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1 EVENTI ESTATE 2015 VAL DI CEMBRA LINEE DI DIVISIONE, PUNTI DI INCONTRO GRUMES

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EVENTIESTATE2015

VAL D

I CEM

BRA

LINEE DI DIVISIONE,PUNTI DI INCONTRO

GRUMES

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Nel 2015 la Sviluppo Turistico Grumes ha co-struito la proposta culturale attorno al tema dei"Confini" intitolando il progetto: "Confini: linee didivisione, punti di incontro".

I confini sono tracciati per creare differenze, perdistinguere un luogo dal resto dello spazio, un pe-riodo dal resto del tempo, una categoria di creatureumane dal resto dell'umanità... una modalità di es-sere e vivere lungo il filo che distingue e unisce allostesso tempo.

Il festival di Grumes ha visto, da luglio a dicem-bre, svariate iniziative focalizzate su un tema che sipresta a infinite sfumature e interpretazioni, reseancor più attuali dalle cronache tormentate dei no-stri giorni tra globalizzazione, chiusure di confini,emigrazioni di massa, terrorismi senza patria,guerre senza frontiere.

Lo spunto tematico è venuto dalla particolareposizione di Grumes (e in generale dalla spondadestra della Valle di Cembra) che “confina” con Sa-lorno e con la Provincia di Bolzano e dalle iniziativedi collaborazione e conoscenza e promozione dellacomune montagna intraprese in questi anni. Il fe-stival di eventi estivi ha sviluppato chiavi di analisied interpretazione diverse a seconda delle varie at-

tività culturali.La "Musica oltre i confini" di Trentino Girofolk,

organizzato dalla Federazione Circoli Culturali e Ri-creativi del Trentino con la collaborazione del set-tore associazionistico locale, in occasione dellaFesta degli Alpini, ha visto protagonista il quintettomultietnico Safar Mazì che, spaziando musical-mente dal Mediterraneo al Medio Oriente, ha datovita a ritmi insoliti e momenti di grande poesia. IlRifugio Potzmauer è stato invece palcoscenico peri Contrada Lamierone. I quattro componenti delgruppo, di varie provenienze musicali, hannocreato melodie coinvolgenti attingendo alla musicapopolare di differenti origini.

Notevole il successo del concerto degli Apocrificon tributo alla musica senza confini di spazio e ditempo di Fabrizio de Andrè e la rassegna di filmcurata da Rudi Mengotto con quattro splendidi filmcon diverse visioni del concetto di confine. Nel pro-getto si è dato spazio al trekking e alla scopertanaturalistica. Con l'“E-bike Tour dei Confini” del12 settembre, lungo l’itinerario del Trekking degliAntichi Laghi lungo il confine tra Trentino e Alto-Adige in sella a una bicicletta elettrica e durante “IColori del Bosco”, il 25 ottobre per un trekking na-

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turalistico guidato nella Rete delle riserve Alta Valledi Cembra-Avisio, tra Valda, Faver e Grumes.

Fulcro del progetto culturale sono state le mo-stre. A luglio la mostra “1915-1918 La Guerra suiConfini” (curata da Fulvio Aviani, capogruppo Al-pini di Cividale Esterno), per ricordare gli avveni-menti della Grande Guerra nella regione alpina eTrentina mettendo in luce l'aspetto drammaticodella lotta per i confini e i territori. Ad agosto aGrumes e poi a novembre a Salorno: “Confini,linee di divisione, punti di incontro” redatta daRoberto Bazzanella e curata e allestita da Pio Riz-zolli. Quest’ultima mostra ha offerto la possibilitàdi osservare mappe storiche e antichi documentiche ci raccontano la storia delle comunità cem-brane e delle liti per i confini tra loro e con Salorno.La riproduciamo nell’inserto allegato a Grumes-scrive 2015 allo scopo di consentire una diffusionedi conoscenze e tematiche che la mostra da solanon è riuscita a conseguire.

Alla mostra hanno fatto da corollario una seriedi conferenze di approfondimento delle tematichedel progetto: con Annibale Salsa -antropologo- chea Grumes e a Salorno ha parlato delle Alpi comecerniera, crocevia di incontri, scambi, partenze e ri-

torni; Alberto Folgheraiter che ha presentato il suolibro “Un popolo, due patrie” ricostruendo la vi-cenda del popolo trentino drammaticamente con-teso tra due patrie nel vortice della Grande Guerra;Gigi Zoppello che ci ha offerto un'interessante sto-ria del camminare; Marcello Farina, il “prete filo-sofo” che ha tenuto una seguitissima e pregnanteconferenza dal titolo “Dentro, fuori, sui confini”(vedere inserto).

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LE ALPI: TERRE DI CONFINE? Alpi barriera / Alpi cerniera

Prendo spunto da una lettera pubblicata sul-l’Adige di Domenica 10 novembre 2013 limita-tamente alla questione “barriera alpina”. Comestudioso e frequentatore dell’intero arco alpino,che a scuola ci veniva proposto attraverso lascansione “Ma.Con.Gran-Pena-Le-Re-Ca-Giu”,vorrei soffermarmi sul ruolo geo-politico della ca-tena alpina nella storia delle Alpi. Il passaggiodella lettera che desidero evidenziare si riferisceall’affermazione secondo cui: “La montagna è,di per sé, barriera fisica”. Non vi è alcun dubbioche le Alpi, e le catene montuose in generale,rappresentino un ostacolo all’attraversamento daparte degli uomini. Si tratta di una verità del tuttoevidente dal punto di vista fisico. Tuttavia la pre-senza di una grande quantità di passi e valichi hareso “poroso” il territorio alpino fin dall’antichità.Ma è soprattutto a partire dal basso Medioevo,dopo l’anno Mille, che si andranno formando at-traverso i passi nuove entità amministrative. Adesse si deve la trasformazione dell’idea di mon-tagna da “barriera geo-fisica” a “cerniera geo-politica”. L’ultima grande antropizzazione delleAlpi, promossa dalla feudalità ecclesiastica deigrandi monasteri e principati vescovili o laica deiducati, delle contee, dei marchesati, ha posto lebasi di quelle entità politiche, che il geografo ba-varese Karl Haushoefer (1869-1946) definirà“Staat-Pass” (Stato di passo). Tali formazioni am-ministrative svolgevano funzioni di controllo ter-ritoriale e sociale delle grandi vie di transitoattraverso i passi alpini. La barriera oro-idrogra-fica delle Alpi non costituiva, allora, un motivovalido per giustificare la creazione di confini po-litici, tanto meno di frontiere lungo la cresta prin-cipale delle Alpi. Queste configurazioni dellospazio orografico hanno interessato, in Europa,

la catena dei Pirenei fino al secolo XVII°. Propriosui Pirenei, dopo la fine della guerra omonima edel relativo Trattato di pace (1659) la frontiera traFrancia e Spagna veniva trasferita sulla crestaspartiacque della catena pirenaica separando laCatalogna storica, che includeva la regione (oggifrancese) di Perpignan, in due stati nazionali. Taleimposizione politico-militare va ricondotta aduna diversa visione degli assetti geomorfologicimontani. Essa è influenzata, sul piano filosofico,dal pensiero razionalista cartesiano. Pensiero im-prontato ad una differente rappresentazionedello spazio geografico in senso geometrico emisurabile. Sulle Alpi, L’operazione di ridefini-zione delle frontiere arriverà più tardi, ad Ovest,con il Trattato di Utrecht (1713). La prima modi-fica degli assetti politico-amministrativi tradizio-nali degli “Stati di Passo”, introdotta in base allanuova concezione di “regione naturale” e di“confine naturale strategico”, verrà recepita fa-vorevolmente dagli apparati militari. Tale teoriasi ispirava alla “teoria delle acque pendenti” o“dottrina dello spartiacque”, formalizzata dalgeografo francese Philippe Buache nell’anno1752, consulente del re di Francia. Nel 1713 laFederazione alpina di Briancon, riconosciuta au-tonoma dal Delfino nel 1343 mediante la con-cessione della “Grande Charte des Escartons”,venne suddivisa tra Francia e Piemonte sabaudo(oggi Italia). Tralasciando altre piccole modificheintervenute a seguito del Trattato di Lione (1601)tra Piemonte e Francia, arriviamo alla secondametà dell’Ottocento in pieno Risorgimento. Nel1860 la Francia, appellandosi alla “dottrina delleacque pendenti”, rivendica il Ducato di Savoia ela Contea di Nizza quale compenso per l’aiutofornito nella seconda guerra di indipendenza

Annibale SalsaGrumes, 21 luglio 2015

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(1859), la guerra contro l’Au-stria che portò all’annessionedella Lombardia al regno diSardegna. Le Alpi occidentalierano ormai “tagliate” sullalinea dello spartiacque princi-pale diventato “frontiera”italo-francese con la nascitadel regno d’Italia e la fine delloStato transalpino sabaudo-pie-montese. Le Alpi centralierano segnate dal confine con la Svizzera. Unpaese di Cantoni confederati, nato nel 1291dalla rivolta dei montanari contri i balivi absbur-gici e che neppure Napoleone osò smembrare innome del centralismo giacobino.

Nessuno stato confinante con la Svizzera hamai rivendicato alcuna forma di annessione neiconfronti della Confederazione (a parte la Ger-mania nazista e un leggero, fallito tentativo diepoca fascista di alimentare un irredentismo subasi linguistiche). Oltre alla Francia napoleonica,neppure la neonata Italia risorgimentale (laSvizzera italiana) ha mai messo in discussione ilfatto che la Confederazione non avesse i “confininaturali” oro-idrografici propri degli Stati-Nazionemoderni, bensì confini improntati al modellomedievale alpino comprensivi di aree di culturaitaliana. Diversa la situazione nelle Alpi orientalidove l’Italia rivendicherà, nei confini dell’Imperoaustro-ungarico, le cosiddette “terre irredente”.Un concetto, quest’ultimo, giustificato dall’ap-partenenza del Trentino e delle provincie giulianealla comunità linguistica italiana (come la Svizzera

italiana attuale, peraltro). Sullabase dell’appartenenza lin-guistica, la dottrina dello spar-tiacque o del confine naturalenon avrebbe funzionato ap-pieno in quanto le comunitàitalofone si fermano in Tren-tino alla chiusa di Salorno,mentre nelle terre giulianeinteressano soltanto una stret-tissima fascia costiera tra

Monfalcone e Fiume. La fine della Grande Guerra(1914-18, MA 1915-18 per l’Italia) sancirà invece,con il Trattato di pace di Saint-Germain-Laye,l’applicazione della dottrina delle frontiere naturalimediante l’attribuzione all’Italia, da parte dellepotenze vincitrici, del Sudtirolo di lingua tedescae dell’alta Valle dell’Isonzo di lingua slovena. Ilconcetto “terre irredente” era soltanto un pretestobelligerante? Le celebrazioni trentine del cente-nario (2014) hanno superato, con il necessariodistacco scientifico-storiografico, ogni forma distrumentalizzazione e di partigianeria. Le cernieradelle Alpi è ritornata, pertanto, ad essere unabarriera lungo la linea divisoria della acque (lineadel Brennero). Anche la seconda guerra mondialeed il conseguente Trattato di pace di Parigi del10 febbraio 1947 hanno riproposto, nelle Alpioccidentali, il criterio idrografico naturale mediantel’annessione francese dell’alla valle Roya (lineadi Tenda). Ma le Alpi continueranno sempre ecomunque a comunicare, a chi le sa interpretarecorrettamente senza pregiudizi, l’immagine diuno spazio aperto.

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ANTICHE VIE, NUOVI PELLEGRINI

Il 14 agosto Gigi Zoppello - scrittore egiornalista di Trento – ha tenuto al Teatrodelle Fontanelle una serata dal titolo “An-tiche vie, nuovi pellegrini”, tutta dedicataal camminare. La narrazione è partita dalsuo viaggio a piedi attraverso il Trentinoche si è svolto nel 2012. Circa 280 chilo-metri in sedici giorni, per scoprire meglio ilcarattere della nostra terra: un viaggio dacui è nato "In lungo, in largo. Due traversate del Tren-tino. A piedi", il libro edito nel maggio 2014 da Va-lentina Trentini, Editore.

Accompagnato da alcune immagini e un brevefilm, il racconto ha portato il pubblico innanzitutto aconoscere anedotti, storie, personaggi, boschi, tra-monti, albe e strade. Ma si è trattato anche di un'ac-corata dichiarazione d'amore per il camminare all'ariaaperta. “Camminare è attività non solo piacevole – hadetto Zoppello – ma necessaria. L'uomo che non cam-mina va incontro ad un deperimento fisico irreversi-bile, come ci insegna il fatto che spesso gli anziani conle fratture degli arti vanno incontro alla morte. Nonper le fratture, ma per l'immobilità conseguente”.Non solo: camminare è un'attività gratuita, che tuttipossono svolgere, e che può migliorare molto la qua-lità di vita di tutti noi.

Lo sanno bene i molti pellegrini moderni che –sulle orme di quelli medioevali – percorrono ogni annoil Cammino di Santiago di Compostela. Perché lofanno? Molti sono spinti dalla spiritualità e dalla fede,eppure la maggior parte lo fa per “mettersi allaprova” o per vivere un'esperienza diversa. “Si trattadi uno degli effetti del camminare a lungo – ha rac-contato Zoppello – ovvero un dilatarsi del tempo, cheincrementa l'attività del cervello e riduce l'ansia, lostress della vita quotidiana. Camminare per giorni èper me un entrare in una specie di bolla spazio-tem-porale, dentro la quale gli affanni della vita di tutti igiorni scompaiono, o appaiono lontani e superflui”.

Lo scrittore di Trento ha anche raccontato del pro-getto di cui si sta occupando in questi giorni: il recu-pero - con l'Associazione Via Romea di Stade e le

associazioni consociate in Germania, Au-stria e Norvegia - di un'antica via di pelle-grinaggio dal Nord della Germania aRoma, che è stata percorsa nello scorsosettembre dal grande Pellegrinaggio Euro-peo "Crossing Borders" (dal Nord dellaNorvegia a Gerusalemme) con un signifi-cativo tratto in Trentino.

Zoppello ha raccontato dell'opera col-lettiva di recupero delle antiche vie dei pellegrini, chesostanzialmente percorrevano i resti delle grandi vieRomane: da Salorno lungo il fianco della Valdadige,verso Faedo, Lavis, Trento e poi in Valsugana sostan-zialmente sul tracciato della Via Claudia Augusta co-struita dai Romani nel primo secolo dopo Cristo.

“Oggi sono cambiate le condizioni ambientali, edi pericoli principali che assillavano i pellegrini antichisono risolti: inondazioni, tratti paludosi invalicabili, be-stie feroci, malattie e ladri che li depredavano non cisono più, ma in compenso oggi i pellegrini che vannoa piedi hanno a che fare con altri pericoli, come il traf-fico automobilistico” ha ricordato Zoppello.

Questa forma di pellegrinaggio – che sia laico o re-ligioso – può diventare secondo il relatore una formadi turismo a sé stante, per una nicchia interessante dipubblico in particolare dell'area germanica. “Chi af-fronta queste esperienze – ha ricordato – è spessopensionato, dispone di tempo e anche di una buonacondizione economica. Cerca sistemazioni e alloggi abuon prezzo, ma complessivamente spende per car-tine topografiche, viveri, pasti, talvolta anche in servizidi guide o accompagnatori del territorio. Chi cam-mina predilige la primavera e l'autunno, quindi portaun reddito aggiuntivo fuori stagione anche alle strut-ture ricettive. Insomma: è un tipo di turismo interes-sante e con numeri in decisa crescita costante.Occorre però essere all'altezza delle richieste: saperaccogliere ospiti che pernottano una sola notte, checercano magari servizi di lavanderia, di connessioneinternet, turisti ai quali raccontare il territorio, la suastoria e le sue opportunità. Con competenza e pas-sione”.

Gigi ZoppelloGrumes, 14 agosto 2015

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"UN POPOLO, DUE PATRIE"Il Trentino nel vortice della Grande Guerra (1914-1918)

Cent’anni e se ne parla ancora. Quella Guerrache fu definita “grande” e che papa Benedetto XIV(1917) bollò come “inutile strage”, dal 2014 è alcentro di convegni di studio, rievocazioni, seminarie manifestazioni. Soprattutto in Trentino-AltoAdige e nella Venezia Giulia, dove la chiamata allearmi si avviò un anno prima rispetto all’Italia.

Di solito, la storia è scritta dai vincitori. In quella guerra i nostri nonni, mandati al fronte

come vittime predestinate nell’estate del 1914, fu-rono dalla parte dei vinti.

Invischiati e coinvolti, loro malgrado, in una“guerra tra parenti” quale fu il primo conflittomondiale. Metà delle teste coronate d’Europa, in-fatti, era imparentata direttamente; l’altra metà pervia dei matrimoni combinati tra le Cancellerie piùche per l’iniziativa dei nubendi.

Quella sterminata carneficina si sarebbe potutae dovuta evitare. Così non fu. Nelle Valli del Tren-tino, quando arrivò l’ordine della mobilitazione ge-nerale, i nostri nonni dovettero lasciare la zappa nelcampo, la falce sul prato, la vacca nella stalla, la fa-miglia in lacrime. Non ne capivano la ragione mafurono costretti a obbedire.

Di sessantamila chiamati alle armi per difenderegli interessi della corona di Vienna, quasi dodicimilafinirono sepolti nei cimiteri improvvisati della Polo-nia e dell’Ucraina, in Galizia.

“Italiani sbagliati” ai quali, per decenni, fu ne-gato dall’Italia perfino l’onore della memoria. Eranomorti da “nemici” anche se figli di una terra che sivoleva a tutti i costi “redenta”.

Per contro, ai poco meno di mille che, allo scop-pio delle ostilità, passati dall’altra parte, si arruola-rono come volontari con la divisa dell’Esercitoitaliano, fu riservato un posto d’onore nei libri distoria e furono alzati monumenti celebrativi a que-gli “irredenti” morti da Italiani, pertanto da eroi.

Dieci mesi dopo l’iniziodella guerra europea,quando pure l’Italia entrònel conflitto, settantacin-quemila civili del Trentinofurono mandati oltreBrennero, deportati o pro-fughi nelle “città dilegno” dell’Austria-Un-gheria; altri trentacinque-mila finirono dispersi in 264 comuni italiani, in unalacerazione che smembrò Comunità e singole fa-miglie. Nel corso del 2014 e nei primi mesi del2015, la rivista “Trentinomese” (Curcu&Genovese)ha dedicato un “racconto a puntate” alla guerrache cambiò i confini d’Europa; che trasformò in ter-ritorio italiano una terra dove i dotti parlavano lalingua di Dante, la stragrande maggioranza dellapopolazione la comprendeva, ma per otto secoliera stata legata all’area tedesca dell’Impero germa-nico e della Contea principesca del Tirolo.

Con un incredibile effetto domino, la guerra del1914-1918 coinvolse 28 Nazioni, tutta l’Europa, gliStati Uniti (dal 1917) e perfino l’Estremo Oriente.

Fu chiamata “Grande” ma solo perché coloroche la subirono o furono costretti a combatterla vi-dero il sangue correre a fiumi e crescere accantosterminate foreste di croci.

Chiamato alle armi con un avviso dal pulpito odalla cartolina-precetto, nell’estate del 1914 un po-polo di contadini-soldati si ammassò sui fronti degliImperi centrali.

Partirono che erano giovani. Coloro ai quali la sorte risparmiò la vita torna-

rono a casa già vecchi. Dopo quattro anni di guerra, i Trentini si ritrova-

rono cittadini italiani. Ma a che prezzo…

Alberto FolgheraiterGrumes, 27 agosto 2015

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DENTRO, FUORI, SUI CONFINI

Parlar del “confine” (o dei confini) è sempre moltocomplicato. Si tratta di un vocabolo che ha molti si-gnificati e che si adatta a interpretare molti aspettidell’esistenza umana, da quelli geografici a quelli po-litici ai tratti personali delle relazioni umane, perfinoal confine ultimo, quello che segna il passaggio dallavita alla morte. “Confine è (dal latino letteralmente“cum-finis”) ciò che mi separa, che fa da forbice diuno spazio uniforme, e nel contempo ciò che mi uni-sce, che ho in comune con l’altro, qualunque cosa l’al-tro o l’oltre sia o significhi. Dentro o fuori, insieme:tale è il confine! Uno spazio tagliato in due!

Ciò fa subito percepire l’ambiguità del confine eanche la sua profonda tragicità: il confine è artificiale,è convenzionale, un dramma che è di tutte le leggidegli uomini, sempre provvisorie, sempre modificabili.È già indicativo comunque che il concetto di confinerichiami immediatamente il concetto di alterità (c’èaltro) e quest’ultimo il concetto di identità (ci sono io).Una catena logica che dovrebbe farci riflettere. Da unlato sull’utilità dei confini (logici e materiali), chespinge ciascuno di noi a chiederci che cosa c’è dall’al-tra parte, quale è e da che parte sta la verità, e dal-l’altro il rischio dei confini, che urge per una sceltaultimativa: dentro o fuori, amico e nemico.

IL NOSTRO TEMPO, IN OCCIDENTE.Si può riconoscere che i processi di globalizzazione

hanno prodotto una compressione spazio-temporaleche ha portato con sé la perdita di confini chiari inquesti due ambiti di esperienza, cioè dello spazio edel tempo. I confini spariscono senza scandalo e sof-ferenza apparente: nell’ambito del mercato, che è di-ventato mondiale, nell’ambito della politica in alcunearee del mondo (come l’Unione Europea) e in ambitodella comunicazione, ma certamente anche in alcunistili di vita e dei luoghi che li rappresentano (le sta-zioni, le città metropolitane, ecc. ecc.).

Internet suscita entusiasmo e ci buttiamo nella fe-lice navigazione dell’ignoto virtuale, nella rete (web)che tutto avvolge, o pretende di avvolgere, nella con-nessione globale. Ci limitiamo a ricordare che Internetmette in crisi, anche nel nostro immaginario, l’idea di

un mondo costruitosul modello centro-pe-riferia (dentro-fuori, sipotrebbe dire): lo spa-zio fisico perde in uncerto senso di impor-tanza, si sviluppano leconnessioni tra mondidifferenti e geografi-camente lontani, in unprocesso di identifica-zione delle relazioni sociali su scala globale (world-wide, appunto, come il web).

Pensare il mondo come rete non significa, però,che non ci siano più dei “centri” (economici, tecno-logici, politici, comunque di potere –che non è scom-parso!-) e nemmeno che spariscono i confini: anzi èvero il contrario, e alcuni centri sono ancora più po-tenti di prima, e alcuni confini diventano addiritturainvalicabili barriere (a cominciare dalla barriera, primae determinante, che separa coloro che hanno accessoalla rete (informatica) e coloro che non ce l’hanno e irispettivi mondi di appartenenza –quelli che “con-tano” in un certo ordine di cose, e quelli che possonoessere solo “contati”).

LA CITTÀ COME “CONFINE”?C’è ancora una finis-terrae in questa situazione:

un “cum-finis”, una traccia che mostri ciò che è den-tro e ciò che è fuori?

Tra le città, sempre più, ci sono strade e ponti. Ep-pure, anche le città non sono, per il fatto di essereplurali e tra loro simili, prive di “muri”: alcuni cadonoo sono spazzati via; altri d’altro genere, ma non menosolidi, si vanno erigendo. Proprio la città diviene, oggi,il luogo privilegiato del confine, il luogo della diffe-renza e della molteplicità dei centri e dei riferimentisimbolici e di potere, lo spazio del possibile incontrocon l’altro. La metropoli moderna risulta solo dall’in-sieme di tante città diverse costruite dalle specifichecittà che i suoi abitanti immaginano e utilizzano. Coe-sistono mescolati, intricati l’uno con l’altro, diversi Noicon i loro territori e i loro confini e ogni abitante della

Marcello FarinaGrumes, 18 settembre 2015

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metropoli non solo è chiamato nella sua esperienzaurbana quotidiana ad attraversare confini e a incon-trare diversi Noi, ma sempre più spesso cambia il Noiin cui egli si riconosce in base alle relazioni in cui sitrova inserito. Esiste, allora, a costruire la stessa me-tropoli, la citta dell’abbiente e dell’emarginato, delgiovane e dell’anziano, dell’uomo e della donna, delsingle e dello sposato, del cristiano e del musulmano,dell’ecologista e del consumista, del solidale e del-l’egoista, del felice e dell’arrabbiato, del dominante edel dominato… E molto spesso ci troviamo a passare,nella stessa giornata, dalla città degli uni alla cittàdegli altri. Siamo sempre meno residenti di una cittàe sempre più nomadi, viaggiatori della città, su unconfine che porta con sé contrattazioni, conflitti, ac-cordi e scontri.

Questa condizione di viaggiatori e di nomadi ur-bani ci espone infatti, continuamente all’esperienzadel confine, con un Altro concreto e capace di azione,che è attivo, risponde, resiste. L’Altro mette in discus-sione le nostre certezze, ci ricorda che ogni nostraazione e ogni nostro confine sono il risultato di unascelta tra le possibili alternative.

ESITI POSSIBILI DEL CONFRONTO CON L’ALTROLa proliferazione dei confini dentro la città non è

certo sufficiente a trasformarli in luogo di confrontoreale con l’Altro. La vicinanza di per sé non producenecessariamente né amore, né violenza, né solida-rietà, né guerra.

Se prevale la paura, allora è probabile che si cerchidi restaurare un ambiente apparentemente protettoe sicuro rafforzando i confini, ritagliandovi uno spaziofortificato, dove l’Altro è espulso, zittito, eliminato. Lapaura prevale sulla meraviglia e l’Altro viene vistocome minaccia per Noi. Nel confronto l'altro colpisceper la sua differenza, percepita come tentativo di ma-nipolare, colonizzare o distruggere il Noi. Il lavoro, lacasa, l’assistenza sociale o è per Noi o è per Loro: laloro moschea è riduzione della nostra libertà religiosa.

Ma se la meraviglia e la curiosità riescono a preva-lere sull’incertezza e sul senso della perdita di riferi-menti, è allora possibile accettare l’esperienza delconfine come luogo abitabile: luogo in cui diversi siscambiano esperienze, memorie, visioni del mondo,come base e supplemento per la difesa dei loro diversiinteressi.

IL RITORNO DELLE FRONTIERECome abbiamo già avuto modo di constatare, la

globalizzazione, in corso ormai da tre decenni, deimovimenti di merci e di capitali ha determinato il pro-gressivo affrancamento delle relazioni economiche(del mercato) dalle barriere doganali e da tanti altristeccati vigenti in passato. A sua volta l’espansionedei mezzi di comunicazione di massa e gli sviluppi diinternet stanno scardinando o aggirando certe rigideinterdizioni alla libera circolazione di idee e informa-zioni. Tuttavia sembra che oggi questa duplice aper-tura di orizzonti, che scardina confini secolari(riguardanti le merci e le comunicazioni) non sia unadirettrice di marcia destinata ad avere invariabilmentela meglio, così da dissolvere prima o poi, o comunqueda assottigliare, qualsiasi genere di chiusura e di osta-colo ad un ampliamento di visuali e di rapporti fra dif-ferenti popoli e contrade.

Anzi, si sta assistendo negli ultimi tempi al ritornodelle “frontiere”. E non solo perché esse si sono frat-tanto estese di numero in seguito alla comparsa daldopoguerra ad oggi di altri 62 stati sovrani (sommatisiman mano ai 91 già esistenti) quale risultato di variprocessi di emancipazione nazionale o di frantuma-zione di compagini politiche precedenti, ma perché,in questa proliferazione di nuove entità statuali, sononati nuovi confini, si sono moltiplicati regolamentifrontalieri composti sovente da norme e forme di con-trollo talmente pesanti e pregiudiziali da inibire nor-mali rapporti di scambio e di buon vicinato.

Così le frontiere che si credeva fossero “abolite”(sbiadite) o prossime a diventarlo, sono invece rie-messe alla ribalta “aggressive, proliferanti, e spessotrasformate in mura insuperabili”. Non va sottovalu-tato anche il ritorno a forme di “nazionalismo” e di“localismo” che rivendicano categorie identitarie e ri-chiami a presunti “primati” di tradizione culturale espirituale.

Inoltre vanno messi debitamente in conto tanto glisbarramenti all’immigrazione delle aree del mondopiù depresse o infestate da guerre e lotte intestine,quanto le radicali contrapposizioni insorte nell’ambitodi varie comunità fra gli appartenenti a diverse fedireligiose, ma pure tra i proseliti dello stesso credo, inquanto discordi sulle modalità di professarne i prin-cipi, nonché certi risorgenti antagonismi atavici etnicie di casta.

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MURI (UN MONDO PIENO DI MURI)L’annuncio da parte di un paese europeo,

l’Ungheria, e di un altro africano, La Tunisia, dellavolontà di costruire poderosi muri per proteggerei loro confini nazionali da aggressioni esterne (imigranti sono gli aggressori!) fornisce poi, ulte-riori argomenti a un dibattito, che si fa ognigiorno più pressante, sul tipo di società in cui,giocoforza, ci stiamo abituando a vivere. Quelloche non ci viene mai detto apertamente, ma chemolti di noi percepiscono, è che la bontà del mo-dello globalizzato vale al 90% per le merci e iprodotti di largo consumo, e molto meno per mi-gliorare la qualità della vita della popolazionemondiale. Per essa, di volta in volta, sono statiapprontati “muri” virtuali, come l’Accordo euro-peo di Schengen per limitare la libera circolazionedelle persone, e permetterla invece a una cate-goria di privilegiati, i “più uguali” fra gli uguali,cioè i cittadini dell’Europa unita.

Questi muri, che un tempo avevano una fun-zione soprattutto difensiva nei confronti di unsempre possibile nemico aggressore, ora sono in-vece “muri di esclusione”, di repulsione e respin-gimento di donne e di uomini in fuga dasituazioni di violenza e di disumanità inaudite. Auna semplice verifica storica, essi rappresentanoaltrettante sconfitte della solidarietà e della giu-stizia, il simbolo di una chiusura di civiltà senzaprecedenti soprattutto per l’Occidente.

Enumerando i muri più importanti costruiti inquesti anni, mi si permetta di presentarne unoche ha dello strabigliante: è il Sunken Wall (muroinfossato), sotterraneo del cimitero di Belfast inIrlanda del Nord. Si tratta infatti di un progettodi separazione fisica che non mira a risolvere unproblema presente o futuro, ma che si rivolge alpassato, ai morti, per separare anche dopo la lorodipartita, i simboli cattolici da quelli protestanti,senza spazio per la speranza e la riconciliazione.

Gli altri principali “muri” costruiti o in costru-zione oggi sono i seguenti:• Stati Uniti e Messico, conosciuto anche come

muro di Tijuana, ungo 1000 Kmetri e costruitonel 1994 per impedire l’arrivo agli USA degliemigrati irregolari e bloccare il traffico didroga.

• Isreale – Palestina: la sua costruzione è comin-ciata nel 2002. Sitratta di 730 chilometri di ce-mento armato, reticolati, sbarramenti mobili efilo spinato alti fino a otto metri che hannocome obiettivo di contrastare infiltrazioni ter-roristiche e rafforzare la sicurezza degli israe-liani.

• Corea del Nord-Corea del Sud: separate dal1953, al termine del conflitto che causò unmilione di morti, da una fascia di territorio pro-fonda quattro chilometri e lunga 250. E’ unospazio impenetrabile smilitarizzato (Zdc) doveda parte nordcoreana si spara a vista. Graziea questa inedita situazione lo spazio è diven-tato una dlle zone più importanti di biodiver-sità dell’Asia.

• Ceuta e Melilla-Marocco: costruito nel 1990,il duplice sbarramento finanziato dall’Unioneeuropea (Ue) e lungo 8,2 chilometri a Ceuta e12 a Melilla. Prima del boom degli scafisti chesolcano il Mediterraneo, era il punto di in-gresso privilegiato dall’Africa all’Europa.

• Marocco-Sahara occidentale: con i suoi 2.720chilometri costruiti a partire dal 1989, questomuro è il più lungo dopo la muraglia cinese.Con esso il governo di Rabat si propone di di-fendere il suo territorio dall’attività del movi-mento indipendentista Fronte Polisario.

• Irlanda del Nord Belfast cattolica – Belfast pro-testante: edificate a partire dal 1969, questa“Peace Lines” servivano a separare le due co-munità in conflitto.Oggi rappresentano per lopiù una attrazione turistica.

• India – Pakistan: qui esiste una Linea di Con-trollo (Loc) di grande instabilità di 550 chilo-metri per dividere il Kashmir sotto influenzaindiana da quello in mano ai pakistani.

• Cipro zona greca-zona turca: si tratta di una“linea verde” costruita nel 1974 di 300 chilo-metri che corrisponde alla linea di cessate ilfuoco coluto dall’Onu in seguito al conflittoche divise l’isola.

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Mi permetto di concludere con trepensieri poetici, che vorrebberosollecitare a tener aperti i ÒconfiniÓ deisentimenti, del cuore

La poesia di Emily DickinsonAngusti sono gli argini del cuore —Misura come il mare —Nel suo ritmo possente ed infinitoMonotonia celeste.Finch� lÕuragano lo infrangeE non appena da se stesso vedeInsufficiente il suo spazioSconvolto il cuore impara che la calmaNon � altro che un muroDi garza non violataLa spinta di un istante lo distruggeIl dubbio lo dissolve

Maria Zambrano� profeta il cuore, come ci� cheessendo centro si trova su un confisempre in procinto di spingersi pi� l�, di dove gi� si � spento.

Pierre LevyNoi non siamo di un paese,siamo di un periodo dello spirito