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Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, CXI (2014), fasc. I-II Yuri Primarosa Fermare il modello in posa con la matita, il bulino, il pennello. Il cardinale Erminio Valenti nei ritratti di Ottavio Leoni * Il riconoscimento della partecipazione di Ottavio Leoni (1578- 1630) alla prestigiosa edizione delle Effigies cardinalium nunc viven- tium 1 , pubblicata a Roma nel 1608 con i volti incisi di Paolo V e dei sessantasette porporati del Sacro Collegio, ha consentito di fare nuova luce sull’opera e sulle relazioni artistiche del giovane ritrattista nei primi anni del Seicento, quando si compiva la sua brillante ascesa sulla scena romana 2 . L’intervento di Leoni in qualità di disegnatore alla redazione del prezioso volumetto borghesiano ha inoltre per- * Questo testo anticipa alcuni risultati delle ricerche ancora in corso sulla figura e l’opera di Ottavio Leoni svolte per il Dottorato di ricerca in Storia dell’arte (Sapienza Università di Roma, tutor prof. Alessandro Zuccari). Ringrazio Carlo Roberto Petrini per il costante incoraggiamento. 1 S.mi D. N. Pauli Papae Quinti Ac Illustrissimor. & R.mor. DD. S.R.E. Cardinalium Nunc Viventium Effigies, Romae, 1608. Il volumetto, oggi conservato in pochi esemplari, misura circa 20×15 cm. L’illustrazione qui pubblicata è tratta dall’esemplare conservato alla Biblioteca Angelica di Roma (coll. Y.12.20), con acquerellature color porpora sulle mozzette e sulle berrette cardinalizie. Il libro è stato restaurato nel 2003 dalla Dott.ssa Chiara Faia. Sull’utilizzo dei ritratti disegnati di Ottavio Leoni per i ritratti incisi di Tho- massin, Maupin e Parasoli si veda, di chi scrive, Ottavio Leoni portraitiste de Paul V et du Collège des cardinaux Borghèse, in F. Solinas (a cura di), Ottavio Leoni (1578-1630). Les portraits de Berlin, Roma, De Luca Editori d’Arte, 2013, pp. 55-71. 2 Sull’esordio romano di Leoni si veda ora F. Solinas, “Bon dessinateur et excellent peintre”. Ottavio Leoni à la cour de Rome, in Id. (a cura di), Ottavio Leoni (1578-1630). Les portraits de Berlin, pp. 7-39; Y. Primarosa, Statilio e Faustina Pacifici committenti e collezionisti di Ottavio Leoni, in F. Parrilla (a cura di), Collezioni romane dal Quattrocento al Settecento: protagonisti e comprimari, Roma, Campisano, 2013, pp. 31-47; Id., Oltre Scipione Pulzone. L’esordio di Ottavio Leoni e alcune nuove proposte per “Ludovico pado- vano”, in Scipione Pulzone e il suo tempo. Ricerche e interpretazioni, Atti del convegno a cura di A. Zuccari (Roma, 20 febbraio 2014), in corso di pubblicazione; Id., « Christo in terra con l’adultera figure piccole ». Un rame ritrovato di Ottavio Leoni per il cardinal Del Monte, in M. Nicolaci, M. Piccioni, L. Riccardi (a cura di), In corso d’opera. Ricerche dei dottorandi di Storia dell’Arte della Sapienza, Roma, Campisano, 2015, in corso di stampa.

Fermare il modello in posa con la matita, il bulino, il pennello. Il cardinale Erminio Valenti nei ritratti di Ottavio Leoni

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Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, cxi (2014), fasc. i-ii

Yuri Primarosa

Fermare il modello in posa con la matita,il bulino, il pennello. Il cardinale Erminio Valenti

nei ritratti di Ottavio Leoni *

Il riconoscimento della partecipazione di Ottavio Leoni (1578-1630) alla prestigiosa edizione delle Effigies cardinalium nunc viven-tium 1, pubblicata a Roma nel 1608 con i volti incisi di Paolo v e dei sessantasette porporati del Sacro Collegio, ha consentito di fare nuova luce sull’opera e sulle relazioni artistiche del giovane ritrattista nei primi anni del Seicento, quando si compiva la sua brillante ascesa sulla scena romana 2. L’intervento di Leoni in qualità di disegnatore alla redazione del prezioso volumetto borghesiano ha inoltre per-

* Questo testo anticipa alcuni risultati delle ricerche ancora in corso sulla figura e l’opera di Ottavio Leoni svolte per il Dottorato di ricerca in Storia dell’arte (Sapienza Università di Roma, tutor prof. Alessandro Zuccari). Ringrazio Carlo Roberto Petrini per il costante incoraggiamento.

1 S.mi D. N. Pauli Papae Quinti Ac Illustrissimor. & R.mor. DD. S.R.E. Cardinalium Nunc Viventium Effigies, Romae, 1608. Il volumetto, oggi conservato in pochi esemplari, misura circa 20×15 cm. L’illustrazione qui pubblicata è tratta dall’esemplare conservato alla Biblioteca Angelica di Roma (coll. Y.12.20), con acquerellature color porpora sulle mozzette e sulle berrette cardinalizie. Il libro è stato restaurato nel 2003 dalla Dott.ssa Chiara Faia. Sull’utilizzo dei ritratti disegnati di Ottavio Leoni per i ritratti incisi di Tho-massin, Maupin e Parasoli si veda, di chi scrive, Ottavio Leoni portraitiste de Paul v et du Collège des cardinaux Borghèse, in F. Solinas (a cura di), Ottavio Leoni (1578-1630). Les portraits de Berlin, Roma, De Luca Editori d’Arte, 2013, pp. 55-71.

2 Sull’esordio romano di Leoni si veda ora F. Solinas, “Bon dessinateur et excellent peintre”. Ottavio Leoni à la cour de Rome, in Id. (a cura di), Ottavio Leoni (1578-1630). Les portraits de Berlin, pp. 7-39; Y. Primarosa, Statilio e Faustina Pacifici committenti e collezionisti di Ottavio Leoni, in F. Parrilla (a cura di), Collezioni romane dal Quattrocento al Settecento: protagonisti e comprimari, Roma, Campisano, 2013, pp. 31-47; Id., Oltre Scipione Pulzone. L’esordio di Ottavio Leoni e alcune nuove proposte per “Ludovico pado-vano”, in Scipione Pulzone e il suo tempo. Ricerche e interpretazioni, Atti del convegno a cura di A. Zuccari (Roma, 20 febbraio 2014), in corso di pubblicazione; Id., « Christo in terra con l’adultera figure piccole ». Un rame ritrovato di Ottavio Leoni per il cardinal Del Monte, in M. Nicolaci, M. Piccioni, L. Riccardi (a cura di), In corso d’opera. Ricerche dei dottorandi di Storia dell’Arte della Sapienza, Roma, Campisano, 2015, in corso di stampa.

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messo di datare ad annum numerosi disegni eseguiti dall’artista in previsione della stampa del 1608.

Tra questi riveste particolare interesse l’effige del cardinale Er-minio Valenti oggi a Vienna (Fig. 1), databile attorno al 1604-1607, sinora mai presa in considerazione dai diversi studiosi che si sono occupati dell’argomento 3. Il disegno è tracciato con pietra nera e gesso bianco su carta azzurra, virata irregolarmente su tonalità ocra-marroni a causa dell’antica esposizione del foglio alla luce su un montaggio a finestra oggi non più esistente. Ritratto con una zimarra da camera poco oltre i quarant’anni d’età, il cardinale ci osserva con sguardo attento e penetrante, pronto all’azione, rivelando nell’acuta espressione del volto le qualità che distinsero in vita l’uomo: fedele e zelante, cordiale e discreto, « di grata presenza, svegliato e destro nel saper trattare i negozi » 4.

Figlio di Attilio e Lavinia Greggi, Erminio (1563-1618) ricevette una solida formazione giuridica all’Università di Perugia e, già in-torno al 1590, si trasferì stabilmente a Roma dalla natia Trevi per praticare la professione legale. Nella capitale papale, dove nel 1596 risultava « iscritto nel numero dei cittadini romani » 5, fu favorito dagli zii Sestilio (†1620) ed Ostilio (†1609), segretari rispettivamente dei Marchesi Vitelli e di Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo v. Mediata dai suoi familiari, la stretta amicizia con Pietro Aldobran-dini risultò decisiva per la carriera del giovane prelato, che divenne ben presto coadiutore e segretario personale del potente nepote di

3 Pietra nera e gesso bianco su carta azzurra parzialmente fotodeteriorata con una macchia sul margine inferiore destro, 215×152 mm (Vienna, Graphische Sammlung Albertina, inv. 846). Il foglio è segnalato nella schedatura dei disegni italiani conservati all’Albertina (V. Birke, J. Kertész, Die italienischen Zeichnungen der Albertina, Vienna, Böhlau, 1992, i, p. 440). Il ritratto fu eseguito dal naturale qualche tempo prima della partenza del porporato verso Trevi (settembre 1608), dove risiedette fino al dicembre del 1609, mentre faceva la spola tra la capitale papale e Faenza.

4 G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Tipografia Emi-liana, 1840-1879, lxiii, p. 248; si veda anche G. Bentivoglio, Memorie, Venezia, Paolo Baglioni, 1648, i, pp. 146-147.

5 D. Natalucci, Historia universale dello Stato temporale ed ecclesiastico di Trevi, 1745, ed. a cura di C. Zenobi con la collaborazione di F. Spellani, Foligno, Edizioni dell’Arquata, 1985, p. 673. Sulle vicende biografiche del cardinale si vedano T. Va-lenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée & C., 1928, pp. 254-261; M. V. Maneschi Prosperi Valenti, Un trevano alla corte degli Aldobrandini, in « Bollettino Storico della Città di Foligno », xiv (1990), pp. 293-322; G. de Petra, Il Palazzo di Cherubino Tempestivi a Montefalco. Storia e arte in un palazzo gentilizio del xvi secolo, Perugia, Deputazione di storia patria per l’Umbria, 2013, passim.

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Clemente viii. Tale incarico, del resto, rappresentava « in tutte le corti e specialmente in questa di Roma [...] una delle strade che più felicemente conduce[va] alle più alte fortune » 6. Non è quindi certa-mente un caso se, dopo i clamorosi successi diplomatici seguiti alla devoluzione di Ferrara, nel 1598 Valenti fosse elevato al canonicato di San Pietro e al protonotariato apostolico.

Il presule era il perfetto diplomatico della Corte aldobrandina perché univa spiccate virtù politiche ad ottimi costumi e a un aspetto « pieno di maestà » 7. Il cardinal Pietro ne lodava la « fedeltà e diligenza nel suo ministero nella naturale piacevolezza ed affabilità, che lo rendevano amabile e al superiore e alla corte, ed insieme in opinione di singolare bontà e benignità » 8. Queste parole piene di ammirazione sembrano prendere forma nell’intenso ritratto tracciato da Ottavio Leoni qualche tempo dopo l’elevazione alla porpora di Erminio, celebrata il 9 giugno 1604 da Clemente viii, che presentò alla Curia il Valenti come « meritatamente valente », riconoscendo nel suo nome l’aristocratica garanzia delle sue virtù 9. Attorno al 1615, anche Giovan Pietro Caffarelli annotava nelle sue inedite cronache manoscritte che « questa famiglia Valenti è di Trevi, terra poco di-scosta a Spoleto [... che ha] avuti sempre dottori e capitani, [...] oggi poi c’è un cardinale Erminio Valenti secretario del cardinale Aldobrandino, che da Clemente 8° nel ultima promozione fu eletto cardinale, che aveva allustrata alquanto questa famiglia » 10.

Il fortunato cursus honorum di Erminio, ben lungi dall’arrestarsi col pontificato Aldobrandini, raggiunse il suo apice nel settembre del 1605, quando Paolo v lo nominò vescovo di Faenza e gli assegnò altri benefici e ricchi emolumenti, rispondenti a una rendita annua complessiva di ben ottomila scudi. All’alba del regno borghesiano, Valenti non era più il cardinale “povero” sodale di Casa Aldobran-dini, quasi del tutto privo di rendite ecclesiastiche, bensì il ricco e fidato agente diplomatico del nuovo papa, per il quale « continuava il disbrigo della corrispondenza coi nunzi » 11.

6 Bentivoglio, Memorie, i, p. 146.7 Trevi, Archivio Valenti [d’ora in poi AV], tomo iii, c. 72r. Cit. in Maneschi

Prosperi Valenti, Un trevano alla corte degli Aldobrandini.8 L. Fumi, La legazione in Francia del cardinale Pietro Aldobrandino narrata da lui

medesimo, Città di Castello, S. Lapi, 1903, p. 70.9 Trevi, AV, tomo iii, c. 73r. Maneschi Prosperi Valenti, Un trevano alla corte degli

Aldobrandini, p. 305.10 Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferr. 283, 1615, c. 188v.11 L. Von Pastor, Storia dei Papi, Roma, Desclée & C., 1944-1963, xi, p. 40.

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In questa favorevole congiuntura si collocano sia il ritratto di Ottavio dell’Albertina, sia l’immagine pubblicata nel 1608 nelle Ef-figies cardinalium (Fig. 3). Eppure – in questo caso è chiarissimo – l’équipe diretta da Philippe Thomassin (1561-1622), Paul Maupin (1553 ca. - 1647) e Leonardo Parasoli (†1612) 12 non si servì per la stampa né del ritratto di Leoni né tantomeno del modello in posa, bensì di un’altra effige disegnata, copiata da quello stesso prototipo grafico oggi a Vienna o da un altro ritratto disegnato o dipinto. Quello studio di traduzione, sinora inedito, è oggi conservato nelle collezioni grafiche della National Gallery di Washington (Fig. 2), dove è schedato senza identificazione dell’effigiato con un’incongrua attribuzione allo stesso Leoni 13.

Più piccolo rispetto al “formato standard” comunemente adot-tato da Ottavio 14, schematico nel tratto e piuttosto goffo nella resa

12 Philippe Thomassin, incisore di Troyes, era figlio dell’intagliatore di fibbie e « ceinturier » Jehan; si trasferì a Roma nel 1584, dove studiò da Cornelis Cort (†1587), esordendo nell’editoria con Claude Duchet (1554-1585), prima di perfezionarsi nel 1586 nella bottega di Antonio Tempesta (1555-1630) ed aprire, nel 1590, un suo negozio « alla Pace » nel rione Ponte. Per un profilo biografico di Thomassin si vedano E. Bru-waert, La vie et les oeuvres de Philippe Thomassin, graveur Troyen 1562-1622, Troyes, P. Nouel & J.-L. Paton réunies, 1914; A. Gallottini (a cura di), Philippe Thomassin. An-tiquarum statuarum urbis Romae liber primus (1610-1622), (« Bollettino d’Arte », volume speciale), Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello stato, 1995.

Originario d’Abbeville, Paul Maupin si trasferì a Roma verso il 1600 e, a seguito delle Effigies, contribuì all’incisione della Pianta di Roma di Giovanni Maggi (1625) e delle opere del lionese Jacques Stella (1596-1657).

Professionista “virtuoso” vicino all’ambiente vallicelliano, Parasole fu educato alla corte del cardinal Baronio e testimoniò al processo di beatificazione di Filippo Neri; collaborò inoltre alle prime tavole della Syntaxis Plantaria di Federico Cesi principe dei Lincei. Su Parasole e sull’editoria romana nella seconda metà del xvi secolo si veda G. L. Masetti Zannini, Stampatori e librai a Roma nella seconda metà del Cinquecento, Roma, Palombi, 1980, pp. 214-215, passim; M. Pupillo, Gli incisori di Baronio. Il maestro “MGF”, Philippe Thomassin, Leonardo e Girolama Parasole (con una nota su Isabella/Isabetta/Elisabetta Parasole), in Baronio e le sue fonti, Atti del convegno internazionale di studi a cura di L. Gulia (Sora, 10-13 ottobre 2007), Sora, Centro di Studi Sorani Vincenzo Patriarca, 2009, pp. 831-866.

13 Pietra nera e gesso bianco su carta azzurra fotodeteriorata, 152×108 mm (Wa-shington, National Gallery of Art, inv. 2009.70.154). L’opera proviene dalla collezione di Joseph F. McCrindle. Il foglio è comparso sul mercato antiquario inglese negli anni Venti-Trenta del secolo scorso (E. Persons, London, n. 40, senza identificazione dell’ef-figiato); nello stesso catalogo di vendita è stato battuto anche il Ritratto del cardinal Silvestro Aldobrandini, anch’esso preparatorio all’effige incisa nella stessa serie del 1608 (cfr. Primarosa, Ottavio Leoni portraitiste, pp. 58-62, fig. 7).

14 Corrispondente a 21×15 cm circa.

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del carattere, questo ritratto fu tracciato da un anonimo disegnatore borghesiano, forse Philippe Thomassin, che adeguò i prodigiosi disegni di Leoni – insuperabili per padronanza tecnica e resa della dimensione psicologica degli effigiati –, uniformandoli nella tradu-zione incisoria agli altri ritratti, qualitativamente assai più modesti e privi di forza espressiva. Il volto effigiato nel foglio di Washington è, del resto, pressoché sovrapponibile all’immagine specchiata incisa su rame, che ne riproduce persino l’inclinazione della berretta e lo scorcio della mozzetta purpurea.

Dal potente naturalismo di matrice caravaggesca di Ottavio Leoni, passando per la diligente copia borghesiana del Thomassin, si ar-riva dunque alla mediocre – quasi caricaturale – stampa del 1608: durante i vari passaggi qui ricostruiti appare chiaro come la copia di copia abbia perso quasi del tutto ogni pretesa di spontaneità e vita. Eppure, la premessa latina alle Effigies cardinalium di Maupin e Parasoli – qui tradotta e analizzata criticamente per la prima volta – costituisce un vero manifesto d’intenti per la codificazione del ritratto riformato romano e ben si accosta alla poetica di Ottavio Leoni:

Noi abbiamo voluto esporre tutto il solenne Collegio del sacro Senato, come in un quadro, alla contemplazione di tutto il mondo, da riverire per il suo grande onore; da esso infatti promana, come rivoli dalla fonte, tutto ciò che dovunque può essere riconosciuto retto nella fede, sincero nel comportamento, puro nel culto divino. Chi non resterà ammirato quando osserverà tanti Padri porporati, illustri per la maestà del volto, come se fossero ordinatamente seduti nei loro scranni a deliberare? [...] E in questo nostro proposito riteniamo di non esserci discostati in nulla dalla consuetu-dine degli antichi, i quali ritennero di poter, col solo aiuto della scultura, al tempo stesso proteggere dall’oblio e dalla distruzione gli antichi eroi e stimolare con questo genere di imitazione le virtù degli avi negli animi dei discendenti. Infatti, come afferma Tullio [Cicerone ...]: sebbene le statue e le immagini non siano simulacri degli animi, ma dei corpi, con i quali ci viene mostrato il volto di coloro che non ci sono, ugualmente tuttavia in esse è presente quella forza che fa sì che l’animo del riguardante sia mosso, grazie al ricordo delle azioni, all’emulazione della virtù 15.

I colti riferimenti al concetto di kalokagathia del mondo antico, alla retorica ciceroniana e alle più recenti disposizioni paleottiane ben si inserivano nel vivace dibattito sulla corretta pratica del “ritratto

15 S.mi D. N. Pauli Papae Quinti Ac Illustrissimor., pp. 4-5.

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ufficiale” sorta all’indomani del Concilio di Trento. Le perfette effigi purpuree tradotte a stampa aspiravano a mostrare « il volto di coloro che non ci sono » celebrando l’integrità morale del Sacro Consesso romano attraverso il suo nobile aspetto. Il Libro dei cardinali – « ma-estosi nel volto, e quindi nel comportamento » – intendeva pertanto far « sì che l’animo del riguardante [fosse] mosso grazie al ricordo delle azioni all’emulazione della virtù », poiché – secondo i dettami post tridentini – tali immagini dovevano « servire a’ costumi et utilità della vita » 16.

Principale interprete di questi ambiziosi propositi, Ottavio Leoni era certamente ben consapevole dell’importanza rivestita dalle effigi dei principali attori della Curia nella propaganda « contra malevo-los », presentando il volto di quegli illustri prelati che, « ò con bontà morale, ò con santità cristiana potevano essere d’incitamento alla virtù » 17.

Accanto ai ritratti del cardinal Valenti vi sono quelli – ben più noti – offerti da Leoni ad altri prelati di Casa Aldobrandini, in primis il cardinal Pietro, effigiato per la prima volta attorno al 1602-1604 in un foglio tracciato a pietra nera e gesso bianco oggi a Oxford (Fig. 5) 18. Il ritratto del primo protettore di Erminio coincide con l’immagine ribaltata pubblicata nel Libro dei cardinali (Fig. 6), che – analogamente a quella del prelato umbro – fu incisa direttamente a partire dal ritratto di Ottavio attraverso la mediazione di un altro foglio ora disperso. Il disegno oggi in Inghilterra costituì, inoltre, lo studio grafico per l’effige su tela del cardinale, ancora oggi conser-vata nella Villa Aldobrandini di Frascati (Fig. 7) 19, dipinta da Leoni

16 G. Paleotti, Discorso intorno alle imagini sacre et profane, Bologna, per Alessan-dro Benacci, 1582, ed. a cura di P. Prodi, Bologna, A. Forni, 1990, p. 158.

17 Ivi.18 Pietra nera e gesso bianco su carta azzurra fotodeteriorata, mm 231×160 (Ox-

ford, Ashmolean Museum, inv. Pii 882). In calce al recto l’iscrizione autografa identifica l’effigiato: « Card.l Pietro Aldobrandino ». Si veda la scheda di M. R. Pizzoni in Cara-vaggio. Mecenati e pittori, Catalogo della mostra a cura di M. C. Terzaghi (Caravaggio, Palazzo Gallavresi, 25 settembre - 12 dicembre 2010), Cinisello Balsamo, Silvana Ed., 2010, pp. 102-104 (con bibliografia precedente) e, di chi scrive, Ottavio Leoni portrai-tiste, pp. 57-61.

19 Si veda la scheda di S. Marra in Dalle Collezioni Romane. Dipinti e arredi in dimore nobiliari e raccolte private xvi-xviii secolo, Catalogo della mostra a cura di F. Pe-trucci (Roma, Palazzo Incontro, 28 gennaio - 24 febbraio 2008) Roma 2008, pp. 45-46 (con bibliografia precedente); da ultimo F. Solinas, “Bon dessinateur et excellent peintre”. Ottavio Leoni à la cour de Rome, pp. 18-20.

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sull’onda dei fortunati modelli coniati più di vent’anni prima da Scipione Pulzone 20. Registrato nei primi inventari della Casa, questo « ritratto del cardinale Pietro Aldobrandini a sedere con una memo-ria in mano [...] alto palmi cinque e mezzo » 21 è di poco precedente al Paolo v di Palazzo Borghese.

Altro caso analogo è rivestito dai ritratti di Giovan Battista Deti (1580-1630), anch’egli largamente beneficiato dagli Aldobrandini, in quanto « giovine di bella presenza [...] nato in stato assai povero » nell’illustre famiglia fiorentina « dalla quale era uscita la madre di Clemente viii per nome Lisa » (†1557), figlia di Guido Deti e sposa di Silvestro Aldobrandini (1499-1558) 22. L’effige in abiti secolari di Giovan Battista (Fig. 8), tracciata da Ottavio nel 1602, costituisce una delle prime prove datate nel vasto corpus grafico dell’artista 23: Leoni definì con segno grasso, rapido e deciso il contorno e le pieghe dell’abito, le ciocche di capelli e le sopracciglia pettinate del presule, che fu « buon figliolo di dolcissima natura », sebbene « nell’andare per Roma pare che sia [stato] molto discortese » 24, praticando una dubbia condotta morale rimproverata dai prelati del partito avverso e dal cardinale Guido Bentivoglio (1577-1644), che lo stigmatizzò

20 Si veda, ad esempio, il Ritratto del cardinale Michele Bonelli oggi a Cambridge (Mass.), Fogg Art Museum.

21 Cfr. C. D’Onofrio, Inventario dei dipinti del cardinale Pietro Aldobrandini compi-lato da G. B. Agucchi nel 1603, in « Palatino », viii (1964), pp. 15-20, 158-211.

22 Cit. in M. S. Seidler, Il teatro del mondo. Diplomatische und journalistische Re-lationen vom romischen Hof aus dem 17. Jahrhundert, Frankfurt am Main, Lang, 1996. Nel 1614 il cugino Pietro gli donava la villa della Rufinella (poi Falconieri) a Frascati, oltre a una cospicua rendita di 500 scudi annui (M. Sanfilippo, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1991, xxxix, pp. 460-461). Alla morte di Gregorio xv, nel 1623, ormai gravemente ammalato di podagra, Giovan Battista fu ospitato dalla cugina Olimpia Aldobrandini (1567-1637) nel palazzo al Corso, all’angolo con piazza Colonna. Per decorare le sale al piano nobile, il cardinale commissionò a Flaminio Allegrini (1587-1663) un ciclo di affreschi raffiguranti scene dell’Antico Testamento ed episodi storici del papato Aldobrandini celebranti le imprese di Clemente viii, del cardinal Pietro e di Giovan Francesco (1545-1601), Generale di Santa Romana Chiesa, cfr. S. Epp, “La femina origine di ogni male”. Affreschi nella Gal-leria Deti del Palazzo Chigi a Roma, in « Studi di storia dell’arte », xii (2002), pp. 75-94.

23 Pietra nera e gesso bianco su carta azzurra fotodeteriorata, 213×146 mm (Ber-lino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, KdZ 17066). In calce al recto è la data autografa 1602; al verso « 19 » e, apposta attorno al 1636-1640, « [S].re Cardin[al] [D]eti », coperta da una striscia di carta incollata e successivamente abrasa. Cfr. B. Sani, La fatica virtuosa di Ottavio Leoni, Torino, Allemandi, 2005, p. 43, n. 152 (come ritratto di giovane); Y. Primarosa, Catalogue, in F. Solinas (a cura di), Ottavio Leoni (1578-1630). Les portraits de Berlin, cat. 19, pp. 112-114 (come Giovan Battista Deti).

24 Cit. in Seidler, Il teatro del mondo.

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come uomo « debole, incolto, stroppiato dalla podagra, pieno di mille malattie contratte per mille disordini » 25.

Il disegno ben si accosta nell’impostazione del volto all’immagine specchiata del cardinale incisa su rame nel 1608 (Fig. 10), nella quale Giovan Battista è abbigliato con berretta e mozzetta purpuree ed è presentato con il mento leggermente più pronunciato. Al pari di numerosi altri casi, anche questo foglio leoniano fu utilizzato da Thomassin, Maupin e Parasoli per documentare la fisionomia del prelato senza dover ricorrere a lunghe pose dal naturale. Tale me-diazione grafica, suggerita anche dall’aspetto giovanile del Deti, è ora confermata dall’identificazione del prezioso disegno preparatorio all’incisione del 1608, oggi conservato a Princeton (Fig. 9), eseguito con ogni evidenza da uno dei tre incisori borghesiani 26.

Un analogo processo di traduzione riguardò anche i due ritratti disegnati da Leoni del cardinale Bonifacio Caetani (1567-1617), pre-liminari all’effige incisa nelle Effigies Cardinalium (Fig. 12) 27. L’esame alla fluorescenza ultravioletta delle due carte ha reso leggibili le rispettive iscrizioni, che hanno consentito di identificare il personag-gio con il terzogenito del potente Onorato iv Caetani (1542-1592) quinto duca di Sermoneta e di Donna Agnese Colonna (1538-1578). Descritto nel 1609 da Giovan Pietro Caffarelli come uomo « di gran valore et de multa aspettazione » 28, Bonifacio fu « promosso nel 1599 da Clemente viii al vescovado di Cassano Ionio, e da Paolo v

25 G. Bentivoglio, Memorie e lettere, ed. a cura di C. Panigada, Bari, Laterza, 1934, i, p. 81. Nonostante la sua « scostumata condotta » manifestatasi sin dal suo arrivo a Roma (Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, xix, pp. 259-260), il cursus honorum di Deti non si arrestò nel 1605 con la morte dello zio pontefice, né con quella del cardinal Pietro nel ’21. Nel 1623, Gregorio xv gli assegnava il prestigioso titolo ve-scovile di Albano e nel ’26 era promosso alla sede suburbicaria di Porto. « Non senza ripugnanza di Urbano viii » (Ivi, pp. 259-260), in qualità di decano del Sacro Collegio fu investito d’ufficio nel 1629 delle diocesi di Ostia e Velletri.

26 Ricollegato qui per la prima volta all’edizione del 1608. Il foglio è segnalato con erronea attribuzione a Leoni in F. Gibbons, Catalogue of Italian drawings in the Art Museum, Princeton University, Princeton University Press, 1977, catt. 402-404. Ringrazio Laura M. Giles per avermi fornito l’immagine che qui si pubblica. Nella stessa raccolta è conservato anche il foglio preparatorio al ritratto inciso del cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia, che sarà oggetto di futuri approfondimenti.

27 La stampa del 1608 e i due ritratti di Bonifacio in abiti secolari e in divisa cardinalizia sono pubblicati da chi scrive in F. Solinas (a cura di), Ottavio Leoni (1578-1630). Les portraits de Berlin, catt. 31-32, pp. 144-150, a cui si rimanda per le altre effigi leoniane di Casa Caetani.

28 Roma, Biblioteca Angelica, ms. 1638, c. 5.

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al governo della Romagna; quest’ultimo agli 11 settembre 1606 lo creò cardinale prete, col titolo di Santa Pudenziana, indi nel 1613 lo trasferì all’arcivescovado di Taranto » 29. Il prelato, che « non sembra essersi dedicato mai con troppo zelo ai suoi doveri pastorali » 30, fu ritratto da Leoni all’indomani dell’ascesa alla porpora, prima che – a detta del Moroni – abbandonasse « l’allegria e la conversazione, mostrandosi grave ed esemplare nella condotta » 31, così come appare nel ritratto berlinese qui illustrato, databile tra la sua elevazione car-dinalizia (settembre 1606) e l’edizione del 1608.

Da questo stesso prototipo grafico, o da un altro di poco suc-cessivo ora perduto, sembra derivare anche un’effige dipinta in “tela da testa” conservata nella Galleria Colonna (Fig. 13), già riferita da Eduard Safarik al pennello di Leoni con un incongruo riferimento al cardinale fiorentino Roberto Ubaldini (1581-1635) 32. Il ritratto, appannato da una spessa patina di sporcizia e vernici ossidate, ricalca fedelmente l’immagine berlinese non solo nella fisionomia e nell’abito del personaggio, ma anche nella posizione quasi frontale del volto e nella modulazione del chiaroscuro, resa con la stessa illuminazione proveniente da sinistra. La presenza in Casa Colonna di un ritratto del Cardinal Caetani – forse dipinto retrospettivamente, attorno al 1617 –, non stupisce alla luce dell’antica alleanza tra le due famiglie, suggellata nel 1560 con le nozze di Agnesina Colonna e Onorato iv Caetani, genitori di Bonifacio. Deve dunque essere respinta anche la recente identificazione del porporato con il cardinale Girolamo Colonna (1604-1666), avanzata nel 2008 da Francesco Petrucci più sulla base del luogo di conservazione dell’opera che sulla scorta di concrete affinità tra le sembianze dell’effigiato e quelle del figlio di Filippo i e Lucrezia Tomacelli, asceso alla porpora solo nell’agosto del 1627 33.

29 Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, xxviii, p. 106.30 G. De Caro, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1973, xvi,

pp. 134-135.31 Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, xxviii, p. 106.32 Olio su tela, cm 67,5×50 (inv. 848, n. 646). Cfr. E. A. Safarik (a cura di), G. Mi-

lantoni (con la collaborazione di), Galleria Colonna in Roma. Dipinti, Roma, ed. 2003, p. 82 (con attribuzione dubitativa a Ottavio Leoni).

33 F. Petrucci, Pittura di ritratto a Roma. Il Seicento, Roma, Budai, 2008, iii, p. 627. L’attribuzione del dipinto a Leoni è stata accettata anche da Piera Giovanna Tordella, che però non prende posizione sull’identità dell’effigiato (P. G. Tordella, Ottavio Leoni e la ritrattistica a disegno protobarocca, Firenze, Olschki, 2011, p. 35).

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I ritratti disegnati e dipinti di Pietro Aldobrandini, Giovan Bat-tista Deti e Bonifacio Caetani dovettero persuadere anche Erminio Valenti a commissionare a Leoni un ritratto da parata per celebrare la sua ascesa alla porpora. Ottavio, del resto, aveva effigiato su carta anche altri membri della Casa trevana di Erminio, tra i quali « la Si-gnora Valenti », registrata nel 1668 in una serie di « Dodeci pastelli di mano del Padovanino con cornice d’ebbano », esposta al tempo nel palazzetto di Giovanni de Azevedo in piazza Pasquino 34. L’immagine della gentildonna – quasi certamente identificabile con Maria Valenti, sorella di Erminio – resta tuttavia ancora celata tra i numerosi ritratti di anonimi presenti nel ricco corpus grafico di Leoni: muta presenza da ricercare in futuro tra i fogli privi di iscrizioni o controfondati per restituire anche al suo volto una storia.

Grazie alle diverse effigi del cardinal Valenti, disegnate ed incise, è invece ora possibile riconoscere il ritratto dipinto di Erminio realiz-zato da Ottavio (Fig. 4), nascosto da quattro secoli a Trevi nella sa-crestia dell’antica chiesa di Santa Croce 35. Il quadro è oggi offuscato da uno spesso strato di vernici ossidate e da piccole lacerazioni del supporto, che si sovrappone al formato romano della “tela d’impera-tore”. Il precario stato di conservazione della tela, che necessiterebbe con urgenza di un ritensionamento, non impedisce tuttavia di farne apprezzare il rigore fisionomico e la ricchezza cromatica, tutta giocata sui diversi toni del rosso, dal porpora al cremisi al violetto.

Accomodato davanti a una tenda iridescente analoga a quella dell’effige Aldobrandini, anche il cardinale Valenti mostra una lettera, richiamo alla fitta corrispondenza diplomatica intrattenuta dal prelato con presuli e regnanti di tutt’Europa. Databile al 1604-1608, la tela si pone a metà strada tra l’appena ricordato Pietro Aldobrandini e il Domenico Toschi oggi a Reggio Emilia – entrambi dipinti attorno al 1604 –, e la seconda versione dello Scipione Borghese a sedere (Fig. 11) e il Pio iv Medici di Casa Altemps, realizzati rispettivamente

34 Roma, Archivio di Stato, Trenta Notai Capitolini, Uff. 36, vol. 118, cc. 11-18v, 35-51v. Cit. in A. Giammaria (a cura di), Archivio del collezionismo romano, progetto diretto da L. Spezzaferro, Pisa, Ed. della Normale, 2009, pp. 89-98.

35 Il dipinto, che misura 125×94 cm, è segnalato senza attribuzione in V. Casale, G. Falcidia, F. Pansecchi, B. Toscano, Pittura del ’600 e ’700. Ricerche in Umbria, 1, Treviso, Canova Editore, 1976, p. 227, fig. 348. Una copia antica del ritratto è con-servata nel Palazzo Valenti di Trevi (Maneschi Prosperi Valenti, Un trevano alla corte degli Aldobrandini, p. 321, fig. 1).

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verso il 1607-1610 e nel 1612-1613 36. Il confronto con questi ultimi due dipinti fuga ogni perplessità sull’autografia del quadro oggi in Umbria: sono infatti simili nelle tre tele sia la descrizione e la po-sizione scorciata delle mani – inaugurata nel Ritratto del cardinal Borghese di Ajaccio –, sia la fattura dei merletti e il trattamento ab-breviato delle plissettature delle mussole. Alcune cadute di tono nel ritratto di Trevi rendono tuttavia plausibile l’intervento della bottega nella stesura delle parti secondarie del dipinto.

La pertinenza dell’opera all’eredità romana del cardinale è confer-mata da alcune preziose testimonianze documentarie. Già nel 1618, infatti, il Ritratto di Erminio Valenti era giunto in Umbria dalla capitale papale tramite gli eredi del cardinale: i nipoti Battista, Pom-peo e Francesco Benenati Piccolomini, figli della ricordata sorella Maria, che nel 1620 finanziarono il sontuoso monumento funebre del porporato nel santuario della Madonna delle Lacrime di Trevi. Nel novembre del 1615, inoltre, il cardinal Valenti aveva citato tra i propri legati testamentari anche il monastero di Santa Croce – dove ancor oggi si trova il suo ritratto –, al quale lasciò ben cinquecento scudi con l’obbligo perpetuo di messe in suffragio della sua anima, disponendo che quattro mesi dopo il giorno della sua morte fossero venduti « tutti i mobili della guardaroba, tutti gli argenti grossissimi e valori mobili ed ornamenti di casa dovunque si troveranno » e che gli eredi devolvessero il ricavato al mantenimento della cappella di San Carlo Borromeo di Faenza, « che abbiamo fatto adornare nella mia cattedrale come cappella privata » 37.

36 Sul Ritratto del cardinal Toschi, sul suo ritrovato disegno preparatorio e sulla sua traduzione incisa si veda ora, di chi scrive, Ottavio Leoni portraitiste de Paul v et du Collège des cardinaux Borghèse, pp. 60-64. Sul Ritratto di Scipione Borghese, derivato dal prototipo oggi ad Ajaccio, si vedano La Porpora Romana. Ritrattistica cardinalizia a Roma dal Rinascimento al Novecento, catalogo della mostra a cura di M. E. Tittoni, F. Petrucci (Museo di Roma di Palazzo Braschi, 22 novembre 2006 - 25 febbraio 2007), Roma, Gangemi, 2006, pp. 80-81 (datato al 1605 e ritenuto precedente al ritratto di Ajaccio); Solinas, “Bon dessinateur et excellent peintre”, pp. 23-24 (con datazione al 1610-1615 ca.). Il Ritratto Altemps gode invece di precisi riscontri documentari: nel dicembre del 1613 « Ottavio Padovano pittore » incassò da Giovan Angelo Altemps un saldo di cento scudi « per 4 quadri, uno [raffigurante] San Carlo, uno [il] retratto del Signor Cardinale Altemps il Vecchio et un altro quadro », ovvero il Pio iv, riconosciuto ed acutamente attribuito a Leoni nel 1987 dal Pietraroia, cfr. F. Scoppola (a cura di), Palazzo Altemps. Indagini per il restauro della fabbrica Riario, Soderini, Altemps, Roma, De Luca Editori d’Arte, 1987, p. 253, fig. 381.

37 In un codicillo dettato il 22 agosto 1618 – giorno della sua morte – Erminio dispose che « tutti li mobili, gli argenti ed ogni altra cosa tanto in Trevi quanto in Roma

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I nuovi disegni qui presentati e la loro traduzione incisa e dipinta propagandavano l’immagine di Erminio attraverso i differenti media artistici. Quei ritratti, oggi sparsi in tutto il globo, tornano ora ad intrecciarsi alle vicende biografiche e alle tracce documentarie lasciate dal cardinale come pezzi di un ingranaggio che ritrovano facilmente il loro incastro perfetto.

et qualsivoglia luogo esistenti et spettanti a Sua Signoria Illustrissima siano restituiti alla custodia et in potere del Signor Virgilio Lucarini », suo esecutore testamentario ed inten-dente di fiducia, il quale avrebbe dovuto poi consegnare tutto agli eredi. Cfr. Maneschi Prosperi Valenti, Un trevano alla corte degli Aldobrandini, pp. 318-319.

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Fig. 1Ottavio Leoni, Ritratto del cardinal Erminio Valenti, 1604-1607, Vienna,Graphische Sammlung Albertina

Fig. 2Disegnatore borghesiano (da Ottavio Leoni), Ritratto del cardinal Erminio Valenti, 1607-1608, Washington,

National Gallery of Art

Fig. 3Incisore borghesiano, Ritratto del cardinal Erminio Valenti, 1608, Roma, Biblioteca Angelica (Effigies

cardinalium, tav. 42)

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Fig. 4Ottavio Leoni (qui attribuito), Ritratto del cardinal Erminio Valenti a sedere,

1605-1608 ca., Trevi, Santa Croce

Fig. 5Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Pietro Aldobrandini, 1602-1604 ca.,

Oxford, Ashmolean Museum

Fig. 6Incisore borghesiano (da Ottavio Leoni), Ritratto del cardinale Pietro Aldobrandini, 1608, Roma, Biblio- teca Angelica (Effigies cardinalium,

tav. 18)

977IL CARDINALE ERMINIO VALENTI NEI RITRATTI DI OTTAVIO LEONI

Fig. 7Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Pietro Aldobrandini a sedere “con una memoria in mano”, 1603-1604 ca.,

Frascati, Villa Aldobrandini

Fig. 8Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Giovan Battista Deti in abiti secolari, 1602, Berlino, Staatliche Museen,

Kupferstichkabinett

Fig. 9Disegnatore borghesiano (da Ottavio Leoni), Ritratto del cardinale Giovan Battista Deti (qui identificato), 1607-1608,

Princeton University, Art Museum

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Fig. 10Incisore borghesiano, Ritratto del cardinale Giovan Battista Deti, 1608, Roma, Biblioteca Angelica

(Effigies cardinalium, tav. 63)

Fig. 11Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Scipione Borghese a sedere, 1610 ca.,

Roma, Collezione privata

Fig. 12Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Bonifacio Caetani, 1606-1608, Berlino, Staatliche Museen,

Kupferstichkabinett

Fig. 13Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Bonifacio Caetani (qui identificato),

1617 ca., Roma, Galleria Colonna

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Fig. 1ottavio leoni, Ritratto del cardinal Erminio

Valenti, 1604-1607, vienna,Graphische Sammlung albertina

Fig. 4ottavio leoni (qui attribuito),

Ritratto del cardinal Erminio Valenti a sedere, 1605-1608 ca., trevi, Santa Croce