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IL DIRITTO DI ASILO status di rifugiato-prote zione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale SEMINARI DI DIRITTO DELLIMMIGRAZIONE TRENTO- 29 OTTOBRE 2010 Claudia Pretto IL DIRITTO DI ASILO IL DIRITTO DI ASILO PROTEZIONE PROTEZIONE INTERNAZIONALE INTERNAZIONALE: STATUS STATUS DI DI RIFUGIATO RIFUGIATO- -PROTEZIONE PROTEZIONE SUSSIDIARIA SUSSIDIARIA- - PROTEZIONE PROTEZIONE UMANITARIA UMANITARIA ; ASILO ASILO COSTITUZIONALE COSTITUZIONALE Questo intervento è volto ad analizzare, in forma schematica e riassuntiva, senza alcuna  presunzione di esaustività, il sistema di norme che disciplinano la protezione del cittadino  straniero che si trovi ad esercitare il diritto di asilo nell’ordinamento italiano. Il diritto di asilo nell’ordinamento italiano si esplica in un sistema multilivello dallo Jus Cogens ripreso  poi dal divieto di respingimento dell’art 33 della Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato, al diritto internazionale convenzionale, passando per il Trattato di Lisbona, le direttive comunitarie fino all’art 10 comma 3 della Costituzione italiana.  Il diritto di asilo nell’ordinamento italiano ha sofferto di un deficit normativo che è stato solo recentemente colmato con i decreti legislativi 251 del 2007 e 25 del 2008 modificato da l d.lgs 159/2008 i quali hanno dato attuazione delle direttive comunitarie: la 2004/83/CE ( nota come dirett iva qualifiche ) e la diret tiva 2005/85/C E, (nota come direttiv a proc edure ), le quali costituiscono, con al direttiva 2001/55/CE ( direttiva protezione temporanea) a formare l’impianto del sistema europeo comune di asilo.  L’attuale analisi della prassi come verrà dimostrato di seguito dimostra come l’ampiezza che la giurisprudenza aveva attribuito al diritto di asilo, fino alla attuazione delle direttive europee 2003/84/CE e 2005/85/CE, lasciava senza alcun dubbio maggiori margini di libertà nell’esercizio del diritto di asilo costituzionale, ad esempio ai prefetti o ai giudici aditi di poter decidere per la permanenza del richiedente asilo nel territorio italiano in virtù dell’oggetto  stesso del ricorso e cioè la possibilità di permanere nel territorio italiano .  Il comma 3 articolo 10 è una disposizione che necessita di una legge ordinaria per essere disciplinata nello specifico ha da sempre impedito una concreta applicazione del comma 3 art. 10 Costituzione italiana, il Legislatore italiano infatti, non ha mai esplicitamente posto in essere una norma ordinaria e pertanto l’azionabilità di detto comma è stata esercitata sempre  per mezzo di un atto di citazione e cioè di una istanza aperta al giudice sulla base di una disposizione costituzionale .  Il legislatore italiano infatti, non aveva mai espressamente distinto fra diritto di asilo e status di rifugiato .  Il concetto di asilo politico costituzionale è stato lasciato inevaso da parte del legislatore italiano, pertanto si è dovuto ricorrere alla legge di attuazione della Convenzione di Ginevra del 1951 come riferimento legislativo ordinario interno. Nel diritto di asilo costituzionale non ess end o inf att i richiesto l’e lem ento del la per sec uzi one come invece è richiesto nel la Convenzione di Ginevra .  Il diritto di asilo costituzionale nell’ordinamento italiano ha, come detto, una portata più ampia rispetto al riconoscimento dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra  Lo ius comune internazionale in materia di asilo è successivo rispetto al diritto di asilo costituzionale e oltre ad essere tardivo è molto più cauto nella tutela dei diritti, inoltre è bene  sottolineare come la Convenzione di Ginevra si limiti a regolare l’istituto dello status di rifugiato e non il diritto di asilo soggettivo così come sancito dal comma 2 dell’articolo 10 della Costituzione italiana e cioè mentre il diritto internazionale si concentra sull’obbligo dello Stato a verificare il fondato timore o la persecuzione per motivi di razza, ecc… il  costituente italiano sposta la prospettiva guardando la natura del diritto di asilo come diritto del singolo, dell’individuo e non solo come mero obbligo dello Stato.  In questa diversa natura ontologica fra diritto soggettivo da un lato e dovere dello Stato dall’altro si è giocata fino alla attuazione delle direttive europee nell’ordinamento italiano la continua partita fra da un alto la possibilità di azionare in modo diverso entrambi e dall’altro la coinc idenz a fra i due diritti nella natur a ontolo gica dello status di rifugiato, cancel lando  pertanto la natura precettiva del comma 3 articolo 10 della Costituzione italiana.  Nell’ordinamento italiano, indipendentemente dalla presenza della persecuzione o del fondato timore della stessa per i motivi individuati dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra ed indipendentemente dall’art 33 della convenzione stessa, il diritto di asilo dovrebbe pertanto essere inteso come diritto a presentare istanza di asilo fintanto ché venga verificato che nel  paese di origine non sia possibile esercitare uno di quei diritti tutelati dalla costituzione 1

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IL DIRITTO DI ASILO

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IL DIRITTO DI ASILOIL DIRITTO DI ASILO

PROTEZIONEPROTEZIONE INTERNAZIONALEINTERNAZIONALE:: STATUSSTATUS DIDI RIFUGIATORIFUGIATO--PROTEZIONEPROTEZIONE SUSSIDIARIASUSSIDIARIA-- PROTEZIONEPROTEZIONE 

UMANITARIAUMANITARIA ;; ASILOASILO COSTITUZIONALECOSTITUZIONALE

Questo intervento è volto ad analizzare, in forma schematica e riassuntiva, senza alcuna presunzione di esaustività, il sistema di norme che disciplinano la protezione del cittadino straniero che si trovi ad esercitare il diritto di asilo nell’ordinamento italiano. Il diritto diasilo nell’ordinamento italiano si esplica in un sistema multilivello dallo Jus Cogens ripreso poi dal divieto di respingimento dell’art 33 della Convenzione di Ginevra relativa allo statusdi rifugiato, al diritto internazionale convenzionale, passando per il Trattato di Lisbona, ledirettive comunitarie fino all’art 10 comma 3 della Costituzione italiana. Il diritto di asilo nell’ordinamento italiano ha sofferto di un deficit normativo che è stato solorecentemente colmato con i decreti legislativi 251 del 2007 e 25 del 2008 modificato dal d.lgs159/2008 i quali hanno dato attuazione delle direttive comunitarie: la 2004/83/CE ( nota comedirettiva qualifiche) e la direttiva 2005/85/CE, (nota come direttiva procedure), le qualicostituiscono, con al direttiva 2001/55/CE ( direttiva protezione temporanea) a formarel’impianto del sistema europeo comune di asilo.

 L’attuale analisi della prassi come verrà dimostrato di seguito dimostra come l’ampiezza chela giurisprudenza aveva attribuito al diritto di asilo, fino alla attuazione delle direttiveeuropee 2003/84/CE e 2005/85/CE, lasciava senza alcun dubbio maggiori margini di libertànell’esercizio del diritto di asilo costituzionale, ad esempio ai prefetti o ai giudici aditi di poter decidere per la permanenza del richiedente asilo nel territorio italiano in virtù dell’oggetto stesso del ricorso e cioè la possibilità di permanere nel territorio italiano . Il comma 3 articolo 10 è una disposizione che necessita di una legge ordinaria per esseredisciplinata nello specifico ha da sempre impedito una concreta applicazione del comma 3 art.10 Costituzione italiana, il Legislatore italiano infatti, non ha mai esplicitamente posto inessere una norma ordinaria e pertanto l’azionabilità di detto comma è stata esercitata sempre per mezzo di un atto di citazione e cioè di una istanza aperta al giudice sulla base di unadisposizione costituzionale . Il legislatore italiano infatti, non aveva mai espressamente distinto fra diritto di asilo e statusdi rifugiato . Il concetto di asilo politico costituzionale è stato lasciato inevaso da parte del legislatoreitaliano, pertanto si è dovuto ricorrere alla legge di attuazione della Convenzione di Ginevradel 1951 come riferimento legislativo ordinario interno. Nel diritto di asilo costituzionale nonessendo infatti richiesto l’elemento della persecuzione come invece è richiesto nellaConvenzione di Ginevra . Il diritto di asilo costituzionale nell’ordinamento italiano ha, come detto, una portata piùampia rispetto al riconoscimento dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra  Lo ius comune internazionale in materia di asilo è successivo rispetto al diritto di asilocostituzionale e oltre ad essere tardivo è molto più cauto nella tutela dei diritti, inoltre è bene  sottolineare come la Convenzione di Ginevra si limiti a regolare l’istituto dello status dirifugiato e non il diritto di asilo soggettivo così come sancito dal comma 2 dell’articolo 10

della Costituzione italiana e cioè mentre il diritto internazionale si concentra sull’obbligodello Stato a verificare il fondato timore o la persecuzione per motivi di razza, ecc… il costituente italiano sposta la prospettiva guardando la natura del diritto di asilo come dirittodel singolo, dell’individuo e non solo come mero obbligo dello Stato.  In questa diversa natura ontologica fra diritto soggettivo da un lato e dovere dello Statodall’altro si è giocata fino alla attuazione delle direttive europee nell’ordinamento italiano lacontinua partita fra da un alto la possibilità di azionare in modo diverso entrambi e dall’altrola coincidenza fra i due diritti nella natura ontologica dello status di rifugiato, cancellando pertanto la natura precettiva del comma 3 articolo 10 della Costituzione italiana. Nell’ordinamento italiano, indipendentemente dalla presenza della persecuzione o del fondatotimore della stessa per i motivi individuati dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra ed indipendentemente dall’art 33 della convenzione stessa, il diritto di asilo dovrebbe pertantoessere inteso come diritto a presentare istanza di asilo fintanto ché venga verificato che nel 

  paese di origine non sia possibile esercitare uno di quei diritti tutelati dalla costituzione

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IL DIRITTO DI ASILO

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italiana stessa. Si tratta senza alcun dubbio di una possibilità di vedersi riconosciuto il dirittodi asilo molto più ampia di quella che si ha con l’istanza dello status di rifugiato.  L’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e la comunitarizzazione delle politiche sull’immigrazione e l’asilo ai sensi dell’articolo 63 e ss TUE e della Carta di Nizza agliarticoli II-18 e II-19 sembrava aver aperto uno spiraglio per il riconoscimento di una

 protezione comunitaria del diritto di asilo che andasse oltre la Convenzione di Ginevra e desseampio respiro e fosse ben solida nella tutela dei principi che si ancorano all’articolo 6 TUE.Questa aspettativa è stata disattesa come emerge dalla attuazione nell’ordinamento italianodelle direttiva qualifiche e della direttiva procedure che danno ampia possibilità agli Statimembri di porre in essere delle norme interne e delle prassi che possono essere oggi definitein alcuni ordinamenti quali quello italiano come norme in peius . Il diritto di asilo nell’ordinamento italiano fino alla attuazione delle direttive qualifiche e procedure non aveva mai avuto una disciplina comune e una procedura completa prevista per legge sul diritto di asilo, che unisse sia il contenuto dell’articolo 10 comma 3 costituzione conla disciplina sullo status di rifugiato e ancora con il divieto di espulsione previsto dall’ articolo 19 del D.lgs 286/98 , voluto dal legislatore per dare piena attuazionenell’ordinamento italiano alla protezione prevista dall’articolo 3 CEDU  I pochi riferimenti nella legge ordinaria che disciplinavano alcuni aspetti della procedura

asilo, oltre alla legge di attuazione della Convenzione di Ginevra, la legge 722 del 1954,erano la legge 39 del 1990, il D.pr 303/2004 e la legge Bossi Fini legge 189/2002 che hamutato l’assetto della normativa italiana in materia di immigrazione ed asilo . La legge Bossi Fini infatti, già nel 2002 aveva introdotto la disposizione secondo la quale l’allontanamentonon autorizzato dai centri di identificazione viene sanzionato equiparandolo a rinuncia delladomanda di asilo. Oggi ciò è espressamente inserito dal neo decreto legislativo 159/2008 chemuta l’assetto di attuazione della direttiva europea 2005/85/CE. Si sottolinea come, lacapienza dei centri di identificazione ed espulsione, le cure e l’accoglienza dei detenuti sia spesso carente rispetto ai numeri ed ai bisogni concreti. Il problema della detenzione dei richiedenti asilo in Italia ed il loro trattenimento nei Centri diidentificazione ed espulsione nei reparti CARA ( centri accoglienza per richiedenti asilo erifugio) è necessariamente collegato alla scarsità di posti del Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugio (lo SPRAR) che registra nel 2009 su 138 progetti territoriali solo 3000 posti di fronte ai soli arrivi via mare nel 2008 che hanno registrato circa 38.000 sbarchi . La totale inadeguatezza delle risposte del Governo rispetto al reale fenomeno della migrazione  forzata viene risolta con il mutamento dell’assetto dell’accesso all’esercizio del diritto diasilo-protezione internazionale con la declamata esternalizzazione della procedura asilo, irespingimenti alla frontiera il possibile allontanamento forzato dei richiedenti asilo nel  secondo grado di giudizio ed ancora il rinvio in Libia in virtù dell’accordo Libia Italia.

***

ALCUNI SPUNTI SUL DIRITTO DI ASILO INTERNAZIONALE  

Il diritto di asilo quale diritto umano fondamentale come sancito dall’articolo 14 dellaDichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo assurge ad obbligo da parte degli Stati comediritto che nasce dal combinato disposto del divieto di respingimento dei richiedenti asilo, daldivieto di tortura e pena inumana e degradante e del divieto di essere respinti lì dove tale pena

inumana e degradante può essere posta in essere.Il diritto di asilo internazionale infatti è l’insieme di parti di diverse Convenzioni e Trattativincolati che devono essere letti alla luce della regola generale dell’interpretazione dei trattatisancita dall’articolo 31 della Convenzione di Vienna1.

1 Diritto dei Trattati, Convenzione adottata a Vienna il 23 maggio 1969Sezione 3 - INTERPRETAZIONE DEI TRATTATIArticolo 31 - Regola generale di interpretazioneUn trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire aitermini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo. Ai fini dell'interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, il preambolo e gli allegati ivi compresi:

ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso fra tutte le parti in occasione dellaconclusione del trattato;

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IL DIRITTO DI ASILO

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L’articolo 31 della Convenzione di Vienna sui Trattati del 1969 esplicitamente prevede cheogni termine di un Trattato debba essere interpretato tenendo conto del significato e delloscopo del Trattato stesso, in quanto il Trattato è espressione della volontà delle parti contraenti. La Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969 è entrata in vigore il 27 gennaio1980, tecnicamente non dovrebbe trovare applicazione alla Convenzione di Ginevra sullo

Status dei rifugiati del 1951 ed entrata in vigore il 21 aprile 1954, così come alla Convenzioneeuropea dei diritti dell’uomo del 1950 che è entrata in vigore il 3 settembre 1953, comunque èstata più volte ribadita la sua applicazione anche a trattati e convenzioni posti in essere

 precedentemente se contenenti norme ascrivibili allo Jus cogens, quali, per l’appunto, il divietodi refoulment.L’interpretazione delle disposizioni della Convenzione di Ginevra discende pertanto dallavolontà delle parti: gli Stati firmatari; tale volontà oggi è conservata indelebilmente neiTraveaux preparatoires e nel Manuale sulle procedure e sui criteri per la determinazione dellostatus di rifugiato dell’Alto Commissariato dei rifugiati2. Questi testi indicano oggi ailegislatori nazionali, agli enti chiamati a decidere sulle domane di asilo e ai giudici nazionali,comunitari e regionali, quale fu la volontà delle parti e cioè degli Stati fondatori delle NazioniUnite che stipularono la Convenzione di Ginevra stessa, le difficoltà e le discussioni cheemersero e i punti sui quali le parti contraenti concordarono fin dall’inizio, come ad esempio il

divieto di refoulment .La stessa Corte di Giustizia Internazionale ( ICJ) ha sottolineato, nel caso Gabcikovo-nagymaros Project ( Hungary/Slovakia) del 25 settembre 1997, come l’interpretazione deidiritti umani fondamentali debba promuovere l’applicazione effettiva dei diritti umani stessisenza limitarli alla mera declamazione e come nessuna corte possa supportare azioni che siano

 poste in essere contro la tutela dei diritti umani stessi, così come tutelati da un Trattato o da unaConvenzione internazionali successive, solo perché poste in essere prima della stipula deiTrattati che considerano violazioni le suddette azioni . Dunque l’interpretazione dei Trattati,così come individuata dalla Convenzione di Vienna del 1969, trova applicazione anche allaConvenzione di Ginevra sullo Status di rifugiato e, così come, come vedremo in seguito allaConvenzione europea dei diritti dell’uomo .Ai sensi dell’articolo 42 comma 1 della Convenzione di Ginevra uno Stato parte può, nelmomento della firma, ratifica o dell’accesso alla Convenzione stessa, porre in essere delleriserve rispetto alla applicazione al proprio Stato di alcuni articoli della Convenzione stessa;l’Italia, ad esempio, come diremo nei paragrafi successivi, optò per la così detta riservageografica dell’applicazione dell’articolo 1 della Convenzione stessa.Per comprendere la portata e la vincolatività del divieto di refoulment è necessario soffermarsisui lavori preparatori della Convenzione, dai quali emerge decisamente e fermamente che gliStati contraenti stabilirono il divieto di riserva per qualunque Stato parte della Convenzione diGinevra, nessuna dichiarazione politica contro tale posizione fu presa in considerazione,questa scelta unanime si pone oggi quale chiave di lettura della volontà del Legislatore dellaConvenzione stessa: il dal divieto di respingimento assoluto e vincolante.

 CONVENZIONE DI GINEVRA RELATIVA ALLO STATUS DI RIFUGIATI DEL 1951 E 

 SUCCESSIVO PROTOCOLLO DI NEW YORK DEL 1967 

ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione della conclusione del trattato eaccettato dalle parti come strumento in connessione col trattato.Si terrà conto, oltre che del contesto:di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di interpretazione del trattato odella applicazione delle sue disposizioni;di qualsiasi prassi successivamente seguita nell'applicazione del trattato attraverso la quale si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo;di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti.Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l'intenzione delle parti.2 The Refugee Convention, 1951, The Traveaux preparatoires anlysed, with a commentary by

the late Dr Paul Weis, Cambridge University, 1980. Si veda Manuale sulle procedure e suicriteri per la determinazione dello status di rifugiato reperibile dal sito www.unhcr.org

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IL DIRITTO DI ASILO

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La Convenzione relativa allo Status dei Rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 ( Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)), è entrata in vigore il 22aprile 1954, completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967,entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»). Essarappresenta oggi l’unico strumento internazionale in materia di diritto di asilo, ma, come

vedremo lo status di rifugiato è ontologicamente diverso sia per contenuto che per onere probatorio rispetto al diritto di asilo come inteso nell’art 10 comma 3 Cost italiana.La Convenzione di Ginevra, pensata per tutelare, all’indomani della seconda guerra mondialequei soggetti che sono oggetto di specifiche persecuzioni per motivi individuati in determinatecategorie: razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per lesue opinioni politiche.Per la determinazione dello status di rifugiato è necessario valutare:

•  Ratione personae

•  Ratione materiae

•  Ratione Loci 

Art. 1, sezione A, punto 2, primo comma, della Convenzione di Ginevra, il termine«rifugiato» si applica a chiunque, “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di

razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue

opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa

di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure a chiunque, non

avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a

seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.  

Art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra così recita:“La presente Convenzione non potrà applicarsi a coloro che beneficiano attualmente di

 protezione o assistenza da parte di organi o agenzie delle Nazioni Unite diversi dall’AltoCommissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati”.

Qualora questa protezione o questa assistenza, per un qualunque motivo, dovessero venire a

cessare senza che la situazione di queste persone sia stata definitivamente regolata inconformità con le risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, costoroavranno pieno diritto di usufruire del regime previsto dalla presente Convenzione».

ART 31 rifugiati in situazione irregolare nel Paese di accoglimento

I rifugiati in status di irregolarità: Gli stati contraenti non possono applicare sanzioni penali acoloro che si trovino sul loro territorio, anche se in status di irregolarità per ivi esercitare ildiritto di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra ( per tale ragione il Legislatore italianodella legge 94 del 15 luglio 2009 ha dovuto inserire nell’art 10 bis D.lgs 286/98 la disposizione

 presente al comma 6: “ Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale

di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento è sospeso. Acquisita lacomunicazione del riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo19 novembre 2007, n. 251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cuiall’articolo 5, comma 6, del presente testo unico, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere”).

ART 32_espulsione

ART 33 _DIVIETO DI RESPINGIMENTO ( NON REFOULMENT), principio ascritto

allo Jus cogens con il divieto di pena inumana e degradante sancito dall’art 3 CEDU

ART 7 _ esenzione della reciprocità

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IL DIRITTO DI ASILO

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SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010Claudia Pretto

-Patto internazionale sui diritti civili e politici, Adottato dall'Assemblea Generale il 16 

dicembre 1966. Entrato in vigore il 23 marzo 1976. Articolo 1 6 (ICCPR)

“1. Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve esser protetto dallalegge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita

2. Nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltanto per i delitti più gravi, in conformità alle leggi vigenti al momento in cui ildelitto fu commesso e purché ciò non sia in contrasto né con le disposizioni del presente Pattoné con la Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio. Tale pena

  può essere eseguita soltanto in virtù di una sentenza definitiva, resa da un tribunalecompetente.3. Quando la privazione della vita costituisce delitto di genocidio, resta inteso che nessunadisposizione di questo articolo autorizza uno Stato parte del presente Patto a derogare in alcunmodo a qualsiasi obbligo assunto in base alle norme della Convenzione per la prevenzione e la

 punizione del delitto di genocidio.4. Ogni condannato a morte ha il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena.L'amnistia, la grazia o la commutazione della pena di morte possono essere accordate in tutti icasi.

5. Una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 annie non può essere eseguita nei confronti di donne incinte6. Nessuna disposizione di questo articolo può essere invocata per ritardare o impedirel'abolizione della pena di morte ad opera di uno Stato parte del presente Patto”.

Articolo 7

“Nessuno può essere sottoposto alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani odegradanti, in particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il suo libero consenso, ad unesperimento medico o scientifico.”

-CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

 Non contempla esplicitamente il diritto di asilo, ma questo nasce dal combinato disposto didiversi articoli.

Art. 2 CEDU

Art. 3 CEDU – Proibizione della tortura

“ Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”;

Art. 5 CEDU

Art. 8 CEDU

Art. 13 CEDU – Diritto ad un ricorso effettivo

“Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati

violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando laviolazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioniufficiali”3

3 Fra tutte in questa sede per una approfondita analisi sull’art 13 CEDU e sua applicazione alla procedura asilo si rimanda a:Corte europea dei diritti dell’uomo,Terza Sezione, CHAHAL v.the U.K. 15 November 1996, Reports 1996-V; ČO KA v. BELGIUM, Application no.51564/99, decisione finale del 5 maggio 2002. Con questa decisione la corte da pienainterpretazione all’articolo 13 della Convenzione stabilendo infatti che il diritto ad un ricorsogiurisdizionale effettivo è violato quando la normativa statale non prevede l’effetto sospensivodei ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione ed estradizione. Per quanto concerne ladefinizione di rimedio effettivo (effective remedy), fra tutte si rimanda a Corte europea deidiritti dell’uomo, 40035/98;  Jabary v. Turkey dell’ 11 Luglio 2000; Corte europea dei diritti

dell’uomo, No. 25389/05 paragrafo 67, Gebremedhin v. France del 26 Aprile 2007. Per quantoconcerne la violazione dell’art 3 Cedu da parte dell’Italia fra tutti si ricorda : Corte europea dei

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IL DIRITTO DI ASILO

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SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010Claudia Pretto

Il concetto di rimedio effettivo ai sensi dell’art 13 della CEDU è chiaramente stato analizzatodalla Corte europea dei diritti dell’uomo in diverse decisioni, esso è stato ripreso dall’art 39della direttiva procedure dove però non emerge una tutela del richiedente asilo rispetto ad unrinvio nel paese di origine o nel paese terzo così detto sicuro come invece emergenell’interpretazione che la Corte EDU da dell’art 13.

***

IL SISTEMA COMUNE EUROPEO DI ASILO

Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, haconvenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basatosull’applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra (…), e di garantire intal modo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principiodi “non refoulement” (…).Per la prima volta nel 2004 presso il Consiglio europeo si inizia a parlare esplicitamente di“sistema comune europeo di asilo”4, come un sistema di norme comuni, quanto alle lineegenerali e alla determinazione dello Stato membro competente ed esclude per la prima voltaesplicitamente a livello normativo la possibilità per uno cittadino di uno Stato membro di

esercitare il diritto di asilo in un altro Stato membro, per tale ragione oggi nessun cittadinocomunitario può avvalersi della protezione internazionale, si delinea pertanto la prima clausoladi esclusione esplicita rispetto alla possibilità di essere riconosciuti rifugiati ai sensi dellaConvenzione di Ginevra e del protocollo aggiuntivo del 1967.

  LA DETERMINAZIONE DELLO STATO COMPETENTE AD ESAMINARE LA

 DOMANDA DI ASILO5

Uno dei primi ambiti disciplinati dal diritto comunitario, per quanto concerne il sistemaeuropeo comune in materia di diritto di asilo, è stato il così detto “sistema Dublino”, uninsieme di norme nate per determinare una univoca giurisdizione in materia di asilo, con loscopo di “ancorare” la domanda di un richiedente asilo ad un solo Stato membro ed evitare ilforum shopping, ma al contempo, con la conseguenza di limitare geograficamente la possibilitàdei richiedenti asilo di presentare la loro domanda di in qualsiasi Stato membro essi si trovino.

diritti dell’uomo Grande Camera,. 37201/06, Saady v. Italy del 28 Febbraio 2008.Come ricordato in dottrina in riferimento a Corte europea dei diritti dell’uomo, 43844/98, T.I.v. The United Kingdom, del 7 marzo 2000 , la Corte ha sottolineato come ogni Stato membroabbia una responsabilità individuale nell’esaminare una richiesta di asilo per aver individualmente ratificato la Convenzione di Ginevra sullo Status di rifugiato del 1951. Taleresponsabilità, non potrebbe pertanto essere trasferita ad un altro Stato senza che siaeffettivamente garantito il rispetto delle obbligazioni contenute nella Convenzione di Ginevrastessa. Pertanto la giurisprudenza della corte potrebbe trovare pienamente applicazione nellainterpretazione ed attuazione delle normative europee sull’asilo, in particolare proprio sulsistema Dublino, dove, ogni Stato membro è obbligato al pieno rispetto della normativa

internazionale citata che ha ratificato, indipendentemente dalla presunzione di competenza dialtro Stato membro nell’applicazione del sistema Dublino4Il primo esplicito riferimento è presente nel programma dell’Aja ( rafforzamento della libertà,della sicurezza e della Giustizia nell’Unione europea, in G.U.C.E 3 marzo 2005 c53 p 1) ,

 programma adottato dal Consiglio europeo del 2004 che prevede come obiettivo della cosìdetta seconda fase del regime europeo comune di materia di asilo la instaurazione di una

 procedura comune al riguardo e di uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l’asilo ola protezione sussidiaria.5Così detto sistema Dublino II, Regolamento 343/2003/CE del Consiglio del 18 febbraio2003che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paeseterzo; Regolamento 1560/20037CE della Commissione del 2 settembre 2003 recante modalitàdi applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i

meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domandad'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo

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IL DIRITTO DI ASILO

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 Nell’attuare il sistema Dublino gli Stati membri, e con loro lo stesso ordinamento comunitario,non possono esimersi dal rispetto degli obblighi che discendono in particolare dallaConvenzione europea dei diritti dell’uomo, indipendentemente dalla possibilità di dareefficacia vincolante alla definizione di “paese terzo sicuro”.Il sistema Dublino, pensato per evitare il così detto asylum shopping garantendo nel contempo

che il caso di ogni persona richiedente asilo venga trattato da un solo Stato membro evitandoche alcuni richiedenti asilo in orbita.Il Regolamento 343/2003/CE approvato dal Consiglio in data 18 febbraio 2003 e pubblicatosulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 25 febbraio 2003 mira ad individuare il piùrapidamente possibile lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo,fissando termini specifici per ciascuna fase della procedura di determinazione dello Statocompetente, esso impedisce la possibilità di domande d'asilo multiple e impone la linea delone chance nel senso che una volta avviata una procedura asilo in uno stato membro ericonosciuto in quello stato questo Stato diventa tassativamente competente non sarà, salvoalcune clausole di eccezione, consentito al richiedente asilo presentare domande di asilo in altristati membri.

-Principi generali

Un unico Stato membro è competente per l’esame di una domanda d'asilo; tuttavia, qualsiasiStato membro può decidere di esaminare una domanda d'asilo anche se tale esame non glicompete in base ai criteri del regolamento. Lo stato competente non è quello scelto dalrichiedente (art 3).

Se l'analisi dei criteri del regolamento designa un altro Stato membro come Stato competente,questo viene invitato ad occuparsi del richiedente asilo per quanto riguarda l'esame della suadomanda. Nell'ipotesi nella quale lo Stato membro sollecitato riconosca la sua competenza, il

 primo Stato membro è tenuto a garantire il trasferimento del richiedente asilo. In questo sensola responsabilità del trasferimento è in capo al primo Stato il quale non dovrebbe notificare alrichiedente asilo un provvedimento in lingua a lui comprensibile, rispetto al quale deve essergligarantito il diritto ad un rimedio effettivo ( ricorso effettivo = rimedio effettivo).

-Tutela dei Minori

 Nel caso di minori si deve sottolineare che situazione del minore è indissociabile da quella delgenitore o del tutore che ha presentato la domanda d'asilo.Applicazione tutela del richiedente asilo nel procedimento amministrativo, il richiedente asilo

deve essere informato in una lingua a lui comprensibile del contenuto dell’applicazione delregolamento

-Avvio del procedimento Dublino II

Art 4: procedimento si avvia alla presentazione della domanda attraverso un verbale redattodalle autorità ( immediatamente dovrebbe scattare la verifica della competenza, senza alcunindugio) E’ un procedimento amministrativo nell’ordinamento italiano pertanto devono essereapplicate tutte le garanzie del procedimento amministrativo, compreso il diritto di accesso agliatti e la visione del proprio fascicolo.

-Gerarchia dei criteri (art 5)

I criteri enunciati nel regolamento devono essere applicati nell'ordine di presentazione. Essisono applicati sulla base della situazione esistente quando il richiedente asilo ha presentato lasua domanda a uno Stato membro.

a)criteri relativi al principio dell'unità del nucleo familiare ( art 6-7-8)

Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato, è competente per l'esame della domandadi asilo lo Stato membro nel quale si trova legalmente un suo familiare, purché ciò sia nelmigliore interesse del minore. In mancanza di un familiare, è competente lo Stato membro incui il minore ha presentato la domanda d'asilo.Se un familiare del richiedente risiede già in qualità di rifugiato in uno Stato membro, dettoStato membro è competente per l’esame della sua domanda d'asilo, sempre che l'interessato lo

desideri. Se un familiare di un richiedente asilo ha presentato in uno Stato membro una

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domanda sulla quale non è ancora stata presa una prima decisione, l'esame della domandad'asilo compete a detto Stato membro, sempre che l'interessato lo desideri.

Il regolamento prevede inoltre un criterio per le domande d'asilo presentate simultaneamente oin date ravvicinate da diversi familiari per un esame congiunto.

Tutela della volontà degli interessati nel nucleo familiare in caso di presentazione di domandeda parte di familiari non ancora decise ( art 8)

b)criteri relativi al rilascio di permessi di soggiorno o visti ( art 9)

Lo Stato membro che ha rilasciato al richiedente asilo un permesso di soggiorno o un vistovalido è competente per l’esame della domanda d'asilo. Se il richiedente è titolare di più

 permessi o visti, è considerato competente, ai fini dell’esame, lo Stato che:

-ha rilasciato il documento di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se lavalidità temporale è identica, lo Stato che ha rilasciato il documento di soggiorno la cuiscadenza è più lontana. La stessa regola si applica nel caso di più visti di natura diversa;

-ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura.

La stessa regola vale quando il richiedente asilo è titolare di uno o più titoli di soggiornoscaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi e non abbialasciato i territori degli Stati membri. In questi casi, è competente lo Stato membro in cui èstata presentata la domanda.

c)criteri relativi all'ingresso o al soggiorno illegali in uno Stato membro ( art 10)

Se il richiedente asilo ha varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro, quest'ultimo ècompetente per l’esame della sua domanda di asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi

dopo la data di attraversamento irregolare della frontiera.

Dispensa da visto (art 11)

Quando è accertato che il richiedente asilo ha soggiornato per un periodo continuato di

almeno 5 mesi in uno Stato membro prima di presentare la domanda d'asilo, detto Stato

membro è competente per l'esame della domanda d'asilo. Se il richiedente asilo ha

soggiornato per un periodo di almeno 5 mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui

ciò si è verificato per l'ultima volta è competente per l'esame della domanda d'asilo .

d)criteri relativi all'ingresso legale in uno Stato membro

Se un cittadino di un paese terzo richiede asilo in uno Stato membro in cui non è sottopostoall'obbligo di visto, l'esame della domanda d'asilo compete a tale Stato membro.

e)domanda presentata in una zona internazionale di transito di un aeroporto ( art. 12)

Quando la domanda d'asilo è presentata in una zona internazionale di transito di un aeroportodi uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda.

f)"criterio generale" applicabile quando nessuno Stato membro può essere designato

competente per l’esame della domanda d’asilo sulla base dei criteri enumerati. In tali

casi, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Clausola umanitaria ( art. 15 )

Qualsiasi Stato membro può, pur non essendo competente in applicazione dei criteri vincolantidefiniti dal presente regolamento, accettare di esaminare una domanda d’asilo per ragioniumanitarie, fondate in parte su motivi familiari o culturali (a condizione che le personeinteressate vi acconsentano).

Obbligo dello Stato prendere o riprendere a carico un richiedente asilo ( onde evitare i

così detti rifugiati in orbita) ( art. 16)

Se uno Stato membro ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame di unadomanda d'asilo, esso può interpellare tale Stato membro affinché prenda a carico la domanda.

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Lo Stato membro competente per la domanda d'asilo è tenuto ad assolvere alcuni obblighi, in particolare l'obbligo di prendere o riprendere a carico il richiedente e di portare a terminel'esame della sua domanda.La domanda di presa o ripresa a carico dovrà indicare ogni elemento che permette allo Statorichiesto di determinare se è effettivamente competente ( spesso nei provvedimenti italiani ciò

non è specificato). Quando lo Stato richiesto accetta di prendere a carico o riprendere a caricoil richiedente asilo, lo Stato nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica alrichiedente asilo una decisione motivata relativa all’inammissibilità della sua domanda in taleStato membro indicando l'obbligo di trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membrocompetente; contro tale decisione può essere esperito un ricorso che non ha effetto sospensivo,a meno che il giudice o l'organo giurisdizionale competente non decida altrimenti caso per caso, se la legislazione nazionale lo consente.N.B “Casi Dublino di ritorno”

-A uno Stato membro che abbia già esaminato o iniziato ad esaminare una domanda di asilo può essere richiesto di rioccuparsi del richiedente asilo che si trovi in un altro Stato membrosenza averne il permesso. In tal caso, lo Stato membro responsabile in cui è trasferito ilrichiedente dovrà ultimare l'esame della domanda. Si sottolinea come non ci siano ad oggi datiufficiali sui così detti casi Dublino e cioè su quei richiedenti asilo che, trasferitisi prima della

conclusione della procedura asilo in altro Stato membro siano rinviati nel primo se non hannotitolo per stare nel secondo Stato membro. Il caso più grave noto e riportato dallagiurisprudenza italiana così come dalla Corte di Strasburgo attraverso l’accoglimento dimolteplici misure ad interim ( articolo 39 Regolamento CEDU) è quello dei Dublinati afganiche sono stati rinviati verso la Grecia (Tar Puglia 14 Maggio 2008; Mirzai C. Italie 19novembre 2008;

Il regolamento stabilisce una serie di modalità pratiche relative alla presa o alla ripresa incarico del richiedente (scadenze per la presentazione e l'evasione delle richieste e per l'esecuzione dei trasferimenti, verifiche necessarie, notifiche delle decisioni, ecc.). Qualora unoStato membro non rispetti i rigidi termini stabiliti dal regolamento, si ritiene che abbiaimplicitamente accettato la propria competenza nei confronti della persona interessata.

Stato membro individuato come competente ( art 18)

Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie, in particolare nei suoi archivi, edeliberà sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla datain cui ha ricevuto la richiesta.

 Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domandad'asilo sono utilizzati elementi di prova e prove indiziarie.In mancanza di prove formali, lo Stato membro richiesto si dichiara competente se le proveindiziarie sono coerenti, verificabili e sufficientemente particolareggiate per stabilire lacompetenza.

Notifica provvedimento, trasferimento e istanza di riesame o ricorso (Art. 19)

n.b nell’ordinamento italiano è possibile presentare istanza di riesame presso ilDipartimento libertà civili e immigrazione … sezione Dublino e, entro 60, giorni

depositare ricorso al TAR Lazio ( competente foro erariale). L’effetto sospensivo deve

essere espressamene richiesto in conformità con l’art 13 CEDU.

In caso di mancanza di tempo per esercitare l’autotutela o depositare il ricorso attivare la

corte EDU inviando fax alla Corte di Strasburgo ai sensi dell’art 39 CEDU, misure ad

interim con prove contrarie o con documenti rispetto ad una possibile violazione di uno

degli art CEDU citati. Indicando data e luogo del trasferimento, meglio far firmare il

richiedente asilo e corredare da documenti personali Sul concetto di paese membro sicuro

e dunque sul

La sentenza del TAR Puglia n. 1870 del 14/05/08, depositata il 24/06/08, offre

un’interessante ed innovativa lettura del Regolamento comunitario n. 343/03 (c.d.

Regolamento di Dublino,modificante l’omonima Convenzione), in particolar mododell’art. 10, comma I. Questa norma prevede che: “quando è accertato, sulla base degli 

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elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18,

 paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento (CE) n. 2725/2000, che il 

richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza

da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è

competente per l’esame della domanda d’asilo”.

1. Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Statomembro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisionedi non esaminare la domanda e l'obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Statomembro competente.La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativiall'esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo ealla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membrocompetente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Ilricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell'esecuzione deltrasferimento a meno che il giudice o l'organo giurisdizionale competente non decida in talsenso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.

Cooperazione amministrativa6 

Laddove sia necessario per finalità specifiche, quali la determinazione dello Stato membrocompetente o l'esame di una domanda d'asilo, gli Stati membri posso scambiarsi i dati dicarattere personale riguardanti i richiedenti asilo, nel rispetto di rigorose regole di protezionedei dati.

Le ragioni addotte dal richiedente a giustificazione della domanda d’asilo sono scambiatesoltanto se strettamente necessario e solo se l'interessato vi acconsente.

Le richieste di informazione devono essere motivate. Lo Stato membro che trasmette i datine deve garantire l’esattezza e l’aggiornamento. Il richiedente ha diritto di conoscere i datitrattati che lo riguardano e di ottenerne la rettifica, la cancellazione o il congelamento in casodi violazione del presente regolamento o della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e delConsiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla protezione delle persone per quanto riguarda iltrattamento dei dati personali e la libera circolazione degli stessi.

Tutte le richieste, risposte e comunicazioni scritte in applicazione del regolamento sarannoinviate tramite la rete di comunicazione elettronica "DublinNet".

Diritto ad un rimedio effettivo

Applicazione in combinato disposto dell’art 13 Cedu con l’art 39 Direttiva Procedure2005/85/CE ( art 47 carta di Nizza oggi partee Trattato di Lisbona)

6 Sul fallimento del sistema Dublino quale violazione dei diritti dei richiedenti asilo si rimandaa A. Mascia del 24 settembre 2010 http://antonellamascia.wordpress.com/2010/09/24/il-%E2%80%9Cregolamento-di dublino%E2%80%9D-pregiudica-i-diritti-dei-rifugiati: “ Ai sensi

del sistema di Dublino, la responsabilità dell’esame delle domande di asilo spetta agli Statimembri situati lungo i confini dell’Ue, attraverso i quali entrano in Europa la maggior partedei richiedenti asilo. Nella pratica, tale sistema non funziona. Paesi come la Grecia e Malta, in questi ultimi anninon sono stati assolutamente in grado di fornire un’adeguata protezione ai richiedenti asilo, poiché il loro numero ha superato di gran lunga le loro capacità di accoglienza. È una situazione ingiusta, che può persino, in casi estremi, mettere in pericolo delle vite umane. È veramente giunto il momento di rivedere il Regolamento di Dublino.Tale regolamento non mira a garantire che la responsabilità dell’accoglienza dei richiedentiasilo sia condivisa tra gli Stati membri dell’Ue. Né garantisce che i richiedenti asilo abbianoaccesso a procedure di asilo adeguate. È basato sull’errato presupposto che i sistemi di asilonazionali in Europa offrano tutti norme elevate di protezione delle persone che cercano di sfuggire alle violenze e alle persecuzioni.

Tale sistema non funziona, e i rifugiati ne subiscono le conseguenze.

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 IL SISTEMA EURODAC 

Regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce

l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della

convenzione di Dublino.( GU L 316 del 15.12.2000).

Il sistema Eurodac  permette agli Stati membri di identificare i richiedenti asilo e le personefermate mentre varcano irregolarmente una frontiera esterna rispetto allo Spazio Schengen.Confrontando le impronte digitali dei soggetti fermati, gli Stati membri possono verificare seun richiedente asilo o un cittadino straniero, che si trova illegalmente sul suo territorio, ha già

  presentato una domanda in un altro Stato membro o se un richiedente asilo è entratoirregolarmente nel territorio dell'Unione. Tale sistema è stato ideato dagli Stati membri per evitare il così detto forum shopping delle richieste di asilo, ha delimitato pertanto la possibilitàdi presentare molteplici domande di asilo da parte di stessi richiedenti asilo in diversi Statimembri. Esso coincide pienamente con la volontà più volte espressa da parte degli Statimembri stessi di costituire un sistema europeo comune di asilo.

Oltre alle impronte digitali, i dati trasmessi dagli Stati membri indicano lo Stato membrod'origine, il luogo e la data dell'eventuale domanda d'asilo, il sesso, un numerod'identificazione, nonché la data in cui sono state prese le impronte digitali e la data in cui sonostati trasmessi i dati all'unità centrale. Le impronte sono rilevate per ogni persona di più di 14anni e codificate nella base di dati direttamente dall'unità centrale.

Per i richiedenti asilo, i dati sono conservati per dieci anni, salvo se l'interessato ottiene lacittadinanza di uno degli Stati membri; in tal caso gli elementi che lo riguardano devono essereimmediatamente cancellati non appena ottenuta la cittadinanza. Per i cittadini stranieri fermatiin occasione dell'attraversamento irregolare di una frontiera esterna, sono conservati per dueanni a decorrere dalla data alla quale le impronte digitali sono state rilevate.

Essi vengono invece cancellati immediatamente, prima dello scadere dei due anni

 

, se lostraniero:

• ottiene un permesso di soggiorno;• ha lasciato il territorio degli Stati membri;• ha acquisito la cittadinanza di uno Stato membro.

Per i cittadini stranieri che si trovano illegalmente sul territorio di uno Stato membro, Eurodac permette soltanto il confronto delle impronte con quelle contenute nella base di dati centrale  per verificare se l'interessato non abbia presentato una domanda d'asilo in un altro Statomembro. Queste impronte, una volta trasmesse per il confronto, non vengono più conservate daEurodac.

Per quanto riguarda la protezione dei dati a carattere personale, gli Stati membri d’originedevono garantire che le impronte siano rilevate nel rispetto della legalità e che, sempre nelrispetto della legalità, avvengano tutte le operazioni relative all’utilizzo, la trasmissione, laconservazione o la cancellazione dei dati stessi. La Commissione verifica la correttaapplicazione del presente regolamento all’interno dell’unità centrale e adotta tutte le misurenecessarie per garantire la sicurezza dell’unità centrale. Oltre a ciò, essa deve informare ilParlamento europeo e il Consiglio in merito alle misure adottate. Le persone e gli Stati membriche hanno subito danni in conseguenza di un trattamento illecito di dati o di una verifica diun’azione incompatibile con le disposizioni del presente regolamento hanno diritto di ottenereun risarcimento dallo Stato membro responsabile del pregiudizio. In ogni caso, uno Statomembro è esonerato in tutto o in parte da tale responsabilità se prova che l'evento dannoso nongli è imputabile.

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Oltre alle autorità nazionali di controllo, era stata istituita dal regolamento un'autorità dicontrollo comune indipendente. Tuttavia, quest'ultima è stata sostituita dal Controllore europeo

 per la protezione dei dati (CEPD) che è un'autorità di controllo indipendente tenuta a verificareil rispetto dei diritti delle persone rientranti nel sistema Eurodac, così come previstodall'articolo 286, paragrafo 2, del trattato CE.

Il regolamento 2725/2000 si applica ai territori ai quali è applicabile il regolamento "DublinoII", vale a dire a tutti gli Stati membri, nonché all'Islanda, alla Norvegia e alla Svizzera ( questaultima applica Dublino II a far data dal dicembre 2008)

Direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme minime

sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di

persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul

contenuto della protezione riconosciuta

La direttiva è stata adottata sul fondamento dell’art. 63, primo comma, punto 1), lett. c), CE, ilquale incaricava il Consiglio dell’Unione europea di adottare misure relative all’asilo,conformemente alla Convenzione di Ginevra e agli altri trattati pertinenti, nell’ambito dellenorme minime relative all’attribuzione dello status di rifugiato a cittadini di paesi terzi.

Dal terzo, dal sedicesimo e dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva risulta che laConvenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionalerelativa alla protezione dei rifugiati e che le disposizioni della direttiva relative alle condizioni

 per il riconoscimento dello status di rifugiato nonché al contenuto del medesimo sono stateadottate al fine di aiutare le autorità competenti degli Stati membri ad applicare dettaConvenzione basandosi su nozioni e criteri comuni (v., sentenza 2 marzo 2010, , SalahadinAbdulla). La direttiva riporta solo minimi standard per l’individuazione degli status e i criteri,ciò non toglie che uno Stato membro possa prevedere standard più alti. L’effetto dell’entrata invigore della direttiva in molti stati membri è stato quello di creare, come nel casodell’ordinamento italiano, un quadro completo sulla determinazione dello status/ degli status,dall’altro in molti Stati membri dati gli standards minimi imposti dalla direttiva, si è creato unasorta di deterioramento dell’accesso all’esercizio del diritto di asilo.

L’interpretazione delle disposizioni della direttiva qualifiche deve pertanto essere effettuata nel pieno rispetto della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati pertinenti di cui all’art. 63, primo comma, punto 1), CE ( oggi art 77 e seguenti). Fra questi la Convenzione europea deidiritti dell’uomo. Tale interpretazione deve infatti parimenti essere operata, come deriva daldecimo ‘considerando’ della direttiva, nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei principiriconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenzaSalahadin Abdulla e a., cit., punti 53 e 54).

Lo scopo principale della direttiva qualifiche è quello di assicurare che gli Stati membriapplichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di

 protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni siadisponibile per tali persone in tutti gli Stati membri, la direttiva ha conosciuto una gestazione

difficile e gli standards minimi raggiunti sono stato l’effetto del timore di alcuni stati membridi creare, in uno spazio comune quale lo spazio Schengen differenze di riconoscimento tali dacreare facilitazioni eccessive all’accesso e strumentalizzazioni della richiesta di asilo. Gli Statimembri si sono mossi nella difesa della fortezza Europa più che nella tutela dell’effettività deidiritti. Art 2 definizioni

-“protezione internazionale”: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria quale definito allelettere d) e f);rifugiato»: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinatogruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di taletimore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori

dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate enon può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale

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non si applica l'articolo 12;d) «status di rifugiato»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un

 paese terzo o di un apolide quale rifugiato;e) «persona ammissibile alla protezione sussidiaria»: cittadino di un paese terzo o apolide chenon possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti

sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di unapolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale,correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all'articolo 15, e al qualenon si applica l'articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di talerischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;

L’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva, intitolato «Esclusione» e figurante nell’ambito del suocapo III, relativo ai requisiti per essere considerato rifugiato, così dispone: “Un cittadino di un

 paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:a) rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, relativoalla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’AltoCommissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi

 per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in

conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’assemblea generale delle Nazioni Unite,queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttivaAi sensi dell’art. 13 della direttiva vale quanto segue:“Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolideammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III”L’art. 21, n. 1, della direttiva, che figura nel suo capo VII, intitolato “Contenuto della

 protezione internazionale”, prevede quanto segue:“Gli Stati membri rispettano il principio di “non refoulement” in conformità dei propri obblighiinternazionali”Conformemente ai suoi artt. 38 e 39, la direttiva è entrata in vigore il 20 ottobre 2004 e la suatrasposizione doveva avvenire al più tardi entro il 10 ottobre 2006.

Applicazione della direttiva qualifiche nell’ordinamento italiano D.lgs 251/20077

L’ordinamento italiano ha dato attuazione alal direttiva 2004/83/CE con il decreto legislativo251/2007 entrato in vigore il 19 novembre 2007Dopo quasi un ventennio da quando la Legge Martelli nel 1990 che introduceva per la primavolta in Italia una normativa sul diritto d’asilo, pur se fatta di un solo articolo, ma di portatacentrale in quando faceva venir meno le limitazioni geografiche e temporali adottate dall’Italianel 1954, alla ratifica della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

Esame della domanda del richiedente asilo art. 3

-Documentazione e situazione nel paese di origine o possibilità di protezione in altro stato;-sforzo del richiedente asilo ( ha assolto il proprio onere probatorio? Sul punto si rimanda allasentenza della Cassazione S.U. sulla ripartizione dell’onere probatorio che non è solo in capo

al richiedente ma anche in capo alla commissione e poi al giudice, Corte di Cassazione SezioniUnite sentenza del 17 novembre 2008 n 27310);-coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo;-attendibilità-tempestività della domanda o causa di giustificazione del ritardo;

art 4 refugé sur place: domanda di protezione internazionale che nasce successivamente

all’abbandono del paese di origine ( caso dei kenioti)-possibilità di presentare istanza per nuovi fatti sopravvenuti dopo avere lasciato il paese;-possibilità di presentare istanza per nuovi fatti personali accorsi successivamente all’arrivonello stato membro.

7

D.lgs. n.251 del 19 novembre 2007 , c.d. decreto qualifiche, adottato in virtù della delegacontenuta nella l. “comunitaria” n. 29/2006 e corrispondente alla direttiva qualifiche

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art. 5 Responsabili della persecuzione, agenti della persecuzione:

-Stato;-parti organizzazioni che controllano lo Stato;-soggetti non statuali;

art. 6 soggetti che offrono la protezione

art 7 status di rifugiato

 persecuzione o il suo fondato timore siano riconducibili a motivi connessi alla razza, religione,nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale, opinione politica.E’ irrilevante essere membro di uno specifico gruppo, ciò che conta è che l’ente persecutoreindividui il perseguitato come appartenente a quel gruppo.Art 10 esclusione

Capo IV Protezione sussidiaria

Viene introdotta una nuova forma di protezione complementare a quella riconosciuta dallaConvenzione di Ginevra del 1951 che si sostanzia nella “protezione sussidiaria”.Un nuovo status giuridico che trova applicazione solo in quei casi nei quali i richiedenti asilo

non presentino i requisiti per poter ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, puòessere invocato solo quando la persecuzione o il suo fondato timore siano riconducibili amotivi connessi alla razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale, opinione

 politica.Il decreto fissa in modo tassativo quali siano da considerarsi danni gravi alla persona chedeterminano il riconoscimento della protezione sussidiaria:a. la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;

 b. la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante;c. la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenzaindiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Tale previsione, seppur non derogabile, estende la portata del concetto di “danno grave” finoad abbracciare tipologie di persecuzioni e di gravi violazioni dei diritti umani non previsteespressamente dalla Convenzione di Ginevra del 1951, così come sancite in altre Convenzioniinternazionali sui diritti umani, di diritto umanitario e di diritto penale internazionale (le 4Convenzioni di Ginevra del 1949, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Dirittidell’uomo del 1950, la Convenzione Internazionale contro tortura del 1984, la ConvenzioneEuropea per la prevenzione della tortura del 1987, lo Statuto della Corte Penale internazionaledel 1998).

Art 15 direttiva ( art 14 d.lgs 251/2007)

-Il decreto “qualifiche” recepisce integralmente il dettato dell’articolo 15(2) ( minaccia grave)della direttiva CE e questo apre a una serie di importanti riflessioni, sollevate anchedall’UNHCR ( si veda www.unhcr.org) . Si rimanda anche alla sentenza della corte digiustizia proprio sull’art 15 della direttiva (CGCE, 17.2.2009, C-465/07, Elgafaji).

- “violenza indiscriminata” “minaccia individuale”: L’UNHCR la interpreta come l’eserciziodella forza non mirato ad un oggetto o a un individuo specifico e invita a tenere ben distinte leipotesi di protezione sussidiaria e temporanea, quest’ultima con un carattere di rispostaspecifica e provvisoria in situazioni di afflusso massiccio.Secondo l’Alto Commissariato tale nozione escluderebbe dall’ambito di applicazione della

 protezione sussidiaria coloro per i quali il rischio presunto rappresenta una mera possibilità

remota, perché ad esempio la violenza è limitata ad una regione specifica o comunque perchéil rischio che corrono non può ritenersi “reale”.L’ espresso riferimento alla persona di un “civile”,costituisce una limitazione che

comunque non dovrebbe escludere dalla protezione sussidiaria anche gli ex combattenti

in grado di dimostrare di aver rinunciato alle attività militari.

Anche rispetto alla definizione di “minaccia reale”, la direttiva comunitaria e il decreto“qualifiche” non chiariscono i suoi contenuti e l’UNHCR raccomanda un approccio

interpretativo pragmatico, che prenda in considerazione diversi fattori: la situazione generale

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nel paese, il numero dei morti, l’estensione del conflitto, la storia personale del richiedente ( suquesto punto si veda anche la recente sentenza della Cassazione italiana .Infine la portata della definizione “conflitto armato interno o internazionale”: l’UNHCR sottolinea che le esigenze di protezione non possono essere ristrette ai soli casi di situazioni diguerra dichiarata o di conflitti internazionali riconosciuti e che sebbene non esista una

definizione legale o un’interpretazione unanimemente riconosciuta di questo termine, ci sidovrà ispirare al diritto internazionale umanitario.

L’ordinamento italiano, già anteriormente al recepimento della direttiva “qualifiche”,riconosceva alla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, almomento dell’adozione di una decisione di rigetto della domanda di asilo, la concessione della

  protezione umanitaria, uno strumento di tutela sancito dall’articolo 5 comma 6 del D.lgs286/98 quando ricorrono seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti daobblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.Tale protezione costituisce l’attuazione concreta nel rilascio di un permesso di soggiornorispetto alla protezione esplicita prevista dall’art 19 comma 1 D.lgs 286/98 ( art 3 CEDU).

La definizione di “persecuzione” e “agenti persecutori”La razza, la religione, la nazionalità, l’appartenenza ad un particolare gruppo sociale,l’opinione politica, i 5 motivi di persecuzione disposti dalla Convenzione di Ginevra del ’51,vengono integralmente ripresi dal decreto “qualifiche”.

Gli atti di persecuzione possono essere: atti di violenza fisica e psichica, provvedimentilegislativi, amministrativi di polizia o giudiziari, azioni giudiziarie o sanzioni penalidiscriminatorie, rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzionesproporzionata o discriminatoria, azione o sanzioni a seguito del rifiuto del servizio militare inun conflitto che potrebbe portare alla commissione di crimini e di reati, atti specifici contro ungenere sessuale o contro l’infanzia.Rispetto alla definizione di “soggetto di persecuzione”, molto dibattuta in quanto non previstaespressamente dalla Convenzione di Ginevra del 1951, il decreto allarga il novero dei soggettiresponsabili della persecuzione o del danno grave, includendo affianco degli organi statalianche altri attori il cui ruolo nel corso degli anni è sempre più cresciuto, sovrapponendosi oaffiancando in molte realtà nazionali il potere delle autorità statali costituite. Si tratta dei

 partiti, delle organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio oinfine di soggetti non statuali, se i partiti o le organizzazioni appena citate, comprese quelleinternazionali, non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o dannigravi.

  Nell’esaminare la richiesta di protezione internazionale, la Commissione territoriale saràchiamata a valutare anche la sussistenza della possibilità di protezione esercitata da parte delloStato, dei partiti o delle organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suoterritorio.

La protezione in linea di principio ricorre in presenza di adeguate misure all’interno del paesevolte ad impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, come tra l'altro unsistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gliatti che costituiscono persecuzione o danno grave e solo se ai richiedenti è di fatto realmentegarantito l’accesso a tali misure.Una particolare attenzione va prestata ad un'Organizzazione internazionale in quanto soggetto“protettore”, ipotesi che ricorre quando l’organismo esercita un controllo effettivo dello Stato odi una parte consistente di esso e fornisce protezione a chi si trova su quel territorio.Secondo il decreto per stabilire se sussiste o meno tale protezione si deve tener conto deglieventuali orientamenti del Consiglio dell'Unione europea e, ove ritenuto opportuno, dellevalutazioni di altre competenti organizzazioni internazionali e in particolare dell'UNHCR.

Titoli di viaggio ( art 24), rilascio presso le questure per i rifugiati, presso le autorità

consolari in Italia del proprio paese di origine per gli status di protezione sussidiaria e/ omotivi umanitari. Problema: fondate ragioni che non consentono al soggetto di rivolgersi

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alle proprie ambasciate, la Questura che ha rilasciato il permesso rilascia il titolo di

viaggio.

Minori non accompagnati ( art 28): nomina tutore, categorie soggetti vulnerabili Decretolegislativo 140 /2005 in attuazione della direttiva sulla protezione

Permesso di soggiorno: 5 anni status di rifugiato; 3 anni proitezxione sussidiaria; 1 anno protezione umanitaria.Possibilità di conversione previste dall’art 28 del D.p.r 

Direttiva 2005/85/CE del Consiglio del 1o dicembre 2005 recante norme minime per le

procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello

status di rifugiato ( direttiva procedure)

Considerando n 21: “La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilireuna garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base

della designazione può tener conto soltanto della situazionecivile, giuridica e politica generale in tale paese e sein tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre forme di punizione o trattamento disumano o degradante siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuticolpevoli. Per questo motivo è importante che,quando un richiedente dimostra che vi sono fondati motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuronon può più applicarsi al suo caso.

Articolo 39Diritto a un mezzo di impugnazione efficace1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbiadiritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudiceavverso i seguenti casi:

a) la decisione sulla sua domanda di asilo, compresa la decisionee) una decisione di revoca dello status di rifugiato a normadell’articolo 38.2. Gli Stati membri prevedono i termini e le altre normenecessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del dirittoad un mezzo di impugnazione efficace di cui al paragrafo 1.3. Gli Stati membri prevedono, se del caso, norme conformiai loro obblighi internazionali intese:a) a determinare se il rimedio di cui al paragrafo 1 produce

l’effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Statomembro interessato in attesa del relativo esito;b) a prevedere la possibilità di un mezzo di impugnazione giurisdizionale o di misure cautelari, qualora il mezzo diimpugnazione di cui al paragrafo 1 non produca l’effettodi consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membrointeressato in attesa del relativo esito. Gli Stati membri possonoanche prevedere un mezzo di impugnazione d’ufficio; ec) a stabilire i motivi per impugnare una decisione a normadell’articolo 25, paragrafo 2, lettera c), conformemente al metodo applicato a norma dell’articolo 27, paragrafo 2, lettereb) e c).4. Gli Stati membri possono stabilire i termini entro i quali il 

 giudice di cui al paragrafo 1 esamina la decisione dell’autoritàaccertante.

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5. Qualora ad un richiedente sia stato riconosciuto uno statusche offre gli stessi diritti e vantaggi secondo il diritto nazionalee comunitario dello status di rifugiato a norma delladirettiva 2004/83/CE, si può considerare che il richiedente dispongadi un mezzo di impugnazione efficace, se un giudice

decide che il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 èinammissibile o ha poche possibilità di successo a motivo di uninsufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.6. Gli Stati membri possono altresì stabilire nella legislazionenazionale le condizioni che devono sussistere affinché si possa presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato orinunciato al mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1,nonché le norme procedurali applicabili.

Articolo 15

 Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali1. Gli Stati membri accordano ai richiedenti asilo la possibilitàdi consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato

o altro consulente legale, autorizzato o riconosciuto a normadella legislazione nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda diasilo.2. Nell’eventualità di una decisione negativa dell’autorità accertante, gli Stati membri dispongono che, su richiesta, sianoconcesse assistenza e/o rappresentanza legali gratuite nel rispettodelle disposizioni del paragrafo 3.3. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionaledi accordare assistenza e/o rappresentanza legali gratuite:a) soltanto nei procedimenti dinanzi a un giudice a norma del capo V e non per i ricorsi o riesami ulteriori previsti dallalegislazione nazionale, compreso il riesame della causa in seguito ad un ricorso o riesame ulteriori; e/ob) soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/oc) soltanto rispetto agli avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dalla legislazione nazionalead assistere e/o rappresentare i richiedenti asilo; e/od) soltanto se il ricorso o il riesame hanno buone probabilità di successo.Gli Stati membri provvedono affinché l’assistenza e la rappresentanzalegali di cui alla lettera d) non siano oggetto di restrizioniarbitrarie.4. Le norme a disciplina delle modalità di presentazione e ditrattamento di richieste di assistenza e/o rappresentanze legali possono essere previste dagli Stati membri.

5. Gli Stati membri possono altresì:a) imporre limiti monetari e/o temporali alla prestazione diassistenza e/o rappresentanza legali gratuite, purché essinon costituiscano restrizioni arbitrarie all’accesso all’assistenzae/o rappresentanza legali;b) prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese,che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevoledi quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell’assistenza legale.6. Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevolemiglioramento delle condizioni finanziarie del richiedenteo se la decisione di accordare tali prestazioni è stata presa in

base a informazioni false fornite dal richiedente.

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Attuazione direttiva procedure 2005/85/CE D.lgs 25/2008, 159/2008 e legge 94/2009 8

La riforma prevede l’introduzione di una serie di nuove terminologie: “protezioneinternazionale”, che comunque continuerà a dover essere presentata personalmente dalcittadino di paese terzo presso l’ufficio di polizia di frontiera, che inviterà il richiedente a

recarsi presso la Questura competente per territorio o presso l’ufficio della Questuracompetente in base al luogo di dimora del richiedente. Le questure e gli uffici di frontiera exlege non devono essere competenti per la decisione sulla domanda di asilo, ma solo epr raccogliere la domanda, segnalare al dipartimento libertà civili ed immigrazione –UnitàDublino i dati per il controllo in Eurodac e predisporre la compilazione del modello C3 con untraduttore.

L’abolizione delle clausole ostative alla procedura

Importante è inoltre l’abolizione prevista dal decreto “procedure” delle clausole ostativeall’ammissione alla procedura, facendo venir meno il potere in capo alla polizia di frontiera ealla Questura di determinare l’ammissibilità della richiesta di asilo nel caso di arrivo delrichiedente da un paese terzo, ovvero di uno status di rifugiato già riconosciuto in un paeseterzo, nei casi di applicazione delle clausole di esclusione previste dalla Convenzione di

Ginevra nonché di precedenti penali di una certa gravità.Il decreto conferisce in via esclusiva tale potere accertativo alle sole Commissioni territoriali

 per il riconoscimento della protezione internazionale e le autorità di polizia sono tenute aricevere la domanda a procedere alla verbalizzazione e alla trasmissioni degli atti allaCommissione Territoriale competente per territorio.Espletate le formalità di rito in Questura, al richiedente verrà rilasciato un permesso disoggiorno per richiesta asilo di tre mesi, rinnovabile in pendenza dell’intera procedura o unattestato nominativo, nei casi in cui sarà ospitato presso un Centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) o trattenuto in un CIEIl richiedente asilo ha diritto di permanere nel territorio italiano durante la procedura ( fase

 prodromica alla commissione-audizione in commissione-decisione) e ha il diritto di vedersirilasciare un permesso di sogigonro epr richiesta asilo, decorsi sei mesi dal primo rilascio tale

 permesso consente l’attività lavorativa.Il richiedente asilo che si sia visto notificare un provvedimento di espulsione prima della

 proposizione della domanda di asilo, e che si veda contestato il resto 10 bis ai sensi del comma6 dell’art. 10 bis stesso si vede, presentando istanza di protezione internazionale, sospendere ilsuddetto provvedimento di espulsione. Ciò pone dei dubbi interpretativi rispetto al diritto diaccesso alla procedura asilo e la prassi delle questure italiane, nonché le difficoltà del riviveredi una espulsione pregressa in caso di rigetto da parte delle commissioni

L’accoglienza e il trattenimento: dai CID, CARA, CIE

La nuova normativa abolisce i Centri di identificazione (CID) creati dalla legge Bossi-Fini per trattenere i richiedenti asilo in alcune situazioni per le quali si riteneva necessario una verificadella loro identità o nazionalità ovvero della fondatezza della domanda di asilo.Il richiedente l’asilo, seppure non possa essere accolto al solo fine di esaminare la domanda,

  può essere ospitato in Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) appositamentecostituiti.Forti preoccupazioni sono state sollevate da parte delle Associazioni del terzo settore e dallostesso UNHCR all’interno del “Tavolo asilo” rispetto a questo punto della nuova disciplina,che ha pressoché lasciato invariato, nella sostanza, la situazione precedente.I casi infatti per il quale si parla oggi di “accoglienza nei CARA” e non più di “trattenimentonei CID” sono i medesimi. Nei CARA, le cui strutture coincideranno in larga parte con i

 precedenti CID, i richiedenti asilo saranno “ospitati” per un periodo fino a 20 giorni, ai finidell’identificazione o fino a 35 giorni, nei casi in cui la persona abbia eluso, o tentato di

8 D.lgs. n. 25/2008, c.d. decreto procedure, adottato in virtù della delega contenuta nella l.“comunitaria” n. 13/2007 e corrispondente alla direttiva procedure, poi modificato, in

  particolare, con il d.lgs. n. 159/2008 nell’ambito di uno dei molteplici cc.dd. pacchettisicurezza

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eludere, i controlli di frontiera, o sia stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, oquando la domanda di asilo sia stata presentata dopo l’espulsione o il respingimento.Si tratterà di strutture aperte, all’interno delle quali verrà garantita la facoltà di uscire durante leore diurne prassi peraltro già presente in alcuni CID, indipendentemente dal motivo che ha resonecessaria l’accoglienza nonché la facoltà di richiedere al prefetto un permesso per periodi

superiori, “per rilevanti motivi personali”.Allo scadere dei termini previsti per l’accoglienza - 20 o 35 giorni - qualora la richiesta di asilonon sia ancora stata esaminata, il richiedente dovrà lasciare il centro e gli verrà consegnato un

 permesso di soggiorno di tre mesi rinnovabile fino alla decisione della Commissione in meritoal suo status.

Casi di trattenimento nei CIE ( art 21)

-commissione reati contro la pace;-commissione reati indicati dall’art 380 1 e 2 comma c.p.p.-destinatari di provvedimenti di espulsione o respingimento

Le Commissioni sul riconoscimento della protezione internazionale (art. 4)

Il decreto “procedure” aumenta il numero delle Commissioni Territoriali preposte all’esame

della domanda, che dalle attuali 7 (Crotone, Foggia, Gorizia, Milano, Roma, Siracusa, Trapani)arriveranno fino ad un massimo di 10 con l’inclusione di Bari, Caserta e Torino.Anche le Commissioni cambiano nome trasformandosi in Commissioni territoriali per ilriconoscimento della protezione internazionale.La Commissione nazionale per il diritto d’asilo amplia le sue funzioni di coordinamento econtrollo sulle Commissioni territoriali, in materia di revoca e cessazione della protezioneinternazionale, acquisendo nuove competenze ai fini della costituzione e aggiornamento di uncentro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei Paesi di origine deirichiedenti e di monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo.La Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo – Sezione Speciale Stralcio, competente adesaminare in via esclusiva le richieste d’asilo presentate in Italia anteriormente al 21 aprile2005, data in cui le Commissioni Territoriali si sono sostituite alla precedente Commissionecentrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, ha terminato la sua attività.Essa è competente per ogni provvedimento di revoca degli status. Poiché ha sede a Roma, ilforo competente in caso di impugnazione della revoca dello status sarà il Foro di Roma.

Abolizione delle procedure differenziate

La riforma re-introduce la procedura unica in luogo di quella “ordinaria” e “semplificata” invigore dal 21 aprile 2005.Sono tuttavia previste alcune deroghe, tassative, con il ricorso all’“esame prioritario”: in

 presenza di una richiesta presentata a seguito del raggiungimento di un provvedimento diespulsione o da parte di un cittadino straniero condannato in Italia per un delitto ovvero sesussistono le condizioni che potrebbero dar luogo all’applicazione delle clausole di esclusionedella Convenzione di Ginevra. L’esame prioritario è inoltre disposto in presenza di una

domanda di protezione palesemente fondata, di persone particolarmente vulnerabili o diminori. In tali casi la Commissione Territoriale procede all’esame fissando l’audizione entro 7giorni e la decisione nei 2 giorni successivi.La Commissione territoriale competente per l’esame della richiesta di protezioneinternazionale è definita sulla base del luogo dove è stata presentata l’istanza e alla Questurache ha provveduto alla verbalizzazione spetterà trasmettere gli atti dovuti.

L'Ammissibilità della richiesta di protezione

La Commissione potrà pronunciarsi sulla eventuale non-ammissibilità della richiesta senzaaver tenuto l’audizione solo nei casi in cui il richiedente sia già stato riconosciuto rifugiato daun Paese firmatario della Convenzione del ’51 e possa ancora avvalersi della sua protezioneovvero se abbia reiterato identica domanda di asilo già precedentemente presentata in Italia,senza che vi siano nuovi ulteriori elementi. In tutti gli altri casi, dovrà invece procedere

all’esame di merito della domanda attraverso un colloquio personale, in seduta non pubblica e,ove necessario, in presenza di un interprete.

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Diritto di informazione art 10; Obblighi del richiedente asilo art 11

Il Colloquio personale (art 12,13, 14, 15)

La Commissione può decidere infatti di omettere l’intervista quando ritiene di avere sufficienti

elementi per accogliere la domanda o nei casi in cui sia certificata da una struttura sanitaria  pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l'incapacità' ol'impossibilità dell’interessato di sostenere un colloquio personale.L’audizione può inoltre avvenire ( come accade nella maggior parte dei casi) anche in presenzadi uno solo dei membri della Commissione, su istanza motivata del richiedente e, ove possibile,del suo stesso sesso.

Documentazione-memorie- assenza di assistenza legale a spese dello stato solo nella fase

amministrativa ( art 16, 17, 18)

Il richiedente può presentare in ogni fase della procedura documenti comprovanti le suedichiarazioni ma il decreto “qualifiche” pur sottolineando la loro importanza ribadisce che nondebbono essere considerati come elemento esclusivo in quanto anche se i fatti riferiti non sianosuffragati da prove, essi possono essere considerati veritieri se l’autorità competente all’esame

ritiene che il richiedente abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per produrli, fornendo idoneamotivazione all’eventuale mancanza di altri elementi significativi, le sue dichiarazioni sonocoerenti e plausibili, la presentazione della sua domanda è stata tempestiva (salvo nongiustifichi eventuali ritardi) e dai riscontri effettuati la sua storia risulta attendibile.Viene inoltre fatto esplicito riferimento al diritto ad essere assistiti da un avvocato, a propriespese, o da personale di sostegno per portare assistenza nel caso il richiedente sia un anziano,disabile, minore, donna in stato di gravidanza, genitore singolo con figlio minore o di personacui sia stato accertato essere stata vittima di gravi forme di violenza fisica o psichica, tortura,stupri.

L'Abolizione della rinuncia implicita alla richiesta di asilo

Se il richiedente non si presenta alla data del colloquio senza una valida motivazione o qualorasi allontani dal Centro senza autorizzazione, la Commissione decide sulla base delladocumentazione disponibile. Anche in questa ipotesi la riforma ha introdotto un’importantenovità rispetto alla precedente normativa, prevedendo l’abolizione della rinuncia implicita allarichiesta di asilo.

La decisione della Commissione

I tempi per l’esame della richiesta e per l’adozione della relativa decisione sono di 33 giorni,30 giorni entro i quali tenere l’audizione e, da questa data, 3 entro i quali la Commissioneterritoriale deve emettere la sua decisione.La Commissione territoriale può riconoscere lo status di rifugiato qualora ravvisi i presuppostidi persecuzione sanciti dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 o la protezionesussidiaria, in caso di persona comunque bisognosa di protezione internazionale che non

soddisfi i criteri della Convenzione.Il diniego viene disposto dalla Commissione qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la protezione internazionale e/o il richiedente costituisca un pericolo per la sicurezza delloStato, l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica essendo stato condannato per i reati previstidall’articolo 407 comma 2 a) c.p.p. o in presenza di una delle cause di cessazione ed esclusioneo la persona provenga da un paese di origine sicuro.Con la definizione di "paese terzo sicuro" si fa riferimento a quei paesi nei quali in viagenerale vengono garantiti il rispetto dei diritti umani fondamentali e le autorità sono in gradodi fornire protezione ai loro cittadini. Il peso politico e diplomatico che tali valutazioni portanocon sé non può essere sottaciuto e in molte occasioni ha fatto pendere l'ago della bilancia,guardando con "accondiscendenza" anche a paesi fortemente discussi.L’applicazione di questo criterio comporta l’esclusione a priori dal diritto di chiedere asilo, diintere categorie di soggetti solo sulla base della loro cittadinanza - in quanto provenienti da un

 presunto paese sicuro – senza invece basare la decisione sulla loro situazione personale, con il

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serio rischio di contravvenire al principio di non refoulement divenuto ormai un principio didiritto consuetudinario.A livello europeo è da anni in corso un dibattito molto serrato sull'adozione da parte degli Statimembri di una lista comune sui paesi di origine sicuri, ma profonde sono ancora le spaccature ele contrapposizioni, situazione che ha comunque permesso che alcuni paesi introducessero la

nozione nei propri sistemi legislativi. Tuttavia in più occasioni Corti nazionali e internazionalihanno espresso riserve sull’applicazione indistinta di tale principio, da ultimo, solo a metàfebbraio, il Consiglio di Stato francese, che si è pronunciato ritenendo che Stati come la

  Nigeria o l’Albania non possano essere considerati paesi di origine sicuri a causa"dell’instabilità del contesto politico e sociale proprio di questi due paesi".Il decreto “procedure” stabilisce tuttavia che in presenza di un richiedente proveniente da un

 paese di origine sicuro, questo potrà comunque addurre gravi motivi per non ritenere sicuroquel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, in particolare in presenza di gravidiscriminazioni e repressioni di comportamenti non costituenti reato per l'ordinamento italiano,riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguibili nel suo paese; in tal caso laCommissione territoriale è tenuta a pronunciarsi sulla sua domanda solo dopo aver svoltol’esame attenendosi alle procedure previste dal decreto n. 25/2008.

  Nei casi in cui la Commissione non accoglie la richiesta di protezione internazionale ma

ritiene possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario ai sensi dell’articolo 5 comma 6del Testo Unico sull’Immigrazione può comunque chiedere al Questore di valutare il rilascio diun permesso per motivi umanitari. LA DECISIONE DEVE ESSERE MOTIVATA EDOVREBBE ESSERE, PER IL PIENO RISPETTO DEL DIRITTO DI DIFESA,TRADOTTA IN LINGUA COMPRENSIBILE AL RICHEIDENTE ASILO.

Tutela giurisdizionale: mezzi di impugnazione

Il D.lgs 25/2008 prevedeva all’art 35 che la proposizione del ricorso comporti la sospensioneautomatica dell’esecutività del provvedimento di diniego della protezione internazionale edella connessa espulsione. La modifica del novembre 2008 con il D.lgs 159/2008 sonointervenuta prevendendo la non automaticità ma l’obbligatorietà di inserire nel ricorso l’istanzadi sospensiva, questo si pone in contrasto con il citato art 13 CEDU e art 39 direttiva

 procedure. Il ricorso viene proposto ai sensi degli art 737 c.p.c e seguenti, impugnabile poi conreclamo in corte di appello.

La riforma introduce termini perentori per la proposizione del ricorso: 30 giorni dalla data dinotifica del provvedimento. Nei casi di trattenimento nei CIE, però, i termini per la

 presentazione del ricorso, a pena di inammissibilità, rimangono di 15 giorni.Viene invece abrogato lo strumento del riesame introdotto dalla legge 189/2002 e che

 prevedeva la possibilità nei casi di trattenimento facoltativo nei CID di presentare entro 5giorni dalla data di notifica del diniego, istanza alla Commissione Territoriale competente cheavrebbe proceduto a riascoltare l’interessato integrata da un membro della Commissione

 Nazionale per il Diritto d’Asilo ( SI SOTTOLINEA COME SIANO STATE COMUNQUEACCOLTE ISTANZE DI RIESAME)

Foro CompetenteLa riforma dispone che è il tribunale in composizione monocratica con sede nel capoluogo didistretto di corte d’appello in cui si trova la Commissione Territoriale che ha deciso delladomanda di protezione internazionale, competente a pronunciarsi nel merito del ricorso, anchequando non coincide con il domicilio eletto dal ricorrente.L’espressa indicazione legislativa del Tribunale competente colma una grave lacuna che avevacausato non pochi problemi in questi anni; con l’entrata in vigore del Regolamento attuativodella Bossi-Fini, il 21 aprile del 2005, si era andato sviluppando un orientamentogiurisdizionale che riconosceva la competenza in merito al ricorso ai Tribunali dove aveva sedela corte di appello in cui si trova la Commissione Territoriale. Una sentenza della Corte diCassazione, n. 11916/2007, però ha invece attribuito la competenza al Tribunale dove ha sedela Commissione territoriale con la conseguenza che i ricorsi ancora pendenti sono statidichiarati inammissibili e riassunti innanzi al foro competente, causando gravi ritardi e disagi

ai ricorrenti privi di un documento legale di soggiorno.

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Forti critiche sono state sollevate dalle Associazioni di tutela rispetto ai termini per l’impugnazione e allo stesso foro competente: i termini troppo brevi per la presentazione delricorso (estesi da 15 giorni a 30 giorni, nella maggior parte dei casi, dopo il lungo lavoro dilobby delle associazioni) ostacolano la proposizione di una difesa articolata e puntuale, icolloqui con il ricorrente, spesso complessificati dalle difficoltà di comprensione linguistica o

di produzione/richiesta di ulteriore documentazione da allegare agli atti.La previsione poi che la competenza a pronunciarsi sui ricorsi spetti unicamente ad alcunitribunali, dieci in tutta Italia (dal momento che le Commissioni territoriali verranno portate adieci con l’inclusione di Bari, Caserta e Torino) ha tra i suoi effetti più preoccupanti lo scarsosviluppo della giurisprudenza in materia di asilo, la difficoltà per i ricorrenti che non hanno laresidenza nel luogo della Commissione Territoriale (ipotesi molto frequente stante il vasto ediramato sistema di accoglienza) di individuare/contattare un legale che opera nel foro dicompetenza, infine la difficoltà anche per le associazioni di tutela di seguire il ricorrente “adistanza” e di fare da “mediatori” con il legale

Ricorso: decisione della Corte

Art. 35. Impugnazione

1. Avverso la decisione della Commissione territoriale e' ammesso ricorso dinanzi al tribunale

che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede la Commissioneterritoriale che ha pronunciato il provvedimento. Il ricorso e' ammesso anche nel caso in cuil'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e la Commissioneterritoriale lo abbia ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria. Il ricorso e' proposto,a pena di inammissibilità, nei trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento;allo stesso e' allegata copia del provvedimento impugnato. Nei casi di accoglienza otrattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21 (1), il ricorso e' proposto, a pena diinammissibilità, nei quindici giorni successivi alla comunicazione del provvedimento dinanzial tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede il centro.2. Avverso la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dellostatus di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria, e' ammesso ricorsodinanzi al tribunale competente in relazione alla Commissione territoriale che ha emesso il

 provvedimento che ha riconosciuto lo status di cui e' stata dichiarata la revoca o la cessazione.3. Tutte le comunicazioni e notificazioni si eseguono presso l'avvocato del ricorrente medianteavviso di deposto in cancelleria.4. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica con le modalitàdei procedimenti in camera di consiglio.5. [Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allostesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienzasono notificati all'interessato e comunicati al pubblico ministero e alla Commissione nazionaleovvero alla competente Commissione territoriale.] Entro cinque giorni dal deposito del ricorso,il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Ilricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati all'interessato e al Ministerodell'interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissioneterritoriale, e sono comunicati al pubblico ministero. (6)

6. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che rigetta la domanda diriconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria aisensi dei commi 1 e 2 sospende l'efficacia del provvedimento impugnato.7. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che dichiara inammissibile ladomanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezionesussidiaria ovvero avverso la decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensidell'articolo 22, comma 2, e dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis) (2), non sospendel'efficacia del provvedimento impugnato. Il ricorrente può tuttavia chiedere al tribunale,contestualmente al deposito del ricorso, la sospensione del provvedimento quando ricorranogravi e fondati motivi. In tale caso il tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito, decidecon ordinanza non impugnabile, anche apposta in calce al decreto di fissazione dell'udienza.

 Nel caso di sospensione del provvedimento impugnato al richiedente e' rilasciato un permessodi soggiorno per richiesta di asilo ed e' disposta l'accoglienza nei centri di cui all'articolo 20.

8. La procedura di cui al comma 7 si applica, in ogni caso, al ricorso presentato dal richiedentedi cui agli articoli 20, comma 2, lettere b) e c), e 21 (3). Il richiedente ospitato nei centri di

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accoglienza ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c) (4), o trattenuto ai sensidell'articolo 21 permane nel centro in cui si trova fino alla adozione dell'ordinanza di cui alcomma 7.9. [All'udienza può intervenire un rappresentante designato dalla Commissione nazionale oterritoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso

depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai finidell'istruttoria.] Il Ministero dell'interno, limitatamente al giudizio di primo grado, può stare ingiudizio avvalendosi direttamente di un rappresentante designato dalla Commissione nazionaleo territoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni casodepositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai finidell'istruttoria. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 417-bis, secondo comma, del codicedi procedura civile. (7)10. [Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, decide con sentenzaentro tre mesi dalla presentazione del ricorso, con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce alricorrente lo status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria; lasentenza viene notificata al ricorrente e comunicata al pubblico ministero e alla Commissioneinteressata.] Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, entro tre mesidalla presentazione del ricorso decide con sentenza con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce

al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria; lasentenza è notificata al ricorrente e al Ministero dell'interno, presso la Commissione nazionaleovvero presso la competente Commissione territoriale, ed è comunicata al pubblico ministero.(7)11. [Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente ed il pubblicoministero possono proporre reclamo alla corte d'appello, con ricorso da depositarsi nellacancelleria della corte d'appello, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione ocomunicazione della sentenza.] Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 ilricorrente, il Ministero dell'interno e il pubblico ministero possono proporre reclamo alla corted'appello, con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d'appello, a pena didecadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza. (7)12. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata; tuttavia la corte d'appello, suistanza del ricorrente, può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesaquando ricorrano gravi e fondati motivi.13. Nel procedimento dinanzi alla corte d'appello, che si svolge in camera di consiglio, siapplicano i commi 5, 9 e 10.14. [Avverso la sentenza pronunciata dalla corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dallanotificazione della sentenza. Esso viene notificato ai soggetti di cui al comma 5 (5), assieme aldecreto di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte dicassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c.] Avverso lasentenza pronunciata dalla corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorsodeve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione dellasentenza. Esso è notificato alle parti assieme al decreto di fissazione dell'udienza in camera diconsiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai

sensi dell'articolo 375 del codice di procedura civile. (8)(1) Le originarie parole: «Nei soli casi di trattenimento disposto ai sensi dell'articolo 21» sonostate così sostituite dalle attuali: «Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degliarticoli 20 e 21» dall'art. 1, comma 1 lett. h), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.(2) Le parole: «e dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis)» sono state inserite dall'art. 1, comma1, lett. i), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.(3) Le originarie parole: «Nei di cui agli articoli 20, comma 2, lettera d), e 21» sono state cosìsostituite dalle attuali: «di cui agli articoli 20, comma 2, lettere b) e c), e 21» dall'art. 1, comma1 lett. l), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.(4) Le originarie parole: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettera d)» sono state cosìsostituite dalle attuali: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c)» dall'art. 1, comma 1lett. l), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.

(5) Le originarie parole: «comma 6» sono state così sostituite dalle attuali: «comma 5» dall'art.1, comma 1 lett. m), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.

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(6) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, lettera a) della legge 15 luglio 2009, n. 94.(7) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, lettera b) della legge 15 luglio 2009, n. 94.(8) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, lettera c) della legge 15 luglio 2009, n. 94.

Il ricorrente non può mai ad oggi godere dell’effetto sospensivo riconosciuto dal decreto

“procedure” ai sensi del neo art 35 modificato dal D.lgs 159/2008, in particolare qualora abbia presentato domanda di asilo in condizioni di trattenimento in un Cie, o si sia allontanato senzagiustificato motivo dal CARA, Cie o da un centro dello SPRAR, o quando concerne un

 provvedimento che aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda di protezione.In questi casi la sospensione deve essere espressamente richiesta al giudice, chiamato adecidere con ordinanza non impugnabile entro 5 giorni, fatto salvo il diritto del ricorrente dichiedere al tribunale la sospensione del provvedimento, qualora ricorrano gravi e fondatimotivi.Fino alla pronuncia dell’ordinanza, il ricorrente ospitato/trattenuto in un centro, continua arimanere all’interno della struttura e nel caso della sospensione del provvedimento impugnato,gli viene rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo.

 Nei casi ordinari invece, il giudice emette sentenza in merito al ricorso entro 3 mesi dalla proposizione della causa.

Il ricorrente rimane nella condizione di richiedente asilo fino alla pronuncia della sentenza deltribunale civile.Durante la pendenza del ricorso, il richiedente asilo, già ospite del CARA, di un centro delloSPRAR o di un CIE, al quale il giudice ha concesso la sospensione dell’espulsione, ha diritto arimanere nella struttura, secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 140/2005 inmateria di accoglienza dei richiedenti asilo.Qualora inoltre abbia già un permesso di soggiorno per richiesta di asilo con diritto al lavoro, ilricorrente potrà continuare a svolgere attività lavorative.La decisione è appellabile con reclamo - questa volta non immediatamente sospensivo, salvoapposita istanza - da depositarsi entro 10 giorni dalla notificazione o comunicazione dellasentenza di primo grado.Infine è previsto il terzo grado di giudizio, da proporsi in Cassazione, a pena di decadenza,entro 30 giorni dalla notifica della sentenza.

Introduzione del principio del ricorso a spese dello Stato9 

Il decreto “procedure” esplicita per la prima volta il diritto per i ricorrenti ad accedereall’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato, secondo le modalità di autocertificazionedella situazione finanziaria personale, senza quindi dover ricorrere alla richiesta di specificadocumentazione all’ambasciata del paese di origine ( richiamo art 94 D.p.r 115/2002)Al richiedente asilo che ha proposto il ricorso ai sensi dell'articolo 35, si applica l'articolo 11del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, e dunque se la decisione definitiva noninterviene nel termine di sei mesi dalla proposizione della domanda matura comunque il dirittoa svolgere una attività lavorativa e ad avere prorogato il permesso di soggiorno per richiestaasilo...Il richiedente di cui al comma 1 ospitato nei centri di cui all'articolo 20 ( centri di accoglienza)

rimane in accoglienza nelle medesime strutture con le modalità stabilite dal decreto legislativo30 maggio 2005, n. 140.Il richiedente trattenuto nei centri di cui all'articolo 21 nei CIE, che ha ottenuto la sospensionedel provvedimento impugnato, ai sensi dell'articolo 35, comma 8 ( del decreto legislativo 25del 2008), ha accoglienza nei centri di cui all'articolo 20 ( dello stesso decreto) con le modalitàstabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.Secondo l’art. 6, comma sesto, del decreto legislativo 30 maggio 2005 n. 140, relativo allemisure di accoglienza dei richiedenti asilo, “L'indirizzo della struttura di accoglienza, ècomunicato, a cura della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, alla Questura, nonché

9 DIRITTI DI DIFESA DEI RICHIEDENTI ASILOE PATROCINIO A SPESE DELLO STATO Un documento/analisi giuridica a cura di FulvioVassallo Paleologo, docente all’Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Giurisprudenza,

membro del direttivo dell’ASGI, tratto da:http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/files/012803_resource1_orig.doc

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alla Commissione territoriale e costituisce il luogo di residenza del richiedente, valevole aglieffetti della notifica e della comunicazione degli atti relativi al procedimento di riconoscimentodello status di rifugiato, nonché alle procedure relative all'accoglienza, disciplinate dal presentedecreto. E' nella facoltà del richiedente asilo comunicare tale luogo di residenza al propriodifensore o consulente legale”.

In tutte le fasi della procedura, incluso il ricorso giurisdizionale, e la conseguente richiesta diammissione al patrocinio gratuito dunque, il richiedente asilo o protezione sussidiaria, che

 presenta un ricorso contro il diniego, è da considerare come una persona identificata con un “attestato nominativo” rilasciato dal Questore, legalmente residente e domiciliata in Italia in

  base ad un riconoscimento e ad una documentazione proveniente dalla PubblicaAmministrazione, che sarebbe anzi tenuta a rilasciare l’attestato nominativo all’interessato, conimmediatezza, e non a trattenere tale attestazione presso gli uffici, per tutta la durata della

 procedura e nelle fasi del ricorso giurisdizionale. Spesso si verifica invece che tale consegnaimmediata al richiedente asilo non avviene, con successive difficoltà di accesso ai diritti e didifesa qualora la persona venga trasferita successivamente da una ad un’ altra delle numerosestrutture di accoglienza predisposte sul territorio nazionale.Una lettura orientata in senso costituzionale della normativa oggi vigente sul patrocinio a spesedello stato, con riguardo ai richiedenti asilo, non può considerarli in una posizione peggiore

degli immigrati irregolari, o altre volte ritenerli alla stessa stregua degli immigrati regolari per ragioni economiche, e condurre a soluzioni applicative che risultino in contrasto con ilriconoscimento costituzionale del diritto di asilo o con il diritto di difesa garantito dall’art. 24della Costituzione, oltre che dalle Convenzioni Internazionali sottoscritte dall’Italia e dalleDirettive comunitarie..Occorre pertanto richiamare quanto affermato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n.144del 2004, seppure relativa al diverso caso di immigrati irregolari, e non richiedenti asilo dotatidi uno status legale, almeno fino alla definizione dei mezzi di ricorso. In quella sentenza laCorte Costituzionale stabiliva la irrilevanza del possesso del codice fiscale ai fini dell’accessoall’istituto del gratuito patrocinio. Osservava la Corte come l’obbligo di produrre il codicefiscale si configurerebbe come un «mero adempimento burocratico privo di giustificazione»,

 perché gli immigrati non in regola con la legge non possono avere codice fiscale, quindi il suomancato possesso non sarebbe “imputabile allo straniero ma ad una impossibilità giuridica dicarattere oggettivo”.Si deve anche ricordare come l’istituto del patrocinio a spese dello stato ha recentementeampliato la sua portata applicativa. Con la sentenza n. 254 del 2007 la Corte Costituzionale hariconosciuto al cittadino straniero, imputato in un procedimento penale e ammesso al

  patrocinio a spese dello stato, che non conosce la lingua italiana, di nominare un propriointerprete. La Corte rileva che “il riconoscimento in capo all'imputato straniero che nonconosce la lingua italiana del diritto di nomina di un proprio interprete non può, in virtù dei

 principi sopra esposti, soffrire alcuna limitazione. Invero, l'istituto del patrocinio a spese delloStato, essendo diretto a garantire anche ai non abbienti l'attuazione del precetto costituzionaledi cui al terzo comma dell'art. 24 della Costituzione, prescrive che a questi siano assicurati imezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione e ciò in esecuzione del principio

 posto dal primo comma della stessa disposizione, secondo cui tutti possono agire in giudizio

 per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.La decisione della Corte conferma come il legislatore, anche tenendo conto del principio diuguaglianza affermato dall’art. 3 della Costituzione, può variamente disciplinare le condizionisoggettive di accesso all’istituto del patrocinio a spese dello Stato, ma sempre entro i limitidella ragionevolezza e della non discriminazione, oltre che nel rispetto dei principifondamentali come gli art. 10 e 24 affermati dalla Carta Costituzionale.. Come si è visto,

 peraltro, lo stesso legislatore, anche a seguito delle difficoltà interpretative che si segnalavanoin passato, con il D.Lgs. n.25 del 28 gennaio 2008 ha espressamente previsto la ammissione al

  patrocinio a spese dello stato in favore dei richiedenti asilo o altro status di protezioneinternazionale che intendano proporre ricorso contro la decisione negativa della Commissioneterritoriale.Si può osservare in conclusione che se dovessero prevalere ancora considerazioni meramente

formali, o peggio, esclusivamente orientate ad esigenze di contenimento della spesa, sullaquale si può invece intervenire nella fase di liquidazione dei compensi agli avvocati, si

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negherebbe effettività al diritto di difesa tramite il patrocinio a spese dello stato, violando i  precetti costituzionali, a partire dagli articoli 3,10 e 24, ed i richiami normativi, interni ecomunitari, richiamati in precedenza.

Diritti connessi al riconoscimento della protezione internazionaleLa nuova disciplina introduce significativi miglioramenti alla condizione dei rifugiati e dei

 protetti sussidiari. Si allunga il periodo di validità del permesso di soggiorno per rifugiati che passa da 3 a 5 anni, rinnovabile e che al primo rinnovo permetterà al titolare di presentarerichiesta di cittadinanza italiana.I titolari di protezione sussidiaria avranno un permesso triennale, rinnovabile previa la verificadelle condizioni che ne hanno permesso il rilascio e convertibile in un permesso di soggiorno

 per motivi di lavoro in presenza dei requisiti previsti per legge.Restano invariate le disposizioni in merito al rilascio del titolo di viaggio per i titolari di

  protezione sussidiaria, con prassi molto differenti sul tutto il territorio nazionale a causadell’ampia discrezionalità riconosciuta al Questore nel riservarsi i criteri per definire quandoricorrano fondate ragioni che non consentono al protetto sussidiario di chiedere il passaportoalle autorità del suo paese.

Il decreto “qualifiche” riconosce ai titolari di protezione sussidiaria il diritto alricongiungimento alle condizioni previste per i cittadini stranieri.Il decreto “qualifiche” prevede inoltre che ai protetti sussidiari e ai rifugiati venganoriconosciute lo stesso trattamento in materia di assistenza sociale e sanitaria riconosciuto alcittadino italiano, come stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Tale chiarificazione dovrebbesuperare l’impasse che escludeva i rifugiati da alcune prestazioni socio assistenziali a causadella mancanza della carta di soggiorno ( ora permesso di soggiorno per lungo soggiornantiCE) – come stabilito dalla legge finanziaria 2001. L’equiparazione già stabilita dallaConvenzione di Ginevra ed ora ribadita dalle disposizioni normative dovrebbe definitivamenteammettere rifugiati e protetti sussidiari al beneficio di tutte le prestazioni socio assistenziali

 previste per i cittadini – invalidità civile, assegno di accompagno, assegno di maternità.

***

 DIRITTO DI ASILO COSTITUZIONALE 

I padri della costituenti, prima ancora del Legislatore internazionale, avevano individuato ildiritto di asilo fra il principi fondamentali dell’ordinamento italiano, votando praticamenteall’unanimità, nell’aprile del 1947, il comma 3 dell’articolo 10 della costituzione italiana ecostruendo così, in quella sede, il diritto di asilo costituzionale come quel diritto soggettivoesercitato in Italia da chi si veda impedito nel proprio paese di origine nell’esercizio di queidiritti riconosciuti dalla carta costituzionale italiana.Lo scopo dei costituenti è stato fin da subito quello di assicurare la protezione, all’indomanidella seconda guerra mondiale, l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla

Costituzione italiana a quanti fosse stato negato, indipendentemente dall’appartenenza politicae a prescindere dalla persecuzione o dal timore di persecuzione:“  Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertàdemocratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” .Il legislatore costituente ha pertanto innalzato il diritto di asilo fra i diritti fondamentali dellacostituzione italiana attribuendo a tale diritto la natura intrinseca di diritto soggettivo e non dimero interesse legittimo.La natura del diritto all’ asilo costituzionale distanzia immediatamente tale diritto dal merointeresse legittimo proprio di gran parte delle procedure che riguardano la condizione giuridicadello straniero, a parte il diritto alla unità familiare e la libera circolazione dei cittadinicomunitari. Pertanto l’istanza del richiedente asilo prevede l’esercizio di un diritto che non siidentifica nel mero riconoscimento di una protezione da parte dell’ordinamento italiano, ma

nella libertà di vedersi tutelato, lì dove siano stati violati nel paese di origine quegli stessi diritti

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e quelle libertà tutelati dalla costituzione italiana, il diritto di asilo nell’ordinamento italiano daintendersi come diritto soggettivo del singolo e dunque come obbligo dello stato.La norma ascritta al comma 3 dell’articolo 10 della Costituzione italiana riconosce un dirittoall’ingresso ed al soggiorno per tutti coloro che desiderino presentare domanda di asilo per laviolazione di una di quelle libertà tutelate dalla carta costituzionale italiana . Si badi che il

diritto all’ingresso, pur non essendo riconosciuto esplicitamente nell’ordinamentointernazionale, rappresenta, come sottolineato in dottrina la condicio sine qua non per l’esercizio del diritto di asilo stesso10.La natura del richiedente asilo quale titolare di diritto soggettivo separa nettamente ilrichiedente asilo stesso dal cittadino straniero, il quale è per lo più titolare di un interesselegittimo a fare ingresso e presentare una istanza allo Stato.Pertanto il comma 3 dell’articolo 10 della costituzione italiana dovrebbe già servire da monitoal legislatore italiano per non confondere il richiedete asilo con il migrante irregolare.Il diritto di asilo prima ancora della ratifica delle Convenzione di Ginevra con la legge 722 deltrovava fondamento in una disposizione costituzionale e pertanto entrava pienamente quale

 principio fondante il sistema democratico del modello costituzionale italiano .Se si analizza il diritto di asilo internazionale, si vede come, a differenza di quello italiano non

 preveda l’esplicito riconoscimento di un diritto soggettivo a chiedere asilo e fare ingresso nel

territorio dello stato per ivi esercitarvi un diritto soggettivo.Il comma 3 dell’articolo 10 della costituzione italiana è stato per anni fonte di dibattitodottrinale poiché ci si è chiesti se avrebbe avuto bisogno di una norma di attuazione o potevadirettamente essere esercitato.Una soluzione a tale interrogativo a favore del diritto di asilo riconosciuto nell’ordinamentoitaliano come diritto soggettivo perfetto si è delineata a partire dalla famosa sentenza Ocalannella quale il Tribunale ordinario di Roma il 1 ottobre 1999 ha riconosciuto un dirittosoggettivo perfetto a chiedere asilo direttamente applicabile, indipendentemente dalla presenzadi una legge ordinaria di attuazione .Una volta respinti i presupposti di inammissibilità avanzati dal Governo italiano infatti, ilgiudice di Roma adito, ha riconosciuto il diritto di asilo costituzionale a Ocalan ritenendo, in

 base alla documentazione prodotta ( i dossier sulla situazione dei diritti umani in Turchiaredatti tra l'altro dal Dipartimento di Stato USA, dal Parlamento europeo, da AmnestyInternational, le pronunce di condanna della Turchia da parte della Corte europea dei dirittidell'uomo, ecc) e alle risultanze di prove testimoniali, l'esistenza del presupposto di basedell'assenza in Turchia delle libertà democratiche riconosciute, invece, dalla Costituzioneitaliana, con particolare accenno al rispetto dell'integrità della persona, al rispetto delle libertàcivili, alla proibizione della discriminazione in relazione alla razza.Secondo il giudice di Roma, inoltre, la previsione costituzionale dell'asilo politico va integratae completata alla luce di quella sul divieto di estradizione dello straniero per motivi politici(art. 10.4 Cost. ) successivamente ribadito sul piano internazionale dalla Convenzione Europeadi estradizione di Parigi del 1957 che stabilisce, ad ulteriore garanzia dell'estradando, chel'estradizione non verrà concessa nel caso in cui lo Stato richiesto "abbia dei seri motivi dicredere che la domanda, pur motivata da un reato di diritto comune, sia stata presentata per 

 perseguire o punire un individuo per considerazioni di razza, religione, nazionalità ed opinioni

 politiche oppure che la situazione di detto individuo rischi di essere aggravata da una qualsiasidi queste ragioni".Il giudice in tale sentenza ha respinto la tesi del Governo italiano costituitosi, dell'infondatezzadell'istanza di asilo per la sopravvenuta mancanza nell'attore dell'interesse ad agire, in ragionedel suo abbandono del territorio italiano e della sua attuale condizione di detenuto in Turchia .La Corte di cassazione italiana per un breve periodo in due sentenze n.8323/2004 e n.25020/2005, ha inteso il diritto di asilo solo come “diritto ad accedere nel territorio delloStato al fine di esperire la procedura per ottenere lo status di rifugiato, e non ha contenuto piùampio del diritto ad ottenere il permesso di soggiorno temporaneo ex art. 1 comma 5 del D.L.n.416/89 convertito nella legge n.39/89”, questo in pieno contrasto con la precdente decisionedella stessa Corte di cassazione a Sezioni Unite n. 467/97 avesse ricordato come - asilo e statusdi rifugiato siano due categoria che restano ontologicameente distinte nella nozione, nel

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M. BENVENUTI, Andata e ritorno per il diritto di asilo costituzionale, in Diritto Immigrazione eCittadinanza, Franco Angeli editore XII, 2-21010.

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contenuto, nell'onere probatorio in quanto al richiedente asilo non è chiesta la prova del presupposto della persecuzione , essendo solo unico l'iter procedimentale". Questa posizionedella Cassazione è stata definitivamente superata dalla sentenza a S.U. del 2008 n 27310 dovela con la quale la Corte di Cassazione ha espressamente ricordato come l’onere probatorio incaso di impugnazione a seguito di diniego della domanda di protezione internazionale spetti

anche al giudice e non solo al richiedente asilo, in questa decisione la Suprema Corte ha anchedefinitivamente chiarito che: “ In tema di riconoscimento dello status di rifugiato, la SupremaCorte ha stabilito che, anche sotto il vigore dell’art. 1 del d.l. n. 416 del 1989, conv. in l. n. 39del 1990, i principi regolatori dell’onere della prova, incombente sul richiedente, devonoessere interpretati prendendo in considerazione i criteri della Direttiva 2004/83/CE (attuatacon d.lgs. n. 251 del 2007), nonostante la mancata scadenza del termine di recepimentointerno. Alla luce di questi criteri ermeneutici, applicabili anche alle norme non di derivazionecomunitaria, la S.C. ha ritenuto che si deve tenere conto della credibilità del richiedente edella concreta possibilità di fornire i riscontri probatori necessari, ravvisando a carico del  giudice un dovere di cooperazione e più ampi poteri istruttori officiosi, nell’accertamento dei fatti rilevanti per il riconoscimento dello status di rifugiato, peraltro pienamente compatibilicon il rito camerale, ritenuto applicabile anche nel vigore dell’art. 1 d.l. n. 416 del 1989 conv.in l. n. 39 del 1990, prima dell’entrata in vigore dell’art. 35 d.lgs. n. 25 del 2008, attuativo

della Direttiva 2005/85/CE.”

GIURISPRUENZA:

-  Corte di cassazione - Sezione VI civile - Ordinanza 27 luglio 2010 n. 17576: Allostraniero, condannato nel suo Paese per le opinioni politiche difformi da quelle del Governo,

 può essere concessa la protezione internazionale in Italia. La Cassazione ha accolto il ricorso diun cittadino turco appartenente a un movimento politico di etnia curda, il quale ha chiesto asilo

 politico in Italia per paura di essere sottoposto a persecuzioni nel proprio Stato di origine. LaCassazione, in particolare, ha affermato che la persecuzione politica sussiste anche quandovengano legalmente adottate sanzioni penali all'esito di un regolare processo a carico di chi haespresso mere opinioni politiche. Al contrario, ha concluso il collegio, non può essereconsiderata persecuzione la repressione adottata con sanzione penale dell'attività di diincitamento alla violenza;

-Corte di Cassazione Sez. Prima - Ord. del 03.05.2010, n. 10636: il decreto del Giudice di

Pace di Caserta in questa sede impugnato - nell’affermare cheil ricorrente aveva inoltrato istanza di riconoscimento dello status rifugiato, ottenendo permesso di soggiorno per richiesto asilo politico, e che tuttavia la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato con provvedimento del 23 settembre 2004non aveva riconosciuto al richiedente tale stato, traendone la conseguenza che il decretodi espulsione era stato regolarmente emesso, in quanto lo straniero non era risultatoessere in possesso di alcun permesso di soggiorno, e nell’omettere di pronunciarsi sulconcreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o atrattamenti inumani e/o degradanti in caso di espulsione nel paese di origine, pericoloconcreto che, se accertato, avrebbe comportato una situazione ostativa all’espulsionedello straniero - non si è uniformato al disposto del citato art. 19, comma 1, del d. lgs.1998/286 e ai principi di diritto in precedenza enunciati, atteso che l’istituto del divieto diespulsione o di respingimento previsto dalla richiamata disposizione costituisce una

misura di protezione umanitaria ed a carattere negativo, che non conferisce, di per sé, al beneficiario alcun titolo di soggiorno in Italia, ma solo il diritto di non vedersi nuovamente

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immesso in un contesto di elevato rischio personale, spettando al giudice di valutare inconcreto la sussistenza delle allegate condizioni ostative all’espulsione o al respingimento(Cass. 2004/8423; 2006/3845);

-CGCE SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 17 giugno 2010, Direttiva

2004/83/CE – Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, dellaqualifica di rifugiato – Apolide di origine palestinese che non ha chiesto la protezione ol’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi

 palestinesi nei paesi del Vicino Oriente (UNRWA) – Domanda per il riconoscimento dellostatus di rifugiato – Rigetto dovuto alla non sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 1,sezione A, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio1951 – Diritto di detto apolide al riconoscimento dello status di rifugiato in forza dell’art. 12, n.1, lett. a), secondo periodo, della direttiva 2004/83;

-CGCE, SENTENZA DELLA CORTE (GRANDE SEZIONE) 2 MARZO 2010

( cessazione status di rifugiato)

«Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di

rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Qualità di “rifugiato” – Art. 2, lett. c) – Cessazione dello status di rifugiato – Art. 11 – Cambiamento delle circostanze – Art. 11, n. 1,lett. e) – Rifugiato – Timore infondato di persecuzioni – Valutazione – Art. 11, n. 2 – Revocadello status di rifugiato – Prova – Art. 14, n. 2»

 Nei procedimenti riuniti C 175/08, C 176/08, C 178/08 e C 179/08, aventi ad oggetto domandedi pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, dalBundesverwaltungsgericht (Germania), con decisioni 7 febbraio e 31 marzo 2008, pervenute incancelleria il 29 aprile 2008, nelle cause Aydin Salahadin Abdulla (C 175/08), Kamil Hasan (C176/08), Ahmed Adem, Hamrin Mosa Rashi (C 178/08), Dler Jamal (C 179/08) controBundesrepublik DeutschlandLA CORTE dichiara:1) L’art. 11, n. 1, lett. e), della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante

norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato odi persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sulcontenuto della protezione riconosciuta, deve essere interpretato nel senso che: – una persona

 perde lo status di rifugiato quando, considerato un cambiamento delle circostanze avente uncarattere significativo e una natura non temporanea, occorso nel paese terzo interessato,vengano meno le circostanze alla base del fondato timore della persona stessa di essere

 perseguitata a causa di uno dei motivi di cui all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, motivi per i quali essa è stata riconosciuta come rifugiata, e non sussistano altri motivi di timore di«essere perseguitat[a]» ai sensi dell’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83;

 – ai fini della valutazione di un cambiamento delle circostanze, le autorità competenti delloStato membro devono verificare, tenuto conto della situazione individuale del rifugiato, che ilsoggetto o i soggetti che offrono protezione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2004/83abbiano adottato adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori, che

quindi dispongano, in particolare, di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare,di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione e che il cittadinointeressato, in caso di cessazione dello status di rifugiato, abbia accesso a detta protezione;

 – i soggetti che offrono protezione ex art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva 2004/83 possonocomprendere organizzazioni internazionali che controllano lo Stato o una parte consistente delsuo territorio, anche per mezzo della presenza di una forza multinazionale su tale territorio.2) Quando le circostanze in base alle quali lo status di rifugiato è stato riconosciuto abbianocessato di sussistere e le autorità competenti dello Stato membro verifichino che non ricorronoaltre circostanze che giustifichino il fondato timore della persona interessata di essere

 perseguitata, per il medesimo motivo di quello inizialmente rilevante o per uno degli altrimotivi elencati all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, il criterio di probabilità per l’esamedel rischio derivante da dette altre circostanze è lo stesso criterio applicato ai fini dellaconcessione dello status di rifugiato.

3) L’art. 4, n. 4, della direttiva, nella misura in cui fornisce indicazioni quanto alla portata, intermini di forza probatoria, di atti o minacce precedenti di persecuzione, può applicarsi quando

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le autorità competenti considerino di revocare lo status di rifugiato ai sensi dell’art. 11, n. 1,lett. e), della direttiva 2004/83 e l’interessato, per giustificare il permanere di un fondato timoredi persecuzione, faccia valere circostanze diverse da quelle sulla cui base era stato riconosciutocome rifugiato. Tuttavia, ciò potrà di regola verificarsi solamente quando il motivo di

 persecuzione sia diverso da quello considerato al momento del riconoscimento dello status di

rifugiato e vi siano atti o minacce precedenti di persecuzione i quali sono collegati al motivo di persecuzione esaminato in tale fase.

- ECJ JUDGMENT OF THE COURT (Grand Chamber) 17 February 2009,

In Case C-465/07,

REFERENCE for a preliminary ruling under Articles 68 EC and 234 EC from the Raad

van State (Netherlands), made by decision of 12 October 2007, received at the Court on

17 October 2007, in the proceedings

Meki Elgafaji,

Noor Elgafaji

(Directive 2004/83/EC – Minimum standards for determining who qualifies for refugee

status or for subsidiary protection status – Person eligible for subsidiary protection – 

Article 2(e) – Real risk of suffering serious harm – Article 15(c) – Serious and individual

threat to a civilian’s life or person by reason of indiscriminate violence in situations of 

armed conflict – Proof )

-Tribunale di Palermo, Decreto dell'11 Dicembre 2009: é illegittimo il diniego al rinnovo diun permesso di soggiorno per protezione umanitaria senza il pronunciamento dellaCommissione nazionale asilo-Corte di Cassazione Sentenza del 27 ottobre 2009, depositata il 15 dicembre 2009, n.26253: la domanda di asilo presentata alla polizia di frontiera durante i controlli identificatividallo straniero in condizione irregolare deve essere sempre raccolta e comporta il divieto direspingimento;-Consiglio di Stato ordinanza n 669/2009, divieto di respingimento verso la Grecia dirichiedenti asilo afgani, pericolo per impossibilità di accedere ad una procedura asilo, stato di

detenzione;-Tribunale di Trieste Sentenza del 17 agosto 2009 n. 304/2009: ha diritto allo status dirifugiato il richiedente che subisce atti persecutori nel Paese di origine in ragione del suoorientamento sessuale e non può invocare la protezione delle autorità poiché lì l’omosessualitàcostituisce un reato-Corte di Cassazione Sentenza del 19 maggio 2009 n°11535: la Commissione Territoriale ècompetente a valutare la posizione del richiedente asilo.-Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza del 21 aprile 2009 , depositata il 19maggio 2009, n. 11535: le Commissioni territoriali competenti a decidere delle domande diasilo devono, nei casi in cui non accolgano la domanda di protezione umanitaria, trasmetteregli atti al Questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno, quando ricorrano gravimotivi di carattere umanitario, e sussiste la giurisdizione del giudice ordinario su un

 provvedimento del Questore di diniego di rilascio del permesso di soggiorno per motivi

umanitari, richiesto ai sensi dell'art. 5, sesto comma del d.lgs n. 286 del 1998.-Corte di Cassazione Sezioni Unite sentenza del 17 novembre 2008 n 27310: In tema diriconoscimento dello status di rifugiato, la Suprema Corte ha stabilito che, anche sotto il vigoredell’art. 1 del d.l. n. 416 del 1989, conv. in l. n. 39 del 1990, i principi regolatori dell’oneredella prova, incombente sul richiedente, devono essere interpretati prendendo inconsiderazione i criteri della Direttiva 2004/83/CE (attuata con d.lgs. n. 251 del 2007),nonostante la mancata scadenza del termine di recepimento interno. Alla luce di questi criteriermeneutici, applicabili anche alle norme non di derivazione comunitaria, la S.C. ha ritenutoche si deve tenere conto della credibilità del richiedente e della concreta possibilità di fornire iriscontri probatori necessari, ravvisando a carico del giudice un dovere di cooperazione e piùampi poteri istruttori officiosi, nell’accertamento dei fatti rilevanti per il riconoscimento dellostatus di rifugiato, peraltro pienamente compatibili con il rito camerale, ritenuto applicabileanche nel vigore dell’art. 1 d.l. n. 416 del 1989 conv. in l. n. 39 del 1990, prima dell’entrata in

vigore dell’art. 35 d.lgs. n. 25 del 2008, attuativo della Direttiva 2005/85/CE. (Nel caso di

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specie la S.C. ha cassato la pronuncia di merito perché non aveva ritenuto ammissibile la provatestimoniale richiesta in secondo grado, sul rilievo che essa non fosse stata articolata per capitoli separati, e, reputando insufficienti le dichiarazioni del richiedente in ordine alla

  professione religiosa sciita e all’appartenenza alla minoranza curda nonostante l’attestataconoscenza di tale idioma, aveva rigettato la domanda) La Suprema corte ha fatto esplicito

riferimento al paragrafo 196 del Manuale UNHCR;-Corte di Cassazione Ordinanza del 19 giugno 2008 n. 16730 : se avverso l’espulsione siinvocano motivi religiosi va presentata istanza di riconoscimento dello status di rifugiato;-Tribunale del Lavoro di Milano - sentenza n. 373/08 depositata il 31 Gennaio 2008: icittadini stranieri con status di rifugiato sono equiparati ai cittadini italiani in materia diassistenza sociale, ad esempio la corresponsione dell’indennità di accompagnamento exL.18/80;-Corte di Cassazione ordinanza del 28 aprile 2006 : individuazione del Tribunale civilecompetente a ricevere i ricorsi avverso le pronunce negative emesse dalle CommissioniTerritoriali;-Corte di Cassazione - Sentenza del 25 novembre 2005 n. 25028: distinzione fra asilato erifugiato;-Corte di Cassazione - Sentenza del 21 marzo 2005 n. 6077: una mera enunciazione di

condizioni personali e familiari appare inidonea a rappresentare le condizioni legali per l'ottenimento dello status di rifugiato e quindi ad attivare la relativa procedura diriconoscimento-Corte di Cassazione - Sentenza del 2 febbraio 2005 n. 2091: non spetta il riconoscimentodello status di rifugiato a qualunque soggetto che si allontani da un paese nel quale,notoriamente, sussista grave e diffusa compressione dei diritti civili, spettando lo status solo acolui che versi nel fondato timore di essere personalmente perseguitato inragione delle proprieidee o della propria condizione.-Tribunale di Catania - Sentenza del 15 dicembre 2004 n. 4010: l'Asilo costituzionale è undiritto che si può esercitare anche in mancanza di una legge specifica-Tribunale di Catania - Decreto cautelare del 5 agosto 2004 : non è espellibile chi è in attesadella risposta relativa alla richiesta di asilo ai sensi art. 10 Cost

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