43
UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA – ROMA IUSVE – ISTITUTO UNIVERSITARIO SALESIANO di VENEZIA Aggregato alla Facoltà di Scienze dell'Educazione VENEZIA - MESTRE T ESI DI BACCALAUREATO IN S CIENZE DELL’E DUCAZIONE – E DUCATORE SOCIALE PROSPETTIVE DI INNOVAZIONE PER LE COOPERATIVE SOCIALI NEL MOMENTO ATTUALE l'applicazione di strumenti di osservazione e analisi su un caso particolare Relatore: Prof. Maurizio Padovan Candidato: Simone Marchesan Anno Accademico 2012-2013

PROSPETTIVE DI INNOVAZIONE PER LE COOPERATIVE SOCIALI

Embed Size (px)

Citation preview

UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA – ROMA

IUSVE – ISTITUTO UNIVERSITARIO SALESIANO di VENEZIA

Aggregato alla Facoltà di Scienze dell'Educazione

VENEZIA - MESTRE

TESI DI BACCALAUREATO IN

SCIENZE DELL’EDUCAZIONE – EDUCATORE SOCIALE

PROSPETTIVE DI INNOVAZIONE PER LE COOPERATIVE SOCIALINEL MOMENTO ATTUALE

l'applicazione di strumenti di osservazione e analisi su un caso particolare

Relatore: Prof. Maurizio Padovan

Candidato: Simone Marchesan

Anno Accademico 2012-2013

uomini del mio presentenon mi consola l'abitudine a questa mia forzata solitudine;

io non pretendo il mondo interovorrei soltanto un luogo, un posto più sincero

dove magari un giorno molto prestoio finalmente possa dire: “questo è il mio posto”

dove rinasca non so come e quandoil senso di uno sforzo collettivo per trovare il mondo.

...sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire “noi”

G. Gaber

2

INDICE

ABSTRACT................................................................................................................................................5

INTRODUZIONEpropositi, definizione e linee guida.......................................................................................................7

CAPITOLO PRIMOinquadramento storico...........................................................................................................................11

1.1 le origini........................................................................................................................................111.2 il raccordo tra le esperienze e di riconoscimento delle specificità del terzo settore.....131.3 la fase dell'istituzionalizzazione...............................................................................................15

CAPITOLO SECONDOla definizione di strumenti per l'osservazione e la valutazione della situazione attuale..........19

2.1 la fotografia dell'attuale e gli effetti della crisi.....................................................................192.2 l'innovazione come via di uscita..............................................................................................212.3 non solo innovazione strutturale ma anche di significato: l'attenzione ai valori di

inclusione sociale........................................................................................................................24

CAPITOLO TERZOun'applicazione pratica dello strumento di ricerca: analisi della cooperativa sociale Thiel..........27

3.1 premessa metodologica e strumenti di analisi......................................................................273.2 inquadramento generale e descrizione della cooperativa Thiel........................................303.3 risultati dell'applicazione dello strumento di analisi...........................................................34

CONCLUSIONI.......................................................................................................................................39

BIBLIOGRAFIA......................................................................................................................................42sitografia..............................................................................................................................................43

3

4

ABSTRACT

La cooperazione sociale in Italia, e più in generale tutto il terzo settore di cui essa fa par-

te, sta vivendo in questi ultimi anni una fase di passaggio non solo a causa della crisi finan -

ziaria ed economica emersa nel 2008 ma anche a seguito della difficoltà attraversate dal mo-

dello stesso del welfare state, difficoltà che la citata crisi economica non ha generato ma ha

solamente messo in evidenza. Parallelamente tale fase di passaggio risente di un processo di

ridefinizione della natura stessa della cooperazione sociale, natura che risente di un'identità

formatasi in tempi recenti e da sviluppi che nell'ultimo mezzo secolo le hanno fatto prende-

re strade e forme diverse a seconda dei mutamenti socioeconomici attraversati dallo stesso

ambiente nella quale essa si è formata.

Per osservare alcuni degli aspetti contemporanei della cooperazione sociale, quindi, può

essere necessario definire, in un primo momento, alcuni tratti del suo sviluppo storico – nel-

la convinzione che tali tratti ne condizionano inevitabilmente il presente – ed in seguito uti-

lizzare degli strumenti di indagine che, tenendo conto del primo aspetto, possano descrivere

alcune caratteristiche del settore nonprofit italiano.

Siffatti strumenti sono stati desunti da quelli adottati da una delle più recenti ricerche a

livello nazionale che individua e misura due tratti che possono rappresentare il valore ag-

giunto della cooperazione sociale in un momento storico di enormi cambiamenti. Tali tratti

individuati sono: la capacità di innovazione produttiva ed il grado di adesione all'agire

nell'ottica dello sviluppo della giustizia sociale; la scelta di queste due prospettive nasce dal -

la convinzione che queste sono due di quelle caratteristiche fondanti che negli anni pioneri -

stici hanno permesso la nascita del concetto stesso di cooperazione sociale.

Il presente lavoro è partito da queste considerazioni per poi osservare ed analizzare in

maniera approfondita un'organizzazione cooperativa particolare, operante nel Friuli Venezia

Giulia.

5

6

INTRODUZIONEpropositi, definizione e linee guida

Il presente lavoro nasce e si inserisce nella parte conclusiva di un percorso universitario

triennale che mira alla formazione specifica della figura professionale dell'educatore inteso

qui nella sua più ampia declinazione sociale; dato tale contesto e dato per assodato che tale

figura, ad oggi, trova prevalente sbocco professionale all'interno della realtà economica del

“terzo settore”1, è sembrato utile approfondire un aspetto concreto che permetta la definizio-

ne di alcuni strumenti pratici che possano agevolare l'educatore sociale nell'osservazione e

analisi del quadro lavorativo nel quale si troverà inserito.

Quanto si vuole qui proporre è dunque uno sguardo attuale sulla realtà della cooperazio-

ne sociale, uno sguardo che si inserisca sia nel contesto storico2 nella quale essa è nata ma

che, al contempo, possa rappresentare una riflessione sull'attuale situazione che la coopera-

zione sta vivendo, anche alla luce dei rapidi mutamenti socio-economici e di mercato che

nel contesto italiano si stanno manifestando.

La cooperazione sociale, come confermano varie ricerche che in seguito troveranno ap-

profondimento, sta attraversando un momento nel quale si rende necessaria sia una rifles-

sione sul senso del proprio operare, sia una ridefinizione pratica – in quanto organizzazioni

produttive – del proprio campo d'azione e delle modalità nel quale tali organizzazioni svol-

gono le proprie attività.

1 “L'area socio-educativa del terzo settore manifesta una evidente tendenza alla crescita ed allo sviluppo. Leragioni risultano chiare: i bisogni socio-educativi vanno via via incrementando la loro portata […];l'aumento progressivo di professionalizzazione (il know-how) del terzo settore e di competizione tra leimprese; la forte spinta all'esternalizzazione dei servizi da parte degli enti pubblici e l'interesse di soggettiprivati per il sociale. Le imprese (cooperative e non solo) che occupano la figura dell'educatore socialestanno espandendo la propria capacità attrattiva del mercato. Inoltre l'attenzione verso l'economia socialerisulta in crescita.” SALERNO V., La trasformazione del legame sociale, in SALERNO V., VISINTIN M. (a curadi), “La rigenerazione del legame sociale”, Libreriauniversitaria.it edizioni, Padova, 2011, p. 20.

2 Il riferimento storico della sottolineatura dei passaggi di sviluppo, non solo pratici ma anche e sopratuttodi senso, non vuole rappresentare una mera sintesi ma viene qui ritenuto necessario per un campo nelquale la dinamicità e l'adozione di strumenti adatti all'operato, inizialmente strettamente legati alla solu-zione di problematiche pratiche, è una caratteristica costante. Le variazioni vissute dall'oggetto della ricer-ca nel breve arco di pochi decenni sono elementi da tener conto per la lettura della situazione attuale, so -prattutto in considerazione del fatto che il mantenimento di uno sguardo complessivo permette di conser-vare una “memoria storica” altrimenti prerogativa dei soli protagonisti di tali modalità di sviluppo.

7

Considerate le trasformazioni dell'ambiente socio-economico nel quale sono sorte e per

lungo tempo hanno operato le cooperative sociali e visto la rapidità con il quale tale am-

biente sta attualmente evolvendosi, può essere utile quindi – anche per un educatore sociale

che in tale realtà si trova inserito – l'adozione di strumenti e di griglie di osservazione che

permettano una rapida rappresentazione della condizione di una cooperativa sociale. Ac-

canto a questa rappresentazione, però, può essere utile disporre anche di un'analisi che sia

punto di partenza per capire anche la singola peculiarità della stessa organizzazione; in par-

ticolar modo ciò vale per un'organizzazione come una cooperativa sociale che opera

all'interno della sfera delle Politiche Sociali con l'intento di offrire servizi inclusivi, che ope-

ra cioè all'interno di un settore che sta continuando a cercare una propria posizione tra set-

tore Pubblico e di Mercato.

In particolar modo il presente lavoro prevede l'utilizzo di una serie di riflessioni attuali

sulla tematica del terzo settore e delle spinte innovative del welfare in Italia andando infine

a sperimentare tali considerazioni applicandole ad una particolare organizzazione che opera

nel privato sociale.

L'approccio di ricerca che è stato adottato parte dal presupposto che la cooperazione so-

ciale in Italia trova sviluppo all'interno del complesso di istituzioni definito come lo spazio

socio-economico che si colloca tra la sfera di produzione dei servizi riservata allo Stato – e

che opera con l'ottica prevalentemente distributiva – e quella riservata al Mercato che adot-

ta l'ottica del profitto anche nella produzione dei servizi collettivi. Inserita in tale contesto,

la cooperazione sociale rappresenta una delle maggiori3 manifestazioni organizzative e pro-

duttive del terzo settore e, pur mantenendo proprie tipicità, vede coincidere la propria evolu-

zione con quella più generale dell'universo del nonprofit e della produzione di servizi inclu-

sivi propria del “nuovo welfare”4.

3 La prevalenza del fenomeno cooperativo all'interno del “terzo settore” è confermata dai dati che mostranocome nel 2011 le cooperative effettivamente operative erano 11˙264 e potevano contare 365˙006 lavoratoriremunerati contro un impiego complessivo di 488˙000 impiegati nel contesto del “terzo settore” inteso conaccezione più generale. Cfr. La cooperazione nei primi dati del censimento 2011 in “Note Brevi” n. 11, Lu-glio 2013, Centrostudi Legacoop, Roma; Ricerca sul valore economico del Terzo Settore in Italia 2012,Unicredit Foundation, Brescia, 2012.

4 «Di tutti questi modelli organizzativi, quello che meglio soddisfa la definizione di impresa sociale è quellodella cooperativa sociale. Le associazioni di volontariato, infatti, non sarebbero autorizzate dalla legge agestire l’erogazione di servizi in forma continuativa; oltretutto, sia le associazioni, sia le organizzazioni di

8

Operando qui in un siffatto quadro si ritiene necessario, al fine di una contestualizzazio-

ne complessiva, adottare in un primo momento una prospettiva più ampia di quella rappre-

sentata dalla sola attenzione al fenomeno della cooperazione sociale a favore di un inqua-

dramento generale che tenga conto contemporaneamente di concetti quali “cooperazione

sociale”, “terzo settore” e “nuovo welfare”.

Trattando dunque la presente ricerca ambiti dinamici che possono venir esaminati dai

vari approcci scientifici in maniera non necessariamente univoca, prima di iniziare la fase

pratica, si ritiene necessario procedere ad una definizione operativa dei principali concetti

trattati. In particolare, se per la definizione di “cooperazione sociale” non si incontrano dif -

ficoltà semantiche in quanto il riferimento è la legge n. 381/91 – legge nella quale si defini-

scono le cooperative sociali come “società cooperative che hanno lo scopo di perseguire

l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei

cittadini” e classificate a seconda delle particolari modalità operative5 – per “terzo settore” si

vuole adottare la definizione di Jacques Defourny:

«Il terzo settore, spesso definito “settore nonprofit” o “economia sociale”, è cresciuto di impor-tanza sino ad assumere un ruolo di spicco nella partnership con le pubbliche amministrazioni.Partecipa all’allocazione delle risorse producendo beni e servizi pubblici e quasi-pubblici. Eserci-ta una funzione ridistributiva erogando un’ampia gamma di servizi (a titolo gratuito, o virtual-mente gratuito) a soggetti svantaggiati, grazie anche ai contributi di tipo volontario (in terminidi donazioni o di lavoro volontario) che molte organizzazioni sono in grado di attivare. Non daultimo, partecipa alla regolamentazione della vita economica, quando – per esempio – le asso-ciazioni o le cooperative sociali sono partner della pubblica amministrazione nel reinserimentolavorativo di persone disoccupate e debolmente qualificate, a rischio di esclusione dal mercatodel lavoro.»6

Con il concetto di “nuovo welfare”, infine, si vuole intendere il complesso di tutte quelle

azioni messe in campo per superare il concetto di welfare pubblico a matrice prettamente

statale a seguito della crisi dello stesso modello.

volontariato (che sono per lo più non riconosciute) non prevedono la responsabilità limitata per i soci e gliamministratori e ciò rende difficile lo svolgimento di attività economicamente rilevanti. Quanto alle asso-ciazioni e alle cooperative tradizionali, non è detto che esse perseguano prevalentemente finalità di tiposociale: è più probabile, anzi, che esse abbiano finalità mutualistiche.» BORZAGA C., DEFOURNY J. (a curadi), L’impresa sociale in prospettiva europea, Trento, Edizioni 31, 2001, pp. 163-164

5 In particolare si distinguono: cooperative di tipo A, se svolgono attività finalizzate all’offerta di servizi so -cio-sanitari ed educativi; cooperative di tipo B se svolgono attività finalizzate all’inserimento lavorativo dipersone svantaggiate o cooperative ad oggetto misto (A+B), se svolgono entrambe le precedenti tipologiedi attività;

6 BORZAGA C., DEFOURNY J.(a cura di), L’impresa sociale in prospettiva europea. op. cit., p. 7.

9

Infatti:

«Già dagli anni '70, l'idea che lo Stato potesse supportare i processi espansivi del welfare erastata ampiamente messa in discussione nella gran parte dei paesi europei. Dai primi anni '90,sono state avviate molte riforme tese a superare il modello del welfare pubblico, alle volte di ma-trice più neoliberista, altre più orientate alla realizzazione di una cosiddetta “terza via” tra Statoe mercato. […] Con il 2008 la situazione è realmente mutata. L'esplosione della crisi ha messo inluce, in tutta la sua drammaticità, il processo di deterioramento del modello tradizionale di poli-cy making che ha portato a una frammentazione molto forte sia delle politiche che degli attoriimplicati nella realizzazione e nella fornitura di programmi di welfare»7

All'interno di tale paradigma di “nuovo welfare”, la prospettiva adottata dal presente la-

voro è comunque quella che predilige la ridistribuzione, il soddisfacimento dei bisogni, la

crescita e l'inclusione sociale ed è da considerarsi sinonimica la dicitura “privato sociale”.

7 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, Franco Angeli, Milano, 2013, p. 7.

10

CAPITOLO PRIMOinquadramento storico

1.1 le origini

Nell'ottica di una panoramica storica del terzo settore italiano, il 1991 riveste un signifi-

cato particolare; in tale anno infatti sono state approvate due delle principali leggi di riferi -

mento per il contesto del nonprofit: la legge 266/91 che istituisce e regola le associazioni di

volontariato e la legge 381/91 che regola le cooperative sociali. Ma tali confronti legislativi

si configurano solamente come il punto di arrivo istituzionalizzante di un ambito che si era

sviluppato autonomamente lungo i due decenni precedenti e che traeva le proprie origini

nel contesto dei cambiamenti sociali ed economici a partire dagli anni Sessanta. Tale fer-

mento allora aveva generato una nuova coscienza sociale nella quale gli stessi diritti sociali

venivano concepiti come una forma di giustizia, fondante e fondamentale, riservata anche

agli individui ed ai gruppi sociali che fino a quel momento non ne avevano avuto garanzia.

In assenza di una normativa adatta a quelle attività che, inserite in contesti sociali, ope-

ravano con logiche diverse dal mero profitto, la società civile aveva cercato spontaneamente

modalità di organizzazione giuridica con gli strumenti legislativi allora disponibili8 e con le

forme che si rivelavano maggiormente adatte alla creazione di risposte per quella parte della

cittadinanza che rimaneva esterna alla sfera di intervento dello Stato o che, nel migliore dei

casi, poteva aver accesso ad una tipologia di servizi ancorata a modelli operativi non in li-

nea con i tempi. Le strade organizzative maggiormente percorse sono state sostanzialmente

quelle delle cooperative di lavoratori e le associazioni9, vale a dire le forme più adatte allo

scopo e già tutelate dalla Costituzione della Repubblica Italiana (art. 45 e art. 18). In una si -

mile prospettiva le norme stese nel 1991 rappresentarono contemporaneamente sia la rego-

8 «Le prime cooperative sociali sono state costituite verso la fine degli anni Settanta; con le organizzazionidi volontariato, esse rappresentano oggi la fattispecie giuridica e organizzativa più innovativa all’internodel settore non profit italiano.» BORZAGA C., DEFOURNY J. (a cura di), L’impresa sociale in prospettiva eu-ropea. op. cit., p. 164.

9 Cfr. BORZAGA C., IANES A., L'economia della solidarietà, Donzelli Editore, Roma, 2006, cap. III e IV.

11

lamentazione di una situazione già in essere, sia il riconoscimento delle specificità peculiari

della stessa.

Il percorso di sviluppo del terzo settore nasce quindi sulle spinte di innovazione sociale

inclusiva sorte negli anni Sessanta del XX secolo e che hanno iniziato a trovare forme con-

crete nel decennio successivo nonché a trovare terreno fertile in quella parte della società

civile idealmente stimolata a inventare e costruire nuovi modelli di interventi sociali che po-

tessero migliorare le condizioni di vita dei gruppi marginali. In tale contesto i settori nel

quale maggiormente si sono sperimentati e sviluppati tali modelli sono stati in primo luogo

la disabilità fisica e la malattia mentale.

Il carattere spontaneo della nascita delle organizzazioni del privato sociale trova radici in

terreni idealmente fertili quali il mondo di quel cattolicesimo che si fa portatore delle istan-

ze della “dottrina sociale della Chiesa cattolica”, anche alla luce dei fermenti postconciliari,

oppure, all'opposto, all'interno di quei movimenti politici post-sessantottini10 che intendeva-

no operare per costruire nuove forme di intervento sociale che portassero al superamento

delle istituzioni totali quali i manicomi o gli istituti residenziali per disabili.11

La fase pioneristica del terzo settore italiano vede dunque nascere organizzazioni che

sono accomunate principalmente – al loro interno come nei rapporti tra le altre realtà in

rete – da

«una forte condivisione di valori e ideali con ampie parti del settore pubblico. Si tratta di un ele-mento molto sottovalutato ma senza il quale è difficile riuscire a interpretare la dinamica evolu-tiva del terzo settore italiano e delle sue componenti imprenditoriali in particolare»12

Quella che va costituendosi è una pluralità di modelli organizzativi e di interventi che

nascono con caratteristiche proprie e con azioni che possono rispondere al meglio ai bisogni

10 Cfr. BORZAGA C., IANES A., L'economia della solidarietà, op. cit., pp. 80-90.11 Più in generale Stefano Zamagni indica tre matrici della cooperazione – non solo sociale – in Italia: libe-

rale, socialista e cattolica. Ma il vero carattere innovativo e destinato ad una tenuta del modello è stata laspecificità tutta italiana del movimento cooperativo grazie alla quale «nonostante la diversità delle matriciideali, nessun cooperatore – neppure tra coloro che abbracciarono le ragioni del socialismo – pensò mail'impresa cooperativa in chiave antimercato. È proprio questo elemento comune ciò che ha sempre con-sentito un dialogo fruttuoso fra le diverse tradizioni di pensiero in Italia, il che, almeno in parte, spiega lostraordinario sviluppo del movimento cooperativo nel nostro paese.» ZAMAGNI S., ZAMAGNI V., La coo-perazione, Il Mulino, Bologna, 2008, p.36.

12 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 34.

12

sociali a cui si tenta di dare risposta creando in tal modo un legami forti e un'impronta di

servizi legati alla realtà concreta; anche le modalità con le quali nascono le varie organizza-

zioni non presenta caratteri univoci ma segue dinamiche che rendono la realtà frammenta-

ria ed eterogenea nel territorio nazionale. Infatti,

«Le nuove organizzazioni di terzo settore si sviluppano in modo differenziato anche in base aicontesti regionali e al quadro normativo e sociale di riferimento. Nelle Regioni settentrionali,come la Lombardia e il Veneto, il nuovo terzo settore emerge in larga parte da una tradizione dipartecipazione in ambito delle parrocchie e del mondo degli oratori oppure dalla tradizione mo-vimentista della sinistra extraparlamentara. In Friuli Venezia Giulia a marcare maggiormentel'avvio delle prime organizzazioni è la mano pubblica e lo stesso accade nelle allora Regioni“rosse” e in particolare in Toscana, Marche e Umbria. Nelle Regioni Meridionali, più tradiziona-liste e meno vocate all'innovazione, il nuovo terzo settore rimane invece in questo periodo resi -duale e fatica a diffondersi.»13

1.2 il raccordo tra le esperienze e di riconoscimento delle specificità del terzo settore

Siamo a ridosso degli anni Ottanta e le varie esperienze sorte in maniera più o meno par-

ticolare iniziano pian piano ad assumere quelle caratteristiche organizzative che potessero

garantire continuità ai servizi messi in campo, anche e proprio per il carattere di stabilità

che tali servizi stavano assumendo. Se nella fase autenticamente iniziale le azioni venivano

attuate con la prospettiva temporanea di supplire ad una carenza dello Stato Sociale o di in -

novare una modalità di assistenza ancorata a strutture vetuste, in questo momento appare

chiaro come la cifra degli interventi assuma in maniera sempre maggiore il carattere di per-

manenza e di istituzionalizzazione.14 L'attenzione si sposta dunque sulla necessità di garanti-

re continuità e miglioramento qualitativo ai servizi erogati.

Si va sviluppando in maniera sempre maggiore l'adozione dello statuto cooperativo – sta-

tuto che garantiva la democraticità interna e quella parità tra gli operatori che aveva carat -

13 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 35.14 «Nel giro di alcuni anni, infatti, le organizzazioni di terzo settore: hanno contribuito all’aumento

dell’offerta di servizi, seppure nella convinzione di svolgere un ruolo provvisorio di supplenza all’interven-to pubblico. Molte delle nuove organizzazioni, infatti, sono state costituite da persone convinte che le dif -ficoltà dello Stato sociale nell’affrontare i nuovi bisogni avessero carattere temporaneo, e che il loro inter-vento – di conseguenza – dovesse essere limitato nel tempo. Tali organizzazioni presero quindi inizial -mente la forma di associazioni, basate essenzialmente sul contributo del volontariato; già verso la fine de-gli anni Settanta tuttavia nacquero le prime cooperative “di solidarietà sociale”, nella cui compagine socia-le erano presenti sia volontari, che lavoratori retribuiti.» BORZAGA C., DEFOURNY J. (a cura di), L’impresasociale in prospettiva europea. op. cit., p. 166.

13

terizzato la spinta innovativa e ideale della prima fase – per la formazione di organizzazioni

che vanno assumendo quei caratteri di professionalità specializzata che richiedono necessa-

riamente una retribuzione per il lavoro svolto; di naturale conseguenza anche le dimensioni

organizzative cominciano a necessitare di strutture in grado di sostenere un impianto pro-

duttivo a carattere maggiormente di impresa.

Parallelamente, con la Conferenza Nazionale della Cooperazione del 1977, si era aperto

un dibattito per delineare le caratteristiche proprie di una modalità cooperativa che si disco-

sta da quella semplicemente mutualistica dell'istituto cooperativo, così come regolato dalla

legislazione coeva, per avanzare l'idea di una “mutualità allargata” che caratterizzasse la

specificità delle nuove organizzazioni.

Il quadro generale vede inoltre l'intensificarsi del rapporto tra istituzioni pubbliche e pri -

vato sociale con la presenza sempre maggiore di quest'ultimo nella gestione dei servizi, sia

per quelli storicamente in capo all'intervento pubblico che per quelli innovativi sorti negli

anni precedenti e assunti ora come significativi dalle istituzioni pubbliche stesse. Si ha così,

negli anni Ottanta, un primo grosso cambio di paradigma nel terzo settore: vale a dire il

passaggio dal contributo al corrispettivo tramite la stipula delle prime convenzioni, cioè

«da una modalità di sostegno occasionale non legata ai risultati, a una più vicina a quella carat-teristica dei rapporti tra pubblica amministrazione e imprese. In particolare, le convenzioni ga-rantivano entrate stabili in cambio dell'impegno a svolgere attività sociali che nella maggiorparte dei casi avevano già trovato una propria legittimazione tra gli utenti e i famigliari che usu-fruivano dei servizi»15

Il carattere ancora poco istituzionalizzato delle modalità di assegnazione dei servizi vede

comunque ancora una forte presenza della componente relazionale tra rappresentanti pub-

blici e rappresentanti del privato sociale: nell'avvio delle prime convenzioni infatti particola-

re importanza era data al rapporto, spesso personale, tra il livello politico locale e il livello

della cooperazione senza che però questo aspetto rappresentasse un carattere meramente

preferenziale o addirittura clientelare; anzi, il più delle volte, questa via era il naturale rico-

noscimento dato a modalità di lavoro ed a servizi già in essere e che avevano potuto speri-

mentare un radicamento efficiente sul territorio e una modalità di intervento che si era rive-

15 BORZAGA C., FAZZI L., Le imprese sociali, Carocci Editore s. p. a., Roma, 2011, p. 69.

14

lata una più agile ed efficace risposta a bisogni espressi rispetto a quella che avrebbe potuto

attivare l'istituzione pubblica.

Tali fattori – vale a dire il sempre più fecondo dibattito interno al mondo della coopera-

zione a “carattere mutualistico allargato”, la presenza sempre maggiore che la cooperazione

poteva vantare nella gestione di servizi a carattere sociale nonché la pressione Politica e cul-

turale che tale universo stava producendo – rendeva maggiormente necessaria la definizio-

ne di un impianto legislativo che permettesse il riconoscimento delle specificità degli attori

che operavano all'interno del nuovo welfare. A conclusione di tali fenomeni e spinte si arri -

va così, all'inizio del decennio successivo, al licenziamento delle due leggi che regolano le

due forme giuridiche che maggiormente avevano generato l'innovazione del sistema dei ser-

vizi dedicati alla cura del sociale; si arriva dunque al riconoscimento della cooperazione so-

ciale e dell'associazionismo del volontariato come forme proattive messe in campo dalla so-

cietà civile per il miglioramento della qualità della vita generale.

1.3 la fase dell'istituzionalizzazione

La regolamentazione apportata dalla legislazione ha portato lungo il successivo decennio

degli anni Novanta ad una progressiva uniformazione del contesto della cooperazione – se-

gnandone così inevitabilmente il futuro della stessa – attribuendo ad essa il ruolo di impresa

sociale e lasciando alle associazioni di volontariato il compito di aggregare il protagonismo

partecipativo della società civile. Come sottolinea Luca Fazzi,

«questa distinzione produce nell'immediato una forte accelerazione della diffusione delle coope-rative sociali che diventano uno strumento di intervento largamente utilizzato dalle amministra-zioni pubbliche a livello locale per l'erogazione dei servizi sociali ponendo le associazioni di vo-lontariato in una posizione più marginale. Si diffondono in questo periodo quelli che oggi sonoconsiderati servizi comuni del welfare locale […] Durante gli anni '90, il sistema italiano dei ser -vizi sociali si trasforma dunque nelle sue caratteristiche istituzionali e organizzative fa un mo-dello accentrato a carenza di offerta a un modello localizzato a offerta articolata.»16

In realtà non è solo il contesto del terzo settore a subire spinte in innovazione, trasforma-

zione e istituzionalizzazione ma tali fenomeni si riflettono anche su tutto l'impianto del wel-

16 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 37.

15

fare sociale che trova così una sua nuova fase di riorganizzazione paradigmatica17 passando

dalla gestione ed erogazione di servizi per le categorie marginali e svantaggiate per assume-

re i caratteri più collettivi della prevenzione, della promozione dell'agio e della salute. Lo

stesso mercato del lavoro veniva influenzato dalla svolta segnata nel 1991 con la specializza-

zione sempre più professionalizzante della figura dell'educatore sociale con, da una parte, la

creazione di percorsi di qualificazione di chi già operava nel settore contando più sull'espe-

rienza che sulla formazione specifica, e dall'altra con l'allargamento delle figure professiona-

li che tradizionalmente si dedicavano al lavoro sociale: non più le, storicamente deputate,

assistenti sociali ma anche psicologi, sociologi, educatori, etc. etc. formati ora ad hoc per il

compito loro richiesto.18

A fianco di tali spinte di articolato processo evolutivo della sostanza dei servizi alla per-

sona, un'altra grande variazione paradigmatica destinata a segnare il passo di tali servizi in

maniera significativa anche nel periodo attuale è l'introduzione del modello competitivo

nell'affidamento delle gestione dei servizi pubblici. Tale modello viene sancito già all'inizio

degli anni Novanta (direttiva della Comunità Economica Europea n. 92/50/CEE) e, anche se

la procedura indicata non viene immediatamente recepita, trova già frequente applicazione

alla fine del decennio.19

Si assiste quindi ad una graduale integrazione del terzo settore, principalmente nella sua

anima cooperativa, con la logica del mercato e con il sistema più generale dell'erogazione

17 «Il principale contributo delle cooperative sociali nel contrastare l’esclusione sociale sta nella dimostrata ca-pacità di erogare in forma privata servizi che promuovono la coesione sociale, e di attivare direttamente ri-sorse – umane e finanziarie – che non sarebbero, diversamente, disponibili. Dimostrando che certi bisognisociali possono essere meglio soddisfatti attraverso l’erogazione di servizi, piuttosto che con trasferimentimonetari, le cooperative sociali hanno inoltre contribuito alla trasformazione del sistema di welfare italiano.»BORZAGA C., DEFOURNY J. (a cura di), L’impresa sociale in prospettiva europea. op. cit., p. 177.

18 «la spinta politica degli albori tende ad affievolirsi in modo consistente, anche se non esistono studi speci -fici sull'argomento. La gestione dei servizi diventa sempre più un fatto tecnico specialistico e il mercatopara-pubblico dei servizi sociali gestito in via sostanzialmente monopolistica dal nuovo terzo settore di -venta uno sbocco occupazionale fondamentale del processo di “massificazione”della formazione alle pro-fessioni sociali caratteristico degli anni '90» FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 38.

19 «dalla seconda metà degli anni novanta le aggiudicazioni di servizi basate sul principio dell'appalto creb-bero progressivamente anche a seguito dell'operare di ulteriori fattori. La crescita del costo dei servizi con-seguente ai processi di professionalizzazione del lavoro sociale, […] la moltiplicazione delle cooperativesociali accrebbe la pressione sugli enti pubblici per un aumento della trasparenza nei rapporti contrattuali.[…] le riforme degli enti locali e della pubblica amministrazione fecero emergere un nuovo ceto dirigen-ziale molto più autonomo nei confronti della politica e spesso incentivato a operare con modalità più ma-nageriali.» BORZAGA C., FAZZI L., Le imprese sociali, op. cit., p. 75.

16

dei servizi sociali; il tutto assieme ad una parallela progressiva acquisizione di caratteri im-

prenditoriali e di gestione specialistica delle risorse finanziarie.

Dal lato normativo, lungo tutto il decennio, si muove il percorso di elaborazione che mira

ad adeguare il welfare alle nuove modalità di somministrazione dei servizi ed a quelle prime

manifestazioni della crisi del modello di welfare statale che emergeranno poi in via mag-

giormente palese nel decennio successivo.

La riforma dell'impianto ai servizi alla persona inizia già con la normativa che regola-

menta il servizio sanitario nel 1992 per concludersi con il licenziamento della Legge 328/00

che mira, nelle intenzioni, alla creazione di un sistema di servizi integrato e universalistico

su tutto il territorio nazionale. Con tale legge quadro il terzo settore entra in maniera parte-

cipativa e attiva nella promozione delle Politiche Sociali a livello locale e ad esso viene rico-

nosciuto un ruolo propositivo non ridotto alla semplice gestione di servizi già in essere. Nel

corso degli anni precedenti, particolare da non sottovalutare, il privato sociale era stato il

protagonista di una spinta che aveva portato alla creazione di servizi che si discostavano da-

gli ambiti dai quali il terzo settore si era sviluppato per arrivare a toccare uno spettro

d'azione, appunto, universalistico ed innovativo.

Se però, da una parte, il nuovo impianto legislativo riconosceva l'importanza e l'autono-

mia del terzo settore nella pianificazione, progettazione e gestione dei servizi e progetti so-

ciali, dall'altra si assiste, grazie alla medesima dinamica, alla circoscrizione degli spazi di au-

tonomia del privato sociale: infatti, dal momento in cui l'amministrazione pubblica si assu-

me il compito di coordinamento dei servizi presenti nel territorio, si assiste ad un processo

di omologazione delle istanze autonomiste e particolari delle varie realtà del terzo settore.

Tale processo è strettamente legato alla pratica dell'accreditamento che viene introdotta pa-

rallelamente alla riforma legislativa in atto. L'accreditamento presso le strutture pubbliche

infatti, se da una parte si rende necessario per garantire un minimo livello qualitativo dei

servizi – una delle caratteristiche fondanti della 328/00 – e per mettere ordine in un insieme

disomogeneo sviluppatosi dalle tendenze sopra delineate, dall'altra partecipa ad un inaridi-

mento delle strutture ideali della cooperazione.

Infatti,

17

«nella sostanza gli accreditamenti comportano tuttavia una riorganizzazione dei modelli di fun-zionamento delle organizzazioni di terzo settore, basata non sulle autonome esigenze di sviluppoe risposta ai bisogni degli enti privati, ma sulla logica regolativa di fissazione di standard omo -genei si qualità dell'amministrazione pubblica. Con gli accreditamenti gli enti pubblici si riap-propriano della funzione di progettazione dei singoli servizi e trasferiscono i propri modelli digestione e organizzazione degli enti accreditati.»20

Nell'arco di una decina di anni dalla effettiva applicazione della legge, ad oggi l'istituto

dell'accreditamento è entrato nella pratica di molte Regioni soprattutto nel Centro e Nord

Italia.

Il processo in atto vede una progressiva stabilizzazione delle forme di organizzazione del-

la cooperazione sociale in quanto questa forma rappresenta la realtà che maggiormente ha a

che fare con contratti ed appalti economicamente cospicui rispetto alle altre manifestazioni

del terzo settore. Tale stabilizzazione però porta con sé una perdita di capacità di innovare e

di intercettare rapidamente i nuovi bisogni sociali. Esempio di tale condizione è il fenomeno

delle “badanti” – fenomeno che assume in questi anni una crescita sostanziale principal-

mente per la cura delle persone anziane – che nel 2005 si stima interessare un numero di la-

voratori – o meglio lavoratrici – superiore a quello complessivo del terzo settore ma che da

questo non viene colto.21

Nello stesso periodo infine si ha l'ultimo intervento legislativo che conclude quel percor-

so di ridefinizione del terzo settore iniziato tre decenni prima: con le Legge 118/05 e il suc-

cessivo d.lgs. 155/06 viene disciplinata la nuova figura giuridica dell'impresa sociale. Tale di-

sciplina introduce per la prima volta la distinzione tra il concetto di imprenditorialità e di

finalità lucrativa; le organizzazioni del privato sociale, in quanto impegnate della fornitura

di servizi di welfare, sono riconosciute quindi reali imprese economiche anche se il loro fine

principale non è il profitto. Non si tratta solamente di una sfumatura di significati perché in

quanto imprese economiche, le imprese sociali hanno la possibilità di operare in settori di -

versi da quelli previsti dalla cooperazione sociale.22

20 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 42.21 ivi.22 Cfr. BORZAGA C., FAZZI L., Le imprese sociali, op. cit., pp. 80-84.

18

CAPITOLO SECONDOla definizione di strumenti per l'osservazione e la valutazione della situazione attuale

Il quadro, sostanzialmente sintetico, fin qui tracciato si è potuto avvalere di riflessioni e

visioni ormai consolidate e affrontate con sufficiente mole di letteratura scientifica del setto-

re. La situazione attuale invece risente di un fattore socio-economico che si è sviluppato so -

lamente nell'ultimo quinquennio e che stende la sua influenza sull'attualità, vale a dire la

crisi della finanza pubblica emersa nel 2008. Da questo momento in poi gli interrogativi e le

questioni in realtà già presenti nel dibattito sul sociale negli anni precedenti – quali ad

esempio la sostenibilità dell'impianto dello Stato Sociale, le risorse statali, il senso e la ne-

cessità degli interventi a sostegno sia delle fasce marginali della società che della cittadinan-

za in generale, le modalità nelle quali attuare tali interventi – assumono ora carattere di im-

prescindibilità anche per il progressivo taglio di risorse pubbliche investite nel settore. Trat-

tandosi quindi di una realtà ancora in essere, la presente indagine si basa su analisi che pos-

sono proporre sostanzialmente o una fotografia del reale – come ad esempio gli studi pretta-

mente quantitativi – o interpretazioni che avanzano ipotesi ancora in fase di validazione.

Per tale motivo il presente lavoro, pur mantenendo un'inevitabile quantità di approssi-

mazione, si muoverà tenendo a riferimento principalmente degli studi sociologici ed econo-

mici recenti e in particolar modo un testo che avanza una prima e ampia analisi anche qua-

litativa del terzo settore italiano, il già citato Terzo settore e nuovo welfare in Italia di Luca

Fazzi, pubblicato nella seconda metà del 2013.

Per esigenze di delimitazione del presente lavoro, da questo momento in poi si farà riferi-

mento specificatamente alla realtà della cooperazione sociale.

2.1 la fotografia dell'attuale e gli effetti della crisi

Il momento attuale segna inevitabilmente un passaggio epocale – nel quale è facile ipo-

tizzare una fase di contrazione che per la prima volta interesserebbe la storia della coopera-

zione – ma rappresenta contemporaneamente anche una sfida per la struttura interna della

19

cooperazione sociale; questo sia per quanto riguarda la sua capacità di rinnovamento delle

pratiche di gestione strutturale e reperimento delle risorse economiche sia per quel che con-

cerne l'adeguamento delle strategie di progettualità concreta. Di più, inoltre, la crisi econo-

mica renderà impellente la risoluzione di nuovi bisogni e delle esigenze di una nuova fascia

sociale marginale che fa i conti con il costante alzarsi della soglia di povertà.23

La prima affermazione è motivata dallo stretto rapporto tra il finanziamento pubblico –

in fase di estrema contrazione – e le entrate economiche delle agenzie del terzo settore. In

particolare tutte le analisi economiche esaminate dimostrano come la maggior parte delle

entrate economiche delle cooperative sociali derivano dall'ambito pubblico.24 Parallelamente

si registra una progressiva diminuzione del volume economico destinato al sociale da parte

dell'amministrazione pubblica in linea con la pratica della spending review adottata dal

2012 in poi.25 Il caso esemplare di questa tendenza alla riduzione dell'investimento, non solo

economico ma più propriamente di senso, è la chiusura attuata dal Governo Monti

dell'Agenzia per il terzo settore che rappresentava il tentativo organico di tenere assieme le

varie manifestazioni del privato sociale e di mantenere e avanzare una costante riflessione

sul senso dello stesso settore.

Ciò che cambia quindi è proprio il rapporto tra enti pubblici e privato sociale con, da una

parte, una spinta alla tendenza all'affidamento di contratti di gestione a organizzazioni di

23 «La necessità di riorientare le mission all’interno del Terzo Settore, a seguito degli accresciuti bisogni dellasocietà, in particolare nel campo socio- sanitario, soprattutto in conseguenza dell’invecchiamento della po-polazione e della cronicizzazione invalidante di molte patologie, la crescita delle capacità manageriali dichi ha responsabilità di direzione delle diverse strutture, la necessità di ottimizzare le risorse economiche efinanziarie a disposizione del Terzo Settore, rappresentano la base oggettiva su cui l’universo non profitpuò e deve ancora crescere.» Ricerca sul valore economico del Terzo Settore in Italia 2012, op. cit, p. 5.

24 Per rendere una semplice idea basta considerare, a titolo esemplificativo, che «circa il 72% del valore delleentrate delle cooperative sociali derivavano, sia nel 2003 che nel 2005, da fonte pubblica, in particolare perle cooperative di tipo “A” (73%) rispetto a quelle di tipo “B” (53%).» Ricerca sul valore economico del Ter-zo Settore in Italia 2012, op. cit., p. 15. Per maggiori dettagli cfr. SALVATORI G. (2012), La cooperazione aitempi della crisi, Euricse Working Paper, N.037 | 12 e ZANOTTI A. (2013), Le performance delle cooperati-ve di servizi durante la crisi: un’analisi nel periodo 2009-2011, Euricse Working Paper n. 51 | 13 e Le coo-perative sociali in Italia - Anno 2005 in “Informazioni” n. 4, ISTAT, Roma, 2008.

25 Anche in questo caso gli studi sono concordi sulla tendenza riduttiva. A titolo di esempio si consideri che«L’Ifel ha calcolato che per ottenere lo sforzo finanziario richiesto per il 2012 interamente da riduzioni dispesa i Comuni dovranno tagliare la funzione sociale tra il 12,7 e il 13,5% (Ifel, 2011). » GORI C., Quale fu-turo per il welfare? Le politiche sociali tra prospettive di sviluppo e delega assistenziale. Un’analisi a parti-re dai dati in “WOL - welfare on line”, Associazione Nuovo Welfare , Anno VIII, Numero 1, Roma, Gen-naio 2012

20

grandi dimensioni – alla luce della loro capacità di gestione di molte delle funzioni che

l'amministrazione pubblica tende ad esternalizzare – e d'altra parte alla riduzione della du-

rata di tali contratti con l'inevitabile effetto di provocare il puro mantenimento del servizio

in essere. Il tutto però porta ad un impoverimento per mancanza di significativa prospettiva

futura, della possibilità di investimento anche da parte dei soggetti del terzo settore.

In estrema sintesi,

“l'impatto del cambiamento delle politiche del welfare dei servizi, non riguarda solo i tagli aiservizi, ma anche la rappresentazione più generale del ruolo del terzo settore nei processi di ri -forma. […] Il quadro che si profila è quello della definitiva fine del ciclo espansivo del terzo set-tore italiano spinto falle politiche di esternalizzazione negoziate dai servizi con gli Enti Locali ela sua sostituzione con uno scenario di forte deregulation caratterizzato da livelli crescenti diincertezza.”26

2.2 l'innovazione come via di uscita

Dalla panoramica proposta nel primo capitolo emerge come alle origini del terzo settore

sia stata presente una capacità di innovazione attuata in un ambiente poco strutturato e di

conseguenza proprio tale caratteristica rendeva necessaria una cifra operativa di invenzione

e di approccio multiprospettivo. Questo sembrerebbe essere il primo aspetto da tener conto

nell'ipotizzare le possibili vie di uscita da una situazione che attualmente vede la coopera-

zione sociale aver assunto, in alcuni casi, ridotte capacità di ridefinizione strutturale e di

adeguamento della propria attività ai bisogni odierni.

Tale prospettiva di ridefinizione ed adeguamento passa sia attraverso una riflessione sul

valore ideale e motivazionale della cooperazione che possa riproporre le spinte presenti nel

momento pioneristico, sia attraverso la più concreta adozione di strategie pratiche e modali-

tà operative adatte al contesto attuale. Entrambi gli aspetti sono stimati essere parimenti

importanti da chi scrive ma per necessità di sintesi nel presente lavoro verrà approfondito

maggiormente il secondo tralasciando la descrizione particolareggiata del primo.27

26 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., pp. 45-46.27 Per delineare alcuni dei tratti tralasciati al presente lavoro e avere una prima e sintetica visione, anche ri-

guardo a posizioni che guardano a diverse culture di riferimento, circa il dibattito attuale si invita a con-frontare i documenti: SALVATORI G. (2012), La cooperazione ai tempi della crisi, op. cit. e Le sfide e il nuo-vo ruolo delle cooperative di Legacoop, SWG, Trieste, 2011.

21

Che la facoltà di innovazione e di adeguamento al contesto sia uno degli attributi conge-

niti della cooperazione è una tesi sostenuta da vari studi benché non ci sia unanimità

nell'adozione della stessa tesi. Sostiene Stefano Zamagni che

«Le cooperative sono soggetti orientati a risolvere problemi collettivi. Esse si sono diffuse e han-no resistito ai cambiamenti economici perché godono di alcuni vantaggi specifici rispetto alleimpresa di proprietà degli investitori svolgendo ruoli che queste ultime non riescono o non sonodisposte a svolgere […] numerose politiche pubbliche sono state realizzate attingendo alle inno-vazioni pioneristiche e alle relative sperimentazioni realizzate dalle cooperative e dalle società dimutuo soccorso»28

Un'organizzazione cooperativa, tanto più essa risulta vicina al modello cooperativo idea-

le, avrebbe così una maggiore facilità di riformulare le proprie modalità di operare e ciò in

virtù sia della maggior spinta motivazionale dei propri membri29, sia della cultura30 organiz-

zativa di democraticità interna.

In una simile logica, dando quindi per postulata la capacità del terzo settore di innovarsi,

può essere quindi produttivo prendere a riferimento i risultati della ricerca nazionale con-

dotta da Luca Fazzi nel testo sopracitato per evidenziare le modalità nelle quali tale capacità

innovativa, se presente, trova realizzazione; la prospettiva attuata intende il processo inno-

vativo come “capacità di introdurre degli elementi di novità rispetto al modo consolidato di

operare”.

In tale ottica vengono definite quattro principali tipologie di innovazione (che possono

coesistere contemporaneamente all'interno di settori diversi di una stessa organizzazione):

a) Innovazione incrementale. Si basa su un processo di miglioramento continuo e per

piccoli passi dei processi di produzione dei servizi consolidati. In questo caso dunque

28 ZAMAGNI S., L'importanza delle cooperative in BORZAGA C., GALERA G. (a cura di), “Il contributo dellecooperative per un mondo migliore. Riflessioni della comunità scientifica”, Euricse, Trento, 2012, p. 7.

29 In un'organizzazione nella quale i membri risultano maggiormente motivati è più facile che emerganonuove strategie per risolvere i problemi in quanto possono godere di una “capacità di risolvere problemisociali facendo leva sugli incentivi immateriali del lavoro anche in presenza di risorse economiche e mate-riali contingentate. In parallelo, il calo dei lavoratori motivati tende a fare aumentare il coordinamento ditipo gerarchico, con conseguente impatto sulla capacità dell'organizzazione di incentivare l'innovazione.”FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 68.

30 Cultura intesa nel suo senso, che in questo caso vale ricordare, definito da Edgar Schein come “Insiemecoerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato, imparando adaffrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna e che hanno funzionato abba-stanza bene da poter essere considerati validi e perciò tali da essere insegnati ai non membri come il modocorretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi” in FERRANTE M., ZAN S., Il fenomenoorganizzativo, Carocci Editore s.p.a., Roma, 1998, p. 103.

22

il target dei beneficiari non si modifica: a cambiare sono le procedure, le tecnologie e

i modelli attraverso i quali i servizi sono erogati.

b) Innovazione espansiva. Si basa sull'estensione di un servizio o di un'attività già svol-

ta in un nuovo territorio oppure l'ampliamento del gruppo di utenti seguiti da un de-

terminato servizio. Dunque il tipo di attività scelte così come le caratteristiche degli

utenti rimangono eguali o molto simili mentre l'innovazione riguarda lo svolgimento

di una certa attività in un nuovo ambito territoriale o la fornitura di prestazioni a

nuovi beneficiari. Tale forma è associata ad un aumento delle dimensioni dell'orga-

nizzazione e ad un aumento delle complessità gestionale e organizzativa.

c) Innovazione evolutiva. Si attua quando i vecchi servizi vengono portati ad un “salto

evolutivo” caratterizzato da elementi di continuità con il passato per quanto riguarda

la tipologia e le caratteristiche dei beneficiari dei servizi ma da elementi di disconti-

nuità rispetto alla configurazione del problema o del bisogno.

d) Innovazione totale. Si basa sulla discontinuità con il modo consolidato di lavorare e

con le tipologie di utenza a cui sono rivolti i servizi. L'innovazione totale porta con

sé una riorganizzazione o una nuova organizzazione dei servizi o di parti di attività

dell'organizzazione ma soprattutto una riformulazione dei problemi e delle situazioni

che si intendono affrontare attraverso l'azione organizzativa.

Per completare il quadro è necessario accostare a queste un'ultima categoria che permet-

te di rimandare un'immagine completa della realtà. Non è dunque banale dover considerare

una quinta tipologia di innovazione che si caratterizza per un agire governato dalla comple-

ta assenza di innovazione. Questo aspetto non ha solo un valore di considerazione speculati-

va ma rappresenta una parte considerevole del fenomeno cooperativo se si considera che il

33% del campione misurato dalla ricerca citata rientra in questa categoria.

La sfida dell'innovazione si rivela quindi, come già approfondito, cruciale per un settore

che si trova a dover operare in un contesto mutato e mutevole e che, in alcuni casi, conta

soggetti dotati di una propria storia e di una propria cultura ormai stabilizzate nonché di or-

ganizzazioni nelle quali le dimensioni strutturali ed organiche vantano una portata notevol-

mente consistente.

23

In tale discorso di cambiamento non va trascurato quindi il fatto per il quale un'organiz-

zazione che si trova nella necessità di innovare deve fare i conti necessariamente anche con

l'elemento della resistenza interna al cambiamento. Un simile fattore è presente in maniera

insita nelle realtà umane e dunque anche nelle organizzazioni produttive, tanto più quando

queste si basano su persone e legami relazionali. Per rendere efficace un processo di cambia-

mento infatti è necessario che l'organizzazione metta in campo delle forze che attuino tali

cambiamenti e che siano sufficientemente potenti da superare le spinte di resistenza interna;

per una tale operazione acquistano quindi importanza sia la storia dell'organizzazione stessa

– l'imprinting operativo – che l'importanza delle motivazioni che muovono lo sforzo inno-

vativo. In un campo nel quale il profitto non è l'unico valore di riferimento tali motivazioni

interne non sono solo la mera utilità dei membri dell'organizzazione ma, e sopratutto, ele-

menti come la mission, la vision, i piani valoriali condivisi ed i destinatari del proprio opera-

re.31

In base a tale considerazione acquista maggiore utilità poter disporre di un'ulteriore gri-

glia valutativa della dimensione ideale che muove una cooperativa sociale.

2.3 non solo innovazione strutturale ma anche di significato: l'attenzione ai valori diinclusione sociale

Da quanto concluso nel paragrafo precedente, emerge come accanto alla questione di ri-

definizione strutturalmente operativa – la quale comunque non sottintende necessariamente

il mantenimento della mission generale del terzo settore – può essere utile considerare

quanto le modalità di azione rimangano legate all'inclusione sociale e alla giustizia; questo

perché solo mantenendo tali direttive la cooperazione sociale può continuare ad agire con le

peculiarità che le sono proprie e che le permettono un maggiore adattamento all'ambiente

ed al contesto.

Infatti,

31 Le osservazioni qui presentate in maniera sintetica trovano ampia dissertazione nel capitolo “Come cam-biano le organizzazioni” in FERRANTE M., ZAN S., Il fenomeno organizzativo, op. cit., pp. 215-248.

24

«le spinte valoriali che avevano animato il terzo settore negli anni '70 e '80 hanno trovato daldecennio successivo un proprio punto di approdo nella costituzione di un sistema di welfare deiservizi riconosciuto a livello legislativo e politico ampiamente finanziato con risorse pubbliche.[…] Da fautrici di un maggiore livello di inclusione del welfare, molte organizzazioni di terzosettore sono diventate quindi erogatrici specializzate di servizi. Se e quanto questa nuova confi-gurazione abbia modificato le tensioni verso i valori di giustizia e inclusione sociale del terzosettore e in particolare delle organizzazioni impegnate nella fornitura di servizi non è stato finoad oggi oggetto di approfondimento» 32

Tale aspetto è di fondamentale importanza nel momento in cui proprio la cooperazione

sociale sta cercando nuove strade di intervento, di mantenimento delle proprie posizioni di

sostenibilità economica e soprattutto di lettura del reale per intercettare quelle fasce sociali

portatrici di nuovi bisogni che non possono venir intercettate né dalla sfera pubblica né dal-

le aziende puramente forprofit.33

Sotto quest'ottica si possono definire quattro categorie che complessivamente misurano il

quadro della percezione del lavoro sociale inteso come inclusione e promozione della giusti-

zia sociale. Queste categorie sono:

a) Cooperative lavoriste. La cultura di riferimento pone in primo piano gli interessi dei

soci lavoratori e vede l'azione della cooperativa funzionale al soddisfacimento degli

stessi. La dimensione economica – con l'obiettivo di un ritorno economico e occupa-

zionale – risulta prevalente rispetto alla tensione verso la risposta a bisogni non sod-

disfatti o a situazioni di esclusione e diseguaglianza sociale. Per queste ragioni dimo-

strano un certo dinamismo imprenditoriale.

b) Cooperative deleganti. Riconoscono l'esistenza di problemi di disuguaglianza e di

difficoltà di risposta ai bisogni ma attribuiscono la responsabilità di tali difficoltà di

intervento a soggetti esterni. Risultano essere quelle a minor livello di dinamismo

imprenditoriale, rispondono con difficoltà al cambiamento e sono legate in maniera

marcata al finanziamento pubblico.

c) Cooperative responsabili. Percepiscono come rilevante il problema della giustizia e

dell'inclusione avendo cura di difendere i beneficiari attuali dei loro servizi e affron-

tano tali questioni attraverso lo sforzo attivo di riorganizzazione delle attività per

32 FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, op. cit., p. 94.33 Cfr. SAPELLI G., Coop. Il futuro dell'impresa cooperativa, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2006, pp. 65-76.

25

garantire un medesimo livello di fornitura di servizi, anche in presenza di meno ri-

sorse economiche. In questa categoria rientrano anche le cooperative che operano

per garantire l'accesso a utenti particolarmente svantaggiati rinunciando a possibili

utili.

d) Cooperative interventiste. Come le precedenti percepiscono l'urgenza di operare a

favore della giustizia e dell'inclusione ma intendono il loro spettro di azione a tre-

centosessanta gradi, assumendo dunque una nuova funzione pionieristica nella for-

nitura di nuovi servizi rivolti a persone che si trovano in una condizione di esclusio-

ne o di rischio concreto di marginalizzazione sociale. In questo modo operano antici-

pando o sostituendo la propria azione a quella del soggetto pubblico in maniera ana-

loga a quanto accadeva nella prima fase di sviluppo del nuovo welfare.

Entrambe le griglie di analisi proposte dalla ricerca attuata da Luca Fazzi possono quindi

concorrere alla definizione di un sistema di osservazione rapida che permetta di confrontare

degli elementi di una cooperativa sociale con i risultati induttivi e generici ottenuti da

un'indagine svolta su larga scala nazionale.

26

CAPITOLO TERZOun'applicazione pratica dello strumento di ricerca: analisi della cooperativa sociale Thiel

3.1 premessa metodologica e strumenti di analisi

Come già anticipato nella sezione introduttiva, il presente lavoro parte dall'intenzione di

utilizzare un sistema di rilevazione e di ricerca già sperimentato su un vasto campione per

applicare quindi tale sistema ad una realtà particolare. Scopo di un simile procedimento è

l'utilizzo di uno strumento di lettura del reale che vada a definire alcuni tratti che, in sede di

analisi, possano essere rapportati con quelli generali a carattere nazionale, producendo in

questo modo alcuni riscontri che potrebbero risultare utili per una rapida determinazione di

alcuni aspetti di una cooperativa sociale particolare.

L'analisi svolta sulla realtà della cooperativa Thiel è stata basata utilizzando e rielaboran-

do dati ricavati attraverso fonti documentali – il bilancio sociale relativo agli anni 2010,

2011, 2012 e redatto dalla cooperativa stessa nonché i riferimenti statutari – e indagini di-

rette quali forme di osservazione partecipata e questionari. In particolare si è seguito un

percorso che è partito dalle prime fonti per definire gli elementi indicatori ricercati e in se-

guito, grazie alla seconda tipologia di fonti, si è proceduto ad un approfondimento di quei

dati che nella prima fase di analisi necessitavano di maggior chiarezza.

Per quanto riguarda la determinazione degli strumenti di analisi, si è proceduto, ancora

una volta, prendendo a riferimento la ricerca già citata, ricerca nella quale vengono propo-

ste alcune serie di caratteristiche da tener in considerazione per costruire un particolare mo-

dello di analisi del reale; questo attraverso il riguardo agli aspetti di innovazione operativa e

della visione praticata circa l'inclusione sociale e la promozione della giustizia sociale. Le di -

verse griglie di analisi hanno preso in considerazione gli aspetti riportati nelle seguenti ta -

belle nelle quali vengono già compresi i risultati emersi dalla ricerca citata ed utilizzati a ri-

ferimento finale.

27

Tabella 1 – tipologia e qualità dell'innovazione

incrementale espansiva evolutiva totale

tipologia di cooperativa

varie varie varie > di inserimentolavorativo

settori di attività tradizionali tradizionali tradizionali prevalentementenuovi

anno di fondazione > prima del 2000 > prima del 2000 > prima del 2000 > dopo il 2000

leve dell'innovazione > esterna > esterna > partnership > partnership

risorse dell'innovazione

> pubbliche > pubbliche > pubbliche varie

impatto dell'innovazione

mediamente rilevante mediamente rilevante mediamente rilevante mediamente rilevante

ambiente operativo vario > competitivo > collaborativo > collaborativo

dimensioni medie medio grandi medie medio piccole

ciclo di vita > maturo > maturo maturo e in crescita > in crescita e giovani

ambito territoriale > locale > sovralocale > locale > locale

livello strutturazione organizzativa

medio elevato elevato medio elevato medio

situazione economica > positiva > positiva > positiva > positiva

governance varia > lavoratori varia > multistakeholder

competenze interne > sociali sociali e manageriali > sociali imprenditoriali

lavoratori > retribuiti retribuiti > retribuiti > retribuiti

modello di management

vario > meccanico vario > organico

cultura organizzativa > pubblica varia > parapubblica > imprenditoriale

rete di capitale sociale territoriale

varie ridotte medio elevate medio elevate

livello di networking produttivo

variabile variabile medio elevato medio elevato

tipologia di network produttivi

> omogenei e locali > omogenei esovralocali vari e locali > eterogenei e locali

28

Tabella 2 – tipologia e qualità dell'attenzione ai Valori di riferimento

lavoriste deleganti responsabili interventiste

criterio principale di giustizia

tutela dei soci lavoratori

soddisfazione deibisogni attraverso lo

svolgimento delleattività previste dai

contratti

impegno alla tutela deibeneficiari dei servizianche attraverso la

rinuncia a parti di utile

orientamento esplicitoalla autonoma risposta abisogni inevasi o insod-

disfatti

solidità organizzativa medio alta medio bassa media media

solidità economica media medio bassa media media

capacità di risposta ai nuovi bisogni

media mapreferenzialmente a

pagamentobassa medio bassa medio alta

modello produttivo multiservizio prevalenzamonoservizio multiservizio multiservizio

modello di governance solo lavoratori misto con volontari maa prevalenza lavoratori

misto con volontari maa prevalenza lavoratori > multiscakeholder

basi sociali solo lavoratori miste a prevalenzalavoratori

miste a prevalenzalavoratori miste

ruolo del volontariato marginale a livellooperativo

presente nellagovernance e a livello

operativo

presente a livellooperativo e meno nella

governance

presente nella governan-ce e meno a livello ope-

rativo

modello organizzativo > meccanici vari vari > organici

ambito di intervento > provinciale osovraprovinciale

> comunale osovracomunale

> comunale osovracomunale

> comunale o sovraco-munale

settori di attività > sociosanitario sociosanitario sociosanitario sociosanitario e sanita-rio

culture organizzative varie parapubbliche miste a prevalenzaparapubblica > imprenditoriali

progettazione > interna interna > interna > collaborativa

autonomia progettuale medio alta medio bassa medio alta medio alta

capacità di networking media medio bassa media medio alta

integrazione dei sistemi di produzione

media con altrecooperative sociali medio bassa media con altre

cooperative sociali

medio alta anche con al-tri soggetti forprofit e

nonprofit

reti di capitale sociale basse medie medio alte medio alte

dipendenza dal pubblico

medio alta alta medio alta media

capacità di coordinamento con reti comunitarie

medio basso medio basso medio medio

orientamento al mercato

medio basso medio basso medio basso

29

3.2 inquadramento generale e descrizione della cooperativa Thiel

Dal punto di vista storico, “Thiel società cooperativa sociale ONLUS” – denominazione

ufficiale dell'oggetto della presente analisi – viene costituita il 22 ottobre 2001 dietro stimolo

da parte del Dipartimento di Salute Mentale dell'A.S.S. n. 5 per trovare nuove risposte ai bi -

sogni delle persone con disturbi mentali, con un particolare riferimento alla comunità terri-

toriale della Bassa Friulana. Dalla modalità di costituzione quindi si può rilevare come il

soggetto cooperativo nasce all'interno di una situazione nella quale l'innovazione è un tratto

caratteristico mentre il rapporto con l'ente pubblico risulta di tipo fiduciario e in linea con

alcune tendenze sottolineate nei capitoli precedenti. In tale discorso vale la pena sottolinea-

re non solamente come un imprinting di tale tonalità sia un dato importante ai fini della

cultura organizzativa ma anche come Thiel venga costituita portando con sé un altro tratto

già rilevato per altre cooperative sociali, vale a dire la vocazione territoriale ed il legame con

la comunità locale come primo riferimento dell'azione.

Per ciò che concerne alcuni aspetti circa l'orientamento operativo (mission), la cooperati-

va si fonda sull'intenzione di favorire l’integrazione positiva e dinamica tra individuo e am-

biente mirando così ad uno sviluppo dell’uomo e della società che possa rispettare e pro-

muovere la persona umana in tutte le sue dimensioni. Questo per arrivare, infine, alla pro-

mozione stessa di un'economia locale che contenga i tratti della protezione sociale e dello

sviluppo del capitale sociale anche attraverso un'attività a carattere imprenditoriale che dia-

loghi con i vari stakeholder e ne integri gli interessi.

L'operatività è mossa verso la prospettiva futura (vision) della creazione di un welfare co-

munitario come sistema di protezione e sviluppo sociale partendo dal postulato che intende

la comunità come insieme di persone capaci di mettersi assieme a partire dai bisogni – pro-

pri e altrui – in un percorso che valorizzi le relazioni, la cultura del dono all’altro e non sia

caratterizzato dal mero scambio “commerciale” tra bisogni e servizi. Un percorso quindi che

integri e non mantenga separate le politiche sociali da quelle economiche e di sviluppo.

Infine, a chiusura dell'inquadramento generale, la cooperativa Thiel indica come propri

Valori di riferimento la dignità ontologica della persona nella cui accezione la persona stes -

sa è intesa come Valore in sé irriducibile ad altri scopi, essere speciale sempre e comunque,

30

con le sue risorse ed i suoi bisogni. Le relazioni ed i legami che la persona costruisce – e che

a sua volta costituiscono la cooperativa – uniti al bisogno e la capacità di produrre assieme

ad altri formano il bene comune. Tale valore si esprime attraverso la sussidiarietà, la solida-

rietà, la cooperazione come modello imprenditoriale, il radicamento comunitario.

In maniera generalizzante, quanto sopra descritto viene concretizzato tramite modalità

operative quali: promozione dell’auto-organizzazione delle persone nonché delle famiglie e

delle comunità del territorio; l'offerta di servizi ed attività che promuovano e realizzino il

ruolo attivo dell’utente rendendolo protagonista della progettazione individualizzata degli

interventi; l'interpretazione dello sviluppo che, ponendo attenzione prioritaria ai soggetti

più deboli, mantenga collegati i contesti socio-assistenziali e quelli imprenditoriali; il perse-

guimento di un sistema di gestione con criteri imprenditoriali in cui il profitto non rappre -

senti l’obiettivo ma lo strumento che soddisfa i bisogni della persona; la promozione del

cambiamento della logica cliente-fornitore nelle relazioni con l’ente pubblico per realizzare

un rapporto basato sulla co-progettazione e co-gestione di servizi ed interventi; la costruzio-

ne di partenariati stabili con i diversi portatori di interesse del territorio, in particolare con

le istituzioni pubbliche e con le altre realtà del terzo settore, utilizzando luoghi e strumenti

di partecipazione alla definizione delle politiche di sviluppo socio-economico; il coinvolgi-

mento delle risorse formali ed informali espresse dalle comunità locali in un progetto unita -

rio e condiviso, in cui i compiti e le responsabilità di ciascuno siano determinate e recipro-

camente valorizzanti e la progettazione e realizzazione di ogni intervento nella logica del

minor impatto e del maggiore sostenibilità complessiva nei confronti dell’ambiente naturale.

La composizione dell'organico vede presenti, nel 2012, 84 soci34 di cui 59 lavoratori35 (tra

cui 4 svantaggiati ai sensi della Legge 381/91) e 15 volontari. Per quanto riguarda la forza

lavoro, questa vede la netta prevalenza di contratti di lavoro stabili (40 a tempo indetermi -

nato e 17 a tempo determinato) e di impiego a tempo parziale (43 part-time e 14 full-time).

Il turn-over dei lavoratori ammonta al 17,46% mentre la provenienza territoriale registra

34 Il riferimento all'ultimo triennio vede questo dato in crescita: i soci erano 47 nel 2010, 65 nel 2011.35 Tutti i soggetti che collaborano con la cooperativa sulla base di qualsiasi contratto di lavoro previsto per

legge e che forniscono la propria prestazione lavorativa a fronte di una retribuzione.

31

una cospicua maggioranza dei soci (80,96%) residente nel territorio nel quale opera la coo-

perativa. L'età dei soci si attesta principalmente (57,30%) nella fascia tra i 26 e i 45 anni.

La governance dell'organizzazione prevede tre attori principali, vale a dire l'Assemblea

dei Soci, il Consiglio di Amministrazione (la cui maggioranza dei componenti è costituita da

soci o persone indicate da questi) che ha poi il compito di scegliere il Presidente a cui sono

affidate sia la funzione di rappresentanza istituzionale che quella di mantenere unita e coe-

rentemente orientata la compagine sociale. I momenti nei quali questi attori hanno facoltà

di esprimere il proprio diritto di voto sono l'Assemblea – Ordinaria o Straordinaria – dei

Soci ed il Consiglio di Amministrazione. Accanto a queste modalità di espressione del go-

verno sono inoltre previsti dei “Tavoli di Consultazione”: vale a dire dei momenti di consul-

tazione di tutti i soci rispetto a temi generali della cooperativa oppure di consultazione di

una sola parte degli stessi soci qualora il tema sia di interesse solo per singole aree. Tali con-

sultazioni – che non assumono il carattere formale di assemblee anche se i loro esiti poi

possono venir recepiti dalla stessa Assemblea o Consiglio di Amministrazione – consentono

concretamente e democraticamente ai soci ed anche ad altri stakeholder interessati – a par-

tire dai familiari dei soci stessi – di conoscere, comprendere e partecipare alla sfera decisio-

nale.

Nella definizione delle tipologie di stakeholder vengono individuate due categorie: interni

(soci lavoratori, soci svantaggiati, soci fruitori, soci volontari, lavoratori dipendenti non soci

e altri collaboratori quali volontari in SCN o tirocini) ed esterni (clienti, committenti, utenti,

beneficiari, fornitori, sostenitori finanziari, pubblica amministrazione, comunità locale, part-

ner vari, mezzi di informazione e ambiente generale). Dall'analisi dei dati risulta comunque

come la qualità della relazione intessuta con le diverse tipologie di portatori di interesse as -

sume tonalità diverse a seconda della tipologia considerata: aumenta cioè di grado a secon-

da della vicinanza del portatore di interessi con la cooperativa fino a raggiungere il grado

massimo per la categoria definita di stakeholder interni oltreché per i beneficiari stessi dei

servizi.

32

La situazione economica della cooperativa Thiel nel 2012 trova un patrimonio netto di

52˙133 €36 con un incremento del 9,23% rispetto all'anno precedente mentre il volume della

produzione economica è stato di 1˙418˙493 € con un incremento del 34,75%37 rispetto al

2011. La maggior parte delle uscite (61%)38 è rappresentata dalla voce “costo del personale”.

L'investimento economico nell'ultimo triennio è stato di 355˙268,78 € mentre un dato signi-

ficativo nella prospettiva di attenzione all'innovazione risulta essere quello relativo alla spe-

sa sostenuta per la formazione e la qualificazione delle risorse umane: tale voce comprende

sia la spesa per la formazione obbligatoria (6˙037,20 €) che quella per la formazione specifi-

ca; quest'ultima si attesta su un valore di poco inferiore (4˙822,24 €). Per chiudere il quadro

economico, il dato che si rivela più adatto alla riproduzione e la definizione in termini con-

tabili e sociali dell'impatto operato dalla gestione aziendale sul tessuto socioeconomico in

cui la cooperativa opera è rappresentato dal valore aggiunto quantificato nel 2012 in

609˙075,44 €.39

Per quanto riguarda infine le attività in essere delle quali si occupa la cooperativa Thiel,

queste si aprono sia alla prestazione di servizi alla persona (tipologia A delle cooperative

sociali) sia all'attività d'impresa (tipologia B); entrambe le aree di attività operano in siner-

gia e interconnessione pur essendo prevalente la prima tipologia.

Nel dettaglio le aree di intervento interessate sono, per la categoria di “tipo A”, la riabili -

tazione psico-sociale di persone con malattia mentale e disabilità, i servizi socio-educativi

verso minori e i servizi assistenziali; queste possono contare su unità produttive che opera-

no rivolte principalmente alla pubblica amministrazione ma anche, in maniera minore, a

privati. Un dato interessante riguarda la modalità con la quale il più corposo, in termini

economici, di tali servizi viene gestito: vale a dire tramite una modalità di co-progettazione

assieme alle Aziende per i Servizi Sanitari. Si tratta quindi di un rapporto che garantisce

maggior parità progettuale e più ampio spazio di impresa rispetto alla mera logica della con-

cessione per gara di appalto al ribasso. Altro dato interessante è il fatto che la cooperativa

Thiel può far affidamento anche a tutta una serie di strutture e tecnologie di proprietà cosic -

36 Tale valore era 39˙485 € nel 2010 e 47˙321 € nel 2011.37 Tale valore era 576˙274 € nel 2010 e 1˙052˙704 € nel 2011.38 Tale valore era il 67% nel 2010 e il 52% nel 2011.39 Tale valore era 304˙247,38 nel 2010.

33

ché il valore aggiunto ai progetti finanziati con risorse pubbliche non venga rappresentato

solamente da un eventuale abbassamento dei costi.

Per quanto riguarda infine le attività di impresa di “tipo B”, queste si sviluppano attraver-

so la gestione di una riserva naturale e di tutto quello che una tale attività commerciale

comporta (fino al 2012) ma anche attraverso attività commerciali quali la prestazione di ser -

vizi di grafica, di sviluppo della comunicazione e l'organizzazione di eventi, il noleggio di

sale multifunzionali, la gestione di un'azienda di agricoltura sociale, di laboratori artigianali,

di un negozio di vendita e assistenza informatica, di un centro di aggregazione giovanile e

di un centro informagiovani.

3.3 risultati dell'applicazione dello strumento di analisi

Andando nel dettaglio ad applicare le griglie di osservazione indicate in § 3.1 i risultati

ottenuti sono stati:

Tabella 3 – tipologia e qualità dell'innovazione riscontrata

descrizione sintetica dei caratteri definizione riferimentigenerali40

tipologia di cooperativa tipologia plurima a prevalenza di prestazione di servizi plurima I, Es, Ev

settori di attività

riabilitazione psichiatrica, disabilità adulti, assistenza,area minori, trasporti per persone con problemi di di-sabilità, equipe multiprofessionale, inserimento lavorati-vo.

tradizionali I, Es, Ev

anno di fondazione 2001 dopo il 2000 T

leve dell'innovazione

l'innovazione viene avviata principalmente da spinteinterne, soprattutto dei singoli soci in collaborazionecon soggetti esterni.

principalmenteinterne coneventuali

partnership

risorse dell'innovazione

sia interne (come del caso degli investimenti effettuati)che di provenienza esterna, principalmente pubblicacome nel caso di richiesta di contributi economici.

varie T

impatto dell'innovazione

nell'ultimo triennio aumento sia dei soci e soci lavorato-ri che del fatturato, nonché di attività sperimentali ed

mediamenterilevante

I, Es, Ev, T

40 La presenza di tale colonna serve a comparare il carattere individuato per la cooperativa Thiel della colon-na precedente con la presenza dello stesso carattere nelle tipologie di innovazione presenti nei risultatidella ricerca nazionale presa a riferimento. I=incrementale; Es=espansiva; Ev=evolutiva; T=totale.

34

innovative e di tipologie di attività.

ambiente operativo

fa parte del Consorzio “il Mosaico” che raggruppa 15cooperative sociali. Per particolari servizi opera anchein forme temporanee consortili. La politica generale èquella di non intervenire con ottica competitiva in con-testi già in carico ad altri soggetti. Frequenti sono co-munque le attività svolte in collaborazione con realtà eassociazioni del territorio.

collaborativo Ev, T

dimensioni cfr § 3.2 medie I, Ev

ciclo di vita

la cooperativa può contare sia su una struttura organiz-zativa già collaudata negli anni precedenti ma lo svilup-po recente denota ancora margine di crescita e matura-zione.

maturo e increscita Ev

ambito territoriale

nata all'interno di un contesto locale, mantiene il lega-me con lo stesso ma nel tempo ha allargato il propriooperare ad un contesto più esteso (provincia di Gorizia eBassa Friulana) ma circoscritto ad un territorio nel qua-le le relazioni con e tra i soci non trovano difficoltà do-vute alla distanza.

locale I, Ev, T

livello strutturazione organizzativa

la struttura organica opera in sinergia con le strutturedel consorzio “Il Mosaico” ma conserva un livello taleper il quale gli organi rappresentativi e gestionali posso-no mantenere una visione particolareggiata del com-plesso delle attività.

Medio T

situazione economica cfr § 3.2 positiva I, Es, Ev, T

governance

nella sezione “Area della Governance” vengono individuaticome attori della governance: Assemblea dei soci, Consi-glio di Amministrazione, presidente con un riferimento alconsorzio “Il Mosaico” che in questo caso rappresenta unportatore di interesse esterno. L'espressione del C.d.A è amaggioranza di rappresentanti dei soci ma può essereaperto anche ad esterni. Tuttavia è prevista una forma dicoinvolgimento anche di stakeholder esterni attraverso lapresenza di “Tavoli di consultazione” nei quali gli interessidi esterni vengono tenuti, appunto, in forma consultiva.

varia I, Ev

competenze interne

le competenze interne sono principalmente sociali manegli anni ci sono stati sforzi per dotare di competenzemanageriali alcuni soci della cooperativa proprio nellaconsiderazione che competenze manageriali siano indi-spensabili.

sociali I, Ev

lavoratori la maggioranza dei soci è costituita da soci-lavoratorima quasi un terzo dei soci risultano volontari.

inmaggioranza

retribuitiI, Ev

modello di management

gli obiettivi dell'organizzazione vengono programmatiall'interno dell'area ristretta del sistema di governo (CdA)ma gli obiettivi delle varie unità produttive sono stabiliti incoordinazione con i lavoratori. Alcuni delle strategie inoltre

vario Ev

35

sono definite dal CdA del Consorzio di cui Thiel fa parte epoi a quest'ultima delegate.

cultura organizzativa

integrazione di entrate di mercato con entrate pubbli-che. Ricorso a rapporti non solamente prestazionali maanche di parità progettuale.

parapubblica Ev

rete di capitale sociale territoriale

il legame con il territorio locale è significativo: la rete direlazioni intessute dall'organizzazione è approfondita esi estende in ambito locale e regionale in diversi ambiti.

medio elevate Ev, T

livello di networking produttivo

nel corso dello svolgimento delle attività della coopera-tiva si possono contare una settantina di soggetti. I rap-porti di partenariato sono considerati uno degli elementivitali della cooperativa.

medio elevato Ev, T

tipologia di network produttivi

i soggetti individuati appartengono sia alla sfera pubbli-ca che privata, con prevalenza quantitativa della secon-da specie e qualitativa della prima.

eterogenei elocali T

Tabella 4 – concezione e messa in pratica del concetto di giustizia sociale

descrizione sintetica dei caratteri definizione riferimentigenerali41

criterio principale di giustizia

l'attenzione alla sostenibilità economica viene prati-cata contemporaneamente all'attenzione alla tutela della qualità del servizio proposto anche nell'ottica di coprire eventuali perdite di servizi che prevedonol'assunzione di lavoratori svantaggiati nell'ottica di mantenimento del posto di lavoro di quest'ultimi.

impegno alla tuteladei beneficiari dei

servizi ancheattraverso la

rinuncia a parti diutile

R

solidità organizzativa cfr § 3.2 media R

solidità economica

la gestione economica prevede un controllo diviso per centri di costo per il monitoraggio della situa-zione economica e la sostenibilità delle unità opera-tive in maniera tale da poter valutare anche la pos-sibilità di intervento a sostegno di quelle che risul-tano deficitarie ma di interesse agli obiettivi gene-rali della cooperativa.

media L, R, I

capacità di risposta ai nuovi bisogni

la cooperativa attua un modello operativo rivolto principalmente verso le tipologie “tradizionali” di beneficiari ma non nei confronti di quelle che ven-gono definite “nuove” tipologie di marginalità so-ciale.

medio bassa R

41 La presenza di tale colonna serve a comparare il carattere individuato per la cooperativa Thiel della colon-na precedente con la presenza dello stesso carattere nelle tipologie di innovazione presenti nei risultatidella ricerca nazionale presa a riferimento. L=lavoriste; D=deleganti; R=responsabili; I=interventiste.

36

modello produttivo cfr § 3.2 multiservizio L, R, I

modello di governance

nella sezione “Area della Governance” indicata neldocumento di Bilancio Sociale vengono individuaticome attori della governance: Assemblea dei soci,Consiglio di Amministrazione, presidente con unriferimento esterno al consorzio “Il Mosaico”.L'espressione del C.d.A è a maggioranza di rappre-sentanti dei soci ma può essere aperto anche adesterni. Tuttavia è prevista una forma di coinvolgi-mento anche di stakeholder esterni attraverso lapresenza di “Tavoli di consultazione”.

misto convolontari ma a

prevalenzalavoratori

D, R

basi sociali

pur rappresentando i soci lavoratori una parte con-siderevole (e dunque prevalente) della composizionedella cooperativa, questa opera anche in relazione con i portatori di interesse sopratutto con i destina-tari dei servizi come ad esempio i familiari di alcu-ne tipologie di beneficiari.

miste I

ruolo del volontariato

i soci volontari rappresentano circa un terzo del complessivo numero di soci e rivestono un ruolo sianella governance (in quanto soci a tutti gli effetti) e complementare ma non sostitutivo a quello dei la-voratori a livello operativo. Il rapporto 1:3 dei vo-lontari rispetto alla totalità dei soci rappresenta un dato di gran lunga maggiore rispetto ai valori qui presi a riferimento a carattere nazionale.

presente nellagovernance emeno a livello

operativo

I

modelli organizzativi

gli obiettivi dell'organizzazione vengono program-mati all'interno dell'area ristretta del sistema di go-vernance (CdA) ma gli obiettivi delle varie unitàproduttive sono stabiliti in coordinazione con i la-voratori.

organico I

ambito di intervento

per definire questa categoria è necessario fare rife-rimento ad una determinazione specifica al caso. Come già descritto (cfr. § 3.2 ) le attività si volgono in ambito sovra provinciale ma questo ambito rac-chiude comunque un territorio contenuto per la particolare divisione amministrativa del Friuli Ve-nezia Giulia (la provincia di Gorizia è la quarta più piccola d'Italia) motivo per il quale, pur rappresen-tando l'ambito di intervento un carattere sovrapro-vinciale si è voluto qui sottolineare la circoscrizionelocale di tale ambito.

locale anche sein ambito so-

vraprovinciale

settori di attività cfr § 3.2 sociosanitario L, D, R

culture organizzative

integrazione di entrate pubbliche (quantitativamen-te maggiori) con entrate a carattere imprenditoriale

miste aprevalenza

parapubblicaR

progettazione la progettazione assume carattere sia interno (an-che per partecipazione a bandi pubblici o amplia-mento dell'offerta) ma anche a carattere di copro-

interna ecollaborativa

37

gettazione

autonomia progettuale medio alta L, R, I

capacità di networking

nel corso dello svolgimento delle attività della coo-perativa si possono contare una settantina di sog-getti. I rapporti di partenariato sono considerati unodegli elementi vitali della cooperativa.

medio alta I

integrazione dei sistemi di produzione

fa parte del Consorzio “il Mosaico” che raggruppa15 cooperative sociali. Per particolari servizi operaanche in forme temporanee consortili. In alcune oc-casioni sono state praticate collaborazione con sog-getti forprofit; questo aspetto è considerato impor-tante e da rafforzare

medio altaanche con altri

soggettiforprofit enonprofit

T

reti di capitale sociale

il costante operare nell'ottica del networking, del coinvolgimento della comunità locale e le reti per-sonali dei beneficiari ha sviluppato una rete che ha sviluppato negli anni un aumento di capitale socialelocale attraverso forme di partecipazione che preve-dono l'apertura/accoglienza verso soggetti della co-munità locale, la partecipazione ad iniziative ed at-tività sociali del territorio, la partecipazione alle at-tività delle amministrazioni comunali, nuove forme di sostegno economico verso e dal territorio

medio alte R, I

dipendenza dal pubblico

le entrate economiche derivante dal pubblico hannoun'incidenza significativa sia per quanto riguarda l'assunzione diretta di prestazioni di servizi che per quella derivante dai servizi affidati dal consorzio “Il Mosaico” che funge da “general contractor”.

medio alta L, R

orientamento al mercato

le attività principali (dal punti di vista di entrate economiche) sono legate principalmente alla sfera pubblica mentre quelle che si confrontano con il li-bero mercato sono sussidiarie alle prime

medio basso R, I

38

CONCLUSIONI

Le tabelle qui presentate costituiscono uno sguardo complessivo dal quale si può desume-

re come l'oggetto dell'analisi si collochi, per la maggioranza degli aspetti, nella famiglia delle

cooperative che praticano una forma di innovazione evolutiva.

In linea con le tendenze generali delle cooperative che praticano tale forma di innova-

zione, per Thiel si nota una disposizione a valorizzare il complesso delle conoscenze interne

esistenti per offrire delle basi sicure sulle quali sperimentare nuove attività con bassi livelli

di rischio e, parallelamente, per poter valersi di un relativo margine di sicurezza sul ritorno

degli investimenti. Similmente alla tendenza generale della categoria, i progetti innovativi

della cooperativa in questione godono di una ridotta dipendenza dal finanziamento pubbli-

co: proprio un simile orientamento, a livello nazionale, è uno dei fattori che consente di dare

maggiore significato al più ridotto peso degli appalti pubblici sul fatturato e al più elevato

grado di autonomia strategica percepita.

La maggior parte degli interventi miranti l'avvio di nuove attività registra uno spunto

iniziale che parte da una spinta interna o di partnership mentre residuale risulta la spinta

innovativa derivante da influenze esterne come gare o appalti pubblici, esplicite richieste da

parte delle amministrazioni pubbliche, etc, etc. Il rapporto col pubblico che caratterizza le

cooperative evolutive è più frequentemente di collaborazione che di mera prestazione di ser-

vizio e ciò avviene in maniera maggiore quanto più si sviluppa in ambito locale o sovralo-

cale: in questo caso Thiel si dimostra in linea con quanto descritto soprattutto per quel che

riguarda il più voluminoso dei contratti di servizio. Thiel si colloca in linea anche con la ten-

denza riscontrata a livello nazionale per la quale le cooperative di questa categoria innovati-

va propongono un livello coinvolgimento della comunità locale mediamente maggiore ri-

spetto alle cooperative che praticano altre tipologie di innovazione; questo fattore porta ad

un grado di networking più sviluppato e meno condizionato dalla tensione competitiva. En-

trambi tali aspetti poggiano le proprie basi sulla qualità dei rapporti informali che i membri

39

della comunità riescono ad intessere: in tale prospettiva opera anche Thiel in quanto mem-

bro attivo della comunità stessa.

Risultato fondamentale di tutto questo processo è che le cooperative di questa categoria

rimandano all'esterno, che sia pubblico o privato, l'immagine di una maggiore affidabilità.

Più in linea con la categoria che pratica prevalentemente forme di innovazione totaliz-

zante è la fondazione successiva al 2001 e il grado di maturità organizzativo che risulta an-

cora in crescita.

Per quanto concerne invece i risultati riportati nella tabella n. 4 – griglia che indaga il

grado di adesione alla finalità della giustizia sociale – la collocazione di Thiel all'interno di

una categoria generale risulta essere prevalentemente quella delle cooperative indicate come

“responsabili”. Le appartenenti a questo tipo ideale generalmente guidano la loro operatività

a partire dalla convinzione che sia compito della propria organizzazione attivarsi autonoma-

mente per dare risposta alle contingenti disuguaglianze sociali e per poter continuare a for-

nire risposte ai beneficiari dei propri servizi anche in una situazione di elevato grado di di-

pendenza dal finanziamento pubblico. In sostanza il ruolo che tali cooperative rivestono è

principalmente attivo. Per questi aspetti Thiel si dimostra in linea con la tendenza nazionale.

Nella sua ricerca Luca Fazzi individua tre principali elementi che sostengono una pratica

di lavoro attenta al concetto di inclusione sociale.

Il primo di questi elementi è rappresentato dalle storie personali dei leader che risultano

essere persone che hanno scelto di lavorare nelle cooperative per motivazioni di tipo ideale.

Il secondo è rappresentato dalla storia dell'organizzazione e da quei valori interni che

vanno a costituire un ambiente ed una cultura organizzativa che facilitano l'adesione a mo-

tivazioni ideali molto forti; questo avviene a tal punto che nel tempo tali motivazioni ideali

si sono tradotte e sono state rinforzate da comportamenti e da modelli di azione che sono

entrati a far parte del bagaglio non solo professionale ma anche cognitivo e valoriale sia dei

dirigenti che dei lavoratori

Tali aspetti influenzano il terzo elemento che è al contempo spinta e conseguenza della

modalità di lavoro responsabile: la solidità economica. Confrontando quest'ultimo elemento

40

con la situazione osservata per Thiel vale la pena citare in maniera diffusa i risultati della ri-

cerca generale per osservarne l'allineamento: il 79,5% delle cooperative responsabili presen-

ta un bilancio con entrate superiori al milione di euro, il numero medio di addetti è 81, i bi-

lanci economici sono in grande maggioranza in pareggio o utile, i soci sono in maggioranza

lavoratori pur se nel 65% delle cooperative sono presenti anche volontari il che denota un

discreto livello di collegamento con la comunità locale.

Le cooperative riconducibili a questa categoria manifestano inoltre un maggior grado di

differenziazione delle fonti di finanziamento e questo permette loro un certo grado di flessi-

bilità nell'utilizzare gli utili dei servizi in attivo per coprire eventuali perdite di altre unità

produttive; ciò porta alla facoltà di mantenere un margine economico per riuscire a garanti-

re quei servizi, considerati importanti sotto l'aspetto valoriale, anche se quegli stessi servizi

risultano in perdita. In una simile ottica opera Thiel che utilizza gli utili derivanti dalle pre-

stazioni di servizio (principalmente quello di “tipo A”) per coprire le eventuali perdite di al-

tre forme di lavoro (principalmente quelle di “tipo B”).

Sotto l'aspetto innovativo le cooperative responsabili si dimostrano dinamiche in maniera

non spinta e adottano forme di innovazione prevalentemente incrementale o evolutiva.

41

BIBLIOGRAFIA

BORZAGA C., DEFOURNY J. (a cura di), L’impresa sociale in prospettiva europea, Edizioni 31, Trento, 2001

BORZAGA C., FAZZI L., Le imprese sociali, Carocci Editore s. p. a., Roma, 2011

BORZAGA C., GALERA G. (a cura di), Il contributo delle cooperative per un mondo migliore. Riflessioni della comunità scientifica, Euricse, Trento, 2012

BORZAGA C., IANES A., L'economia della solidarietà, Donzelli Editore, Roma, 2006

FAZZI L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, Franco Angeli, Milano, 2013

FERRANTE M., ZAN S., Il fenomeno organizzativo, Carocci Editore s. p. a., Roma, 1998

Gli scenari del welfare. tra nuovi bisogni e voglia di futuro, CENSIS, Roma, 2010

GORI C., Quale futuro per il welfare? Le politiche sociali tra prospettive di sviluppo e delega assistenziale. Un’analisi a partire dai dati in “WOL - welfare on line”, Associazione Nuovo Welfare , Anno VIII, Numero1, Roma, Gennaio 2012

La cooperazione nei primi dati del censimento 2011 in “Note Brevi” n. 11, Luglio 2013, Centrostudi Legacoop, Roma

La cooperazione sociale per l'inserimento lavorativo, Confcooperative – Federsolidarietà, Roma, 2011

La vita buona nella società attiva. Il libro bianco sul futuro del modello sociale, Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Roma, 2009

Le cooperative sociali in Italia - Anno 2005 in “Informazioni” n. 4, ISTAT, Roma, 2008

Le sfide e il nuovo ruolo delle cooperative di Legacoop, SWG, Trieste, 2011

Primo Rapporto CNEL/ISTAT sull’economia sociale, Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e IstitutoNazionale di Statistica, Roma, 2008

Ricerca sul valore economico del Terzo Settore in Italia 2012, Unicredit Foundation, Brescia, 2012

SALERNO V., VISINTIN M. (a cura di), La rigenerazione del legame sociale, Libreriauniversitaria.it edizioni, Padova, 2011

SALVATORI G. (2012), La cooperazione ai tempi della crisi, Euricse Working Paper, N.037 | 12*

SAPELLI G., Coop. Il futuro dell'impresa cooperativa, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2006

ZAMAGNI S., ZAMAGNI V., La cooperazione, Il Mulino, Bologna, 2008

ZANOTTI A. (2013), Le performance delle cooperative di servizi durante la crisi: un’analisi nel periodo 2009-2011, Euricse Working Paper n. 51 | 13*

* La diversa forma delle citazione bibliografica rispetto alle altre voci risponde ad una precisa richiestadell'autore.

42

sitografia

Forum Terzo Settore, http://www.forumterzosettore.it

Associazione Nuovo Welfare, http://www.nuovowelfare.it

EURICSE – European Research Insitute on Cooperative and Social Enterprises, http://www.euricse.eu

la data dell'ultimo accesso alle URL citate è: 15/01/2014

ni dieu ni maitre

43