Antonelli - GGM in Hesperìa

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  • 8/13/2019 Antonelli - GGM in Hespera

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    Universit di Padova

    Facolt di Lettere e FilosofiaUniversit di Bologna

    Facolt di Lettere e Filosofia

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    Hespera

    comitato consultivo

    D. BRIQUEL(Paris), G. CAMASSA(Udine), A.C. CASSIO(Roma),M. GIANGIULIO(Trento), M. GRAS(Paris), M.L. LAZZARINI(Roma),

    M. LOMBARDO(Lecce), D. MUSTI(Roma), D. RIDGWAY(Edinburgh),T. VANCOMPERNOLLE(Montpellier), R. VATTUONE(Bologna),

    F. ZEVI(Roma)

    redazione scientificaA. DEBIASIeM. BASSANI

    Hanno collaborato alla redazione di questo volume:G. MORPURGO, C. PIZZIRANI,C. ROCCHIeS. ROMAGNOLI

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    HESPERA, 26

    STUDI SULLA GRECIT DI OCCIDENTE

    a cura di

    LORENZOBRACCESI, FLAVIORAVIOLA, GIUSEPPESASSATELLI

    Contributi di

    L. ANTONELLI, L. BRACCESI, T. CAPRIOTTI,E.F. CASTAGNINOBERLINGHIERI, A. DEBIASI, F. GUIZZI,E. LANZACATTI, E. LOPES, C. MICCICH, C. PIZZIRANI,

    C. RAVARAMONTEBELLI, F. VERONESE

    LERMA di BRETSCHNEIDER

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    Hespera, 26a cura di LORENZOBRACCESI, FLAVIORAVIOLA, GIUSEPPESASSATELLI

    Copyright 2010 LERMA di BRETSCHNEIDERVia Cassiodoro, 19 Roma

    Tutti i diritti riservati. vietata la riproduzionedi testi e illustrazioni senza il permesso scritto dellEditore.

    Hespera : studi sulla grecit di Occidente. 1- . Roma :LERMA di BRETSCHNEIDER, 1990- . v. ; 24 cm

    IrregolareAlcuni numeri della rivista hanno carattere monografico e sonodotati di un titolo proprio

    ISSN 1126-7658

    CDD 21. 938

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    SOMMARIO

    CONTRIBUTI

    9 A. DEBIASI, Orione al Peloro (Diodoro IV 85, 5 = Esiodo fr. 149 M.-W.) 29 F. VERONESE,Appunti sul culto di Eracle e Gerione tra storia e archeologia 47 C. PIZZIRANI,Identit iconografiche tra Dioniso e Ade in Etruria 71 L. BRACCESI,Diodoro, Imera e il tempio della Vittoria 77 C. MICCICH, Ermocrate di Siracusa e la questione sicula: riflessioni su Thuc. IV

    58-64

    87 L. BRACCESI,Sulla morte di Archita 95 E. LANZACATTI,La Peucezia in epoca tardo-classica ed ellenistica: dati storici e

    archeologici

    113 L. BRACCESI,Livio e le stele patavine con cavalieri combattenti119 T. CAPRIOTTI,Il santuario della dea Cupra a Cupra Maritima: una proposta di

    ubicazione

    161 L. BRACCESI,Archimede e i monarchi di Siracusa169 E.F. CASTAGNINO BERLINGHIERI, Archimede e Ierone II: dallidea al progetto

    della pi grande nave del mondo antico, la Syrakosa189 L. ANTONELLI,LOra maritimadi Avieno e la tradizione dei Geographi Graeci

    minores

    RASSEGNABIBLIOGRAFICA.Recensioni e discussioni(a cura di Luca Antonelli)

    221 F. GUIZZI,Le defixionesdi Selinunte223 E. LOPES,Beauty and Philosophy, canone inverso229 C. RAVARAMONTEBELLI, Orfeo romano e Satiri riminesi. Insidie nelle vecchie

    collezioni museali

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    6 SOMMARIO

    CENTROSTUDIPERLARCHEOLOGIADELLADRIATICO NOTIZIARIOBIBLIOGRAFICOPERGLIANNI2006 E2007 (a cura di Elisabetta Govi)

    239 Premessa241 Opere di carattere generale247 Friuli Venezia Giulia249 Veneto253 Emilia Romagna258 Marche262 Abruzzo

    263 Molise264 Puglia271 Adriatico orientale

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    LUCAANTONELLI

    LORA MARITIMA DI AVIENO E LA TRADIZIONEDEI GEOGRAPHI GRAECI MINORES

    1.

    Lanalisi stratigrafica da me a suo tempo operata sui versi dellOra maritimahaconsentito di evidenziare come il tardo poemetto latino presenti una struttura com-posita, che solo in parte risale al diretto apporto di Avieno 1. Il quale rivela conchiarezza gli elementi caratteristici del suo magniloquente stile poetico gi dalla se-zione introduttiva (vv. 1-89), che contiene la dedica a un personaggio da identificareprobabilmente con Sesto Claudio Petronio Probo, proconsole dAfrica nel 358 e

    console nel 371 d.C. in particolare nel proemio che il poeta, asserendo fra laltrodi essere ormai giunto a et avanzata, dichiara di accingersi alla sua ultima faticaletteraria per saziare la sete di conoscenza del giovane amico, nei confronti del qualenutre sentimenti quasi filiali: secondo le insistenti richieste di Probo, egli si apprestaperci a porre in versi una descrizione dellestremit orientale del Mediterraneo,e in particolare dei recessi del mar Taurico e della palude Meotica, vale a dire laregione dellattuale Crimea e del mare di Azov. Per portare a termine limpresaAvieno dichiara di voler attingere sostanzialmente allopera di Sallustio (hist. III, frr.61-80 Maurenbrecher2), cui si aggiungeranno informazioni tratte da altre fonti, oggiin larga parte perdute, fra cui Filea di Atene, Scilace di Caria, Pausimaco di Samo,Damaste del Sigeo, Bacoris di Rodi, Euctemone di Atene, Cleone di Sicilia e infineErodoto e Tucidide. La descrizione del mar Taurico trover spazio allinterno di

    1L. ANTONELLI,Il Periplo nascosto. Lettura stratigrafica e commento storico-archeologico dellOra maritimadi Avieno, Padova 1998.

    2Una diversa distribuzione dei frammenti nelledizione a cura di P. MCGUSHIN,Sallust. The Histories, II,Oxford 1994, che assegna alla descrizione del Ponto soltanto 18 frammenti (frr. 42-59), invece dei 20 delledi-zione di B. MAURENBRECHER, C. Sallusti Crispi Historiarum Reliquiae, I, Stutgardiae 1891, la cui ricostruzione invece accettata da R. FUNARI, C. Sallusti Crispi Historiarum Fragmenta, Amsterdam 1996. Il successo delladescrizione sallustiana provato dalla sua eco in altri testi che si occupano della regione pontica, fra cui Mela

    I 93-II 15 e Plin. nat. VI 1-22.

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    una pi ampia descrizione dellintero profilo delle coste mediterranee, a partire dalpunto in cui, attraverso lo stretto di Gibilterra, loceano alimenta il Nostrum Mare.

    Lambizioso proposito enunciato nel proemio non trova tuttavia se non assaiparziale concretizzazione nel testo trasmessoci dalleditio princeps(Venezia 1488),nostro unico testimone di una tradizione manoscritta completamente perduta: i 713senari giambici qui riportati si riferiscono infatti a uno spazio molto pi ridotto,compreso tra le coste del Finistre bretone e la citt di Massalia. Sebbene Avienotenti di fornire una giustificazione per aver cominciato la sua descrizione da unpunto ben diverso da quello preventivato, vale a dire le Colonne dEracle (v. 74: utaperta vero tibimet intimatio / sudoris huius et laboris sit mei, / narrationem opusculipaulo altius / exordiemur), non facile tacitare limpressione di una forzata incon-gruenza tra lobiettivo esposto nel proemio e quanto invece riportato nella porzione

    del testo che giunta sino a noi. Oltre alla mole di informazioni che non pertengonoal profilo costiero mediterraneo3, infatti, soprattutto la brusca cesura in corrispon-denza di Massalia (v. 713) che contribuisce ad avvalorare lipotesi che la descrizioneofferta dal poema si distacchi da quanto promesso a Probo nel proemio non certoper la sfortunata perdita di buona parte dellopera, quanto piuttosto perch il poetasi trovava a rielaborare ununica fonte che gli consent solo assai parzialmente disoddisfare la curiosit del destinatario.

    Daltro canto, al momento di accingersi alla composizione dellOra maritimaAvieno aveva senzaltro gi pubblicato la rielaborazione latina della Perihvghsi"th'"oijkoumevnh", testo geografico di assai ampia diffusione redatto in esametri datti-

    lici da Dionigi di Alessandria, nel corso dellet antonina4: lo attesta il poeta stesso,asserendo che reliqua porro scripta sunt / nobis in illo plenius volumine, / quod deorbis oris partibusque fecimus (ora71-73). Quale dunque la ragione di cimentarsi unavolta di pi con un tema di carattere geografico gi affrontato nellaDescriptio orbisterrae, opera che daltra parte conteneva ampi riferimenti alle regioni pontiche chetanto interessavano al giovane Probo5?

    Lunica spiegazione plausibile per tale scelta pare essere il fatto che il poeta, noncerto avvezzo ad autonome ricerche in campo geografico, si sia imbattuto in untesto per lui particolarmente interessante, che rispetto allopera di Dionigi fornivauna descrizione ben pi dettagliata in particolare del profilo costiero, sebbene re-

    lativa a una zona limitata. Tale testo rientrava evidentemente nel genere dellagh'"perivodo"o delperivplou", insomma nellambito di quegli scritti a carattere corogra-fico che elencavano le localit di un determinato tratto di costa, con le distanze fra

    3Aveva integrato la sua descrizione del Mare interno con dati relativi alle coste oceaniche anche Artemido-ro di Efeso nei suoi Gewgrafouvmena, come testimonia Marcian.per. II 2 (GGM I, 542): ma per lui si trattavaappunto di una breve sezione rispetto alla descrizione dellintero Mediterraneo.

    4Vd. ora ledizione del testo a cura di E. AMATO,Dionisio di Alessandria. Descrizione della Terra abitata,Milano 2005, con ampia introduzione e commento.

    5Una rapida analisi della Periegesi di Dionigi consente di cogliere i numerosi riferimenti del testo alla re-gione della palude Meotica: 14-17 (~ Avien. descr. 28-33); 163-168 (~ Avien. descr. 240-250); 302-307 (~ Avien.

    descr. 436-439); 549-553 (~ Avien. descr. 724-727); 652-678 (~ Avien. descr. 845-858).

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    esse intercorrenti. Nel suo originario progetto Avieno supponeva evidentemente diaffiancare a questa fonte altre informazioni che, rielaborate dalla propria maestria

    di versificatore, avrebbero dovuto dare origine a unopera pi utile della genericapanoramica offerta dallaDescriptio. Il lavoro sarebbe terminato con unapprofondi-ta descrizione delle regioni pontiche, soddisfacendo cos i desideri del suo giovaneamico. Il sopraggiungere della morte o forse, pi semplicemente, la difficolt delcompito che si era proposto lo costrinsero poi a lasciare lopera incompiuta nellaforma in cui essa ci giunta.

    Sostiene ora Didier Marcotte che lanalisi dellOra maritimadenuncerebbe unadipendenza direttadel suo autore dai cd. Giambi a Nicomede, che vanno comune-mente sotto il nome di Gh'"perivodo"di ps. Scimno, attribuiti in genere a un altri-menti ignoto Pausania di Damasco6. I due testi, entrambi significativamente com-

    posti in metro giambico, concorderebbero in modo eclatante in almeno tre punti:la descrizione delle Colonne dEracle (ps. Scymn. 143-146 ~ Avien. ora335-389 e417-431), la menzione di una presenza di stagno alluvionale nella regione tartessica(ps. Scymn. 162-166 ~ Avien. ora291-298) e la descrizione del promontorio Estrim-nico (ps. Scymn. 188-190 ~ Avien. ora90-145).

    Limportanza del lavoro compiuto da Marcotte per quanto riguarda la tradizionedei cd. Geographi Graeci minores e le rilevanti conclusioni cui egli giunge circa lattri-buzione dei Giambi a Nicomede non impediscono di accogliere con notevole perples-sit le affermazioni, invero tanto assiomatiche quanto cursorie, con cui egli affronta iltema dei rapporti fra la Gh'"perivodo"e lOra maritima. Sostiene infatti Marcotte: Si

    lon revient aujourdhui une philologie de meilleur aloi [scil. rispetto a quella che,facendo capo agli studi di Adolf Schulten, suggerisce di intravedere una fonte massa-liota di et arcaica dietro il poemetto avieneo7] qui ddaigne la dissection au profit dela critique interne, si les liens de litinraire aux IIIeet IVes. et avec lhistoriographiede lantiquit tardive sont dsormais bien tablis, on ne saurait mconnatre les traitsqui rapprochent Avinus du ps.-Scymnos. E ancora: La concordance, sur ces troispoints [scil. quelli elencati in precedenza], du tmoignage dAvinus avec celui delAnonyme suggre une utilisation directe de ce dernier par le pote latin8.

    La questione assume indubbiamente una grande importanza: se infatti correttoil quadro che, sulla scia degli studi di Jos Gonzlez Ponce, traccia Marcotte, lOra

    maritimaandrebbe liquidata come prodotto tipico dellepoca tardo-antica; collazio-

    6D. MARCOTTE,Les gographes grecs. Introduction gnrale. Pseudo-Scymnos, Paris 2000, part. 92-93. Lat-tribuzione allaltrimenti ignoto Pausania di Damasco dellopera, giuntaci anonima per la caduta dei fogli finalidel manoscritto che la trasmette, il Paris. suppl. Gr. 443, si deve a unipotesi di A. Diller basata su Constant.Porphyr. them. I 2: in relazione allorigine del nome del thema Armeniakon il testo afferma che di esso non siparla n in Strabone, n in Menippo, n in Scilace, n in Pausania di Damasco. Poich almeno il periplo diMenippo e quello di Scilace corrispondono alle opere trascritte nel Paris. suppl. Gr. 443, Diller suppone che ilnome di Pausania corrisponda a quello dellautore dei Giambi a Nicomede, su cui il manoscritto si interrompe.

    7Sullopera di Schulten e sui presupposti storiografici su cui essa riposa vd. ora la sintesi di M. LVAREZMART-AGUILAR, Tarteso. La construccin de un mito en la historiografa espaola, Mlaga 2005.

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    MARCOTTE,Les gographes grecs, 92 e 93.

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    nando pazientemente notizie tratte dalla lettura di varie fonti letterarie precedenti(fra cui, appunto, i Giambi a Nicomede), il suo autore risponderebbe alla curiosit di

    un ristretto pubblico di eruditi, sforzandosi cos di rinverdire i fasti della letteraturapagana, ormai in crisi di fronte alla decisiva svolta culturale impressa dalla produzionecristiana; completamente ridimensionato, perci, risulterebbe il valore del testo qualefonte circa la presenza greca e fenicia in Iberia nel corso dellet arcaica 9. Come tente-r di dimostrare, tale ricostruzione presta il fianco a numerose e sostanziali obiezioni.

    2.

    Veniamo, in primo luogo, ai parallelismi indicati da Marcotte, cominciando dalle

    notizie relative alle Colonne dEracle:

    ps. Scymn. 139-149

    To;th'"qalavtth"th'"!Atlantikh'"stovmastadivwnme;nei\naivfasineJkato;nei[kosin: 140hJperievcousad!aujto;cwvraplhsivonhJme;nLibuvh"hJd!ejsti;nEujrwvph"a[kra.Nh'soide;touvtwneJkatevrwqenkeivmenaidievcous!ajp!ajllhvlwntriavkontascedovnstadivou":kalou'ntaid!uJpovtinwn@Hraklevou" 145sth'lai.Mia'"touvtwnde;Massaliwtikhvpovli"ejsti;nejgguv",Mainavkhkaloumevnh:au{thpro;"Eujrwvphnde;tw'n@EllhnivdwnpovlewnaJpasw'nejscavthne[ceiqevsin.

    Avien. ora335-389 e 417-431

    Locos utrosque interfluit tenue fretum, 335quod Herma porro aut Herculis dictum est via.Amphipolis urbis incola Euctemon aitnon plus habere longitudinis modo,quam porriguntur centum et octo milia,et distineri utrosque milibus tribus. 340Hic Herculanae stant columnae, quas modumutriusque haberi continentis legimus.Sunt parva porro saxa prominentiaAbila atque Calpe. Calpe Hispano solo,

    9Su questa linea da ultimi P. VILLALBAIVARNEDA,Ruf Fest Avi. Periple, Barcelona 1986;J. MANGAS D.PLCIDO,Avieno. Ora maritima, Descriptio orbis terrae, Phaenomena, Madrid 1994 (THA1); F.J. GONZLEZ

    PONCE,Avieno y el Periplo, Ecija 1995.

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    Maurusiorum est Abila, namque Abilam vocant 345gens Punicorum mons quod altus barbaro est,

    id est latino, dicti ut auctor Plautus est,Calpeque rursum in Graecia species cavateretisque visu nuncupatur et iugi.Atheniensis dicit Euctemon item 350non esse saxa, aut vertices adsurgereparte ex utraque; caespitem Libyci soliEuropae et oram memorat insulas duasinteriacere; nuncupari has Herculisait columnas; stadia triginta refert 355has distinere; horrere silvis undique,inhospitasque semper esse nauticis.

    Inesse quippe dicit ollis Herculiset templa et aras, invehi advenas ratesdeo litare, abire festino pede: 360nefas putatum demorari in insulis.Circum atque iuxta plurimomanere tradit tenue prolixe mare.Navigia honusta adire non valent locosbreve ob fluentum, et pingue litoris lutum. 365Sed si voluntas forte quem subegeritadire fanum propter, ad Lunae insulamagere carinam, eximere classi pondera,

    levique cymba vix superferri salo.Sed ad columnas quicquid interfunditur 370undae aestuantis, stadia septem vix aitDamastus esse. Cariae dictus Scylaxmedium fluentum inter columnas adserittantum patere, quantus aestus Bosphoro est.Ultra has columnas, propter Europae latus, 375vicos et urbis incolae Carthaginistenuere quondam, mos at ollis hic erat,ut planiore texerent fundo rates,quo cymba tergum fusior brevius mare

    praelaberetur. Porro in occiduam plagam 380ab his columnis gurgitem esse interminum,late patere pelagus, extendi salum,Himilco tradit. Nullus haec adiit freta;nullus carinas aequor illud intulit,desint quod alto flabra propellentia, 385nullusque puppim spiritus caeli iuvet:dehinc quod aethram quodam amictu vestiatcaligo, semper nebula condat gurgitem,et crassiore nubilum perstet die.

    []

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    Igitur columnae, ut dixeram, LibystidisEuropae in agro adversa surgit altera.

    Hic Chrysus amnis intrat altum gurgitem.Ultra citraque quattuor gentes colunt: 420nam sunt feroces hoc loci Libyphoenices;sunt Massieni; regna Selbyssina suntferacis agri, et divitis Tartesii,qui porriguntur in Calacticum sinum.Hos propter autem mox iugum Barbetium est, 425Malachaeque flumen, urbe cum cognomine,Menace priore quae vocata est saeculo.Tartesiorum iuris illic insulaantistat urbem, Noctilucae ab incolissacrata pridem. In insula stagnum quoque 430tutusque portus. Oppidum Menace super.

    La Gh'"perivodo"dedica una decina di versi allo stretto di Gibilterra (to;th'"qalavtth"th'"!Atlantikh'"stovma), indicando in 120 stadi la sua lunghezza; allin-circa 30 stadi separerebbero le cd. Colonne di Eracle, da identificare in realt in dueisole; vicino a quella posta sul versante europeo si troverebbe la citt massaliota diMainake, ultimo avamposto greco verso occidente.

    Molto pi ampia la descrizione avienea offerta da ora335-389, frutto di informa-zioni di varia provenienza: secondo Euctemone di Amfipoli (o di Atene?) lo stret-to misurerebbe 108 miglia in lunghezza e solo 3 in larghezza; ancora Euctemone(la medesima fonte?), questa volta qualificato come Atheniensis, sosterrebbe chele Colonne non corrisponderebbero a rilievi montuosi, bens a isole, dette Herculiscolumnae, distanti fra loro 30 stadi; una di esse ospiterebbe templi e altari di Erco-le, visitabili solo abbandonando il carico della nave presso la vicina isola di Luna;per Damaste (FGrHist5 F 2), invece, lo stretto misurerebbe solo 7 stadi, mentresecondo Scilace di Caria (FGrHist709 F 8) la sua larghezza sarebbe paragonabile aquella del Bosforo. Oltre le colonne, in ogni caso, ogni forma di navigazione sarebbeinterdetta per i fondali bassi e limacciosi, a dire del punico Imilcone.

    Differente limmagine che emerge invece da ora417-431. Qui il poeta pare tor-nare a un andamento meno disordinato della descrizione, riprendendo, dopo unul-teriore digressione circa il nome dei vari mari (390-415) il filo abbandonato in prece-denza (416: nunc iam recursus ad priora sit stilo). Viene quindi menzionata uninsulaNoctilucae sacrata, con un porto sicuro e un insediamento di nome Menace.

    Com evidente le due sequenze avienee presentano caratteristiche assai diverse:se la prima contiene una raccolta di dati attribuiti a singoli autori, la seconda assumeun andamento narrativo pi regolare, denunciando una dipendenza da una fonteunica. Unico plausibile punto di contatto il ricordo di unisola dedicata alla Nocti-lucaa 429-430, che richiama lisola di Luna menzionata a 367: il diverso contesto in

    cui i due riferimenti sono inseriti legame con Menace nel primo caso, consiglio di

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    scaricare la nave per raggiungere lisola di Ercole nel secondo impediscono di pen-sare che Avieno abbia autonomamente rielaborato per due volte il medesimo dato.

    Veniamo allora al confronto con la Gh'"perivodo": evidente la coincidenza fra ildato sulla distanza di 30 stadi fra le Colonne, da intendersi come isole e non comerilievi montuosi. Avieno d tuttavia un nome al testimone di questa informazione:egli va identificato in Euctemone ateniese o amfipolitano poco importa , cui an-drebbe attribuito anche il consiglio sul modo per raggiungere una delle due isole,quella consacrata a Ercole. Poich nella Gh'"perivodo"il nome di Euctemone as-sente, bisogna necessariamente escludere che da questa lOra maritimaqui dipenda.Per questa informazione tanto lautore della Gh'"perivodo", quanto Avieno ricorronodunque, e in maniera autonoma, alla medesima fonte, da identificare probabilmentein Eforo. Proprio Eforo (FGrHist70 F 130, apudStrab. III 1, 4), infatti, contraddet-

    to da Artemidoro (fr. 9 Stiehle, ibid.), sosteneva che sulle isole dello stretto esistesseun tempio o un altare di Eracle; il medesimo frammento di Artemidoro ricordavaanche che chi voleva compiere sacrifici sullisola, gesto ritenuto sacrilego e che maipoteva compiersi di notte, doveva pernottare nel villaggio vicino e recarvisi di gior-no, portando con s una provvista di acqua potabile.

    C poi il riferimento a Menace, evidentemente traslitterazione del greco Maina-ke: nella Gh'"perivodo"il centro strettamente collegato allisola identificata con laColonna europea e dunque al dato di 30 stadi quale larghezza dello stretto; vieneinoltre ricordata la sua posizione di ultima fra le citt greche verso occidente. Diver-so il caso dellOra maritima: Menace menzionata s accanto a unisola che possiede

    un approdo sicuro, ma la fonte di Avieno in questo caso non ricorda n la larghezzadello stretto n il legame con le Colonne n la condizione di ultimo centro ellenicoverso occidente. In questo caso, perci, va escluso che il dato provenga dalla stessafonte cui attinge la Gh'"perivodo".

    Ulteriori coincidenze individua Marcotte nei passi relativi alla presenza di stagnoalluvionale nella regione tartessica.

    ps. Scymn. 162-166

    Meta;tauvthnd!e[stinhJmerw'nduoi'n

    televsantiplou'nejmpovrioneujtucevstatonhJlegomevnhTarthssov",ejpifanh;"povli",potamovrrutonkassivteronejkth'"Keltikh'" 165crusovntekai;calko;nfevrousapleivona.

    Avien. ora291-298

    At mons paludem incumbit Argentarius,sic a vetustis dictus ex specie sui,stagno iste namque latera plurimo nitet,

    magisque in auras eminus lucem evomit,

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    cum sol ab igni celsa perculerit iuga. 295Idem amnis autem fluctibus stagni gravis

    ramenta volvit, invehitque moenibusdives metallum.

    Secondo lautore della Gh'"perivodo"a Tartesso definita qui significativamentecome unapovli" giungevano vari metalli preziosi, fra cui oro, rame e stagno dinatura alluvionale. La ricchezza mineraria del territorio dato noto sin da epocaarcaica, come dimostra Stesich. fr. 184 Davies, che lega il fiume Tartesso al ricordodellargento; e in effetti la possibilit di ricavare il prezioso metallo dalle acque delfiume Baetis/Tartesso menzionata anche da Strab. III 2, 11, che molto probabil-mente deve linformazione alla testimonianza di Posidonio. Ma la Gh'"perivodo"

    non cita affatto largento, limitandosi a ricordare fra i vari metalli preziosi lo sta-gno, giunto in citt con la corrente del fiume: il testo deriva perci da una fontediversa, da identificare quasi sicuramente in Eforo. Lo si deduce dal confrontoincrociato con un secondo passo straboniano (III 2, 9), in cui Posidonio (FGrHist87 F 47), polemizzando contro non meglio noti iJstorikoiv, sosteneva che lo stagnovenisse estratto dalle miniere della Lusitania e delle isole Cassiteridi; lunico metal-lo trascinato dal fiume Tartesso sarebbe invece stato largento. Oggetto dellattaccoposidoniano, piuttosto che Polibio, doveva qui essere proprio Eforo, secondo ilquale, appunto, lo stagno, estratto nelle miniere della Celtica (per lui estesa sinoallIberia atlantica: FGrHist70 F 131, apudStrab. IV 4, 6), giungeva in citt insieme

    alle acque fluviali.Di stagno parla anche Avieno, che tuttavia menziona in primo luogo lArgen-tarius mons, le cui pareti, colpite dal sole, risplenderebbero per la lucentezza delmetallo; dalla montagna proverrebbe il fiume Tartesso, le cui acque trascinereb-bero lo stagno sin dentro le mura. Il riferimento alla montagna dellargento, asso-lutamente immotivato dato che il metallo prezioso qui solo ed esclusivamente lostagno, richiede di supporre che lOra maritimadipenda, forse in modo mediato,da una fonte che viene interpretata in maniera equivoca: tale fonte, senzaltro nonidentificabile con la Gh'"perivodo", va forse rinvenuta ancora una volta in Eforo.Direttamente da Eforo, e non dalla Gh'"perivodo"che pure aveva modo di leggere,

    dipende con grande probabilit anche Steph. Byz. s.v. Tarthssov", il quale riportail dato sulla presenza di stagno alluvionale in citt (povli"!), ma, come lOra mariti-ma, d alla montagna da cui il fiume scorrerebbe il nome di !Argurou'no[ro", paleseriferimento allantica tradizione sullargento, di stesicorea memoria (Stesich. fr. 184Davies, apud Strab. III 2, 11)10.

    Vi sono infine le informazioni relative al promontorio Estrimnico.

    10Il lessico di Stefano allude alle miniere della regione tartessica anche s.v. #Ibulla: il riferimento a un

    centro in cui esisterebbero mevtallacrusou'kai;ajrguvrou.

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    ps. Scymn. 188-195

    Touvtwnde;kei'tailegomevnhti"ejscavthsthvlhbavriae[stid!uJyhlh;pavnueij"kumatw'de"pevlago"ajnateivnous!a[kran. 190Oijkou'sith'"sthvlh"de;tou;"ejggu;"tovpou"Keltw'no{soilhvgousino[nte"e[scatoi#Enetoivtekai;tw'nejnto;"eij"to;n!Adrivan#Istrw/kaqhkovntwn levgousid!aujtovqento;n#Istronajrch;nlambavneintou'rJeuvmato".

    Avien. ora90-145

    Et prominentis hic iugi surgit caput 90(Oestrymnin istud dixit aevum antiquius),molesque celsa saxei fastigiitota in tepentem maxime vergit Notum.Sub huius autem prominentis verticesinus dehiscit incolis Oestrymnicus, 95in quo insulae sese exerunt Oestrymnides,laxe iacentes, et metallo divitesstanni atque plumbi. Multa vis hic gentis est,superbus animus, efficax solertia,negotiandi cura iugis omnibus. 100Notisque cumbis turbidum late fretum,et beluosi gurgitem Oceani secant.Non hi carinas quippe pinu texerefacere morem; non abiete, ut usus est,curvant faselos; sed rei ad miraculum, 105navigia iunctis semper aptant pellibus,corioque vastum saepe percurrunt salum.Ast hinc duobus in Sacram (sic insulamdixere prisci) solibus cursus rati est.

    Haec inter undas multam caespitem iacet, 110eamque late gens Hiernorum colit.Propinqua rursus insula Albionum patet.Tartesiisque in terminos Oestrymnidumnegotiandi mos erat. Carthaginisetiam coloni et vulgus, inter Herculis 115agitans columnas, haec adibant aequora.Quae Himilco Poenus mensibus vix quattuor,ut ipse semet rem probasse retulitenavigantem, posse transmitti adserit.Sic nulla late flabra propellunt ratem, 120

    sic regnis humor aequoris pigri stupet.

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    198 LUCAANTONELLI

    Adiicient illud, plurimum inter gurgitesextare fucum, et saepe virgulti vice

    retinere puppim. Dicit hic nihilo minus,non in profundum terga dimitti maris, 125parvoque aquarum vix supertexi solum,obire semper huc et huc ponti feras,navigia lenta et languide repentiainternatare beluas. Si quis dehincab insulis Oestrymnicis lembum audeat 130urgere in undas, axe qua Lycaonisrigescit aethra, caespitem Ligurum subitcassum incolarum, namque Celtarum manu,crebrisque dudum proeliis vacuata sunt.

    Liguresque pulsi, ut saepe fors aliquos agit, 135venere in ista, quae per horrentis tenentplerumque dumos; creber his scrupus locis,rigidaeque rupes, atque montium minaecoelo inseruntur: et fugax gens haec quidemdiu inter arta cautium duxit diem, 140secreta ab undis; nam sali metuens eratpriscum ob periculum. Post quies et otium,securitate roborante audaciam,persuasit altis devehi cubilibus,atque in marinos iam locos descendere.

    145

    Il passo della Gh'"perivodo"presenta in questi versi due loci desperati che Mar-cotte sceglie di chiudere fra cruces. In primo luogo la vox nihilibavriadi 189, gene-ralmente corretta in bovreio", sulla scorta delledizione di D. Hschel (Augsbourg1600): pur mantenendo nel testo il trdito corrotto, Marcotte suggerisce in apparatodi emendare la voce in Briavrew, genitivo del nome Briareo. Lecatonchiro, legatoalla tradizione sullo stretto di Gibilterra gi secondo Arist. fr. 678 Rose, apudAel.var. hist. V 3 ed Euphor. fr. 164 van Groningen, apudschol. adDion. Per. 64, verreb-be qui menzionato in relazione a unaejscavthsthvlh, da identificare probabilmente

    con il promontorio dellattuale Finistre bretone; lassociazione fra la creatura smi-surata e le estreme regioni dellEuropa settentrionale troverebbe conferma in Plut.mor. 419e-420a (de def. orac. 18), che, citando il viaggio di tale Demetrio di Tarso,ricorda lesistenza di unisola nei pressi della Britannia, in cui sarebbe stato impri-gionato Crono, sotto la sorveglianza di Briareo.

    Assai incerta anche la lettura di 193-194, in particolare per quanto riguardail trdito #Istrw/, corretto a partire dalledizione di A. Meineke (Berlin 1846) in#Istrwn. La scelta di Marcotte, che conserva il trdito pur chiudendo il passo fracruces, implica di considerare entrambi i genitivi (Keltw'netw'n kaqhkovntwn) insenso partitivo, come dipendenti dae[scatoi: il dativo #Istrw/, riferito al braccio

    adriatico del fiume e non alla popolazione degli Istri, risulterebbe dunque retto dal

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    participio kaqhkovntwn insieme allespressioneeij"to;n !Adrivan. #Enetoi andrebbeinfine letto in senso appositivo, rispetto all o{soiche precede.

    Pur con le difficolt qui esposte, il passo allude comunque alla presenza di unalto rilievo, definito colonna (sthvlh) e legato forse al vento del nord (bovreio"),piuttosto che allecatonchiro Briareo11, da cui si protende in direzione del mare unpromontorio. Vicino ad esso sono stanziate popolazioni di stirpe celtica, quegli Enetiricordati anche da Caes. bell. Gall. III 8, 16 (Veneti) e da Strab. IV 4, 1 (!Ouevnetoi),e altre genti le cui sedi giungono sino al ramo adriatico del corso dellIstro. Difficileesprimersi circa la provenienza delle informazioni contenute nei versi: esistonodei punti di contatto con il fr. 6b Bianchetti del massaliota Pitea, che in questaregione menziona unapropeptwkuivaiJkanw'"a[kraeij"to;n!Wkeanovn, ma aggiungeil riferimento agli abitanti della regione, detti tivmioi, di cui tuttavia laGh'"perivodo"non fa parola. Qualora accettiamo la lettura di Marcotte, inoltre, lamenzione dellIstro accostata a quella dei Celti,e[scatoiabitanti dEuropa, ricordaHerod. II 33 (#Istro"tega;rpotamo;"ajrxavmeno"ejkKeltw'nkai;Purhvnh"povlio"rJeveimevshn scivzwnth;nEujrwvphn oiJ de;Keltoiveijsie[xw @HraklevwnSthlevwn,oJmourevouside;Kunhsivoisi, oi}e[scatoipro;"dusmevwnoijkevousitw'nejnth'/Eujrwvph/katoikhmevnwn). Da Erodoto, probabilmente attraverso la mediazione di Eforo,dipende Arist. meteor. 350b (ejkde;th'"Purhvnh"tou'tod!ejsti;no[ro"pro;"dusmh;nijshmerinh;nejnth'/Keltikh'/ rJevousino{te#Istro"kai;oJTarthssov". Ou|to"me;nou\ne[xwsthlw'n, oJd!#Istro"di!o{lh"th'"Eujrwvph"eij"to;nEu[xeinonpovnton), che citail fiume Tartesso, cui lo storico non faceva riferimento 12. A Eforo, ancora una volta,

    potrebbe rifarsi anche lanonimo autore dei Giambi a Nicomede.Diversamente dalla Gh'"perivodo"lOra maritima conosce lesistenza di un pro-

    montorio cui d il nome di Oestrymnis singolare la coincidenza con il fr. 6b Bian-chetti di Pitea, il quale tuttavia ne fa un etnonimo , ma ricorda il suo orientamentoin direzione meridionale (in tepentem maxime vergit Notum): nulla a che vedere,dunque, con la bovreio" sthvlhcui fa cenno il testo greco. Nessuna traccia nemme-no degli Eneti: al contrario, Avieno ricorda labitudine dei Tartessi di spingersi sinoa queste latitudini estreme per ragioni di tipo commerciale. Qualche coincidenzasolo per quanto riguarda la presenza di popolazioni celtiche, che tuttavia nellOra

    11Pi pertinente in relazione alla figura dellecatonchiro sarebbe stato limpiego del termine kivwn, colon-na portante: vd. L. ANTONELLI,I Greci oltre Gibilterra, Roma 1997, 65 ss. Qualche problema sorge anche dalpunto di vista prosodico, dal momento che la forma Briavrew, con sinizesi del gruppoew, viene a creare unfastidioso iato, per quanto in cesura; la medesima obiezione avr portato i primi editori a suggerire lemenda-mento bovreio"(aggettivo a due uscite), in luogo del pi ovvio boreiva, che oltre a tutto risulta congettura piprobabile di fronte al trdito bavria.

    12Proprio Eforo, infatti, sosteneva la provenienza da area celtica del Tartesso (ps. Scymn. 163 ss.) e forseanche dellIstro (Ps. Scymn. fr. 7a Marcotte: ajmevleide;a[crith'"Keltikh'"ginwvsketaiscil. #Istro"potamov").Sul problema vd. pi diffusamente ANTONELLI, Il Periplo nascosto, 100 s. e ID., I Celti, Pirene e le sorgentidellIstro. Riflessioni su Herod. II 33 e IV 49, in AttiConv Erodoto e loccidente (Palermo 1998), Roma 1999,

    29-39.

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    200 LUCAANTONELLI

    maritima risultano aver cacciato dalle loro sedi le genti liguri, non menzionate inve-ce dalla Gh'"perivodo".

    Una rapida analisi dei passi indicati da Marcotte consente quindi di escludereche il poemetto avieneo possa dipendere dai Giambi a Nicomede: la parziale so-vrapponibilit della notizia sulla larghezza dello stretto di Gibilterra, nonch il datosullarrivo di stagno alluvionale a Tartesso inducono semmai a supporre che entram-bi i testi dipendano per queste informazioni da una fonte comune, da identificareprobabilmente in Eforo. In ogni caso tale dipendenza risulta un fenomeno limitatoe parziale, che non consente certo di individuare nello storiografo cumano la fontecui Avieno avrebbe fatto ricorso in misura predominante13.

    3.

    Con buona pace di chi avversa in modo radicale ogni indagine di tipo analitico,si consolida perci lidea che i materiali contenuti nellOra maritimapossano esserefruttuosamente sottoposti a una lettura di carattere stratigrafico. Accanto alla cor-nice narrativa dinsieme e agli autonomi interventi di chiosa e commento (livello 1) evidente il ricorso del poeta a una serie di fonti citate in modo esplicito (livello 2),cui attinge probabilmente attraverso la mediazione eforea; se si separano tali ele-menti (livelli 1+2) dal resto dei materiali si possono agevolmente ricostruire i trattifondamentali di una struttura narrativa autonoma e unitaria allinterno del poemet-

    to, caratterizzata dalla puntuale descrizione della morfologia costiera a partire dalpromontorio Oestrymnis (90) sino alla citt di Massalia (704): struttura cui il poetasegnala di ritornare dopo ogni divagazione. questo il livello 3 della stratigrafia,che corrisponde con ogni probabilit alla fonte che Avieno, come nel caso dellaPerihvghsi"th'"oijkoumevnh", rielabor e ampli, sulla falsariga delloperazione gicompiuta in precedenza con la Descriptio orbis terrae: come in quel caso, tuttavia,egli tacque sullidentit dellautore del testo da lui rivisitato 14.

    Ebbene, ci detto non si pu negare che, come giustamente nota Marcotte, lastruttura metrica dellOra maritima, scritta da Avieno in senari giambici, sia elemen-to che deve indurre alla riflessione15. Limpiego del giambo comico nellambito del

    genere storiografico innovazione che, per esplicita testimonianza di ps. Scymn.33-35, risale ai Cronikavdi Apollodoro di Atene. Costui, allievo in Atene dello stoicoDiogene di Babilonia e ad Alessandria del filologo Aristarco di Samotracia, sog-

    13Accanto a Eforo non va escluso che il poemetto avieneo abbia fatto uso di elementi di provenienzatimaica: lo suggerirebbe lallusione di ora315 a uninsula Veneri marinae consecrata nei pressi di Gades, cherimanda allisola Aphrodisias di FGrHist566 F 67, nota anche a Silen. FGrHist175 F 7.

    14Sulluso delle fonti nellaDescriptio orbis terraevd. A.A. RASCHIERI,Limmagine del mondo tra scrittura eriscrittura: il caso di Dionigi il Periegeta e il suo traduttore latino Avieno, in AttiConv PARSA (Grenoble 2006),pross. pubbl. Debbo la possibilit di leggere lintervento alla cortesia dellautore, che me ne ha messo a dispo-sizione il testo in corso di stampa.

    15

    MARCOTTE,Les gographes grecs, 92.

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    giorn a Pergamo poco dopo la met del II secolo, dove dedic ad Attalo II la suaopera storica; oltre a studi di carattere filologico-antiquario (scrisse un commento

    al Catalogo delle navi omerico, ampiamente utilizzato da Strabone), coltiv ancheinteressi geografici componendo una corografiaejnkwmikw'/mevtrw/(cos Strab. XIV5, 22). Ad Apollodoro attribuisce inoltre un Peri;gh'"in due libri Stefano di Bisan-zio; egli sarebbe stato il primo a impiegare i cd.tragivamboi secondo la Suda s.v.!Apollovdwro".

    Linteresse per il giambo comico elemento che rimanda allattivit della scuolaalessandrina, almeno a partire da Licofrone di Calcide: costui, responsabile nel Mu-seo della sezione relativa alla commedia durante il regno di Tolemeo II Filadelfo, fuautore, oltre che di svariate tragedie, anche di un Peri;kwmw/diva", oggi perduto; alui, con ogni probabilit, va attribuito anche lo skoteino;npoivhma(cos lo definisce

    laSudas.v. Lukovfrwn) dal titoloAlessandra, in trimetri giambici16. Pi o meno nellostesso periodo operava in Alessandria anche il commediografo Macone, originariodi Corinto o di Sicione, che, oltre che per la produzione di commedie, impieg ilgiambo anche per le sue Crei'ai, raccolta di detti spiritosi di cortigiane e parassi-ti protagonisti del mondo comico. Proprio Macone avrebbe introdotto allo studiodella commedia antica Aristofane di Bisanzio, successo a Eratostene alla guida dellaBiblioteca attorno al 194. Di Aristofane fu allievo Aristarco di Samotracia, direttoredella Biblioteca durante il regno di Tolemeo VI (180-145), del cui insegnamento sinutr, come gi detto, Apollodoro: meglio si comprende, perci, la scelta di questul-timo di rigettare lesametro e di adottare invece il giambo per il genere del poema

    didascalico, ispirandosi in questo a un principio sancito gi dalla Poeticaaristotelica,che sosteneva appunto la maggiore flessibilit di questo metro nelladattarsi al ritmodella lingua parlata (Arist.poet. 1449a 25).

    16Assai complesso il problema dellidentit e della datazione dellautore dellAlessandra. La tradizionebizantina attribuisce al medesimo Licofrone, originario di Calcide e attivo alla corte di Tolemeo Filadelfo conlincarico di ordinare i testi comici della biblioteca di Alessandria (cos Tzetz. proleg. de comoedia I 1 e II 1),tanto la produzione tragica quanto lo skoteino;npoivhmasulla profezia di Cassandra. Alcune incongruenze cro-

    nologiche rilevabili in questultima opera hanno tuttavia indotto alcuni a sospettare che essa sia stata compostada un secondo autore, forse un omonimo discendente del pi anziano poeta, che dalle opere dellantenatoavrebbe tratto ispirazione qualche generazione dopo (cos, in posizione isolata, schol. vet. ad Lycophr.Alex.1226). Su questa linea, per una datazione dellAlessandraal II secolo, vd. K. ZIEGLER, s.v.Lycophron, inREXIII 2, 1927, coll. 2316-2381; S. JOSIFOVIC, s.v.Lycophron, inRESuppl. XI 1968, coll. 888-930; V. GIGANTELANZARA,Il tempo dellAlessandrae i modelli ellenistici di Licofrone, PP 53, 1998, 401-418; EAD.,Licofrone.

    Alessandra, Milano 2000, 5 ss.; e E. KOSMETATOU,Lykophrons Alexandra Reconsidered: the Attalid Connection,Hermes 128, 2000, 32-53. Per una cronologia di III secolo, invece, si esprimono tra gli altri U. VONWI-LAMOWITZMLLENDORFF,De Lycophronis Alexandra Commentatiuncula, Gryphiswaldiae 1883 (= ID.,Kleine

    Schriften, II, Berlin 1971, 12-29); E. CIACERI,La Alessandra di Licofrone, Catania 1901, 30 ss.; A. MOMIGLIANO,Terra marique, JRS 32, 1942, 53-64 (= ID.,Secondo contributo alla storia degli studi classici, Roma 1960, 431-446); A. MOMIGLIANO, The Locrian Maiden and the Date of Lycophrons Alexandra, CQ 39, 1945, 49-53 (=ID.,Secondo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1960, 446-453); e M. FUSILLO

    A. HURST G. PADUANO,Licofrone. Alessandra, Milano 1991, 17 ss.

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    Ora, secondo la seducente ipotesi formulata da Marcotte, proprio Apollodorosarebbe autore della Gh'"perivodo"attribuita a Scimno17: a tale testo si riferirebbe

    Strab. XIV 5, 22 asserendo che oJde;(scil. Apollodoro) kai;cwrografivanejxevdwkenejn kwmikw'/mevtrw/,gh'"perivodonejpigravya". I Giambi a Nicomede, che citano iCronikave si riferiscono in modo allusivo al loro autore nella dedica iniziale (19 ss.),precederebbero la redazione di un secondo scritto di carattere geografico, il Peri;gh'", anchesso in metro giambico, pi volte citato da Stefano di Bisanzio, nonchdel quarto e ultimo libro dei Cronikav, pubblicato nel 110/9. La stretta connessioneche lega in pi punti la Gh'"perivodo"ai frammenti superstiti del Peri;gh'"consen-tirebbero infatti lattribuzione dei due testi a un unico e medesimo autore: il quale,dopo aver composto unopera di carattere corografico, attenta altres alla prospet-tiva storica e cronologica, si sarebbe dedicato in tarda et a un testo di impronta

    pi schiettamente geografica, ispirato agli insegnamenti della geografia eratostenica.La peculiarit della scelta metrica operata da Avieno induce a supporre che,

    come nel caso dellesametro per laDescriptio orbis terrae, anche la forma giambicadellOra maritimasia ispirata dalla fonte da cui egli dipende: la scarsa originalit deltardo poeta latino suggerisce una volta di pi di escludere che egli abbia operato unacollazione di informazioni provenienti da svariate fonti, impiegando un metro chela tradizione latina non aveva mai utilizzato prima per questo genere di componi-menti e che, nella letteratura geografica greca superstite, era stato scelto soltanto daDionisio di Callifonte per la suaDescrizione della Grecia(I secolo a.C.) e dal medicoDamocrate (et neroniana) in una raccolta di ricette farmacologiche conservate nel

    De antidotisdi Galeno. Se dunque in giambi era composto il testo che ha fornito imateriali per il livello 3 della stratigrafia, si pone il problema di chiarire il rapportoesistente fra tale fonte e la tradizione apollodorea, qualunque sia la paternit da at-tribuire alla Gh'"perivodo". Il riconoscere in Apollodoro il primo autore di un testodi carattere geografico in trimetri giambici, infatti, richiede di supporre che la fontedel livello 3 dellOra maritima, la cd.Mittelquellegreca che il poeta avrebbe rielabo-rato, vada datata successivamente alla redazione dellopera del grammatico ateniesee da essa, se non altro a livello formale, sia stata in qualche misura influenzata.

    La datazione da me a suo tempo proposta per laMittelquellesi basava sulla pre-senza di alcuni elementi di recenziorit allinterno di unampia sequenza che il poeta

    interpretava come un tutto omogeneo: la descrizione della regione dellantica Besa-ra/Bziers (586-594), in particolare, suggeriva che loriginario impianto dei materialiavesse subito un aggiornamento databile grosso modo tra la fine del IV secolo e lamet del II; se a ci aggiungiamo che la menzione dei centri di Tarraco/Tarragonae Barcilo/Barcelona a 519-522 in tale sequenza ovviamente posteriore alla lorofondazione, sul finire del III secolo, ricaviamo una proposta di datazione che oscillaallincirca fra il 200 e il 15018. Le considerazioni sin qui effettuate sui rapporti di tale

    17MARCOTTE,Les gographes grecs, 35 ss.18

    ANTONELLI,Il Periplo nascosto, 73 ss.

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    fonte con gli scritti di Apollodoro contribuiscono in qualche modo ad avallare que-sta datazione: se i primi tre libri dei Cronikavfurono pubblicati fra il 145/4 (secondo

    ps. Scymn. 24 essi abbracciavano 1040 anni a partire dalla presa di Troia, fissata daEratostene al 1184/3) e il 138 (data di morte di Attalo II di Pergamo, cui lopera eradedicata), la Gh'"perivodo" sia essa attribuibile o meno ad Apollodoro si collocasenzaltro dopo il 133 (morte di Attalo III di Pergamo e cessione del regno a Roma:il Nicomede cui lopera dedicata, il II o il III 19, sarebbe ormai lunico a godereancora della basilikh;crhstovth", come attesta il v. 51), ma probabilmente primadel 110/9, quando venne pubblicato lultimo libro dei Cronikav, non ricordato nelproemio dellopera.

    LaMittelquelle, che raccoglie materiali antichi, aggiornati in un momento com-preso fra il 200 e il 150, potrebbe perci risentire dellinflusso dellopera di Apol-

    lodoro di Atene; essa si daterebbe perci sul finire del II secolo. Se ai Giambi aNicomede la legano sporadiche e parziali tangenze, pi difficile esprimersi circa ilrapporto con il Peri;gh'", di cui possediamo una manciata di frammenti, tutti giunti-ci attraverso la mediazione del lessico di Stefano di Bisanzio: fra questi, tuttavia, nes-suno pare direttamente sovrapponibile a informazioni contenute nellOra maritima.

    4.

    Lo studio della tradizione manoscritta dei cd. Geographi Graeci minores, cos

    come impostato da Aubrey Diller20e oggi proseguito da Didier Marcotte, consentedi chiarire che gran parte dei materiali riuniti alla met del XIX secolo nelledizionedi Carl Mller (I, Paris 1855; II, Paris 1861) provengono da due raccolte manoscrit-te, indipendenti fra loro ma ci non di meno indissociabili quanto a contenuto: sitratta del Parisinus suppl. Gr. 443 (D), databile al XIII secolo, e del Palatinus Heidel-bergensis Gr. 398 (A), risalente al IX secolo; la perdita di alcuni fogli di questultimocodice compensata dallesistenza di un apografo del XIV secolo, il Vatopedinus655 (B).

    La prima raccolta (D) si apriva con unepitome dei Gewgrafouvmenadi Artemi-doro di Efeso (ca. 100 a.C.), ad opera di Marciano di Eraclea (di cronologia incerta,

    ma probabilmente da datare nel corso del IV secolo d.C. 21), che oggi perduta; il

    19MARCOTTE,Les gographes grecs, 7 ss.20A. DILLER, The Tradition of Minor Greek Geographers, New York 1952.21Nota C. MLLER, GGM, I, Paris 1855, CXXX che Marciano al corrente dellassetto del Ponto, sua

    patria, diviso in due province a partire da Costantino e sino allepoca di Giustiniano (ca. 327~527 d.C.).Come puntualizza L. CANFORA,Il papiro di Artemidoro, Roma-Bari 2008, 247, nota 5, tuttavia, egli ignora ilriordino dioclezianeo della Spagna: probabile perci una sua collocazione nellambito del IV secolo. ContraB.FABRICIUS, ber Markianos aus Heraklea, RhM 2, 1843, 366-386 che pensa a un contemporaneo di Stefano;le altre interpretazioni sono raccolte in F. GISINGER, s.v.Marcianus von Herakleia, inRESuppl. VI 1935, coll.271-281. Una pi prudente datazione fra il IV e il V secolo proposta invece da F. CORDANO,La geografia degli

    antichi, Roma-Bari 1992, 182.

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    codice conserva ancora invece, seppure con qualche lacuna, il Perivplou"th'"e[xwqalavssh"dello stesso Marciano su materiali tratti essenzialmente da Tolemeo (IIsecolo d.C.) e dallaltrimenti ignoto Protagora (III secolo d.C.), la sua epitome delloscritto sul Mare interno di Menippo di Pergamo (I secolo a.C.), il Perivplou"th'"oijkoumevnh"attribuito a Scilace (IV secolo a.C., ma contenente materiali di epocapi antica), gli Staqmoi;Parqikoivdi Isidoro di Carace (et augustea), la !Anagrafh;th'"@Ellavdo"attribuita a Dicearco, ma in realt composta in base a estratti da Dio-nisio di Callifonte (I secolo a.C.) ed Eraclide di Creta (III a.C.), e infine la Gh'"perivodo"un tempo attribuita a Scimno, ma da considerare anonima a causa dellaperdita degli ultimi fogli del manoscritto.

    Il corpusA ruota invece attorno al Perivplou"EujxeivnouPovntouattribuito adArriano, ma in realt realizzato in et bizantina attraverso estratti arrianei, cui

    si sono aggiunte informazioni derivanti da Menippo, ps. Scilace e ps. Scimno(testi, questi, tutti riportati dal Parisinus suppl. Gr. 443). Il codice si apre conuna @Upotuvpwsi" th'" gewgrafiva" ejn ejpitovmw/, introduzione alle nozioni pigenerali della geografia classica ispirata a Strabone e Tolemeo (VI secolo d.C.?);seguono fra gli altri un secondo testo che porta il titolo di @Upotuvpwsi" e vieneattribuito ad Agatemero, compilatore di tarda epoca imperiale, una nomenclaturadei venti ispirata ad Aristotele, l!Anavplou" Bospovrou di Dionisio di Bisanzio(et adrianea), poi il gi citato Perivplou"EujxeivnouPovntou, il Kunhgetikov" e la

    Lettera a Traiano nella quale compreso un Perivplou"EujxeivnouPovntou, entrambiautenticamente attribuibili ad Arriano (II secolo d.C.), un Perivplou"th'"!Eruqra'"qalavssh", opera pseudo-epigrafa anchessa attribuita ad Arriano (ma in realt del Isecolo d.C.), il Perivplou"attribuito ad Annone (traduzione greca di epoca incertadel resoconto dellammiraglio cartaginese), e infine le Crhstomavqeiaidi Strabone(forse riconducibili a Fozio o a un suo discepolo, dunque al IX secolo d.C.).

    Il corpusD era gi costituito in epoca giustinianea, fra il 530 e il 560, quandose ne serv Stefano di Bisanzio per la redazione dei suoi !Eqnikav, i quali tuttavia cigiungono in buona parte attraverso unepitome redatta, vivente ancora Stefano, adopera del grammatico bizantino Ermolao (cosSudas.v. !Ermovlao")22. Agli inizi delX secolo limperatore Costantino VII Porfirogenito, che pure poteva contare sullessico di Stefano nella versione integrale, disponeva di un antigrafo del Parisinus

    suppl. Gr. 443 per citare Menippo, lepitome di Artemidoro e il periplo attribuito aScilace. Come esplicitamente rivela il proemio al Perivplou"th'"e[xwqalavssh", ilprimo autore della raccolta va individuato nello stesso Marciano di Eraclea, il qualetra laltro ha lasciato traccia di s in alcune annotazioni poste a introduzione dellevarie opere raccolte nel manoscritto. Attraverso ledizione di una raccolta di testigeografici, Marciano intendeva offrire al suo pubblico un quadro completo dellaterra abitata, cui egli aggiungeva di sua mano un periplo del mare esterno.

    22Sulla tradizione e la datazione dellopera di Stefano vd. ora la nuova edizione del testo a cura di M.

    BILLERBECK,Stephani Byzantii Ethnica, I, Berolini-Novi Eboraci 2006.

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    LORAMARITIMADIAVIENOELATRADIZIONEDEIGEOGRAPHIGRAECIMINORES 205

    La formazione del corpusA, cos come trasmesso dal Palatinus HeidelbergensisGr. 398, si colloca invece in un momento compreso fra la creazione del corpusD e

    il tardo IX secolo, epoca a cui risale il manoscritto: lo prova il fatto che la compo-sizione del Periplo apocrifo del Ponto Eussino, fulcro della raccolta, suppone laconoscenza di materiali provenienti da D. Alla base della tradizione sembra tutta-via verosimile supporre lesistenza di vari testi pi antichi, che ruotavano attornoad alcuni scritti di Arriano: proprio Arriano, infatti, autore di un primo nucleodella raccolta, avrebbe affiancato alla sua opera altri testi di natura geografica, re-alizzando cos una silloge che comprendeva, fra gli altri, anche il Periplo del MareEritreo e il Periplo di Annone. Tale raccolta, finita nelle mani di un compilatorebizantino che, sulla base del corpus D, aggiorn i materiali creando il Periplo delPonto Eussino attribuito al medesimo Arriano, fu poi arricchita con la Crestoma-

    zia straboniana e con i due trattati di geografia generale che figurano allinizio delnostro codice.

    Come acutamente nota Marcotte, il fatto che in D i titoli siano posti alla fine diciascuna opera tratto questo che rimanda alla tecnica di impaginazione del roto-lo piuttosto che a quella del codice consente di ipotizzare che Marciano potessecontare sulluso di libri antichi; la presenza nel manoscritto del testo di Dionisiodi Callifonte e dei Giambi a Nicomede, entrambi redatti in trimetri, suggerisceinoltre che egli abbia attinto a una precedente raccolta di opere didascaliche ingiambi. Se a ci aggiungiamo che lAlessandradi Licofrone, alla cui scelta metricadovette ispirarsi Apollodoro per la composizione dei suoi Cronikav, il solo testo

    ellenistico che, insieme ai giambi di Dionisio di Callifonte, denota una conoscenzadel periplo di ps. Scilace, possiamo concludere con Marcotte che du ps.-Scylax Lycophron, de celui-ci Apollodore, de ce dernier liambographe du Circuitde la terreet Dionysios sbauche une concatnation, qui semble avoir prsid un regroupement de textes parmi lesquels Marcien a pu prlever les lmentsdun corpus23.

    Nellambiente alessandrino di et tardo-ellenistica doveva dunque esistere unaraccolta di testi che facevano uso del giambo a fini didascalici. A questo stesso am-biente ha perci grandi probabilit di appartenere anche la Mittelquelle greca dicui si serv Avieno: essa si colloca infatti nel solco del rinnovato interesse per la

    commedia e il suo metro, che aveva avuto in Licofrone di Calcide uno dei primiprotagonisti, e suppone linnovativa scelta di Apollodoro di impiegare il giambo perunopera didascalica di argomento geografico24.

    23MARCOTTE,Les gographes grecs, CXXVII.24Un ulteriore elemento per ipotizzare una relazione di contiguit fra la Mittelquelle e lAlessandra li-

    cofronea sta nel fatto che al v. 54 lOra maritima, diversamente da quanto accade altrove, indica lo strettodi Gibilterra comefretum Tartesium, senza riferirsi alla fenicia Gadir: la definizione richiama quella dipuvlhTarthssou', presente in Lycophr.Alex. 643, e verosimilmente pi antica di quella dipu'laiGadeirivde", atte-

    stata da Pind. fr. 256 Snell.

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    5.

    Nel proemio alla sua revisione del periplo di Menippo, Marciano ci offreun quadro relativamente ampio ed esaustivo della letteratura geografica in quelmomento disponibile per chi intenda farsi unidea completa della materia. Leopere pi ampie e dettagliate su cui contare ci informa lo studioso sonosenzaltro quelle di Artemidoro di Efeso e Strabone,gewgrafivan oJmou' kai;peri vplounsunteqeikovte", nonch il testo di Menippo di Pergamo, autore di unadescrizione del mare interno in tre libri, in cui al dato geografico si aggiungevanoanche elementi di carattere storico: non a caso proprio di Artemidoro e di Menippoegli offre unedizione, del primo epitomata, del secondo ampliata con ulteriorichiarimenti circa lassetto etnografico delle varie regioni e la localizzazione dialcuni siti.

    Ma la selezione di queste tre opere ritenute fondamentali suppone da parte diMarciano lo studio di un gran numero di altri testi di portata meno generale:gravfwde;tau'tapolloi'"me;nejntucw;nperivploi",polu;n de;peri;th;ntouvtwnei[dhsinajnalwvsa"crovnon. Si tratta di peripli che lautore dichiara di aver attentamentevagliato e che, almeno in parte, giungevano a lui forse gi raccolti in sillogi: accantoa un gruppo di testi inattendibili, che si limitano a riproporre informazioni giraccolte da altri, su regioni che mai gli autori avevano conosciuto direttamente, eglipone lopera di chi invece ha saputo descrivere territori meno estesi, rifacendosi adinformazioni certe e dettagliate circa citt, porti e distanze ($Osoime;nga;rmerikav"tina"ejpoihvsantoperivplwndihghvsei", w|nkai;ta;cwrivasafw'"ejgivnwskon, kai;th;n ajnamevtrhsinth'" qalavtth" oujkhjgnovoun, kai;povlei" kai; limevna" kai;ta;diasthvmatatouvtwn katamaqovnte", ou|toi dokou'sinh]pavntah]tavgeplei'stameta;th'"ejndecomevnh"ajlhqeiva"ejggegrafevnai). Di questi autori egli fornisce poiun elenco, per noi della massima importanza.

    Marcian. GGMI, p. 564

    Touvtou" dh; ajkribevsteronejpiskophvsomen. OiJga;r dh; dokou'nte"tau'ta meta;

    lovgwnejxhtakevnai, Timosqevnh"oJ @Rovdiov"ejstin, ajrcikubernhvth"tou'deutevrouPtolemaivougegonwv", kai; met!ejkei'non !Eratosqevnh", o}n Bh'taejkavlesan oiJtou'Mouseivouprostavnte",pro;" de;touvtoi"Puqeva"te oJMassaliwvth" kai;!Isivdwro" oJ Carakhno;" kai; Swvsandro" oJ kubernhvth",ta; kata;th;n !Indikh;ngravya", Simmeva"teoJth'"oijkoumevnh"ejnqei;"to;nperivploune[timh;n!Apella'"oJ Kurhnai'o" kai; Eujqumevnh" oJ Massaliwvth" kai; Fileva" oJ !Aqhnai'o" kai;!Androsqevnh" oJ Qavsio" kai; Klevwn oJ Sikeliwvth", Eu[doxov"te oJ @Rovdio" kai;#AnnwnoJKarchdovnio", oiJme;nmerw'ntinwn, oiJde;th'"ejnto;"pavsh"qalavtth", oiJde;th'"ejkto;"perivplounajnagravyante" oujmh;najlla;kai;SkuvlaxoJKaruandeu;"kai;Bwtqai'o" ou|toide;eJkavteroidia;tw'nhJmerhsivwnplw'n, oujdia;tw'nstadivwnta;diasthvmatath'"qalavssh"ejdhvlwsan. Kai;e{teroide;pleivou"eijsivn, ou}"peritto;n

    oi\maikatariqmei'n.

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    LORAMARITIMADIAVIENOELATRADIZIONEDEIGEOGRAPHIGRAECIMINORES 207

    Lelenco costituisce una testimonianza fondamentale sulla circolazione delleopere geografiche in et tardo-antica, e in particolare giusta la cronologia qui pro-

    posta per leditore di Menippo , nello stesso IV secolo nel corso del quale oper,seppure nelle regioni occidentali dellImpero, anche Avieno. Marciano ricorda inprimo luogo Timostene di Rodi, ammiraglio di Tolemeo II, e il grande Eratostene,che nella sezione descrittiva compresa allinterno della sua Geografiasi appropri diampi stralci dellopera timostenica: costoro non si occuparono tuttavia dellestremooccidente, limitando il loro interesse al Mediterraneo centrale. Fra gli altri autori de-gni di attenzione vengono menzionati Pitea di Marsiglia, Isidoro di Carace, Sosan-dro, Simmia, Apella di Cirene, Eutimene di Marsiglia, Filea di Atene, Androstene diTaso, Cleone di Sicilia, Eudosso di Rodi, Annone di Cartagine, Scilace di Cariandae un altrimenti ignoto Botteo. I numerosi altri che Marciano conosce non sono tut-

    tavia meritevoli di menzione.La lettura di questo brano offre lo spunto per alcune osservazioni. La prima

    impressione che si ricava dallelenco qui riportato che gli autori siano citati inmodo quasi casuale, senza alcun riguardo per la loro cronologia: accanto a testi diet ellenistica o addirittura successiva (Timostene, Eratostene, Androstene, Pitea,Eutimene, Eudosso, Isidoro)25sono ricordate opere che rimandano a epoca prece-dente (Scilace, Filea, Annone)26; altri autori sono per noi di difficile collocazione oaddirittura altrimenti ignoti (Sosandro, Simmia, Apella, Cleone, Botteo). Ammessoche la lista sia elaborata secondo un principio logico, essa parrebbe semmai riper-correre la distinzione fra oiJme;nmerw'ntinwn, oiJde;th'"ejnto;"pavsh"qalavtth", oiJ

    de;th'"ejkto;"perivplounajnagravyante": risulterebbero cio distinti gli autori diparapli parziali da quelli di peripli complessivi, e fra questi, ancora, quelli che siinteressarono al Mare interno da quelli che descrissero i Mari esterni, senza tuttaviache eccezion fatta per Simmia, oJth'"oijkoumevnh"ejnqei;"to;nperivploun, e per So-sandro,ta;kata;th;n!Indikh;ngravya" sia data al lettore la possibilit di evincerecome i vari autori possano essere assegnati alle differenti categorie. Dallinsieme sidistinguono comunque Scilace e Botteo, per aver descritto la durata delle singoletappe del viaggio in giorni di navigazione, anzich impiegare lunit di misura dellostadio, come il resto degli autori.

    25Su Timostene F. GISINGER, s.v. Timosthenes (3), in REVI A 2, 1937, coll. 1310-1322. Per Eratostenevd. G. AUJAC, Eratosthne de Cyrne, le pionnier de la gographie, Paris 2001. Su Androstene vd. A. BERGER,s.v.Androsthenes (9), inRE I 2, 1894, col. 2173. Su Pitea ed Eutimene vd. S. BIANCHETTI, Pitea di Massalia.

    LOceano. Introduzione, testo, traduzione e commento, Pisa-Roma 1998 ed EAD., Eutimene e Pitea di Massalia:geografia e storiografia, inStorici greci dOccidente, a cura di R. Vattuone, Bologna 2002, 439-485. Su Eudossovd. F. JACOBY, s.v. Eudoxos (7), inRE VI 1, 1907, col. 930; per Isidoro di Carace vd. F.H. WEISSBACH, s.v.Isido-ros (20), inREIX 2, 1916, coll. 2064-2068.

    26Per Scilace e Filea vd. infra. Su Annone vd. da ultimo A. MEDEROSMARTN G. ESCRIBANOCOBO, Elperiplo norteafricano de Hannn y la rivalidad gaditano-cartaginesa de los siglos IV-III a.C., Gerin 18, 2000,77-107 (che propone tuttavia una datazione del testo fra fine IV e inizi III secolo) e S. MEDAS, Essendo finiti i

    viveri non navigammo oltre. Introduzione allo studio del periplo di Annone, Lugano 2006.

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    Quel che stupisce che solo in parte Marciano si sia ispirato a questo elenco percreare la raccolta di testi compresa nel Parisinus suppl. Gr. 443: in esso, infatti, dopo

    lepitome di Artemidoro, il periplo del Mare esterno ricavato da Tolemeo e dallo sta-diasmo di Protagora, e ledizione ampliata del periplo del Mare interno di Menippo,furono copiati i testi di Scilace e di Isidoro, citati nellelenco; a questi furono peraggiunti la descrizione della Grecia attribuita a Dicearco, di cui non si fa menzionenel proemio, e i Giambi a Nicomede, che non sappiamo a chi fossero attribuiti daMarciano, ma che difficilmente egli poteva assegnare a uno degli autori da lui citati.Analoga impressione si ricava dallanalisi dei testi contenuti nel Palatinus Heidelber-gensis Gr. 398, che contiene Annone e la crestomazia di Strabone, autori compresinella lista di Marciano, cui si aggiungono tuttavia Dionisio, Arriano e Agatemero, dalui non ricordati nel novero delle fonti autorevoli. Va quindi considerato probabile

    che il geografo non fosse in possesso di tutti i testi da lui citati, ma che ne dovessela menzione a una fonte che li elencava e che non sempre comprendeva le opere dicui invece Marciano poteva materialmente disporre e che di fatto fece copiare nellaraccolta confluita nel Parisinus suppl. Gr. 443.

    Torniamo adesso allOra maritima. Impossibile dire se Marciano conoscesse iltesto dellaMittelquelle: se cos fosse, bisognerebbe pensare che egli lo catalogassefra le opere non degne di menzione, ovvero che il nome del suo autore si celi dietro iltrdito Bwtqai'o", verosimilmente corrotto, ma da alcuni emendato in !Ekatai'o"27.Solo Botteo, infatti, oltre a Scilace (che per Marciano corrisponde allo ps. Scilacedel Parisinus suppl. Gr. 443), indicava, come lautore dellaMittelquelle, le distanze

    in giorni di navigazione.Veniamo quindi allelenco di fonti ricordate da Avieno allinizio dellopera.

    Un rapido confronto con la lista di Marciano fa saltare subito agli occhi che intre casi entrambi citano i medesimi autori. Si tratta di Filea di Atene, di Scilacedi Carianda e di Cleone di Sicilia. Filea, della cui opera periegetica sul Mar Neroci restano alcuni frammenti, si colloca probabilmente nel corso del V secolo 28; dipoco pi antico Scilace, ricordato da Herod. IV 44 per aver compiuto, per ordinedi Dario I di Persia, una navigazione sul fiume Indo e di qui poi nellOceano indirezione occidentale29; ignota invece la cronologia di Cleone, menzionato altrovesoltanto da ps. Scymn. 118 e da Steph. Byz. s.v. !Aspiv", che gli attribuisce un peri;

    tw'nlimevnwn30.Di questi autori, a parte una citazione di Filea a 695 riguardante ilRodano e la sua funzione di confine fra Europa e Libia, citazione di cui riparleremopi oltre, Avieno impiega effettivamente il solo Scilace, ricordato insieme a Damaste,Euctemone e Imilcone nella sezione sullo stretto di Gibilterra: secondo lesploratore

    27G. NENCI,Due nuovi frammenti di Ecateo di Mileto, PP 8, 1953, 225-229.28Cos F. GISINGER, s.v. Phileas(6), inREXIX 2, 1938, coll. 2133-2136 con raccolta dei frammenti.29Sulla figura di Scilace e sulla natura composita del testo a lui attribuito dalla tradizione vd. A. PERETTI,

    I peripli arcaici e Scilace di Carianda, in Geografia e geografi nel mondo antico. Guida storica e critica, a cura diF. Prontera, Roma-Bari 1990, 71-114.

    30

    Su Cleone vd. MARCOTTE,Les gographes grecs, 155.

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    la larghezza del canale corrisponderebbe a quella del Bosforo. Va notato come talecitazione, proveniente verosimilmente da una descrizione del Mare interno (forse

    la Gh'"perivodo"che gli attribuisce la Sudas.v.?), non possa derivare dal testo chea Scilace attribuisce Marciano e che corrisponde a quello compreso nella raccoltadel Parisinus suppl. Gr. 443. Poich la citazione dellOra maritima strettamenteconnessa a quella di Euctemone, va considerato altamente probabile che ancheper Scilace, cos come forse per Damaste e Imilcone31, il poemetto dipenda dallapagina di Eforo: il quale, nel descrivere larea dello stretto, sosteneva che sulle isolepresso Gibilterra sorgessero templi o altari di Eracle, suscitando cos la reazione diArtemidoro, secondo quanto ricostruiamo attraverso Strab. III 1, 4.

    Da quanto detto ricaviamo perci una volta di pi limpressione che Avienonon abbia lavorato collazionando informazioni da molteplici testi in suo possesso.

    L dove egli sembra staccarsi dal puntuale riferimento allaMittelquelle, i suoi datiderivano sostanzialmente da Eforo, che il principale testimone delle altre fontiche il poeta impiega nella sezione sullo stretto di Gibilterra; ignota sembra comun-que essergli la raccolta di testi geografici che nei suoi stessi anni stava assemblandoMarciano di Eraclea. Per converso la Mittelquellegreca in trimetri giambici di cuiAvieno si serv si conferma un testo dalla circolazione limitata, che, pur risentendodellinflusso dellambiente in cui oper anche Apollodoro, forse per la ridotta esten-sione del paraplo offerto non ebbe la fortuna di entrare nel novero delle opere geo-grafiche collazionate da Arriano n fra quelle ritenute in seguito degne di attenzioneda Marciano e dopo di lui dagli eruditi bizantini.

    6.

    Formulata quindi unipotesi pi precisa sullorigine e la cronologia della Mittel-quelle, non resta adesso che spingerci al fondo della lettura stratigrafica, esaminandoquello che ho definito il livello 4, cio lo scritto in forma di periplo che starebbe allabase della rielaborazione tardo-ellenistica in metro giambico. Se la sua collocazionein epoca arcaica appare confermata dalluso del giorno di navigazione quale unitdi misura per esprimere le distanze, come accadeva in Scilace e in Botteo a dire di

    Marciano, possiamo ora aggiungere un ulteriore elemento che avvalora la datazionea suo tempo proposta.La lettura di un passo di Strabone offre indicazioni precise su come il coronimo

    !Ibhrivaabbia esteso la sua accezione nel corso dei secoli.

    31Diversamente da quanto ipotizzavo nel Periplo nascosto, 37 ss., sono ora portato a pensare che la ci-tazione da Imilcone che Avieno impiega pi volte provenga dal testo eforeo, e non dalla lettura di un docu-mento ufficiale in cui il poeta si sarebbe imbattuto nel corso del suo proconsolato dAfrica. Va infatti notatala letterariet del motivo delle acque fangose e non navigabili, che ricorda da vicino limmagine dellAtlantideplatonica (Plat. Tim. 25d), la quale, sprofondata nello spazio di fronte a Gibilterra, avrebbe reso impraticabile

    loceano antistante.

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    Strab. III 4, 19

    [...]ejpei; kai; !IbhrivanuJpo; me;ntw'nprotevrwn kalei'sqaipa'santh;ne[xwtou'@Rodanou'kai;tou'ijsqmou'tou'uJpo;tw'nGalatikw'nkovlpwnsfiggomevnou, oiJde;nu'no{rionaujth'"tivqentaith;nPurhvnhn, sunwnuvmw"teth;naujth;n !Ibhrivanlevgousikai; @Ispanivan movnhn ejkavlounth;nejnto;"tou' #Ibhro" oiJd!e[tiprovteronaujtou;"touvtou"!Iglh'ta", oujpollh;ncwvrannemomevnou", w{"fhsin!Asklhpiavdh"oJMurleanov". @Rwmai'oide;th;nsuvmpasankalevsante"sunwnuvmw"!Ibhrivantekai;@Ispanivanto;me;naujth'"mevro"ei\ponth;nejktov",to;de;e{teronth;nejntov" a[lloted!a[llw"diairou'sipro;"tou;"kairou;"politeuovmenoi.

    Il geografo sta qui parlando dellIberia e ricorda come la scarsa conoscenza deiluoghi e i frequenti mutamenti di ordine politico impediscano di ricostruire conesattezza quali suddivisioni il territorio abbia subito in passato32. Ci non di menoegli offre un quadro di come laccezione del termine sia progressivamente mutata:uJpo;me;ntw'nprotevrwnIberia era detta la regione a occidente del Rodano (e[xwtou'@Rodanou'), che si estendeva oltre l istmo creato dal golfo del Leone e dal golfo diBiscaglia (e dunque oltre i Pirenei), sino all #Ibhr, il fiume da cui appunto il terri-torio prende nome (movnhnejkavlounth;nejnto;"tou'#Ibhro"). OiJde;nu'nconsi-derano invece che lestensione geografica della regione iberica corrisponda a quellapolitica del termine @Ispaniva, cio al territorio che, a partire dalla fine della secondaguerra punica, fu costituito come provincia romana: poich lHispania citerior avevaorigine con i Pirenei, la Spagna romana si trov di fatto a coprire un territorio pi

    limitato rispetto a quello cui alludeva in precedenza il coronimo di Iberia. Ci sonoquindi oiJd!e[tiprovteron, in cui, per esplicita citazione di Strabone, va letto unriferimento ad Asclepiade di Mirlea (II-I secolo a.C.), altra fonte importante delIII libro33: costui sosteneva che il termine Iberia andasse originariamente inteso insenso ristretto, riferito al solo territorio degli Igleti.

    Come ha ben chiarito Luciano Canfora34, Strabone dipende qui dal testo diArtemidoro. Lo dimostra il confronto con il fr. 21 Stiehle, il quale proviene perdallepitome che dellopera dellefesino realizz Marciano.

    Artemid. fr. 21 Stiehle, apud Constant. Porphyr. de admin. imper. 23

    !Artemivdwro"de;ejnth'/btw'nGewgrafoumevnwnou{tw"diairei'sqaivfhsin !Apo;de;tw'nPurhnaivwnojrw'ne{w"tw'nkata;Gavdeiratovpwnejndotevrw,kai;sunwnuvmw"!Ibhrivatekai;@Ispanivakalei'tai. Dieivrhtaide;uJpo;@Rwmaivwneij"duvoejparciva"diateivnousaajpo;tw'nPurhnaivwnojrw'na{pasakai;mevcrith'"Kainh'"Karchdovno"kai;tw'ntou'Baivtio"phgw'n,th'"de;bejparciva"ta;mevcriGadeivrwnkai;Lusitaniva".

    32Sul passo straboniano vd. G. CRUZANDREOTTI M.V. GARCAQUINTELA J. GMEZESPELOSIN, Estrabn.Geografa de Iberia, Madrid 2006, 402 ss.

    33Sullapporto di Asclepiade al III libro della Geografiastraboniana vd. CRUZANDREOTTI GARCAQUIN-TELA GMEZESPELOSIN, Estrabn. Geografa de Iberia, 320 s.

    34

    CANFORA,Il papiro di Artemidoro, 221 ss.

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    Artemidoro, perci, riferiva della suddivisione del territorio iberico a partire daiPirenei in due province (la Citeriore la Ulterior): essa fu accolta come tale, sebbene

    ormai superata dagli eventi, nella pagina straboniana. Nellepitome di Marciano,che noi non leggiamo pi per la perdita dei primi fogli del Parisinus suppl. Gr. 443,comparivano tuttavia citazioni provenienti da vari altri autori: questo materiale, in-sieme ad ulteriori dati contenuti nel Periplo del Mare interno dello stesso Marciano,e alle voci !Ibhrivaiduvwe @Ispanivaidel lessico di Stefano di Bisanzio, furono assem-blate alla belle meglio dai redattori dellimperatore Costantino VII Porfirogenito(met del X secolo) per dar vita ai capp. 23 e 24 del De administrando imperio, nelmomento in cui, dopo che la Spagna era stata conquistata dagli Arabi, essi neces-sitavano di informazioni pi precise sulla regione per avviare positivi contatti fralimpero e il califfato arabo di Cordova35.

    Constant. Porphyr. de admin. imper. 23-24

    Peri;!Ibhriva"kai;@Ispaniva".!Ibhrivai duvohJme;npro;"tai'" @Hrakleivai"sthvlai", ajpo; #Ibhro"potamou', ou|mevmnhtai !Apollovdwro"ejnth'/Peri;gh'" b (FGrHist 244 F 324) !Ento;" de;Purhvnh"#Ibhrt!ejsti;mevga"potamo;"ferovmeno"ejndotevrw. Tauvth"de;pollavfasine[qnhdiairei'sqai, kaqavper@Hrovdwro"ejnth'/itw'nkaq!@HraklevagevgrafeniJstoriva/ou{tw"(FGrHist31 F 2a) To;de;!Ibhriko;ngevno"tou'to, o{perfhmi;oijkei'nta;paravliatou'diavplou, diwvristaiojnovmasine}ngevno"ejo;nkata;fu'laprw'tonme;n oiJejpi;toi'"ejscavtoi" oijkou'nte"ta;pro;" dusmevwnKuvnhte" ojnomavzontai

    (ajp!ejkeivnwn de;h[dhpro;"borevan ijovntiGlh'te") meta;de;Tarthvsioi meta; de;!Eleusivnioi meta;de;Mastinoiv meta;de;Kelkianoive[peitade;hJdiorovdano".!Artemivdwro"de;ejnth'/btw'nGewgrafoumevnwnou{tw"diairei'sqaivfhsin(fr. 21Stiehle) !Apo;de;tw'nPurhnaivwnojrw'ne{w"tw'nkata;Gavdeiratovpwnejndotevrw,kai;sunwnuvmw" !Ibhrivate kai; @Ispaniva kalei'tai. Dieivrhtai de;uJpo; @Rwmaivwneij"duvoejparciva"diateivnousaajpo;tw'nPurhnaivwnojrw'na{pasakai;mevcrith'"Kainh'"Karchdovno" kai;tw'ntou' Baivtio"phgw'n ,th'" de; bejparciva"ta;mevcriGadeivrwnkai;Lusitaniva". Levgetaide;kai; !Ibhrivth". Parqevnio"ejnLeukadivai"(fr. 14 Lightfoot) !Ibhrivth/pleuvseiejnaijgialw'/. @Hd!eJtevra!Ibhrivapro;"Pevrsa"ejstivn. To;e[qno"#Ibhre", wJ"Pivere", Buvzhre". Dionuvsio"(Dion. Per.282) !Agcou'sthlavwnmegaquvmwne[qno"!Ibhvrwn.Kai;!Aristofavnh"Trifavlhti

    (fr. 564 Kassel-Austin) Manqavnonte"tou;" #Ibhra"tou;" !Aristavrcoupavlaikai; Tou;" #Ibhra", ou}"corhgei'"moi, bohqh'saidrovmw/. Kai; !Artemivdwro"ejnb Gewgrafoumevnwn (fr. 22 Stiehle) Grammatikh'/ de;crw'ntaith'/tw'n !Italw'noiJpara; qavlattan oijkou'nte"tw'n !Ibhvrwn. Kai; ajpo;th'" #Ibhro"genikh'"!Ibhri;"to; qhlukovn. @Ellhniv", oujk !Ibhriv" Mevnandro" !Aspivdi (fr. 2 Arnott).Levgetai kai; !Ibhrikov" Prw'to" me;nprov"tino" !Ibhriko;" ajrcomevnoisi(Dion. Per. 69). Dih/rei'tode;hJ!Ibhrivaeij"duvo,nu'nde;eij"trei'", wJ"Markiano;"ejnPerivplw/ aujth'" (Marcian. per. II 7) Provteronme;n ou\nhJ !Ibhrivaeij" duvodih/rei'touJpo; @Rwmaivwn,nuni;de;eij"trei'" Baitikh;nSpanivankai;Spanivankai;

    35

    Cos CANFORA,Il papiro di Artemidoro, 255 con bibliografia.

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    Tarrakwnhsivan. !Apo;th'"genikh'"#Ibhro"eujqei'an !Apollwvnio"(GG II 3, p.47, 15-22 Schneider), wJ"th'"fuvlako"oJfuvlako". !Entoi'"Parwnuvmoi"fhsivn

    !Apo;genikw'neujqei'aiparavgontai,to;me;nu{dwrduvosullaba;"oJmoivw"th'/eujqeiva/kata;to;ntovnonparoxunovmenon, kai;h]ejnaJplw'/schvmatih]ejnsunqevtw/. @Aplo;nme;nou\n, mavrturo", oJmavrtu", Cavroy, Cavropo", oJCavropo", Carovpoiovt!a[nakto", Troivzhn, Troivzhno", oJTroivzhno", uiJo;"Troizhvnoio, #Ibhr, #Ibhro",oJ#Ibhro", ajf!ou|para;Kouadravtw/ejn@Rwmaikh'"ciliavdo"e[stin!Ibhvroisinou{tw" (FGrHist 97 F 2) KaivtoiLivgusiv q!a{makai; !Ibhvroisipolemevonte".To;aujto;kai;$AbrwnejnParwnuvmoi"fhsiv(p. 1454 Berndt, BPhW 1915). Kai;aujto;" #Ibhro"tragopwvgwnejnMalqakoi'"ei[rhtaiKrativnou (fr. 108 Kassel-Austin). LevgontaioiJ #Ibhre"uJdropotei'n, wJ" !Aqhvnaio"ejnDeipnosofistw'nbou{tw"(Athen. II 44b) Fuvlarco"me;nejnth'/zkai;tou;"#Ibhrav"fhsiuJdropotei'npavnta", kaivtoiplousiwtavtou"pavntwn ajnqrwvpwntugcavnonta" (kevkthntai

    ga;r kai; a[rguron kai;cruso;nplei'ston), monositei'nte aujtou;" ajei; levgei dia;mikrologivan,ejsqh'tav"teforei'npolutelestavta".

    Peri;@Ispaniva".Povqenei[rhtai @Ispaniva_ !Apo; @Ispavnougivganto" ou{tw kaloumevnou. @Ispanivaiduvoth'"!Italiva"ejparcivaihJme;nmegavlh,hJde;mikrav. Tauvth"ejmnhvsqhCavraxejniCronikw'n(FGrHist103 F 26) !En@Ispaniva/th'/mikra'/th'/e[xwLousitanw'npavlinajpostavntwn,ejpevmfqhuJpo;@Rwmaivwnstrathgo;"ejp!aujtou;"Kuvinto". @Oaujto;"oJmou'peri;tw'nduvo(FGrHist103 F 27) Kuvinto"oJtw'n@Rwmaivwnpolevmarco"ejnajmfotevrai"tai'"@Ispanivai". @Hsswvmeno"de;uJpo;Oujiriavqousponda;"pro;"aujto;nejpoihvsato. Tauvthnkeklh'sqaivfhsin !Ibhrivanejn @Ellhnikw'ng (FGrHist 103

    F 3) Th;nde;@Ispanivan$Ellhne"ta;prw'ta!Ibhrivanejkavloun, ou[pwxuvmpanto"tou'e[qnou"th;nproshgorivanmemaqhkovte", ajll!ajpo;mevrou"th'"gh'", o{ejstinpro;"potamo;n#Ibhra, kai;ajp!ejkeivnouojnomavzetai,th;npa'sanou{twkalou'nte".$Usterondevfasinaujth;nmetakeklh'sqaiPanwnivan.

    La lucida analisi cui Canfora ha sottoposto questo testo consente di stabilire chei redattori dellopera hanno proceduto in primo luogo allaccorpamento delle voci!Ibhrivaiduvwe @Ispanivaidel lessico di Stefano di Bisanzio nella versione non epito-mata, collegandole fra loro tramite la frase di passaggio Povqenei[rhtai@Ispaniva_Laprima voce conteneva probabilmente il dato sulle due Iberie, luna presso le Colon-

    ne dEracle e laltra nellattuale Georgia, oltre alle consuete notazioni sulletnonimoe la citazione di Filarco tratta da Ateneo; nella seconda si parlava delle due provincedella Spagna romana, con la citazione dei frammenti di Carace di Pergamo, geogra-fo di et antonina. Poich tali dati non erano sufficienti a rispondere alle esigenzedellimperatore, interessato a conoscere le articolazioni interne al territorio iberico, iredattori aggiunsero altre informazioni a margine del codice, traendole dallopera diMarciano, e in particolare dallepitome di Artemidoro e dal Periplo del mare ester-no. A Marciano vanno dunque addebitate le abbondanti citazioni presenti nel cap.23, che egli in parte doveva trovare gi nel testo del geografo efesino; al Periplo dellostesso Marciano risaliva invece lannotazione sullattuale divisione della Spagna in

    tre province, evidentemente successiva alla conquista augustea dellintera penisola.

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    Quando nella seconda met dellXI secolo le singole schede di cui era composto ilDe administrando imperio furono ricopiate per iniziativa di Giovanni Dukas, dandovita al manoscritto che ci trasmette lopera, il Parisinus Gr. 2009, ci che si trovavaai margini fin allinterno del testo, creando il groviglio di informazioni che appareoggi alla lettura dei capp. 23 e 24.

    Le testimonianze sinora esaminate consentono perci di chiarire alcune sostan-ziali fluttuazioni nellestensione del coronimo !Ibhrivanel corso dellantichit. Pro-cedendo a ritroso nel tempo, partiamo dalla situazione descritta da Marciano nelcorso del IV secolo: giusta lassetto della regione realizzatosi in et augustea, Iberiacoincide con Spagna, territorio diviso dallamministrazione romana nelle tre pro-vince di Tarraconense, Betica e Lusitania. Tale rappresentazione accolta anche inambito bizantino, tanto da Stefano nel VI secolo, quanto dai funzionari di Costan-tino Porfirogenito nel X, sebbene essa, gi a partire dal sacco di Roma ad opera diAlarico, nel 410, risulti ormai superata dallincalzare degli eventi.

    C quindi limmagine di Artemidoro, che rispecchia la situazione fra II e I seco-lo a.C. e che recepita da Strabone. Sebbene laccezione di Iberia si estendesse inprecedenza al territorio compreso fra il Rodano e lEbro (anzi: a partire dallEbro,autentico fulcro della definizione cos Apollod. FGrHist244 F 324 , sino al Roda-no, come testimonia Charax FGrHist103 F 3), il termine ha ora anche valore sino-nimico rispetto alla definizione di Spagna (kai;sunwnuvmw"!Ibhrivatekai;@Ispanivakalei'tai): se infatti il controllo raggiunto da Roma sulla fascia costiera della peniso-

    la a partire dalla conclusione della seconda guerra punica ha condotto allistituzionedelle due province di HispaniaCiteriore Ulterior, la regione della Gallia costiera,la futura Narbonense, resta ancora fuori dellorbita imperiale. Il confine dellIberia,perci, viene necessariamente arretrato ai Pirenei, sovrapponendosi di fatto a quelloamministrativo delle due province romane.

    Risalendo ancora indietro nel tempo incontriamo unaccezione ristretta del ter-mine, e proprio perci da considerare pi antica rispetto a quelle esaminate in prece-denza: Strabone la associa al nome di Asclepiade di Mirlea, ma essa, come fra brevediremo, doveva essere condivisa anche da altri. Il termine Iberia avrebbe inizialmenteindicato la regione abitata dagli !Iglh'te", ci a dire lentroterra dellattuale Andalu-

    sia, fra il corso del Guadiana e quello del Guadalquivir. Per la localizzazione degliIgleti ricorriamo a Herodor. FGrHist31 F 2a, frammento tratto dal cap. 23 delDe ad-ministrando imperio e dunque gi letto. Sul finire del V secolo a.C., nel decimo librodel suo scritto Su Eracle,il mitografo affermava di considerare quella iberica comeuna stirpe unica, stanziata lungo la costa atlantica e mediterranea della penisola; fra levarie trib di cui essa era formata egli segnalava, partendo dallestremit occidentaledel territorio, i Cineti, alle spalle dei quali erano stanziati i Glh'te"; si incontravanoquindi i Tartessi, gli Eleusini, i Mastini, i Celciani e infine unaltra trib il cui nomerisulta oggi illeggibile per effetto di un guasto della tradizione: la regione abitatadagli Iberi, in ogni caso, raggiungeva il corso del Rodano, come si evince dal trdito

    hJdiorovdano", che, per quanto corrotto, risulta tuttavia sufficientemente parlante.

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    Lestensione del territorio designato come !Ibhriva a cavallo della catena deiPirenei dato ben noto alle fonti: condividono questa concezione, che Artemidoro/Strabone attribuisce aiprovteroi, tanto Aesch. TrGF73a (apudPlin. nat. XXXVII31: Aeschylus in Hiberia, hoc est in Hispania, Eridanum esse dixit eundemqueappellari Rhodanum), quanto ps. Scyl. 3 (!Apo; de; !Ibhvrwne[contaiLivgue" kai;#Ibhre"migavde"mevcripotamou'@Rodanou') e ps. Scymn. 206-209 (Meq!ou}"[scil.tou ;" @Rodivou"]ejlqovnte"eij"!Ibhrivan/ oiJMassalivanktivsante"e[sconFwkaei'"/!Agavqhn@Rodanousivante, @Rodano;"h}nmevga"/potamo;"pararrei'[]). A questiautori va aggiunto Filea, citato dallOra maritima a 695, dato che laffermazione cheAvieno gli attribuisce (at numquam in illud animus inclinabitur, / Europam ut istoflumine et Libyam adseram / disterminari, Phileus hoc quamquam vetus / putasse dicatincolas) deriva probabilmente da un fraintendimento della fonte, mediata, come si

    detto, da Eforo: sosteneva forse lAteniese che il Rodano costituisse il confine deiLivgue", che facilmente potevano essere confusi con i Livbue", stravolgendo cos ilsenso originario dellespressione36.

    Pi interessante per riflettere sullaccezione ristretta del termine !Ibhriva, con-frontandola con il dato che emerge dal livello 4 dellOra maritima. Il quadro etno-grafico che dato ricavare dai versi del poemetto appare sostanzialmente chiaro,almeno nelle sue linee fondamentali: a partire dal Cepresicum iugum, lattuale capoEspichel, a sud di Lisbona, si incontrano Cempsi e Sefi (195), accanto ai quali sonostanziati i Cineti; il territorio cinetico risulta delimitato dal corso del fiume Ana, lat-tuale Guadiana, che segna il confine fra Cineti e Tartessi (223), il territorio dei quali

    si caratterizza per la presenza del grande fiume eponimo (225), con ogni probabilitil Guadalquivir. Ma lintegrit della regione tartessica pare interrotta dal corso di unsecondo fiume, detto Hiberus(248), da identificare forse con lattuale Odiel: tale fiu-me darebbe nome al territorio circostante, chiamato Hiberia; a partire dalla spondaorientale del corso dacqua si incontrerebbero ancora i Tartessi e, lungo il profilocostiero, i Cilbiceni (254 s.). Lentroterra sarebbe qui abitato dagli Etmanei e dagliIleati, i cui territori confinerebbero, lungo lalto corso del Guadiana, con quelli deiCempsi (300 ss.). Superato lo stretto di Gibilterra la costa era abitata da Libifenici,Massieni, Selbissini e ancora Tartessi (420 ss.), sino al corso del fiume Theodorus,lattuale Segura, dove erano stanziati numerosi Fenici (459 ss.); da qui cominciava il

    territorio degli Iberi (472), popolo che comprendeva le trib dei Gimneti (464), deiBeribraci (485), degli Indigeti (523) e, nellentroterra, dei Cereti, degli Ausocereti(550) e dei Sordi (552). Nonostante a 472 si affermi che gli Iberi sono stanziati inusque Pyrenae iugum37, trib appartenenti allo stesso popolo sono registrate ancheoltre la catena montuosa: cos per i Sordiceni (568) e gli Elesici (586), che abitavano

    36Non sar estraneo al fraintendimento, generato dallestensione da parte della tradizione eforea dellareaceltica a tutta la penisola iberica, il fatto che a ora331 Avieno stesso definisca Tartesso come confine dellaLibia.

    37Si tratter qui di unintromissione dellaMittelquelle, che riporta laccezione diffusasi a partire dalla fine

    della seconda guerra punica.

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    sino al corso del fiume Oranus dovremmo essere allincirca nei pressi di Montpel-lier , dove aveva inizio il territorio dei Liguri.

    Limmagine offerta dallOra maritima, che risale con ogni probabilit al livello 4della stratigrafia, si segnala per la sua arcaicit: notevoli sono i parallelismi riscontra-bili con la descrizione di una fonte molto antica come Erodoro, a cui la avvicinanola conoscenza dei Cineti, alle spalle dei quali appaiono stanziati gli Ileati (da raffron-tare con gli Igleti di Asclepiade e i Gleti del mitografo), dei Tartessi e dei Massieni(probabilmente identici ai Mastini di Erodoro e da collegare al centro di Mastia: cfr.Hecat. FGrHist 1 F 41, apud Steph. Byz. s.v. Mastianoiv). Rispetto a quella del mi-tografo, tuttavia, la descrizione dellOra maritima assai pi dettagliata: conosce laposizione del tutto preminente della gente tartessica, che, pur convivendo con altrepopolazioni (o forse trib appartenenti al gruppo tartessico?), si estende lungo ilprofilo costiero dal Guadiana, sul versante atlantico, sino al Segura, ormai di frontealle Baleari.

    Quanto agli Iberi il poemetto latino conserva un dato di straordinaria importan-za: conosce cio la simultanea esistenza di due gruppi di popolazione che rivendica-no tale etnonimo. Da un lato, nellaccezione classica ma con alcune puntualizzazioniche denotano una pi precisa conoscenza geografica, esso li connette al territoriobagnato dallEbro, testimoniandone cos lo stanziamento a partire dal corso del fiu-meSicanus, che gi Thuc. VI 2, 1-3 considerava territorio iberico, sino alla regionedi Montpellier, cos come sostanzialmente facevano oiJprovteroidel testo strabonia-

    no. Dallaltro li lega al corso di un secondo fiumeHiberus

    , probabilmente identifica-bile con lOdiel, e al territorio degli Ileati: nella medesima regione dove Asclepiadedi Mirlea, e con lui gli oiJd!e[tiprovteron, localizzavano gli Igleti.

    La duplice localizzazione degli Iberi rimanda a una fase in cui limmagine etno-grafica della penisola elaborata dai Greci non si era ancora consolidata nellambitodi schemi precisi: essa senzaltro anteriore al momento in cui Erodoro potevadefinire Iberi tutti i popoli stanziati lungo la costa, a partire dai Cineti sin oltre i Pi-renei; ma risulta altres precedente rispetto alla fase in cui letnonimo era saldamenteancorato al corso del fiume Ebro e si applicava a un territorio esteso sino allattualeProvenza, come accade nel logoserodoteo sui Focei (Herod. I 163). Il quadro offer-

    toci dal livello 4 della stratigrafia appare in definitiva corrispondere al momento incui gli intensi contatti commerciali greci con varie aree della penisola iberica diede-ro avvio a un processo di conoscenza del territorio che, inizialmente, port allap-plicazione di un medesimo etnonimo o di un medesimo coronimo a genti e territoridiversi: furono i Focei, in particolare, ad attribuire nomi che essi traevano dalla lorofrequentazione delle regioni propontiche e pontiche a elementi geo- ed etnograficivolta a volta differenti, a seconda del nucleo greco in cui tale immagine prese forma.

    Ci accadde per esempio nel caso dei Bevbruke": originari dei dintorni di Lam-psaco, detta Pituovessaprima della fondazione focea (Charon Lamps. FGrHist 262FF 7a, 7b, 8 e Deioch. FGrHist 471 F 3), il loro etnonimo fu poi applicato a genti

    stanziate nellentroterra di capo de la Nao (ps. Scymn. 200-201; Steph. Byz. s.v.; cfr.

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    Avien. ora 485:Berybraces), nei pressi dellinsediamento foceo di Hemeroskopeion,di fronte alle isole di Ibiza e Formentera, chiamate in antico Pituou'ssai; la loro pre-

    senza tuttavia attestata anche nellarea dei Pirenei (Sil. It. III 417-441; Dio Cass.fr. 56 Boissevain), a testimonianza del fatto che, in questo caso, epicentro delliden-tificazione fu invece il nucleo foceo di Emporion 38. Affine la vicenda dei Sicani,trib iberica che, secondo Thuc. VI 2, 2, fu cacciata da Livgue"e raggiunse le costedella Sicilia nord-occidentale, l dove lecito ipotizzare lesistenza di una base foceasulla rotta in direzione della penisola iberica39. Se la presenza di una trib sicana neipressi dellodierno fiume Jcar e dellinsediamento foceo di Hemeroskopeion inqualche modo confermata da Avien. ora479, stupisce maggiormente il riferimento agenti liguri, mai altrimenti attestate in questa zona: ma se riflettiamo sul fatto che deiLivgue"militavano nellesercito persiano di Serse accanto