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Arte e Critica...Arte e Critica periodico trimestrale, anno XXIII numero 85 primavera-estate 2016 Direttore Responsabile Roberto Lambarelli Codirettore Daniela Bigi Redazione Ginevra

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Page 1: Arte e Critica...Arte e Critica periodico trimestrale, anno XXIII numero 85 primavera-estate 2016 Direttore Responsabile Roberto Lambarelli Codirettore Daniela Bigi Redazione Ginevra
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Arte e Critica periodico trimestrale, anno XXIIInumero 85 primavera-estate 2016Direttore ResponsabileRoberto LambarelliCodirettore Daniela BigiRedazione Ginevra De Pascalis

Traduzioni Emanuela Nicoletti

Redazione Via dei Tadolini, 2600196 RomaTel 06 45554880E-mail: [email protected]

Abbonamento a 4 numeri: € 30,00 per l’Italia€ 48,00 per i paesi europei€ 58,00 per i paesi extra europeiAbbonamento sostenitore € 350,00per info: www.arteecritica.it

Distribuzione in libreria Joo DistribuzioneVia Filippo Argelati, 35 - 20143 MilanoDistribuzione in edicola So.di.p.Stampa Arti Grafiche Celori - Terni

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postaleD.L 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1DCB Roma - Iscr. Tribunale di Roma n. 280/96.

www.arteecritica.it

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMEROPaolo Emilio Antognoli / Ilaria Bernardi / Valentina Briguglio / Mar-cello Carriero / Moira Chiavarini / Daniela Ferraria / Claudia Fiasca / Luca Galofaro / Gianni Garrera / Manuela Lietti / Clara Madaro / Giovanna Manzotti / Ilaria Mariotti / Francesco Marmorini / Vincenzo Maselli / Paolo Mastroianni / Rossella Moratto / Orkide Mossaffa / Lorenzo Pietropaolo / Gino Pisapia / Daniela Trincia / Maria Chiara Valacchi / Maria Giovanna Virga

COVER / IN COPERTINAPIERO GILARDI Phosphor, 2008, exhibition view, Leçon de choses at CCC - Centre de Création Contemporain, Tours, 2010. Photo François Fernandez

ARTISTS’ WORKS / ARTISTS’ WORDS a cura di Daniela Bigi

AN UNPUBLISHED TEXT BY GIORGIO CORTENOVA. 1976 / UN TESTO INEDITO DI GIORGIO CORTENOVA. 1976GIORGIO CORTENOVA. ON THE FRONTLINES OF THE BATTLE FOR AN AUTONOMY OF CRITICISM. REFLECTIONS ON THE NEW PAINTINGIN PRIMA LINEA PER UN’AUTONOMIA DELLA CRITICA. RIFLESSIONI SULLA NUOVA PITTURA by / di Roberto Lambarelli

A TESTIMONY BY DANIELA FERRARIA / UNA TESTIMONIANZA DI DANIELA FERRARIA

THE “MANAGEMENT” OF COLOR / LA GESTIONE DEL COLOREby / di Giorgio Cortenova

CONCEPTUAL ART, GB. SELF-REFLEXIVE CONDITIO OF IMAGE AND LANGUAGE CONCEPTUAL ART IN GB. CONDITIO AUTORIFLESSIVA DI IMMAGINE E LINGUAGGIO by / di Moira Chiavarini

PIERO GILARDI AND THE “BIOPOLITICS OF THE LIVING”. WRITINGS FROM 1963 TO 2014 PIERO GILARDI E LA “BIOPOLITICA DEL VIVENTE”. SCRITTI DAL 1963 AL 2014by / di Ilaria Bernardi

ROMAN OPALKA. TIMELESS, HOMELESS OEUVREby / di Claudia Fiasca

ANNA CONWAY. CONTRADICTIONS CONCEALED IN THE DETAIL CONTRADDIZIONI NASCOSTE NEL DETTAGLIOby / di Marcello Carriero

GABRIELLA CIANCIMINO. LIBERTARIAN VISIONS IN THE ROOM OF SIROCCO VISIONI LIBERTARIE NELLA STANZA DELLO SCIROCCOby / di Daniela Bigi

COLLECTING IN THE AGE OF GLOBAL SHARING. THE DSLCOLLECTION COLLEZIONARE NELL’EPOCA DELLA CONDIVISIONE GLOBALE. DSLCOLLECTIONby / di Manuela Lietti

JUAN ARAUJO. FICTIONS OF ARCHITECTURE, REALITY OF PAINTING FINZIONI DELL’ARCHITETTURA, REALTÀ DELLA PITTURAby / di Ilaria Mariotti

MARCO BASTA. SINUOUS VOIDS AND EMOTIONAL SHADES VUOTI SINUOSI E SFUMATURE SENTIMENTALIby / di Giovanna Manzotti

UNLIMITED FREEDOMby / di Maria Chiara Valacchi

NOTE SU FIRENZE 1977di Paolo Emilio Antognoli

PROGETTARE CON LE CORBUSIERdi Lorenzo Pietropaolo

TRAMPOLI: PROTESI ARTISTICHEdi Vincenzo Maselli

MATERIALI INTELLIGENTI DALLE ALGHEdi Orkide Mossaffa

TRACCE SERIALIdi Luca Galofaro

ecologEAST. PRATICHE POLITICHE DELLA NATURA di Ginevra De Pascalis

INTERSPECIAL ATMOSPHERE. VALERIO NICOLAI FOR TRETI GALAXIE ATMOSFERA INTERSPECIE. VALERIO NICOLAI PER TRETI GALAXIE by / di Clara Madaro

GIOVANNI OBERTI. LANDSCAPES AND FIGURES OF PERCEPTION PAESAGGI E FIGURE DELLA PERCEZIONEby / di Gino Pisapia

VII EDIZIONE DEL PREMIO VAF AL MACRO TESTACCIOdi Paolo Mastroianni

GIUSEPPE UNCINI. POETICALLY DWELLING, POETICALLY LIVING POETICAMENTE ABITARE, POETICAMENTE VIVEREby / di Ginevra De Pascalis

ITALIA ANNI ’70. L’INARCHIVIABILE / THE UNARCHIVABLEdi Rossella Moratto

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114 GÜNTHER FÖRG 115 MASSIMO BARTOLINI 116 ROMAN SIGNER 119 BERTILLE BAK 120 PAOLO GIOLI 122 LORIS CECCHINI, GIOVANNI OZZOLA 123 GENUARDI/RUTA 126 GIOVANNI CAMPUS, SEAN CROSSLEY 128 VITTORIO MESSINA

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La vasta produzione espositiva ed editoriale che – specie in occa-sione delle celebrazioni per il centenario della nascita di Le Corbu-sier, nel 1987, e per il cinquantenario della sua morte, nel 2015 – ha ampliato la mito-biografia già sapientemente avviata da Le Corbusier stesso con la pubblicazione a partire dal 1929 della Œu-vre complète, è stata sovente segnata da una sorta di “eccesso di voluminosità” di tipo enciclopedico (come del resto già dichiarava il titolo, Le Corbusier. Une Encyclopedie, del catalogo della mostra a lui dedicata nel 1987 dal Centre Pompidou), anche per via dell’irriduci-bilità dell’avventura lecorbuseriana ad una sistemazione ultimativa. Riconosciuto da più parti come “l’architetto del XX secolo” –anche per la sua straordinaria capacità di rileggere i materiali della tradi-zione dell’architettura per orientarli e trasfigurarli in una demiurgica quanto fortunata visione della modernità a venire, come evidenzia Colin Rowe nel catalogo della mostra londinese Le Corbusier: Archi-tect of the Century alla Hayward Gallery (1987) – l’architetto di La Chaux-de-Fonds è stato oggetto di cospicui approfondimenti anche in Italia, con grandi mostre, tra cui quelle ormai storiche di Firenze (Palazzo Strozzi, 1963, a cura di Carlo Ludovico Ragghianti), di Na-poli (Palazzo Reale, 1978, a cura di Alberto Izzo e Camillo Gubitosi) e di Roma (Palazzo Braschi, 1987, a cura di Alberto Samonà, Antonio Alfani e Manuela Canestrari), o come quella, tra le più recenti, del 2012 al MAXXI (L’Italia di Le Corbusier, curata da Marida Talamo-na), séguito del XV Rencontre de la Fondation Le Corbusier tenutosi all’Accademia Nazionale di San Luca in occasione del centenario del suo primo viaggio in Italia. Nella ulteriore profusione di mostre (a partire da quella del Centre Pompidou, Le Corbusier. Mesures de l’homme), di seminari, di pubblicazioni e ristampe, a cui si è assistito a partire dal 2015, la mostra Standard Montaggio Organizzazione. Le Corbusier e gli studi per “Ma maison” e per una residenza presso

Chicago, allestita all’Accademia Nazionale di San Luca all’inizio del 2016, è per contro una mostra intimista, quasi “da boudoir”, che espone i materiali di uno scavo di “apparente e sublime inutilità” – come direbbe Francesco Moschini, a sottolinearne il concentrarsi su poche e necessarie cose – dedicato a due piccoli progetti di case, pubblicati da Le Corbusier nel 1939 all’interno della sezione “Petites Maisons” del 3° volume dell’Œuvre complète. L’esposizione racconta gli esiti – in particolare attraverso cinque modelli, donati alla Fondation Le Corbusier di Parigi – dell’esperimento didattico e di ricerca condotto tra il 2014 e il 2015 da Francesco Taormina con gli studenti dell’Università di Roma Tor Vergata, finalizzato a tradurre in forma di progetto gli schizzi di Le Corbusier, come sarebbe potuto accadere nello studio parigino di rue de Sèvres. Senza perdersi in un retorico esercizio di stile, la ricerca ha sperimentato possibili modi per organizzare e montare gli elementi architettonici a formare lo spazio che gli schizzi rappresentano in nuce. Completata dall’espo-sizione di nove serigrafie superstiti della mostra romana di Palazzo Braschi, l’esposizione – così come i contributi di Moschini, Taormina e Talamona alla giornata inaugurale – pone l’attenzione non sulla mitologica, e talvolta ingombrante, figura del “gigante” Le Corbu-sier, ma sulla microstoria di uno specifico nodo problematico. Con il medesimo intendimento, nel ’78 Francesco Moschini aveva ospitato nella collana “Città e Progetto” da lui diretta il volume 35 rue de Sévres. Disegni inediti di Le Corbusier, prima e unica pubblicazione di una selezione degli oltre duemila tra appunti e disegni inviati per posta da Le Corbusier all’architetto cileno Guillermo Jullian de la Fuente, durante gli anni (1959-65) in cui quest’ultimo era stato chef de bureau nell’atelier parigino, e già esposti nel ’75 alla Lexington Gallery of Arts in Kentucky. In questa stessa prospettiva critica può essere letta anche la mostra dell’’83 alla A.A.M. Architettura Arte

PROGETTARE CON LE CORBUSIER. NOTE SULLA MOSTRA STANDARD MONTAGGIO ORGANIZZAZIONE ALL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCAdi Lorenzo Pietropaolo

Standard Montaggio Organizzazione. Le Corbusier e gli studi per “Ma maison” e per una residenza presso Chicago, veduta della mostra, Accademia Nazionale di San Luca, Roma, 28 gennaio - 27 febbraio 2016, allestimento a Palazzo Carpegna. Foto di Pierluigi Traini

Il periodo tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’40 è un momento di particolare importanza per l’architettura moderna, e specificamente per quella italiana, caratterizzato dal contrasto te-orico e formale che contrappone da un lato la cultura accademi-ca – divenuta sterile nelle esercitazioni eclettiche, ma impegnata nella propria rifondazione attraverso quel recupero delle forme e del pensiero classici così cari al fascismo – e dall’altro la diffusio-ne dei programmi e delle opere del Movimento Moderno, portavo-ce per i più giovani architetti razionalisti del lato rivoluzionario del fascismo stesso. Accademia e Razionalismo sono però insieme schierati nella costruzione della città moderna italiana, e nella rivalutazione della cultura rurale, cui Giuseppe Pagano Pogatsch-nig fornisce un contributo decisivo con la campagna fotografica per la mostra del ’36 alla VI Triennale di Milano. In questo quadro è Roma, non solo in quanto capitale politica, a svolgere un ruolo di mediazione tra Nord e Sud: Bari, Palermo e Napoli, così come Venezia e Firenze, pur così centrali per alcuni settori culturali, non riusciranno ad esprimere compiutamente la complessità di intrecci che configurava il dibattito architettonico nelle più grandi città italiane. I più importanti centri del Sud si emarginano dal dibattito, impegnati in questioni di sopravvivenza, piuttosto che di trasformazione, come dimostrato per altro dai più recenti stu-di sulle figure di architetti di rilievo allora radicate nel contesto

meridionale1. Non è un caso che tra le decisive trasmigrazioni di quegli anni, ci sia quella di Edoardo Persico, che abbandona Napoli per entrare in contatto con la Torino di Gobetti, e “scoprire” qui l’architettura (come ha riconosciuto Giorgio Ciucci2, e come già documentava la mostra dedicata ai suoi scritti e disegni nel ’78 alla A.A.M. di Roma3), incontrandovi per altro Pagano, con cui costituirà in seguito a Milano – e sulle pagine di “Casabella” in particolare – un sodalizio fondato sulle corrispondenze tra le posizioni dell’intellettuale napoletano per un’architettura distan-te da un mal compreso stile moderno o dalla mediterraneità di maniera, e l’idea di architettura come impegno sociale propria dell’architetto istriano. Il dibattito architettonico italiano trova dun-que in Milano e Roma i luoghi d’elezione e di elaborazione di con-trapposte e articolate posizioni, la cui sintesi – come sottolinea, tra gli altri, Francesco Moschini – “è costituita da quel progetto planivolumetrico per l’E42, nell’elaborazione del quale si trovano a collaborare Giuseppe Pagano e Marcello Piacentini […] sul cui esito c’è ancora molto da discutere”4. Il rapporto tra i due si era per altro configurato nel ’32 come una “intesa cordiale”, quando l’accademico d’Italia, con abile mossa strategica, aveva conferito a Pagano l’incarico per la realizzazione dell’Istituto di Fisica all’in-terno della città universitaria di Roma. Pagano aveva allora dise-gnato un edificio razionalmente austero, distante dalla compagine

PAGANO RITROVATOALL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCA, IL “PICCOLO CODICE” PER LA CITTÀ CORPORATIVA ALL’EUR ’42di Lorenzo Pietropaolo

Moderna di Roma, dedicata da Moschini al fotografo Fernand Léger, e alle immagini delle domeniche trascorse insieme a Pierre Jeanne-ret e Charlotte Perriand; o ancora, la traduzione dall’originale france-se dell’Entretien avec les étudiants des écoles d’architecture (1943) con cui si cimentava in quegli stessi anni Taormina, per indagare la dimensione pedagogica di Le Corbusier. Gli studi per Ma Maison (1929) rappresentano tre declinazioni del montaggio compositivo – imperniato sull’elemento standard delle industriali volte Freyssi-net – di un atelier d’artista a pianta quadrata e di un’annessa casa

in alto: Giuseppe Pagano, piano regolatore della città italiana dell’economia corporativa, 1939, frontespizio della relazione © Archivio “Casabella”, Mi-lano; Giuseppe Pagano, piano regolatore della città italiana dell’economia corporativa, 1939, copertina della relazione © Archivio “Casabella”, Milano;in basso: Esposizione Universale di Roma 1942, Studio per illuminazione, 1939, pastelli su cartoncino nero, 42,8 x 17 cm © Massimo and Sonia Cirulli Archive, New York

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d’abitazione. Gli studi per una residenza presso Chicago (1935) de-lineano invece il montaggio ortogonale di due lunghi parallelepipedi, organizzati secondo una promenade architecturale generata dalla opposta disposizione dell’ingresso principale carrabile e di una ram-pa inclinata che conduce alla terrazza della residenza. Nell’Œuvre complète, Le Corbusier dà cenno sui due studi dopo aver mostrato la Maison de week-end, e prima di illustrare la Maison aux Mathes, ambedue abitazioni realizzate, nel ’35, con materiali e tecniche più tradizionali. Come osserva Taormina, l’architetto svizzero – che non ha mai voluto insegnare in una scuola di architettura, e che afferma di aver concepito l’Œuvre complète come strumento didattico – sembra così suggerire che i princìpi di chiarezza formale, precisione costruttiva e razionalità compositiva – per altro già enunciati nel suo disegno sulle Quatre compositions (1929) – non dipendono dai ma-teriali e dalle tecniche impiegate, ma dalla capacità di organizzare e montare gli elementi della costruzione nella composizione di uno standard, in cui la gerarchia dei rapporti tra le parti è dettata dalle esigenze d’uso dello spazio. Lo standard dunque per Le Corbusier non è riscontrabile solo nella ripetibilità degli elementi di produzione industriale, e non è nemmeno un a priori formale o un dato manua-listico meccanicamente applicabile, ma è un’idea non conclusiva, aperta al continuo superamento e alla costante verifica nel progetto di architettura. In Vers une Architecture (1923), Le Corbusier aveva del resto equiparato i templi dell’antichità alle automobili, afferman-do che entrambi rappresentano uno standard, ossia un obiettivo da realizzare. Lo standard è quindi anche una spinta figurativa, che indirizza il montaggio degli elementi e delle parti, la cui organizza-zione è essa stessa motivo architettonico. La ricerca condotta da Taormina evidenzia come in Le Corbusier “standard”, “montaggio” e “organizzazione” siano tre momenti di uno stesso modo di proce-dere del progetto: la loro unità è condizione necessaria e possibile perché l’architettura corrisponda alle condizioni della vita, secondo una visione che appare ancora esente dal conflitto che è invece pro-prio della nostra contemporaneità, laddove le tecniche sono sempre più specializzate e specializzanti, autonome e svincolate dai princìpi del progetto.

dall’alto, in senso orario: Le Corbusier, Plans pour la résidence du prési-dent d’un collège pres de Chicago, 1935, studi delle piante alle diverse quote tratti da Max Bill (a cura di), Le Corbusier & P. Jeanneret. Œuvre compléte 1934-1938, Les Editions d’Architecture, Zurigo, 1939; Modello tratto dai Plans pour la résidence du président d’un collège pres de Chicago del 1935, modello apribile realizzato da Alessandro Gramiccia, Enrico Martini, Alessandro Masi, 2015; Modello tratto dai disegni per Ma maison, 1929. Modello realizzato da Alessandro Gramiccia, Enrico Martini, Alessandro Masi, 2015; Le Corbusier, disegni per Ma maison, 1929, pianta del piano terreno e sezione trasversale © Fondation Le Corbusier Paris / ADAGP; Copertina del volume 35 rue de Sévres. Disegni inediti di Le Corbusier, a cura di Guillermo Jullian de la Fuente e Anthony Eardley, Magma editrice, Roma 1978

NOTE1. Tra questi, si segnala: Saverio Dioguardi: Architetture disegnate, Mario Adda, Bari 2011, catalogo dell’omonima mostra barese curata da France-sco Moschini in occasione del cinquantenario della morte dell’architetto.2. Cfr. Giorgio Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino 1989.3. Cfr. Maurizio Di Puolo, (a cura di), Edoardo Persico. Autografi, scritti e disegni dal 1926 al 1936, A.A.M. Arte Architettura Moderna Edizioni, Roma 1978.4. Francesco Moschini, Prefazione, in: Cucciolla, A., Vecchie Città/Città nuove. Concezio Petrucci 1926-1946, Dedalo, Bari 2006, p. 11.5. Giuseppe Pagano, Per il palazzo del Littorio. L’opinione di Casabella, in: “Casabella”, gennaio 1934, n. 73, p. 6.6. Cfr. “Casabella”, n. 842, ottobre 2014.

Giuseppe Pagano, piano regolatore della città italiana dell’economia corporativa, 1939, planimetria con l’indicazione dei singoli padiglioni e delle mostre © Archivio “Casabella”, Milano

aulica e monumentale approntata da Piacentini, nella convinzione che fosse “preferibile la povertà alla boria, la nudità alla pompa”5. L’attività svolta da Pagano a partire dal 1937 con Piacentini per il progetto dell’E42 – culmine dell’intreccio delle parabole dei due architetti – è un passaggio storico reso ora più intricato ed av-vincente dal ritrovamento, per merito di Federico Bucci e Silvia Sala, di un documento finora sconosciuto, rinvenuto negli archivi di “Casabella”, e dalla rivista integralmente pubblicato6. Si tratta del “Piccolo codice dedicato al Piano regolatore della città italia-na dell’economia corporativa all’Esposizione Universale di Roma 1942”, redatto da Pagano a seguito della proposta di consulenza per l’organizzazione della “mostra delle industrie”, avanzatagli da Cipriano Efisio Oppo nel gennaio del ’38, due mesi prima dello scioglimento del gruppo di progettisti del piano dell’E42 (costi-tuito, oltre che da Piacentini e Pagano, da Luigi Piccinato, Ettore Rossi e Luigi Vietti). La mostra Eur sconosciuta. Il “piccolo codice” di Giuseppe Pagano per la città corporativa e altre visioni urbane, allestita nel 2014 all’Accademia Nazionale di San Luca e curata da Marco Mulazzani e Paolo Zermani, ha presentato per la prima volta al pubblico questo straordinario documento, costituito da una relazione manoscritta di 28 pagine rilegata ad anelli – nello stesso formato della “Casabella” degli anni trenta, corredata da tavole planimetriche che illustrano lo schema insediativo generale e da sei prospettive acquerellate autografe che prefigurano gli spazi e gli edifici principali – e da una seconda relazione datti-loscritta, che invece approfondisce il programma, indicando gli architetti e gli allestitori che Pagano avrebbe inteso coinvolgere (molti dei quali autori di progetti sconfitti nei concorsi banditi per le opere dell’E42). A questi materiali, la mostra ha affiancato altre rappresentazioni, messe a disposizione dal Massimo and Sonia Cirulli Archive di New York e da Eur SpA, emblematiche delle di-

verse “idee di città” che si sono intrecciate nell’utopia dell’Eur, tra le quali spiccano gli studi per l’illuminazione artificiale, che avrebbero conferito alla città nuova una scenografica dimensione notturna.Presentato da Pagano nell’aprile del 1939, il “piccolo codice” contribuisce a chiarire aspetti salienti del rapporto che l’architetto istriano intrattenne con Piacentini, e a meglio valutare il contributo che l’allora direttore di “Casabella” diede alla stesura del piano per l’EUR. È per altro un ulteriore elemento che consente di ap-profondire lo studio della sua ricerca architettonica, e che eviden-zia come siano ancora da chiarire le implicazioni e le ricadute (non tanto di tipo ideologico, ma sul piano della forma architettonica e urbana) dell’intenso dibattito sulla concezione della “città corpo-rativa”. Il “Pagano ritrovato” acquisisce infine ancora più valore, se si considera che il progetto fu elaborato meno di due anni prima del sequestro di “Casabella”, ordinato nel ’41 dalla censura fascista a seguito delle critiche mosse dal direttore proprio “alle costruzioni dell’EUR”.