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1 Diritto delle persone e delle relazioni familiari. Note proprie e sistema delle fonti. Alberto Figone Avvocato In Italia il diritto di famiglia e delle relazioni familiari è, per la maggior parte, disciplinato nel libro primo del codice civile. Il modello di famiglia contemplato nella formulazione originaria del codice del 1942, si basava su una concezione patriarcale, risalente ancora nei suoi tratti essenziali al diritto romano. Così, a titolo esemplificativo, il marito era “a capo” della famiglia, mentre la moglie doveva seguirlo ovunque egli avesse inteso fissare la sua residenza; vi era una profonda discriminazione tra figli legittimi (ossia nati all’interno del matrimonio) e quelli illegittimi (frutto di una relazione non matrimoniale), i quali ultiminemmeno potevano essere riconosciuti se il padre fosse stato sposato con una donna diversa dalla madre. Solo il padre aveva la potestà sui figli (che appunto veniva chiamata “patria potestà”). Il quadro era completato da una corrispondente disciplina penale che sanzionava l’adulterio della moglie, mentre per l’uomo solo nel più grave caso di concubinaggio. La Costituzione Repubblicana del 1948 ha configurato un nuovo modello di famiglia e, prima ancora, di relazioni interpersonali, basato sul principio di uguaglianza non solo in senso formale, ma pure sostanziale (art. 2 e 3). La famiglia viene definita dall’art. 29, se pure con una certa ambiguità, come società naturale fondata sul matrimonio, là dove il termine “società” è inteso come “formazione sociale”, anzi la primaria formazione sociale in cui l’individuo sviluppa la sua personalità. Il matrimonio si basa espressamente sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Nel contempo si afferma come i genitori abbiano obblighi di mantenere, assistere ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio (tuttavia con il limite di compatibilità dei diritti dei figli legittimi). I valori della Costituzione sono stati fatti propri dalla riforma del diritto di famiglia del 1975: uguaglianza dei diritti e dei doveri tra coniugi, previsione della comunione legale quale regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione (al fine di avvantaggiare il componente più debole della coppia), maggiore considerazione della posizione e delle aspirazioni dei figli minori; attribuzione della potestà ad entrambi i genitori, eliminazione delle più vistose discriminazioni tra figli legittimi e naturali (così ridenominati). Nel contempo, vi è stata una modifica della separazione personale, in precedenza ammessa solo “per

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1

Diritto delle persone e delle relazioni familiari. Note proprie e sistema

delle fonti.

Alberto Figone

Avvocato

In Italia il diritto di famiglia e delle relazioni familiari è, per la maggior parte,

disciplinato nel libro primo del codice civile. Il modello di famiglia contemplato nella

formulazione originaria del codice del 1942, si basava su una concezione patriarcale,

risalente ancora nei suoi tratti essenziali al diritto romano. Così, a titolo

esemplificativo, il marito era “a capo” della famiglia, mentre la moglie doveva seguirlo

ovunque egli avesse inteso fissare la sua residenza; vi era una profonda discriminazione

tra figli legittimi (ossia nati all’interno del matrimonio) e quelli illegittimi (frutto di

una relazione non matrimoniale), i quali ultiminemmeno potevano essere riconosciuti

se il padre fosse stato sposato con una donna diversa dalla madre. Solo il padre aveva

la potestà sui figli (che appunto veniva chiamata “patria potestà”). Il quadro era

completato da una corrispondente disciplina penale che sanzionava l’adulterio della

moglie, mentre per l’uomo solo nel più grave caso di concubinaggio.

La Costituzione Repubblicana del 1948 ha configurato un nuovo modello di famiglia

e, prima ancora, di relazioni interpersonali, basato sul principio di uguaglianza non

solo in senso formale, ma pure sostanziale (art. 2 e 3). La famiglia viene definita

dall’art. 29, se pure con una certa ambiguità, come società naturale fondata sul

matrimonio, là dove il termine “società” è inteso come “formazione sociale”, anzi la

primaria formazione sociale in cui l’individuo sviluppa la sua personalità. Il

matrimonio si basa espressamente sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Nel

contempo si afferma come i genitori abbiano obblighi di mantenere, assistere ed

educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio (tuttavia con il limite di compatibilità

dei diritti dei figli legittimi).

I valori della Costituzione sono stati fatti propri dalla riforma del diritto di famiglia

del 1975: uguaglianza dei diritti e dei doveri tra coniugi, previsione della comunione

legale quale regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa

convenzione (al fine di avvantaggiare il componente più debole della coppia),

maggiore considerazione della posizione e delle aspirazioni dei figli minori;

attribuzione della potestà ad entrambi i genitori, eliminazione delle più vistose

discriminazioni tra figli legittimi e naturali (così ridenominati). Nel contempo, vi è

stata una modifica della separazione personale, in precedenza ammessa solo “per

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colpa” di uno dei coniugi e poidivenuta strumento per risolvere una situazione di

intollerabilità della convivenza.

Pochi anni prima della riforma del diritto di famiglia, nel 1970, era entrata in vigore

in Italia la l. n. 898, che ha introdotto il divorzio; si è esclusa così l’indissolubilità del

vincolo coniugale. Si tratta di una legge che aveva molto scosso l’opinione pubblica,

tanto da dare luogo al primo referendum abrogativo della storia dell’Italia

repubblicana, che si concluse con la vittoria di chi era favorevole all’istituto.

Negli anni successivi, una sempre maggiore attenzione ai valori costituzionali da parte

dei Giudici, soprattutto di merito e poi della stessa Cassazione, ha portato al

riconoscimento ed alla tutela di nuove forme di forme di famiglia, basate non già sul

vincolo coniugale, ma sulla convivenza more uxorio e sull’affetto reciproco delle parti.

Ciò si è realizzato tramite l’estensione al convivente di determinati diritti spettanti al

coniuge (assegnazione della casa in presenza di scioglimento della famiglia con figli

minori, risarcimento del danno in caso di morte o lesione del partner ecc.).

Gli ultimi anni hanno visto l’entrata in vigore di numerose leggi, in materia di diritto

di famiglia, con riforme non più procrastinabili, nel rispetto dei principi costituzionali

ma pure di quelli contenuti nella CEDU, in particolare negli artt. 8 e 14. La Corte

Costituzionale, sulla base di una nuova interpretazione dell’art. 117 Cost. ha per di più

affermato che le norme CEDU, come interpretate dalla Corte di Strasburgo, assumono

un ruolo primario nella gerarchia delle fonti, al pari dei precetti costituzionali. Va qui

ricordata innanzitutto la l. n. 54/2006, con cui è stato introdotto, quale regola generale,

l’affidamento condiviso dei figli minori, per i casi di crisi della coppia genitoriale

(fondata o meno sul matrimonio), ma pure la 192/2012 ed il successivo decreto

legislativo n. 154/2013, sullo stato unico della filiazione; è stata così definitivamente

eliminata qualsiasi discriminazione tra figli, se nati all’interno, ovvero al di fuori del

matrimonio. Nel contempo l’arcaica nozione di “potestà genitoriale” è stata sostituita

da quella più moderna, propria dei Regolamenti comunitari, di “responsabilità

genitoriale”, indicativa di un dovere, piuttosto che di un potere dei genitori sui figli,

di assicurarne crescita ed educazione adeguate.La l. 162/2014 ha introdotto la

negoziazione assistita, quale strumento alternativo alla giurisdizione, per addivenire

alla separazione e al divorzio. La l. 173/2015 ha inteso garantire una continuità

affettiva e relazionale ai minori che, per problematiche della famiglia d’origine, sono

temporaneamente affidati ad un diverso nucleo familiare. La l. n. 76/2016 ha

introdotto di recente l’unione civile tra persone dello stesso sesso, legittimando così

la costituzione di un vincolo formale tra persone che, proprio per il loro orientamento

sessuale, non accedono al matrimonio. Contrariamente a quanto previsto in altri

Paesi, l’Italia non ha dunque ammesso il c.d. matrimonio egualitario, ma ha affiancato

al matrimonio (che rimane prerogativa delle coppie di sesso differente) un nuovo

istituto, in buona parte strutturato sulla sua falsariga.

In questi ultimi mesi si assiste poi ad un intervento sempre più frequente della

giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, con un compito di supplenza del

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legislatore italiano, in funzione di una sempre maggiore applicazione dei principi della

CEDU. Questo si verifica soprattutto nel delicato settore della filiazione e della

responsabilità genitoriale. Si è così riconosciuta quella che, con termine anglosassone,

viene identificata come stepchild adoption (in Italia, adozione in casi particolari), in

favore del convivente dello stesso sesso del genitore biologico di un minore; si è

ammessa la trascrizione di atti di nascita formati all’estero, in cui i minori risultavano

figli di due donne o di due uomini, si attribuisce giuridica rilevanza a forme di

genitorialità sociale, a prescindere dalle risultanze dello stato civile.

Anche la Corte costituzionale è di recente intervenuta su temi molto sensibili in

campo familiare: è stata ad esempio dichiarata l’illegittimità delle norme, che

imponevano la sola attribuzione del cognome paterno ai figli matrimoniali,

escludendo la possibilità di attribuire loro anche il cognome della madre.

Nello stesso tempo sono all’esame del Parlamento diversi disegni di legge: sulla

revisione delle competenze tra tribunale ordinario e minorile, sui patti

prematrimoniali, sul c.d. testamento biologico, ecc. Da tempo poi si auspica una

riforma dell’adozione (piena) di minorenni, con l’apertura anche a coppie non

coniugate, dello stesso sesso, ovvero a singoli.

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Derecho de las personas y de las relaciones familiares. Notas

propias y sistema de fuentes.

Alberto Figone

Abogado

En Italia el derecho de familia y de las relaciones familiares está disciplinado, por la

mayoría en el primer libro del Codice Civile. El modelo de familia contemplado en la

formulación originaria del Codice de 1942, se basaba sobre una concepción patriarcal,

remanente en sus tratos esenciales del derecho romano. Por ejemplo, a titulo

informativo, el marido era “el jefe” de la familia, mientras que la mujer tenía que

seguirlo donde el quisiese establecer su residencia; había una profunda discriminación

entre hijos legítimos (o sea nacidos dentro del matrimonio) y ilegítimos (fruto de una

relación no matrimonial), los cuales ni siquiera podían ser reconocidos si el padre

estaba casado con una mujer diferente de la madre. Tan solo el padre tenía los derechos

parentales sobre los hijos (que se llamaba “patria potestad”). El cuadro estaba

completado por una correspondiente disciplina penal que sancionaba el adulterio de

la mujer, mientras que por el hombre, solamente en el caso más grave de concubinato.

La Constitución republicana de 1948 ha configurado un nuevo modelo de familia y,

antes de eso de relaciones interpersonales, basado sobre el principio de igualdad no

solamente en sentido forma, sino también substancial (art. 2 y 3). La familia ha sido

definida por el art. 29, aunque si con cierta ambigüedad, como una sociedad natural

fundada sobre el matrimonio, en que la palabra “sociedad” se entiende por “formación

social”, y de hecho la primaria formación social en la que el individuo desarrolla su

personalidad. El matrimonio se basa expresamente sobre la igualdad moral y jurídica

de los cónyuges. Al mismo tiempo se afirma como los padres tengan la obligación de

mantener criar y educar a sus hijos, aunque nacidos fuera del matrimonio (sin embargo

con el limite de compatibilidad de los derechos de los hijos legítimos).

Los valores de la Constitución fueron adoptados por la reforma del derecho de familia

de 1975: igualdad de los derechos y obligaciones entre cónyuges, previsión de la

comunión legal como régimen económico patrimonial legal de la familia, si no existe

una convención diferente (para conseguir ventajas para el componente más débil de

la pareja) más consideración de la posición y aspiraciones de los hijos menores;

atribución de los derechos parentales a ambos los padres, eliminación de las

discriminaciones entre hijos legítimos y naturales (así renombrados). En el mismo

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tiempo, ha habido una modificación de la separación personal, que antes estaba

admitida solamente “por culpa” de uno de los cónyuges y luego ha llegado a ser

herramienta para resolver una situación de intolerabilidad de la convivencia.

Pocos años antes de la reforma del derecho de familia, en el 1970, había entrado en

vigor en Italia la ley n. 898, que había introducido el divorcio; se ha excluido así la

solidez del vínculo conyugal. Se trata de una ley que había sacudido la opinión pública,

tanto que se dio lugar al primer referéndum derogatorio en la historia de la Italia

republicana, que se concluyó con la victoria de los que estaban favorable a este

instituto.

En los años sucesivos, una mayor atención a los valores constitucionales por parte de

los jueces, ha llevado al reconocimiento y a la tutela de nuevas formas de familia,

basada no sobre el vínculo familiar, sino sobre la convivencia no marital y sobre el

afecto mutuo de la pareja. Eso se ha realizado por medio de la extensión a el

convivi,ente de determinados derechos que corresponden al cónyuge (asignación de

la casa en presencia de disolución de la familia con hijos menores, reparación del daño

en caso de muerte o lesión de la pareja ecc.)

En los últimos años se ha observado la entrada en vigor de muchas leyes, en materia

de derecho de familia, con reformas que ya no se podían aplazar, con arreglo a los

principios constitucionales y también contenidos en la CEDU, en particular en los artt.

8 y 14. La Corte Constitucional, sobre la base de una nueva interpretación del at. 117

Cost. ha afirmado que las normas CEDU, como interpretadas por la Corte de

Estrasburgo, toman un papel primario en la jerarquía de las fuentes, al igual que los

preceptos constitucionales. Se tiene ahora que mencionar, en primer lugar, la ley n.

54/2006, con la que fue introducido, como regla general, la custodia compartida de los

hijos menores, en casos de crisis de la pareja parental (fundada o no sobre el

matrimonio), pero también la 192/2012 y el siguiente d. lgs. n. 154/2013 sobre el estado

único de la filición; ha sido definitivamente eliminada cualquier discriminación entre

hijos nacidos dentro o fuera del matrimonio. Al mismo tiempo la noción arcaica de

potestad parental ha sido substituida por una más moderna, propia de los Reglamentos

comunitarios, de “responsabilidad parental”, que indica una obligación, más que un

poder de los padres sobre los hijos, de asegurar crecimiento y educación adecuados. La

ley 162/2014 ha introducido la negociación asistida, como herramienta alternativa a

la jurisdicción, para llegar a la separación y al divorcio. La ley n.173/2015 ha querido

garantizar una continuidad afectiva y relacional a los menores que, por problemas de

la familia de origen, sean temporáneamente bajo el cuidado de un núcleo familiar

diferente. La ley n. 76/2016 ha introducido recientemente la union civil entre personas

del mismo sexo, legitimando la constitución de un vínculo formal entre personas que,

precisamente por su orientación sexual, no tienen acceso al matrimonio.

Contrariamente a lo que está previsto en otros Países, Italia no ha admitido el

matrimonio igualitario, pero ha añadido al lado del matrimonio (que queda como

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prerrogativa de las parejas de sexo diferente) un nuevo instituto, por la mayoría

estructurado en línea con el matrimonio.

En los últimos años se asiste a una intervención cada vez más frecuente de la

jurisprudencia, también del Tribunal de Casación, con una tarea de suplencia del

legislador italiano, en función de una cada vez mayor aplicación de los principios de

la CEDU. Esto se verifica sobre todo en el sector delicado de la filiación e de la

responsabilidad parental. Así se ha reconocido aquella que, con palabra anglosajona,

se identifica como stepchild adoption (en Italia adopción en casos particulares), en

favor del conviviente de l mismo sexo del padre biológico de un menor; se ha admitido

la transcripción de certificados de nacimiento formatos en el extranjero, en los que los

menores resultaban hijos de dos mujeres o de dos hombres, se atribuye relevancia

jurídica a formas de parentalidad social, independientemente de los resultados del

estado civil.

También la Corte constitucional ha intervenido recientemente sobre temas muy

sensibles en campo familiar: por ejemplo ha sido declarada la ilegitimidad de las

normas, que imponían la atribución del apellido del padre a los hijos matrimoniales,

excluyendo la posibilidad de atribuirles también el apellido de la madre.

Al mismo tiempo, están en examen del Parlamento diferentes proyectos de ley: sobre

la revisión de las competencias entra tribunal ordinario y de menores, sobre los

acuerdos prematrimoniales, sobre el denominado testamento biológico, etc. Desde

hace mucho tiempo se espera una reforma de la adopción (plena) de menores, con

apertura también a parejas no casadas, del mismo sexo, o de solteros.

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Le famiglie ed il diritto: comparazione tra le diverse forme giuridiche di

relazioni familiari..

Elisa Chiaretto

Avvocatessa

In Italia sino al maggio 2016 il modello tradizionale di matrimonio tra un uomo e una

donna rappresentava l’unica forma di unione familiare regolamentata con la

conseguenza che le coppie dello stesso sesso, non potendo accedere al matrimonio, si

trovavano di fronte alla totale assenza di una forma alternativa di riconoscimento

giuridico della loro relazione.

La Corte Costituzionale in più occasioni aveva richiamato il legislatore italiano ad

intervenire sul punto, affermando il diritto delle coppie omosessuali di ottenere un

riconoscimento giuridico (Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170; Corte Cost., 15 aprile

2010, n. 138), ma solo con la definitiva condanna dell’Italia da parte della CEDU (21

luglio 2015, Oliari e altri c. Italia) si è pervenuti ad una svolta in materia (sul punto

anche la sentenza CEDU del 24 giugno 2010, Shalk e Kopf c. Austria; sent. 7 novembre

2013, Vallianatos e altri c. Grecia). Con tale sentenza viene per la prima volta

configurato un obbligo positivo degli Stati parti della Convenzione europea dei diritti

dell’uomo, e quindi dell’Italia, di adottare una legislazione appropriata a garantire il

riconoscimento giuridico alle coppie dello stesso sesso ai sensi dell’art. 8 CEDU.

La legge sulla “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e

disciplina delle convivenze”, Legge n. 76/2016, è stata approvata l’11 maggio 2016 ed

è entrata in vigore il 5 giugno 2016. In data 19 gennaio 2017 sono stati emanati tre

decreti attuativi – in vigore dall’11 febbraio 2017 – aventi ad oggetto: “adeguamento

delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni,

trascrizioni e annotazioni” (d.lgs. n. 5/2017); “modificazioni ed integrazioni normative

in materia penale” (d.lgs. 6/2017); “modifiche e riordino delle norme di diritto

internazionale privato” (d.lgs. 7/2017).

Differentemente da altri paesi europei ove vige l’istituto del matrimonio anche per

coppie dello stesso sesso, il legislatore italiano ha quindi optato per un regime di

registrazione corrispondente all’unione civile assumendo a modello la legge tedesca

sulla quale, come noto, ha inciso la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione

europea che ha sostanzialmente dichiarato la contrarietà al diritto dell’Unione di tutte

le differenze tra tale legge e il matrimonio – in materia di trattamento pensionistico e

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dei lavoratori - che sono state sottoposte al suo esame (10 maggio 2011, causa C-

147/08, Romer, in Raccolta 2011, p. I-3591 ss.; 1 aprile 2008, causa C-267/06,

TadaoMaruko, in Raccolta 2008, p. I-1757; 6 dicembre 2012, cause C-124/2011, C-

125/2011 e C-143/2011, BundesrepublikDeutschland c. Karen Dittrich e Robert

Klinke)

La legge sulle unioni civili è divisa in due parti: nella prima si disciplinano le unioni

civili tra persone dello stesso sesso(commi 1-34); nella seconda la convivenza di fatto

tra persone dello stesso sesso o tra persone di sesso diverso (commi 36 -65).

Nella prima parte sono contenute specifiche norme mutuate dal regime matrimoniale,

e viene operato un richiamo espresso ad altre disposizioni proprie di detto istituto. E

ciò con la precisazione di cui al comma 20 art. 1 della normativa in esame,ove si

stabilisce che la normativa del codice civile ove si fa riferimento ai coniugi e al

matrimonio si applica solo ove espressamente richiamata dalla legge stessa.

La norma presenta alcuni aspetti problematici che verranno esaminati tra i quali la

circostanza che èstata esclusa la possibilità di accedere all’istituto della adozione

“piena” e alla c.d. stepchildadoption ovvero la possibilità dell’adozione da parte del

partner dell’unione civile.

Tuttavia si deve considerare che l’intervento della giurisprudenza ha parzialmente

colmato il vuoto legislativo con la conseguenza che, nonostante l’assenza di una

espressa previsione normativa, la stepchildadoption in favore del partner omosessuale

rappresenta un istituto applicato giudizialmente ai sensi dell’art. 44 lett. d) L. n.

184/1983 che legittima l’adozione in caso di impossibilità di un affidamento

preadottivo (Trib. Min. Roma 30.07.2014, n. 299; Cass. Civ., sez. I, 26.05.2016, n.

12962).

Verrà altresì considerata la disciplina delle convivenzee del “contratto di convivenza”

che può essere stipulato per regolare i rapporti patrimoniali.

Per altri versi verrà esaminato anche un’ulteriore aspetto dellanormativa in esame

riguardante la disciplina del ricongiungimento familiare del cittadino di un paese terzo

o di un cittadino dell’Unione, ovvero il rilievo della legge 76/2016 in relazione alla

realizzazione della libera circolazione delle persone e al diritto dell’Unione europea.

La disciplina applicabile nel caso di coesione dei cittadini dell'Unione con i loro

familiari (tanto cittadini dell'Unione che cittadini di paesi terzi) è attualmente

contenuta nellaDirectiva2004/38/CE del Parlamento Europeo y del Consejo, de 29 de

abril de 2004, relativa al derecho de losciudadanos de la Unión y de losmiembros de

susfamilias a circular y residirlibremente en el territorio de losEstadosmiembros,

recepita in Italia con d.lgs. 6 febbraio 2007 n. 30.

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Le modalità di ingresso e soggiorno dei familiari di un cittadino di paese terzo che

risieda regolarmente in uno Stato membro sono invece disciplinate dalla Directiva

2003/86/CE del Consejo, de 22 de septiembre de 2003, sobreelderecho a la

reagrupaciónfamiliar, recepita in Italia con d.lgs. 8 gennaio 2007 n. 5, che ha

comportato la modifica delle disposizioni pertinenti contenute nel d.lgs. 25 luglio 1998

n. 286 (artt. 28 ss.-Testo Unico sull’Immigrazione).

Vi sono quindi in linea di principio due differenti fonti normative (d.lgs. 30/2007 e

artt. 28 ss. T.U. sull'Immigrazione) che disciplinano la materia a seconda che i soggetti

che chiedono di ricongiungersi con i loro familiari siano cittadini dell'Unione (che

abbiano esercitato il diritto di libera circolazione) o cittadini di paesi terzi. Si deve

inoltre considerare che le disposizioni contenute nel d.lgs. 30/2007, quindi la

normativa dell'Unione, si applicano anche ai familiari di cittadini italiani se più

favorevoli rispetto ad altre normative quali quelle contenute nel sopra menzionato

d.lgs. 286/89 (Testo Unico sull'Immigrazione) in materia di unità familiare (art. 23

d.lgs. 30/2007).

Con circolare del 5 agosto 2016 (prot. n. 3511) il Ministero dell’Interno ha chiarito

che con l’entrata in vigore della legge sulle unioni civili viene estesa la normativa in

materia di ricongiungimento familiare (art. 29) e permesso di soggiorno per motivi

familiari (art. 30) contenuta nel T.U. sull’Immigrazione anche alle parti dell’unione

civile tra persone dello stesso sesso. Pertanto il cittadino di un paese terzo che

soggiorna regolarmente in Italia può chiedere il nulla osta al ricongiungimento

familiare di cui agli artt. 29 ss del TU sull’Immigrazione a favore del partner unito

civilmente purché maggiorenne e non legalmente separato (si veda sul punto la

sentenza CEDU del 30.06.2016, Taddeucci e McCallcon cui l’Italia è stata condannata

per non avere concesso al partner omosessuale (cittadino di paese terzo) stabilmente

convivente con un cittadino italiano, il permesso di soggiorno per motivi familiari).

Quanto ai familiari di cittadini dell’Unione europea (e italiani) è fondamentale

individuare quali soggetti possono rientrare nella categoria dei "familiari" in base alla

direttiva 2004/38/CE e al d.lgs. 30/2007. La direttiva adotta una definizione di famiglia

più ampia di quella tradizionale in modo tale da tenere conto dell'evoluzione

dell'istituto familiare che si registra in molti Stati europei, riconoscendo il diritto al

ricongiungimento non soltanto al "coniuge" del cittadino dell'Unione, ma anche al

"partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla

base della legislazione dello Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro

ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni

previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante" (art. 2, lett. b).

Tale disposizione è stata interamente recepita nel d.lgs. 30/2007 (art. 2, lett. b) anche

seha potuto trovare piena applicazione in Italia solo con l’approvazione della legge

76/2016 con la conseguenza che il partner convivente che ha contratto con un

cittadino europeo un'unione civile registrata può ora vantare un “diritto al soggiorno”

ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 30/2007, non rientrando quindi più nella categoria degli

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"altri familiari" (di cui all'art. 3 d.lgs. 30/2007), il cui ingresso e soggiorno può

unicamente essere "agevolato". Nell’ambito dell’art. 3d.lgs. 30/2007 rientrano invece i

“conviventi di fatto” di cui alla legge 76/2016 ovvero il "partner con cui il cittadino

dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione

ufficiale".

Quanto al ricongiungimento familiare del coniuge dello stesso sesso, si da conto della

sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 13.02.2012 (si veda anche Tribunale di

Pescara, ordinanza 15.01.2013) che ha riconosciuto il diritto ad ottenere una carta di

soggiorno "di familiare di un cittadino dell'Unione" (art. 10 d.lgs. 30/2007) ad un

cittadino uruguayano che aveva contratto in Spagna un matrimonio con un cittadino

italiano dello stesso sesso. Per giungere a tale conclusione il Tribunale ha utilmente

richiamato, oltre alla giurisprudenza rilevante in materia, l'art. 9 della Carta dei Diritti

Fondamentali dell'Unione europea che ha individuato in capo ad ogni persona "il

diritto di sposarsi e costituire una famiglia", senza alcuna limitazione alle sole coppie

di diverso genere.

Dovranno essere a questo riguardo considerate anche le difficoltà interpretative che

pone l’art. 32 bis della l. 218/95, introdottodal d.lgs. 7/2017,ove si precisa che il

matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso

produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana.

Si consideri che è attualmente pendente avanti la Corte di Giustizia dell’Unione

europeail caso ComanC-673/16 originato da un rinvio pregiudiziale di interpretazione

sollevato in data 30.12.2016 dalla Corte Costituzionale della Romania con cui si chiede

di delinearela nozione di coniuge ai sensi dell’art. 2, par. 2, lett. a) della direttiva

2004/38. Con la prima questione pregiudiziale si chiede infatti se “El «cónyuge» del

artículo 2, apartado 2, letra a), de la Directiva 2004/38/[CE], en conexión con

losartículos 7, 9, 21 y 45 de la Carta de losDerechosFundamentales de la Unión

Europea ¿comprende elcónyuge del mismosexo, procedente de un Estadoque no es

miembro de la Unión Europea, de un ciudadano de la Unión Europea con

elquedichociudadanocontrajo legalmente matrimonio con arreglo a la normativa de

un Estadomiembro distinto del Estado de acogida?

Un ulteriore aspetto problematico che pone la nuova normativa è quello della

applicabilità alla disciplina delle unioni civili dei regolamenti europei in materia di

giurisdizione, legge applicabile e obbligazioni alimentari.

Relativamente al Reglamento (CE) nº 2201/2003 del Consejo, de 27 de noviembre de

2003, relativo a la competencia, elreconocimiento y la ejecución de

resolucionesjudiciales en materia matrimonial y de responsabilidadparental (Bruxelles

II bis)in dottrina si è evidenziato che tale strumento non riguarderebbe le unioni civili

in quanto ricomprende nel suo ambito di applicazione esclusivamente le cause di

annullamento e scioglimento di un vincolo matrimoniale tra coppie di sesso diverso.

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5

E tale esclusione sembrerebbe confermata dalla circostanza che le unioni civili sono

state contemplate dalregolamento UE 1104/2016 del 24.06.2016 sui rapporti

patrimoniali tra le parti di una unione registrata, che ha dedicato ad esse una disciplina

differente rispetto a quella dei rapporti patrimoniali tra coniugi (Regolamento UE

1103/2016).

La questione della applicabilità della disciplina di conflitto del Reglamento (UE) n.

1259/2010 por elque se establece una cooperaciónreforzada en elámbito de la

leyaplicable al divorcio y a la separaciónjudicial (Roma III) anche allo scioglimento

delle unioni civili,dovrebbe essere risolta per effetto del richiamo alla legge applicabile

in base al regolamento Roma III operato dal comma 2 dell’art. 32 quater della l.

218/1995 introdotto dal d.lgs. 7/2017.

Ugualmente l’art. 45 della l. 218/95 introdotto dal d.lgs. 7/2017 stabilisce

espressamente che le obbligazioni alimentari sono disciplinate dalla legge designata

dal Reglamento (CE) n. 4/2009 del Consejoen materia de obligaciones de alimentosche

a sua volta richiama il Protocollo dell’Aja del 2007 sulla legge applicabile alle

obbligazioni alimentari.

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6

Las familias y el derecho: comparación entre las diferentes

formas jurídicas de las relaciones familiares.

Elisa Chiaretto

Abogada

En Italia hasta mayo 2016 el modelo tradicional de matrimonio entre un hombre y

una mujer representaba la única forma de unión familiar reglamentada, con la

consecuencia que las parejas del mismo sexo, que no podían acceder al matrimonio se

encontraban con una ausencia total de una forma alternativa de reconocimiento

jurídico de su relación.

La Corte Constitucional Italiana, en diferentes ocasiones había invitado el legislador

italiano a intervenir sobre este tema, afirmando el derecho de las parejas homosexuales

de obtener un reconocimiento jurídico (Corte Cost., 11 de junio de 2014, n. 170; Corte

Cost., 15 de abril de 2010, n. 138), más solamente con la condena definitiva de Italia

por parte de la CEDU (21 luglio 2015, Oliari e altri c. Italia) se logró un avance (sobre

este tema la sentencia TEDH de 24 de junio de 2010, Shalk e Kopf c. Austria; sent. 7

de noviembre de 2013, Vallianatos e altri c. Grecia).

Con esta decisión, por primera vez se configura un obligo positivo de los estados de la

Convención europea de los derechos humanos y por eso de Italia, de adoptar una

legislación apropiada que garantice el reconocimiento jurídico de las parejas de mismo

sexo en virtud del art. 8 CEDH.

La ley sobre la “Reglamentación de las uniones civiles entre personas del mismo sexo

y disciplina sobre la convivencia” Ley n. 76/2016, fue aprobada el 11 de mayo de 2016

y entró en vigor el 5 de junio de 2016. El 19 de enero de 2017 se han publicado tres

decretos de actuación – en vigor desde el 11 de febrero de 2017 – que tienen como

objeto : “adaptación de las disposiciones del ordenamiento del estado civil in materia

di inscripción, transcripción, anotación” (d.lgs. n. 5/2017); “modificación y integración

normativa en materia penal” (d.lgs. 6/2017); “modificación y reordenación de las

normas de derecho internacional privado” (d.lgs. 7/2017).

De manera diferente de los otros países europeos, donde se aplica el instituto del

matrimonio también para parejas del mismo sexo, el legislador italiano ha escogido un

régimen de registro correspondiente a la unión civil utilizando como modelo la ley

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alemana sobre la cual, como es sabido, ha incidido la jurisprudencia de la TEDH que

substancialmente ha declarado la contrariedad de todas la diferencias entre esta ley y

el matrimonio - en materia de pensiones y trabajadores - que se han sometido a

estudios, al derecho de la Unión (10 maggio 2011, causa C-147/08, Romer, in Raccolta

2011, p. I-3591 ss.; 1 aprile 2008, causa C-267/06, Tadao Maruko, in Raccolta 2008, p.

I-1757; 6 dicembre 2012, cause C-124/2011, C-125/2011 e C-143/2011,

Bundesrepublik Deutschland c. Karen Dittrich e Robert Klinke).

La ley sobre las uniones civiles está dividida en dos partes: en la primera se disciplinan

las uniones civiles entre personas del mismo sexo (apartados 1-34); e la segunda la

convivencia de hecho entre personas del mismo sexo o entre personas de sexo

diferente (apartados 36-65).

La primera parte contiene normas especificas que se han tomado del régimen

matrimonial, y se hace referencia a otras disposiciones propias de dicho instituto. Con

eso la aclaración mencionada en el párrafo 20 art. 1 de la normativa en cuestión, en el

que se establece que la normativa del Código Civil donde se hace referencia a los

cónyuges y al matrimonio se aplica solamente cuando sea expresamente previsto por

la misma ley.

La norma presenta unos aspectos problemáticos que se examinarán como la

circunstancia que se haya excluido la posibilidad de acceder al instituto de la adopción

¨llena” y a la dicha stepchild adoption, la posibilidad de la adopción por parte de uno

de los miembros de la union civil.

Sin embargo se tiene que considerar que la intervención de la jurisprudencia ha

parcialmente llenado el vacío legislativo con la consecuencia que, aunque la ausencia

de una expresa provisión normativa, la stepchild adoption en favor de la pareja

homosexual representa un instituto aplicado judicialmente en virtud del art. 44 letra

d) L. n. 184/1983 que legitima la adopción en caso de imposibilidad de un acogimiento

preadoptivo (Trib. Min. Roma 30.07.2014, n. 299; Cass. Civ., sez. I, 26.05.2016, n.

12962).

En adición, se considerará la disciplina de la convivencia y del contrato de convivencia

que puede ser estipulado para regular las relaciones patrimoniales. Por otro lado se

examinará también otro aspecto de la normativa en examen, sobre la disciplina de la

reagrupación familiar de un ciudadano de un tercer país o un ciudadano de la Unión,

o sea el relevo de la ley 76/2016 en relación a la realización de la libre circulación de

las personas y al derecho de la union europea.

La disciplina aplicable en el caso de cohesión de los ciudadanos de la union con

miembros de sus familias (tanto ciudadanos de la union como ciudadanos de terceros

países) esta actualmente contenida en la Directiva 2004/38/CE del Parlamento

Europeo y del Consejo, de 29 de abril de 2004, relativa al derecho de los ciudadanos

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de la Unión y de los miembros de sus familias a circular y residir libremente en el

territorio de los Estados miembros, transpuesta en Italia con d.lgs. de 6 de febrero de

2007 n. 30.

Las modalidades de ingreso y estancia de miembros de la familia de un ciudadano de

un pais tercero que reside regularmente en un Estado miembro están disciplinadas por

la Directiva 2003/86/CE del Consejo, de 22 de septiembre de 2003, sobre el derecho a

la reagrupación familiar, transpuesta en Italia con d.lgs. 8 de enero de 2007 n. 5, que

dio lugar a la modificación de las disposiciones pertinentes contenidas en el d.lgs. de

25 de julio de 1998 n. 286 (artt. 28 ss.-Testo Unico sull’Immigrazione).

Entonces, hay, en linea de principio, dos diferentes fuentes normativas (d.lgs. 30/2007

e artt. 28 ss. T.U. sull'Immigrazione) que disciplinan la materia según si los sujetos que

piden la reagrupación con miembros de su familia sean ciudadanos de la Unión (que

hayan ejercitado el derecho de libre circulación) o ciudadanos de países terceros.

También hay que considerar que las disposiciones contenidas en el d.lgs. 30/2007 y la

normativa de la Unión, se aplican también a los familiares de ciudadanos italianos en

caso de que sean más favorables con respeto a otras normativas como las que están

contenidas en el d.lgs. 286/89 (Testo Unico sull'Immigrazione) mencionado

anteriormente en materia de unidad familiar (art. 23 d.lgs. 30/2007).

Con la circular del 5 de agosto 2016 (prot. n. 3511) el Ministerio del interno ha

aclarado que con la entrada en vigor de la ley sobre las uniones civiles se extiende la

normativa en materia de reagrupación familiar (art.29) y permiso de estancia para

motivos familiares (art.30) contenida en el T.U. sobre la Inmigración también a las

partes de la union civil entre personas del mismo sexo. Por lo tanto el ciudadano de

un país tercero que reside regularmente en Italia, puede pedir el nada obsta para la

reagrupación familiar mencionado en los artt. 29 ss del TU sull’Immigrazione en favor

de la pareja unida civilmente, siempre y cuando sea mayor de edad y no sea legalmente

separado (véase sobre este punto la sentencia TEDH de 30 de junio de 2016, Taddeucci

e McCall con la que Italia ha sido condenada por no haber concedido a la pareja

homosexual (ciudadano de país tercero) establemente cohabitante con un ciudadano

italiano, el permiso de residencia de familiar de ciudadano de la Unión).

Con respeto a los familiares de ciudadano de la Unión Europea (e italianos) es

fundamental individuar los sujetos que puedan formar parte de la categoría de

“familiares” con arreglo a la directiva 2004/38/CE y a el d.lgs. 30/2007. La directiva

adopta una definición de familia mas amplia que la definición tradicional de tal forma

que se tenga en cuenta la evolución del instituto familiar que se registra en muchos

Estados europeos, reconociendo el derecho a la reagrupación no solamente a la pareja

de un ciudadano de la Unión sino también a la “la pareja registrada si la legislación del

Estado miembro de acogida equipara la unión registrada al matrimonio y con sujeción

a las condiciones e exigidas por el Estado miembro de acogida” (art.2, letrab). Esta

disposición ha sido totalmente transpuesta en el d.lgs. 30/2007 (art.2, letra b) pero ha

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podido aplicarse plenamente solamente con la aprobación de la ley 76/2016 con la

consecuencia que la pareja registrada con un ciudadano europeo puede ahora reclamar

un “derecho de residencia” en virtud del art. 2 del d.lgs. 30/2007, porque ya no forma

parte de la categoría “otros familiares” (mencionada en el art. 3 d.lgs. 30/2007), para

los cuales la entrada y residencia solo puede ser facilitado. En el marco del art. 3 d.lgs.

30/2007 se incluyen en cambio las “parejas de hecho” mencionadas en la ley 76/2016

o sea “la pareja con la que el ciudadano de la Unión mantiene una relación estable,

debidamente probada”.

En cuanto a la reagrupación familiar del cónyuge del mismo sexo, se menciona la

sentencia del Tribunal de Reggio Emilia del 13.02.2012 (véase también Tribunal de

Pescara, ordenanza 15.01.2013) que ha reconocido el derecho a obtener una tarjeta de

residencia de un “familiar de un ciudadano de la Unión” (art.10 d.lgs. 30/2007) de un

ciudadano uruguayo que se había casado en España con un ciudadano italiano del

mismo sexo. Para llegar a esta decisión el Tribunal ha recordado justamente, además

de la jurisprudencia relevante en materia, el art. 9 de la Carta de lo Derechos

Fundamentales de la Unión Europea que ha individuado para cada persona el “derecho

de casarse y formar una familia” sin alguna limitación a las parejas de genero diferente.

Se tiene que considerar que actualmente está pendiente delante del Tribunal de

Justicia de la Unión Europea el caso Coman C-673/16 que nació de una remisión

perjudicial de interpretación planteada en el día 30.12.2016 por la Corte

Constitucional de la Rumanía con la que se pide una definición del concepto de

cónyuge en virtud del art. 2, apartado 2, letra a) de la directiva 2004/38. Con la primera

cuestión perjudicial se pregunta si “El «cónyuge» del artículo 2, apartado 2, letra a), de

la Directiva 2004/38/[CE], en conexión con los artículos 7, 9, 21 y 45 de la Carta de los

Derechos Fundamentales de la Unión Europea ¿comprende el cónyuge del mismo

sexo, procedente de un Estado que no es miembro de la Unión Europea, de un

ciudadano de la Unión Europea con el que dicho ciudadano contrajo legalmente

matrimonio con arreglo a la normativa de un Estado miembro distinto del Estado de

acogida?

Un aspecto problemático adicional puesto por la nueva normativa es la aplicabilidad a

la disciplina de las uniones civiles de los reglamentos europeos en materia de

jurisdicción, ley aplicable y obligación de alimentos.

Con relación al Reglamento (CE) nº 2201/2003 del Consejo, de 27 de noviembre de

2003, relativo a la competencia, el reconocimiento y la ejecución de resoluciones

judiciales en materia matrimonial y de responsabilidad parental (Bruxelles II bis) en

doctrina se ha evidenciado que tal herramienta no se referiría a las uniones civiles, ya

que incluye en su ámbito de aplicación exclusivamente las causas de anulación y

disolución del matrimonio de parejas de sexo diferente. Esta exclusión parece

confirmada por el hecho que las uniones civiles han sido contempladas por el

reglamento UE 1104/2016 del día 24.06.2016 sobre el régimen matrimonial entre las

partes de una unión registrada, que ha dedicado a ellas una disciplina diferente

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comparada con aquella del régimen matrimonial entre cónyuges (Reglamento UE

1103/2016).

La cuestión de la aplicabilidad de la disciplina de conflicto del del Reglamento (UE) n.

1259/2010 por el que se establece una cooperación reforzada en el ámbito de la ley

aplicable al divorcio y a la separación judicial (Roma III) también a la disolución de

las uniones civiles, tendría que ser resuelta en el marco de la referencia a la ley

aplicable sobre la base del Reglamento Roma III apartado 2 del artículo 32 quater de

la l. 210/1995 introducido por el d.lgs. 7/2017.

Igualmente el artículo 45 de la l. 218/95 introducido por el d. lgs. 7/2017 establece

expresamente que la obligación de alimentos están disciplinadas por la ley designada

por el Reglamento (CE) n. 4/2009 del Consejo en materia de obligaciones de alimentos

que a su vez se refiere a el Protocolo de La Haya de 2007 sobre la ley aplicable a las

obligaciones de alimentos.

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1

Responsabilità genitoriale e provvedimenti sull’affidamento. Tutela dei

minori ed interventi sulla responsabilità genitoriale; allontanamento dai

genitori. Adozione.

Francesco Pisano

Avvocato

1.-Responsabilità genitoriale

2.-Provvedimenti sull’affidamento

3.- Tutela dei minori, interventi sulla

responsabilità genitoriale ed

allontanamento dai genitori

4.-Adozione

1.-Responsabilità genitoriale

La legge 219 del 2012, di cui parlerà la collega Cherchi perché ha stabilito la nuova

disciplina italiana della filiazione, ha determinato il passaggio dal concetto di potestà

genitoriale a quello di responsabilità genitoriale.

La riforma si è occupata di porre una nuova etichetta al complesso di diritti e doveri

del genitori nei confronti del figlio senza nulla dire sul contenuto di questa

responsabilità genitoriale.

In precedenza, con la grande riforma del diritto di famiglie del 1975 la potesta’

genitoriale aveva preso il posto della patria potestà, retaggio di un ruolo di preminenza

maschile nella vita familiare.

Con il termine responsabilità genitoriale l’Italia si è allineata all’unione europea, che

a sua volta ha mutuato dal diritto anglosassone il lemma parental responsibility ( di

cui però il children act da una chiara definizione).

Il passaggio dalla potestà a quello di responsabilità può esser letto anche come il riflesso

dell’attribuzione di una maggiore soggettività giuridica al minore, in precedenza

ritenuto incapace e soggetto alla potestas, mentre l’esercizio della responsabilità di

fonda sull’ascolto del minore in virtù di una norma che la riforma del 2012 ha inserito

nel codice civile: il minore ha il diritto di essere ascoltato in tutte le questioni che lo

riguardano.

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2.-Provvedimenti sull’affidamento

La legge n. 54 del 2006 ha riformato la disciplina sull’affidamento in caso di

separazione, divorzio ed interruzione della convivenza ponendo al centro l’istituto

dell’affidamento condiviso.

Affidamento condiviso significa esercizio condiviso della responsabilità genitoriale,

ma non divisione paritaria delle cure concrete; questo ha posto la giurisprudenza nella

condizione di dover sempre decidere, pur affidando il figlio ad entrambi i genitori,

presso quale dei due il figlio stesso venisse collocato, regolando i rapporti con l’altro

genitore.

Questo ha scatenato forti polemiche, i più critici hanno sostenuto che nulla fosse

cambiato in concreto: quello che prima si chiamava genitore affidatario ora diviene

collocatario, ma l’assetto dei poteri reste renne quello di un genitore prevalente ed

uno marginale.

Per questo motivo, da ultimo, sta crescendo la discussione intorno alla pratica di un

affidamento materialmente condiviso, cioè senza pronuncia sul collocamento e con

una divisione paritaria del tempo.

Alcuni tribunali spingono verso accordi di questo tipo, e questa soluzione è sostenuta

da associazioni di genitori separati e da un numero crescente di consulenti tecnici.

Come saprete di recente anche l’assemblea del consiglio d’Europa ha emanato una

risoluzione 2079/2015(1) che ha ad oggetto la prassi della physycal jointi custidy o

della shared residence, come forme di regolazione della responsabilità genitoriale che

rendano effettivo il diritto del minore alla relazione con entrambi i genitori.

Inutile dire che il contenzioso sul collocamento e sui tempi è collegato alla disputa

sull’assegno di mantenimento, che secondo la legge italiana dovrebbe costituire una

perequazione solo eventuale, ma che nella prassi è sempre stabilito, e quasi sempre a

carico dei padri; un’altra criticità è che l’ammontare di tale assegno non sempre tiene

adeguatamente conto dei tempi che l’obbligato trascorre col figlio e quindi

dell’impegno economico già svolto.

3.- Tutela dei minori, interventi sulla responsabilità genitoriale ed

allontanamento dai genitori

Il modello di tutela giurisdizionale dei diritti dei minori nei confronti dei genitori ha

un impianto precedente la costituzione, la cedu la convenzione di New York sui diritti

del fanciullo (CRC).

E’ un impianto risalente all’Italia fascista e centrato sul regio decreto 1404 del 1934 e

sugli articoli 330 e 333 cc del 1942.

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3

La competenza, come dirà meglio la collega Sapi nella sua relazione, è di un giudice

specializzato, il tribunale per i minorenni; la collega si diffonderà anche sul rito, che

è fortemente de formalizzato e da noi criticato per la mancanza di adeguate garanzie

difensive.

Il presupposto per l’intervento del giudice, secondo quanto previsto dal codice civile

è che il genitore attui una condotta pregiudizievole; il rimedio previsto è quello

dell’adozione di ogni provvedimento conveniente, in limitazione della responsabilità

del genitore fino al massimo grado della decadenza.

Come potete osservare il presupposto dell’intervento è molto ampio e vago: condotta

pregiudizievole è un parametro assai più ampio di un riferimento alla violazione di un

diritto del minore. Altrettanto ampio è il potere che la norma consegna al giudice:

l’adozione di un provvedimento conveniente.

In sostanza la tutela giurisdizionale dei diritti si confonde con l’amministrazione di

interessi; il giudice è il genitore di Stato (parens patriae) che si sostituisce al genitore

inadeguato.

Questo modello di tutela, che non guarda al minore come soggetto di diritti ma come

incapace, in combinazione con l’assenza di formalità del rito e la separata giurisdizione

minorile rispetto a quella ordinaria, crea una miscela che ha fatto esplodere numerose

condanne della CEDU per violazione del diritto alla vita familiare di cui all’art 8.

Una recente riforma ha limitato il potere officioso del giudice rilanciando, di

conseguenza, il ruolo del pubblico ministero (nota per eli: la possibile traduzione è

ministerio fiscal, verifica) e della difesa, di cui si è prevista l’obbligatorietà. Però per

uniforme interpretazione dei tribunali per i minorenni, la norma di cui al 330 cc

riformato, che recita: “le parti sono assistite da un difensore”, viene letta come

“possono essere……”

Con la stessa riforma si è stabilito che il giudice possa allontanare il genitore che ha la

condotta pregiudizievole anziché il figlio.

L’allontanamento del figlio dovrebbe essere temporaneo se non si accerta lo stato di

abbandono a cui segue la dichiarazione di adottabilità; in realtà i minori fuori famiglia

sono numerosissimi, circa 28 mila.

4.-Adozione

Anche l’Italia ha sottoscritto la convenzione dell’Aja sull’adozione.

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4

L’adozione internazionale presuppone una dichiarazione di idoneità che da noi, a

differenza che in Francia, è rilasciata dall’autorità giudiziaria e non da quella

amministrativa.

La legge 188 del 1983 prevede due tipi di adozione: uno generale e principale, che è

un’ adozione piena, l’altra per alcuni casi particolari che ha gli effetti dell’adoption

simple francese

L’adozione piena è sempre stata definita in Italia legittimante, poiché conferiva lo

status di figlio legittimo. Ora esiste un unico status di figlio per cui si deve parlare di

adozione piena.

Questa forma di adozione è riservata alle coppie coniugate, interrompe i legami con la

famiglia d’origine e segue ad una dichiarazione di adottabilità che si fonda

sull’accertamento di una condizione di abbandono.

Il relativo procedimento è l’unico a carattere contenzioso nella giustizia per i minori,

con l’assistenza tecnica necessaria (alle parti, compreso il minore, viene nominato un

difensore d’ufficio).

Dopo che la dichiarazione di adottabilità è definitiva vi è un anno di affido preadottivo

e quindi si pronuncia l’adozione.

L’art 44 della legge sull’adozione prevede quattro casi particolari in presenza dei quali

l’adozione si può pronunciare anche in favore di un singolo o una coppia non

coniugata ed anche per un minore che non si trova in accertato stato di abbandono

(dichiarazione di adottabilità).

I casi sono:

a) Parente con rapporto significativo entro il quarto grado di minore orfano

b) Adozione del Figlio del proprio coniuge

c) Minore con grave disabilità

d) Impossibilità di procedere ad affidamento preadottivo.

Alcune recenti pronunce di merito, confermate in cassazione, hanno esteso l’ipotesi

di cui alla lettere b) anche alle coppie omosessuali, per cui si è pronunciata l’adozione

di minori a parte del partner del genitore.

L’intera materia dell’affidamento etero familiare temporaneo e dell’adozione è

all’attenzione del legislatore: lo scorso anno la nostra associazione è stata sentita in

parlamento nel corso di un indagine conoscitiva che prelude un intervento di riforma.

L’adozione piena, con il suo rigore nell’interruzione dei rapporti con la famiglia

d’origine, si mostra in molti casi incompatibile con il rispetto della vita familiare dei

bambini (art 8 CEDU) e d’altra parte non sempre si può procedere all’adozione

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semplice, dato che essa è prevista in casi particolari; si avverte l’esigenza di un modello

nuovo che coniughi un’accoglienza piena senza travolgere i legami familiari ove

presenti (cfr sentenza Zhou c. Italia, CEDU)

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Responsabilidad parental y tutela de los menores; medidas sobre

la guarda y limitaciones de la responsabilidad parental; medidas

de alejamiento i adopción.

Francesco Pisano

Abogado

1.- Responsabilidad paternal

2.- Disposiciones sobre la custodia.

3.- Tutela de menores, intervenciones

sobre la responsabilidad parental y

alejamiento de los padres.

4.- Adopción

1.- Responsabilidad paternal

La ley 219 del 2012 de la cual va a hablar la colega Cherchi porque ha establecido la

nueva disciplina italiana de la filición, ha determinado la transición del concepto de

potestad paternal al concepto de responsabilidad paternal.

La reforma se ha ocupado de poner una nueva etiqueta al conjunto de derechos y

deberes de los padres frente al hijo sin decir nada sobre el contenido de dicha

responsabilidad paternal.

Anteriormente, con la grande reforma del derecho de familias del 1975 la potestad

paternal substituyó la patria potestad, herencia de un papel de primacía masculina en

la vida familiar.

Con el termino responsabilidad paternal, Italia se ha alineado con la Unión Europea,

la cual a su vez ha tomado del derecho anglosajón el concepto de parental

responsibility (del cual, todavía, el Children Act da una definición).

La transición de potestad a responsabilidad se puede leer también como reflejo de la

atribución da una mayor subjetividad jurídica al menor, anteriormente considerado

incapaz y sujeto a la potestad, mientras que el ejercicio de responsabilidad se basa en

escuchar el menor en virtud de una norma que la reforma del 2012 ha incluido en el

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Código Civil: el menor tiene derecho a ser escuchado en todas las cuestiones que le

afecten.

2.- Disposiciones sobre la custodia.

La ley 54 del 2006 ha reformado la disciplina sobre la custodia en caso de separación,

divorcio e interrupción de la convivencia y ha puesto al centro el instituto de la

custodia compartida.

Custodia compartida significa ejercicio compartido de la responsabilidad parental,

pero sin división paritaria de las curas concretas; por esto, aunque deje la custodia del

hijo a ambos padres, la jurisprudencia siempre tiene que decidir con cual de los padres

el hijo tiene que vivir (collocamento) y establecer normas para las relaciones con el

otro.

Todo esto ha desatado fuertes polémicas, los más críticos afirmaban que la reforma no

había cambiado nada, en concreto: lo que antes se llamaba genitore affidatario (padre

con custodia principal) ahora se llama genitore collocatario (con el cual el hijo vive),

pero la imagen sería siempre: uno de los padres predominante y el otro de importancia

marginal.

Por esto se hace más importante la discusión sobre la pratica de una custodia

materialmente compartida, o sea sin decisión de colocación del hijo y con una división

paritaria del tiempo.

Algunos tribunales presionar para soluciones de este tipo, y un número creciente de

expertos y asociaciones de padres separados apoyan esta solución.

Recientemente, la asamblea del Consejo de Europa ha emitido una resolución

2079/2015(1) que tiene como sujeto la práctica de la physical joint custody o de la

shared residence, como formas de regulación de la responsabilidad parental que hagan

efectivo el derecho del menor a las relaciones con ambos padres.

Es inútil decir que la discusión sobre la colocación y los tiempos está conectado a la

discusión sobre la pensión alimenticia, que según la ley italiana tendría que ser una

compensación solamente eventual, pero que en la práctica siempre se ha establecido y

en la mayoría de los caso a cargo del padre y no de la madre; otro problema es que el

importe de esta compensación no siempre tiene en cuenta de manera adecuada los

tiempos en los que el hijo está con el padre y por eso el compromiso económico

cumplido en este tiempo.

3.- Tutela de menores, intervenciones sobre la responsabilidad parental y

alejamiento de los padres.

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El modelo de tutela jurisdiccional de los derechos de menores en relación con los

padres tiene una base anterior a la Constitución, a la CEDH y a la Convención de

Nueva York sobre los derechos del niño (CDN).

Es una base remanente de la era fascista italiana y fundada sobre el Real Decreto 1404

del 1934 y sobre los artículos 330 y 333 del Código Civil del 1942.

La competencia, como explicará la colega Sapi en su relación, es de un juez

especializado, el tribunal de menores; la colega dará más detalles sobre el rito, que es

muy formal y que nosotros criticamos porque falta de garantías defensivas.

La condición previa para la intervención del juez, según el Código Civil es que uno de

los padres ponga en práctica una mala actitud (condotta pregiudizievole), y el remedio

es la adopción de cualquiera medida conveniente, en limitación de la responsabilidad

de los padres hasta el grado máximo de la inhabilitación (decadenza).

Como se puede ver, la condición previa a la intervención es muy vaga y amplia: mala

actitud (condotta pregiudizievole) es un parámetro mucho más amplio que una

referencia a la violación del derecho del menor. Igualmente amplio es el poder que la

norma entrega al juez: la adopción de una medida conveniente.

Básicamente la tutela jurisdiccional de los derechos se confunde con la administración

de los intereses; el juez es el padre de Estado (parens patriae) que se substituye al padre

inadecuado.

Este modelo de tutela, que no ve al menor como sujeto de derechos sino como

incompetente, en combinación con la ausencia de formalidad del rito y la jurisdicción

de menores separada de la jurisdicción ordinaria, crea una mezcla que ha

desencadenado muchas condenas del TEDH por violación del derecho a la vida

familiar contemplada en el artículo 8 de la CEDH.

Una reciente reforma ha limitado el poder oficioso del juez, relanzando el papel del

ministerio fiscal y de la defensa, de la que se prevé la obligatoriedad. Pero por

interpretación unitaria de los tribunales de menores, la norma contemplada en el

artículo 330 del Código Civil reformado: “las partes están asistidas por un defensor” se

lee “las partes pueden estar asistidas por un defensor”

Con la misma reforma se ha establecido que el juez pueda alejar el padre que ponga en

práctica una mala actitud en vez de alejar el hijo.

El alejamiento del hijo tendría que ser temporaneo si no se puede averiguar el estado

de abandono al cual sigue la declaración de la posibilidad de adopción, en realidad los

menores fuera del domicilio familiar son muchos, alrededor de 28.000.

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4.- Adopción

Italia también ha firmado la Apostilla de La Haya sobre la adopción.

La adopción internacional supone una declaración de idoneidad que en Italia, de

manera diferente que en Francia, está emitida por la autoridad judicial y no por la

autoridad administrativa.

La ley 188 del 1983 prevé dos tipos de adopción: uno general y principal, que es una

adopción completa y el otro en algunos casos particulares que presente los efectos de

la adopción simple en francés.

La adopción completa en Italia siempre ha sido definida legitimadora, ya qué otorgaba

el status de hijo legítimo. Ahora solamente existe un status de hijo por el cual se habla

de adopción completa.

Esta forma de adopción está reservada a parejas casadas, interrumpe las relaciones con

la familia de origen y legga como consecuencia de una declaración de posibilidad de

adopción que se basa sobre la averiguación de una condición de abandono.

El procedimiento correspondiente es el único en el àmbito de la justicia de menores

que tiene carácter contencioso, con la asistencia técnica necesaria (se nombra un

defensor público para las partes, incluyendo el menor).

Después de que la declaración de posibilidad de adopción sea definitiva hay un año de

custodia pre-adoptiva y luego se pronuncia la adopción.

El artículo 44 de la ley sobre la adopción prevé cuatro casos particulares en presencia

de los que la adopción se puede pronunciar también en favor de un individuo o de una

pareja no casada y también para un menor que no se encuentre en un estad de

abandono averiguado (declaración de posibilidad de adopción).

Los casos son:

a) Pariente con una relación significativa entre el cuarto grado de menor

huérfano.

b) Adopción del hijo del proprio cónyuge.

c) Menor con discapacidad grave.

d) Imposibilidad de procede con una custodia pre-adoptiva.

Alguna recientes pronunciaciones en este ámbito, confirmadas por la Casación, han

ampliado la hipótesis contemplada en la letra b) también a parejas homosexuales, para

las cuales se ha pronunciado la adopción de menores por parte de la pareja de uno de

los padres.

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Toda la materia de la custodia temporanea por parte de otras familias y de la adopción

está a la atención del legislador: el año pasado la nuestra asociación ha sido consultada

en Parlamento durante una investigación antes de una intervención de reforma.

La adopción completa, con su rigor en la interrupción de las relaciones con la familia

de origen, se muestra en muchos casos incompatible con el respeto de la vida familiar

de los niños (art.8 CEDH) y por otro lado no siempre se puede proceder a la adopción

simple, dado que está prevista en casos particulares; se advierte la exigencia de un

nuevo modelo che combine una acogida completa sin arrollar las relaciones familiares

si existen (véase sentencia Zhou contra Italia, TEDH).

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Sistemi alternativi alla giurisdizione ed autonomia negoziale delle parti.

Caterina Mirto

Avvocatessa

Da circa dieci anni la Comunità Europea, oggi Unione Europea, si è posta l’obiettivo

di creare degli strumenti innovativi volti alla riduzione dell’arretrato, alla

razionalizzazione degli strumenti giudiziari ed alla riduzione del contenzioso

all’interno dei Tribunali, già caricati da un elevato numero di liti pendenti. Tali

obiettivi, sono stati perseguiti dall’Unione Europea mediante la promulgazione di

alcune recenti direttive quali ad esempio la direttiva n. 2008/52/UE (in materia di

mediazione familiare) o la direttiva n. 2013/11/UE (a tutela dei consumatori):

nonostante tali direttive l’Italia, però, è stata condannata per la irragionevole durata

dei processi.

Solo di recente, infatti, l’Italia si è conformata a quanto stabilito dal legislatore europeo

prevedendo degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie che mirano a

degiurisdizionalizzare il contenzioso attraverso le ADR, Alternative Dispute

Resolution.

Il legislatore italiano, pertanto, preoccupandosi di adempiere agli obblighi

sovranazionali, ha creato degli strumenti quali l’arbitraggio, la mediazione e la

negoziazione, in grado di dirimere le liti giudiziarie per far sì che le Parti riescano a

raggiungere un accordo di natura transattiva, evitando di dar vita ad una controversia.

L’arbitraggio, ad esempio, è affidato ad un soggetto terzo in grado di risolvere delle

controversie specifiche: le parti si affidano a tale soggetto, imparziale, facente le

funzioni di giudice, il quale si preoccuperà di dare una soluzione stragiudiziale alla

controversia pendente tra le parti. Tale strumento, se da un lato è risultato veloce,

dall’altro lato è risultato dispendioso e, anche per tale motivo, poco utilizzato.

Rispetto all’arbitraggio, la mediazione e la negoziazione, pur rientrando nella più

ampia categoria delle ADR ed avvalendosi di soggetti terzi, mirano al raggiungimento

di un accordo tra le Parti, sulla base del principio di “cooperazione in buona fede e

lealtà”.

La mediazione, introdotta con il d.lgs. 28/2010, è stata prevista come obbligatoria per

alcune specifiche materie tassativamente indicate dalla legge: la Corte Costituzionale,

però con la pronuncia n. 272/2012, né dichiarò l'illegittimità costituzionale per eccesso

di delega, considerando che il decreto legislativo aveva introdotto per alcune materie

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il carattere obbligatorio della mediazione quale condizione di procedibilità. Il

legislatore, quindi, con il D.L n. 69/2013, convertito nella Legge n. 98/2013, ne

ripristinò l’obbligatorietà per alcune materie.

Successivamente, con il D. L. 132/2014 convertito nella Legge n. 162/2014, il

legislatore ha introdotto lo strumento della negoziazione assistita: sia la mediazione

che la negoziazione mirano a realizzare la composizione stragiudiziale dei conflitti.

I due strumenti, che in un primo momento vennero definiti sovrapponibili, sono in

realtà due istituti alternativi. Ed invero, la mediazione necessita di un soggetto

mediatore qualificato, terzo ed estraneo ed iscritto in organismi specializzati ed

individuati dall’ordinamento; essa, però, è risultata essere dispendiosa.

La negoziazione assistita, invece, guidata da un legale, è prevista come obbligatoria

solo nei casi in cui si voglia esercitare in giudizio un'azione in materia di risarcimento

del danno da circolazione di veicoli e natanti e nei casi in cui si intenda proporre in

giudizio una domanda di pagamento di somme non superiori a € 50.000, fatta

eccezione per le controversie nelle quali è prevista la mediazione obbligatoria.

Il legislatore italiano, in particolare, nel disciplinare la negoziazione, si è ispirato al

diritto collaborativo, strumento innovativo nato in America quale metodo non

contenzioso di risoluzione dei conflitti familiari. Il diritto collaborativo nasceva,

infatti, come strumento che, basandosi sul principio di trasparenza, veniva utilizzato

al fine di affrontare gli aspetti legati alla crisi familiare, sia dal punto di vista

relazionale ma anche legale ed economico.

Il diritto collaborativo, però, non ha avuto riscontro nella prassi rispetto alla

negoziazione assistita.

In particolare, il D. L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito nella Legge 10 novembre

2014, n. 162, ha introdotto lo strumento della negoziazione assistita nelle materie

familiari, creando una procedura alternativa alla giurisdizione ordinaria.

In questo caso, la negoziazione assistita è guidata dagli avvocati dei coniugi che

intendono separarsi, divorziare o modificare consensualmente le condizioni delle loro

separazioni o divorzi: ruolo chiave, quindi, spetta ai legali i quali devono,

preliminarmente ed obbligatoriamente, avvertire i coniugi della possibilità di

avvalersi della Convenzione di negoziazione assistita per disciplinare i loro assetti ed

interessi di natura sia relazionale che patrimoniale – economica. Tale obbligo di

informazione è un dovere deontologico e previsto dal Capo II, articolo 6, Legge

162/2014 che prevede, altresì, l’obbligo di tentare la conciliazione tra le Parti.

Se da un lato, la negoziazione assistita non prevede l’intervento del giudice, dall’altro

si prevede come necessario l’intervento del Pubblico Ministero che, ai sensi dell’art.

73 Ord. Giud., “veglia sulla osservanze delle leggi e sulla pronta e regolare

amministrazione della giustizia”.

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Le Parti, infatti, dopo aver stipulato la Convenzione di negoziazione assistita, la quale

deve contenere tutti gli argomenti che saranno oggetto dell’accordo, dovranno poi

redigere l’Accordo vero e proprio. A seguito del deposito del predetto accordo, che

dovrà avvenire nei dieci giorni successivi alla sottoscrizione da parte dei coniugi, il

Pubblico Ministero rilascerà un’autorizzazione, nel caso in cui “vi siano figli minori,

figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave… ovvero economicamente

non autosufficienti”; viceversa, rilascerà un nulla osta (art. 6, comma 2 del D. L.

132/2014).

Il rilascio dell’autorizzazione o del nulla osta da parte del Pubblico Ministero

consentirà all’accordo di produrre i suoi effetti senza l’intervento del giudice.

E’ chiaro, quindi, il carattere di assoluta importanza che riveste il difensore il quale

deve certificare le sottoscrizioni autografe delle Parti, attestare la conformità

dell’accordo alle norme imperative ed all’ordine pubblico, comportarsi con lealtà.

Inoltre, entro dieci giorni dal rilascio dell’autorizzazione o del nulla osta del Pubblico

Ministero, il difensore ha l'obbligo di trasmettere copia all’Ufficio dello Stato Civile

del Comune presso il quale è stato celebrato il matrimonio, che provvederà alle

necessarie trascrizioni, pena una elevata sanzione pecuniaria.

Il Pubblico Ministero, però, qualora ravvisi eventuali criticità, potrà emettere un

provvedimento di diniego motivato: in tal caso, entro il termine di cinque giorni,

dovrà trasmettere il fascicolo al Presidente del Tribunale che fisserà, nei successivi

trenta giorni, l’udienza di comparizione delle Parti, trasformando automaticamente

l’Accordo di negoziazione assistita in un procedimento di separazione consensuale o

di divorzio congiunto o di modifica delle condizioni. Il Presidente del Tribunale,

infatti, provvederà sulla controversia emettendo un decreto di omologa in caso di

separazione o una sentenza di divorzio o un decreto di modifica delle condizioni.

Nella prassi, qualora, invece, il Pubblico Ministero ritenga che la Convenzione o

l’Accordo di negoziazione assistita sia carente o non congrua all’interesse dei figli, può

succedere che il PM richieda alle Parti un’integrazione: dovranno, pertanto,

adoperarsi per depositare le integrazioni o la documentazione richiesta.

E’ palese, quindi, che il ruolo dell’avvocato è fondamentale in una procedura quale

quella della negoziazione assistita: è fondamentale, innanzi tutto, per i necessari

adempimenti che si trova a dover affrontare ma anche e soprattutto per la delicatezza

delle materie.

Peraltro, a differenza del rito ordinario in cui è previsto il pagamento di un contributo

unificato, per la negoziazione assistita non è richiesto alcun versamento.

Un gravoso limite all'utilizzo della procedura di negoziazione assistita è l'impossibilità,

per i cittadini meno abbienti, di richiedere l'ammissione al patrocinio a spese dello

Stato: di conseguenza, coloro i quali hanno un reddito inferiore ad € 11.528,41

dovranno necessariamente adire l'Autorità Giudiziaria

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L'art. 12 della L. 162/2014 prevede, peraltro, la possibilità di concludere una

separazione consensuale o un divorzio congiunto o la modifica delle condizioni

innanzi al Sindaco, o un suo Sostituto, quale Ufficiale dello Stato civile del Comune di

residenza di uno dei due coniugi o del Comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto

di matrimonio.

Secondo il comma 3 dell’art. 12 l’Ufficiale dello Stato Civile riceve le dichiarazioni

dalle Parti di volersi separare, divorziare o modificare le proprie condizioni: è

interessante tale procedura in quanto nei casi di separazione o divorzio la

comparizione delle Parti per confermare l’accordo deve avvenire una volta che siano

trascorsi 30 giorni dalla ricezione delle dichiarazioni, per far sì che i coniugi abbiano

la possibilità di ripensare alla scelta effettuata, in considerazione del preminente

interesse del legislatore ad un ricongiungimento familiare.

La separazione ed il divorzio ottenuti mediante tale procedura consentono alle Parti

di ottenere gli stessi effetti di un provvedimento del Tribunale.

Un primo limite alla predetta procedura prevista avanti allo Stato Civile è la presenza

di figli: nel caso in cui vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di

handicap grave, o economicamente non autosufficienti, non è possibile utilizzare tale

strumento. Ulteriore limite è stabilito dal comma 3 dell’art. 12 il quale prevede il

divieto di patti di trasferimento patrimoniale, mentre può essere disposto un

contributo al mantenimento. A tal proposito si sottolinea che, in un primo momento;

Il Ministero dell’Interno con circolare n 19 del 28\11\2014, richiamando la ratio della

previsione volta ad escludere qualsiasi valutazione di natura economica o finanziaria

nella redazione dell’atto di competenza dell’ufficiale dello stato civile, aveva precisato

che l’accordo non poteva contenere clausole aventi carattere dispositivo sul piano

patrimoniale come ad es. l’assegno di mantenimento, l’uso della casa coniugale o

qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti.

Successivamente lo stesso Ministero dell’Interno con nota n . 6 del 24\4\2015 ha

modificato l’interpretazione del 3° comma del citato articolo, affermando la possibilità,

per l’ufficiale dello stato civile di ricevere accordi che prevedano l’obbligo di

pagamento di una somma periodica di denaro o ne determinino la modifica, sia

nell’ambito di una separazione che nel caso di scioglimento o cessazione degli effetti

civili del matrimonio. Con sentenza n. 7813 del 7\7\2013 il T.A.R. Lazio aveva

annullato la circolare ministeriale n.6\2015 , mentre, successivamente il Consiglio di

Stato, Sez.III, sentenza n.13 -26 ottobre 2016, n.4478 , annullando la sentenza di primo

grado ha riportato in vigore la decisione ministeriale.Per la procedura ex art. 12 della

citata legge, è possibile che i coniugi si facciano assistere da un legale ma tale

assistenza, avanti all’Ufficiale di Stato Civile, ha natura facoltativa anche perché

verrebbe meno la distinzione tra la procedura di negoziazione assistita prevista

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dall’art. 6 e quella prevista dall’art. 12 L. 162/2014. La procedura di negoziazione

assistita è, altresì, applicabile anche alle unioni civili, introdotte nel nostro

ordinamento il 20 maggio 2016 con la Legge n. 76/2016: sono, infatti, compatibili le

norme procedurali relative alla procedura di negoziazione anche per lo scioglimento

dei vincoli costituiti mediante le unioni civili. Il legislatore, in tal modo, si è

preoccupato di assolvere agli obblighi internazionali, uniformandosi agli altri Stati

Europei, prevedendo strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

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Sistemas alternativos jurisdiccionales y autonomía negocial de

las partes.

Caterina Mirto

Abogada

Desde hace casi diez años la Comunidad Europea, hoy Unión Europea, se ha propuesto

el objetivo de crear las herramientas innovadoras destinadas a reducir el retraso, a la

racionalización de las herramientas judiciarias y a la reducción del contencioso en el

interior de los Tribunales, ya cargados con un elevado número de demandas

pendientes. Tales objetivos, han sido perseguidos por la Unión Europea mediante la

promulgación de algunas recientes directivas, tales como por ejemplo, la directiva n°

2008/52/UE (en materia de mediación familiar) o la directiva n° 2013/11/UE (sobre la

tutela de los consumidores): a pesar de estas directivas Italia, sin embargo, ha sido

condenada por la duración excesiva de los procesos.

Sólo recientemente, de hecho, Italia ha cumplido con las disposiciones de la legislación

Europea en materia de medios alternativos de resolución de conflictos que tienen

como objetivo desjuriscionalizar el contencioso a través de la ADR, Alternative

Dispute Resolution. La legislación italiana, por lo tanto, preocupandose de cumplir

con las obligaciones supranacionales, ha creado herramientas tales como el arbitraje,

la mediación y la negociación, capaces de resolver conflictos judiciarios para asegurar

que las Partes lleguen a un acuerdo de tipo definitivo, evitando el origen de una

controversia.

El arbitraje, por ejemplo, es realizado por un tercer sujeto con capacidad de resolver

controversias específicas: las Partes quedan en manos de dicho sujeto, imparcial,

realizador de las funciones de un juez, el cual se preocupará de dar una solución

extrajudicial a la controversia pendiente entre las Partes. Tal herramienta, por un lado

ha resultado veloz, por otro lado resulta bastante costoso, motivo por el cual es poco

utilizado.

Con respecto al arbitraje, la mediación y la negociación, pese a entrar en la categoría

más amplia de ADR y haciendo uso de terceros, son destinadas a lograr un acuerdo

entre las Partes, desde la base del principio de "la cooperación de buena fe y lealtad".

La mediación, introducida con el DLeg 28/2010, fué planeada con obligatoriedad para

algunos temas específicos definidos estrictamente por la ley: pero la Corte

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Constitucional, con la sentencia n. 272/2012, la declaró ilegítimamente constitucional

a causa de la excesiva delegación, considerando que el Decreto Legislativo había

introducido para algunos temas la obligatoriedad de la mediación como requisito de

admisibilidad. La legislación, por lo tanto, con el DLey 69/2013, convertido en Decreto

Ley n° 98/2013, restauró la obligatoriedad solo para algunos temas.

Sucesivamente, con el DLey 132/2014, convertido en Decreto Ley n° 162/2014, la

legislación ha introducido la herramienta de la negociación asistida: tanto la

mediación como la negociación tienen como objetivo realizar la composición

extrajudicial de los conflictos.

Las dos herramientas, que en un principio eran definidas como equivalentes, son en

realidad dos instituciones alternativas. De hecho, la mediación requiere un mediador

calificado; sujeto tercero y ajeno, y además inscrito en órganismos especializados e

identificados por los reglamentos; resultando ser dicha herramienta bastante costosa.

En cambio, la negociación asistida, dirigida por un abogado, es obligatoria sólo en los

casos en los que se desee ejercer un juicio en una acción relativa a la indemnización

por daños resultantes de la circulación de vehículos y embarcaciones, y en los casos en

que la intención de proponer a los tribunales una solicitud de pago de una suma que

no exceda de 50.000 €, a excepción de litigios en los que se prevé la mediación

obligatoria.

La legislación italiana, con respecto a las reglas para la negociación, se ha inspirado en

el Derecho Colaborativo, herramienta innovadora creada en América, tal método sin

resolución de conflictos familiares. En realidad, el Derecho Colaborativo se creó como

una herramienta que, basándose en el principio de transparencia, se utilizaba con el

fin de afrontar las cuestiones relacionadas con la crisis de la familia, tanto desde el

punto de vista relacional, como también jurídico y económico.

El Derecho Colaborativo, sin embargo, no se ha reflejado en la práctica con respecto a

la negociación asistida.

En particular, el DLey del 12 de septiembre de 2014, n° 132, convertido en Decreto

Ley del 10 de noviembre de 2014, n° 162, ha introducido la herramienta de

negociación asistida en materia de familia, creando un procedimiento alternativo a la

jurisdicción ordinaria.

En este caso, la negociación asistida está dirigido por los abogados de los cónyuges que

desean separarse, divorciarse o modificar por consenso los términos de su separación

o divorcio: papel clave, por lo tanto, para los abogados que deben, previamente y

obligatoriamente, advertir a la pareja acerca de la posibilidad para hacer uso de la

Convención de negociación asistida para disciplinar la estructura y naturaleza de sus

intereses tanto relacional como en la equidad - económica. Este requisito de

información es un deber ético y viene dispuesto en el Capítulo II, artículo 6 de la Ley

162/2014 que impone la obligación de conciliación a tientas entre las partes.

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Mientras que la negociación asistida no requiere la intervención del juez, por el

contrario, se espera que la necesaria intervención del Ministerio Público que,

conforme con el art. 73 Ord. Jud., "Vigila la observancia de las leyes y la

administración rápida y periódica de la justicia".

Las Partes, de hecho, después de haber concluido la Convención de negociación

asistida, que debe contener todos los temas que serán cubiertos por el acuerdo, debe

entonces elaborar el acuerdo en sí. Tras el depósito del acuerdo, que debe tener lugar

en los diez días siguientes a la firma por parte de los cónyuges, el fiscal emitirá un

permiso, en los casos siguientes: " existencia de hijos menores, hijos adultos con

incapacidad o discapacidad grave, ... o económicamente dependientes", o viceversa,

emitirá una autorización (art. 6, párrafo 2 de DLey 132/2014).

La concesión de la autorización o aprobación por parte del Ministerio Público

permitirá que el acuerdo entre en vigor sin la intervención de la corte.

Queda claro, entonces, que es de absoluta importancia el papel que asume el defensor,

el cual debe certificar las suscripciones de las firmas por ambas Partes, testificar la

conformidad del acuerdo a las normas de obligado cumplimiento y del orden público,

comportarse con honestidad. Además, dentro de los diez días siguientes a la emisión

de la concesión de la autorización o aprobación del fiscal, el defensor tiene la

obligación de enviar una copia a la Oficina del Registro Civil de la Ciudad en la que se

celebró el matrimonio, que proporcionará las transcripciones pertinentes, y en caso

contrario por incumplimiento se procederá a una alta sanción económica.

El fiscal, sin embargo, si considera oportuno, puede emitir un acta de denegación

motivada: en este caso, dentro de los cinco días siguientes, remitirá el expediente al

Presidente del Tribunal que determinará, dentro de los treinta días sucesivos, la

audiencia para la comparición de las Partes, transformando automáticamente el

Acuerdo de negociación asistida en un proceso de separación consensual o divorcio

conjunto o el cambio de condiciones. El Presidente de la Corte, de hecho, se ocupará

de la disputa mediante la emisión de un decreto de homologación en caso de

separación o una sentencia de divorcio o un decreto del cambio de condiciones.

En la práctica, sin embargo, si el fiscal considera que la Convención o el Acuerdo de

negociación asistida es deficiente o inadecuada a los intereses de los niños, puede

ocurrir que el fiscal requiera una integración a las Partes: por lo tanto, se deberán

esforzar dichas Partes en el depósito o adiciones de la documentación pertinente.

Es claro, por tanto, que el papel del abogado es crucial en un procedimiento como el

de negociación asistida: es esencial, sobretodo, por los requisitos necesarios que debe

hacer frente, pero también debido a la sensibilidad del material.

Por otra parte, a diferencia del procedimiento ordinario en el que está previsto pagar

un contributo unificado, para la negociación asistida no se solicita ningún pago.

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Una seria limitación al uso de procedimiento de negociación asistida es la

imposibilidad, para los ciudadanos con menos recursos, para solicitar la admisión a la

asistencia jurídica a cargo del Estado: como resultado, aquellos que tienen una renta

inferior a 11,528.41 € deberán necesariamente recurrir a la Autoridad Judicial.

El artículo n°12 de la Ley 162/2014 prevé, además, la posibilidad de celebrar una

separación consensual o un divorcio conjunto o modificar las condiciones ante el

Alcalde, o un sustituto suyo, tal como un Oficial del Registro Civil del municipio de

residencia, de uno de los dos cónyuges o del Ayuntamiento en el que está registrado o

transcrito el matrimonio.

De acuerdo con el apartado 3 del artículo 12 el Oficial del Registro Civil recibe las

declaraciones de las Partes que quieren separarse, divorciarse o cambiar sus

condiciones: en el procedimiento de tales casos de separación o divorcio es importante

la aparición de las Partes para confirmar el acuerdo, que debe tener lugar 30 días

después de la presentación de las declaraciones, de manera que los cónyuges se les da

la oportunidad de reconsiderar la decisión tomada, en vista del interés superior de la

legislación para una reconciliación familiar.

La separación y el divorcio obtenido por dicho procedimiento permiten a las partes

obtener los mismos efectos que un procedimiento a través de un Tribunal.

La primera limitación al procedimiento anterior que tiene que afrontar el Registro

Civil es la presencia de los niños: si hay hijos menores de edad, hijos adultos con

incapacidad o discapacidad grave, o económicamente no autosuficientes, no se puede

utilizar esta herramienta. Un límite adicional viene indicado en el párrafo 3 del

artículo 12 que establece la prohibición de pactos de transferencia de activos, pero sí,

en cambio, es permisible una contribución al mantenimiento. En este sentido se

observa que, en un primer momento; El Ministerio del Interior con la Circular nº 19,

de 28\11\2014, haciendo referencia a la Ley con el objetivo de exclusión de cualquier

valoración de naturaleza económica o financiera en la redacción del acto de

competencia del Oficial del Registro Civil, había precisado que el acuerso no podía

contener cláusulas con carácter de imposición sobre el patrimonio como por ejemplo

la asignación de mantenimiento, el uso de la vivienda conyugal o cualquier otro

beneficio económico entre los cónyuges declarantes.

Más tarde, el propio Ministerio del Interior con la nota n° 6 de 24\4\2015 modificó la

interpretación del párrafo 3 de dicho artículo, que afirma la posibilidad de que el

Oficial del Registro Civil reciba los acuerdos que prevén la obligación de pago de una

suma de dinero periódica o determinen la modificaciàon, bien como parte de una

separación que en caso de disolución o finalización de los efectos civiles del

matrimonio.Con sentencia n° 7813, de 7\7\2013 el T.A.R. Lazio anuló la circular

ministerial n° 6\2015 y, más tarde, el Consejo de Estado, Sección n° III, sentencia n°

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13 -26 de octubre de 2016, n° 4478, anulando la resolución en primera instancia puso

en vigor la Decisión Ministerial. Para el procedimiento del ex artículo n° 12 de dicha

Ley, es posible que los cónyuges tengan representación legal, pero este tipo de

asistencia, ante el Oficial del Registro Civil, será de naturaleza facultativa, ya que, se

produciría menos distinción entre el procedimiento de negociación asistida previsto

en el artículo n° 6 y el previsto en el artículo n° 12 Ley 162/2014. El procedimiento de

negociación asistida es igualmente aplicable también a las uniones civiles, introducidas

en nuestra legislación el 20 de mayo de 2016 con la Ley n° 76/2016: son, de hecho,

también compatibles las normas de procedimiento relativas al proceso de negociación

para la disolución de vínculos constituidos por uniones civiles. La legislación, por lo

tanto, se ha preocupado por cumplir con sus obligaciones internacionales, conforme a

otros países europeos, proporcionando herramientas alternativas de resolución de

conflictos.

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La filiazione.

Valentina Cherchi

Avvocatessa

La filiazione è disciplinata nell’ordinamento italiano dal titolo VII del libro I del codice

civile agli art.231-290.

La legge 40/2004 disciplina la procreazione medicalmente assistita omologa e

eterologa. La legge n. 184/1983, disciplina l'adozione.

Le azioni relative allo stato di figlio sono le iniziative giudiziali previste dal nostro

ordinamento per accertare la posizione giuridica della persona in rapporto ai suoi

genitori: sia per reclamare lo status di figlio, sia per contestarlo.

La disciplina delle azioni di stato è molto articolata, in questa breve trattazione

preferisco soffermarmi sugli aspetti di carattere generale.

La riforma della filiazione intervenuta tra il 2012 e il 2013 ( Legge n.219/2012 e decreto

legislativo n.154/2013) ha stabilito che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico” e

ha eliminato la differenziazione tra figli naturali (nati fuori dal matrimonio) e figli

legittimi (nati al suo interno) nel rapporto giuridico genitori-figli-parenti.

Tuttavia rimane differente la modalità di attribuzione dello stato di filiazione a

seconda della sussistenza del legame matrimoniale tra i genitori, o meno.

Ciò dipende essenzialmente dal permanere nel nostro ordinamento della presunzione

di paternità, secondo la quale il marito è padre del figlio concepito durante il

matrimonio e risultante tale dall’atto di nascita o dal possesso di stato.

La presunzione è comunque superabile dal riconoscimento della filiazione non

matrimoniale, e comunque dall’accertamento giudiziale in sede di giudizio di

disconoscimento.

Per contro, in mancanza di matrimonio tra i genitori, l'accertamento della filiazione

avviene per il tramite di un atto volontario, il riconoscimento previsto dall'articolo

250 del codice civile o, in difetto, attraverso un accertamento giudiziale (articolo 269

del codice civile).

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I termini di esercizio delle azioni di contestazione e di reclamo di stato ed i soggetti

legittimati attivi e passivi, variano a seconda della tipologia dell’azione, ma la

disciplina è in ogni caso ispirata ad un bilanciamento tra il favor veritatis e il favor

legitimitatis.

Gli interventi della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione segnalano una

progressiva e lenta affermazione del "favor veritatis" cioè della prevalenza della verità

scientifica rispetto al “favor legimitatis” finalizzato a tutelare l’interesse del figlio a

conservare lo status.

Ciò sia alla luce dei progressi registrati sul piano tecnico e scientifico, che comporta

un elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini sul DNA, sia dei

mutamenti intervenuti nel quadro normativo e nella stessa sensibilità sociale in tema

di rapporti genitori-figli, in linea con la normativa internazionale e europea.

In tale contesto, il diritto al riconoscimento di uno "status" filiale corrispondente alla

verità biologica costituisce una componente essenziale del diritto all'identità

personale, riconducibile all'art.30 commi 1 e 4 della Costituzione Italiana ed all'art. 8

CEDU, che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare cui si riconducono

anche l’accertamento, nel diritto interno, del legame di filiazione rispetto al genitore

biologico ed il diritto del figlio a conoscere le proprie origini. (tra le altre Cass. civ.

Sez. I, 15/02/2017, n. 4020)

Nel contempo vi sono pronunce anche recenti della Cassazione che, sempre

richiamando la Costituzione, la CEDU e l’art.24 comma 2, della Carta dei diritti

fondamentali della UE, ribadiscono che – nel perseguimento del superiore interesse

del minore - la ricerca della verità biologica non ha preminenza assoluta, in quanto,

in un'ottica di bilanciamento, devono garantirsi anche la certezza e la stabilità degli

status, nonché i rapporti affettivi sviluppatisi all'interno della famiglia e l'identità così

acquisita dal figlio, non necessariamente correlata al dato genetico. (tra le altre Cass.

civ. Sez. I, 22/12/2016, n. 26767).

In un’ottica di equilibrio, la vigente normativa prevede l’imprescrittibilità delle azioni

di stato per il figlio che, in ogni tempo - anche da minorenne se rappresentato dal

curatore - può decidere se proporle. Prevede invece termini decadenziali per i

genitori, seppure differenziati da caso a caso.

In caso di azione di disconoscimento di paternità (per i figli nati dal matrimonio) e di

impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento ( per i figli nati fuori dal

matrimonio) l’azione è imprescrittibile per il figlio mentre è soggetta al termine di un

anno dal riconoscimento o dalla scoperta dell’impotentia generandi per il padre, ed

anche per la madre, in ogni caso con un limite temporale massimo di cinque anni

decorrenti dall’annotazione del riconoscimento, oltre il quale non è più consentita

l’impugnazione.

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L’azione del figlio realizza quindi il suo personale bilanciamento tra l’interesse al

mantenimento dello status (non veritiero ma già costituito e cristallizzato nella sua

esperienza di vita familiare) e l’accertamento della verità della procreazione, magari

per ottenere la costituzione di diverso status, nei confronti del genitore biologico.

La volontà del figlio assume rilevanza fondamentale anche quando si tratti di

riconoscimento giudiziale di paternità, azione per la quale il consenso del figlio che

abbia compiuto i quattordici anni è indispensabile. Allo stesso modo, una volta

compiuti i 14 anni – solo il figlio minore può chiedere la nomina del curatore per

effettuare un disconoscimento di paternità.

Ed ancora è principio consolidato il diritto del figlio di mantenere il cognome del quale

era in precedenza titolare, quando lo stesso sia divenuto un autonomo segno distintivo

della sua identità personale, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata

che prende atto che il cognome, è sempre meno strumento di ordine pubblico e

sempre più bene morale della persona. Solo il figlio può decidere pertanto se

conservare o meno il vecchio cognome; in tal senso si è espressa anche molto di

recente la Cassazione sez. Icon la sentenza n.4020/2017.

Quanto alla prova, oggi, chi agisce per il disconoscimento di paternità deve dimostrare

semplicemente che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre;

chi agisce per il riconoscimento deve dimostrare soltanto l’esistenza del vincolo di

filiazione. Per il concepimento avvenuto naturalmente o mediante fecondazione

assistita omologa lo strumento principale è la consulenza tecnica d’ufficio consistente

nell’espletamento degli esami immunogenetici/ematologici, che il giudice dispone

anche autonomamente.

Al riguardo è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il rifiuto

di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile da

parte del giudice, di così elevato valore indiziario da poter da solo consentire la

dimostrazione della fondatezza della domanda di accertamento della paternità e

viceversa.( tra le più recenti Cassazione Civ., sezione I n. 6025 2015 e n.4020/2017, )

Nel caso di fecondazione assistita eterologa, non sussistendo legame biologico, oggetto

di prova nel caso di disconoscimento di paternità è l’insussistenza del consenso al

concepimento attraverso tale pratica, prescritto dalla legge (art. 4, comma 2, lett. b e

art. 6, Legge n. 40/2004) secondo forme rigorose (si veda Cassazione civ. Sez. I,

11/07/2012, n. 11644). In tal caso il termine di decadenza di un anno decorre dal

momento in cui si sia acquisita la certezza del ricorso alla procreazione assistita.

E’ bene ricordare che, solo a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n.

162/2014, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità degli articoli della legge n.

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40 del 2004, nei quali era vietata e sanzionata la realizzazione di interventi di

fecondazione eterologa, tale pratica è consentita in Italia.

Permane peraltro il divieto di maternità sostitutiva o surrogata.

Inoltre solo con la legge l. n. 76/2016, dopo numerosi richiami della Corte

costituzionale ed anche a seguito della sentenza della Corte eur. dir. uomo del

21.10.2015 (Oliari c/Italia), è stata data tutela in Italia alle unioni civili tra persone

dello stesso sesso.

Sono stati pertanto frequenti i casi in cui in cui i giudici italiani si sono dovuti

confrontare con il riconoscimento e la disciplina dei rapporti giuridici conseguenti a

concepimenti e nascite avvenuti all’estero sulla base di normative interne differenti

da quella italiana, nell’ambito di contesti familiari dalla stessa non riconosciuti.

Come spesso accade in Italia, è la giurisprudenza ad affrontare il cambiamento, prima

ancora dell’organo legislativo.

In tema di filiazione, l’art 269 del codice civile contiene il principio, non più

compatibile con i mutamenti culturali sociali e normativi a livello internazionale ed i

progressi della scienza , secondo cui è madre colei che lo ha partorito.

La Cassazione sez I con la sentenza n.19599 del 30.9.2016, cui sono seguite molteplici

sentenze di Tribunale, ha indicato che il diniego di trascrivere i certificati di nascita

a causa del ricorso a metodiche procreative consentite all’estero e negate in Italia,

ovvero il rifiuto di riconoscere l’efficacia di provvedimenti stranieri di attribuzione di

una piena genitorialità (adottiva, ad esempio) non può, certamente, reputarsi

compatibile con i valori fondanti del nostro ordinamento, quando il percorso

procreativo è espressione dell’assunzione consapevole della responsabilità genitoriale

all’interno di una dinamica di natura familiare (anche omosessuale), al di fuori di

logiche mercantili e di scambio economico.

Ha pertanto dichiarato riconoscibile in Italia un atto di nascita straniero, validamente

formato, dal quale risultava che il nato era figlio di due donne (una che l'ha partorito

e l'altra che ha donato l'ovulo),

La sentenza è in linea con la Corte eur. dir. uomo per la quale la tutela della vita

privata e familiare sancita dall’art. 8 Conv. eur. dir. uomo è stata giudicata inviolabile

con riferimento alla posizione dei figli, a tutela del diritto del primario interesse della

persona minore di definire e non vedere alterata la propria identità.

Principio ribadito anche di recente dalla Grande Camera della Corte eur. dir. Uomo

nella pronuncia 24.1.2017 con la quale indica come dato certo, che - quando

l’apprezzamento dello Stato ha una ricaduta sull’identità del minore - la negazione

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del legame di filiazione non è consentita, a meno che sia necessitata dalla non

compatibile salvaguardia di interessi fondamentali e indefettibili dell’ordinamento

costituzionale.

Infine sul piano dei rapporti internazionali, ai sensi dell’attuale formulazone della

legge n.218/1995, lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se

più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino, al momento

della nascita.

La legge così individuata regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della

contestazione dello stato di figlio; in difetto si applica la legge italiana.

Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può

essere contestato che alla stregua di tale legge; se tale legge non consente la

contestazione si applica la legge italiana.

Sono comunque di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono

l'unicità dello stato di figlio.

Le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del

figlio al momento della nascita, o se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto

che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene; se tali leggi non

prevedono il riconoscimento si applica la legge italiana.

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La filiación.

Valentina Cherchi

Abogada

La filiación está regulada en el ordenamiento italiano por el título VII del libro I del

código civil en los artículos 231-290.

La ley 40/2004 regula la procreación médicamente asistida homóloga y heteróloga,

La ley n. 184/1983, regula la adopción.

Las acciones relativas a el estado de hijo son las iniciativas judiciales previstas por

nuestro ordenamiento para averiguar la posición jurídica de la persona en relación a

sus padres: tanto para reclamar el status de hijo, como para contestarlo.

La disciplina de las acciones de estado es muy articulada, en este breve informe,

prefiero referirme a aspectos de carácter general.

La reforma de la filiación actuada entre el 2012 y el 2013 (Ley n.219/2012 y d. lgs. n.

154/2013) ha establecido que “todos los hijos tienen el mismo estado jurídico” y ha

eliminado la diferenciación entre hijos naturales (nacidos fuera del matrimonio) e

hijos legítimos (nacidos dentro del matrimonio) el la relación jurídica padres-hijos-

parientes.

Sin embargo queda diferente la modalidad de atribución del estado de filiación según

la subsistencia del vínculo matrimonial entre los padres o no.

Esto depende esencialmente del permanecer en nuestro ordenamiento de la

presunción de paternidad, según la cual el marido es padre del hijo concebido durante

el matrimonio y porque resulta del certificado de nacimiento o de la posesión del

estado legal.

La presunción puede ser superada con el reconocimiento de la filiación no

matrimonial, y de todas formas con la averiguación judicial en sede de juicio de

desconocimiento.

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En cambio, en ausencia de matrimonio entre los padres, la averiguación de la filiación

ocurre por medio de un acto voluntario, el reconocimiento previsto por el artículo 250

del Código Civil o, en su defecto, a través de una averiguación judicial (artículo 269

del Código Civil).

Los términos de ejercicio de las acciones de contestación y de reclamo de estado y los

sujetos legitimados activos y pasivos, varían según la tipología de acción, pero la

disciplina está inspirada por una compensación entre el favor veritatis y el favor

legitimatis.

Los intervento del Tribunal Constitucional y del Tribunal de Casación señalan una

afirmación lenta y progresiva del favor veritatis o sea de la prevalencia de la verdad

científica sobre el favor legitimatis finalizado a tutelar el interés del hijo a mantener

el status.

Todo eso, tanto a la vista de los progresos registrados en el plano técnico y científico,

que comporta un grado muy elevado de credibilidad de los resultados de las

investigaciones del ADN, como de los cambios en el cuadro normativo y en la misma

sensibilidad social en tema de relaciones padres-hijos en linea con la normativa

internacional y europea.

En este contexto, el derecho al reconocimiento de uno status filial correspondiente a

la verdad biológica constituye una componente esencial del derecho a la identidad

personal relacionado con el artículo 30 apartado 1 y 4 de la Constitución italiana y al

artículo 8 del CEDH, que establece el derecho del hijo a conocer sus propias origines.

(entre otras Cass. civ. Sez I, 15/02/2017, n.4020).

Al mismo tiempo hay pronunciaciones, también recientes de la Casación que,

recordando la Constitución, la CEDH y al artículo 24 apartado 2 de la Carta de los

derechos fundamentales de la UE reiteran que - en la búsqueda de el mayor interés

del menor - la búsqueda de la verdad biológica no tiene primacía absoluta, en cuanto,

en una perspectiva de compensación, se deben garantizar la seguridad y la estabilidad

de los status y las relaciones afectivas desarrollados dentro de la familia y la identidad

adquirida por el hijo no necesariamente conexa al dato genético. (entre otras Cass.

civ. Sez. I, 22/12/2016, n. 26767).

En una perspectiva de compensación, la legislación vigente prevé la

imprescriptibilidad de la acciones de estado per un hijo que, siempre - también menor

de edad y representado por un curador - puede decidir si proponerlas. Prevé, en

cambio, términos con vencimiento para los padres, aunque hay diferentes casos.

En caso de acción de desconocimiento de paternidad (para hijos nacidos del

matrimonio) y de recurso de casación por defecto de veracidad del reconocimiento

(para hijos nacidos fuera del matrimonio) la acción es imprescriptible para el hijo pero

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es sujeta a duración de un año desde el reconocimiento o desde el descubrimiento de

la impotentia generandi para el padre y también para la madre, en todos los casos con

un limite temporal máximo de cinco años siguientes a la anotación del

reconocimiento, más allá del cual ya no es consentido el recurso de casación.

La acción del hijo realiza, entonces, su personal compensación entre el interés a

mantener el status (no verdadero pero ya constituido y congelado en su experiencia

de vida familiar) y la comprobación de la verdad de la procreación, quizás para obtener

la constitución de diferente status, en relación con el padre biológico.

La voluntad del hijo toma relevancia fundamental también cuando se trata de

reconocimiento judicial de paternidad, acción para la cual el consenso del hijo que

tenga catorce años es indispensable. De la misma manera una vez cumplidos los

catorce años - solamente el hijo menor puede pedir la nominación del curador para

efectuar un desconocimiento de paternidad.

En adición es un principio consolidado el derecho del hijo de mantener el apellido que

tenía antes, cuando este apellido sea un signo distintivo de su identidad personal,

según una interpretación constitucionalmente orientada que el apellido es cada vez

menos una herramienta de orden público y cada vez más bien moral de la persona.

Solamente el hijo puede decidir, por lo tanto, si mantener o no su apellido; en este

sentido se ha exprimido muy recientemente la Casación sez. I, con la sentencia n

4020/2017.

Con relación a la prueba, hoy, quien actúa para el desconocimiento de paternidad tiene

que demostrar simplemente que no hay relación de filiación entre hijo y padre; quien

actúa para el reconocimiento tiene que demostrar solamente la existencia del vínculo

de filiación.

Para la concepción , ocurrido naturalmente o mediante fecundación asistida homóloga

la herramienta principal es la consultoría técnica que consiste en la realización de

exámenes immunogénicos/hematológicos, que el juez establece, también

autónomamente.

Con este respecto está consolidado la orientación jurisprudencial según la cual el

rechazo de someterse al examen hematológico constituye un comportamiento que el

juez puede evaluar como tanto importante que puede permitir la demostración de la

validez de la solicitud de verificación de la paternidad y viceversa.(entre las más

recientes Civ., sez I n. 6025 2015 e n.4020/2017).

En el caso de fecundación asistida heteróloga, como no hay ningún vínculo biológico,

objeto de prueba en el caso de desconocimiento de paternidad es la inexistencia del

consenso a la concepción a través de esta practica, establecido por la ley (artículo . 4,

apartado 2, lett. b e artículo 6, Ley n. 40/2004) según normas estrictas (véase Casación

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civ. Sez. I, 11/07/2012, n. 11644). En este caso la duración es de un año desde el

momento en el que se adquirió la certeza de la procreación asistida.

Es bueno recordar que, solamente después del pronunciamiento del Tribunal

constitucional n 162/2014, que ha declarado la parcial inconstitucionalidad de los

artículos de la ley n.40 del 2004, en los que estaba prohibida y sancionada la realización

de intervenciones de fecundación heteróloga, esta practica está ora permitida en Italia.

Permanece, sin embargo, la prohibición de la maternidad subrogada.

Además solamente con la ley l.n. 76/2016, después de muchos llamados del Tribunal

Constitucional también después de la sentencia del TEDH del 21.10.2015 (Oliari

c/Italia), se ha dado tutela, en Italia, a las uniones civiles entre personas del mismo

sexo.

Han habido casos frecuentes en los que los jueces italianos tuvieron que enfrentarse

con el reconocimiento y la disciplina de relaciones jurídicas derivadas de concepciones

y nacimientos que ocurrieron en el extranjero sobre la base de normativas internas

diferentes de aquella italiana, en el ámbito de contextos familiares que la normativa

italiana no reconoce.

Como a menudo pasa en Italia, la jurisprudencia aborda el cambio, antes que el órgano

legislativo.

En tema de filiación, el art. 269 del código civil contiene el principio, que ya no es

compatible con los cambios culturales sociales y normativos a nivel internacional y

con los progresos de la ciencia, según el cual es madre la que ha dado a la luz el hijo.

La Casación sez I con la sentencia n.19599 del 30.09.2016 que se refiere a muchas

sentencias de Tribunales, indica que la denegación de transcribir los certificados de

nacimiento a causa del utilizo de métodos de procreación consentidos en el extranjero

y prohibidos en Italia, o sea el rechazo de reconocer la efectividad de disposiciones

extranjeras de atribución de una paternidad llena (adoptiva, por ejemplo) no se puede

considerar compatible con los valores que fundan nuestro ordenamiento, cuando el

camino de procreación sea expresión de la asunción consciente dela responsabilidad

parental dentro de una dinámica de natura familiar (también homosexual), fuera de

lógicas mercantiles o de intercambio económico.

Por lo tanto, ha declarado reconocible en Italia un certificado de nacimiento

extranjero, debidamente formado, del cual resultaba que el nacido era hijo de dos

mujeres (una que lo dio a la luz y una que donó el óvulo)

La sentencia está en linea con el TEDH por la cual la tutela de la vida privada y familiar

establecida el artículo 8 CEDH ha sido juzgada inviolable con referencia a la posición

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de los hijos, a tutela del derecho de primario interés de la persona menor de definir y

no ver alterada su propia identidad.

Principio reiterado también recientemente por la Gran Cámara del TEDH en la

pronunciación 24.1.2017 con la cual indica como dato cierto que, cuando la opinión

del Estado haya un efecto sobra la identidad del menor - la negación de la relación de

filiación no está permitida, a no ser que sea necesaria porque no compatible con la

salvaguardia de intereses fundamentales del ordenamiento constitucional.

Por fin, en el piano de las relaciones internacionales, según la actual formulación de

la ley n.218/1995, el estado de hijo está determinado por la ley nacional del hijo o, si

más favorable, por la ley del Estado del cual uno de los dos padres sea ciudadano, en

el momento del nacimiento.

La ley así identificada, define las condiciones y los efectos de la comprobación y de la

contestación del estado de hijo; en defecto se aplica la ley italiana.

El estado de hijo, adquirido en base a la ley nacional de uno de los padres, solo puede

ser contestado según esa ley; si esa ley no permite la contestación se aplica la ley

italiana.

De todas formas, es necesario aplicar las normas de derecho italiano que establecen la

unicidad del estado de hijo.

Las condiciones para el reconocimiento del hijo está reguladas por la ley nacional del

hijo en el momento del nacimiento, o si más favorable, por la ley nacional del sujeto

que hace el reconocimiento en el momento en el que el reconocimiento ocurre; si estas

leyes no prevén el reconocimiento se aplica la ley italiana.

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Accesso alla giustizia e modello di tutela giurisdizionale dei diritti

relazionali: ordinamento giudiziario e riti.

Giulia Sapi

Avvocatessa

Una delle principali peculiarità del diritto di famiglia italiano è la diversificazione dei

processi a seconda del diritto che deve essere tutelato.

-Sull’ordinamento giudiziario In primo luogo il nostro sistema ordinamentale prevede una bipartizione di

competenze tra due organi giudiziari: il tribunale ordinario e il tribunale per i

minorenni.

Quest’ultimo è stato istituito nel 1934, epoca in cui non vi era ancora alcun

riconoscimento dei diritti fondamentali della persona, con competenze penali e

amministrative, occupandosi essenzialmente della deviazione dei minori e dei rapporti

fra genitori e figli.

In tale contesto si potevano comprendere le ragioni della particolare composizione di

tale organo giurisdizionale, che prevede la presenza di due magistrati ordinari e due

esperti nelle scienze psicologiche e comportamentali. Il contributo dell’esperto nei

collegi aveva la finalità di comprendere ad esempio quale fosse la pena più adeguata

alle esigenze e alle potenzialità di recupero dell’imputato minorenne. Ciò

evidentemente non vale oggi per i collegi civili, chiamati – non così nel 1934 – a

svolgere una funzione giurisdizionale di tutela dei diritti fondamentali della persona.

L’attribuzione di competenze al tribunale per i minorenni si è infatti notevolmente

evoluta nel corso degli anni, unitamente alle evoluzioni sociali che hanno scardinato

il preesistente modello familiare.

Oggi l’art. 38 disp. att. c.c. – recentemente modificato dalla riforma della filiazione

degli anni 2012/2013 –prevede il seguente riparto di competenze:

TM – provvedimenti ex artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, 251

e 317bis c.c

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TO – provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la

competenza di una diversa autorità giudiziaria

La recente riforma ha altresì introdotto la previsione di una vis attractiva che consente

di attribuire alla competenza del giudice ordinario i provvedimenti di cui agli artt. 330

ss c.c. ogni volta che sia già pendente un giudizio di separazione, divorzio o relativo

all’esercizio della responsabilità genitoriale da parte di genitori non coniugati.

La previsione della coesistenza di due diverse autorità giudiziarie è stata più volte

sospettata di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 97 e 111 Cost, in

ragione del rischio concreto di declaratorie di incompetenza ovvero di connessione o

di continenza, di sospensione dei giudizi, sino alla possibilità di conflitto di giudicati

tra le stesse parti su analoghe domande. 1

Come si è visto dunque oggi il tribunale per i minorenni è chiamato a decidere su

diritti fondamentali della persona, ed in particolare i diritti relazionali del minore. Ciò

non è più compatibile con il modello istituito nel 1934 e soprattutto con la presenza,

nell’organo giudicante, di magistrati non di carriera. E’ noto infatti come il giudice

non possa porre a fondamento della decisione la propria scienza privata, salvo che si

tratti di nozioni di comune esperienza (art. 115 c.p.c.)

A ciò si aggiunga la progressiva diffusione della prassi distorta (consentita dalla

flessibilità del rito previsto nei tribunali minorili di cui si dirà a breve) di delegare ai

giudici onorari l’istruttoria dei processi civili riguardanti i minori, consentendo così

agli stessi di filtrare l’acquisizione delle prove con le proprie competenze tecniche

fuori da ogni garanzia processuale.

-Sul rito

Al doppio binario giurisdizionale sopra esposto si aggiunge una notevole

diversificazione di riti tra le varie controversie che riguardano i diritti relazionali della

persona.

La prima e più evidente stortura del nostro sistema riguarda il diverso modello

processuale per le controversie relative allo scioglimento della famiglia con figli

minori, a seconda che i genitori siano o meno coniugati

Nel primo caso la tutela giudiziale è affidata ad un rito (quello della separazione e del

divorzio) certamente dotato di maggiori garanzie, anche se inutilmente farraginoso,

tanto da rischiare, a volte, di frustrare le esigenze di celerità, sottese ai diritti sui quali

si controverte, che sono diritti primari di rango costituzionale.

1 V. Tribunale di Firenze 5 giugno 2014 e Tribunale per i minorenni di Bologna 5 maggio 2014

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Nel secondo caso il legislatore si è limitato ad un generico riferimento, contenuto

nell’art. 38, 2° comma, disp. att. c.c., alle norme di cui agli artt. 737 ssc.p.c., in quanto

compatibili, e quindi al rito camerale, del tutto deformalizzato e conseguentemente

privo di qualsiasi garanzia propria del giusto processo sancito dall’art. 111 Cost.

Il rito camerale è altresì applicato nei procedimenti di competenza del tribunale per i

minorenni – fatta eccezione per quello di adottabilità che prevede regole processuali

proprie – e in quelli – di competenza del tribunale ordinario – relativi alla

revisione(ammissibile in forza della regola rebus sic stantibus) delle condizioni della

separazione o del divorzio.

Infine, l’intera materia relativa alle c.d. azioni di stato (dichiarazione giudiziale di

paternità, disconoscimento ecc….) è regolata dal rito ordinario di cognizione, previsto

per le controversie civili.

E’ poi solo il caso di accennare che la specificità dei riti relativi allo scioglimento della

famiglia, sia essa coniugale o non coniugale, non consente secondo l’orientamento

consolidato della Suprema Corte di avanzare in quei processi domande relative a

ulteriori rapporti patrimoniali intercorrenti tra coniugi/genitori (ad esempio

risarcimento danno endofamiliare, divisione dei beni in comunione legale, azioni

restitutorie ecc….) con la inevitabile conseguenza di una proliferazione di processi tra

le stesse parti.

Da anni l’AIAF si batte affinchè il legislatore approvi una compiuta riforma

ordinamentale e processuale del diritto delle relazioni familiari, con l’introduzione di

un modello processualeUNICO, che, garantendo il diritto di difesa, il principio del

contraddittorio e il contenimento dei poteri officiosi del giudice, sia dotato di

caratteristiche di particolare snellezza atte a regolare l'urgenza che caratterizza il

contenzioso delle relazioni familiari.

Molti possono essere i modelli processuali che consentano il raggiungimento di tale

obiettivo, ispirandosi ai seguenti pochi principi fondamentali:

*monocraticità dell’organo giudicante ad eccezione dei procedimenti di adozione; * proposizione della domanda con ricorso, che deve contenere tutti gli elementi previsti ai numeri da 1 a 6 dell’art. 163 c.p.c. * inderogabilità della competenza del giudice del luogo di residenza abituale del minore; *reclamabilità di tutti i provvedimenti anche provvisori; * eseguibilità dei provvedimenti relativi all’affidamento dei figli da parte dello stesso giudice che li ha emanati

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Acceso a la justicia y modelo de tutela jurisdiccional de los

derechos relacionales: ordenamiento judiciario y ritos.

Giulia Sapi

Abogada

Una de las principales peculiaridades del derecho de familia italiano es la diversificación de

los procesos según el derecho que tiene que ser tutelado.

-Sobre el ordenamiento judiciario

En primer lugar, nuestro sistema de ordenamiento prevé una bipartición de las

competencias entre dos órganos judiciarios: el tribunal ordinario y el tribunal para los

menores.

Este último ha sido instituido en el 1934, época en la que todavía no había ningún

reconocimiento de los derechos fundamentales de la persona, con competencias penales y

administrativas, que se ocupaba substancialmente de la deviación de los menores y de las

relaciones entre padres e hijos.

En este contexto se podían comprender las razones de la particular composición de este

órgano jurisdiccional, que prevé la presencia de dos magistrados ordinarios y dos expertos

de ciencias psicológicas y comportamentales. La contribución del experto en los colegios

tenía la finalidad de comprender, por ejemplo, cuál era la pena más adecuada a las exigencias

y a las potencialidades de recupero del imputado menor. Esto evidentemente no vale hoy

en los colegios civiles, llamados – no así en el 1934 – a desempeñar una función

jurisdiccional de tutela de los derechos fundamentales de la persona.

La atribución de competencias al tribunal para los menores se ha desarrollado en los años,

también con las evoluciones sociales que han derrumbado el modelo de familia

preexistente.

Hoy el artículo 38 disp. att. c.c. – recientemente modificado por la reforma de la filiación

de los años 2012/2013 – prevé la siguiente repartición de competencias:

TM – disposiciones ex artículos 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335, 371 último apartado, 251 y

317bis c.c.

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TO – disposiciones relativas a los menores para los cuales no está establecida expresamente

la competencia de una diferente autoridad judiciaria.

La recién reforma también ha introducido la previsión de una vis atractiva que permite

atribuir a la competencia del juez ordinario las disposiciones de los artículos 330 ss c.c. cada

vez que haya pendiente un juicio de separación, divorcio o relativo al ejercicio de la

responsabilidad parental por parte de padres no casados.

La previsión de la coexistencia de dos diferentes autoridades judiciarias ha sido sospechada

muchas veces de ilegitimidad constitucional para violación de los artículos 3, 97 y 111 de la

Constitución, en razón del riesgo concreto de declaraciones de incompetencia o de

conexión o de continencia, de suspensión de los juicios, hasta la posibilidad de conflictos de

juzgados entre las mismas partes sobre preguntas análogas.i

Entonces, como ya se ha visto, hoy el tribunal de menores está llamado a decidir sobre

derechos fundamentales de la persona, y en particular los derechos relacionales de menores.

Esto ya no está compatible con el modelo instituido en el 1934 y sobre todo con la presencia,

en el órgano sentenciador, de magistrados no de carrera. De hecho, se sabe que el juez no

puede poner a fundamento de su decisión su propia ciencia privada, a no ser que se trate de

nociones de experiencia común (art. 115 c. p. c.).

A esto se tiene que añadir la progresiva difusión de la praxis distorsionada (permitida por la

flexibilidad del rito previsto en los tribunales de menores de los que se hablaré más adelante)

de delegar a los jueces honorarios la instrucción de los procesos civiles relativos a menores,

consintiendo a ellos de filtrar la adquisición de pruebas con sus propias competencias

técnicas fuera de cualquiera garantía procesual.

-Sobre el rito. Al doble binario jurisdiccional presentado se añade una considerable diversificación de ritos

entre las varias controversias relativas a los derechos relacionales de la persona.

El primer y más evidente defecto de nuestro sistema es relativo al diferente modelo

procesual para las controversias relativas a la disolución de la familia con hijos menores,

según que los padres estén casados o no.

En el primer caso la tutela judicial está confiada a un rito (el rito de la separación y del

divorcio) ciertamente dotado de mayores garantías, pero inútilmente complicado, tanto que

hay el riesgo, a veces de frustrar las exigencias de velocidad, subyacentes a los derechos

sobre los que se basa la controversia, que son los derechos primarios de rango constitucional.

En el segundo caso el legislador se ha limitado a una genérica referencia, contenida en el

artículo 38, 2^ apartado, disp. att. c.c., a las normas en los artículos 737 ss c.p.c., en cuanto

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compatibles, y por eso el rito “camerale”, completamente arbitrario y sin ninguna garantía

propia del justo proceso establecido por el artículo 111 de la Constitución.

El rito “camerale” se aplica también en los procedimientos de competencia del tribunal de

menores – a excepción del procedimiento de adopción que prevé normas procesuales

propias – y en aquellos – de competencia del tribunal ordinario – relativos a la revisión

(admisible en virtud de la norma rebus sic stantibus) de las condiciones de la separación o

del divorcio.

Por fin, la entera materia relativa a las denominadas acciones de estado (declaración judicial

de paternidad, desconocimiento etc.) está regulada por el rito ordinario de cognición,

previsto para las controversias civiles.

En adición se menciona que el carácter específico de los ritos relativos a la disolución de la

familia, conyugal o no conyugal, no permite según la orientación consolidada por la

Suprema Corte de avanzar en los procesos preguntas relativas a adicionales relaciones

patrimoniales entre cónyuges/padres (por ejemplo resarcimiento de daños en familia,

división de los benes en comunión legal, acciones restitutorias etc.) con la consecuencia

inevitable de una proliferación de procesos entre las mismas partes.

Desde hace muchos años el AIAF lucha para que el legislador apruebe una cumplida

reforma del ordenamiento y de los procesos del derecho de las relacione familiares, con la

introducción de un modelo procesual único que, garantizando el derecho de defensa, el

principio de contradicción y la contención de las facultades oficiosas del juez, tenga

características de particular agilidad apte a regular la urgencia que caracteriza el

contencioso de las relaciones familiares.

Los modelos procesuales que permitan llegar a este objetivo pueden ser mucho,

inspirándose a los siguientes pocos principios fundamentales:

*un carácter monocrático del órgano jurisdiccional a excepción de los procedimientos de

adopción;

*proposición de solicitud de reconsideración, que tiene que contener todos los elementos

previsto a los números de 1 a 6 del artículo 136 c.p.c.;

*un carácter ineludible de la competencia del juez del lugar de residencia habitual del

menor;

*que se puedan reclamar todas las disposiciones, también si provisionales;

*ejecutabilidad de las disposiciones relativas a la custodia de los hijos por parte del mismo

juez que las ha emitido.

i V. Tribulan de Firenze 5 de junio de 2004 y Tribunal de los menores de Bologna 5 de mayo de 2014