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SAGGI SULLE VISIONI DI ARTISTI CHE HANNO INTERPRETATO LA DIVINA COMMEDIA RIVISTA di EQUIPèCO CARMINE MARIO MULIERE EDITORE RAFFAELLO BOTTICELLI FÜSSLI BLAKE MICHELANGELO STRADANO ZUCCARI KOCH SCARAMUZZA MARTINI DALÍ SASSU I I L L D D O O P P P P I I O O S S E E G G N N O O SIGNORELLI WALTER MAURO

Arte e Critica

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RIVISTA di EQUIPèCOCARMINE MARIO MULIERE EDITORE

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WALTER MAURO

IL DOPPIO SEGNO

Visioni di artisti che hanno illustrato la

DIVINA COMMEDIA

Signorelli, Botticelli, Michelangelo, Raffaello, Stradano,Zuccari, Füssli, Blake, Koch, Scaramuzza, Martini, Dalí, Sassu.

RIVISTA di EQUIPèCOCARMINE MARIO MULIERE EDITORE

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Per molti anni -e l’avventura continua- alla Casa di Dante di Torre deiPasseri, Corrado e Lina Gizzi, hanno organizzato mostre di grandi arti-

sti di ogni tempo e di ogni tendenza, in cui il confronto, la sfida dell’artefigurativa si realizzava con il piú grande poema di tutti i tempi, quellaCommedia che poi Boccaccio non esitò a chiamare Divina. Una vera epropria battaglia combattuta fra i due segni, quello della scrittura, dellaparola poetica, e della pittura o del modello grafico.Un confronto che lungi dal concludersi con un vincitore e uno sconfitto,ha significato invece in quale misura la forza del verso dantesco, a frontedi una lettura figurale, ne venisse fuori con una rigenerata forza ed effica-cia. Potrebbero testimoniarlo le numerose scolaresche che ogni anno,puntualmente, visitavano, e continuano a visitare, le mostre, a dimostra-zione e verifica che quando ci si trova al cospetto di operazioni di altosignificato artistico e culturale, non è difficile avvertire il segnale e rispon-dere con spontanea partecipazione.Naturalmente, tanti altri artisti, non presenti in questa silloge, hanno illu-strato l’opera dantesca: qui, in questi testi, sono presenti quelli che, a giu-dizio dell’autore, piú decisamente, con piú sottesa e intensa combattività,sono andati a misurarsi con l’epicità del genio.

DANTE e SIGNORELLI

Dante,Orvieto, Duomo.

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DANTE e SIGNORELLI

L’inquieta alterità del visionario

Il fatto che l’immagine di Dante Alighieri -fra i busti di filosofi e poeti che arricchisco-no lo zoccolo della cappella di San Brizio

nel Duomo di Orvieto- sia quella piúriconoscibile, indipendentemente daimonocromi che ornano il ritratto delfiorentino e illustrano alcuni episodi,in particolare della seconda canticadella Commedia, fa riflettere attor-no al tipo di incontro e di legameinteriore che si stabilisce fra segnopittorico e segno poetico, e quindifra ispirazione dell’artista e referente

quanto mai inquietante e soggettivoche è andato a scegliersi. È probabile

che tale tipo di fascinazione intuitivacoinvolga l’uomo del nostro tempo in

virtú della forte modernità, massiccia e cor-posa, del tratto e del conseguimento, al punto

che non pochi fra i critici d’arte hanno evocatoascendenze contigue alla sensibilità percettiva del

nostro secolo, in virtú di una visionarietà cherepentinamente richiama a William Blake,

ad esempio, tanto per fare il nome piúricorrente. È noto che Luca Signorelli

dovette svolgere una lunga stagionemeditativa sui temi danteschi nell’in-verno del 1500, durante un prolun-gato soggiorno cortonese: dopo diche, tornato a Orvieto nella prima-vera, forse si portò dietro i disegnipreparatori dei dipinti successivi,prove d’autore che già il 23 apriledi quell’anno erano in possesso delCamerlengo e dopo quattro giorni

ottenevano il lasciapassare daiSoprastanti, secondo la testimonianza

ben documentata del Fumi, nel 1891.L’ipotesi piú volte avanzata che nelle scelte

e nei privilegiamenti tematici -ma non nelleintuizioni iconografiche o formali- abbia influito

il gruppo di teologi orvietani, preoccupati anche chel’ortodossia e la dottrina della Chiesa venissero rispettate,

non in-cide minimamente sulla libertà dell’artista, cui veniva lasciatapiena discrezionalità nell’inventare pieghe del volto e richiami umani

DANTE e SIGNORELLI

Incontro di Dantee Virgilio.

Dante e Virgiliocon Manfredi,Orvieto, Duomo.

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dominati da un rilevante e percettivo senso della corporeità dell’immagi-ne, come d’altronde è testimoniato dal prevalere netto e deciso di rappre-sentazioni relative all’Inferno e al Purgatorio, a scapitodella terza cantica. Né va trascurato il particolareche la distinzione signorelliana fra dannati,eletti e peregrini (donde poi il prevalere del-l’invenzione nel novero dei vizi umanipiuttosto che del valore), ritrovi il suoaccettabile collegamento nell’interpre-tazione di Marsilio Ficino, premessaalla traduzione del De Monarchia:«Dante Alighieri, per patria celeste,per abitazione fiorentino, di stirpeangelico, in professione philosophopoetico, benché non parlasse in lin-gua greca con quel sacro padre dephilosophi, interprete delle veritàPlatone, niente di meno in spiritoparlò in modo con lui, che di moltesententie Platoniche adornò e libri suoie per tale ornamento massime illustròtanto la ciptà fiorentina, che cosí beneFirenze di Dante come Dante da Firenze sipuò dire. Tre regni troviamo scripti dal nostro ret-tissimo duce Platone: Uno dei beati, l’altro de’miseri, el terzo de’ peregrini. Beati chiama quel-li che sono alla ciptà de vita restituiti, miseriquelli che per sempre ne sono privati,peregrini quelli che fuori della città sono,ma non indicati in sempiterno exilio. Inquesto terzo ordine pone tutti e viven-ti et de’ morti quella parte che a tem-poranea purgatione è deputata.Questo ordine platonico primaseguí Virgilio. Questo seguí Dantedi poi, col vaso di Virgilio beendoalle Platoniche fonti. Et però delRegno de’ beati et de’ peregrini diquesta vita passati nelle sueCommedie elegantemente tractò, etdel regno de’ peregrini viventi nel libroda lui chiamato Monarchia».Il brano citato rappresenta una spia nonsoltanto nelle considerazioni che possonoemergere per quanto riguarda scelte interpreta-tive nei confronti della matrice ispirativa dantesca,ma offre bensí lo spunto per trarre piú certe deduzioniattorno al tema vivo e vitale della visionarietà come sovrapposizione del-l’alterità dell’io, in un contesto storico-speculativo ormai dominato dal-

DANTE e SIGNORELLI

Arrivo dell’angelo alPurgatorio.

Difficile salita del monte, spiegazionedella posizione del sole

ai neghittosi,Orvieto, Duomo.

tal modo, il pensiero del critico è in sintonia con quanti legittimamenteaffermano che l’iconografia demoniaca signorelliana ha creato unanuova immagine del diavolo, non piú mostro affabulato del Medioevo, nérepellente ibrido della rappresentazione nordica del Quattrocento, mauomo perverso per la cui realizzazione, a parere del Mariani, Signorelli

dovette studiare e analizzare a lungo i cadaveri, dondetrasse lo spettrale colore della pelle, in bilico fra

il color perso dell’Inferno e un sento-re di verde fantasmatico che

accresce la terribilitàdella visione.

Con l’ag-g iun tad i

una forte percezione sensoriale, che accendeipotesi azzardate ma suggestive di un predecaden-

tismo, che sembra arricchire il segno pittorico di tuttaquella lucente totalità intellettiva con cui i simbolisti francesi caricavano ilpotenziale della parola: ipotesi che può dirla lunga su talune emersionidal basso verso l’alto che appartengono alla psicologia signorelliana, chedi continuo l’artista si sforza di nascondere sotto il velame della spettrali-tà piú terribile. La sovrastruttura percettiva che egli intende trasferire -come freudiano traslato- dall’immagine marcatamente visualizzata, allesensazioni di chi osserva, possiede tutta l’ambiguità necessaria per accen-dere l’ideazione della complicità, struttura portante estremamente moder-na: certo, Luca Signorelli avverte l’esigenza, tipica della tradizione, diesplicitare oltre il necessario la situazione che deve attuare il disvelamen-to (ed ecco allora l’immissione sottilmente parvente di se stesso all’inter-no e al vivo del crogiuolo demoniaco), ma non si deve trascurare in qualemisura la clamorosa modernità dell’interferenza dantesca abbia agito sutali intermittenze del cuore e del sensitivo signorelliano.Se l’occhio si rivolge altrove, allo scenario relativo ai ritratti dei filosofi e

DANTE e SIGNORELLI

Dannati all’Inferno.

Gli angeli guidanogli eletti in Paradisoe gli angeli caccianoi reprobi all’Inferno,Orvieto, Duomo.

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dei poeti, e conseguentemente alla rappresentazione dei primi undici cantidel Purgatorio, si avverte in quale misura la dualità poesia/filosofia si con-figuri come inquietante nodo da sciogliere, per quell’universo neoplatoni-co che non intendeva assolutamente accettare la scindibilità delle dueriflessioni: ragione e sentimento, nel loro perpetuo urtarsi e confrontarsil’una con l’altro, finiscono per identificarsi e superare dislancio quel Capo delle Tempeste contro il

quale picchia la speculazionequando si insinua nel tes-

suto sottile e allusi-vo, e quindi

cangian-t e ,

camaleontico, della parola poetica. Tuttavia, tale disagio si avverte piúcompiutamente nelle immagini relative alla seconda cantica, proprio perl’interferenza del perdono divino nei confronti del peccato, del tardo pen-timento, e quindi alla svolta cruciale della necessità di addolcire l’imma-gine, di smussare gli angoli, di superare l’urto frontale per giungere rapi-damente alla compromissione fra talento e istinto. Il tentativo di conserva-re il piú possibile la temperie infernale anche nella raffigurazione degliepisodi della seconda cantica è vano e si vanifica quanto piú insistenteappare la volontà dell’artista di marcarne la continuità. L’assenza di gra-dualità è conferma di tale tendenza, e non sempre emerge una delle strut-ture psicologiche portanti del Purgatorio, quella dell’amicizia, della sottiledolcezza dell’eloquio dantesco, quando il Poeta è a dialogare con figuredolci e suadenti, consapevoli della colpa, eppure guidate da una soavevolontà di ricambio interiore: il manierismo tipico di talune raffigurazionisignorelliane traluce dall’intervento dell’angelo, tanto contiguo ai perso-naggi eterei delle Annunciazioni dell’artista cortonese: né si può tralascia-re di ricordare il famoso, storico, errore dello scambio fra vasello e vaset-to, per cui l’angelo nocchiero che dal punto «dove l’acqua di Tevero s’in-

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DANTE e SIGNORELLI

Chiamata al cielodegli eletti,

Orvieto, Duomo.

DANTE e BOTTICELLI

La forma vivente dell’anima

Quando Sandro Botticelli si accorse che il cattivo lavoro dell’incisoreavrebbe compromesso l’impresa dei disegni danteschi, eseguiti nel

1481 per l’edizione landina della Commedia, decise di illustrare diretta-mente il poema con figure tracciate con la punta d’argento, ripresi poi apenna, e destinati ad avvivarsi con il supporto del colore. Segnale questodi un tenace coinvolgimento interiore nei riguardi di un poeta, che confi-gurava, in quel frangente di vita dell’artista, un deciso punto di riferimen-to, anche se sicuramente l’aiuto che gli venne dal cugino di Lorenzo ilMagnifico, Lorenzo di Pierfrancesco, nel 1503, rappresentò un rilevantesollievo nell’infelice situazione degli ultimi anni di vita.D’altronde, il segnale dell’inquietante fervore risiede anche nella comples-sa sequenza di fughe e di ritorni, di abbandoni e di repentini recuperi, finoall’incompiutezza del progetto, che caratterizza il rapporto con un’operalasciata e

ripresadi conti-nuo, con furiaossessiva, neglianni successivi al1490, e poi finoall’avvio del nuovo secolorinascimentale. Le significa-zioni insite nell’interpretazioneneoplatonica della Commedia, aopera del Ficino, con le concreteapplicazioni del Landino nei com-menti, sicuramente incisero in profondi-tà sull’intendimento botticelliano di marca-re i toni del paesaggio dell’anima, lad-dove i precedenti commenti si impe-gnavano soprattutto a comporre edisarticolare il mosaico dei simboli,delle allegorie, oltre che a impegnarsinel viaggio all’interno dei referti storici. L’idea del rovesciamento del veroe del reale, nella strategia compositiva dei meandri dell’attività percettiva

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DANTE E BOTTICELLI

Inferno,Frontespizio.

per restituirlo alla vita, ma soprattutto a quella Speranza che fugge i sepol-cri e al contempo rigenera e recupera, restituisce ad un’altra vita, quelladella poesia che siede a custodia della pietra tombale, a strenua difesadel Tempo che ne minaccia fin le rovine, e restituisce all’armonia del versoe del tocco pittorico, il silenzio dei secoli.Ma torniamo a Blake e all’infinità dei legami e connessioni che riesce ariannodare nel Marriage: «Poiché un nuovo cielo è incominciato, e sonopassati dal suo nascere trentatré anni, l’Eterno Inferno rivive. Ed ecco!Swedeborg è l’Angelo seduto sulla tomba; sono i suoi scritti, quel lenzuo-lo piegato. Ora domina Edom, e Adamo fa ritorno in Paradiso: vedi

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DANTE e BLAKE

Tavola 66.Anteo deponeDante e Virgiliosul fondo ghiacciatodel nono cerchio,cm.37,4×52,6.Melbourne,National Galleryof Victoria.

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RIVISTA di EQUIPèCOCARMINE MARIO MULIERE EDITORE