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1 CENNI DI TEORIA DEI NUMERI 1 Filippo Gionta – Settembre 2011 "(la matematica) proprio come la musica può stimolare e alimentare un modo supremo del pensiero, ampliando la felicità di coloro che la creano o la capiscono" (Godfrey Harold Hardy, matematico inglese, 1877 – 1947) 1. Un po’ di storia I Numeri non sono una invenzione dell’umanità, sono una scoperta, esistevano già in modo del tutto indi- pendente dalla razza umana. I numeri sono un linguaggio che tutti noi dobbiamo parlare ogni giorno della nostra vita. Il contare è un’attività istintiva dell’uomo, quasi come camminare e parlare: i numeri sono un linguaggio ne- cessario a compiere questa attività, tanto quanto le parole (in qualsiasi idioma) sono necessarie per parlare. Una delle prime attività umane fu la pastorizia ed il pastore primitivo trovandosi nella necessità di contare i capi di bestiame ricorse ad un sistema meccanico, incidendo su di un tronco d'albero un segno per ogni capo: era così in grado di verificare se vi fossero capi mancanti. Le prime testimonianze in questo senso sono fossi- li di 30 mila anni fa, coperti di buchi o di segni troppo regolari per essere casuali. Oltre a tacche nel legno venivano usati nodi, dita di mani e piedi, buchi, incisioni, tagli su pezzi d'osso o di legno. In questo modo si introduce il concetto di numero cardinale. Ancora oggi gli Eschimesi contano sulle dita fino a cinque, e, con l'aiuto delle dita delle mani e dei piedi, possono arrivare fino a venti, ciò che viene chiamato "un uomo intero". Gli abitanti della Papua Nuova Gui- nea si toccano varie punti del corpo per identificare un numero arrivando fino al numero 22. In Asia veniva- no usate le falangi delle dita riuscendo così a contare fino a 28. Anche se si vogliono raggruppare oggetti si possono usare raggruppamenti naturali come quelli a cinque a cinque che corrispondono alle dita di una ma- no, o a dieci a dieci se consideriamo entrambe le mani. Quest'ultimo sistema fu quello che dette origine al nostro sistema di numerazione decimale. La lingua francese conserva ancora traccia del sistema di numera- zione in base 20 (dita delle mani e dei piedi) infatti per dire 83 si dice quatre-vingt-trois (quattro volte venti più tre). Un altro esempio è il sistema che adottiamo per designare il passare del tempo o la misura degli an- goli, in cui si usa la base 60 che deriva dal sistema sumero/babilonese. I numeri servono a contare, ma anche a calcolare, ossia ad elaborare i dati per ottenere informazioni supple- mentari: il termine calcoli designava le pietre che portavano incisioni geometriche e che servivano per conta- re. Anche i Sumeri usavano i "calcoli", che erano sassolini sagomati (un cono piccolo = 1, una sfera piccola = 10, un cono grande = 60...). Il termine calcolo deriva dal latino calculus, cioè sasso. I popoli antichi per far di conto non usavano cifre scritte ma oggetti fisici, come abachi e pallottolieri. Il limite di questi strumenti deriva dal fatto che i conti così eseguiti non hanno "memoria", ossia non permettono di ripercorrere le fasi di un calcolo per localizzare un eventuale errore; inoltre per contare è utile rappresentare graficamente i numeri, per questi motivi quasi tutte le civiltà inventarono simbo- li. Un altro problema è sempre stato quello di scrivere, con un numero limitato di simboli, un numero illimitato di numeri, dato che non si poteva avere un simbolo per ogni numero: vennero così inventati, in tempi diversi e presso popolazioni diverse, molti sistemi di numerazione. I più antichi concetti di numero si possono riscontrare nella lingua inglese odierna dove i vocaboli eleven e twelve si- gnificavano, in origine, "uno in più" e "due in più". I primi numeri scritti che noi conosciamo sono quelli che furono usati circa 5000 anni a.C. dagli Egiziani e dai Su- meri. I Sumeri per scrivere i numeri, usavano soltanto due 1 Adattato per una prima classe di Liceo Scientifico Figura 1: I Sumeri contano utilizzando le tavolette d'ar- gilla che sono delle vere e proprie calcolatrici tascabili.

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CENNI DI TEORIA DEI NUMERI 1

Filippo Gionta – Settembre 2011

"(la matematica) proprio come la musica può stimolare e alimentare un modo supremo del pensiero,

ampliando la felicità di coloro che la creano o la capiscono"

(Godfrey Harold Hardy, matematico inglese, 1877 – 1947)

1. Un po’ di storia I Numeri non sono una invenzione dell’umanità, sono una scoperta, esistevano già in modo del tutto indi-pendente dalla razza umana. I numeri sono un linguaggio che tutti noi dobbiamo parlare ogni giorno della nostra vita. Il contare è un’attività istintiva dell’uomo, quasi come camminare e parlare: i numeri sono un linguaggio ne-cessario a compiere questa attività, tanto quanto le parole (in qualsiasi idioma) sono necessarie per parlare. Una delle prime attività umane fu la pastorizia ed il pastore primitivo trovandosi nella necessità di contare i capi di bestiame ricorse ad un sistema meccanico, incidendo su di un tronco d'albero un segno per ogni capo: era così in grado di verificare se vi fossero capi mancanti. Le prime testimonianze in questo senso sono fossi-li di 30 mila anni fa, coperti di buchi o di segni troppo regolari per essere casuali. Oltre a tacche nel legno venivano usati nodi, dita di mani e piedi, buchi, incisioni, tagli su pezzi d'osso o di legno. In questo modo si introduce il concetto di numero cardinale. Ancora oggi gli Eschimesi contano sulle dita fino a cinque, e, con l'aiuto delle dita delle mani e dei piedi, possono arrivare fino a venti, ciò che viene chiamato "un uomo intero". Gli abitanti della Papua Nuova Gui-nea si toccano varie punti del corpo per identificare un numero arrivando fino al numero 22. In Asia veniva-no usate le falangi delle dita riuscendo così a contare fino a 28. Anche se si vogliono raggruppare oggetti si possono usare raggruppamenti naturali come quelli a cinque a cinque che corrispondono alle dita di una ma-no, o a dieci a dieci se consideriamo entrambe le mani. Quest'ultimo sistema fu quello che dette origine al nostro sistema di numerazione decimale. La lingua francese conserva ancora traccia del sistema di numera-zione in base 20 (dita delle mani e dei piedi) infatti per dire 83 si dice quatre-vingt-trois (quattro volte venti più tre). Un altro esempio è il sistema che adottiamo per designare il passare del tempo o la misura degli an-goli, in cui si usa la base 60 che deriva dal sistema sumero/babilonese. I numeri servono a contare, ma anche a calcolare, ossia ad elaborare i dati per ottenere informazioni supple-mentari: il termine calcoli designava le pietre che portavano incisioni geometriche e che servivano per conta-re. Anche i Sumeri usavano i "calcoli", che erano sassolini sagomati (un cono piccolo = 1, una sfera piccola = 10, un cono grande = 60...). Il termine calcolo deriva dal latino calculus, cioè sasso. I popoli antichi per far di conto non usavano cifre scritte ma oggetti fisici, come abachi e pallottolieri. Il limite di questi strumenti deriva dal fatto che i conti così eseguiti non hanno "memoria", ossia non permettono di ripercorrere le fasi di un calcolo per localizzare un eventuale errore; inoltre per contare è utile rappresentare graficamente i numeri,

per questi motivi quasi tutte le civiltà inventarono simbo-li. Un altro problema è sempre stato quello di scrivere, con un numero limitato di simboli, un numero illimitato di numeri, dato che non si poteva avere un simbolo per ogni numero: vennero così inventati, in tempi diversi e presso popolazioni diverse, molti sistemi di numerazione. I più antichi concetti di numero si possono riscontrare nella lingua inglese odierna dove i vocaboli eleven e twelve si-gnificavano, in origine, "uno in più" e "due in più". I primi numeri scritti che noi conosciamo sono quelli che furono usati circa 5000 anni a.C. dagli Egiziani e dai Su-meri. I Sumeri per scrivere i numeri, usavano soltanto due

1 Adattato per una prima classe di Liceo Scientifico

Figura 1: I Sumeri contano utilizzando le tavolette d'ar-gilla che sono delle vere e proprie calcolatrici tascabili.

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simboli a forma di cuneo, uno verticale rappresentava il numero 1 ed una riga orizzontale il 10. Gli Egiziani avevano un sistema di cifre con cui potevano superare il milione. Per i primi 9 numeri usavano gruppi di linee; per le decine una U rovesciata e per le centinaia una spirale. Le quantità maggiori erano rap-presentate con i geroglifici, come l'uomo seduto con le braccia rivolte verso il cielo che indicava un milione. L'invenzione dell'alfabeto portò molte civiltà, come quella greca e quella ebraica, ad utilizza-re le lettere per rappresentare i numeri. In Grecia, a partire dal quinto secolo a.C., si sviluppò una scrittura che adoperava, per indi-care i numeri, le 24 lettere dell'alfabeto, con l'aggiunta di tre segni ausiliari presi a prestito da alfabeti di altre lingue. Alle lettere adopera-te come numeri veniva aggiunto un apice in alto a destra, per distinguerle dalle lettere or-dinarie. Il sistema greco era troppo complicato per permettere di eseguire calcoli con scioltez-za. Per non accumulare troppi segni, popoli come gli Ebrei fecero ricorso ai propri alfabeti, dan-do alle lettere anche il valore di numeri: A=1 B=2 e così via.

I Maya la cui civiltà si sviluppò nel Sud del Messico e nell'A-merica centrale circa 5000 anni fa, usarono uno dei sistemi di numerazione più interessanti dell'antichità. Poiché la loro civiltà era completamente tagliata fuori dalle civiltà sorte sulle rive del Mediterraneo, tutta la loro cultura si sviluppò in modo indipen-dente e così pure il loro sistema di numerazione, che si basava solo su tre simboli: un punto, un segmento e un quadrato. I Ma-ya potevano scrivere qualsiasi numero usando solo questi sim-boli che venivano scritti verticalmente. Il loro sistema di nume-razione, che si ispirava al calendario, era a base 20. Matematici abilissimi, conoscevano il concetto di zero, cioè di un numero che indica la quantità nulla, e lo rappresentavano con un simbo-lo speciale, un occhio stilizzato: ovale. La loro più grande in-venzione fu quella di un sistema posizionale in cui le cifre han-no valore diverso secondo la posizione (ad esempio quelle a de-stra indicano l'unità).

Anche i Romani, per scrivere i numeri, utilizzarono le lettere del loro alfabeto: I, un dito, corrispondeva a una unità; II, a due unità; V, la mano aperta, indicava cinque unità; VI, cinque unità più uno; X, entrambe le mani aperte, significava dieci unità. Più tardi la numerazione si perfezionò: alcuni numeri vennero indicati con lettere dell'alfabeto (ad esempio, L = cinquanta; C = cento). I Romani ignorarono sempre l'uso dello ze-ro. Il loro sistema di numerazione è detto additivo perché nell'indicare un numero si addizionano o si sottrag-gono i valori dei diversi simboli; la posizione dei simboli è importante perché si fa un'addizione o una sottra-zione a seconda che un simbolo sia alla destra o alla sinistra di un altro. Agli Indiani si deve l'invenzione del sistema di numerazione posizionale in base dieci portato in occidente dagli Arabi. Abili calcolatori, manipolavano numeri molto grandi. Adoperarono quei numeri irrazionali che i greci tratteranno con diffidenza. Operavano su radici quadrate e cubiche. Inventarono lo zero ed i numeri re-lativi. La facilità con cui percepiamo il diverso valore di un numero a seconda della posizione che occupa è il risul-tato di una delle invenzioni più importanti della storia dell'umanità: i sistemi di numerazione posizionale.

Figura 2: Papiro di Rhind

Figura 3: Numerazione geroglifica

Figura 4: Due pagine della tavola delle eclissi solari del codice di Dresda. I punti rappresentano il numero 1, le barre orizzontali il numero 5 e le posizioni, che devono essere lette verticalmente

dall'alto al basso, sono espresse in potenze di venti (noi contiamo in potenze di dieci).

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Il sistema di numerazione decimale che usiamo oggi nacque nel nord dell'India nel V sec. a.C. e perché que-sto evento si verificasse è stata necessaria la coincidenza di 3 fattori: un sistema di cifre che indicassero le unità dall'1 al 9 e che:

1. potessero essere rappresentate da un simbolo grafico; 2. potessero essere un sistema di numerazione posizionale; 3. contemplassero il numero zero.

Il nostro sistema di numerazione, il sistema decimale o a base 10, fu importato in Europa nel 1223 da Leo-nardo Fibonacci, che in "Liber Abaci" spiega questo nuovo modo di scrivere i numeri, già in uso presso gli Arabi e appreso dagli Arabi stessi in India, e denominato perciò indo-arabico. Il nome zero deriva da "zefiro" (dolce venticello). Gli storici pensano che questo sistema di numerazione abbia raggiunto lo sviluppo finale, con l'uso dello zero e la sua forma posizionale, tra il 400 e il 700 d.C., cioè soltanto 1500 anni fa. Si serve di dieci simboli fondamentali: 0, 1, 2 ,3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, che si chiamano cifre e con i quali si può scrivere qua-lunque numero, anche molto grande. Secondo le stime fatte dai glottologi, al mondo si parlano circa 1500 lingue diverse e questa molteplicità di idiomi è un ostacolo, anche se non è l'unica causa, per una maggiore collaborazione fra i popoli. Negli anni sono stati fatti molti tentativi di inventare una nuova lingua che potesse essere universale, la più famosa è l'e-speranto che fu ideata dall'oculista polacco Leizer L. Zamenhof nel 1887. Si può, invece, asserire che la lin-gua utilizzata con maggior successo a livello mondiale è la lingua dei numeri, cioè la matematica, grazie alla quale l'umanità ha conquistato cose che un tempo apparivano irraggiungibili: volo aereo, elettricità, conqui-sta dello spazio, energia nucleare, ecc. …. .

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2. L’Insieme N dei numeri naturali Torniamo al pastore preistorico e alla sua necessità di segnare con una tacca ogni animale che possedeva: a sua insaputa, questo pastore con quelle sue tacche stava definendo una relazione d’equivalenza tra due in-siemi. Andiamo, allora, nello specifico. Consideriamo l’insieme universo U, i cui elementi sono tutti gli insiemi immaginabili e definiamo in U la seguente relazione ℜ :

,A B U∀ ∈ , A Bℜ ⇔ ogni elemento di B è immagine di uno ed un solo elemento di A.

Dimostriamo che la relazione ℜ è una relazione d’equivalenza. • Proprietà riflessiva: ogni insieme A U∈ è in relazione con sé stesso in quanto

ogni elemento di A è immagine di sé stesso e solo di sé stes-so.

• Proprietà simmetrica: se A Bℜ , allora ogni elemento b di B è immagine di uno ed

un solo elemento a di A, di conseguenza ogni elemento a di A è immagine di uno ed un solo elemento b di B, quindi an-che B Aℜ .

• Proprietà transitiva: se A Bℜ e B Cℜ , allora ogni elemento b

di B è immagine di uno ed un solo ele-mento a di A ed ogni elemento c di C è immagine di uno ed un solo elemento b di B, di conseguenza ogni elemento c di C è immagine di uno ed un solo elemen-to a di A, quindi anche A Cℜ .

La relazione ℜ è quindi una relazione d’equivalenza. Di conseguenza è possibile costruire le classi d’equivalenza rispetto a ℜ , ad ognuna delle quali si attribuisce il nome “numero naturale” ed un simbolo che la rappresen-ti. Più precisamente, indicando con [A] la classe d’equivalenza dell’insieme A rispetto alla relazione ℜ , cioè l’insieme di tutti gli insiemi che sono in relazione ℜ con A, si ha: e così via. L’insieme quoziente U ℜ , cioè l’insieme di tutte queste classi di equivalenza, prende il nome di insieme dei numeri naturali e si indica con la lettera � . Per come sono stati “costruiti” questi numeri naturali, è evidente come ci sia un numero da cui partire e sem-pre un numero che “viene dopo”, senza mai arrivare ad una fine. Queste evidenze furono raccolte dal mate-matico italiano Giuseppe Peano (1858-1932) che nel 1881 attraverso una serie di assiomi formalizza il con-cetto di numero naturale e il loro ordinamento:

Figura 5: La relazione ℜ

Figura 6: La proprietà riflessiva diℜ

Figura 7: La proprietà simmetrica diℜ

A B

A B C

Figura 8: La proprietà transitiva diℜ

= 0

= 1

= 2

= 3

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Assioma 1: Lo zero è un numero naturale.

Assioma 2: Il successivo di un numero naturale è un numero naturale.

Assioma 3: Numeri naturali che hanno lo stesso successivo sono uguali.

Assioma 4: Lo zero non è il successivo di alcun numero naturale.

Assioma 5: (Assioma di induzione) Se P ⊆ � è tale che 0 P∈ ed inoltre da n P∈ segue 1n P+ ∈ allora P = N.

Questi assiomi descrivono l'insieme N, nel senso che le sue proprietà possono essere dedotte da essi. Con gli assiomi sappiamo quindi da dove partiamo, ma dove arriviamo? Naturalmente all’infinito, ma ci ar-riviamo in un modo solo. È questo il significato del quinto assioma di Peano, quello dell’induzione matema-tica: se una proprietà vale per 0 e sappiamo anche che se vale per un naturale qualsiasi n allora vale anche per il successivo di n, tale proprietà vale per tutti i naturali. Come per il quinto postulato di Euclide, anche in questo caso dobbiamo lanciarci molto più in là del resto: in questo caso abbiamo un numero infinito di pas-saggi logici da eseguire, tutti comodamente impacchettati in un singolo postulato. Lasciamo al lettore l’approfondimento del quinto assioma di Peano. In questa sede ci interessa, a questo pun-to, dopo aver costruito i numeri naturali, definire le operazioni in � e le relative proprietà. Prima di passare alla definizione formale delle operazioni, vogliamo far notare esplicitamente come i cinque assiomi di Peano definiscano in � un ordine naturale:

3. Le operazioni in �

Addizione2: dati due numeri naturali n ed m, addizionare n + m vuol dire trovare il numero naturale che si ottiene a partire da n e muovendosi, seguendo l’ordine, di tante unità quante sono quelle indicate dal numero m:

Ad esempio svolgere l’addizione 2 + 4 vuol dire partire dal punto B e muoversi verso destra di 4 unità, fino quindi ad arrivare al punto F, leggendo così il risultato 6.

Nell’addizione n + m = s, con , ,n m s∈� , i numeri n ed m si chiamano addendi, il numero s si chiama somma.

Proprietà dell’addizione: • Operazione interna: la somma di due numeri naturali è sempre un numero naturale:,n m∀ ∈� ,

n m+ ∈� . Dim.: muovendosi nell’ordine naturale, a partire da un numero naturale si arriverà sempre ad un numero naturale (applicazione del quinto postulato di Peano).

2 Si preferisce in questa sede, anche in considerazione della classe cui sono rivolti questi appunti, di non usare il principio di induzione per la defini-zione dell’addizione, ma di usare una definizione più intuitiva, ma non per questo meno rigorosa.

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• Proprietà commutativa: cambiando l’ordine degli addendi, la somma non cambia: n m m n+ = + , ,n m∀ ∈� . Dim.: muoversi a partire da n di m unità e muoversi a partire da m di n unità, ci porterà sempre al numero che si trova ad n + m unità da zero.

• Proprietà associativa: dovendo sommare tra loro tre o più numeri naturali, non è importante quali numeri si iniziano a sommare: ( ) ( )n m k n m k+ + = + + , , ,n m k∀ ∈� .

Dim.: analoga alla precedente.

• Elemento neutro: esiste un numero naturale che sommato ad un qualsiasi altro numero naturale non ne cambia il valore: ∃ 0 :∈� n∀ ∈� , 0 0n n n+ = + = . Dim.: n + 0 vuol dire partire da n e non muoversi.

Sottrazione: dati due numeri naturali n ed m, con n m≥ , fare la sottrazione n - m vuol dire trovare un numero naturale d che sommato ad m dia come risultato n:

n m d d m n− = ⇔ + = , ,n m∀ ∈� , con n m≥ . Nella sottrazione n - m = d, con , ,n m d∈� , il numero n si chiama minuendo, m si chiama sottraendo e d si chiama differenza. Proprietà della sottrazione: • Operazione non interna: la differenza di due numeri naturali non è sempre un numero natura-

le: ,n m∀ ∈� , con n m< , n m− ∉� , in quanto sen m< non esiste alcun numero naturale d tale che d m n+ = .

• Proprietà invariantiva: addizionando o sottraendo ad entrambi gli operatori di una sottrazione

lo stesso numero la differenza non cambia: ( ) ( )n m n k m k− = ± − ± , , ,n m k∀ ∈� che rendano possi-

bili in � le sottrazioni. Dim.: ( ) ( ) ( ) ( )n k m k d d m k n k+ − + = ⇔ + + = + ⇔ (per la proprietà associativa dell’addizione)

( ) ( )d m k n k d m n n m d+ + = + ⇔ + = ⇔ − = . Quindi ( ) ( )n m d n k m k− = = ± − ± , c.v.d..

Moltiplicazione: dati due numeri naturali n ed m, fare la moltiplicazione n m⋅ vuol dire trovare il numero na-turale p che si ottiene sommando n con se stesso per m volte:

...m volte

n m n n n⋅ = + + +������� , ,n m∀ ∈� .

Nella moltiplicazione n m p⋅ = , con , ,n m p∈� , i numeri n ed m si chiamano fattori e p si chiama pro-dotto. Proprietà della moltiplicazione: • Operazione interna: il prodotto di due numeri naturali è sempre un numero naturale:,n m∀ ∈� ,

n m⋅ ∈� . Infatti una moltiplicazione è un’addizione ripetuta e l’addizione è un’operazione inter-na ad � .

• Proprietà commutativa: cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia:

n m m n⋅ = ⋅ , ,n m∀ ∈� . Dim. (per via grafica intuitiva):

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• Proprietà associativa: dovendo moltiplicare tra loro tre o più numeri naturali, non è importante quali numeri si iniziano a moltiplicare: ( ) ( )n m k n m k⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ , , ,n m k∀ ∈� .

Dim. (per via grafica intuitiva):

• Proprietà distributiva: la moltiplicazione si distribuisce rispetto all’addizione e alla sottrazione: ( )n m k n m n k⋅ ± = ⋅ ± ⋅ , , ,n m k∀ ∈� .

Dim. (per via grafica intuitiva): • Elemento neutro: esiste un numero naturale che moltiplicato ad un altro qualunque numero na-

turale non ne cambia il valore: ∃ 1 :∈� n∀ ∈� , 1 1n n n⋅ = ⋅ = . Dim.:

1

1 ...volta

n n n n⋅ = + + =����� .

• Elemento annullatore: esiste un numero naturale che moltiplicato ad un altro qualunque numero

naturale ne annulla il valore: ∃ 0 :∈� n∀ ∈� , 0 0 0n n⋅ = ⋅ = . Dim.: 0 0 0 ... 0 0

n volte

n n+ = + = + + =����� .

• Legge di annullamento del prodotto: se un prodotto è nullo, almeno uno dei due fattori è zero:

0 0 0n m n m⋅ = ⇔ = ∨ = . Divisione: si dice che un numero naturale n è multiplo del numero naturale m (o che m è un divisore di n) se esiste un numero naturale k tale che n k m= ⋅ . Dati due numeri naturali n ed m, con n multiplo di m ed 0m≠ , fare la divisione n : m vuol dire trovare un numero naturale q che moltiplicato ad m dia come risultato n:

:n m q q m n= ⇔ ⋅ = , ,n m∀ ∈� , con n multiplo di m e 0m≠ . Nella divisione n : m = q, con n multiplo di m e 0m≠ , il numero n si chiama dividendo, m si chiama divisore e q si chiama quoto. Proprietà della divisione: • Operazione non interna: la divisione tra due numeri naturali non è sempre un numero natura-

le: ,n m∀ ∈� , con n non multiplo di m, :n m∉� , in quanto se n non è multiplo di m o se m è zero, non esiste alcun numero naturale q tale che q m n⋅ = .

• Proprietà invariantiva: moltiplicando o dividendo entrambi gli operatori di una divisione per lo

stesso numero diverso da zero il quoto non cambia: ( ) ( ): :n m n k m k= ⋅ ⋅ e ( ) ( ): : : :n m n k m k= ,

, ,n m k∀ ∈� che rendano possibili le divisioni. Dim.: ( ) ( ) ( ):n k m k q q m k n k⋅ ⋅ = ⇔ ⋅ ⋅ = ⋅ ⇔ (per la proprietà associativa della moltiplicazione)

( ) ( ) :q m k n k q m n n m q⋅ ⋅ = ⋅ ⇔ ⋅ = ⇔ = . Quindi ( ) ( ): :n m q n k m k= = ⋅ ⋅ , c.v.d..

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• Proprietà distributiva: la divisione si distribuisce a destra rispetto all’addizione e alla sottrazio-ne: ( ) : : :m k n m n k n± = ± , , ,n m k∀ ∈� , che rendano possibili le divisioni.

Elevamento a potenza: dati due numeri naturali n ed m, con n diverso da zero, elevare n ad m vuol dire mol-tiplicare n per se stesso tante volte quante sono le unità di m:

...m

m volte

n n n n= ⋅ ⋅ ⋅����� , ,n m∀ ∈� , con 0n ≠ .

Nella potenza nm, con 0n ≠ , il numero n si chiama base ed m si chiama esponente. Proprietà delle potenze: • Operazione interna: essendo la potenza una moltiplicazione ripetuta, la potenza mn , con 0n ≠ , è

un’operazione interna ad � • Proprietà del prodotto di egual base: il prodotto di due potenze che hanno la stessa base è

un’altra potenza che ha per base la stessa base e per esponente la somma degli esponenti: n m n ma a a +⋅ = , con , ,a n m∈� e 0a ≠ .

Dim.: ... ... ...n m n m

n volte m volte n m volte

a a a a a a a a a+

+⋅ = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ =��� ��� ��� .

• Proprietà del rapporto di egual base: il rapporto di due potenze che hanno la stessa base è

un’altra potenza che ha per base la stessa base e per esponente la differenza degli esponenti: :n m n ma a a −= , con , ,a n m∈� e 0a ≠ e n m≥ .

Dim.: : ... : ... ...n m n m

n volte m volte n m volte

a a a a a a a a a−

= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = ��� ��� ��� .

• Proprietà distributiva sulla moltiplicazione: il prodotto di due potenze che hanno lo stesso espo-

nente è un’altra potenza che ha per base il prodotto delle basi e per esponente lo stesso espo-nente:

( )nn na b a b⋅ = ⋅ , con , ,a b n∈� e , 0a b ≠ .

Dim.: ( ) ( ) ( )...n

n volte

a b a b a b⋅ = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =�������

per le proprietà commutativa e associativa della moltiplicazione =

= ( ) ( )... ... n n

n volte n volte

a a b b a b⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅����� �����

, c.v.d..

• Proprietà distributiva sulla divisione: il rapporto di due potenze che hanno lo stesso esponente è un’altra potenza che ha per base il rapporto delle basi e per esponente lo stesso esponente:

( ): : nn na b a b= , con , ,a b n∈� e , 0a b ≠ e a multiplo di b.

Dim.: analoga alla precedente. • Proprietà di potenza di potenza: la potenza di una potenza è uguale ad un’altra potenza che ha

per base la stessa base e per esponente il prodotto degli esponenti:

( )mn n ma a ⋅= , con , ,a m n∈� e 0a ≠ .

Dim.: ( ) ... ... ... ... ...mn n n n n n m

m volte n volte n volte n m volte

m volte

a a a a a a a a a a⋅

= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ =

����� ��� ��� �����

�����������

.

• Proprietà dello zero: ogni numero naturale elevato a zero è uguale a 1:

0 1a = , con a∈� e 0a ≠ . Dim.: osserviamo che applicando la proprietà del prodotto ad egual base deve essere

0 0n n na a a a+⋅ = = , cioè 0a deve essere elemento neutro per la moltiplicazione, cioè 0 1a = .

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Criteri di divisibilità: riportiamo di seguito i principali criteri di divisibilità, senza soffermarci sulla loro di-mostrazione. • Un numero naturale è divisibile per 2 se è un numero pari. • Un numero naturale è divisibile per 3 se la somma delle sue cifre è multiplo di 3. • Un numero naturale è divisibile per 4 se le sue ultime due cifre sono 00 oppure formano un numero mul-

tiplo di 4. • Un numero naturale è divisibile per 5 se termina con 0 oppure con 5. • Un numero naturale è divisibile per 9 se la somma delle sue cifre è multiplo di 9. Un numero naturale si dice primo se è divisibile solo per se stesso e per 1. E’ ovvio che tutti i numeri primi sono dispari tranne 2, che quindi è l’unico numero primo pari. Inoltre, il numero 1 non è considerato numero primo. M.C.D. e m.c.m.: ricordiamo che per il teorema fondamentale dell’aritmetica, « ogni numero naturale mag-giore di 1 o è un numero primo o si può esprimere come prodotto di potenze di numeri primi. Tale rappre-sentazione è unica, se si prescinde dall'ordine in cui compaiono i fattori.» Allora, dati due o più numeri naturali, dopo averli scomposti in fattori primi, si definisce Massimo Comun Divisore il più grande dei divisori in comune ai numeri in esame e si calcola moltiplicando tra loro solo i fat-tori comuni presi con il minimo esponente. Il minimo comune multiplo, invece, è il multiplo più piccolo co-mune ai numeri dati e si calcola moltiplicando tra loro i fattori comuni e non comuni, presi una volta sola, ciascuno con il massimo esponente con cui figura.

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4. L’insieme � dei numeri interi

Nelle pagine precedenti abbiamo costruito i numeri naturali e il loro insieme � , all’interno del quale abbia-mo definito le quattro operazioni, osservando però che non tutte sono interne ad � . In particolare è possibile fare la sottrazione n – m solo se n m≥ . Al fine di rendere interna anche la sottrazio-ne è necessario, quindi, ampliare l’insieme � con altri tipi di numeri: i numeri interi. Consideriamo il prodotto cartesiano ( ){ }2 ; : ,a b a b= × = ∈ ∈� � � � � ed in esso definiamo la seguente relazione:

( ) ( ); ;a b c d a d b cℜ ⇔ + = + , ( ) ( ) 2; , ;a b c d∀ ∈� .

Dimostriamo che detta relazione è di equivalenza. • Proprietà riflessiva: ( ) ( ); ;a b a b a b b aℜ ⇔ + = + , ( ) 2;a b∀ ∈� , in quanto per l’addizione tra numeri naturali va-

le la proprietà commutativa. • Proprietà simmetrica: ( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ;a b c d c d a bℜ ⇒ ℜ , ( ) ( ) 2; , ;a b c d∀ ∈� , in quanto

( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ;a b c d a d b c c b d a c d a bℜ ⇔ + = + ⇔ + = + ⇔ ℜ , dove si è usata la proprietà

commutativa dell’addizione in � e la proprietà simmetrica dell’uguaglianza. • Proprietà transitiva: ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ; ; ;a b c d c d e f a b e fℜ ∧ ℜ ⇒ ℜ , ( ) ( ) ( ) 2; , ; , ;a b c d e f∀ ∈� , in quanto

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ;a b c d c d e f a d b c c f d e a b c d f d e cℜ ∧ ℜ ⇔ + = + ∧ + = + ⇔ = + − ∧ = + − ⇔

( ) ( ); ;a f b c d d e c b e a b e f/ /⇔ + = + − + + − = + ⇔ ℜ/ / .

La relazione ℜ è quindi una relazione d’equivalenza. Di conseguenza è possibile costruire le classi d’equivalenza rispetto a ℜ , che potranno essere solo di tre tipi:

1. classi d’equivalenza del tipo ( );a b con a > b;

2. classi d’equivalenza del tipo ( );a b con a = b;

3. classi d’equivalenza del tipo ( );a b con a < b.

Ad esempio:

1. ( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( )2 25;3 ; : ; 5;3 ; : 3 5 2;0 , 3;1 , 4;2 ,... 2;0a b a b a b a b = ∈ ℜ = ∈ + = + = = � � , cioè l’insieme di

tutte le coppie di numeri naturali che avranno il primo elemento di 5 – 3 = 2 unità più grande del se-condo;

2. ( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( )2 23;3 ; : ; 3;3 ; : 3 3 0;0 , 1;1 , 2;2 ,... 0;0a b a b a b a b = ∈ ℜ = ∈ + = + = = � � , cioè l’insieme di

tutte le coppie di numeri naturali che avranno il primo elemento di 3 – 3 = 0 unità più grande del se-condo;

3. ( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( )2 23;5 ; : ; 3;5 ; : 5 3 0;2 , 1;3 , 2;4 ,... 0;2a b a b a b a b = ∈ ℜ = ∈ + = + = = � � , cioè l’insieme di

tutte le coppie di numeri naturali che avranno il primo elemento di 5 – 3 = 2 unità più piccolo del se-condo.

Generalizzando, l’insieme 2� risulterà ripartito nelle seguenti classi d’equivalenza:

1. le classi d’equivalenza del tipo ( );0a , a∀ ∈� ;

2. la classe d’equivalenza ( )0;0 ;

3. le classi d’equivalenza del tipo ( )0;a , a∀ ∈� .

11

Alle classi d’equivalenza del tipo 1 si dà il nome di numero intero positivo e si indicano con il simbolo +a. Alla classe d’equivalenza del tipo 2 si dà il nome di numero intero zero e si indica con il simbolo 0. Alle classi d’equivalenza del tipo 3 si dà il nome di numero intero negativo e si indicano con il simbolo –a. L’insieme quoziente 2 ℜ� , cioè l’insieme formato da tutti i numeri interi positivi, dallo zero e da tutti i nu-meri interi negativi si indica con il simbolo � e si chiama insieme dei numeri interi. Dato un numero intero x, si definisce valore assoluto di x il corrispondente numero naturale che lo definisce: • ( );0a a a+ = = , a∀ ∈� ;

• ( )0 0;0 0= = ;

• ( )0;a a a− = = , a∀ ∈� .

Due numeri interi si dicono concordi se hanno lo stesso segno (ad es. +3 e +6), si dicono discordi se hanno segni diversi (ad es. +3 e -6), si dicono opposti se sono discordi e hanno lo stesso valore assoluto (ad es. +3 e -3). Per come è definito, è ovvio che tra l’insieme dei numeri interi non negativi 0

+� e l’insieme dei numeri natu-rali � si può determinare una relazione biunivoca (cioè ad ogni numero intero non negativo (a;0) si può as-sociare in uno ed un sol modo il numero naturale a); di conseguenza ogni numero intero non negativo può essere considerato come numero naturale; di conseguenza tutte le proprietà e le operazioni definite in � si possono “trasportare” in 0

+� . Quindi, in definitiva, il numero 2 può essere considerato sia numero naturale 2 sia numero intero +2.

5. Le operazioni in �

Addizione: date due coppie ordinate ( ) ( ) 2; , ;a b c d ∈� , definiamo la seguente operazione di addizione:

( ) ( ) ( ); ; ;a b c d a c b d+ = + + .

Per poter estendere tale definizione ai numeri interi, osserviamo che se ( ) ( ); '; 'a b a bℜ e ( ) ( ); '; 'c d c dℜ , allora,

ovviamente, ( ) ( )( ) ( ) ( )( ); ; '; ' '; 'a b c d a b c d+ ℜ + ; di conseguenza possiamo usare la definizione precedente per de-

finire l’operazione di addizione tra numeri interi:

1. addizione tra numeri interi concordi: la somma di due interi concordi è quel numero intero che è concorde con gli addendi e che ha per valore assoluto la somma dei valori assoluti degli addendi.

Es.: ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )3 4 3;0 4;0 3 4;0 7;0 7+ + + = + = + = = + ;

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )3 4 0;3 0;4 0;3 4 0;7 7− + − = + = + = = − .

2. addizione tra numeri interi discordi: la somma di due interi discordi è quel numero intero che è con-

corde con l’addendo di valore assoluto maggiore e che ha per valore assoluto la differenza dei valo-ri assoluti degli addendi.

Es.: ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )3 4 3;0 0;4 3;4 0;1 1+ + − = + = = = − ;

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )3 4 0;3 4;0 4;3 1;0 1− + + = + = = = + .

Le proprietà dell’addizione in � sono esattamente le stesse dell’addizione in � .

12

Sottrazione: la differenza di due interi è la somma tra il minuendo e l’opposto del sottraendo: ( )a b a b− = + − , ,a b∀ ∈� .

Es.: +4 – (-6) = +4 + (+6) = +10. Dal momento che tutti i numeri interi hanno l’opposto (basta scambiare l’ordine della coppia, ad esempio l’opposto di ( )2 0;2− = è ( )2;0 2= + ) e dal momento che l’addizione è interna a � , anche la sottrazione diventa

un’operazione interna a � . Anche in � la sottrazione gode della proprietà invariantiva. Le due operazioni, addizione e sottrazione, in � vengono denotate con il solo nome di somma algebrica. Anche la somma algebrica gode della proprietà commutativa, a patto di seguire le seguenti regole:

• ogni termine deve conservare il proprio segno (es. -3 + 4 = +4 – 3= +1); • quando un termine viene portato al primo posto, se è positivo si può scrivere senza segno, se è nega-

tivo occorre scrivere davanti ad esso il segno – (es. -5 -3 = - 3 – 5 = -8); • quando si sposta il termine che si trova al primo posto, se non è preceduto da un segno, esso dovrà

essere scritto con il segno + (es. 5 – 4 = -4 + 5 = +1). Per liberare, poi, una somma algebrica da una coppia di parentesi, se la prima parentesi è preceduta dal segno + si riscrivono i termini contenuti nelle parentesi con il loro segno; se invece è preceduta dal segno – si ri-scrivono i termini contenuti nelle parentesi con il segno cambiato. Es.: 2 + (6 – 9 + 5) = 2 + 6 – 9 + 5; 2 - (6 – 9 + 5) = 2 - 6 + 9 – 5. Moltiplicazione: date due coppie ordinate ( ) ( ) 2; , ;a b c d ∈� , definiamo la seguente operazione di moltiplica-

zione: ( ) ( ) ( ); ; ;a b c d a c b d a d b c⋅ = ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ .

Per poter estendere tale definizione ai numeri interi, osserviamo che se ( ) ( ); '; 'a b a bℜ e ( ) ( ); '; 'c d c dℜ , allora,

ovviamente, ( ) ( )( ) ( ) ( )( ); ; '; ' '; 'a b c d a b c d⋅ ℜ ⋅ ; di conseguenza possiamo usare la definizione precedente per defi-

nire l’operazione di moltiplicazione tra numeri interi, dimostrando in particolare anche la “famosa” regola dei segni.

1. Prodotto di numeri interi positivi ( + ⋅ + = + ): ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( );0 ;0 0 0; 0 0 ;0a b a b a b a b a b ab+ ⋅ + = ⋅ = ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ = ⋅ = + , ,a b∀ ∈� .

2. Prodotto di numeri interi negativi ( − ⋅ − = + ):

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )0; 0; 0 0 ;0 0 ;0a b a b a b b a a b ab− ⋅ − = ⋅ = ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ = ⋅ = + , ,a b∀ ∈� .

3. Prodotto di un numero intero positivo ed un numero intero negativo ( + ⋅ − = − ⋅ + = − ):

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( );0 0; 0 0 ; 0 0 0;a b a b a b a b a b ab+ ⋅ − = ⋅ = ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ = ⋅ = − , ,a b∀ ∈� .

Le proprietà della moltiplicazione in � sono esattamente le stesse della moltiplicazione in � .

Divisione: dati due numeri interi n ed m, con n multiplo di m ed 0m≠ , fare la divisione n : m vuol dire trova-re un numero intero q che moltiplicato ad m dia come risultato n:

:n m q q m n= ⇔ ⋅ = , ,n m∀ ∈� , con n multiplo di m e 0m≠ .

Le proprietà della divisione in � sono esattamente le stesse della divisione in � .

13

Elevamento a potenza: la definizione e le proprietà dell’elevamento a potenza in � sono esattamente le stesse di quelle in � . Osserviamo che in � si considerano solo le potenze che hanno per esponente un numero naturale. Inoltre: 1. base negativa ed esponente pari: il risultato di una potenza a base negativa ed esponente pari è posi-

tivo: ( )�

( )�

... nna a a a a a

+ +

= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = + .

2. base negativa ed esponente dispari: il risultato di una potenza a base negativa ed esponente dispari è

negativo: ( )�

( )� �... nna a a a a a a

−+ +

= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = − .

Quindi, il risultato di una potenza è sempre positivo tranne il caso in cui la base è negativa e l’esponente è dispari.

14

6. L’insieme � dei numeri razionali

Nelle pagine precedenti abbiamo definito i numeri interi e il loro insieme � , all’interno del quale abbiamo definito le quattro operazioni, osservando però che non tutte sono interne. In particolare sono interne l’addizione, la moltiplicazione e la sottrazione. Resta, allora, da definire un altro insieme nel quale diventi interna anche la divisione. Consideriamo il prodotto cartesiano +×� � , dove +� è l’insieme dei numeri interi positivi, ed introduciamo in esso la seguente relazione:

( ) ( ); ;a b c d a d b cσ ⇔ ⋅ = ⋅ , con ,a c∈� e ,b d +∈� .

Dimostriamo che σ è una relazione d’equivalenza. • Proprietà riflessiva: ( ) ( ); ;a b a b a b b aσ ⇔ ⋅ = ⋅ , ( );a b +∀ ∈ ×� � , in quanto per la moltiplicazione tra numeri in-

teri vale la proprietà commutativa. • Proprietà simmetrica: ( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ;a b c d c d a bσ σ⇒ , ( ) ( ); , ;a b c d +∀ ∈ ×� � , in quanto

( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ;a b c d a d b c c b d a c d a bσ σ⇔ ⋅ = ⋅ ⇔ ⋅ = ⋅ ⇔ , dove si è usata la proprietà com-

mutativa della moltiplicazione in � e la proprietà simmetrica dell’uguaglianza. • Proprietà transitiva: ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ; ; ;a b c d c d e f a b e fσ σ σ∧ ⇒ , ( ) ( ) ( ); , ; , ;a b c d e f +∀ ∈ ×� � , in quanto

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ); ; ; ; : :a b c d c d e f a d b c c f d e a b c d f d e cσ σ∧ ⇔ ⋅ = ⋅ ∧ ⋅ = ⋅ ⇔ = ⋅ ∧ = ⋅ ⇔

( ) ( ) ( ) ( ): : ; ;a f b c d d e c b e a b e fσ/ /⇔ ⋅ = ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⇔/ / .

La relazione σ è quindi una relazione d’equivalenza. Di conseguenza è possibile costruire le classi d’equivalenza rispetto a σ :

( ) ( ){ }; ; :a b x y a y b x+ = ∈ × ⋅ = ⋅ � � .

Ad ogni classe d’equivalenza si dà il nome di numero razionale e all’insieme quoziente ( ) σ+×� � si dà il

nome di insieme dei numeri razionali e si indica con la lettera � . Osserviamo esplicitamente che in ogni classe d’equivalenza ( );a b c’è una ed una sola coppia ( );m n i cui

elementi sono primi tra loro. Sceglieremo allora questa coppia come rappresentativa di quel numero raziona-

le, dando ad essa il nome di numero razionale ridotto ai minimi termini, indicandolo col simbolo mn

, detto

frazione. Al numero intero m, che può essere positivo – negativo – nullo, si dà il nome di numeratore, al nu-mero intero n, che può essere solo positivo, si dà il nome di denominatore.

Ad esempio:

( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( )12 312;8 ; : ; 12;8 ; : 8 12 3;2 , 6;4 , 9;6 ,... 3;2

8 2a b a b a b a bσ+ += = ∈ × = ∈ × ⋅ = ⋅ = = = � � � � ;

In particolare:

• ( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( ); ; : ; ; ; : ; , ; , ; ,... 1;1 1m

m m a b a b m m a b a m b m a a b b c cm

σ+ += = ∈ × = ∈ × ⋅ = ⋅ = = = � � � � ,

m +∀ ∈� , cioè le frazioni con numeratore uguale al denominatore rappresentano il numero naturale 1;

• ( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( )00; ; : ; 0; ; : 0 0; , 0; , 0; ,... 0;1 0m a b a b m a b a m b a b c

mσ+ += = ∈ × = ∈ × ⋅ = ⋅ = = = � � � � ,

m +∀ ∈� , cioè le frazioni con numeratore 0 rappresentano il numero 0;

• ( ) ( ) ( ) ( ){ } ( ){ } ( ) ( ) ( ){ } ( );1 ; : ; ;1 ; : 1 ;1 , 2 ;2 , 3 ;3 ,... ;11

mm a b a b m a b a b m m m m m mσ+ += = ∈ × = ∈ × ⋅ = ⋅ = = = � � � � ,

m∀ ∈� , cioè le frazioni con denominatore 1 rappresentano i numeri interi;

15

Infine, le frazioni mn

, con m > 0, prendono il nome di numero razionale positivo; le frazioni m

n, con m < 0,

prendono il nome di numero razionale negativo. Per come è definito, è ovvio che tra l’insieme dei numeri razionali non negativi del tipo ( );1m e l’insieme dei

numeri naturali � si può determinare una relazione biunivoca (cioè ad ogni numero razionale non negativo del tipo ( );1m si può associare in uno ed un sol modo il numero naturale m); di conseguenza ogni numero ra-

zionale non negativo del tipo ( );1m può essere considerato come numero naturale; di conseguenza tutte le

proprietà e le operazioni definite in � si possono “trasportare” in � . Quindi il numero 2 può essere consi-

derato sia numero naturale 2 sia numero intero +2 sia numero razionale 2

1+ .

In definitiva, allora, sono razionali tutti e soli i numeri che possono essere scritti in forma di frazione. Osserviamo solo per inciso senza dilungarci in troppe discussioni che i numeri naturali sono infiniti così co-me lo sono i numeri razionali, solo che i numeri razionali sono di un infinito più grande dei numeri naturali3.

7. Le operazioni in �

Prima di definire le quattro operazioni tra numeri razionali, osserviamo esplicitamente che le frazioni, per come sono state definite, godono della seguente proprietà:

proprietà invariantiva: moltiplicando o dividendo numeratore e denominatore di una frazione per uno stesso numero diverso da zero, si ottiene una frazione equivalente a quella data.

( ) ( ); ;m km

m n km knn kn

σ= = , ( );m n +∀ ∈ ×� � e { }0k∀ ∈ −� .

Questa proprietà trova applicazione nella semplificazione di una frazione ai minimi termini.

Esempio: 40 40 :10 4 4 : 2 2

60 60 :10 6 6 : 2 3= = = = .

Addizione: date due coppie ordinate ( ) ( ); , ;a b c d +∈ ×� � , definiamo la seguente operazione di addizione:

( ) ( ) ( ); ; ;a b c d ad bc bd+ = + , cioè a c ad bc

b d bd

++ = .

Tale definizione può essere estesa ai numeri razionali, in quanto se ( ) ( ); '; 'a b a bσ e ( ) ( ); '; 'c d c dσ , allora, ov-

viamente, ( ) ( )( ) ( ) ( )( ); ; '; ' '; 'a b c d a b c dσ+ + .

Le proprietà dell’addizione in � sono esattamente le stesse dell’addizione in � .

In termini pratici, applicando la proprietà invariantiva delle frazioni, quando bisogna addizionare le frazioni a

b e c

d basta calcolare il m.c.m. tra b e d e trasformare gli addendi in frazioni equivalenti aventi come deno-

minatori il m.c.m. calcolato:

( ) ( ): :m b a m d ca c

b d m

⋅ + ⋅+ = , dove m = m.c.m. (b;d).

Esempio: ( ) ( )36 :12 5 36 :18 75 7 15 14 29

12 18 36 36 36

⋅ + ⋅ ++ = = = .

3 Si preferisce in questa sede, anche in considerazione della tipologia classe cui sono rivolti questi appunti, di non entrare nel merito della numerabili-tà introdotta da Cantor, ma si rimando i lettori più interessati ad un maggior approfondimento.

16

Sottrazione: la differenza di due razionali è la somma tra il minuendo e l’opposto del sottraendo:

( )a b a b− = + − , ,a b∀ ∈� .

Dal momento che tutti i numeri razionali hanno l’opposto (basta considerare l’opposto del numeratore) e dal momento che l’addizione è interna a � , anche la sottrazione è un’operazione interna a� . Anche in � la sottrazione gode della proprietà invariantiva.

Moltiplicazione: date due coppie ordinate( ) ( ); , ;a b c d +∈ ×� � , definiamo la seguente operazione di moltiplica-

zione:

( ) ( ) ( ); ; ;a b c d ac bd⋅ = , cioè a c ac

b d bd⋅ = .

Tale definizione può essere estesa ai numeri razionali, in quanto se ( ) ( ); '; 'a b a bσ e ( ) ( ); '; 'c d c dσ , allora, ov-

viamente, ( ) ( )( ) ( ) ( )( ); ; '; ' '; 'a b c d a b c dσ⋅ ⋅ .

Le proprietà della moltiplicazione in � sono esattamente le stesse della moltiplicazione in � .

In termini pratici, per svolgere una moltiplicazione tra due o più frazioni si può applicare la proprietà inva-riantiva, semplificando in croce. Esempio: Divisione: se ( );m n +∈ ×� � , con 0m≠ , allora

• o m > 0, e per definizione 1m n mn

n m nm⋅ = = , con ( );n m +∈ ×� � ;

• o m < 0, e per definizione 1m n mn

n m nm

− −⋅ = =− −

, con ( );n m +− − ∈ ×� � .

Questo ci assicura che ogni numero razionale diverso da zero ammette reciproco, cioè per ogni numero ra-

zionale 0m

n≠ esiste un numero razionale, indicato con

1m

n

, tale che 1

1m m

n n

− ⋅ =

.

Questo ci consente allora di definire la divisione come operazione interna a � :

1

:a c a c

b d b d

− = ⋅

, a

b∀ ∈� , { }0

c

d∀ ∈ −� .

Divisioni particolari:

• x : 0 = impossibile; • 0 : 0 = indeterminata.

17

Le proprietà della divisione in � sono esattamente le stesse della divisione in � .

Elevamento a potenza: la definizione e le proprietà dell’elevamento a potenza in � sono esattamente le stesse di quelle in � . In particolare, ora, però, è possibile dare significato anche ad una potenza ad esponente negativo. Osservia-mo, infatti, che:

44 2 6

4

3 3 1 13 3 : 3

3 3 3 3 3 3 33− / ⋅ / = = = = / ⋅ / ⋅ ⋅ ⋅ ⋅

,

cioè una potenza ad esponente negativo è uguale ad una potenza che ha come base il reciproco della base e come esponente l’opposto dell’esponente. Generalizzando:

n na b

b a

− = ,

{ } { }0 , 0a

nb

∀ ∈ − ∀ ∈ −� �.

8. Numeri razionali e frazioni generatrici

Consideriamo il numero:

2 2 2 26,2 6,2222... 6 ...

10 100 1000 10000= = + + + + +

Si può dimostrare che la somma 2 2 2 26 ...

10 100 1000 10000+ + + + + non diverge né oscilla, bensì converge ad un

numero ben determinato (compreso fra 6 e 7). È interessante scoprire che questo numero è razionale, cioè può essere espresso sotto forma di frazione. Ve-diamo come. Detto x il numero considerato, avremo: x = 6,2222... e 10x = 62,2222...

e quindi 10x - x = 62,2222... - 6,2222.... cioè 9x = 56 e perciò 56

9x = .

Puoi verificare la correttezza del risultato trovato, effettuando la divisione 56:9 per riportare la frazione in forma decimale! Vedrai che si ritrova il numero di partenza 6,2222… .

Più in generale, si può dimostrare che ogni numero con la virgola illimitato periodico è razionale. Si può sempre risalire alla frazione generatrice attraverso la semplice la tecnica delle “equazioni sottratte” che abbiamo appena utilizzato. Naturalmente, la tecnica andrà adattata al caso particolare di volta in volta considerato (il numero è periodico semplice o periodico misto? Quante sono le cifre del periodo? Quante quelle dell’antiperiodo?) Vediamo, ad esempio, un caso più generale:

18

A questo punto, sarà forse ritornata in mente la vecchia regola imparata a memoria nelle scuole medie, per risalire alla frazione generatrice di un numero periodico. Premesso che

o si dice “periodo” il gruppo di cifre che si ripete (nell’ultimo esempio, il “periodo” è 456)

o si dice “antiperiodo” il gruppo di cifre che sta tra la virgola e il periodo (nell’ultimo esempio, l’antiperiodo è 23; se l’antiperiodo non c’è, si parla di numero “periodico semplice”, se invece l’antiperiodo è presente, si parla di “periodico misto”),

la regola consente di scrivere:

− a numeratore, il numero dato senza la virgola e senza il segno di periodo, meno (sottrazione) tutto ciò che sta prima del periodo;

− a denominatore, tanti 9 quante sono le cifre del periodo, seguiti da tanti zeri quante sono le cifre

dell’antiperiodo. Ovviamente anche un numero decimale finito si può sempre trasformare in frazione:

ad esempio 363,6

10= ,

4

4521526 4521526452,1526

10000 10= = , …

cioè al numeratore il numero dato senza la virgola e al denominatore una potenza del 10 con esponente u-guale al numero di cifre dopo la virgola. Analizziamo adesso il viceversa.

Data una frazione mn

, quando si effettua la divisione m : n per portarla sotto forma di un numero de-

cimale, il numero decimale ottenuto di che tipo sarà? Sarà sempre finito o sarà periodico? Oppure la divisione potrebbe anche generare un numero illimitato, cioè con infinite cifre dopo la virgola, ma non periodico e quindi non razionale? Quando trasformo una frazione in numero con la virgola, effettuando la divisione, possono verificarsi due e due sole eventualità:

− nel proseguire la divisione trovo, ad un certo punto, resto 0 e allora mi fermo: ho ottenuto un numero con la virgola finito

oppure − poiché il resto è sempre un numero naturale minore del divisore, esiste soltanto un numero finito di

resti possibili e prima o poi dovrà per forza ripresentarsi un resto identico ad uno dei resti che si era-

19

no già presentati. Da quel momento, riprendendo a calcolare le cifre del quoziente, evidentemente il calcolo riprodurrà lo stesso gruppo di cifre che erano uscite a partire dalla comparsa precedente dello stesso resto. Si otterrà dunque un numero con la virgola periodico.

E’ quindi del tutto escluso che una frazione possa generare, quando si effettua la divisione, un numero illi-mitato non periodico e quindi non razionale.

Ricapitolando:

Se si trasforma una frazione in numero con la virgola, si ottiene sempre: un numero con la virgola finito

oppure un numero con la virgola periodico. Mai si ottiene un numero con la virgola illimitato non periodico.

Ma conseguenza di ciò è che:

I numeri con la virgola illimitati non periodici non sono esprimibili sotto forma di frazione: sono dunque irrazionali.

Quindi, concludendo con un diagramma riassuntivo di Eulero-Venn, abbiamo: