, eventualmente, della domanda riconvenzionale nel processo matrimoniale nel quale si vogliono far valere. 3. Gli accordi in materia di affidamento e di regime di visita dei figli minorenni, nonché degli alimenti a favore di questi, sono validi solo se conformi ai loro interessi al momento in cui si esige l’adempimento.

L’AUTOMONIA NEGOZIALE DELLE PARTI È ILLIMITATA?: NO, gli Accordi sono

soggetti a revisione giudiziaria.

A/ Figli minorenni: Responsabilità Genitoriale, Affidamento e Alimenti: Per prima

cosa è necessaria la Relazione favorevole del Pubblico Ministero, e dopodiché il

Giudice può approvare o meno gli Accordi, se questi non sono favorevoli per

l’interesse dei figli minorenni.

B/ Accordi contrari al Diritto: il Giudice deve indicare i punti da modificare e dare un

termine per farlo. Se i coniugi formulano una nuova proposta e nemmeno questa viene

approvata, il Giudice adotterà la decisione opportuna.

C/ Accordi contrari agli interessi dei coniugi: Sono di natura patrimoniale.

Art. 90.2 Codice Civile: il Giudice può negare l’approvazione di accordi gravemente pregiudizievoli per uno dei coniugi.

In Catalogna, il Giudice non li può disapprovare secondo l’art. 233-3 CCCat.

Sentenza TSJC, Sez. 1a, 34/2010 del 10.09.2009, Ricorso 95/2009, Relatore Enric

Angalda Fors: Non possono essere disapprovati accordi che siano contrari agli interessi dei coniugi, bensì nel caso in cui pregiudichino i figli minorenni o incapaci. Inoltre possono essere rivisti anche gli accordi contrari al Diritto, anche se non riguardano figli minorenni. L’accordo di surrogazione ipotecaria è valido, ma solo tra le parti e non vincola l’istituto finanziario. L’AUTONOMIA NEGOZIALE DELLE PARTI. COME TRASFERIRLA AI

PROCEDIMENTI GIUDIZIARI?: Con le CONDIZIONI DEL DIVORZIO, che possono

essere negoziate dagli Avvocati di ciascuna parte, o essere il risultato di un Accordo di

Mediazione.

1.- Se ci sono figli minorenni non emancipati o con capacità modificata

giudiziariamente, che dipendano dai loro genitori, necessariamente devono essere

approvate dal Giudice nella pronuncia della Sentenza.

2.- Se i figli sono maggiorenni, indipendenti economicamente, sono approvati dal

Cancelliere, (Funzionario dell’Amministrazione della Giustizia), che dichiara, per

Decreto, la separazione / scioglimento del matrimonio per divorzio.

Ciascuna parte deve essere assistita dal proprio Avvocato.

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I figli maggiorenni o minorenni emancipati che non sono indipendenti

economicamente, dovranno fornire il consenso presso il cancelliere rispetto alle

misure che li riguardano, poiché non hanno entrate proprie e vivono sotto lo stesso

tetto familiare.

III.- Sistemi alternativi alla via giudiziaria.

A/ Separazione o Divorzio Notarile: Artt. 82 e 87 Codice Civile. I requisiti e le

circostanze per il rogito dell’Atto sono gli stessi di quelli per il Decreto del LAJ (Funzionario dell’Amministrazione della Giustizia).

B/ Mediazione: Si sta puntando sempre di più su questo sistema alternativo di

risoluzione dei conflitti. Si può ricorrere alla Mediazione in qualsiasi momento: prima

di iniziare il procedimento, durante il procedimento, e dopo la Sentenza, per evitare

un procedimento di esecuzione contenzioso.

Le Comunità Autonome che dispongono di una Legge di Mediazione Familiare propria

sono: Andalusia, Aragona, Asturie, Canarie, Cantabria, Castiglia La Mancha, Castiglia

Leon, Comunità Valenciana, Galizia, Isole Baleari, Madrid, e Paesi Baschi.

La Catalogna è stata la prima Comunità ad avere una Legge di Mediazione Familiare,

e dal 2009 è stata estesa all’ambito del Diritto Privato.

In Spagna c’è la Legge statale, Legge 5/2012 del 6 luglio di mediazione in materia civile

e commerciale, l’ultima modifica è del 31.07.2015. Questa legge accoglie nel Diritto

Spagnolo la Direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del

21.05.2008. Con la modifica del 31.07.2015, la Mediazione è pienamente consolidata

all’interno della LEC, sia per i procedimenti Civili che per i procedimenti di Famiglia.

A titolo esemplificativo:

Art. 19.1 LEC. Diritto di disposizione dei litiganti: I litiganti sono autorizzati per disporre dell’oggetto del giudizio e potranno rinunciare all’azione, desistere dal giudizio, adeguarsi, sottomettersi a mediazione o ad arbitrato e transigere su quello che sia oggetto dello stesso, eccetto quando la legge lo vieti o stabilisca limitazioni per motivi di interesse generale o a beneficio di terzi. Art. 770,7ª LEC. Procedimento (Separazione/Divorzio): Le parti di comune accordo potranno richiedere la sospensione del processo in conformità a quanto previsto dall’art. 19.4 di questa Legge, per ricorrere a mediazione. Art. 778 quinquies.12 LEC. Procedimento (Restituzione del minore): In qualsiasi momento del processo, entrambe le parti potranno chiedere la sospensione dello stesso in conformità a quanto previsto dall’art. 19.4, per ricorrere a mediazione. Anche il Giudice potrà, in qualsiasi momento, d’ufficio o su richiesta di una delle parti, proporre una soluzione di mediazione se, considerando le circostanze esistenti, ritiene possibile arrivare a un accordo, senza che ciò implichi un ritardo ingiustificato del processo. .....

Art. 233-6 CCCat. Mediazione familiare.-

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1. I coniugi, in qualsiasi fase del procedimento matrimoniale e in qualsiasi grado, possono sottoporre le discrepanze a mediazione e cercare di arrivare a un accordo totale o parziale, eccetto nei casi di violenza familiare o di genere.

2. L’inizio di un processo di mediazione familiare, prima della presentazione dell’atto di citazione o in qualsiasi fase del procedimento matrimoniale, su iniziativa delle parti o tramite rappresentanza di avvocati o di altri professionisti, è soggetto ai principi di volontarietà e riservatezza. In caso di rinuncia all’azione, questo non può pregiudicare i litiganti che hanno partecipato a questo processo.

3. L’autorità giudiziaria può rinviare i coniugi a una sessione informativa sulla mediazione, se ritiene che, considerando le circostanze del caso, è ancora possibile arrivare a un accordo.

4. Le parti possono chiedere in comune accordo la sospensione del processo durante la mediazione. La comunicazione all’autorità giudiziaria della rinuncia all’azione di qualsiasi delle parti o dell’accordo ottenuto nella mediazione, produce il sollevamento della sospensione.

5. Gli accordi ottenuti nella mediazione, una volta incorporati formalmente al processo, devono essere sottoposti all’approvazione giudiziaria negli stessi termini stabiliti dall’art. 233-3 per le condizioni del divorzio.

6. Gli accordi ottenuti nella mediazione rispetto al regime dell’esercizio della responsabilità genitoriale si considerano adeguati per gli interessi del minore. La mancata approvazione da parte dell’autorità giudiziaria deve essere fondata su criteri di ordine pubblico e interesse del minore.

Art. 233-7.3. Modifica delle misure.- “Se la parte che richiede in via giudiziaria la modifica delle misure stabilite dall’alterazione sostanziale delle circostanze ha cercato di arrivare a un accordo stragiudiziale, iniziando un processo di mediazione, la risoluzione giudiziaria che modifica le misure può retrodatare gli effetti alla data di inizio del processo di mediazione”. L’“Incontro” che ogni anno organizza il CGPJ (Consiglio Generale del Potere

Giudiziario) con le Associazione degli Avvocati di Famiglia di Spagna (AEAFA,

THEMIS e SCAF), e che questo anno si terrà nei giorni 9, 10 e 11 ottobre a Madrid, è

dedicato interamente alla mediazione; e le Conclusioni sono comunicate a tutti gli

Organi Giudiziari, ai membri delle tre associazioni di Avvocati di Famiglia e all’Ordine

degli Avvocati.

C/ Diritto Collaborativo: Nel VII Incontro Annuale dei Soci della SCAF “Ampliando

il Diritto di Famiglia. Cena giuridica a Palma di Maiorca” dal 18 al 20 maggio 2017, la

Dott.ssa Elena Lauroba Lacasa, Professoressa di Diritto Civile dell’Università di

Barcellona e la Dott.ssa Montserrat Tur Racero, Avvocatessa, Mediatrice e Coach

hanno presentato una Relazione sul Diritto Collaborativo: (*)

In Catalogna è già una realtà, visto che il giorno 21 settembre 2017 si è tenuta a

Barcellona la Giornata sul Diritto Collaborativo. Questa giornata ha risposto

all’impegno del Governo Catalano nella promozione e nello sviluppo dei sistemi

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alternativi di gestione e risoluzione dei conflitti. È stata la presentazione pubblica della

“Associazione Catalana del Diritto Collaborativo”, associazione che è nata sotto l’egida

del Dipartimento di Giustizia del Governo Catalano, ma che è disciplinata da statuto

proprio e non dipende dall’Amministrazione.

Cos’è il Diritto Collaborativo come ADR (Alternative Dispute Resolution)?: (*) - Il DC è un metodo alternativo di risoluzione dei conflitti, che permette agli

Avvocati di portare avanti una negoziazione, in modo innovativo, collaborativo, onesto e sincero verso l’altra parte, senza che questo implichi una perdita di fermezza della difesa degli interessi dei loro rappresentati.

- Il DC si sviluppa in un processo basato sulle necessità e sugli interessi delle parti, le tecniche, i meccanismi e gli strumenti di gestione dei conflitti, la gestione delle emozioni e delle relazioni tra le parti. Gli Avvocati Collaborativi conoscono e sono formati per utilizzare questi strumenti. Gli Avvocati, quando agiscono in un processo come Avvocati Collaborativi (non è una funzione permanente dell’Avvocato, bensì uno strumento in più) si impegnano, in caso di non arrivare a un accordo soddisfacente, a non rappresentare il cliente nel processo contenzioso sulla stessa materia.

- Il DC, rende il cliente il protagonista e il principale partecipe del processo e lo coinvolge e lo accompagna. In un processo nel quale le parti sono protagoniste nella ricerca delle soluzioni.

- Il processo di negoziazione si svolge in modo congiunto tra gli Avvocati Collaborativi e i clienti, con l’eventuale collaborazione anche di altri professionisti (mediatori, coach, psicologi, notai, .....).

- I valori del DC sono il rispetto, la trasparenza, l’equità, e la riservatezza. Sviluppo del Diritto Collaborativo: Nasce negli Stati Uniti, dove vari Stati lo hanno regolamentato. È presente anche in Canada, Australia, Belgio, Gran Bretagna, Italia e Francia che lo hanno nel loro Codice Civile. In Spagna ci sono varie associazioni, tra le quali spicca quella dei Paesi Baschi.

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Sistemas alternativos a la jurisdicción

y autonomía negocial de las partes.

Ma Mercè Mira i Cortadellas

Abogada y Mediadora Presidenta de la SCAF

Vocal de la Junta de la AEAFA

I.- Introducción.

II.- Autonomía negocial de las partes.

III.- Sistemas alternativos a la

jurisdicción.

I.- Introducción.

La AUTONOMÍA NEGOCIAL DE LAS PARTES ha sido siempre y lo han aplicado al

procedimiento judicial llegando a acuerdos a través de los respectivos Abogados.

Después han venido otros SISTEMAS ALTERNATIVOS A LA JURISDICCIÓN, cómo:

Arbitraje, Mediación, Derecho Colaborativo, etc. Del Arbitraje no hablaré porque no

lo aplicamos al Derecho de Familia; si de la Mediación que está regulada por Ley e

incorporada a la LEC y al Código Civil de Cataluña; y del Derecho Colaborativo que

está empezando en España, donde hay asociaciones, pero todavía no está legislado.

En España hay 17 Comunidades Autónomas, todas aplicamos la misma Ley Procesal

(LEY DE ENJUICIAMIENTO CIVIL) por los procedimientos de separación, divorcio

y nulidad civil; medidas provisionales previas o coetáneas a estos tres procedimientos;

modificación de las medidas definitivas; y ejecución forzosa de los pronunciamientos

sobre las medidas acordadas en estos procedimientos.

Tanto la Separación como el Divorcio, no son causales, se pueden tramitar de mutuo

acuerdo o bien mediante un procedimiento contencioso, en este caso no se tiene que

alegar ninguna causa, puesto que lo único que se discuten son los efectos. La única

diferencia, entre la separación y el divorcio es a nivel personal de los cónyuges, sólo si

están divorciados se pueden volver a casar, pero tanto separados como divorciados

pueden constituir una nueva pareja estable. La separación y el divorcio se rigen por las

normas de la Unión Europea o españolas de Derecho internacional privado (art. 107.2

Código Civil).

En cuando a la nulidad, si esta es de un matrimonio civil, se tramita igual que la

separación y el divorcio; y si es un matrimonio canónico tienen eficacia civil, a

solicitud por cualquier de las partes, si se declaran ajustadas al Derecho del Estado

español en resolución dictada por Juez civil competente conforme a las condiciones

de la LEC.

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En cuanto al Derecho Sustantivo, hay Comunidades Autónomas que tienen regulados

algunos aspectos relativos al Derecho de Familia, como Aragón, Baleares, Galicia y

País Vasco; el resto de CCAA aplican el Código Civil. CATALUÑA es la C.A. que tiene

la regulación más completa, puesto que nuestro Código Civil de Cataluña regula:

- Libro I: Disposiciones generales.

- Libro II: La persona y la familia.

- Libro III: Personas jurídicas.

- Libro IV: Sucesiones.

- Libro V: Derechos Reales.

II.- Autonomía negocial de las partes.

HAY DOS MOMENTOS: antes de contraer matrimonio o de constituir pareja estable,

y cuando se produce la crisis. No me puedo extender, y por lo tanto veremos sólo los

casados y el Código Civil de Cataluña (CCat.)

A/ Pactos en previsión de ruptura matrimonial: art. 231-20 CCCat.

6. Los pactos en previsión de una ruptura matrimonial se pueden otorgar en capítulos matrimoniales o en una escritura pública. En caso de que sean Avant nupciales, sólo son válidos si se otorgan antes de los treinta días anteriores a la fecha de celebración del matrimonio.

7. El notario, antes de autorizar la escritura a que hace referencia el apartado 1, tiene que informar por separado a cada uno de los otorgantes sobre el alcance de los cambios que se pretenden introducir con los pactos respecto al régimen legal supletorio y los tiene que advertir de su deber de recíproco de proporcionarse la información a que hace referencia el apartado 4.

8. Los pactos de exclusión o limitación de derechos tienen que tener carácter recíproco y precisar con claridad los derechos que limitan o a los cuales se renuncia.

9. El cónyuge que pretenda hacer valer un pacto en previsión de una ruptura matrimonial tiene la carga de acreditar que la otra parte disponía, en el momento de firmarlo, de información suficiente sobre su patrimonio, sus ingresos y sus expectativas económicas, siempre que esta información fuera relevante con relación al contenido del pacto.

10. Los pactos en previsión de ruptura que en el momento en que se pretende el cumplimiento sean gravemente perjudiciales para un cónyuge no son eficaces si este acredita que han sobrevenido circunstancias relevantes que no se previeron ni se podían razonablemente prever en el momento en que se otorgaron.

Este arte. 231-20 CCCat. analiza la Sentencia TSJC Seco. 1a, 19/2016, de 31.03.2016,

Recurso 160/2014, Ponente Carlos Ramos Rubio.

Art. 232-7 CCCat. Pactos sobre la compensación.- “En previsión de una ruptura matrimonial o de disolución del matrimonio por muerto, se puede pactar el incremento, la reducción o la exclusión de la compensación económica por razón del trabajo de acuerdo con el que establece el art. 231-20”.

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B/ Medidas definitivas propuestas en Convenio regulador: art. 777 LEC (convenio y

acuerdo final de mediación), y art. 233-2 CCCat. 5. Si los cónyuges instan de mutuo acuerdo el divorcio, la separación judicial

o la adopción o modificación de medidas reguladoras de las consecuencias de la nulidad del matrimonio, o si lo hace uno de ellos con el consentimiento del el otro, tienen que acompañar el escrito inicial con un convenio regulador.

6. Si los cónyuges tienen hijos comunes que están bajo su potestad, el convenio regulador tiene que contener: d) Un plan de parentalidad, de acuerdo con el que establece el art. 233-9. e) los alimentos que tienen que prestar, tanto respecto a las necesidades

ordinarias como las extraordinarias, indicando la periodicidad, la modalidad de pago, los criterios de actualización y, si lo han previsto, las garantías.

f) Si procede, el régimen de relaciones personales con los abuelos y los hermanos que no convivan en el mismo domicilio.

7. Además de lo que establece el apartado 2, el convenio regulador también tiene que contener, si procede: e) La prestación compensatoria que se atribuye a uno del cónyuges,

indicando la modalidad de pago y, si procede, la duración, los criterios de actualización y las garantías.

f) La atribución o distribución del uso de la vivienda familiar con su menaje.

g) La compensación económica por razón del trabajo. h) La Liquidación del régimen económico matrimonial y la división de los

bienes en comunidad ordinaria indivisa. 8. A parte de lo que establecen los apartados 2 y 3, en el convenio regulador

los cónyuges también pueden acordar alimentos para los hijos mayores de edad o emancipados que no tengan recursos económicos propios.

C/ Pactos fuera del convenio regulador: arte. 233-5 CCCat.

1. Los pactos en previsión de una ruptura matrimonial otorgados de acuerdo con el arte. 231-20 y los adoptados después de la ruptura de la convivencia que no formen parte de una propuesta de convenio regulador vinculan los cónyuges. La acción para exigir el cumplimiento de estos pactos se puede acumular a la de nulidad, separación o divorcio y se puede pedir que se incorporen a la sentencia. También se puede pedir que se incorporen al procedimiento sobre medidas provisionales para que sean recogidos por la resolución judicial, si procede. 2. Los pactos adoptados después de la ruptura de la convivencia sin asistencia letrada, independiente por cada uno de los cónyuges, se pueden dejar sin efecto, a instancia de cualquiera de ellos, durante los tres meses siguientes a la fecha en qué son adoptados

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y, como máximo, hasta el momento de la contestación de la demanda o, si procede, de la reconvención en el proceso matrimonial en que se pretendan hacer valer. 3. Los pactos en materia de guarda y de relaciones personales con los hijos menores, y también los de alimentos a favor de estos, sólo son eficaces si son conformes a su interés en el momento en que se pretenda el cumplimiento.

ESTA AUTOMONIA NEGOCIAL DE LAS PARTES ES ILIMITADA?: NO, hay

revisión judicial de los Pactos.

A/ Hijos menores: Responsabilidad Parental, Guarda y Alimentos: Primero es

necesario el Informe favorable del Ministerio Fiscal, y después el Juez puede aprobar

o no los Pactos si estos no son favorables con el interés de los hijos menores.

B/ Acuerdos contrarios a Derecho: El Juez tiene que indicar qué puntos se tienen que

modificar y dar un plazo para hacerlo. Si los cónyuges no formulan una nueva

propuesta i esta tampoco se aprueba, el Juez adopta la resolución pertinente.

C/ Acuerdos contrarios a los intereses de los cónyuges: Son de naturaleza patrimonial.

Art. 90.2 Código Civil: el Juez puede denegar la aprobación de acuerdos gravemente perjudiciales para uno de los cónyuges. En Cataluña el Juez no los puede desaprobar en aplicación del arte. 233-3 CCCat.

Sentencia TSJC, Sec. 1a, 34/2010 de 10.09.2009, Recurso 95/2009, Ponente Enric

Angalda Fors: No se pueden desaprobar acuerdos que sean contrarios a los intereses de los cónyuges y sí en caso de que perjudiquen a los hijos menores o incapacitados. También se pueden fiscalizar los acuerdos contrarios a Derecho, aunque no afecten a los hijos menores. El pacto de subrogación en la hipoteca es válido, pero sólo tiene eficacia entre las partes y no afecta a la entidad financiera. La AUTONOMÍA NEGOCIAL DE LAS PARTES, ¿COMO LA TRASLADAMOS A LOS

PROCEDIMIENTOS JUDICIAL?: Con el CONVENIO, que puede haber sido negociado

por los Abogados de cada parte, o venir de un Acuerdo de Mediación.

1.- Si hay hijos menores no emancipados o con la capacidad modificada judicialmente

que dependan de sus progenitores, necesariamente lo tiene que aprobado el Juez al

dictar la Sentencia.

2.- Si los hijos son mayores de edad, independientes económicamente, lo aprueba el

Secretario Judicial, (Letrado de la Administración de Justicia), que declara la

separación / disolución del matrimonio por divorcio por Decreto.

Cada parte tiene que ir asistida de su propio Letrado.

Los hijos mayores de edad o menores emancipados que no tienen independencia

económica, tendrán que otorgar el consentimiento ante el Secretario judicial respecto

de las medidas que los afectan para no tener ingresos propios y convivir en el domicilio

familiar.

III.- Sistemas alternativos a la jurisdicción.

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A/ Separación o Divorcio Notarial: Arts. 82 y 87 Código Civil. Los requisitos y

circunstancias por el otorgamiento de la Escritura son los mismos que por el Decreto

del LAJ.

B/ Mediación: Cada vez se está apostando más por este sistema alternativo de

resolución de los conflictos. Se puede ir a Mediación en cualquier momento: antes de

iniciar el procedimiento, durante el procedimiento, y después de la Sentencia, para

evitar un procedimiento contencioso de Ejecución.

Las CCAA que tienen Ley de Mediación Familiar propia son: Andalucía, Aragón,

Asturias, Canarias, Cantabria, Castilla La Mancha, Castilla León, Comunidad

Valenciana, Galicia, Islas baleares, Madrid, y País Vasco.

Cataluña fue la primera CA al tener Ley de Mediación Familiar, y desde 2009 se amplió

al ámbito del Derecho Privado.

En España hay la Ley estatal, Ley 5/2012 de 6 de julio de mediación en asuntos civiles

y mercantiles, la última modificación se de 31.07.2015. Esta Ley incorpora al Derecho

Español la Directiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo y del Consejo de 21.05.2008.

Con la modificación de 31.07.2015, la Mediación ya queda plenamente consolidada

dentro de la LEC, tanto por los procedimientos Civiles como por los procedimientos

de Familia. A título de ejemplo:

Art. 19.1 LEC. Derecho de disposición de los litigantes: Los litigantes están facultados para disponer del objeto del juicio y podrán renunciar, desistir del juicio, allanarse, someterse a mediación o a arbitraje y transigir sobre lo que sea objeto del mismo, excepto cuando la ley lo prohíba o establezca limitaciones por razones de interés general o beneficio de tercero. Art. 770,7ª LEC. Procedimiento (Separación/Divorcio): Las partes de común acuerdo podrán solicitar la suspensión del proceso de conformidad con lo previsto en el art. 19.4 de esta Ley, para someterse a mediación. Art. 778 quinquies.12 LEC. Procedimiento (Restitución del menor): En cualquier momento del proceso, ambas partes podrán solicitar la suspensión del mismo de conformidad con lo previsto en el art. 19.4, para someterse a mediación. También el Juez podrá en cualquier momento, de oficio o a petición de cualquiera de las partes, proponer una solución de mediación si, atendiendo a las circunstancias concurrentes, estima posible que lleguen a un acuerdo, sin que ello deba suponer un retraso injustificado del proceso. .....

Art. 233-6 CCCat. Mediación familiar.- 7. Los cónyuges, en cualquier fase del procedimiento matrimonial y en cualquier

instancia, pueden someter las discrepancias a mediación e intentar llegar a un acuerdo total o parcial, excepto en los casos de violencia familiar o machista.

8. El inicio de un proceso de mediación familiar, antes de la interposición de la demanda o en cualquier fase del procedimiento matrimonial, a iniciativa de las partes o por derivación de los abogados o de otros profesionales, está sometido

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a los principios de voluntariedad y confidencialidad. En caso de desistimiento, este no puede perjudicar a los litigantes que han participado en dicho proceso.

9. La autoridad judicial puede remitir a los cónyuges a una sesión informativa sobre mediación, si considera que, atendidas las circunstancias del caso, todavía es posible llegar a un acuerdo.

10. las partes pueden pedir de mutuo acuerdo la suspensión del proceso mientras dura la mediación. La comunicación a la autoridad judicial del desistimiento de cualquier de las partes o del acuerdo obtenido en la mediación da lugar al levantamiento de la suspensión.

11. Los acuerdos obtenidos en la mediación, una vez incorporados en forma al proceso, se tienen que someter a la aprobación judicial en los mismos términos que el art. 233-3 establece para el convenio regulador.

12. Los acuerdos logrados en mediación respecto al régimen del ejercicio de la responsabilidad parental se consideran adecuados para los intereses del menor. La carencia de aprobación por la autoridad judicial se tiene que fundamentar en criterios de orden público e interés del menor.

Art. 233-7.3. Modificación de medidas.- “Si la parte que solicita judicialmente la modificación de las medidas establecidas por alteración sustancial de circunstancias ha intentado llegar a un acuerdo extrajudicial iniciando un proceso de mediación, la resolución judicial que modifica las medidas puede retrotraer los efectos a la fecha de inicio del proceso de mediación”. El “Encuentro” que organiza cada año el CGPJ con las Asociaciones de Abogados de

Familia de España (AEAFA, THEMIS y SCAF), el de este año 2017, los días 9, 10 y 11

de octubre en Madrid, ha sido dedicado íntegramente a la Mediación; y las

Conclusiones son comunicadas a todos los Órganos Judiciales, asociados de las tres

asociaciones de Abogados de Familia y Colegios de Abogados.

C/ Derecho Colaborativo: En el VII Encuentro Anual de socios de la SCAF

“Ampliando el Derecho de Familia. Cena jurídica en Palma de Mallorca” del 18 al 20

de mayo de 2017, la Dra. Elena Lauroba Lacasa, Profesora de Derecho Civil de la

Universitat de Barcelona, y la Sra. Montserrat Tur Racero, Abogada, Mediadora y

Coach hicieron una Comunicación sobre el Derecho Colaborativo: (*)

Ahora ya es una realidad en Cataluña, puesto que el día 21 de septiembre de 2017

tuvo lugar en Barcelona la Jornada sobre Derecho Colaborativo. Esta jornada

respondió al compromiso del Gobierno de la Generalitat de Cataluña en la promoción

y el desarrollo de los sistemas alternativos de gestión y resolución de los conflictos.

Fue la presentación pública de la “Asociación Catalana de Derecho Colaborativo”,

asociación que ha nacido al amparo del Departamento de Justicia de la Generalitat de

Cataluña, pero que se rige por sus propios estatutos y no depende de la Administración.

Qué es El Derecho Colaborativo como ADR (Alternative Dispute Resolution)?: (*) - El DC es un método alternativo de resolución de conflictos, que permite a

los Abogados llevar a cabo una negociación, de forma innovadora, colaborativa, honesta y sincera hacia la otra parte, sin que esto suponga perder la firmeza de la defensa de los intereses de sus clientes.

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- El DC, se desarrolla en un proceso basado en las necesidades y los intereses de las partes, las técnicas, mecanismos y herramientas sobre la gestión de conflictos, la gestión de las emociones y de las relaciones entre las partes, toma protagonismo. Los Abogados Colaborativos conocen y están formados para emplear estas herramientas. Los Abogados cuando actúan en un proceso como Abogados Colaborativos (no es una función permanente del Abogado, es una herramienta más) se comprometen a que, en caso de no llegar a un acuerdo satisfactorio, no representarán al cliente en el proceso contencioso sobre el asunto.

- El DC, hace del cliente el protagonista y principal partícipe del proceso y lo implica y acompaña. Es un proceso en el cual las partes son protagonistas en la investigación de soluciones.

- El proceso de negociación se hace de forma conjunta entre los Abogados Colaborativos y los clientes, pudiendo colaborar también si procede otros profesionales (mediadores, coachs, psicólogos, notarios, .....).

- Los valores del DC son el respeto, la transparencia, la equidad y la confidencialidad.

Desarrollo del Derecho Colaborativo: Nace en los Estados Unidos, donde diferentes Estados lo han regulado. También está presente en Canadá, Australia, Bélgica, Gran Bretaña, Italia y Francia que lo tiene en su Código Civil. En España hay diferentes asociaciones, de las que destacan la de Euskadi.

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La Filiazione.

Concha Ballester Colomer

Avvocato presso Valencia, Tarragona e Barcellona

1.-Il principio numero 3 della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (1959. ONU),

così come l’art. 7 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (New York, 20

novembre 1989) dichiarano che ogni bambino, ogni persona, ha diritto a un nome e

a una nazionalità.Nello stato spagnolo la filiazione conferisce al minore un nome e

due cognomi, e la sua nazionalità, tutto contemporaneamente, poiché il principio

generale è ius sanguinis: padre o madre spagnoli. Il Titolo Preliminare del Codice

Civile stabilisce le norme di diritto internazionale privato, applicabile a tutto il

territorio dello stato spagnolo: “La natura e il contenuto della filiazione, compresa

quella adottiva e le relazioni paterno-filiali, saranno disciplinate dalla Legge

personale del figlio”. “La legge personale corrispondente alle persone fisiche è quella

stabilita secondo la loro nazionalità”. Articolo 9. 4º, e 1º).

Tale norma di conflitto è applicabile anche a livello interregionale: la legge personale

viene stabilita anche per residenza civile catalana.

Nello stato, dalla Costituzione del 1973 (articolo 39) tutti i figli sono uguali davanti

alla legge, indipendentemente dalla loro filiazione.

2.-La Filiazione è oggetto di regolamentazione interna in ciascun paese e non

esistono trattati, ma si certe sentenze dal CEDH, ad essempio di 29/6/94 Vs.Reino

Unido; 8/10/2002 Youssef vs.Pays Bas, che versano sui limiti dalla legitimazione per

domandare la paternitá, senza possesione di stato, in caso de interessi oposti tra

genitore biologico e i figli,alla ricerca di un equilibrio. Il diritto europeo entrerà in

gioco per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze straniere tramite

l’applicazione dei Regolamenti propri E.U.,delle Convenzioni Internazionali, e del

Protocollo dell’Aia del 2007 (Regolamento sugli alimenti 4/2009, o Bruxelles II bis,

nel caso che la sentenza se filiazione accorda su alimenti e affidamento ecc.)

3.- La pubblicità della filiazione si verifica all’atto d’iscrizione all’Ufficio di Stato

Civile.La C. Constitizionale Italiana (dal 2016) disse che i certificati di nascita

stranieri dei figli di genitori entrambi cittadini italiani, nei quali già appare il

cognome materno AGGIUNTO a quello del padre, saranno accettati dalla normativa

italiana, a condizione che siano accompagnati da una prova della volontà comune dei

genitori di scegliere tale possibilità.

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Convenzione bilaterale tra Spagna e la Repubblica Italiana (Legge 11.12.1986, BOE

n. 124 del 24.05.1986): la documentazione di stato civile emessa da uno dei due Stati

non deve essere legalizzata se presentata alle Autorità dell’altro.

4.-La Catalogna possiede regolamentazione autonoma dalla Legge sulle Filiazioni

7/1991, del 27 aprile. Basata sul tradizionale “principio della libera ricerca della

paternità e della maternità senza limitazioni probatorie, così come il principio “favor

filii” e il suo corollario di non discriminazione tra filiazione matrimoniale e non

matrimoniale”. (Sentenza 31.1 2000, TSJCat.). Gli effetti e diritti connessi alla

filiazione (la responsabilitá dei genitori, diritto ad alimenti i diritti successorii) gli

regolamenta il diritto civile de Catalunya.

5.-Il Codice Civile Catalano (art. 235), come quello statale, stabilisce che la filiazione

può essere naturale o adottiva. Quella naturale distingue tra matrimoniale o non

matrimoniale, non per gli effetti sui figli, bensì come presupposto per l’esercizio di

azioni di filiazione. Ma la filiazione naturale comprende anche quella derivante

dall’utilizzo di tecniche di riproduzione assistita, in generale e senza distinzioni.E la

chiamata filiazione intenzionale. Questa viene parificata alla filiazione di natura. La

Legge Organica sulle Tecniche di Riproduzione Humana Assistita, applicabile a tutto

lo stato spagnolo (maggio 2006, modificata nel 2007), permette il libero accesso alla

banca anonima dei donanti di seme, ovociti o embrioni eccedenti criogenizzati a

qualsiasi donna, che come unico requisito civile debba essere maggiore di 18 anni.

6.- La Catalogna riconosce l’unione di fatto, omosessuale o no, dal 1989, e in Spagna

il matrimonio omosessuale è riconosciuto dal 2005, (non le unione civile) fatti che

implicano che è consentita la filiazione intenzionale/naturale sia di madri di famiglia

monoparentale, che di matrimonio eterosessuale, di matrimonio omosessuale

femminile, di unione di fatto omosessuale femminile (a Catalunya) essendo

necessario, affinché questa filiazione si verifichi, prima il consenso prestato alla

fecondazione del partner o del coniuge nel centro ospedaliero e dopo il posteriore

riconoscimento presso l’Ufficio di Stato Civile.

L'influenza della legge spagnola nella legge italiana: Casistica rilevante: coppia

omosessuale femminile italiana sposata in Spagna: la Corte di Appello di Milano, nel

2015 riconosceva come valida l’adozione concessa in Spagna a una donna italiana che

ha adottato la figlia biologica del suo coniuge. Le due italiane hanno avuto una figlia

tramite riproduzione assistita, si sono sposate successivamente in Spagna, hanno

provveduto all’adozione per madre non biologica matrimoniale, e dopo si sono

divorziate. Nonostante ciò, il tribunale considera che la procedura di adozione in

Spagna deve essere riconosciuta in Italia e ha anche riconosciuto in Italia le

condizioni convenute relative alla minore, ben ché la Stepchild adoption è

espressamente rifiutata dalla legge italiana sulle unioni civili.

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7.-In Catalogna é nello stato è possiblile la stepchild adoption, ed anche, a Catalulya,

la adozione per la coppia omosessuale(tutti e due).

8.-La coppia matrimoniale omosessuale di uomini ha accesso alla discendenza per

adozione, a Catalunya è nello stato.Il contratto di maternità surrogata risulta

espressamente NULLO, in virtù dell’art. 10 della LTRHA. La dottrina lo qualifica

contrario all’ordine pubblico, contrario alla dignità della madre e stabilisce che i figli

non sono oggetto di commercio. Ma,é altro il criterio della Direzione Generale dei

Registri, ex Circolare 5 ottobre 2010, espressamente riferita all’iscrizione della

filiazione dei figli cui origine risulta nella maternità surrogata contratta all’estero. È

necessario fornire al registro consolare, oltre alla certificazione di nascita straniera

legalizzata (dove appare la filiazione) la sentenza attraverso la quale si stabilisce la

filiazione, (nesso biologico) che deve essere pronunciata dall’organo straniero

competente: sarà Il titolo iscrivibile. Questo requisito ha come finalità controllare

l’adempimento della legislazione del paese straniero, così come la protezione degli

interessi di tutte le parti coinvolte. Non si tratta de iudicare il diritto applicabile,

bensì delle formalità necessarie per causare l’iscrizione ed evitare il tráffico dei

bambini.

La DGRN considera necessario l’exequatur. Il suo criterio è compatibile con CEDH:

la sentenza della Grande Chambre del 24 gennaio 2017, caso “Paradiso e Campanelli

vs. Italia, e anteriori Menesson e Labasse:rispetto alla identitá unica

transfrontiere.Esiste un progetto di legge nel parlamento estatale, promosso dal

partito “Ciutadans”, per la maternitá surogata. Anche in Catalogna è in fase di studio.

9.-AZIONI: Il Codice di procedura è comune a tutto il territorio nazionale.Con una

eccezione: per l’ammissione della domanda, a Catalunya, non è necessario un

principio di prova. Nello stato, invece è necessario, ma il criterio è molto

permissivo.( Caso DALÍ).La regolamentazione sostanziale si trova nell’art 235 del

Codice Catalano: Esistono alcuni diferenze nel fondo.Ad essempio le relazioni

sessuali simultanee non distruggono la presunzione di paternità (Favor filii) nel

C.C.Cat.

Azioni dichiarative: non cadono in prescrizione. La domanda della filiazione

matrimoniale può essere presentata dal padre, dalla madre e dai figli. La domanda di

filiazione non matrimoniale può essere presentata dai figli, direttamente o attraverso

i loro rappresentanti. S.T.C (sessione plenaria) del 12.1.2015: l’azione di domanda di

maternità fa parte di quelle di protezione constituzionale delle persone, di cui all’art.

10 e non cade in prescrizione indipendentemente dai fini della sua presentazione per

la figlia. (domanda di filizione materna 18 anni doppo conoscere la veritá biológica,

per impugnare simultaneamente il testamento materno per preterizione).

L’azione di domanda di paternità o maternità non matrimoniale per i genitori, in

nome e interesse propri bisogna previo tentativo extra iudice, o di approvazione

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giudiziale in via di giurisdizione volontaria.La dichiarazione di paternitá no

matrimoniale (tardiva) non fa cambiare il primo cognome (materno) dal figlio,per

rispetto alla sua identitá.(Ex giurisprudenza).

La contestazione della filiazione: Il marito, la madre può esercitare l’azione nel

termine di due anni a partire dalla data in cui conosce la nascita del figlio o quella

della scoperta delle prove a sostegno della contestazione. S.T.C (sessione plenaria)

del 5/6/97: è necessario l’intervento del difensore dei minori. Non c’è identità di

interessi tra madre/figlio.

La contestazione da parte del figlio della paternità matrimoniale può essere esercitata

entro i due anni successivi al compimento della maggiore età o alla scoperta delle

prove.

Contestazione della paternità non matrimoniale: padre, madre, figlio, possono

esercitare l’azione entro due anni dallo stabilimento della paternità o della

conoscenza delle prove. Contestazione della maternità: non cade in prescrizione.

Azione di contestazione del riconoscimento della paternità. È consentita, per vizio,

dolo, ecc.

Il riconoscimento di compiacenza è valido, ma anche contestabile, entro il termine.

(T.S.15/7/16) con exclusione dal riconoscimento per convenienza,in frode di legge,

nullo per via art.235-27 C.C.Cat.

E opzionale la richiesta di misure cautelari sui figli minori.

10.- Processi di filiazione: si svolge soto il principio de libertà di prova e ricerca dalla

veritá biologica.Non cerca equilibrio tra gli interessi. (caso incesto).Abbiamo una

cangiante valutazione del rifiuto di sottoporsi a test biologici (DNA): Corte di

Cassazione. 17 gennaio 2017: Il C.C presume ficta confessio, ma la giurispridenza

respinge che si possa attribuire al rifiuto un carattere assoluto di prova di

paternità.Nello stesso senso TSJCAT.: 31.1.2000.

11.- ALTRI AZZIONI- Risarcimento dei danni morali. Figli non biologici.

Responsabilità extracontrattuale, ex art 1902 C.C e 121 C.C C. La S.T.C del 22 luglio

1999 ha stabilito le basi di successiva dottrina unanime: la fedeltà è un obbligo non

coercitivo.(Ne anche la lealtá,base dal matrimonio del C.C.C). Ritiene la Corte che

l’infedeltà in sé non è causa di risarcimento poiché il divorzio non è causale né

colpevole. Nel caso, non è stato riconosciuto dolo né negligenza grave nella madre

che dia luogo né a risarcimento per responsabilità extracontrattuale, né al

risarcimento per alimenti richiesti dall’attore, corrisposti al figlio matrimoniale non

biologico.

Criteri di alcuni Tribunali Provinciali: Sentenza A.P Valencia 2 novembre 2004:

condanna anche il padre biologico, solidariamente, per danno morale. Dolo

nell’inganno sulla paternità dei figli (tre dei quattro); Murcia. 2009: condanna a

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danno morale, più al pagamento degli alimenti indebitamente percepiti.

AP.Barcelona 22/7/2005; TSJCat. 27/10/2013: applicano il criterio T.S 22 luglio 1999

y dottrina 1902 C.C (Rifiutano danno morale).

Nello stato soltanto è ammesso pagamento degli alimenti indebitamente percepiti a

contare dal momento della domanda. Dalla dichiarazione giudiziale della paternita

non sorge un obbligo con efficacia retroattiva al genitore che ha, da solo, provveduto

al mantenimento dal figlio, ne azione risarcitoria. Come dice il Tribunale

Costituzionale, (Pieno di 16 dicembre 2014) è certo che la retroattività degli alimenti

faciliterebbe processualmente il risarcimento del progenitore che compiè il suo

obbligo ex art. 154.1 del Codice Civile … ma la limitazione temporanea

dell'esigibilità degli alimenti, davanti all'inadempimento volontario da parte del

progenitore, risulta inoltre proporzionata per evitare una situazione di pendenza che

non sarebbe compatibile con la sicurezza giuridica. Ma la norma oggi contenuta

nell'art. 237-5 del Codice Civile della Catalogna stabilisce una sfumatura: "nel caso

degli alimenti ai figli minori, possono sollecitarsi gli anteriori al reclamo giudiziale o

extragiudiziale, fino ad un periodo massimo di un anno, se il reclamo non si fece per

una causa imputabile alla persona obbligata a prestarli.

12.- Risarcimento de danno morale causato al genitore che si è visto impedito di

mantenere le relazioni paterno-filiali per inadempimento o difficoltà nelle relazioni

con i figli. STC del 30 giugno 2009;A.P di Cadice, 8 aprile 2002.

13.-Non abbiammo antecedenti di risarcimento per danno morale conferito al figlio

per riconoscimento tardivo della paternità. Questo risarcimento è riconosciuto da

altri paesi,come Italia,Argentina o Mexico

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La Filiación

Concha Ballester Colomer

Abogado de Valencia, Tarragona y Barcelona

1.-El principio número 3 de la Declaración de Derechos del Niño (1959. ONU) así

como el art. 3 de la Convención de Derechos del Niño (New York, 20 noviembre

1989) declaran que todo niño, toda persona pues, tiene derecho a un nombre y a una

nacionalidad.

2.-En el estado español, la filiación provee al menor de un nombre y dos apellidos, y

de su nacionalidad, todo a la vez, ya que del principio general (ius sanguinis) resulta

que son españoles los hijos de padre o madre español. O los adoptados por padre o

madre españoles. (Aunque haya más supuestos).

3.- El Título Preliminar del Código Civil establece las normas de derecho

internacional privado, aplicable a todo el territorio del estado. En virtud del Artículo

9 , 4º y 1º, el carácter y contenido de la filiación, incluida la adoptiva y las relaciones

paterno-filiales, se regirán por la Ley personal del hijo. La ley personal

correspondiente a las personas físicas es la determinada por su nacionalidad.

Dicha norma de conflicto es también de aplicación inter regional: la ley personal se

determina igualmente, por la vecindad civil. La Compilación de Derecho Civil de

Cataluña de 1960, en su art. 3, se remite al T. Preliminar.

4.-La Filiación es objeto de regulación interna en cada país y no existen tratados

sobre su regulación. En España, desde la Constitución de 1973 (Artículo 39) todos los

hijos son iguales ante la ley, independientemente de su filiación, que produce los

mismos efectos.

5.- El derecho europeo entrara en juego, para el reconocimiento y ejecución de las

resoluciones extranjeras, o españolas en extranjero, por aplicación de los

Reglamentos propios E.U. por los Convenios Internacionales, el Protocolo de la Haya

de 2007. Hay alguna resolución de la de la CEDH respaldando la limitación de la

legitimación para reclamar la paternidad de algunos países miembros, cuando no hay

posesión de estado y si hay conflicto de intereses entre el padre y el interés del

menor, buscando un equilibrio: (29/6/94 Vs. Reino Unido; 8/10/2002. Youssef Vs.

Paises Bajos).

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Una resolución que declare el reconocimiento de la filiación y lleve aparejada

prestación de alimentos se incardinará en el Reglamento de alimentos 4/2009 e

incluso si la resolución dispone sobre la patria potestad y guarda del hijo, nos

remitiremos al Bruselas II bis.

La Ley sobre Cooperación Jurídica Internacional 2015, establece un sistema residual

para cuando no existen acuerdos ni tratados. Mantiene el exequatur como

instrumento de control de garantías procesales y del orden público, especialmente

cuando se trata de sistemas jurídicos no afines al nuestro.

6.- La publicidad de la filiación se produce en el acto de inscripción en el Registro

Civil.

La Corte Constitucional italiana por sentencia n. 286/2016 estableció que a partir del

29 de diciembre de 2016 las actas de nacimiento extranjeras de hijos de padres ambos

ciudadanos italianos, en las que ya aparezca el apellido materno AÑADIDO al del

padre, también serán aceptadas por la normativa italiana, a condición de que estén

acompañadas por una prueba de la voluntad común de los padres de elegir dicha

posibilidad.

Y viceversa: las certificaciones de nacimiento de hijo de españoles nacido en Italia

expedida por autoridad italiana, causarán inscripción en España también con el

apellido materno aun cuando no conste en la certificación.

En virtud del Convenio bilateral entre España y la República Italiana (Ley

11.12.1986, BOE n. 124 del 24.05.1986) la documentación de estado civil emitida por

uno de los dos Estados está exenta de legalización si se presenta a las Autoridades del

otro Estado cualquiera que sea el motivo.

7.-Cataluña posee regulación autónoma desde Ley de Filiaciones 7/1991, de 27 de

abril. Basada en el tradicional “principi de la lliure investigació de la paternitat i la

maternitat sense limitacions probatòries, així com el principi favor filii i el seu

corol·lari de no-discriminació entre filiació matrimonial i no matrimonial”.

(Sentencia 31.1 2000, TSJC :ver resumen histórico).Sus efectos (responsabilidades

parentales, alimentos, derechos sucesorios) son los regulados por el derecho civil de

Cataluña.

8.-El Código Civil de Cataluña, (art.235) igual que el estatal, determina que la

filiación puede tener lugar por naturaleza y por adopción. La natural, distingue entre

matrimonial o no matrimonial, no por los efectos sobre los hijos, sino como

presupuesto del ejercicio de acciones de filiación. Pero dentro de la filiación por

naturaleza, incluye la que tiene su origen en la utilización de técnicas de

reproducción asistida, en general y sin distinciones.

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Podría considerarse filiación “por naturaleza” cuando los gametos provengan del

material genético del marido y mujer o la pareja hetero sexual, pero cualquier

maternidad o paternidad que deriva de material genético de un tercero anónimo,

genera una filiación intencional, por voluntad o por consentimiento equiparada a la

filiación por naturaleza. La Ley de Técnicas de Reproducción Humana Asistida, Ley

Orgánica aplicable al estado, de mayo 2006, modificada en 2007, establece el libre

acceso de cualquier mujer mayor de 18 años al banco anónimo de donantes de

semen, de ovocitos o embriones excedentes criogenizados, como único requisito

civil.

9. En Cataluña se reconoce la pareja de hecho, homosexual o no, desde 1989, y en el

estado, el matrimonio homosexual desde 2005, lo que implica que cabe la filiación

por voluntad/por naturaleza, tanto de madres de familia monoparental, de

matrimonio heterosexual , de matrimonio homosexual femenino, de pareja de hecho

heterosexual o pareja de hecho homosexual femenina, siendo necesario para que esta

filiación se produzcan, primero el consentimiento prestado a la fecundación en el

centro hospitalario y posterior reconocimiento en el Registro Civil. Prestado el

consentimiento no cabe la impugnación de la paternidad ni maternidad, salvo error,

violencia, intimidación… (235-27 C.C.C).

Pero si la reclamación. Así lo dice la S.T.S en pleno de 15/1/2014 .Considera la

posesión de estado como presupuesto de legitimación y medio de prueba: compatible

con LTRHA. El consentimiento prestado constituye título bastante para atribución

de la filiación

10.- La filiación del matrimonio homosexual masculino, cabe por adopción en

Cataluña (como en el estado) y también la adopción por la pareja estable.

En el estado español solo se permite la stepchild adoption.

Casuística relevante: Influencia de la legislación española en el derecho italiano: La

AP. de Milán reconocía en diciembre de 2015 como válida, la adopción concedida en

España a una mujer italiana que adoptó a la hija biológica de su cónyuge. Las dos

italianas tuvieron una hija por reproducción asistida, se casaron después, en España,

procedieron a la adopción por la madre no biológica matrimonial, y luego se

divorciaron. Aun así, el tribunal considera que el procedimiento de adopción en

España debe ser reconocido en Italia e incluso reconoció y dio validez al convenio

regulador sobre las medidas relativas a la menor. La stepchild adoption está

expresamente prohibida por le ley de uniones civiles de Italia.

El contrato de maternidad subrogada resulta expresamente NULO en virtud del Art.

10 Ley de reproducción asistida. Según la doctrina es contrario al orden público

(atenta contra la dignidad de la madre, los hijos no son objeto de comercio).

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Sin embargo, la Resolución del a Dicc. Gral. Registros 5 de octubre 201, está

expresamente referida a la inscripción de la filiación de hijos cuyo origen está en la

maternidad subrogada contratada en país extranjero. Se exige aportar al Registro

consular, además de la certificación legalizada de nacimiento extranjera (donde

aparece la filiación) la sentencia por la que se establece la filiación, (nexo biológico)

que ha de emanar del órgano competente. Sera el titulo inscribible. Esta exigencia

tiene como finalidad controlar tanto el cumplimiento del contrato de acuerdo con la

legislación del país, como la protección de los intereses de todas las partes

implicadas, especialmente, los del menor y la mujer gestante. No se trata de calificar

el derecho aplicable sino de cumplir las formalidades necesarias para causar

inscripción.

La DGRN, considera necesario instar el exequátur. En cuanto al orden público, La

DGRN afirma que no es contrario al orden público que un matrimonio homosexual

tenga hijos: sería discriminatorio respecto pareja /matrimonio homosexual femenino,

y sería contrario al favor filii negar la inscripción y privar a un niño de su filiación

declarada, única, transfronteriza y de su nacionalidad. (Acorde SS. Menesson /

Labasse. La no inscripción constituye una violación del artículo 8 de la Convención

Europea de Derechos Humanos por intromisión /respeto a la vida privada y familiar).

Su criterio es compatible con TEDH, Sentencia de la Gran Sale de 24 de enero de

2017, en el caso “Paradiso y Campanelli vs. Italia”, avala a los tribunales italianos, al

quitar la tenencia de un niño a un matrimonio por maternidad subrogada en Rusia

(Georgia) y no poseen ningún vínculo biológico con el niño (falsificaron certificado

nacimiento).

Sentencia de 13 de marzo de 2017del Tribunal Superior de Justicia de Madrid

deniega el salvoconducto a los padres españoles, varones, que pretendían traerse al

nacido por gestación por sustitución en Rusia, sin que existiera una sentencia de un

Tribunal que determinara la filiación a su favor, ni control de legalidad (además de

nula relación biológica con el hijo). Sería acorde con DGRN .Más parece en ambos

casos que se esté encubriendo un tráfico de niños.

Está en trámite un proyecto de ley en parlamento estatal Instado por “Ciutadans”.

11.- Acciones de filiación. La ley rituaria es común a todo el territorio nacional. Con

una excepción: para admisión de la demanda, en Catalunya, no es necesario un

principio de prueba. En el estado si, pero con un criterio muy permisivo.

La regulación sustantiva se encuentra en art 235 del Código Civil Catalán:

Las acciones declarativas no prescriben. La reclamación de la filiación matrimonial

pueden ejercerla el padre, la madre y los hijos, por sí mismos o mediante sus

representantes

Doctrina del T.C (sesión plenaria) del12.1.2015: la acción de reclamación de la

maternidad forma parte de aquellos derechos de protección constitucional de las

personas, ex art. 10 de la Constitución. No prescribe independientemente de los

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objetivos de su demanda. El supuesto fue de reclamación de filiación materna 18

años después de conocer la verdad biológica, para impugnar simultáneamente el

testamento materno por preterición.

Filiación no matrimonial: pueden instarla os hijos por sí mismos o por medio de sus

representantes legales.

El padre y la madre pueden ejercer la acción de reclamación de paternidad o

maternidad no matrimonial, en nombre e interés propios durante toda su vida

(previo intento extrajudicial o de aprobación judicial en vía de jurisdicción

voluntaria). En este caso, no se produce automáticamente el cambio de apellido del

menor. Puede mantenerse primero el de la madre para preservar la identidad

adquirida del niño. (Ex doctrina jurisprudencial).

Cabe la adopción de medidas cautelares sobre el hijo.

La impugnación de la filiación está sometida a cortos plazos. El marido puede ejercer

la acción de impugnación de la paternidad matrimonial en el plazo de dos años a

partir de la fecha en que conozca el nacimiento del hijo o del descubrimiento de las

pruebas en que fundamenta la impugnación, y por la madre en el mismo plazo. El

Pleno del T.S en sentencia de 5/6/97 estableció la necesidad de defensor judicial del

menor, no dándose identidad de intereses madre/hijo.

La impugnación por el hijo de la paternidad matrimonial, puede ejercerse dentro de

los dos años siguientes al cumplimiento de la mayoría de edad o al descubrimiento de

las pruebas.

Impugnación de la paternidad no matrimonial: padre, madre, hijo, pueden ejercer la

acción durante dos años desde el establecimiento de la paternidad o del

conocimiento de las pruebas. El reconocimiento de complacencia es válido, pero

también impugnable, dentro del plazo. (T.S 15/7/16) con exclusión del

reconocimiento de “conveniencia” que es el hecho para crear una mera apariencia en

fraude de ley (art. 6.4 CC) y cuya consecuencia es la “nulidad” según el art. 235-27

del Código Civil de Cataluña.

Impugnación de la maternidad no prescribe para los hijos.

Para que prospere cualquier acción de impugnación de la paternidad matrimonial y

no matrimonial, debe probarse de modo concluyente. En el derecho catalán las

relaciones sexuales múltiples no destruyen por si mismas la presunción de paternidad

12.-Procesos de filiación: se rigen por el principio de libertad de prueba y prevalece

la búsqueda de la verdad biológica. No se pondera un equilibrio entre los intereses

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del padre y el hijo. En la legislación estatal se establece el filtro judicial solo en caso

de incesto, no en derecho catalán.

El Tribunal Supremo (ST. 17 de enero de 2017) rechaza que se pueda atribuir a la

negativa a someterse a la práctica de la prueba biológica un carácter absoluto de

prueba de paternidad, ni puede interpretarse dicha negativa como una ficta

confessio…sino la condición de un indicio probatorio que ha de ser calibrado en

relación con la base probatoria (indiciaria) existente en el procedimiento. En el

mismo sentido TSJC: 31.1.2000.

OTRAS ACCIONES:

13.-Indemnización de daños morales. Hijos no biológicos. Deber de fidelidad.

Responsabilidad ex art 1902 C.C 121 C C.C: La S. T.S de 22 julio 1999 fijó las bases de

posterior doctrina unánime: la fidelidad es un deber no coercitivo, no indemnizable

ya que el divorcio no es causal ni culpable. Lo mismo puede decirse del deber de

lealtad establecido en el C.C Cat. (2010). No se apreció, en el caso, dolo ni

negligencia grave en la madre que diese lugar ni a resarcimiento por responsabilidad

extracontractual, ni a indemnización por alimentos reclamados por el demandante

satisfechos a hijo matrimonial no biológico.

Criterios de algunas A. Provinciales: Sentencia A.P Valencia 2 de noviembre de

2004: condena al padre biológico también, solidariamente, por daño moral. Dolo en

el engaño sobre la paternidad del hijos (tres de cuatro eran de padre no

matrimonial); A.P León .2009. Concepción valiéndose de tercero; Murcia. 2009:

condena a daño moral, más al pago de alimentos indebidamente percibidos; A.P

Barcelona 22/7/2005 y TSJC 27/10/2003: no condena a resarcimiento por daño moral

al no apreciar dolo. Aplican doctrina 1902 C.C.

En el estado, de la declaración judicial de la paternidad no surge una obligación con

eficacia retroactiva a favor de progenitor ha atendido al mantenimiento del hijo.

Como dice el Tribunal Constitucional, (Pleno de 16 de diciembre 2014), la

retroactividad de los alimentos facilitaría procesalmente el reembolso al progenitor

que cumplió su obligación ex art. 154.1 del Código Civil como vía para reclamar la

deuda al incumplidor, pero la limitación temporal de la exigibilidad de los alimentos,

(desde la demanda), resulta proporcionada para evitar una situación de pendencia

que no sería compatible con la seguridad jurídica.

Pero la norma contenida en el art. 237-5 del Código Civil de Cataluña establece una

matización: “en el caso de los alimentos a los hijos menores, pueden solicitarse los

anteriores a la reclamación judicial o extrajudicial, hasta un período máximo de un

año, si la reclamación no se hizo por una causa imputable a la persona obligada a

prestarlos”

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14.- Indemnización por daño moral causado al progenitor que se ha visto impedido

de mantener las relaciones filiales por incumplimiento o dificultad interpuesta por el

progenitor custodio. STS de 30 junio 2009. Ponente Dª Encarnación Roca. AP de

Cádiz, Secc. 2ª, de 8 abril 2002.

15.- No tenemos precedentes de resarcimiento por daño moral acordado al hijo por

causa del reconocimiento tardío de la paternidad. Se produce en otros países como

Italia, México o Argentina.

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Accesso e protezione giurisdizionale dei diritti di famiglia.

Joaquin Bayo Delgado

Avvocato

La Spagna è uno stato plurilegislativo in materia civile, come risulta da precedenti

conferenze e come si può osservare dalle mappe della presente esposizione. Le

Comunidades Autónomas (Comunità autonome) di Catalogna, Aragona, Navarra,

Galizia, Paesi Baschi e Baleari sono le regioni, in maggiore o minore misura, con

tradizione storica ininterrotta di legislazione propria in materia di famigliae

successioni; in Catalogna c’è una forte tradizione di diritto romano, poiché il diritto

romano classico e postclassico è stato vigente come diritto suppletivo delle leggi

catalane fino al 1960.

In contrasto con questa diversità, la Costituzione Spagnola ha definito un sistema

giudiziario (Potere Giudiziario, in termini costituzionali) di tipo unitario, nel senso

che esiste una sola amministrazione di giustizia in tutta la Spagna e non esistono,

quindi, “tribunali catalani” nel vero senso della parola: “amministrazione di giustizia

in Catalogna”, e non “amministrazione di giustizia della Catalogna”.

Lasciando da parte laAudiencia Nacional (Tribunale Nazionale), che non ha alcuna

competenza civile (e men che meno, di famiglia), il primo livello giuridico, espletato

dai tribunali in composizione monocratica (un giudice per ogni tribunale, anche se ci

possono essere più giudici in una stessa sede giudiziaria), è costituto dai giudici

specializzati nei quattro ordinamenti giurisdizionali di base (civile, penale,

amministrativo edel lavoro), che a seconda della sede giudiziaria possono essere a loro

volta sotto-specializzati (commerciale, civile generale, famiglia, ecc.). Nelle sedi

piccole esistono soltanto tribunali civili generali (“tribunale di primo grado”,

sottinteso “civile”) che trattano tutte le questioni eccetto quelle commerciali, e quelle

in materia penale (indagini preliminari). I tribunali di famiglia sono presenti soltanto

in sedi di una certa importanza dal punto di vista del numero di abitanti.

Dal 2004 esistono Tribunali per la Violenza sulle Donne, che sono di competenza

mista civile e penale (indagini preliminari) per i casi in cui vi sono indizi di violenza

di genere (non contemplano altre forme di violenza domestica). Hanno vis attractiva

di competenza per tutte le materie di famiglia, quindi i tribunali di famiglia o civili

generali con sezione famiglia devono inoltrargli i casi riguardanti coppie o ex coppie

eterosessuali.

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La specializzazione di alcuni tribunali in materia di famiglia non implica (come è il

caso di altre materie, ad esempio, commerciale) che i giudici a questi destinati debbano

possedere questa specializzazione, che non è prevista per legge. Nemmeno l’esistenza

di ordinamenti civili regionali (un Codice Civilecompleto in Catalogna) significa che

i giudici a questi destinati siano specializzati o debbano avere dimostrato conoscenza

specifica; è soltanto un titolo preferenziale ai fini di un concorso all’interno della

comunità autonoma. Lo stesso succede, naturalmente, con la conoscenza della lingua

co-ufficiale, se c’è.

Nel sistema processuale spagnolo, il Ministerio Fiscal (PubblicoMinistero) rappresenta

anche gli interessi dei minori e delle persone con capacità giuridica limitata. Ma la

realtà è che, per formazione e vocazione, salvo rispettabili eccezioni, la difesa di questi

interessi è soltanto formale.

Le sentenze in materia di famiglia ammettono il ricorso in appello, con alcune

eccezioni importanti (misure cautelari e provvedimentiurgenti). Anche qui esiste

diversità nei Tribunali Provinciali, che risolvono l’appello in funzione della

specializzazione. Ci sono casi in cui esistono sezioni specializzate e casi in cui non

esistono. Anche qui la specializzazione dei magistrati del tribunale non è prevista per

legge.

Dal 2001 le questioni di famiglia ammettono ricorsi in cassazione e straordinari per

vizio procedurale. Se il vizio invocato è soltanto di diritto statale, la competenza è

della Corte Suprema. Se il vizio invocato è di diritto regionale, nonostante sia invocato

anche un vizio di diritto statale, la competenza spetta ai Tribunali Superiori delle

Comunità Autonomeche lo prevedono nei loro Statuti Regionali (tra cui la Catalogna).

Nel processo in primo grado, prima dell’atto di citazione si possono richiedere per

iscritto misure cautelari o provvedimenti urgenti, con una udienza di discussione orale

(vista oral)dove la controparte presenta comparsa di risposta e dove sono prodotte le

prove necessarie.Anche la comparsa di risposta all’atto di citazione principale scrittosi

presenta per iscritto; la controparte può riconvenire sulle questioni che non sono state

sollevate dal ricorso, e che siano di diritto dispositivo (vale a dire, che non interessano

minori o persone con capacità legale limitata); l’attore può replicare alla domanda

riconvenzionale. È prevista un’udienza di discussione orale (vista oral) per eccezioni

procedurali e per la proposta e produzione delle prove; in molti casi è consentito

formulare conclusioni, che possono essere per iscritto, se ci sono prove in attesa di

produzione (ad esempio, ricevimento di informazioni scritte, riguardanti minori,

chieste dal tribunale su richiesta delle parti o d’ufficio).

All’appello scritto si può presentare opposizioneper iscritto. L’appellato può

approfittarne per impugnare la sentenza.Espletate queste formalità, il fascicolo viene

inoltrato al Tribunale Provinciale, dove la procedura normalmente non prevede

l’udienza di discussione orale (vista oral). Soltanto se c’è produzione di prove in

appello (prove non prodotte in primo grado oindebitamente non ammesse, o scaturite

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da nuovi fatti rilevanti), che non siano meramente documentali, viene indetta

un’udienza di discussione orale. La produzione di prove in secondo grado è una delle

cause di maggiore dilazione nel processo d’appello.

Il ricorso per cassazione in materia di famiglia è sempre per “interesse cassazionale”,

vale a dire, per violazione della giurisprudenza (sentenze della Corte Suprema o dei

Tribunali Superiori delle Comunità Autonome, se si tratta di diritto regionale); per

contraddizione interpretativa dei vari Tribunali Provinciali; o per assenza di

giurisprudenza su una norma con meno di cinque anni di validità fino a quel

momento. Nel diritto catalano, il medesimo ricorso non prevede il suddetto limite

temporale di validità della norma e nemmeno la contraddizione interpretativa dei vari

Tribunali Provinciali, poiché, o c’è giurisprudenza del Tribunale Superiore di Giustizia

(Tribunal Superior de Justicia) della Catalogna o non c’è, e il ricorso alla cassazione

sarà dovuto a una di queste due cause. Il ricorso per cassazione è molto formale (si

parla della “tecnica cassazionale”) e deve soddisfare dei requisiti espositivi particolari

(elenco dei motivi, riassunto, citazione delle norme e della giurisprudenza violate, in

cosa sono state violate, ecc.). Inoltre deve ricevere i fatti provati della sentenza di

appello (anche se la parte li contesta). Infatti è molto frequente che sia dichiarata

irricevibile a limine perché la cassazione contempla altri fatti non dichiarati provati.

Il ricorso straordinario per vizio procedurale è pensato per essere risolto, prima della

cassazione, dai Tribunali Superiori, ma “transitoriamente” dal 2001 tali vizi devono

essere accumulati e risolti dallo stesso tribunale della cassazione. Il ricorso per vizio

procedurale non è possibile con procedimento indipendente quando la cassazione è

investita per motivi di materia (non per la somma), che è sempre il caso della famiglia.

Questo provoca una situazione assurda per la quale un vizio procedurale grave non

può essere corretto se non c’è base per la cassazione (sempre per diritto sostanziale).

Un caso tipico è quello di un errore palese nella valutazione della prova (rientra solo

eccezionalmente nel vizio procedurale): non può essere invocato se non c’è vizio

sostanziale (cassazione) applicatoai fatti dichiarati provati (ma erronei). Lo stesso

succede se esiste un vizio procedurale che ha causato mancanza di difesa ma che non

può essere invocato se la sentenza non ha violato la norma sostanziale (anche se il

vizio procedurale abbia potuto portare a un’altra sentenza di fondo diversa).La

Catalogna, regione in cui si applicano le stesse norme processuali statali, ha norme

processuali speciali solo quando è previsto dal suo diritto sostanziale e il vizio

procedurale di un precetto catalano è risolto anche dalla cassazione, di modo che in

questo caso non si verifica il circolo vizioso di cui sopra.

Il sistema giurisdizionale spagnolo in materia di famiglia, insieme alla legge sostanziale

applicabile, è migliorato dall’introduzione del divorzio nel 1981. La mia valutazione

personale, tuttavia, è che ci siano ancora aspetti disfunzionali. L’atteggiamento

paternalista (e a volte apertamente anti-divorzista, che impone assegni alimentari e

misure atte ad ostacolare un nuovo rapporto di coppia) è generalmente sparito. Il

ricorso alla cassazione, con l’unificazione dei variprincipi precedenti dei Tribunali

Provinciali, ha contribuito a questa evoluzione positiva. La soppressione del divorzio

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per colpa nel 2005 ha sgombratoi procedimenti dall’individuazione delle

responsabilità e dalla produzione di prove ormai inutili. La possibilità di divorzio

davanti a notaio o funzionario dell’Amministrazione di Giustizia (prima secretarios

judiciales, cancellieri), quando non ci sono figli minori o con capacità giuridica

limitata, non ha avuto un impatto significativo sul volume eccessivo del carico di

lavoro dei tribunali.

Tuttavia, si verifica frequentemente la mancanza di rigore procedurale, con la scusa

della difesa dell’interesse del minore, che riguarda anche le questioni di diritto

dispositivo.Questo fa sì che, nella pratica dell’avvocatura, molti avvocati non

specialisti si cimentino in questioni di famiglia.

Qualcosa di simile si può dire della carenza di specializzazione dei giudici, sia nel

diritto di famiglia che nel diritto regionale di famiglia; la qualità delle sentenze è,

frequentemente, molto migliorabile. Se c’è una componente internazionale, allora la

carenza di qualitàè veramente frequentissima.

Il carico di lavoro dei tribunali, soprattutto nelle grandi città (come è il caso della

provincia di Barcellona), dilata indebitamente i tempi di risoluzione (anni) in una

materia che è particolarmente urgente, soprattutto in presenza difigli minori.

Ridotti i termini per azionare la causa di divorzio aitre mesi dal matrimonio, il nucleo

conflittivo è rappresentato dalle misure annesse (responsabilitàgenitoriale, assegni

alimentari, ecc.), che ritardano i processi. Nel diritto civile statale il legislatore ha

tralasciato l’aggiornamento delle norme per adeguarsi alla realtà sociale attuale. In

Catalogna, la tecnica legislativa è migliore e le norme sono più recenti, anche se

sempre migliorabili. Dal punto di vista processuale, è necessario un procedimento

specifico per l’esecuzione delle sentenze di famiglia, che possiede solo poche norme

speciali.C’è bisogno anche di una legge statale sulle coppie di fatto e di una

regolamentazione processuale paritaria a quella del divorzio matrimoniale.

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Acceso a la justicia y protección jurisdiccional de los derechos

familiares.

Joaquín Bayo Delgado

Abogado

España es un estado plurilegislativo en materia civil, como resulta de anteriores

ponencias y se visualiza en los mapas de la presente exposición. Las comunidades

autónomas de Cataluña, Aragón, Navarra, Galicia, País Vasco y Baleares son las zonas,

en mayor o menor medida, con tradición histórica ininterrumpida de legislación

propia en materia de familia y sucesiones; en Cataluña hay una fuerte tradición de

derecho romano ya que el derecho romano clásico y posclásico estuvo vigente como

derecho supletorio de las leyes catalanas hasta 1960.

En contraste con esa diversidad, la Constitución Española diseñó el sistema judicial

(Poder Judicial, en términos constitucionales) con carácter unitario, de manera que

hay una sola administración de justicia en toda España y no existen, por tanto,

“tribunales catalanes” en el sentido estricto: “administración de justicia en Cataluña”,

y no “administración de justicia de Cataluña”.

Dejando a un lado la llamada Audiencia Nacional, que no tiene ninguna competencia

civil (y menos de familia), el primer nivel jurisdiccional, servido por tribunales

unipersonales (cada juzgado un juez, aunque pueda haber varios jueces en una misma

sede judicial), está constituido por juzgados especializados en los cuatros órdenes

jurisdiccionales básicos (civil, penal, administrativo y laboral), que según las sedes

judiciales pueden estar a su vez sub-especializados (mercantil, civil general, familia,

etc.). En las sedes pequeñas solo hay juzgados civiles generales (“juzgado de primera

instancia”, se sobreentiende “civil”) que llevan todos los asuntos menos los

mercantiles, a la vez que las materias penales (instrucción/investigación de causas

penales). Los juzgados de familia solo existen en sedes de una cierta importancia por

su número de habitantes.

Desde 2004 existen Juzgados de Violencia sobre la Mujer, con competencias mixtas

civil y penal (instrucción) para supuestos en que existen indicios de violencia sexista

(no incluyen otras formas de violencia doméstica). Tienen vis atractiva competencial

para todas las materias de familia, de manera que los juzgados de familia o civiles

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generales con asuntos de familia deben remitirles los casos relativos a parejas o ex

parejas heterosexuales.

La especialización de algunos juzgados en asuntos de familia no implica (como es el

caso en otras materias, por ejemplo, mercantil) que los jueces destinados en ellos

tengan esa especialización, que no existe legalmente. La existencia de derechos civiles

autonómicos (un Código Civil completo en Cataluña) tampoco significa que los jueces

destinados en ellos sean especialistas o hayan acreditado conocimiento de esos

derechos; solo es un mérito preferente para conseguir plaza en la comunidad

autónoma. Lo mismo ocurre, por cierto, con el conocimiento de la lengua co-oficial si

la hay.

En el sistema procesal español, el Ministerio Fiscal (Public Prosecutor) tiene también

la representación de los intereses de los menores o de las personas con capacidad

judicialmente restringida. La realidad es que, por formación y vocación, salvo honrosas

excepciones, la defensa de esos intereses es formal.

Las resoluciones en materia de familia tienen acceso al recurso de apelación, con

algunas excepciones importantes (medidas previas y medidas provisionales mientras

se tramita el proceso). Aquí también hay diversidad en las Audiencias Provinciales,

que resuelven la apelación, en cuanto a especialización. Hay casos de secciones

especializadas y casos en que no las hay. También aquí la especialización de los

magistrados del tribunal no existe legalmente.

Desde 2001 los asuntos de familia tienen acceso a los recursos de casación y

extraordinario por infracción procesal. Si solo de alega vulneración de derecho estatal,

es competente el Tribunal Supremo. Si la vulneración alegada es derecho autonómico,

aunque también se alegue vulneración de derecho estatal, son competentes los

Tribunales Superiores de las distintas Comunidades Autónomas que lo prevén en sus

Estatutos Autonómicos (Cataluña entre ellas).

En el procedimiento en primera instancia, antes de la demanda se pueden pedir por

escrito medidas previas o medidas provisionales para mientras dure el proceso, con

una vista oral donde la otra parte contesta y se practican las pruebas necesarias. La

demanda principal escrita es contestada también por escrito; el demandado puede

reconvenir en aquellos temas que no han sido suscitados por la demanda y que sean

de derecho dispositivo (es decir, que no afecten a menores o personas con capacidad

legalmente limitada); el demandante puede contestar la reconvención. Hay una vista

oral para cuestiones procesales y para la proposición y práctica de prueba; en muchos

casos se permite formular conclusiones, que pueden ser escritas si hay pruebas

pendientes (por ejemplo, recepción de información escrita requerida por el juzgado a

instancia de las partes o de oficio, si afecta a menores).

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La apelación escrita puede ser contestada también por escrito. El apelado puede

aprovechar para impugnar la sentencia si no la ha apelado. Tras esos trámites el

expediente es enviado a la Audiencia Provincial, donde el trámite es normalmente sin

vista oral. Solo si hay práctica de prueba en la apelación (pruebas no practicadas en

primera instancia o indebidamente denegadas, o por hechos nuevos relevantes), que

no sea meramente documental, se practica una vista oral. La prueba en segunda

instancia es una de las causas de mayor dilación en el procedimiento de la apelación.

El recurso de casación en materia de familia es siempre por interés casacional, es decir,

por vulneración de la jurisprudencia (sentencias del tribunal Supremo o de los

Tribunales Superiores de las Comunidades Autónomas, si se trata de derecho

autonómico); por contradicción en los criterios de varias Audiencias Provinciales; o

por ausencia de jurisprudencia sobre una norma con menos de cinco años de vigencia

hasta el momento. En la casación de derecho catalán no hay límite de antigüedad de

la norma y la contradicción de varias Audiencias Provinciales no es motivo de

casación, porque o bien hay jurisprudencia del Tribunal Superior de Justicia de

Cataluña o no la hay y la casación será por una u otra de esas dos causas. El recurso de

casación es muy formalista (se habla de la técnica casacional) y debe cumplir unos

requisitos expositivos especiales (titulación de los motivos, resumen, mención de las

normas y jurisprudencia infringidas, en qué han sido infringidas, etc.). También debe

asumir los hechos probados de la sentencia de apelación (aunque la parte los

cuestione). De hecho, es muy frecuente que se inadmita a limine porque la casación

presume otros hechos no declarados probados.

El recurso extraordinario por infracción procesal está pensado para ser resuelto, antes

de la casación, por los Tribunales Superiores, pero “transitoriamente” desde 2001

deben acumularse y los resuelve el mismo tribunal de la casación. El recurso por

infracción procesal no es posible de forma independiente cuando la casación es por

razón de la materia (no por la cuantía), que es siempre el caso de familia. Eso provoca

una situación absurda por la cual una infracción procesal grave no puede corregirse si

no hay base para la casación (siempre por derecho sustantivo). Un caso típico es el de

una infracción patente en la valoración de la prueba (solo cabe excepcionalmente

como infracción procesal): no puede atacarse si no hay vulneración sustantiva

(casación) aplicada sobre los hechos declarados probados (pero erróneos). Lo mismo

ocurre si existe una vulneración procesal que ha causado indefensión pero que no

puede atacarse si la sentencia no ha vulnerado la norma sustantiva (aunque la

infracción procesal hubiera podido llevar a otra sentencia distinta de fondo). Cataluña,

donde se aplican las mismas normas procesales estatales, tiene normas procesales

especiales solo cuando lo requiere su derecho sustantivo y la infracción procesal de un

precepto procesal catalán se articula también por la casación, de suerte que en ese caso

no se da el señalado círculo vicioso.

El sistema de jurisdiccional español en materia de familia, juntamente con la ley

sustantiva aplicable, ha mejorado desde la implantación del divorcio en 1981. La

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valoración personal, no obstante, es que todavía hay aspectos disfuncionales. La

actitud paternalista (y a veces abiertamente anti-divorcista, imponiendo pensiones y

medidas para dificultar una nueva relación de pareja) ha desaparecido en términos

generales. El acceso a la casación, con la unificación de los dispares criterios anteriores

de las Audiencias Provinciales, ha contribuido a esa evolución positiva. La supresión

en 2005 del divorcio causal ha liberado los procesos de interferencias culpabilísimas y

pruebas ya inútiles. La posibilidad de divorcio ante notario o ante letrado de la

Administración de Justicia (antes secretarios judiciales, registrars, greffiers), cuando

no hay hijos menores o con capacidad limitada, no ha tenido un impacto significativo

en el volumen excesivo de la carga de asuntos en los juzgados.

Con todo, se da con frecuencia falta de rigor procesal, bajo la excusa de la defensa del

interés del menor, que también afecta a los temas de derecho dispositivo. Eso hace

que, en la práctica de la abogacía, muchos abogados no especialistas se atrevan con

casos de familia.

Algo parecido se puede decir de la falta de especialización en los jueces, ni en derecho

de familia ni en derecho autonómico de familia; la calidad de las resoluciones es,

frecuentemente, manifiestamente mejorable. Si hay un componente internacional,

entonces debe decirse que es muy frecuente la falta de calidad.

La carga de trabajo de los juzgados, especialmente en las grandes ciudades (toda la

provincia de Barcelona es el caso), dilata indebidamente los tiempos de resolución

(años) en una metería que es especialmente urgente, sobre todo si hay menores.

Limitada la causa de divorcio al transcurso de tres meses desde el matrimonio, las

medidas anexas (responsabilidad parental, pensiones, etc.) son el núcleo conflictivo,

que retrasa los procesos. En derecho civil estatal el legislador ha descuidado la puesta

al día de las normas para cubrir la realidad social actual. En Cataluña, la técnica

legislativa ha sido mejor y las normas son recientes, aunque siempre mejorables.

Procesalmente, hace falta un proceso específico para la ejecución de las sentencias de

familia, que solo tiene unas pocas normas especiales. También hace falta una ley estatal

de parejas estables y una regulación procesal igual al divorcio matrimonial.