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ITALO RUSSO TIPOLOGIA: IL MICROBULINO E IL MICROLITISMO GEOMETRICO NELLAREA PREISTORICA A NORD DI SIRACUSA ________________________________________ <<Esistono innumeri monumenti che rappresentano scienziati, ma non ve n’è alcuno dedicato alla ricerca. Chi volesse costruir- ne dovrebbe creare il basamento con l’assiduo lavoro svolto dai dotti, soprapporvi la figura del sognatore dilettante, e mettere sul capo di quest’ultimo l’aureola dell’errore. Legioni di fiancheggiatori dilettanti, da Colombo a Schie- mann, si sono spinti sul terreno della scienza esitando e sba- gliando, hanno calpestato le messi dei professori e dato l’avvio a grandi decisioni. Molte volte le loro carte erano errate; molte volte, anziché il Cipango tanto sognato, essi scoprirono un Nuovo Mondo>> (Herbert Wendt, CERCAI ADAMO, Aldo Martello Editore, 1954). I 1. L’ARCHEOLOGIA. ’approccio all’Archeologia Preistorica è sempre un momento par- ticolare: ci si immette nel grande libro della Natura: animale, ve- getale, minerale. La materia è affascinante, i risultati sempre origi- nali, anche se, talvolta, difficili da seguire, non sempre facili da gesti- re; complessa ma, in effetti, sempre nuova. L’Archeologia Preistorica, più che presentare risultati definitivi, propone il mondo nel suo con- tinuo evolversi; e tuttavia, in qualsiasi modo si voglia affrontare L

TIPOLOGIA: IL MICROBULINO E IL MICROLITISMO GEOMETRICO NELL’AREA PREISTORICA A NORD DI SIRACUSA

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ITALO RUSSO

TIPOLOGIA: IL MICROBULINO

E IL MICROLITISMO GEOMETRICO NELL’AREA PREISTORICA A NORD DI SIRACUSA ________________________________________

<<Esistono innumeri monumenti che rappresentano scienziati,

ma non ve n’è alcuno dedicato alla ricerca. Chi volesse costruir-ne dovrebbe creare il basamento con l’assiduo lavoro svolto dai

dotti, soprapporvi la figura del sognatore dilettante, e mettere sul capo di quest’ultimo l’aureola dell’errore.

Legioni di fiancheggiatori dilettanti, da Colombo a Schie-mann, si sono spinti sul terreno della scienza esitando e sba-

gliando, hanno calpestato le messi dei professori e dato l’avvio a grandi decisioni. Molte volte le loro carte erano errate; molte

volte, anziché il Cipango tanto sognato, essi scoprirono un Nuovo Mondo>>

(Herbert Wendt, CERCAI ADAMO, Aldo Martello Editore, 1954).

I

1. L’ARCHEOLOGIA. ’approccio all’Archeologia Preistorica è sempre un momento par-ticolare: ci si immette nel grande libro della Natura: animale, ve-

getale, minerale. La materia è affascinante, i risultati sempre origi-nali, anche se, talvolta, difficili da seguire, non sempre facili da gesti-re; complessa ma, in effetti, sempre nuova. L’Archeologia Preistorica, più che presentare risultati definitivi, propone il mondo nel suo con-tinuo evolversi; e tuttavia, in qualsiasi modo si voglia affrontare

L

l’argomento, non bisogna dimenticare che si è costretti a muoversi in un mondo che non è più il nostro, lasciatoci in eredità senza clausole testamentarie. Queste devono essere scritte, a posteriori, giorno dopo giorno, ma non si è mai soli. Ci sono compagni d’avventura: il geologo, il palinologo, il petrologo, il paleontologo, il paletnologo ed altre spe-cialità il cui lavoro è ormai imprescindibile.

Questo, come ho detto in un altro contributo, è in realtà Il Mestie-re dell’Archeologo.

Una considerazione: abituati come siamo alle date, ai nomi, agli avvenimenti storici, insomma ai “libri” che ci facilitano la compren-sione del tempo che vogliamo studiare, in ogni caso conoscere, ci tro-viamo disorientati, quando il nostro interesse viene diretto verso i tempi prima della scrittura. A differenza della Preistoria, ricostruire la Storia, se pure impegnativo, è un lavoro “semplice”. Se errori sono stati commessi, è perché si è umani, ma alla fine i Geroglifici sono stati decifrati e Troia dissotterrata.

E ancora: disponendo l’Occidente di un “terminus ante o post” la nascita del Cristo, del Profeta, di un dato storico datato, di un convin-cente riferimento stratigrafico, o geologico, l’inserimento di molti “fat-ti” nel tempo calendarico è stato possibile. Oggi, si può disporre di una miriade di documenti: graffiti, incisi, modellati, scalpellati, fusi, dipinti, scritti, oggi anche filmati (a), che segnano lo scorrere del tem-po, minuto per minuto, anno dopo anno. Τό γράμμα, il Segno, comun-que ci si presenti, ha imposto nel tempo storico la sua vivacità e-spressiva nella comunicazione di pensieri ed opere, e volendo allarga-re il concetto, di avvenimenti, che la Storia ha recepito.

**** Non vi è dubbio che muovendosi all’interno della Preistoria, si è co-stretti a ragionare in termini enormemente dilatati nel tempo e nello spazio, dove l’unico nostro referente è magari un oggetto “sconosciu-to” cui è necessario dare un nome e una funzione, come dire: una col-locazione spazio-temporale; e ancora, sulla Preistoria, a differenza del tempo “storico” si può dire tutto ed il contrario di tutto, ma alla fine, fortunatamente, tra nuove ipotesi ed integrazioni, non si sfugge all’utile cappio del “confronto” e alla necessità di sfruttare il potenzia-le che la Scienza, la Tecnica e la Letteratura specializzata mettono a disposizione. In archeologia, si è detto più sopra, non si è mai soli.

Sono gli indizi, talvolta i meno appariscenti, ad aprire improvvi-samente finestre su paesaggi ancora sconosciuti, prima impensabili se il Mommsen ancora nella seconda metà del XIX secolo poteva scri-

vere nella sua STORIA DI ROMA ANTICA come “…nulla finora è stato scoperto che possa giustificare l’ipotesi che in Italia l’esistenza della razza umana sia più antica che la coltivazione del campo e la fusione del metallo…”, ignorando (o disprezzando?) il materiale “primitivo” esistente nei musei italiani e quanto altrove scritto, e confermando implicitamente, a distanza di quasi tre lustri, quanto avventatamen-te aveva affermato Francesco Bertolini il quale riteneva che l’Italia durante l’età della pietra non fosse abitata. Era quella del Bertolini e del Mommsen ignoranza o presunzione?

Un esempio ci viene facile proporre. Se è vero che Paolo Orsi nell’ambito della Preistoria diresse la massima attenzione alla de-scrizione ed interpretazione della ceramica, ma meno allo studio dei manufatti “enigmatici” (tra questi i corni fittili e gli ossi a globuli), altrettanto non possiamo dire del suo interesse per l’industria litica. Dei suoi scavi a Castelluccio, Orsi cita solo una lama e una mezza dozzina di lamelle e, in quando leggibile, una cuspide di freccia (che potrebbe appartenere ad una presenza eneolitica agente in zona, cer-tamente non identificata, forse non cercata con attenzione). Ma a Ca-stelluccio il Segmento trapezoidale è di casa (ved. tav. 1). A Stentinel-lo le lame di selce, più o meno grandi, più o meno fratturate, sono il leit motiv nella identificazione tipologica, ma gli elementi laminari con bordo dentellato sono già segnalati come “lame” deteriorate dall’uso (ved. tav. 2).

Ancora ai tempi di Paolo Orsi la Scienza preistorica era ancora lontana dal proporsi tale, sì che l’attenzione era diretta verso le “cose” belle e facilmente interpretabili. Si può ipotizzare che, in fatto di ma-nufatti di selce, siano stati gli operai a scegliere i “pezzi più belli e in-teressanti”.

Oggi, ogni frammento di qualsiasi materia che lo scavo restituisce, è prezioso, viene salvato e quindi studiato, ed in questo la Scienza ar-cheologica viene decisamente in aiuto. “Sono finiti da un pezzo i tem-pi in cui il ricercatore si limitava a raccogliere cose belle e preziose da collezionare o, nella migliore delle ipotesi, depositare nei musei; sono finiti anche i tempi in cui si era portati a liberare dalle scorie del tem-po solo complessi monumentali di vasto respiro, nel mentre che i c.d. cercatori di tesori erano liberi, in assenza di adeguata normativa, di scavare (leggi: depredare) intere necropoli e venderne i corredi nella generale indifferenza, oggi che la ricerca archeologica, fortunatamente tutelata, si è affinata e si è organizzata in un insieme ormai inscindi-bile di discipline scientifiche, anche un piccolo e apparentemente insi-

gnificante frammento di osso umano, se opportunamente analizzato e inventariato, può svelare alla scienza uno straordinario insieme di se-greti” che concorrono alla definizione e comprensione del dato in esa-me”(b).

2. LA SCIENZA.

uindi, non vi è dubbio che l’Archeologia è una Scienza, non esatta, ma è sempre una Scienza. Il campo di ricerca e di studio è vastis-

simo per tentare, con questa nota, un’analisi esaustiva estesa alle va-rie evidenze archeologiche agenti prima della coltivazione dei campi e dell’invenzione della scrittura; e tuttavia una analisi tipologica su re-perti litici eseguita a campione su alcuni insediamenti neolitici pre-senti in territorio augustano, ci ha portato a considerazioni fino ad ieri impensabili nella letteratura. Se Paolo Orsi, scavando a Stenti-nello e a Megara Hyblaea, poteva categoricamente attribuire l’epiteto di Stentinelliano a tutta quella ceramica che poteva essere definita a motivi incisi, impressi ed excisi, relegando, come si è detto, in un lim-bo d’incompletezza le informazioni che poteva fornire l’industria litica ad una più attenta e scientificamente esaustiva analisi tipologica e strutturale, oggi, ma già da tempo, le informazioni categoriche hanno cominciato ad essere ridiscusse e ridimensionate, quando l’attenzione sia stata rivolta non solo alle forme e alla decorazione, talvolta di-scordante, che caratterizzano la ceramica, ma anche all’industria liti-ca, dalla grande lama alla piccola scheggia, alla scoperta delle fun-zioni che avrebbero potuto essere assegnate ai vari tipi desumibili da elementi che prima erano emarginati se non ignorati; in effetti, una volta la scelta si riduceva, come si è detto, ai “migliori” pezzi, alla “roba” da museo, quella che attirava l’attenzione e suscitava curiosi-tà.

Oggi, si è preso atto che insediamenti neolitici a ceramiche im-presse, incise ed excise, note come arcaiche, non solo presentano, nel-la ceramica, elementi decorativi non riscontrabili in altri insediamen-ti neolitici antichi dello stesso territorio, ma propongono tipi litici ben caratterizzati; un tipo, presente in Gisira 1, a Punta Tonnara, a Campolato, nel Maccaudo e sul Cozzo Telegrafo, è il c.d. Tranciante Trasversale o Trapezio; questo elemento in Gisira si trova in perfetta simbiosi con il c.d. Microbulino (ved. tav. 3), presente con numerosi esemplari, ma manca ad Ognina, a Stentinello, a Mégara Hyblaea, sul Petraro, nel Vallone Amara di Monte Tauro e in tutti quegli inse-diamenti neolitici la cui collocazione temporale George Vallet, stu-

Q

diando il Neolitico di Mégara Hyblæa, ritenne di poter attribuire “..à la phase la plus récente de la période néolithique...”. Un tipo presente fortemente a Mégara Hyblaea, a Stentinello e ad Ognina, il frammen-to laminare denticolato, il quale presenta uno o entrambi i bordi luci-di -condizione questa provocata dai fitoliti presenti nel caule dei cere-ali, sì da intuirvi degli elementi di falce- (c), è praticamente assente negli altri insediamenti neolitici in zona se non per sparuti esempi non legati ad una cultura strettamente agricola. In tali insediamenti mancano peraltro le canoniche cuspidi di freccia, tipi che in Gisira e negli altri insediamenti dei quali si è detto più sopra, sono sostituiti dal Tranciante Trasversale, adatto alla caccia di piccoli animali, o da schegge apparentemente non classificabili se non, genericamente, come punte (ved. tav. 4) ma certamente adatte ad essere immanicate. Ma alcuni insediamenti attribuiti alla presenza eneolitica, partico-larmente in Gisira 2, evidenziano già la tipica cuspide, mono o bifac-ciale, ma sempre sessile, tipo che il Bronzo antico recepisce male e non sfrutta a sufficienza.

La scarsa presenza di Microbulini sul Cozzo Telegrafo, nel Mac-caudo, sul Petraro e la totale assenza a Campolato e a Punta Tonna-ra, in contrapposizione a Gisira dove la presenza del Microbulino è notevole potrebbe essere messa in rapporto con l’insufficienza di pro-spezioni. Scavi più estesi e mirati potrebbero ribaltare il problema.

3. LA RICERCA E GLI STUDI. TIPOLOGIA.

rmai, da lungo tempo, gli studi sull’Età della Pietra hanno preso un abbrivio che sembra non fermarsi più. Una straordinaria fon-

te d’informazioni sulla preistoria di Francia e delle sue Colonie può essere ritenuto, per esempio, il BULLETIN DE LA SOCIETÀ PRÉHISTORIQUE FRANÇAISE (ved. tavv. 6-10) fondato nel 1904, venti-nove anni dopo il nostro BULLETTINO DI PALETNOLOGIA ITALIANA (1875), e ancora QUATERNARIA (1954); più tardi (1955) per l’impegno di Paolo Graziosi, la prestigiosa RIVISTA DI SCIENZE PREISTORICHE: tutte iniziative che accolgono la migliore e varia ricerca nella Preisto-ria. La Sicilia disporrà dal 1968 della sua rivista SICILIA ARCHEOLOGICA che tale campo non trascura, ma l’elenco, al quale possiamo aggiungere L’ANTHROPOLOGIE, non finisce qui, tenuto conto degli Atti dei Convegni organizzati dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e da altri Enti.

***

O

Nel 1961 G. Laplace pubblica su Quaternaria le sue RECHERCHES SUR L’ORIGINE ET EVOLUTION DES COMPLEXES LEPTOLITYQUE. LE PROBLEME DES PERIGORDIENS I ET II, ET L’HYPOTESE AURIGNACO-GRAVETTIEN. ESSAY DE TYPOLOGIE ANALYTIQUE.

Sempre nel 1961 François Bordes dà alle stampe, nelle Publications de l’Institut de Préhistorie de l’Université de Bordeaux, TYPOLOGIE DU PALEOLITIQUE ANCIEN ET MOYEN. Il lavoro, come si e-vince dal titolo, affronta la “tipologia” del Paleolitico inferiore e me-dio, e non invade il campo del Laplace il quale, nel 1964, pubblica an-cora su B.P.I. il suo saggio LES SUBDIVISIONS DU LEPTOLITHYQUE ITALIEN. ETUDE DE TYPOLOGIE ANALITHYQUE. Com’è possibile notare, la ricerca del Laplace è ristretta alle culture leptolitiche.

Ancora nel 1964, per l’Università degli Studi di Ferrara, sempre il Laplace dà alle stampe il suo ESSAI DE TIPOLOGIE SISTÉMATIQUE, dove l’Autore propone la Lista dei c.d. Tipi Primari e dei Gruppi Tipologici degli strumenti litici noti e definibili: in tutto 15 Gruppi per un totale di 89 c.d. Tipi Primari.

La Tav. 5 di ESSAI DE TIPOLOGIE SISTÉMATIQUE ci propone gli otto Tipi di Gm (Geometrici) e la loro definizione geometrica. Dal n. 1 al n. 8 abbiamo in successione: Segmento di cerchio, Segmento trapezoida-le, Triangolo scaleno, Triangolo isoscele, Trapezio scaleno, Trapezio isoscele, Trapezio rettangolo e quindi il Rombo, che chiude la geome-tria dei microliti c.d. geometrici ).

Il Microbulino, in quanto “scarto” della lavorazione, non è ancora classificato.

Il Laplace può naturalmente attingere, come si è visto, ad una straordinaria letteratura che da qualche secolo ha allargato l’orizzonte tipologico delle “pietre”, e ritiene che sia necessario mette-re un po’ d’ordine nella materia.

**** Qui, la nostra attenzione è rivolta al Trapezio isoscele, raramente scaleno, meglio noto come Tranciante Trasversale, ben rappresentato sul nostro territorio, ma nell’esposizione dei dati non possiamo igno-rare altri elementi micro - geometrici che, nell’iter della ricerca, sono venuti fuori talvolta in associazione con il Trapezio, caratterizzando i luoghi.

La tav. 11 propone una serie di Trancianti Trasversali provenienti da un po’ dovunque nel mondo: dall’India alla Spagna, dall’Iraq all’Iran al Congo, dal Nordafrica alla Sicilia, e da qui, per un variega-to itinerario, alla Puglia e alle Venezie; e ancora la Svizzera,

l’Olanda, la Francia, l’Inghilterra. Naturalmente presentiamo un campionario molto ristretto, il quale ci serve a dimostrare come un’industria, un Tipo, nel suo evolversi, si muove con l’Uomo. Poiché non crediamo alla c.d. germinazione spontanea, come non crediamo all’esistenza di confini politici nella Preistoria, dobbiamo accettare una realtà che vede l’uomo trasportare, nel suo cammino, un bagaglio culturale che altre etnie recepiscono ed a loro modo sfruttano. Ma la “patria” del tranciante trasversale non ci è nota.

È nota invece, per sperimentazioni storiche, la tecnologia per la produzione non solo del Rombo a seguire il Chierici, ma anche il Tra-pezio isoscele, in associazione, spesso, con altri microlitici c.d. geome-trici che più sopra abbiamo tratto dal lavoro del Laplace.

Si ritiene utile sottolineare che nel 1876 G. Chierici pubblica sul B.P.I. il suo LE SELCI ROMBOIDALI, col quale segnala degli strani scar-ti, ripetitivi nella forma essenziale, residuo della lavorazione di un elemento c.d. geometrico, il rombo, e ne descrive la genesi. A questo scarto è dato il nome di Microbulino.

Cinquantasette anni dopo, L. Siret pubblica sul Bulletin de la So-ciété Préhistorique Française (1933), il suo LE COUP DE BURIN MOUSTERIEN, simile nella sostanza descrittiva, ma ignora il lavoro del Chierici.

È comunque certo che dai tempi del Chierici e, più tardi, del Siret, il microbulino e con essi il microlitismo geometrico sono entrati nella storia dell’Archeologia analitica. Alcuni nomi sono di prammatica: A. C. Blanc, G. Camps, E. Vignard, D..Peyrony, A.Vayson De Pradenne, Paolo Graziosi e tanti, molti altri, i quali, con altre parole ma con i-dentiche sperimentazioni, hanno confermato la nascita di un nuovo soggetto archeologico: il microbulino.

II

1. I LUOGHI, IL CONTESTO CULTURALE, LA FORMA.

bbiamo preso in esame una serie insediamenti noti nel settore nord della provincia siracusana; qualcuno non risulta sufficien-

temente esplorato, ma alcuni dati ci sono utili per quello che con que-sta nota si vuol dire.

A

I. Neolitico arcaico. A. GISIRA 1 (AUGUSTA):Trapezio isoscele, o Tranciante trasversale (Gm6, secondo la classificazione del Laplace), Microbulino, quale scarto della lavorazione (non classificato). L’industria è prevalente-mente laminare. In superficie e nell’ambito delle prospezioni, il mi-crobulino ed il Tranciante, come abbiamo visto in tav. 3, sono ben rappresentati. Si nota un solo segmento di cerchio (Gm1), ( tav. 4) e alcuni dorsi.

Un fondo di capanna (ved. tav. 12) ha evidenziato la presenza di Malacofauna bentonica: Buccinidi, Dentalium, Columbella, Cardium edulis, Patella cae., Trocus, (ved. tav. 13); e ancora di vertebre di pe-sce (non identificato), di chele di granchio (Granchio peloso o Eriphia verrucosa), Murena helena, il che fa ritenere che i prodotti del mare abbiamo rappresentato una forte capacità di sussistenza per la co-munità di Gisira. Tuttavia, la notevole presenza di cuspidi a tran-ciante ci porta a ritenere che in Gisira (qui a Punta Bonico), la caccia abbia integrato notevolmente l’alimentazione della comunità neoliti-ca. È in Gisira che abbondano i conigli ed è lì che, nel tempo delle mi-grazioni, vengono a riposarsi da sempre le quaglie e le tortore africa-ne. Insomma, in Gisira sussistevano le condizioni di poter utilizzare armi da getto per piccole prede. B. PUNTA TONNARA (AUGUSTA): Trapezio isoscele (Gm6).

La ricerca sulla Punta Tonnara è stata essenzialmente di superfi-cie, ma l’area interessata dalla presenza antropica è facilmente de-terminabile. Parte dell’area, quella neolitica, notevolmente estesa, così come si deduce dalle numerosissime buche per pali di capanna, ha restituito quattro Trancianti trasversali (tav. 15).

L’area neolitica sembra scorporata dalla fascia che si svolge a ri-dosso della falesia calcarea, ultima fronte settentrionale del massiccio del Tauro, nella quale si aprono alcune grotte d’origine marina, to-talmente svuotate del terriccio di riempimento. In quest’area il mate-riale litico recuperato propone un debitage usuale negli strati mesoli-tici del Maccaudo. Grattatoi frontali corti, piccoli elementi a Dorso, Bulini laterali su frattura, pochi Triangoli, raschiatoi su scheggia (tav. 14). L’elemento neolitico in questo settore è assente (tav. 16).

E’ difficile oggi stabilire gli esatti “confini” del villaggio neolitico, tenuto conto che il massiccio del Tauro, costretto tra il graben di Palma e lo Jonio, negli ultimi millenni si è abbassato sensibilmente

per episodi di carattere tettonico ma anche, sebbene in minor misura, eustatico. Molte delle buche oggi si trovano ai margini della scogliera, facilmente raggiungibili dalle onde, che hanno dilavato la c.d. spiana-ta di abrasione marina e la fascia a spruzzi (ved, tav. 14).

C. CAMPOLATO SUD: Trapezio isoscele (Gm 6), Segmento di cerchio (Gm1), Triangolo isoscele (Gm4),

Grotta di origine marina, che si apre, alta alcuni metri sul piano di campagna, nella parete calcarea esposta a nord. La zappatura di una vigna (oggi non più esistente) ai piedi della grotta, ha portato al-la luce industria litica e fittile di certa attribuzione neolitica.

I - Ceramica: decorazione incisa e impressa. I motivi rappresentati sono: impressioni ungueali, sia con trasporto, più o meno accentuato, di argilla, sia a semplice impressione semilunare della sola unghia. In un frammento, le impressioni ungueali sono state riempite con pa-sta bianca; impressioni con conchiglia di Cardium; impressioni punti-formi ottenute con rudimentale punzone a punta, relativamente sotti-le, a pianta triangolare o quadrangolare; impressioni a C eseguite molto probabilmente con osso cavo o cannuccia; incisioni lineari di vario sviluppo, singole o multiple parallele sviluppandosi a zig-zag o dritte; altri motivi con bordo di conchiglia non dentellato, rappresen-tanti motivi a palmetta.(tav. 17)

II- Industria litica su selce e ossidiana (quest’ultima è rappresen-tata dal 28% degli elementi recuperati), che comprende il Tranciante trasversale, il Triangolo isoscele ed il Segmento di cerchio. Altri tipi: dorsi, elementi di falce, bulini, ma mancherebbe il microbulino, forse perché sfuggito alla ricerca (tav. 18).

II. Mistione Neolitico arcaico – Bronzo iniziale

D. COZZO TELEGRAFO (AUGUSTA): Trapezio isoscele ((Gm6) e segmento di cerchio (Gm1); il Microbulino è presente con un solo elemento.

Un saggio stratigrafico al di fuori della principale grotta del Coz-zo, e l’area circostante dove è confluito, durante l’ultimo conflitto mondiale, il materiale di risulta proveniente da scavi di interesse mi-litare che hanno interessato la principale grotta del Cozzo, suggerisce una occupazione della grotta dal Paleolitico superiore all’età contem-poranea. La ricerca ha evidenziato la presenza di.

— Hippopotamus; — Bos, Equus, Cervus, Canis ed altra fauna, da identificare e

classificare;

— Industria litica del Paleolitico superiore a punte a dorso ango-lare;

— Industria neolitica a ceramiche impresse e incise, con elementi cardiali, alla quale può essere associata un’industria a microliti geo-metrici (tranciante trasversale o trapezio, e microbulini);

— Ceramica (pochi frammenti) di colore bruno, con incisioni ese-guite a crudo, attribuibile alla cultura di S. Cono-Piano Notaro;

— Industria litica e fittile del Bronzo iniziale (cultura di Castel-luccio), alla quale sarebbe da connettere la presenza di “tre misere grotticelle funebri”;

— Pochi frammenti fittili della cultura di Tapso; — Frammenti di ceramica indigena a decorazione dipinta geome-

trica (X-IX sec. a.C.); — Frammenti ceramici di geometrico protocorinzio; — Frammenti ceramici greci d'età classica; — Frammenti ceramici romani (II sec. allo stato attuale delle no-

stre conoscenze); — Frammenti ceramici di probabile importazione africana, non

meglio definibili; — Frammenti ceramici paleocristiani e bizantini (l'età bizantina è

documentata, oltre che dalla ben nota ceramica solcata al tornio, an-che da un Folle da 40 nummi coniato a Costantinopoli sotto l'impera-tore Anastasio, e contromarcato in Sicilia sotto Eraclio);

— Frammenti ceramici medievali. La frequentazione umana è accertata fino all'età moderna e con-

temporanea, per essere stata utilizzata la grotta da pastori transu-manti.

Nei livelli neolitici sono stati recuperati 4 Trancianti, un Microbu-lino e alcuni Segmenti di cerchio (tav. 19) E. PETRARO (MELILLI): Segmento di cerchio (Gm1) e Segmento trape-zoidale (Gm 2); il Microbulino è presente con due esemplari.

Per quanto attiene al Petraro, è utile precisare che in piccola par-te si tratta di materiale di superficie, dove l’elemento neolitico giace in caotica mistione con l’elemento castellucciano; ma, in stratigrafia, il Neolitico propone il microbulino ed il segmento di cerchio, mentre i livelli castellucciani sono caratterizzati dal segmento trapezoidale (tav. 20 -21).

Sono peculiari del Petraro indizi di una presenza eneolitica, la quale propone la cuspide canonica foliata, sessile mono e bifacciale,

elemento che nel Bronzo iniziale viene sostituito da una rozza imita-zione a ritocchi brevi laterali marginali.

F. PIANA DELLA CATENA (LENTINI): Segmento di cerchio (Gm1), Seg-mento trapezoidale (Gm2), Triangolo isoscele (Gm4), Cuspide foliata sessile bifacciale. Anche qui, come al Petraro, l’aratura ha obliterato in superficie la sequenza stratigrafica.

La stratigrafia sufficientemente leggibile pone nei livelli neolitici il Triangolo ed il Segmento di cerchio, mentre il segmento trapezoida-le si ripropone peculiare dell’area castellucciana (tav. 22).

Per quanto attiene alla cuspide foliata, tale elemento è stato recu-perato in superficie, il che ci porta a ritenere che la stessa sia da at-tribuire all’elemento castellucciano.

III. Bronzo iniziale

G. PERITO (MELILLI): Segmento di cerchio (GM1). In ambito destinato all’impianto di attività industriali e artigiana-

li, totalmente e radicalmente sbancato e spianato da ruspe ed escava-tori, la superficie ha restituito materiali litici da connettere alla vici-na necropoli castellucciana (tav. 23). I materiali non sono molti, ma si evidenzia la presenza di un segmento di cerchio ai limiti del segmen-to trapezoidale. H. BALATE (FRANCOFONTE): Segmento di cerchio (Gm1). In alcuni e-lementi, tale segmento tende alla forma trapezoidale.

L’organizzazione dell’insediamento non è ci nota, né potrà mai es-serlo nella sua interezza in quanto in tutta l’area sono state installate le c.d. pale eoliche.

Per quanto a nostra conoscenza, sembra che l’area di Balate non sia stata mai sottoposta ad indagine, semplicemente perché scono-sciuta; l’unico intervento, che potrebbe avere avuto connessioni col l’abitato, ha interessato la sottostante vallata dell’Ossini, per la pre-senza di un’interessante necropoli (g).

Dell’industria litica si sottopongono tre Tavole (tav. 24-26) le quali mostrano la peculiarità dei tipi, non usuali in un insediamento del Bronzo antico. Tra i tipi, un tranchet di tecnica c.d. campignana (ana-logo esemplare lo ha restituito il livello castellucciano del Petraro), ed una forte presenza di grattatoi, discoidali o frontali corti. Tale tipolo-gia suggerisce un’economia dedita all’allevamento del bestiame (trat-

tamento delle pelli in particolare), attività che tuttora in zona è pre-valente.

I. INTERRATA PANTANO (CARLENTINI): Segmento di cerchio (Gm1

Un solo elemento, recuperato in superficie in un piccolo insedia-mento attribuibile all’età del Bronzo iniziale, è parte di una ristretta varietà tipologica che compone il complesso industriale (ved. tav. 27) L’insediamento, evidenziato oltre che da elementi litici e fittili (quest’ultimi fortemente deteriorati), da alcuni sistemi di buche per palificazione, si trova ai margini del pantano che unisce Interrata a S. Demetrio. Il livello del pantano, che si trova a 2 metri sotto il livel-lo del mare, una volta era propaggine del fiume S. Leonardo, antico Terias, dove si ritiene che esistesse il c.d. Porto di Lentini. L’ipotesi è, a mio parere, accettabile.

Nell’area dell’insediamento, abbiamo localizzato una struttura ri-sparmiata in roccia, nella quale, come nelle altre due identificate nell’area del Bronzo antico in Gisira 3, abbiamo riconosciuto delle ta-vole delle offerte. (b)

IV. Epigravettiano finale siciliano; Bronzo inizia-

le.

L. ROCCARAZZO (FRANCOFONTE): Microbulini, Triangoli isosceli (Gm4) e scaleni (Gm3).

Ai margini di un esteso insediamento del Bronzo iniziale nell’area di Roccarazzo, noto per l’estesa necropoli castellucciana, abbiamo i-dentificato un Riparo sotto roccia interessato da industria dello Epi-gravettiano finale siciliano. Tra i noti tipi di tale cultura, si afferma la presenza del Microbulino, al quale si accompagnano il Triangolo isoscele e scaleno. (ved. tav. 28).

Notevole la presenza dei tipici grattatoi frontali lunghi e corti. ****

L’elemento castellucciano, che manca del microbulino, annovera la presenza del Segmento di cerchio e, come a Balate, offre un’apprezzabile presenza di grattatoi discoidali e frontali corti. Nel debitage, si avverte, anche se minima, la tecnica c.d. campignana.

V. Successione stratigrafica: dal Paleolitico supe-riore al Neolitico iniziale.

M. MACCAUDO (MELILLI): Trapezio isoscele o Tranciante (Gm6), Seg-mento di cerchio (Gm1), Triangolo Rettangolo (non classificato da La-place), Triangolo scaleno (Gm3). Presenza di due microbulini, di cui uno doppio.

Un discorso particolare merita il Maccaudo. Qui, la stratigrafia, aperta nei depositi alluvionali e di versante del talweg, lungo il corso del Porcaria, ha evidenziato la presenza umana dal Paleolitico supe-riore (Gravettiano evoluto - facies regionalizzata?), all’Epigravettiano finale siciliano, al Neolitico iniziale. Si nota come in età olocenica la stratigrafia volga da un Mesolitico a forte presenza di Triangoli a un Neolitico arcaico il quale, inizialmente aceramico, propone il Segmen-to di cerchio, due microbulini, dei quali uno doppio, e due Trancianti (tavv. 29-30), evolvendosi verso la produzione di ceramica rappresen-tata da pochissimi frammenti decorati con impressioni e incisioni (ved. tav.31. Quindi sposta la sua presenza al di fuori del Vallone, in-stallandosi sul pianoro sovrastante; qui il Neolitico si evidenzia per la presenza di buche per pali di capanna scavate nella roccia calcarea e per alcuni strumenti di selce tra i quali un Tranciante trasversale ed alcuni dorsi.

III

1 - L’ECONOMIA Il Postglaciale, identificato nel Riparo del Roccarazzo e nel Maccaudo, evidenzia una tipologia che si richiama alla tradizione paleolitica, de-finibile per i dorsi gravettiani, per gli elementi dufour, i grattatoi frontali, i residui coltelli di Chatelperron, i bulini laterali su frattura e i raschiatoi su scheggia e su lama, ai quali si accompagna ora una facies microlitica rappresentata dal Triangolo, prevalentemente sca-leno, e dal Microbulino. Se un dente di Equus (unico taxon ricono-sciuto in zona) debba connettersi con l’elemento epipaleolitico o con la presenza “castellucciana”, non siamo in grado di dire. Ma si può in ogni modo supporre che l’uomo del Roccarazzo, per l’armamentario li-tico che ha lasciato, abbia esercitato una economia di sussistenza le-gata alla caccia e alla raccolta di prodotti spontanei della terra, in un’area ricca di corsi d’acqua.

Tale attività avrà consolidato quando, in era castellucciana, aprì nella fiancata del colle una necropoli e sul dorso dell’altura costruì una poderosa struttura muraria e una serie ancora inesplorata di ca-panne (tav. 36). Queste, se sottoposte ad indagine, potrebbero allar-gare notevolmente la conoscenza della locale fauna.

Non è possibile oggi dimostrare se siano intercorsi rapporti di “buon vicinato” con l’elemento epigravettiano della vicina Serra Pa-radiso, area di Pedagaggi) (e), ma, anche a non scomodare il Thyes-sen e i suoi poligoni, è certo che la capacità di sostentamento rappre-sentata dalla presenza antropica nell’area dei due insediamenti (fer-tili campi lentinesi?) sia stata sufficiente a soddisfare le esigenze del-le due comunità In quest’area, dove uno scavo razionale è stato possi-bile, sono stati identificati Bufo bufo L., Lynx lynx L. Equus hydrun-tinus Reg., Sus scrofa L., Cervus elaphus L., Bos primigenius Boj ed altra fauna non sufficientemente identificata.

*** Nel Vallone Maccaudo, dove scorre il torrente Porcaria, la folta e spesso impenetrabile vegetazione accoglie la tipica micro fauna tutto-ra endemica nei nostri boschi. Il tutto fa pensare ad un’economia ba-sata sulla caccia, sulla pesca per il vicino mare, e sulla raccolta di prodotti spontanei della terra.

Nei saggi stratigrafici, nei tagli inferiori, sono stati notati piccoli e indecifrabili frammenti di ossa anche cave, mentre nei primi tagli, dove l’elemento neolitico per smottamenti ed alluvioni è venuto in contatto che gli strati inferiori, è stata notata la presenza di Sus, Ca-pra, Canis, Bos, Equus, elementi tipici in una comunità che si avvia ad una stabile attività produttiva, compreso l’allevamento del be-stiame.

Per quanto attiene al microlitismo, nella successione stratigrafia del Maccaudo, in tutti e sei i saggi microstratigrafici, si avverte il passaggio da una fase a Trapezi isosceli, cui segue una corposa fase a segmenti di cerchio, poi a Triangoli prevalentemente rettangoli, fino ad esaurirsi nella fase a Triangoli isosceli e scaleni, o tranciante tra-sversale. Uno hiatus identificabile in pochi centimetri separa i livelli olocenici dalla presenza Gravettiana che noi riteniamo evoluta. Ma qui non si avverte la presenza di microlitismo ed il saggio in tale real-tà culturale non è stato allargato.

**** Uno studio esaustivo delle condizioni economiche delle comunità olo-ceniche che hanno interessato il territorio da noi preso in esame, ter-

ritorio che vede la costante presenza del tipo Gm3 prima e quindi il tipo Gm6 del Laplace, non ci è noto, ma comunque si può ammettere che tale tipologia abbia un senso qualora le si voglia attribuire una funzione incisiva nella “vita” economica agente nel territorio.

Riteniamo allora logico quando enunciato da Maurizio Moscoloni (f) quando ritiene che “…una volta definite le caratteristiche ecologi-che di un territorio e la base tecnologica del gruppo umano relativo, si possono dedurre le attività economiche…”; anche e più, qui aggiun-giamo, quando una realtà antropica possa identificarsi in una capaci-tà di sostentamento le cui condizioni siano viste le più ottimali per la sopravvivenza.

**** Per quanto attiene a Gisira 1, area neolitica, inserita assieme a Pun-ta Tonnara in un quadro di economia legata alla caccia e alla pesca, alla notevole estensione degli abitati ed alla altrettanto notevole pre-senza tra i rifiuti di prodotti del mare è da inserire il tipo litico pre-valente: il Tranciante trasversale e con esso il Microbulino. Come detto più sopra, tutta l’area di Gisira è nota per le opportunità offerte al cacciatore di volatili e di conigli con l’utilizzo di frecce armate con Trapezio e del suo scarto, il microbulino a seguire la letteratura, per cui si è ritenuto che Gisira e Punta Tonnara fossero abitati in tempi in cui tale caccia era possibile, mentre per la pericolosa vicinanza del mare, esposte ai forti venti intorno nord ed Est, nei mesi invernali fossero deserte. Quindi, una capacità di sostentamento definibile nei dodici mesi dell’anno non avrebbe senso, se scorporata da tale obiet-tive condizioni.

Note

a) Anche la Decima Musa, o la Settima Arte come ci piace identifi-

care l’arte cinematografica, se pure oggi costretta anche e più nel pic-colo schermo, per i suoi personaggi, ha sintetizzato talvolta in una so-la frase, in verità breve, quello che qui si dirà in più pagine: due e-sempi sono sufficienti: “Ogni pietra mi racconta una storia, che voglio ricordare”, tratto da 110 E LODE, di Alek Keshishian, e ancora Agata Christie nel suo celebre ASSASSINIO IN MESOPOTAMIA: “Archeologia? Setacciare una massa di scorie per avere degli indizi

b). RUSSO, I., Su alcuni “altari” preistorici di pietra localizzati nella regione “castellucciana”della Sicilia sud-orientale, in Archivio Storico Siracusano s. III, XIII (1999)

c). L’industria litica del villaggio neolitico di Mégara Hyblaea, non

pubblicata dall’Orsi, fu ripresa e studiata da chi scrive alcuni anni addietro e pubblicata su Archivio Storico Siracusano (s.III,X 1996); recentemente è stata riproposta su Academia.edu, alla quale si ri-manda per la migliore comprensione del problema.

d). La tav. 32, in A. Parrot, I SUMERI, 1981. ripresa da Hermann

Müller-Karpe, STORIA DELL’ETÀ DELLA PIETRA, mostra un guerriero sumero il quale, per la caccia al leone, utilizza frecce a tagliente tra-sversale; analoga documentazione ci viene dall’Egitto. L’A. ipotizza che le frecce a tagliente trasversale causassero ferite di “maggiori dimensioni che determinavano una maggiore perdita di sangue ri-spetto alle punte di freccia” canoniche.

e). I. Di Geronimo et AA, Riparo sotto roccia a Pedagaggi (Siracu-

dsa) con industria dell’epigravettiano finale, in BPI v.83 nb.s. 1 (1992).

f). M. MOSCOLONI, Società con economia produttiva, non stratifi-

cate, in Paletnologia. Metodi e strumenti per l’analisi delle società preistoriche, NIS, La Nuova Italia Scientifica, 1984),

g). S. Lagona, Le necropoli di Ossini-S. Lio. Cronache di archeolo-

gia e storia dell’arte 10, Università di Catania, 1971.

Tav. 1. Castelluccio di Noto. Trapezio.

Tav, 2. Mégara Hyblaea. Industria su lama.

Tav. 3. Gisira 1. Trancianti e microbulini.

Tav. 4. Gisira 1. Industria litica: 28,29 punte.

Tav. 5. Microlitismo geometrico (G. Laplace).

Tav. 6. Microlitismo ( Raymond Vaufrey)

Tav. 7. Hamal. Geometrici.

Tav. 8. R. Daniel. Geometrici.

Fig. 9. R. Daniel. Microliti.

Tav. 10 – E. Octobon , M.A. Chainet: microliti romboidali.

Tav. 11. Trapezi nel mondo.

Tav. 12. Gisira 1. Fondo di capanna.

Tav. 13. Gisira 1. Fondo di capanna.

Tav. 14. Punta Tonnara. Buche per pali.

Tav, 15. Punta Tonnara. Area neolitica.

Tav. 16. Punta Tonnara. Area epigravettiana.

Tav. 17. Campolato. Area neolitica. Motivi decorativi nella ceramica.

Tav. 18. Campolato area neolitica. Industria litica.

Tav. 19. C.zo Telegrafo. Microlitismo.

Tab. 20. Petraro. Microlitismo

Tav. 21. Petraro. Microlitismo.

Tav. 22. Piana della Catena. Industria litica.

Tav. 23. C.da Perito (Melilli). Industria litica.

Tav. 24. Balare (Francofonte). Industria litica.

Tav. 25. Balate (Francofonte). Industria litica.

Tav. 26. Balate (Francofonte). Industria litica.

Fig. 27. Interrata-Pantano (Carlentini). Industria litica.

Fig. 28. Roccarazzo (Francofonte). Triangoli e microbulini.

Tav. 29. Maccaudo (Melilli). Microliti.

Tav. 30.Maccaudo (Melilli). Microliti.

Tav. 31. Maccaudo (Melilli). Fittili neolitici.

Tav. 32. Arte sumerica. Caccia al leone: arciere armato con arco armato di tranciante trasversale. (d)

Tav. 33. Tecnica per la produzione di microliti e microbulini.

Tav. 35. Ipotesi di immanicamento di microbulini.

Tav. 35. Geometria

Tav. 36. Roccarazzo (Francofonte). Struttura muraria “castellucciana”.

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