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Scheda n. 2289: Teca con i capelli di Lucrezia Borgia

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PinacotecaAmbrosiana

Tomo sesto

Electa

Alfredo Ravasco(Genova, 1873 - Ghiffa,Verbania, 1958)

2289. Teca con i capelli di Lucrezia Borgia Ebano, malachite, agata, sarda, cristallo di rocca, argento fuso, cesellato, inciso, traforato, filigranato e dorato, smalti, perle, smeraldi, rubini;31 x 17,5 x 11 cm, teca 7,5 x 16,5 cm (n. inv. 282)

Sopra una prima base in ebano di forma parallelepipeda poggia - non fissata - una seconda base di medesima forma, ma di dimen-sioni inferiori, rivestita da intarsi di malachite. Quattro piedini a mezza sfera, anch’essi in mala-chite, bordati da elementi a tor- sade e fissati alla base attraverso piccoli perni a incastro, sorreg-gono attraverso l’appoggio di quattro arpie in argento dorato

poste negli angoli, con perle nei seni, il piedistallo della teca co-stituito da due tronchi di pirami-de in agata. Il primo elemento in agata liscio, percorso nell’orlo da un profilo ondulato a tumide in argento dorato con piccoli fiori e sviluppo centrale costituito da tre corolle floreali maggiori e uno smeraldo a taglio cabochon posto in basso, è separato da una modanatura bronzea a foglie lan-ceolate alternate da fleu.rs-de-lis dal secondo elemento in agata in-vece inciso a scanalature, sul quale siedono quattro tritoni in argento dorato che con le code avviluppate in spirali trattengo-no festoni di foglie e frutta pas-santi e ricadenti lungo gli spigoli della piramide. Le divinità mari-ne sorreggono con le schiene una corona d’alloro, base del nodo, scandito da una fascia dorata al-ternata da ovati maggiori e mi-nori decorati a smalti verdi tra-sparenti stesi su una base lavora-ta a quadrillage. I quattro ovati maggiori raffigurano a risparmio simboli araldici: unicorno ram-pante (emblema estense), anello e fiore con intrecci vegetali (em-blema estense), meridiana con sole, albero di nave con vela. Il nodo termina con un doppio col-larino a foglie lanceolate sul qua-le s’imposta il balaustro che sor-regge la teca e dal quale si svi-luppano due cornucopie in ar-gento dorato con doppie perle nei riccioli, foglie filigranate, ru-bini e smeraldi a taglio cabochon - montati a giorno e a notte - at-ti a imitare fiori e frutta. Il ba-laustro, formato da un primo anello bronzeo a foglie acanta- cee, è costituito da un fusto di co-lonna rastremata in sarda ma-rezzata terminata da un duplice collarino a pelte e baccelli e con-cluso da una pigna impreziosita da numerosi smeraldi a taglio ca-bochon. La teca di forma ottago-nale è composta di due cristalli molati trattenuti da una cornice in argento dorata liscia profilata da un elemento a torsade e orna-ta negli angoli da piccoli masche-roni sormontati da una perla e nelle parti mediane da elementi fitomorfi traforati con rubini e sfere di smeraldo; altre sfere del-la medesima pietra si susseguo-

no lungo il profilo. Sotto la teca, fissate sopra la pigna e nei due vertici inferiori, due fili di perle digradanti sorreggono due scudi ovati con lo stemma dei Borgia da un lato e degli Este dall’altro: toro di rosso terrazzato di verde in campo bianco (recto), aquila d’argento ad ali spiegate, testa voltata verso il fianco destro del-lo scudo, lingua sporgente, zam-pe e artigli aperti e coda incre-spata in campo azzurro (verso). Nella teca sono custoditi i biondi e lunghi capelli di Lucrezia Bor-gia legati da filati d’oro disposti linearmente sulla sinistra e a mo’ di boccolo sulla destra. Una dida-scalia latina, composta dal pre-fetto ambrosiano Giovanni Gal- biati, posta davanti alla teca reci-ta: TECH A. QVAM. A. MDCCCCXXVIII / ALAFIl. RAVASCVS. / CONFECIT. OI’ERIRVS. ORNAVIT. / LVCRETIAE. BORGIAE. ARAGONIAE. CAPILLOS. RETI NET. / 0. INANES. C'VM. INANI. / SPE. O. PAENE. / EXSTINCTAE. / RERVM. IM AG INES. ET. FEMINAE(G. Galbiati, Silloge epigrafica. Iscrizioni latine e italiane, II, Milano 1960, p. 169).Lo stato di conservazione è buo-no; caduta è parte della doratura degli elementi argentei che risul-tano nel complesso abbastanza ossidati, mancanti sono due sfere di smeraldo che profilano la teca e scheggiato è un tassello di ma-lachite della base.I capelli di Lucrezia Borgia sono attestati in Ambrosiana almeno a partire &d\YIn venta rio del 1685 dove nella sezione dei “mobili che si ritrovano nell’armario o vestaro di noce in testa della Ga-leria delle Pitture” sono ricorda-te le “lettere di Laura Duchessa di Ferrara dirette a Pietro Bem-bo volume in foglio coperto di pergamena con una treccia de capelli, n° 1.” con il nome “Lucre-zia” - a segnalazione dello scor-retto “Laura” - aggiunto a mati-ta nel margine sinistro come in-dica la Vecchio (2009). Delle nove lettere indirizzate dalla duchessa di Ferrara al Bembo conservate in Ambrosiana ci dà informazioni l’Oltrocchi (1758) nelle sue dis-sertazioni sugli amori del poeta che precisa la composizione di sette di esse in lingua italiana, due in lingua spagnola e la pre-

senza di alcuni versi pure in spa-gnolo, lettere tutte inviate “Al mio Carissimo M. Pietro Bembo" piegate in forma di biglietto e con il sigillo con l’armi» degli Este e dei Borgia ancora intatto. A proposito dei capelli di Lucre-zia contenuti tra le carte scrive “vedesi una pergamena fina, i*addoppiata a guisa di cartella, rinchiusa con quattro fettucce, che contiene una ciocca di capelli veri, biondi sottilissimi, ed assai lunghi, quali appunto assai lodar suole il Bembo sì nelle Poesie, che negli Asolani; e questi per costante tradizione si credono, e furono sempre a nostra memoria creduti capegli della Borgia sud-detta” (sull’opera dell’Oltrocchi si veda F. Buzzi, Il Collegio dei Dottori e gli studi alTAmbrosia- na nel Settecento, in Storia del- VAmbrosiana, Il Settecento, Mi-lano 2000, pp. 94-95).Nel corso dell’Ottocento i capelli di Lucrezia genereranno un vero e proprio mito romantico, essen-do essi ammirati e osannati da una moltitudine di visitatori, so-prattutto stranieri, giunti al- ’Ambrosiana. Fra questi da ri-

cordare senza dubbio Lord Geor-ge Gordon Byron che, arrivato a Milano nell’ottobre del 1816, scriverà in una lettera all’amico John Murray "fui molto più pago d’una corris pondenza qui conser-vata, tutta di lettere amorose ed originali, fra Lucrezia Borgia ed il Cardinal Bembo. M’inchiodai sopra quelle e sopra una ciocca di capegli da donna, oh che bei ca-pegli!”. Byron aggiunse che quei capelli erano “i più biondi che si possono immaginare” e sarà fie-ro, in un’altra lettera scritta da Verona tre settimane dopo al-l’amico Murray, di aver sottratto alla Pinacoteca un capello della Borgia da venerare come una preziosa reliquia. Successiva-mente anche Valéry, pseudonimo di Claude Pasquier conservatore delle Biblioteche Reali di Fi-an-cia, in visita tre volte all’Ambro-siana tra il 1826 e il 1828 farà ri-ferimento alla ciocca della Bor-gia indicandola come “singolarità piccante”. Nel maggio 1845 sarà Gustave Flaubert a essere at-tratto dalle lettere destinate al Bembo e dai capelli della duches-

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sa (li Ferrara, dieci anni dopo nel 1855 i fratelli Edmond e Jules De Goncourt, esponenti della scuola naturalista, inizieranno il capito-lo riservato a Milano delle loro note di viaggio con questi termi-ni “in questa ciocca dei capelli di Lucrezia Borgia, raccolta in un nastro blu, in questa ciocca di capelli conservata all’Ambrosia-na, sembra sia rimasto un rifles-so della porpora sulla quale è strisciata”. Anche Charles Blanch, storico e critico d’arte francese, nelle note del suo iti-nerario da Parigi a Venezia com-piuto nel 1857 sarà interessato ai biondi capelli conservati in Ambrosiana sottolineando la re-ticenza dei Dottori dell’Accade- mia a mostrare le lettere di Lu-crezia al Bembo separate dai ca-pelli e celati in un’altra vetrina (Ravasi, 1991, pp. 31-32; Ravasi, 2001, pp. 380-383, 404-405, con bibliografia precedente). Dal Gatti (1859), che darà alle stam-pe la corrispondenza di Lucre-zia su sollecito del Governo au-striaco, sappiamo che “le lettere della Borgia stavano esposte nell’aula de’ manoscritti entro una vetriera, con una ciocca de’ di Lei capelli, acchiusi in un cu- fanetto pure a vetro. Non si sa né donde né come provennero alla biblioteca vi erano certo ab antico, perché si trovano regi-strate né primi inventari” (sul-l’opera del Gatti si veda M. Pa- nizza, Latti vita della Congrega-zione dei Conservatori, in Sto-ria dell'Ambrosiana. LOttoceil-io, Milano 2001, p. 364).I capelli e le lettere di Lucrezia sono ricordati a inizio Novecento dal Ratti (1907) custoditi nelle vetrine della Sala Antica (M) del-la biblioteca; tra i visitatori illu-stri del nuovo secolo, colpito dal noto cimelio, sarà invece Gabrie-le D’Annunzio che, giunto in Am-brosiana il 4 marzo 1926, proverà una forte emozione “nel soppesa-re il pallore de’ capelli di Lucre-zia Borgia, che furono tratti per lui dalla teca, spezzandone i sug-gelli”. L8 marzo il poeta farà ri-torno alla biblioteca rilasciando una duplice promessa - raccolta dal “Corriere della Sera” - “scri-vere le sue impressioni sull’Am-brosiana e sui suoi tesori biblio-218

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grafici e artistici, e un astuccio prezioso per racchiudervi la colo-r e ciocca di capelli di Lucrezia Borgia” (Ravasi, 1991, pp. 31-32; Ravasi, 2002, pp. 334-336, con bi-bliografia precedente). D’Annunzio non mantenne le promesse fatte, ma di lì a poco venne realizzata una preziosa te-ca per accogliere i capelli della Borgia. Lincarico di eseguire il contenitore spettò ad Alfredo Ravasco, noto e importante orafo milanese - formatosi alla bottega orafa del milanese Eugenio Bel- losio - con una vasta produzione esemplata da opere che spaziano dai gioielli, all’oggettistica, al-l’oreficeria religiosa, dove l’arti-sta sperimenta soluzioni origina-li e d’avanguardia il cui comun denominatore è l’utilizzo di ma-teriali diversi - difficilmente pri-ma accostabili - come pietre du-re dal forte cromatismo e dalle lavorazioni geometriche minima-liste ed essenziali improntate al puro stile decò, unite a metalli quali l’oro e l’argento smaltati e impreziositi da fasce, corone e cascate di diamanti, rubini, zaffi-ri e smeraldi. Nella sua produzio-ne numerosi i ninnoli zoomorfi collezionati dalla ricca borghesia milanese (cfr. schede inv. 2352- 2353), accanto a opere d’orefice-ria religiosa più impegnata come {’Ostensorio realizzato per la chiesa milanese di Santa Maria presso San Celso (1929) o il Reli-quiario dei Santi Gervasio e Protasio per il Duomo (1936). Ravasco, in contatto con molti letterati e artisti della prima me-tà del Novecento, esporrà nelle più rinomate rassegne nazionali e internazionali: Milano, Monza, Venezia, Parigi, New York. Note-vole successo otterrà alle Bien-nali di Monza e Venezia e Trien-nali di Milano affiancando a ciò anche una fitta attività didattica come docente aU’Umanitaria di Milano e allTSIA di Monza. Da non tralasciare pure importanti interventi di restauro come quel-li condotti sull’Altare d ’oro di Sant’Ambrogio e sulla Croce astile di Gravedona (E Venterel-li, Argentieri e orefici a Milano e in Lombardia dal tardo Sette-cento agli anni Trenta, in Le ar-ti decorative in Lombardia nel-

l ’età moderna 1780-1910, Milano 1998, pp. 301-302; R Venturelli, Alfredo Ravasco, Milano 2003, con bibliografia precedente). Lincarico di realizzare la teca per i capelli di Lucrezia Borgia deve essere sopraggiunto all’ora-fo almeno dal 1926. Di quell’anno infatti è la mancata promessa del D’Annunzio di “un astuccio pre-zioso” che denuncia una manife-sta volontà di racchiudere i ca-pelli in una teca più consona e del medesimo anno è pure una lette-ra di Alfredo Ravasco conserva-ta nell’“Epistolario Galbiati” (gentilmente segnalatomi da Alessandro Rovetta), datata 12 agosto e indirizzata al Prefetto ambrosiano Galbiati, dove l’orafo scrive: “Nell’accettare l’onorifico incarico, domando scusa se non sono intervenuto alla seduta del 23 scorso dovuto alla mia assenza da Milano. Colla maggior consi-derazione gradisca i miei saluti devotamente” (BAMi, Epistola-rio Galbiati, 236,12 agosto 1926). La missiva accerta un rapporto tra Ravasco e l’Ambrosiana già a partire dal 1926, la teca con sicu-rezza sarà però consegnata al museo solo nel 1928 come attesta la didascalia composta dallo stes-so Galbiati e apposta alla teca e come documentano due lettere: la prima scritta da Luca Beltra- mi al Galbiati, datata 17 aprile 1928, dove il senatore architetto manifesta tutto il suo ripudio: “Volle il caso che stamane vedes-si la custodia destinata a conte-nere la ciocca dei capelli di Lu-crezia Borgia; e, indipendente-mente da impressioni o giudizi sul lavoro d’arte, ho provato un senso di disgusto, che non mi consente indugio a reprimere lo sfogo dell’animo” (Vian, 2005, pp. 617-618, nota 51) e la seconda dell’“Epistolario Galbiati” scritta dal Ravasco, datata 8 novembre, dove si legge: “Le rimando la te-ca ed unisco le fotografie come d’intesa. Il motto che mi ha favo-rito per la contessa Edoarda Vi-sconti di Modrone è bello ed ap-propriatissimo. Anche a nome della contessa la ringrazio senti-tamente. Con devoto ossequio” (BAMi, Epistolario Galbiati, 239, 8 novembre 1928).Per la fortuna critica successiva

ricordiamo che la teca sarà espo-sta alla XVII Biennale di Venezia (1930) riscuotendo un discreto successo di pubblico; l’oggetto compare citato anche nell’artico-lo del Marami (1930) dedicato al-le opere di Alfredo Ravasco espo-ste nella fortunata rassegna lagu-nare. È interessante menzionare anche una terza lettera dell’“Epi- stolario Galbiati”, scritta da Ra-vasco in data 4 marzo 1931, poi-ché recitando: “Sono sempre in attesa dei capelli di Lucrezia Bor-gia pei- poterli mettere nella teca. Le sarò grato se vorrà provvede-re a farmeli avere con cortese sollecitudine affinché io possa ri-consegnare la teca a mio carico. Voglia intanto gradire i miei di-stinti saluti”, pare attestare un’esposizione veneziana della teca privata però dei capelli, per i quali l’orafo chiede infatti un sol-lecito all’Ambrosiana, affinché essi gli vengano recapitati al più presto per poterli così ricollocare all’interno (BAMi, Epistolario Galbiati, 240, 4 marzo 1931). Molte le citazioni successive del-la teca, se pur brevi, comparse soprattutto nelle guide dedicate all’istituzione Ambrosiana che ci permettono di conoscere l’esatta collocazione espositiva del manu-fatto. La Tea (1932) inferisce che la teca era situata nel piano di mezzo dello scaffale al centro della Sala (B), Galbiati (1951) parla invece di una collocazione nella Sala Gioconda Èllero (XXVI), del secondo piano della pinacoteca, sistemata in una ve-trina di cristallo e ferri battuti di Alessandro Mazzucotelli (la ve-trina ancora esiste e si trova og-gi in uno degli uffici del pianter-reno) affiancata dalle teche dei capelli di Federico Borromeo e di Camillo Benso conte di Cavour, sempre opere del Ravasco (cfr. schede inv. 2652-2653). Del Pare- di (1967) invece è un richiamo al-le lettere indirizzate da Lucrezia al Bembo con riferimenti al By- ron e alla venerazione ottocente-sca suscitata dai suoi capelli, egli sottolinea che qualcuno avrebbe voluto eliminare la teca del Ra-vasco dalla sua sistemazione “ma si pensò che era più saggio consi-glio esporla ancora, prima per conservare qualche cosa di ‘tipo’

settaliano, cioè qualche cosa del tipo museo-curiosità; in secondo luogo per dar modo di vedere l’oggetto di tanti entusiasmi del-l’età romantica e anche di tanti dotti studi”. La Falchetti (1969. 1986) accenna alla teca collocata nella Sala V del primo piano del-la pinacoteca, quella della vetra-ta dantesca di Giuseppe Bellini; spazio al manufatto viene presta-to anche dal Vaisecchi (1973) e dallo Zastrow (1978), quest’ulti-mo con una descrizione in termi-ni alquanto negativi: “un preciso punto di riferimento di un certo tipo di involuzione culturale, sia :>er il gusto ‘tardoromantico’ del- a sua valorizzazione, che per

quello dell’esecuzione”. Il Rossi (1998) indica la teca dei capelli di Lucrezia collocata in quella che è la sua disposizione attuale, ovve-ro nella Sala della Medusa (8), nelle vetrine che separano que-sta dalla successiva sala detta delle Colonne (9). Una scheda dell’oggetto è della Fioravanti Baraldi (2002) come pure una scheda è del Muscardini nel ca-talogo della mostra ferrarese dedicata alla Borgia (2002). In ultimo la Venturelli (2003), nella sua monografia su Alfredo Ra-vasco, ricorda l’esposizione della teca alla Biennale veneziana del 1930 dove rammenta come entu-siasticamente si parlò di “reli-quiario laico”.Per la teca in questione giusta-mente ci si può esprimere in ter-mini di reliquiario laico poiché la concezione formale ispiratrice del Ravasco trae i suoi preceden-ti proprio dai sacri reliquiari del passato adibiti ad accogliere le spoglie dei santi destinate alla oia venerazione. Non privi nel- ’oggetto, dove si coniugano mol-teplici pietre dure sapientemen-te lavorate e legate da elementi in argento dorato, riferimenti classici neorinascimentali quali arpie, tritoni, maschere, cornu-copie, festoni già visti e impiega-ti dall’orafo in lavori passati: si vedano per confronto le arpie nei manici e i mascheroni nella base della piccola Coppetta con coral-li esposta alla I Biennale di Mon-za del 1923 e oggi conservata al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano o gli ele-

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ganti tritoni e i mascheroni della base del Sopi'ammobile con ba-samento in agata e vaschetta con fru tti in ru b in i zaffiri e smeraldi (R Venturelli, A lfre-do..., cit., pp. 32,34 fig. 24,36,55 fig. 51). Non manca neppure nel-l’oggetto un’attenzione tu tta filo-logica al dettaglio, ravvisabile ad esempio nella corretta citazione delle insegne nobiliari degli scudi e degli ovati del nodo. Un inte-ressante e colto richiamo può es-sere pure individuato nei due fili di perle digradanti fissati sotto la teca e atti a sorreggere i due scu-detti, una citazione precisa e puntuale delle perle che legano i quattro candelieri posti sull’arco di trionfo sormontato dal toro borgiano che fa da sfondo all’af-fresco della Dispute di Santa Caterina d Alessandria con i f i -losofi davanti all'imperatore M assim ino del Pinturicchio, ne-gli Appartamenti Borgia del Pa-lazzo Vaticano, dove nella figura della stessa Santa Caterina si suole proprio riconoscere l’effi-gie di Lucrezia Borgia.Per una giusta conclusione ap-propriato è citare i versi usati dal Bembo per descrive Lucrezia ne-gli Asolarti - componimento a lei dedicato - dove l’ammirazione del poeta ricade proprio sulla lu-minosità di quei biondi capelli che destarono all’Ambrosiana, come visto, l’interesse e la curio-sità di numerosi e illustri visita-tori di ieri e che continueranno verosimilmente a destarne anche nei molti di domani: “ora riguar-da la bella treccia più simile ad oro, che ad altro, la quale sicco-me sono le vostre, né vi sia grave, che io delle belle donne ragio-nando tolga l’esempio in questa e nell’altre parti da voi, la quale di-co lungo il soave giogo della testa dalle radici ugualmente parten-dosi, e nel sommo segnandolo con dritta scriminatura, per le deretane parti s’awolge in più cerchj, ma d’innanzi giù per le tempie di qua, e di là in due pren- devoli ciocchette scendono, e dol-cemente ondeggianti per le gote, mobili ad ogni vegnente aura, pa-re a vedere un nuovo miracolo di pura ambra palpitante in fresca falda di neve” (R Bembo, Gli Arnioni, Milano 1808, p. 158).

BibliografiaInventano , 1685, p. 63; Oltroc- chi, IV 1758, pp. XVIII-XIX; Gatti, 1859, p. 4; Ratti, 1907, p. 115; X V II Esposizione Biennale, 1930, p. 3; Marami, 1930, pp. 367, 373, fig. 12; Tea, 1932, p. 4; Acca- sema, 1934, p. 61 (fig.); Galbiati, 1951, p. 140; LAm brosiana , 1967, pp. 37-38, 55 fig. XVI, 509; Falchetti, 1969, p. 109; Vaisecchi, 1973, pp. 26, 157; Bellonci, 1974, tra pp. 496-497, fig. XXVIII; Za- strow, 1978, pp. 222, 229-230, n. 315; Falchetti, 1986, p. 190, n. 116; Nurchi, 1990; Ravasi, 1991, pp. 31-32; Rossi, Rovetta, 1998, p. 149; Venturelli, 1998, pp. 301- 302, 313 (fig.); Buzzi, 2000, pp. 94-95; Mosconi, 2000, p. 432; P i-nacoteca Ambrosiana , 2000, p. 57; Ravasi, 2001, pp. 380-383, 404-405; Fioravanti Baraldi, 2002, p. 119, n. 21; Lucrezia Bor-gia, 2002, p. 128, n. 21; Ravasi, 2002, pp. 334-336; Rossi, Rovet-ta, 2002, p. 238; Rovetta, 2002, pp. 183,194; Venturelli, 2003, pp. 62-63, fig. 57; Vian, 2005, pp. 612, 617-618; Pinacoteca Ambrosia-na, 2006, pp. 182-183 (fig.); Vec-chio, 2009, p. 132.Alessandro Barbieri

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