21

Sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta, in Scienze dell'Antichità, 18, 2012

Embed Size (px)

Citation preview

dipartimento di scienze dell’antichità

Direttoreenzo lippolis

Comitato di Direzionemaria Giovanna Biga, savino di lernia, eugenia equini schneider,

Giovanna maria Forni, Gian luca Gregori, laura maria michetti, Frances pinnock, loredana sist, maurizio sonnino, eleonora tagliaferro

Comitato scientificorosa maria albanese (catania), Graeme Barker (cambridge),

corinne Bonnet (toulouse), alain Bresson (chicago), Jean-marie durand (paris), alessandro Garcea (lyon), andrea Giardina (Firenze), michel Gras (roma),

henner von hesberg (roma-dai), tonio hölscher (heidelberg), mario liverani (roma), paolo matthiae (roma), athanasios rizakis (atene), Guido vannini

(Firenze), alan Walmsley (copenhagen)

Redazionelaura maria michetti

sapienza università di roma

ESTRATTO

III sezIone

La Chiesa nubiana di sonqi Tino.Un caso di studio integrato sul patrimonio culturale

ESTRATTO

In memoria di Silvia Pasi

La giornata di studio dedicata a “La Chiesa nubiana di sonqi Tino, un approccio mul-tidisciplinare” organizzata il 21 febbraio 2012 al Consiglio nazionale delle Ricerche, è stata promossa da Loredana sist nel quadro dei seminari del Dipartimento di scienze dell’Antichità della sapienza Università di Roma, in collaborazione con l’Istituto di Metodologie Chimiche e il Dipartimento Patrimonio Culturale del CnR.

oggetto della manifestazione è stata la presentazione di studi multidisciplinari dedicati alla chiesa di sonqi e ai suoi dipinti che sono stati recuperati durante gli scavi compiuti dalla Missione Archeologica Italiana in egitto e sudan della sapienza nell’ambito delle iniziative promosse dall’Unesco per il salvataggio dei monumenti della nubia.

I dipinti e i materiali provenienti dalla chiesa, in gran parte conservati nel Museo del Vici-no oriente della nostra Università, sono stati sottoposti a molteplici e sofisticate analisi grazie alla pluriennale collaborazione che è stata attivata tra Museo, Istituto di Metodologie Chimi-che del CnR e Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro, MiBAC.

L’incontro ha presentato i risultati di tali indagini ed è stato anche l’occasione per riaf-frontare problematiche archeologiche, storiche e conservative secondo ottiche innovative che si avvalgono ormai di una pluralità di tecniche e strumenti.

Durante la stampa del presente volume è venuta a mancare silvia Pasi, docente di storia dell’arte bizantina presso l’Alma Mater studiorum Università di Bologna, che ha partecipato alla giornata di studio con un suo contributo sulle pitture della chiesa. A lei va il nostro pensie-ro e alla sua memoria dedichiamo i nostri lavori.

* * *

The meeting titled “The nubian Church of sonqi Tino, a multidisciplinary approach”, organized on February 21, 2012 at the national Research Council, was promoted by Loredana sist within the seminars of the Department of Classical studies of sapienza University of Rome, in collaboration with the Institute of Chemical Methodologies and the Cultural Herit-age Department of the CnR.

Loredana SiSt

PReMessA

ESTRATTO

520 L. sist Sc. Ant.

object of the event was the presentation of multidisciplinary studies devoted to the church of sonqi and its paintings, which were recovered during the excavations carried out by the Italian Archaeological Mission in egypt and sudan of sapienza University of Rome, as part of the initiatives promoted by UnesCo to save the monuments of nubia.

Paintings and materials coming from the church, largely preserved in the Museum of the near east of sapienza University, were subjected to multiple and sophisticated analysis thanks to the long-term collaboration that has been activated between the Museum, the Institute of Chemical Methodologies of the national Research Council and the Institute for Conservation and Restoration, MiBAC.

The meeting presented the results of such investigation and was also an opportunity to review archaeological, historical and conservative issues through new tools and technologies.

During the printing of this volume silvia Pasi, Professor of History of Byzantine Art at the University of Bologna Alma Mater, who participated in the meeting with a contribution on the paintings of the church, died. she is in our thinking and we wish to dedicate our work to her memory.

Loredana sist

Dipartimento di Scienze dell’AntichitàSapienza Università di Roma

[email protected]

ESTRATTO

introduzione

Il mio intervento è volto a ricordare brevemente la scoperta la chiesa di sonqi nella nubia sudanese e a illustrare il motivo per cui, 45 anni dopo lo scavo archeologico vero e proprio, si sia deciso di procedere alla sua riscoperta grazie a uno scavo per così dire virtuale. esso è stato reso possibile grazie al fatto che nel Museo del Vicino oriente, appartenente al Polo Museale della sapienza, sono conservati non solo parecchi materiali provenienti da quella indagine ar-cheologica, ma anche l’intero archivio relativo alla ricerca.

L’occasione per una rilettura completa del monumento è stata offerta dalla collaborazione ormai attiva da qualche anno tra il Museo del Vicino oriente, i ricercatori e i tecnici del Con-siglio nazionale delle Ricerche e dell’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro1. L’attenzione si è concentrata sullo stato delle pitture esposte nel Museo ed è stato varato un progetto che ha previsto indagini sui dipinti mediante sofisticati sistemi di rilevamento e un accertamento sul loro stato di conservazione. Parallelamente è iniziata una ricerca sui dati ar-cheologici relativi non solo ai dipinti ma anche al loro contesto, ricerca che ha rivelato subito una carenza di pubblicazione dei dati finali dello straordinario lavoro archeologico di 45 anni fa. si è così compiuta una approfondita indagine di archivio documentario e fotografico per una rilettura completa del monumento, considerato anche il fatto che in questo lungo lasso di tempo gli studi nubiani si sono rafforzati e arricchiti di una vasta bibliografia2.

La Scoperta

Le indagini archeologiche in nubia, sia in territorio egiziano, sia sudanese, ebbero un grandissimo impulso nel corso degli anni ’60 del secolo scorso in occasione della costruzione

1 SiSt cds.2 Per la raccolta e il confronto dei dati archeo-

logici e fotografici è stato prezioso l’aiuto dei dottori

A. Colonna, L. De Angelis, A. Iob, L. Lagravinese, s. Lanna, I. Melandri, G. Rossi che qui ringrazio.

Loredana SiSt

sonqI TInoDALLA sCoPeRTA ALLA RIsCoPeRTA

ESTRATTO

522 L. sist Sc. Ant.

della diga di Assuan. Tale costruzione localizzata alla I cateratta del nilo, una volta terminata, avrebbe comportato la creazione a monte di un invaso di enormi dimensioni, un lago di 500 km di lunghezza che avrebbe cancellato ogni traccia di vita e ogni traccia archeologica lungo le sue sponde. L’UnesCo lanciò quindi, proprio in concomitanza con l’inizio dei lavori di costruzione della diga, una campagna per il salvataggio dei monumenti nubiani, patrocinata da illustri personaggi dell’epoca, volta a promuovere le indagini scientifiche nella regione minac-ciata con l’invio di spedizioni archeologiche. Gli studiosi, provenienti da molti paesi, chiamati a documentare quanto più possibile entro il minor tempo possibile, si suddivisero i compiti e le aree d’indagine3. All’inizio si intervenne sui siti più urgentemente minacciati dall’espandersi delle acque del lago nasser, ovvero quelli più vicini ad Assuan. I siti più lontani, soprattutto quelli intorno alla II cateratta, furono gli ultimi a essere esplorati.

sergio Donadoni, che già aveva avuto esperienza di lavoro nella nubia egiziana con stagio-ni di scavo a Ikhmindi, Maharraqa, saba Gura, quban e infine Tamit, nonché una campagna di rileva-mento epigrafico al tempio di el-Lessija, poi smontato e rimontato nel Museo egizio di Torino a cui fu donato, fu invitato nella primavera del 1966 a un incontro internazio-nale promosso dall’UnesCo a Venezia alla Fondazione Cini. Vi partecipò anche la santa sede in-viando come osservatori Filippo Magi responsabile degli scavi dei Musei Vaticani e Felice Domeni-co Darsy, direttore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana4.La relazione diffusa dagli organi dell’UnesCo in quell’occasione evidenziava che restava ancora da esplorare un territorio lungo circa 100 km nella regione impervia e desertica del Batn el-Hajar (Fig. 1): «The Aswan High Dam when com-pleted will flood the nile Valley for a distance of about 190 km. wi-thin the borders of the Republic of the sudan. of the total threatened

3 adamS 1968, pp. 110-121. 4 sui motivi di questa presenza si veda il contri-

buto di A. Amenta in questo stesso volume.

Fig. 1 – La regione del Batn el-Hajar.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 523

area, archaeological survey and ex-cavation had been completed over 65 km. or about 1/3, prior to 1964. Through the combined efforts of the Unesco nubia Archaeological survey and the Finnish nubia ex-pedition, an additional 20 km. was completed in 1964-1965. An area just over 100 km. long therefore re-mains in which survey and explora-tion must still be carried out».

Tra i siti presenti lungo quei 100 km ancora da esplorare vi era anche sonqi, contrassegnato nella mappa dell’UnesCo dalla sigla 21-D-5 (Fig. 2) e così definito: «21-D-5. sonki West. Christian church, on the west bank of the nile about 150 km. south of Wadi Halfa. A small, late type (Thirteenth cen-tury) mud brick church, very well preserved, which may contain nu-merous frescoes. excavation could be completed in a matter of days, but several weeks might be re-quired for copying and removal of frescoes, if they prove well enough preserved».

sonqi fu scelto da Donadoni dopo una survey esplorativa compiuta nello stesso anno. Ar-rivare al sito fu un’impresa poiché le vie tradizionalmente percorribili erano ormai sommerse dalle acque. Dopo aver raggiunto Wadi Halfa in battello da Aswan fu necessario procedere in Land Rover su piste alternative fino a sonqi5.

nel marzo 1967 fu organizzata la prima missione archeologica sotto l’egida della sapienza e grazie ai finanziamenti del Consiglio nazionale delle Ricerche e della santa sede che inviò in missione come suo rappresentante il missionario comboniano Padre Giovanni Vantini, noto studioso di cose nubiane. Le campagne di scavo furono quattro, dal 1967 al 1970, rese difficili da un ambiente particolarmente impervio. La chiesa fu la prima struttura a essere indagata e le pitture ritrovate al suo interno furono in parte strappate nel corso della I campagna e portate in Italia per il restauro. Il distacco delle restanti fu completato nel 1968. Autori del recupero furono Leonetto Tintori, nome famoso nel campo del restauro, e silvestro Castellani. Le missioni degli anni seguenti furono dedicate all’analisi dei dettagli strutturali, allo scavo del cimitero adiacente, a ricognizioni nei dintorni e all’indagine nel Diff, il villaggio fortificato a sud di sonqi.

5 donadoni 1997, pp. 15-19.

Fig. 2 – L’area di sonqi.

ESTRATTO

524 L. sist Sc. Ant.

Una volta restaurate nei laboratori degli Uffizi di Firenze, le pitture furono equamente di-vise tra Khartoum e Roma. Circa la metà, tra cui quelle del vano 8 della chiesa completamente ricostruito su supporti rigidi, tornarono a Khartoum per essere esposte nel Museo nazionale; le altre finirono nel Museo del Vicino oriente e una pittura fu assegnata alla santa sede. Prima del loro rientro in sudan, nel febbraio 1968 le pitture furono esposte in una mostra organizzata al Consiglio nazionale delle Ricerche, successivamente trasferita al Museo egizio di Torino in occasione della settimana dei musei. La stampa diede ampio risalto all’avvenimento spesso con notazioni significative: «ora questa cappelletta, fra il decimo e l’undicesimo secolo, ci porta una testimonianza diretta dei modi coi quali era maturata la pittura copta, che poi diventerà la produzione artigianale abissina, allontanandosi dai centri primari di diffusione dell’Alto e del Basso egitto. Una pittura senza volumi, di superfici laminate, dai contorni rigidi, e dalle campi-ture non molto intense. Dal punto di vista iconografico presenta gli spunti più interessanti: ad esempio il Cristo entro un ovale col calice in mano; e poi le figure sovrapposte come quella del Redentore che sta su re Giorgio e l’altra dell’Arcangelo su un vescovo. orbene queste figure non si confinano in un tempo tanto remoto e in uno spazio desertico: è lo stesso tipo che darà, in occidente, la rappresentazione della trinità e di quel gruppo di sant’Anna con la Madonna e il Bambino che venne detto, in Toscana, sant’Anna Metterza. Credo proprio che, questo di songi, sia l’esempio più antico e indichi un’origine copta a tali modi iconografici, come già si conosceva sicuramente quale copta la madonna del latte, dalla radice egiziana di Iside. Vi sono poi altri particolari, come la corona del re, a due archi incrociati, assai diversa da quelle bizan-tine del medesimo tempo. se poi si voglia avere un’idea di come appaiono queste figurazioni, si pensi alla scuola romana dell’undicesimo secolo: ciò che non è senza insegnamento, per l’oscu-ro intreccio delle correnti di cultura figurativa in quei secoli» (Cesare Brandi, Preziosi affreschi recuperati da studiosi italiani nel Sudan, in Corriere della Sera, 15 febbraio 1978, p. 3).

I risultati delle quattro campagne di scavo a sonqi sono stati solo parzialmente pubblica-ti6. oltre a qualche articolo sui dati archeologici e sull’insieme delle iscrizioni in greco e antico nubiano ritrovate sui muri interni della chiesa, è apparsa una sola monografia riguardante l’as-setto architettonico dell’edificio ad opera di G. Fanfoni7. Manca un’adeguata presentazione e delle iscrizioni e delle pitture e della cultura materiale.

La riScoperta

La scoperta e il parziale salvataggio del monumento nubiano furono dunque possibili grazie allo sforzo congiunto di più istituzioni, sapienza, CnR, santa sede, che collaborarono, ognuno per la propria area di competenza.queste informazioni del passato sono importanti per poter comprendere le motivazioni degli interventi odierni: si riannodano oggi fili antichi di collaborazione e interazione. Per quanto mi riguarda vado a presentare i risultati storico-archeologici di un “work in progress” che tiene conto e confronta i dati prodotti dai vari

6 donadoni - curto 1968; donadoni 1970a, 1970b, 1971, 1975, 1978; Vantini - donadoni 1967-68.

7 FanFoni 1979.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 525

studiosi nel proprio ambito di ricerca, spesso raccolti con approcci metodologici diversi, con l’obiettivo di giungere a conclusioni condivise specie per quanto riguarda la cronologia d’uso del complesso e dell’intera area d’insediamento8.

1. Le fasi architettoniche della chiesa.Giuseppe Fanfoni basandosi sull’analisi puntuale della struttura architettonica, in parti-

colare osservando dimensione e qualità dei mattoni crudi utilizzati per la costruzione dell’edi-ficio e le diverse tessiture murarie presenti, ha evidenziato almeno cinque fasi d’impiego della chiesa9. nella pianta da lui disegnata i muri appartenenti a momenti diversi sono distinguibili grazie a caratterizzazioni grafiche differenti (Fig. 3). Tenendo conto delle sue osservazioni si possono ora proporre le seguenti fasi d’uso:

8 A tal riguardo si vedano le osservazioni di s. Lanna in questo stesso volume.

9 FanFoni 1979, p. 20.

Fig. 3 – Planimetria della chiesa di sonqi Tino.

ESTRATTO

526 L. sist Sc. Ant.

- I fase: ciò che resta dei muri più antichi fa supporre l’esistenza di una prima chiesa di tipo basilicale a pianta rettangolare, per altro analoga al modello proposto da Adams10. A que-sto primo impianto appartiene il muro M1 scoperto a un livello inferiore rispetto al piano di calpestio della chiesa e che costituiva in origine il muro perimetrale sud dell’edificio con tracce di intonacatura bianca. Parallelo ma staccato da M1 è stato scoperto un muro denominato M2, di costruzione successiva, interpretato da Fanfoni come un probabile muro di rinforzo al pre-cedente. esso potrebbe, a mio avviso, essere invece ciò che resta di una struttura adiacente alla

Fig. 4 – Planimetria della chiesa di sonqi Tino e ipotesi ricostruttiva della cappella secondaria sul lato esterno me-ridionale.

10 adamS 1965, p. 92.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 527

chiesa di pianta basilicale che spesso prevedeva su un lato l’esistenza di una cappella secondaria (Fig. 4). Il cedimento del terreno sul lato meridionale della struttura, in corrispondenza della riva del fiume, avrebbe contribuito alla sua distruzione così come compromise seriamente la staticità della chiesa stessa su cui si intervenne più volte nel corso del tempo anche con l’innal-zamento di rinforzi e contrafforti.

- II fase: la chiesa è trasformata in un edificio a pianta centrale che riutilizza in gran parte i muri preesistenti; essi sono intonacati11 e presentano le prime decorazioni pittoriche. ne sono state ritrovate tracce specie sui muri settentrionali dei vani 4 e 8 al di sotto delle pitture strappate.

- III fase: l’edificio viene ampiamente restaurato e decorato con importanti pitture so-prattutto nei vani 1, 2, 3. Il ciclo pittorico è successivamente completato con dipinti nel vano 8.

- IV fase: la chiesa si avvia a un lento e progressivo isolamento e abbandono pur rimanen-do un importante luogo di pellegrinaggio. sul lato occidentale dell’edificio vengono aggiunti alcuni ambienti (A, B, C, D) tra cui lo xenodocheion destinato all’accoglienza e al ricovero dei pellegrini12. si moltiplicano i restauri e gli accorgimenti per il contenimento della sabbia che in alcuni punti tende a coprire la struttura13.

2. Le fasi pittoriche della chiesa.Le prime tracce di decorazione pittorica risalgono alla II fase architettonica della chiesa

quando essa diventa una struttura a pianta centrale. Gli straordinari dipinti conservati a Roma e a Khartum appartengono alla fase successiva, la III, ovvero al momento più importante della vita dell’edificio. Dall’analisi delle pitture condotta da silvia Pasi (vd. infra) appare evidente che esse, pur concentrandosi nel X secolo, non sono però tutte coeve: il primo gruppo è costi-tuito dai dipinti che ornavano la parte orientale della chiesa; il successivo da quelli concentrati soprattutto negli ambienti occidentali. Tra i due periodi vi sarebbe, a detta della studiosa, uno iato di parecchi decenni e, sulla base di precisi confronti stilistici e iconografici soprattutto con la documentazione proveniente da Faras, per il primo gruppo è stata proposta una datazione compresa entro la prima metà del X secolo. Il secondo gruppo invece è cronologicamente lega-to alla raffigurazione di un re nubiano vissuto verso la fine del X secolo.

3. Cronologia delle iscrizioni.I muri interni dell’edificio sono ricchi di iscrizioni di vario genere in greco e in antico nu-

biano, tracciate in inchiostro o graffite direttamente sull’intonaco. Anche per esse si può par-lare di momenti e occasioni diverse. Il greco, lingua ufficiale della Chiesa e il nubiano, lingua usata dall’amministrazione sono utilizzati nelle iscrizioni in misura pressoché uguale14, indici di una società ormai plurilinguista15.

11 Per osservazioni sulla qualità degli intonaci nella zona del bema si veda FanFoni 1979, p. 9.

12 Per una nuova interpretazione sull’uso di que-sti ambienti cfr. il contributo di M. Cappozzo in que-sto stesso volume.

13 sull’uso della struttura già in parte insabbiata

cfr. Vantini 2009, p. 221.14 donadoni 1975, p. 32.15 sul plurilinguismo nella società e nell’eco-

nomia della nubia medievale cfr. da ultimo RuFFini 2012.

ESTRATTO

528 L. sist Sc. Ant.

«Possiamo dividere i resti scritti in tre gruppi. Formano il primo i graffiti votivi assai rustici e miseri, con lettere ineguali e testi poco comprensibili, ma in genere limitati a nomi e titoli … egualmente in nubiano o in greco sono le iscrizioni di un altro tipo, tracciate con inchiostro e calamo, con scrittura calligrafica e spesso di abbastanza grandi dimensioni. Anche tali iscrizioni in genere sono firmate, da personaggi sufficientemente importanti (abati, epar-chi e così via). La terza serie, infine, comporta tre grandi iscrizioni in nubiano antico … Tali iscrizioni, di tono molto ufficiale, sono scritte dopo i restauri della chiesa e hanno carattere monumentale»16.

L’iscrizione più importante ai fini cronologici è quella che accompagna la raffigurazione di Cristo in atto di proteggere un sovrano nubiano e sicuramente essa fu redatta quando il re era ancora in vita. Il testo ne riporta il nome “re Giorgio figlio di zaccaria”, identificato da Donadoni con Giorgio II che, secondo Michalowski, sarebbe vissuto tra il 969 e il 100217. Re-centemente, in una sua rimessa a punto della cronologia riguardante la successione dinastica dei re di Makuria, Godlewski, ipotizzando regni coevi, ne ha proposto invece una identifica-zione con Giorgio III (965-1002?)18. sostanzialmente le due cronologie si equivalgono: il per-sonaggio raffigurato regnò nell’ultimo quarto del X secolo. ne deduciamo che il secondo ciclo pittorico nella chiesa di sonqi risale appunto a tale periodo19. La chiesa rappresenta, dunque, un esempio di architettura cristiana di nubia risalente al periodo cosiddetto Classic Christian e anticipa alcune caratteristiche architettoniche che si svilupperanno successivamente nel Late Christian20.

4. Cronologia dei materiali.Lo scavo della chiesa ha restituito una certa quantità di ceramica e altra ne è stata trovata

nell’area circostante; il tutto è ora conservato nel Museo del Vicino oriente della sapienza. solo i materiali strettamente connessi alla pratica liturgica sono stati scoperti in situ, il resto è stato rinvenuto fuori contesto e spesso “abbandonato” su cumuli di sabbia. La manomissione degli arredi è comprensibile se si pensa che la chiesa ha visto nelle ultime fasi d’uso l’alternarsi di periodi di abbandono e insabbiamento e di periodi di parziale ripresa del culto, durante i quali gli oggetti del passato, ancora in buone condizioni, sono stati riutilizzati. Il range crono-logico dei materiali ceramici è dunque piuttosto ampio, dal IX all’XI secolo, e costituisce una testimonianza significativa dei momenti di vita del complesso21. nell’haikal, l’area più sacra della chiesa, è stato trovato un altare in mattoni crudi del tipo a pozzetto con pareti intonacate e un graffito sul fronte in cui si legge il nome ΜΙΧΑΗΛ “Michele” al quale si suppone fosse dedicata la chiesa22. Il piano d’appoggio, ormai perduto, era probabilmente costituito da una tavola in legno. Al suo interno erano depositati un incensiere a rocchetto e due grandi pietre di fondazione (Fig. 5).

16 Vantini - donadoni 1967-68, p. 259.17 Vantini - donadoni 1967-68, p. 258; donado-

ni 1970a, pp. 214-215.18 GodLewSki 2002, pp. 90-91.19 GodLewSki 1994, p. 27.

20 adamS 1965.21 Cfr. il contributo di M. Angelozzi e A. Iob in

questo stesso volume.22 donadoni 1970a, p. 211.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 529

5. Cronologia del cimitero.Accanto alla chiesa, sui lati est e sud sono state trovate nel corso dell’ultima campagna del 1970

alcune tombe non sottoposte, ad eccezione di una, a scavo sistematico. esse sono state segnalate nel giornale di scavo, registrate nella mappa generale del sito (Fig. 6) e fotografate, ma mai pubblicate. sulla base delle scarne notizie di cui sopra si possono distinguere tre diverse tipologie.

1. Tomba a qubba (?) – Individuata accanto al muro orientale della chiesa23 essa si presenta come una struttura di forma quadrangolare di circa 3 m di lato, costruita in mattoni crudi che misurano cm 36 x 20 x 6, con mura perimetrali spesse circa mezzo metro. È stata interpretata da Fanfoni come un “massiccio murario” e indagata anche all’interno per una profondità di circa un metro. Al suo interno «metà del vano era stato riempito con una muratura di mattoni posti di piatto per una profondità di circa cm. 100. Il riempimento dell’altra metà del vano risultò costituito essenzialmente da spezzoni di mattoni, pezzi di malta non reimpastati, frammenti fittili e, nel fondo da cinque grossi blocchi di pietra oblunghi di cui quattro in posizione verti-cale e poggianti al blocco di mattoni crudi ed un quinto in posizione orizzontale, forse perché caduto»24 (Fig. 7). La fossa di forma rettangolare (m 1,60 x 0,76) con andamento nord-sud, ricavata nella metà orientale della struttura, conservava ancora sul fondo cinque grosse pietre. Tale presenza è significativa poiché spesso nelle sepolture nubiane, proseguendo un’usanza di

Fig. 5 – L’altare nell’haikal della chiesa.

23 Cfr. FanFoni 1979, p. 5, nota 7. 24 Cfr. FanFoni 1979, p. 5.

ESTRATTO

530 L. sist Sc. Ant.

origine pagana, si provvedeva a coprire e proteggere con pietre la testa del morto25. La struttura al momento del ritrovamento spiccava dal piano di campagna solo per una cinquantina di cen-timetri, ma con ogni probabilità era in origine molto più imponente: sul lato occidentale, il più conservato in altezza, è stata trovata, infatti, una fila di mattoni messi di costa, che, come già notato da Fanfoni, era un abituale accorgimento costruttivo per l’impianto di sopraelevazioni. È dunque molto probabile che sulla struttura messa in luce dallo scavo si innestasse originaria-mente un alzato forse del tipo a qubba, analogo anche per dimensioni, orientamento e ambito

Fig. 6 – Planimetria dell’area di sonqi Tino con la necropoli.

25 Cfr. adamS et al. 1999, p. 23; z.

urawSki 1986, p. 415.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 531

cronologico (Classic Christian) a quello di alcune tombe di vescovi scoperte a Faras a ridosso dei muri di edifici ecclesiastici. si ricorda in particolare la tomba del vesco-vo Pietro I, morto sul finire del X secolo, costruita contro il muro orientale della chiesa sul versante sud di Faras e quella leggermente successiva del vescovo Giovanni III presso il muro est della catte-drale26. La tomba fu evidentemente eretta dopo l’ampia risistemazione a cui la chiesa fu a più riprese sot-toposta nel corso del X secolo (III fase): il muro esterno di quest’ulti-ma ha infatti rivelato ancora trac-ce di intonaco là dove si andò poi ad appoggiare la sepoltura27. Con riferimento alle fasi costruttive so-praindicate si può dunque suppor-re che la tomba sia stata innalzata durante la IV fase d’impiego della chiesa, quando essa continuò ad essere un’importante meta di pel-legrinaggio. successivamente, in un’epoca imprecisabile, la tomba fu oggetto di reimpiego e una se-poltura a fossa (m 1,75 x 0,50) fu scavata direttamente nel suo muro sud perimetrale, quando il resto dell’alzato era già evidentemente crollato.

2. Tombe a mastaba – A questa tipologia appartengono le sepolture in mattoni crudi in-dicate con i numeri 8, 9, 10, il cui profilo è stato solo parzialmente individuato sotto la sabbia (Figg. 6-7). sono evidentemente posteriori alla tomba a qubba (?) da cui distano appena 30-40 cm. Presentano una forma parallelepipeda che si innalza di poche decine di centimetri sul piano di campagna (Meinarti 4c type)28, rifinita esternamente con una mano di intonaco. sono orientate perpendicolarmente ai muri orientali di chiesa e tomba a qubba (?), e sono prive

26 michaLowSki 1966, tav. XIII; GodLewSki 1995, pp. 113-118.

27 FanFoni 1979, p. 5.28 adamS 1966, p. 45, fig. 16.

Fig. 7 – Pianta e sezioni della tomba a qubba sul lato orientale della chiesa.

ESTRATTO

532 L. sist Sc. Ant.

Fig. 8 – La tomba a mastaba n. 1. Fig. 9 – Veduta delle tombe nn. 2, 3 e 4.

Fig. 10 – Tomba n. 11.

Fig. 11 – Tomba n. 6.

Fig. 12 – Tomba n. 3.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 533

di nicchia29. Analoga per forma e assenza di nicchia è anche la tomba n. 7 (m 2 x 1) che sorge poco più a sud con un andamento però obliquo rispetto alle precedenti, orientata grossolanamente sui punti cardinali est-ovest (Fig. 6). Può essere considerata una tomba a mastaba anche la sepoltura n. 1 che è stata scoperta sul lato meridionale della chiesa30. si tratta di una struttura parallelepipeda (m 1,90 x 1,55 x 0,30) in mattoni crudi intonacati in bianco, con asse est-ovest, obliqua rispetto all’orientamento della chiesa (Figg. 6, 8). sulla faccia superiore presenta una croce in rilievo, decorazione diffusa nel periodo Classic Chri-stian, ben nota ad esempio nel cimitero di Meinarti (cross top mastaba)31. sul lato breve posto a ovest si apre una piccola nicchia che si protende per 35 cm nella quale in origine era prevista la presenza di una lampada32. Il pia-no di calpestio della sepoltura è risultato leg-germente più basso rispetto a quello dei vani aggiunti sul lato occidentale della chiesa all’inizio della IV fase d’impiego; a tal proposito vale la pena di ricordare che l’intero lato meridionale esterno dell’edificio ecclesiastico subì un costan-te slittamento verso il basso in direzione del nilo. questo particolare non può dunque essere considerato un criterio sicuro per considerare la struttura funeraria antecedente a quell’inter-vento costruttivo. Possiamo invece affermare che essa era già in situ quando, probabilmente nell’ultimo periodo d’uso, fu eretto il corridoio d’accesso alla porta meridionale della chiesa, volto a proteggere l’edificio dall’insabbiamento. se si osserva infatti la planimetria si nota che i due muri del corridoio virano a est proprio per evitare la tomba (Fig. 3).

3. Tombe a cupola – questa tipologia comprende le sepolture nn. 2 (m 2,20 x 1,30), 3 (m 2,30 x 1,50), 4 (m 2,30 x 1,10), 6 (m 1,80 x 1,10), 11 (m 2,10 x 1,40), poste sul lato sud-est della chiesa su un terreno pendente verso il fiume e la n. 5 (m 1,70 x 1,10) che sorge invece alla fine del corridoio di accesso meridionale della chiesa. Hanno tutte un orientamento grossomo-do est-ovest e sono caratterizzate da una struttura parallelepipeda sulla cui sommità si innesta un dado più o meno alto che sorregge un elemento pieno di forma globulare (Figg. 9-11). Tutte queste tombe sono provviste di nicchia sul lato ovest nella quale sono state talvolta trovate ce-ramiche di varia tipologia (piattini, coppette, vasi e incensieri). Tali materiali, come evidenziato

29 La tomba n. 9 raggiunge i 90 cm di larghezza.30 Ritrovata nella campagna 1969 durante i lavori

di ripulitura dell’ingresso meridionale della chiesa.

31 adamS 2003, p. 45, fig. 16.32 z

.urawSki 1986, pp. 413-418.

Fig. 13 – Graffito sul lato ovest della tomba n. 2 e copia manoscritta di s. Donadoni.

ESTRATTO

534 L. sist Sc. Ant.

da Angelozzi e Iob, risalgono a periodi diversi, anche distanti cronologicamente tra loro: è quindi evidentemente che si tratta di un reimpiego di oggetti di provenienza sporadica, segno che le tombe continuavano ad essere oggetto di venerazione anche parecchio tempo dopo la morte del personaggio a cui erano state dedicate33. Tra queste tombe scarsamente documentate altrove e per le quali manca una cronologia affidabile di riferimento, va segnalata in particolare la n. 3 che oltre alla cupola presenta al di sotto di questa anche una struttura a croce ricoperta da un alzato a volta (Fig. 12). Va, infine segnalata la presenza di un’iscrizione graffita sull’intonaco della facciata ovest della tomba 2, che utilizza caratteri greci, a malapena individuabili (Fig. 13). questo intero gruppo sembra appartenere a una fase distinta e successiva rispetto al gruppo delle tombe a mastaba, sia per la forma particolare, sia per l’orientamento.

I dati fin qui raccolti, utili per la ricostruzione cronologica dell’intero complesso, possono essere a questo punto così sintetizzati:

- Chiesa: 4 fasi architettoniche di cui la principale, la III, datata al X secolo.- Pitture: più fasi (3?) di pittura di cui le ultime due appartenenti al X secolo.- Iscrizioni: “re Giorgio figlio di zaccaria” che compare nel vano 8 è riferibile al sovrano

vissuto nell’ultimo quarto del X secolo.- Materiali: gli arredi liturgici appartengono a un tipo di ceramica fine in uso nel soprattutto

nel IX sec.; gli incensieri a rocchetto hanno grande diffusione a partire dal XI sec.- Cimitero: 2 fasi (?) d’uso di cui una risalente all’inizio della IV fase d’uso della chiesa

(tomba a qubba e tombe a mastaba), l’altra al periodo finale della IV fase (tombe a cupo-la), ovvero dall’XI secolo in poi.

Loredana sistDipartimento di Scienze dell’Antichità

Sapienza Università di [email protected]

Riferimenti bibliografici

adamS 1965: W.Y. adamS, Architectural Evolution of the Nubian Church, 500-1400 A.D., in Journal of the American Research Center in Egypt 4, 1965, pp. 87-139.

adamS 1968: W.Y. adamS, Organizational Problems in International Salvage Archaeol-ogy, in Anthropological Quarterly, vol. 41, no. 3, Dam Anthropology: River Basin Research (special Issue), 1968, pp. 110-121.

33 Per la descrizione dei vari ritrovamenti cera-mici provenienti dalla necropoli cfr. il contributo di

M. Angelozzi e A. Iob in questo stesso volume.

ESTRATTO

18, 2012 sonqi Tino. Dalla scoperta alla riscoperta 535

adamS 2003: W.Y. adamS, Meinarti IV and V: The Church and the Cemetery. The History of Meinarti, An Interpretive Overview, London 2003.

adamS et al. 1999: W.Y. adamS et al., Kulubnarti III. The Cemeteries, London 1999.donadoni 1970a: S. donadoni, Les fouilles à l’église de Sonqi Tino, in e. dinkLer (ed.),

Kunst und Geschichte Nubiens in christlicher Zeit. Ergebnisse und Probleme auf Grund der jüngsten Ausgrabungen, Recklinghausen 1970, pp. 209-216.

donadoni 1970b: S. donadoni, Recenti scavi italiani nella Valle del Nilo, in Cultura e scuola 36, ottobre-dicembre 1970, pp. 147-150.

donadoni 1971: s. donadoni, Missione archeologica dell’Università di Roma a Sonqi (Sudan), in Oriens Antiquus 10, 1971, pp. 201-202.

donadoni 1975: S. donadoni, Les graffiti de l’église de Sonqi Tino, in k. michałowSki (ed.), Nubia. Récentes recherches. Actes du colloque nubiologique international au Musée Na-tional de Varsovie (Warsaw 1972), Warsaw 1975, pp. 31-39.

donadoni 1978: S. donadoni, Scavi dell’Università di Roma (Cattedra di Egittologia) in Egitto e in Sudan (1964-1975), in Quaderni della ricerca scientifica 100, 1978, pp. 272-290.

donadoni 1997: S. donadoni, 40 anni sulle sponde del Nilo. “Ti ricordi Bosticco?”, Roma 1997.

donadoni - curto 1968: S. donadoni - S. curto, Le pitture murali della chiesa di Sonki nel Sudan, la Nubia Cristiana (quaderni del Museo egizio di Torino, 2), Torino 1968.

FanFoni 1979: G. FanFoni, Sonqi Tino. 1. L’architettura della chiesa, Roma 1979.GodLewSki 1994: w. GodLewSki, Christian Nubia – After the Nubian Campaign, in pre-

publication of the Acts of the Society for Nubian Studies Eighth International Conference, Lille 1994, pp. 1-38.

GodLewSki 1995: w. GodLewSki, The Bishopric of Pachoras in the 13th and 14th Centuries, in C. FLuck (ed.), Divitiae Aegypti: koptologische und verwandte Studien zu Ehren von Martin Krause, Wiesbaden 1995, pp. 113-118.

GodLewSki 2002: w. GodLewSki, Introduction to the Golden Age of Makuria (9th-11th Centuries), in Africana Bulletin 50, 2002, pp. 75-98.

michaLowSki 1966: K. michaLowSki, Faras. Centre Artistique de la Nubie Chretienne, Leiden 1966.

monneret de ViLLard 1938: u. monneret de ViLLard, Storia della Nubia cristiana, Roma 1938.RuFFini 2012: G.r. ruFFini, Medieval Nubia. A Social and Economic History, oxford

2012.SiSt cds.: L. SiSt, Osservazioni sul sarcofago del Museo del Vicino Oriente della Sapienza

decorato con sfilata demoniaca, in I. BaGLioni (ed.), Monstra. Costruzione e percezioni delle en-tità ibride e mostruose nel Mediterraneo antico, Atti del Convegno (Velletri 2011), in stampa.

Vantini 2009: G. Vantini, Rediscovering Christian Nubia, Verona 2009.Vantini - donadoni 1967-68: G. Vantini - S. donadoni, Gli scavi nel diff di Sonqi Tino

(Nubia sudanese), in RendPontAcc 40, 1967-68, pp. 247-273.z.

urawSki 1986: B. z.

urawSki, Bishops’ Tombs in Faras, in M. krauSe (ed.), Nubische Stu-dien, Tagungsakten der 5. Internationalen Konfereenz der International society for nubian studies (Heidelberg 1982), Mainz 1986, pp. 413-418.

ESTRATTO

536 L. sist Sc. Ant.

aBStract

This article takes into account and compares the data produced by various scholars in their fields of research, aiming to arrive at shared conclusions concerning the history of the use of the church and of the surrounding area. The collected data, useful for chronological reconstruction, can be summarized as follows:- Church: 4 architectural phases, the main one, the third, dated to the tenth century.- Paintings: several painting phases (3?) of which the last two belonging to the tenth century.- Inscriptions: "King George the son of zechariah" which appears in room n. 8, is attributable to the

king who lived in the last quarter of the tenth century.- Materials: the liturgical furnishings belong to a type of fine ceramics in use especially in the ninth

century. The censers became widespread from the XI century onwards.- Cemetery: several phases of use (2?) of which one dates from the beginning of the fourth phase of

use of the church (qubba tombs and mastaba tombs), the other to the final period of the fourth phase(domed tombs) from the eleventh century onwards.

ESTRATTO