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Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria - Paravia © Pearson Italia s.p.a. Iacopone da Todi La vita Iacopo dei Benedetti nacque a Todi fra il 1230 e il 1236. Dopo avere stu- diato diritto, forse a Bologna, si dedicò all’attività di procuratore legale, conducendo una vita gaudente e spregiudicata. Anche se le notizie sono insicure e leggendarie, non si può sottovalutare l’influenza esercitata su di lui dalla moglie, una Vanna dei conti di Coldimezzo. La tradizione ha anche stabilito l’avvenimento luttuoso desti- nato a modificare la sua vita, inducendolo a ripudiare il passato: la morte della mo- glie, per il crollo del pavimento durante una festa, e la scoperta sotto le sue vesti di un cilicio, strumento di penitenza e di dolore. L’episodio sottolinea il carattere repentino e radicale della conversione di «fra’ Ia- copone», che bene corrisponde alla sua indole intransigente ed estremistica, aliena da accomodamenti e compromessi. Per un decennio (1268-78) conduce vita ascetica e raminga, mendicando e sottoponendosi a dure fatiche e umiliazioni, prima di entrare nell’ordine francescano dei Minori. In tale ambito si schiera animosamen- te a favore degli “spirituali”, che difendono la purezza della Regola, e prende posi- zione contro la politica temporale della Curia romana. Quando viene eletto al pontificato Celestino V (1294), l’eremita abruzzese Pier da Morrone, Iacopone lo ammonisce a portare avanti il processo di rinnovamento della Chiesa, ma dubita delle effettive capacità del nuovo papa (dal quale ottiene il rico- noscimento di un nuovo ordine religioso, i Poveri eremiti di Celestino). L’abdicazio- ne del debole Celestino V e l’elezione di Bonifacio VIII, che scioglie l’ordine appe- na costituito e perseguita i protetti dal suo predecessore, determina un rapido precipitare della situazione. Poiché Iacopone contrasta le ambizioni del pontefice, contestando anche la validità dell’elezione pontificia, Bonifacio VIII risponde con la scomunica e assalta la rocca di Palestrina, costringendola a capitolare dopo un anno e mezzo di assedio. Iacopone è condannato al carcere a vita ma, dai sotterranei del convento in cui è rinchiuso, non cessa di scrivere e di difendere le proprie convinzioni. Solo si umilia perché gli venga tolta la scomunica, senza tuttavia ottenere ascolto dal pontefice. Uscirà dal carcere e sarà liberato dalla scomunica nel 1303, con l’elezione del nuovo papa, Be- nedetto XI. Muore nella notte di Natale del 1306 nel convento di Collazzone, fra Todi e Perugia. Le opere La sua opera comprende un folto gruppo di Laude (92 di sicura attribu- zione), un Trattato sull’unione mistica, lo Stabat mater, sequenza liturgica sulla Passione di Cristo di non certa attribuzione, come i Detti, osservazioni morali. Come ha osservato Getto, l’aspetto che immediatamente colpisce nel Laudario di Iacopone è l’ossessiva presenza del corpo, a cui il poeta guarda con odio e paura, come ad un nemico insidioso, da cui proviene il male e il peccato. La visione di Ia- copone è infatti ispirata ad un crudo pessimismo: egli insiste sull’infelicità della condizione umana con un gusto di immagini cupe e forti che richiama il genere del contemptus mundi, del disprezzo del mondo. Nel campo della realtà egli sceglie siste- maticamente gli aspetti negativi: le sofferenze fisiche, i vizi, i peccati, la morte. Per questo il suo linguaggio è folto di termini che si riferiscono alle realtà più concrete e corpose ed investono gli oggetti con una luce violenta, che crea ombre e contrasti senza sfumature. Oltre alla realtà fisica, Iacopone rifiuta radicalmente la vita sociale, che gli ap- pare dominata dall’egoismo, dall’interesse, dall’ambizione, dalla sensualità pecca- minosa. Egli nega e rovescia violentemente le convenzioni correnti della vita associa- ta, si compiace di ciò che il mondo respinge, la povertà, la malattia, la follia. Arriva deliberatamente a umiliarsi, a degradarsi, riducendosi ad oggetto di derisione e di beffa. A In ambito ecclesiastico la Curia è l’insieme degli organi amministrativi centrali e periferici che governano la Chiesa. La scomunica La scomunica è la pena inflitta da un’autorità religiosa, specialmente cristiana o ebraica, che esclude chi ne è colpito dai sacramenti e dalla partecipazione al culto. Le Laude Nel rito cattolico la sequenza è un componimento poetico musicale liturgico che veniva recitato o cantato nella celebrazione eucaristica solenne prima della lettura del Vangelo. L’avversione per il corpo e il pessimismo Il rifiuto della vita sociale 2

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Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria - Paravia© Pearson Italia s.p.a.

Iacopone da TodiLa vita  Iacopo dei Benedetti nacque a Todi fra il 1230 e il 1236. Dopo avere stu-diato diritto, forse a Bologna, si dedicò all’attività di procuratore legale, conducendo una vita gaudente e spregiudicata. Anche se le notizie sono insicure e leggendarie, non si può sottovalutare l’influenza esercitata su di lui dalla moglie, una Vanna dei conti di Coldimezzo. La tradizione ha anche stabilito l’avvenimento luttuoso desti-nato a modificare la sua vita, inducendolo a ripudiare il passato: la morte della mo-glie, per il crollo del pavimento durante una festa, e la scoperta sotto le sue vesti di un cilicio, strumento di penitenza e di dolore.L’episodio sottolinea il carattere repentino e radicale della conversione di «fra’ Ia-copone», che bene corrisponde alla sua indole intransigente ed estremistica, aliena da accomodamenti e compromessi. Per un decennio (1268-78) conduce vita ascetica e raminga, mendicando e sottoponendosi a dure fatiche e umiliazioni, prima di entrare nell’ordine francescano dei Minori. In tale ambito si schiera animosamen-te a favore degli “spirituali”, che difendono la purezza della Regola, e prende posi-zione contro la politica temporale della Curia romana.Quando viene eletto al pontificato Celestino V (1294), l’eremita abruzzese Pier da Morrone, Iacopone lo ammonisce a portare avanti il processo di rinnovamento della Chiesa, ma dubita delle effettive capacità del nuovo papa (dal quale ottiene il rico-noscimento di un nuovo ordine religioso, i Poveri eremiti di Celestino). L’abdicazio-ne del debole Celestino V e l’elezione di Bonifacio VIII, che scioglie l’ordine appe-na costituito e perseguita i protetti dal suo predecessore, determina un rapido precipitare della situazione.Poiché Iacopone contrasta le ambizioni del pontefice, contestando anche la validità dell’elezione pontificia, Bonifacio VIII risponde con la scomunica e assalta la rocca di Palestrina, costringendola a capitolare dopo un anno e mezzo di assedio. Iacopone è condannato al carcere a vita ma, dai sotterranei del convento in cui è rinchiuso, non cessa di scrivere e di difendere le proprie convinzioni. Solo si umilia perché gli venga tolta la scomunica, senza tuttavia ottenere ascolto dal pontefice. Uscirà dal carcere e sarà liberato dalla scomunica nel 1303, con l’elezione del nuovo papa, Be-nedetto XI. Muore nella notte di Natale del 1306 nel convento di Collazzone, fra Todi e Perugia.

Le opere  La sua opera comprende un folto gruppo di Laude (92 di sicura attribu-zione), un Trattato sull’unione mistica, lo Stabat mater, sequenza liturgica sulla Passione di Cristo di non certa attribuzione, come i Detti, osservazioni morali.Come ha osservato Getto, l’aspetto che immediatamente colpisce nel Laudario di Iacopone è l’ossessiva presenza del corpo, a cui il poeta guarda con odio e paura, come ad un nemico insidioso, da cui proviene il male e il peccato. La visione di Ia-copone è infatti ispirata ad un crudo pessimismo: egli insiste sull’infelicità della condizione umana con un gusto di immagini cupe e forti che richiama il genere del contemptus mundi, del disprezzo del mondo. Nel campo della realtà egli sceglie siste-maticamente gli aspetti negativi: le sofferenze fisiche, i vizi, i peccati, la morte. Per questo il suo linguaggio è folto di termini che si riferiscono alle realtà più concrete e corpose ed investono gli oggetti con una luce violenta, che crea ombre e contrasti senza sfumature. Oltre alla realtà fisica, Iacopone rifiuta radicalmente la vita sociale, che gli ap-pare dominata dall’egoismo, dall’interesse, dall’ambizione, dalla sensualità pecca-minosa. Egli nega e rovescia violentemente le convenzioni correnti della vita associa-ta, si compiace di ciò che il mondo respinge, la povertà, la malattia, la follia. Arriva deliberatamente a umiliarsi, a degradarsi, riducendosi ad oggetto di derisione e di beffa.

A

In ambito ecclesiastico la Curia è l’insieme degli organi amministrativi centrali e periferici che governano la Chiesa.

La scomunica

La scomunica è la pena inflitta da un’autorità religiosa, specialmente cristiana o ebraica, che esclude chi ne è colpito dai sacramenti e dalla partecipazione al culto.

Le Laude

Nel rito cattolico la sequenza è un componimento poetico musicale liturgico che veniva recitato o cantato nella celebrazione eucaristica solenne prima della lettura del Vangelo.

L’avversione per il corpo e il pessimismo

Il rifiuto della vita sociale

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Polemizza poi aspramente contro ogni forma di cultura e di intellettualismo e si op-pone alle sofisticate speculazioni della cultura teologica universitaria, di cui i Fran-cescani erano ormai i protagonisti, perché vi vede la negazione degli ideali di umil-tà di Francesco. Queste posizioni lo inducono a polemizzare anche contro la Chiesa come istituzione, che gli sembra protesa solo a perseguire fini di ambizione e poten-za mondana.Da questo rifiuto del mondo scaturisce la posizione ascetica: il corpo aborrito deve essere mortificato con le armi adatte, con il digiuno, le privazioni, l’astensione dal sonno, la flagellazione, per arrivare ad una liberazione che riscatti l’uomo dal suo peso insopportabile. Attraverso questa ascesi Iacopone persegue la purificazione dell’anima, la tensione verso il trascendente.Nel Laudario un tema caro a Iacopone è quello dell’amore divino, che si presenta con un ardore passionale violento come quello dell’eros umano e spinge a cantare e a gridare senza vergogna e inibizioni, come per un impulso irrefrenabile. Quella comunione d’amore con Dio è ineffabile, non può essere resa con parole umane. Ma, proprio attraverso la confessione dell’impotenza a parlare, il poeta riesce a ren-dere il senso dell’«esmesuranza» (parola a lui assai cara e continuamente ricorren-te nei suoi testi), della sproporzione incolmabile tra i due piani, quello umano e quello divino.Il linguaggio di Iacopone ha un’originalità ed un’intensità straordinarie. Egli respinge il volgare “illustre”, selezionato e raffinato, e si volge al nativo dialetto umbro, di cui esalta i caratteri scabri e corposi, nei suoni, nella morfologia, nel lessico. Tuttavia non si tratta affatto, come a lungo si è creduto, di una lingua rozza ed incolta: nel suo les-sico, accanto alle forme più schiettamente dialettali e umbre, ricorrono anche proven-zalismi e latinismi.

La polemica contro la cultura

Il percorso ascetico

L’ascesi (dal greco áskesis, esercizio) è una pratica di vita che tende all’elevazione spirituale attraverso il dominio degli istinti, la rinuncia ai piaceri, la meditazione e il disprezzo del mondo.

Il linguaggio

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Iacopone da Todi

Donna de Paradiso  dalle Laude

Si tratta di una lauda drammatica in cui la Madonna, Cristo, il popo-lo ed il Nunzio dialogano tra loro sul Calvario, dinnanzi alla croce sulla quale è deposto Cristo.

gg Metro: ballata di settenari; schema delle rime: aaax e mmx per la ripresa. 

T TEMI CHIAVE - la Passione di Cristo- il dolore e la tenerezza della

Madonna per il figlio sofferente- le attenzioni di Cristo morente

per la madre «Donna de Paradiso, lo tuo figliolo è preso, Iesù Cristo beato. Accurre, donna e vide 5 che la gente l’allide1: credo che lo s’occide, tanto l’ho flagellato». «Com’essere porria, che non fece follia, 10 Cristo, la spene mia, om l’avesse pigliato?2» «Madonna, ell’ è traduto: Iuda sì l’ha venduto; trenta denar n’ha avuto, 15 fatto n’ha gran mercato3». «Soccurri, Maddalena!4

Ionta m’è adosso piena: Cristo figlio se mena5, com’ è annunzïato6». 20 «Soccurre, donna, adiuta, ca ’l tuo figlio se sputa e la gente lo muta7; hòlo dato a Pilato».

versi 1-7.  «Donna celeste (de Paradiso), tuo figlio, Gesù Cristo beato, è stato cattu-rato  (è preso).  Accorri,  donna  e  guarda che  la gente  lo percuote  (l’allide):  credo che  lo uccidano,  tanto  l’hanno (l’ho)  fla-gellato».

1. l’allide:  latinismo,  come  le  precedenti forme imperative accurre, accorri, e vide, guarda.

versi 8-15. «Com’è possibile (porria, po-trebbe)  che  qualcuno  abbia  imprigionato 

(pigliato)  Cristo,  la mia  speranza  (spene), dal momento che non commise alcuna col-pa (follia)?» «Madonna, egli è stato tradito: Giuda l’ha proprio (sì) venduto; ne ha rica-vato  trenta denari, ne ha  fatto un grande affare (mercato)».2. Com’essere ... pigliato?: om (latino homo, francese on) introduce una proposizione im-personale. L’oggetto (Cristo) è prolettico.3. fatto ... mercato: è detto ironicamente, perché Giuda ha venduto Cristo per pochi denari.

versi 16-23. «Aiutami, Maddalena! Mi è giunta  (Ionta)  addosso  una  sciagura  im-provvisa  e  inarrestabile  (piena):  Cristo, mio figlio, viene portato via, come è stato profetizzato». «Soccorrilo, donna, aiutalo (adiuta),  perché  gli  si  sta  sputando  e  la gente  lo  trasferisce  (lo muta);  lo  hanno (hòlo) consegnato a Pilato».4. Soccurri, Maddalena!: più semplicemen-te con valore esclamativo: aiuto!. È sinoni-mo  di adiuta,  che  lo  rafforza  al  verso  20. Maddalena è una donna guarita da Gesù, a cui appare subito dopo la Resurrezione.5. se mena: ha valore passivo, come i suc-cessivi se sputa (v. 21), se prende (v. 68) ecc.6. com’ è annunzïato: si riferisce alla profe-zia  delle  Sacre  Scritture;  è  il  calco  di  una formula evangelica, che collega le vicende di Cristo alle antiche profezie (vedi anche il verso 131).7. lo muta: «lo trasferisce (dal sinedrio al tribunale di Pilato)» (Contini). Oppure «lo muta d’abito» (Ageno). In entrambi i casi, vedi Matteo, XXVII, 2 e 28.

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versi 24-31. «O Pilato, non far torturare mio  figlio,  perché  io  ti  posso  dimostrare come  è  accusato  a  torto».  «Crocifiggilo, 

crocifiggilo! Un uomo che si proclama re (rege), secondo la nostra legge va contro al senato».

8. Crucifige: è il popolo che si rivolge ades-so, in latino, a Pilato, richiamandolo all’ap-plicazione  della  legge  romana  (vedi  Gio-vanni, XIX, 15). Si noti l’efficace alternanza delle battute, che obbediscono a motiva-zioni contrastanti.9. se fa rege: Cristo si era autoproclama-to, sì, re, ma in un senso del tutto spiritua-le. Il verso 31, che significa “è in contrasto con la legge del Senato, la legge di Roma”, è  ricalcato  sul  «contradicit Caesari»  del Vangelo di Giovanni (XIX, 12).

versi 32-39. «Vi prego di capirmi (’nten-nate),  pensate  al  (nel) mio  dolore:  forse (forsa) adesso (mo) vi ricrederete (vo mu-tate) di quello che avete pensato». «Tiria-mo fuori (Traàm, dalla prigione) i ladroni, affinché siano  i suoi compagni  (sulla cro-ce): si coroni di spine, visto che si è procla-mato re!».10. forsa ... pensato: riconoscerete  cioè che sono ingiuste le accuse contro di lui.11. Traàm … compagnuni: il popolo chiede invece che vengano fatti uscire dalla prigio-ne i ladroni, perché siano compagni di Cri-sto sulla croce (vedi Matteo, XXVII, 38).

versi 40-47. «O figlio, figlio, figlio, figlio, amoroso  giglio!  Figlio,  chi  consolerà  (dà consiglio al)  il mio cuore angosciato? Fi-glio dagli occhi  lieti  (iocundi),  figlio, per-ché  (co’)  non  rispondi?  Figlio,  perché  ti nascondi al seno al quale sei stato allatta-to (o’ si’ lattato)?».12. occhi iocundi: uso dell’apposizione al posto di un complemento di qualità.

«O Pilato, non fare 25 el figlio mio tormentare, ch’io te pozzo mustrare como a torto è accusato». «Crucifige8, crucifige! Omo che se fa rege9, 30 secondo nostra lege contradice al senato». «Prego che me ’ntennate, nel mio dolor pensate: forsa mo vo mutate 35 de che avete pensato10». «Traàm for li ladruni, che sian suoi compagnuni11: de spine se coroni, ché rege s’è chiamato!» 40 «O figlio, figlio, figlio, figlio, amoroso giglio! figlio, chi dà consiglio al cor mio angustïato? Figlio occhi iocundi12, 45 figlio, co’ non respundi? Figlio, perché t’ascundi al petto o’ si’ lattato?»

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«Madonna, ecco la croce, che la gente l’aduce13, 50 ove la vera luce dèi essere levato»14. «O croce, e che farai? El figlio mio torrai? Como tu ponirai 55 chi non ha en sé peccato?» «Soccurri, piena de doglia, ca’ l tuo figlio se spoglia: la gente par che voglia che sia martirizzato!» 60 «Se i tollete el vestire, lassatelme vedere, como el crudel ferire tutto l’ha ensanguenato!» «Donna, la man li è presa, 65 ennella croce è stesa; con un bollon l’ho fesa15, tanto lo ci ho ficcato. L’altra mano se prende, ennella croce se stende 70 e lo dolor s’accende, ch’è più moltiplicato. Donna, li pè se prenno e chiavellanse al lenno; onne iontur’ aprenno, 75 tutto l’ho sdenodato». «E io comenzo el corrotto: figlio, lo mio deporto, figlio, chi me t’ha morto16, figlio mio dilicato? 80 Meglio averiano fatto che ’l cor m’avesser tratto, che ne la croce è tratto, stace descilïato!»

versi 48-55. «Madonna, ecco la croce, che la gente sta portando, dove la vera luce (Cristo) deve essere sollevato». «O croce, e tu che cosa farai? Mi prenderai (torrai) mio figlio? Di che cosa accuserai (ponirai)  chi non ha  in  sé alcun pecca-to?».13. l’aduce: l’ è pleonastico.14. ove ... levato:  concorda a  senso  con Cristo e non con il soggetto grammaticale, la vera luce.

versi 56-63. «Soccorrilo, piena di dolo-

re  (doglia),  perché  stanno  spogliando tuo  figlio:  pare  che  la  gente  voglia  che sia  ammazzato  (martirizzato)!».  «Se  gli togliete  i  vestiti,  lasciatemelo  vedere, come  le  crudeli  ferite  l’hanno  tutto  in-sanguinato!».

versi 64-75. «Donna,  gli  si  prende  la mano, e la si stende sulla (ennella) cro-ce; con un chiodo (bollon) l’hanno spac-cata (fesa), tanto glielo hanno conficca-to (lo ci ho ficcato). Gli si prende l’altra mano, e la si stende sulla croce, e il dolo-

re brucia (s’accende), perché è raddop-piato (moltiplicato). Donna, i piedi ven-gono  presi  e  sono  inchiodati  al  legno (chiavellanse al lenno);  aprendo  ogni giuntura (iontur’), tutto l’hanno slogato (sdenodato)».15. fesa:  dal  verbo  “fendere”,  qui  anche nel senso di “penetrare”.

versi 76-83. «E  io  comincio  il  lamento (corrotto):  figlio,  mia  consolazione  (de-porto),  figlio,  chi  ti  ha  ucciso,  figlio mio tenero e bello (dilicato)? Meglio avrebbe-ro (averiano) fatto a strapparmi (tratto) il cuore, che sulla croce è trascinato (tratto) e lì sta straziato (descilïato)!».16. chi ... morto: si noti l’intensa parteci-pazione affettiva espressa dal me, mi, a me.

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«Mamma, ove si’ venuta? 85 Mortal me dài feruta, ca ’l tuo planger me stuta17, che ’l veio sì afferrato». «Figlio, che m’aio anvito, figlio, pate18 e marito! 90 Figlio, chi t’ha ferito? Figlio, chi t’ha spogliato?» «Mamma, perché te lagni? Voglio che tu remagni, che serve ei mei compagni, 95 ch’al mondo aio acquistato19». «Figlio, questo non dire: voglio teco morire; non me voglio partire fin che mo m’esce ’l fiato20. 100 C’una aiam sepoltura21, figlio de mamma scura: trovarse en afrantura mate e figlio affocato22!» «Mamma col core afflitto, 105 entro le man te metto de Ioanne, mio eletto: sia tuo figlio appellato. Ioanni, èsto23 mia mate: tollela en caritate, 110 aggine pïetate, ca’l cor sì ha furato».

versi 84-91. «Mamma,  dove  sei  venu-ta? Mi dai una ferita mortale poiché il tuo pianto mi  uccide  (stuta),  che  lo  vedo  (’l

veio) così angoscioso (afferrato)». «Figlio, ne  ho  ben motivo  (m’aio anvito),  figlio, padre e marito! Figlio, chi ti ha ferito? Fi-

glio, chi ti ha spogliato?».17. stuta: dal francese tuer.18. pate: latinismo. Cristo non è solo il fi-glio di Maria ma è anche Dio, oltre ad es-sere marito, in quanto amore, che provie-ne  dallo  Spirito  Santo  (vengono  così riunite le persone della Trinità divina).

versi 92-103. «Mamma,  perché  ti  la-menti (lagni)? Voglio che tu resti (in vita), che sia utile ai (ei) miei compagni, che ho acquistato per il (al) mondo». «Figlio, non dire ciò: voglio morire con te (teco); non voglio andarmene fino a quando avrò fia-to. Così avremo almeno una sola sepoltu-ra,  figlio  di  mamma  sventurata  (scura): che madre e figlio soffocato siano nel fon-do della prostrazione!».19. che serve ... acquistato:  i  compagni che Cristo ha reclutato per la salvezza del mondo;  ei:  «forma  arcaica  dell’articolo» (Contini).20. fin che ... fiato: cioè sino alla morte.21. C’una ... sepoltura: è  forma ottativa, che esprime desiderio.22. trovarse ... affocato: «infinitiva a mo-do di  apposizione»  (Contini).  Solo  la  co-mune sepoltura  sembra poter  recare un qualche sollievo a tanta disperazione.

versi 104-111. «Mamma, dal cuore afflit-to, ti affido (entro … metto) a Giovanni (Io-anne),  il mio discepolo prediletto (eletto): sia  chiamato  tuo  figlio.  Giovanni,  ecco (èsto)  mia  madre  (mate):  prendila  per amore filiale (caritate), abbine (aggine) pie-tà, perché ha il cuore così trafitto (furato)».23. èsto: ancora in uso nel dialetto umbro.

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«Figlio, l’alma t’è ’scita, figlio de la smarrita24, figlio de la sparita, 115 figlio attossecato25! Figlio bianco e vermiglio26, figlio senza simiglio, figlio, a chi m’apiglio? Figlio, pur m’hai lassato27! 120 Figlio bianco e biondo, figlio volto iocondo, figlio, per che t’ha ’l mondo, figlio, così sprezzato? Figlio dolze e placente, 125 figlio de la dolente, figlio, hatte la gente malamente trattato! Ioanni, figlio novello, mort’è tuo fratello; 130 ora sento ’l coltello che fo profitizzato28. Che moga figlio e mate d’una morte afferrate: trovarse abraccecate 135 mate e figlio impiccato29».

versi 112-119. «Figlio, l’anima (alma) ti è uscita (t’è ’scita) (dal corpo), figlio della smarrita, figlio della distrutta (sparita), fi-glio a cui è stato fatto bere del tossico (at-tossecato;  sostanza  amara  e  velenosa)! Figlio bianco e rosso (vermiglio), figlio che 

non assomigli a nessun altro (senza simi-glio),  figlio  a  chi mi  appoggio? Figlio, mi hai per sempre (pur) lasciato!24. smarrita: sostantivo, per indicare Ma-ria (smarrita, perché ha perso ogni ragio-ne di vivere, mentre sparita, nel verso che 

segue,  significherà  distrutta,  annichilita, in un crescendo che sottolinea gli effetti di un dolore insostenibile).25. attossecato: è detto in senso figurati-vo, in quanto Cristo si è addossato, per re-dimerli, i peccati e le ingiustizie del mon-do. Ma allude anche a un episodio preciso della  Passione,  quando un  soldato passa sulle labbra di Gesù una spugna imbevuta d’aceto (vedi Matteo, XXVII, 48).26. vermiglio:  più  che  alla  carnagione,  il termine  sembra  alludere  al  sangue,  assu-mendo un valore simbolico (anche in oppo-sizione al bianco, simbolo della purezza).27. pur ... lassato: è detto con tono di do-lorosa partecipazione.

versi 120-127. Figlio  bianco  e  biondo, figlio dal volto lieto (iocondo), figlio, per-ché il mondo ti ha, o figlio, così disprezza-to  (sprezzato)?  Figlio  dolce  e  bello  (pla-cente),  figlio  della  addolorata  (dolente), figlio la gente ti ha (hatte) maltrattato!

versi 128-135.  Giovanni,  nuovo  figlio, tuo  fratello è morto; ora  sento  (la  ferita del) coltello che fu profetizzato. Che muo-iano (moga) figlio e madre, portati via (af-ferrate) da una sola morte: che madre e figlio appeso si trovino abbracciati».28. profitizzato:  allude  alla  profezia  di  Si-meone a Maria, nel Vangelo di Luca (II, 35).29. trovarse ... impiccato: «altra infinitiva per apposizione» (Contini).

Analisi del testo Il dialogo polifonico. È l’esempio più antico e famoso di lauda drammatica, costruita interamente sotto forma di dialogo (tra Gesù, Maria, gli ebrei e il Nunzio, che è forse san Giovanni), in dialetto umbro con qualche latinismo (ad esempio «Accurre»). Tale forma dialogica prelude a quello che nei secoli XIV e XV sarà la prima forma teatrale moderna: la sacra rappresentazione, eseguita in genere nelle piazze e negli spazi davanti alle chiese.Il carattere polifonico, di poesia a più voci, è strettamente associato a una concitazione narrativa che esprime i sentimenti drammatici e contrastanti da cui la scena è domina-ta: stupore, dolore, odio, amore. Fino a distendersi, nell’ultima e più lunga battuta pronunciata da Maria, in una sofferta e quasi ininterrotta invocazione, dove si sommano il più tenero affetto e il dolore più straziante. La continuità della sequenza è affidata all’accorgimento retorico dell’anafora, in parti-colare alla ripresa, ad inizio di ogni verso, della medesima parola «figlio» (che si colle-ga, a sua volta, al motivo dei versi 40 e ss. e 77 e ss.).

La lauda drammatica

Drammaticità e tensione narrativa

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Altri accorgimenti retorici presenti in queste strofe, come le interrogative e le esclama-tive, riguardano più in generale l’intero componimento, contribuendo a conferirgli il suo peculiare aspetto drammatico e dinamico, con frequenti mutamenti del punto di vista e scarti di prospettiva. Analoga, in questo senso, la funzione delle numerose invo-cazioni, spesso unite agli imperativi con intonazione di comando o di preghiera.

I personaggi. All’interno della lauda particolare rilievo assume il personaggio di Ma-ria, rappresentata essenzialmente nella sua umanità di madre. La Madonna appare come una donna disperata per la vicenda del figlio, la cui condanna e morte le sono del tutto incomprensibili, dal momento che Cristo «non fece follia», «a torto è accusato», «non ha en sé peccato». La madre vede il proprio figlio «martirizzato», «ensanguinato», «ne la croce tratto» e vuole allora morire con lui, salendo sulla stessa croce. La sua disperazio-ne prorompe nel famoso «corrotto» (lamento funebre), nel quale con i più dolci appella-tivi si rivolge alla sua creatura che non è riuscita a sottrarre al martirio. La Madonna non coglie nella morte del figlio l’esperienza necessaria per la redenzione dell’umanità dal peccato originale, ma solo l’aspetto terreno di terribile sofferenza.Anche Cristo rivela attenzioni da figlio per la propria madre terrena, che affida alle cure amorevoli di Giovanni, esortandola a restare in vita per servire i «compagni, ch’al mon-do» ha «acquistato», ma c’è in Cristo quella consapevolezza della sua missione salvifi-ca che manca alla semplice donna del popolo.Compito del Nunzio è quello di riferire alla Madonna tutto quanto avviene intorno alla croce; svolge con scrupolo il suo compito di cronista, non risparmiando alla madre nes-suna delle torture inflitte al figlio e senza una sua partecipazione emotiva al dramma.Due soli sono gli interventi del popolo presente alla scena ed entrambi con la funzione di affermare che in nome della legge Cristo dev’essere condannato.È evidente da queste osservazioni che l’alta materia della Passione dal piano teologico è scesa a quello umano e spettacolarizzato: questo consente al pubblico, a cui è desti-nata la lauda, di identificarsi nel dramma della madre e del figlio e di parteciparvi.Iacopone nel descrivere la Passione di Cristo segue fedelmente i testi sacri della tradi-zione cristiana (le Sacre Scritture ed i Vangeli); inoltre la drammaticità che permea la sua opera è analoga a quella presente in alcune opere dell’arte figurativa contempora-nea, come dimostra l’osservazione, ad esempio, della Crocifissione di Cimabue, conser-vata nella basilica di San Francesco ad Assisi.

Maria

Cristo

Il Nunzio

Il popolo

La Passione

Le fonti

CoMPrEnSIonE1. Riassumi le parti pronunciate dal Nunzio e spiega qual è la sua funzione all’interno dell’azione drammatica.

AnALISI2. Rintraccia e descrivi all’interno della lauda le due parti principali da cui è costituita: la descrizione della Passione e il lamento di Maria.3. Completa la seguente tabella con le varie fasi della Passione di Cristo.

Versi Fase Voci narranti

1-11 cattura di Gesù Nunzio, Maria

4. Quale personaggio può essere considerato l’effettivo protagonista della lauda? Motiva la tua risposta.

ATTIVITà SuL TESTo

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InTErPrETAZIonE CoMPLESSIVA E APProFondIMEnTI5. Il tema della Passione di Cristo trova ampia diffusione nel corso del Medio Evo e ispira molti celebri capo-lavori artistici e letterari, che tuttavia si differenziano tra loro per il diverso risalto assegnato al duplice aspet-to umano e divino del martirio di Gesù. Individua quale delle due dimensioni è maggiormente evidenziata da Iacopone, sfruttando tutti gli elementi che il testo può fornire e tentando di spiegare le ragioni di questa scelta da parte dell’autore.6. riflessione personale | La vicenda umana di Gesù Cristo colpisce l’immaginario di ciascuno di noi anche perché rappresenta  il caso emblematico di un’ingiustizia consumata ai danni di un  innocente. Ti viene  in mente un altro episodio simile (per esperienza personale o per averla conosciuta attraverso la letteratura o il cinema) che faccia riferimento a una situazione analoga?

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