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Javier CABRERO PIQUERO
Luca MONTECCHIO
(editores)
SACRVM NEXVM Alianzas entre el poder político y la
religión en el mundo romano
Madrid – Salamanca 2015
Signifer Libros
Thema Mundi
7
Colección dirigida por
Sabino Perea Yébenes y Raúl González Salinero
Ilustración de la portada:
Relieve de un monumento en honor a Marco Aurelio: el emperador ofrece un sacrificio frente al Templo de Júpiter Capitolino (176-180 d. C.). Museos Capitolinos (Roma)
Con la colaboración de la Universidad Nacional de Educación a Distancia y de Accademia Angelico Costantiniana
© De la presente edición: Signifer Libros 2015 Gran Vía, 2-2º SALAMANCA 37001 Apdo. 52005 MADRID http://signiferlibros.com ISBN: 978-84-16202-07-2 D.L.: S.500-2015 Imprime: Eucarprint S.L. - Peñaranda de Bracamonte, Salamanca
Índice En recuerdo del profesor Gabriele Marasco ............................................... 11
Javier CABRERO PIQUERO y Luca MONTECCHIO Introducción .......................................................................................... 13
Julio MANGAS Divinidades prerromanas de Hispania: del «como si» fueran romanas
a ser romanas ........................................................................................ 31
Narciso SANTOS YANGUAS Poder político y religión en Asturias romana ........................................ 55
Antonio IBBA y Paolo BERNARDINI Potere e consenso in Sardegna fra Cartagine e Roma: il santuario di
Antas ..................................................................................................... 75
Javier CABRERO PIQUERO La inspiración divina de Escipión el Africano en su ascenso político ... 139
Paola RUGGERI La Vestale Massima Flavia Publicia: una protagonista della millenaria
Saecularis Aetas .................................................................................... 165
Pilar FERNÁNDEZ URIEL Dii Custodes Imperii. De Júpiter a Minerva .......................................... 191
Luca MONTECCHIO Diffusione del cristianesimo nelle Gallie ed eccidio della legione te-
bana....................................................................................................... 213
Raúl GONZÁLEZ SALINERO Claves de aproximación a la figura del Christianus Princeps en la teo-
logía política tardoantigua ..................................................................... 229
J. Cabrero Piquero y L. Montecchio (eds.), Sacrum nexum: alianzas entre el poder político y la religión en el mundo romano, Signifer Libros, Madrid/Salamanca, 2015 [ISBN: 978-84-16202-07-2], pp. 165-189
La Vestale Massima Flavia Publicia:
una protagonista della millenaria Saecularis Aetas
Paola RUGGERI
Università degli Studi di Sassari
Il fortuito ritrovamento, all’interno del bacino del porto commerciale dell’antica
Turris Libisonis (Porto Torres in Sardegna) di una tabella immunitatis attestante
l’esenzione dai dazi doganali, i portoria, sulle merci in uscita dal porto dell’antica
colonia triumvirale, in favore della Vestale Massima Flavia Publicia1, riporta in
primo piano la figura di questa sacerdotessa, attiva sicuramente, come indicano due
basi di statua datate sulle cinque provenienti dall’atrium Vestae2, negli anni che
vanno dal consolato dei due Filippi nel 2473 al quarto consolato di Valeriano (e al
terzo di Gallieno) nel 2574. Una terza iscrizione
5 si può datare con un certo grado
di precisione negli anni del consolato congiunto dei principi Valeriano e Gallieno,
tra il 254 e il 2576.
Le testimonianze epigrafiche su Flavia Publicia sono significativamente
1 Gasperetti, 2009, p. 268: Flaviae / Publiciae / v(irgini) v(estali) / maximae / immunis / in
naucella marina cunbus Port(u)ensis / parasemo Porphyris. Eudromus (servus?). La traduzione di
AE, 2010,620: «Le navire du Port avec l’einsegne Porphyris appartient à Flavia Publicia, grande
vierge vestale, exempte de taxes pour son bateau de mer. Eudromus (esclave)». 2 CIL VI 32414 = Frei Stolba, 3, p. 237 = Meckacher, Kat., I, pp. 204-205, del 247; CIL VI
32416 = Frei Stolba, 5, p. 238 = Meckacher, Kat., I, p. 205, del 257. 3 Nell’iscrizione incisa sul lato destro della base CIL VI 32414 e posta l’11 di luglio del 247
si fa riferimento al consolato congiunto di M. Giulio Filippo padre, nella sua seconda acclamazione
imperiale e di M. Giulio Filippo figlio, ancora Cesare. 4 Nell’iscrizione incisa sul lato sinistro della base CIL VI 32416 e posta il 30 settembre del
257 si fa riferimento al consolato congiunto di Valeriano, nella sua quarta acclamazione imperiale e del figlio Gallieno nella sua terza acclamazione imperiale.
5 CIL VI 2135, cfr. 32404 = Frei Stolba, 1, p. 236 = Meckacher, Kat., I, p. 201, ll. 6-8.
6 Dedica[ta] / dd(ominis) nn(ostris) Vale[riano Aug(usto)] [et] / Gallien[o Aug(usto)]
[co(n)s(ulibus].
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
166
numerose, specie quelle tratte dalla sede dell’atrium Vestae, almeno in rapporto a
quelle delle consorelle che l’avevano preceduta e seguita, anch’esse vestali massi-
me; si aggiungano le due tabellae immunitatis, una immunis in iugo con riferimen-
to alla collatio equorum e l’altra, quella di Turris, immunis in naucella marina con
riferimento ai portoria7. Documenti che ora inducono ad un completo riesame degli
indirizzi di ricerca sull’evoluzione del sacerdozio vestale nel III secolo d. C., con
non poche novità significative. I temi sollevati dalla nuova documentazione sono
numerosi: lo stretto rapporto con il pontificato massimo nella figura dell’impe-
ratore8; i rapporti con le Auguste; la partecipazione ai principali eventi del calenda-
rio urbano; i legami con l’élite cittadina; l’azione evergetica riconosciuta di pubbli-
ca utilità; le attività economiche e il potere che ne derivava in ordine al prestigio
personale e in rapporto al collegio vestale nel suo complesso; infine il contrasto
alle emergenze sul piano assistenziale.
FLAVIA PUBLICIA VESTALIS
Le informazioni riguardo il milieu familiare di Flavia Publicia, figlia di un L. Fla-
vius, sono esigue e non consentono di poter elaborare un quadro preciso circa la
gens di appartenenza, i Flavii, come pure sull’ordo di riferimento di questi ultimi.
Eppure J. C. Saquete ha avanzato la proposta, pur se in forma dubitativa in man-
canza di elementi certi, che la sacerdotessa potesse provenire da una gens dell’ordo
senatorius9. Del resto la dedica più antica della serie in onore di Flavia Publicia,
quella del 247, posta dalla nipote della Vestale [sororis fil(ia)], Aemilia Rogatilla
c(larissima) f(emina) insieme a suo figlio [cum Minucio Honorato Marcello /
Aemiliano c(larissimo) p(uero) filio suo]10
farebbe pensare per Flavia Publicia ad
un’estrazione senatoriale e a legami parentali sotto la specie della cognatio trans-
versa con una famiglia di clarissimi in qualità di soror matris di Aemilia Rogatil-
7 CIL VI 2147 = XV 7126 (immunis in iugo) ed AE, 2010, 620 (immunis in naucella mari-
na). Sulla immunitas in iugo e sulla possibilità che essa potesse essere collegata al diritto delle vestali
di potersi servire del plaustrum (o plostrum), un carro trainato da cavalli che veniva usato nelle ceri-
monie, ad es. quelle religiose, vid. Mayer, 2013, p. 474; per quanto riguarda lo studio delle c. d. tabel-
lae immunitatis come testimonianze dei controlli fiscali sulla libera circolazione di merci e individui a partire dal III secolo d. C. e in particolare sulla tabella immunitatis di Flavia Publicia, vid. Cecconi,
2014, p. 184. L’autore afferma che le tabellae: «possono essere studiate da tale prospettiva, purché
siano associabili ai movimenti commerciali e alla fiscalità che per comodità definiamo indiretta su
importazioni-esportazioni, nota come portorium» (pp. 185-186). 8 Sull’evoluzione del ruolo dell’imperatore come pontefice massimo a partire dall’età anto-
nina e nel corso del III secolo vid. Del Ponte, 2011-2012. 9 Saquete, 2000, p. 125.
10 CIL VI 32414 = Frei Stolba, 3, p. 237 = Meckacher, Kat., I, pp. 204-205.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
167
la11. Già Guido Barbieri nel 1952 prendendo le mosse dalle iscrizioni di Flavia Pu-
blicia aveva supposto che il padre della Vestale Massima fosse un senatore di nome
L. (Flavius?)12
. In realtà tra le Vestali del III secolo l’unica sacerdotessa di sicura
estrazione senatoriale e patrizia risulta essere Terentia Flavola13, sorella del conso-
le del 209 Q. (Hedius) Lolllianus (sic!) Q. f. Poll(ia) Plautius Avitus e del console
del 211 (Hedius Lollianus) Terentius Gentianus, entrambi originari di Pollentia e
dalla importante carriera amministrativa e religiosa14
. Legate a famiglie dell’ordo
senatorius si suppone siano state anche Cannutia Crescentina e Aurelia Severa no-
te altresì attraverso le fonti storiche a causa della loro tragica vicenda di sacerdo-
tesse condannate ad essere sepolte vive, insieme ad altre due Vestali, Clodia Laeta
e Pomponia Rufina, perché accusate di aver violato il voto di castità, anche se il
sospetto è che Caracalla le abbia coinvolte nella repressione degli ultimi esponenti
della dinastia antonina, soprattutto di quelli coinvolti nella presunta «congiura» di
Publio (o Lucio) Settimio Geta, ucciso il 16 febbraio 212 d. C.15
Cannutia Crescen-
tina prima dell’esecuzione della sentenza decise di gettarsi dall’alto della domus
Vestae16. Se le Vestali erano come di consueto sei
17, tra le due superstiti l’unica
11
Per quanto riguarda la cognatio transversa vid. ad es. Franciosi, 2003, p. 92; l’espressione
soror matris è sinonimo di matertera, la zia materna, quella che Paolo Festo definisce quasi mater
altera (Paul Fest., p. 136) vid. THLl, VIII, col. 470, 9 e 64; Totius Latinitatis Lexicon, p. 41, s. v. Ma-tertera.
12 Barbieri, 1952, p. 209, nº. 1034.
13 CIL VI 2130 = Meckacher, Kat., I, p. 200 datata con anno consolare al 215; CIL VI 2144 =
ILS 4927 = Meckacher, Kat., I, p. 203: in quest’ultima iscrizione i dedicanti sono il fratello della Ves-tale Terentius Gentian/us fl(amen) Dialis v(ir) c(larissimus) pr(aetor) / tut(elaris), insieme alla mo-
glie cum Pomponia / Paetina uxore e il nipote et / Lolliano Gentian[o] / filio frat[ris]; CIL VI 32412
= ILS 1255 = Meckacher, Kat., I, p. 204 in quest’iscrizione i dedicanti sono Q(uintus) Lolllianus (sic!)
Q(uinti) f(ilius) / Poll(ia) Plautius Avitus / co(n)s(ul) augur pr(aetor) cand(idatus) / tutel(aris) (segue
poi la carriera in ordine discendente) insieme alla moglie cum Claudia Sestia Cocceia Sevlriana (sic!)
/ coniuge e alla figlia Lolliana Plautia Sestia Servil/la filia; CIL VI 32413 = Meckacher, Kat., I, p.
204. Per tutti vid. Alföldy, 1982, p. 326, nº 9. 14
PIR, IV, 2, p. 53, n. 37 e n. 36. Vid. Alföldy, 1982, p. 32, rispettivamente nn. 6 e 7. 15
Chausson, 1998, p. 188, n. 44. 16
Cassio Dio., LXXVII, 16, 1-3; vid. Chausson, 1998, pp. 177-213. Lo studioso, sulla base di
dettagliate indagini prosopografiche, formula l’ipotesi che Aurelia Severa fosse figlia di Annia Aure-
lia Galeria Faustina, a sua volta figlia maggiore di Marco Aurelio e del console (per la seconda volta)
del 173 Cn. Claudius Severus. Per le attività economiche di Aurelia Severa in età severiana vid. Eck,
1982, I, p. 212. Analogo discorso, secondo Chausson, va fatto per Pomponia Rufina che egli suppone
sia stata un membro della gens degli Iunii Rufini, quest’ultima imparentatasi attraverso politiche ma-
trimoniali con Aurelii, parenti degli Antonini e per questo perseguitata da Caracalla (p. 189, n. 45).
L’appartenenza ad una gens dell’ordo senatorius è supposta anche per Cannutia Crescentina, impa-
rentata con Cannutius Modestus, legatus legionis XXX Ulpiae Victricis (nel 223) (p. 190, n. 47) come pure per Clodia Laeta (p. 191), anche se per quest’ultima i dati prosopografici a disposizione risul-
tano un po’ meno solidi.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
168
attestata ancora nell’età di Caracalla sembra essere Terentia Flavola, già con un
ruolo di primo piano insieme a Numisia Maximilla nella celebrazione dei Ludi Sae-
culares del 204 e documentata ancora nel 215, che potrebbe aver ricostituito il col-
legio, anche se ovviamente la captio riguardava solo quattro vestali senza l’intera
formazione legata ai tre gradus dell’esperienza sacerdotale.
A proposito di Flavia Publicia si può applicare quanto ha scritto Barbara
Scardigli, seppur in rapporto ad un differente ambito cronologico, quello della tar-
da Repubblica e del primo Impero, sottolineando come le Vestali mantenessero
rapporti stretti con la gens d’origine e gli agnati, in particolare con il padre, i fratel-
li e ―aggiungeremmo― le sorelle e i nipoti che «giustificano senza dubbio inter-
venti in pubblico delle sacerdotesse in favore dei loro cari, interventi certamente
comprensibili e giustificabili agli occhi di tutti»18
. Di recente Andrew B. Gallia ha
ribadito gli stretti legami che ancora alla metà del III secolo continuavano a sussis-
tere tra le sacerdotesse e i propri familiari; la dedica di Aemilia Rogatilla e Mi-
nucius Honoratus Marcellus Aemilianus a Flavia Publicia, ob eximiam eius erga
se / pietatem, non spiegherebbe con precisione, all’interno del testo, i contenuti de-
lla pietas manifestata dalla sacerdotessa nei confronti dei congiunti; il solo vincolo
di parentela, evocativo di una profonda solidarietà tra pari all’interno della familia
e nel più ampio contesto delle relazioni tra gentes, sarebbe sufficiente a giustificare
il ruolo di nipote e pronipote nella celebrazione delle sue virtù19
.
Va altresì rilevato che la pietas mostrata verso di loro dall’illustre parente
può forse essere letta alla luce del ruolo di matertera, ricoperto da Flavia Publicia,
quasi mater altera all’interno della struttura gerarchica della familia romana20
: si
può supporre che la Flavia, soror di Publicia fosse venuta a mancare; la Vestale
Massima, con la sua autorevolezza, guidava il nucleo familiare della nipote forse
nella gestione dei sacra familiae; in questo senso si sarebbe esplicata la pietas,
nell’affermazione di un ruolo guida religioso che assumeva una valenza politica,
all’interno della società romana21
.
17
Plut, Numa, 10, 1. 18
Vid. Scardigli, 2003, p. 104; appare ormai decisamente obsoleta la lettura di illustri roma-
nisti come Guizzi, 1968, i quali sostenevano che «la sacerdotessa mantiene con la sua gens un legame
esteriore e, per vero, estremamente labile: il solo nome» (p. 109). Tale affermazione non tiene conto
dell’evoluzione del sacerdozio sin dal principio dell’epoca imperiale, documentata dalle fonti lettera-rie ed epigrafiche.
19 CIL VI 32414. Vid. Gallia, 2015, pp. 88-89.
20 CIL VI 32414 = Frei Stolba, 3 p. 237 = Meckacher, Kat., I, p. 204, ll. 14-15: ob eximiam
eius erga se / pietatem. 21
Sulla pietas in ambito familiare vi sono le posizioni differenti di Saller, 1987 e Cantarella,
2005, p. 120. Per il primo la pietas sarebbe legata all’affettività tra membri di un gruppo familiare ristretto, quasi si trattasse di rapporti e legami connotanti la moderna famiglia nucleare. Di parere
diverso la Cantarella, critica nei confronti di un metodo «contemporaneizzante», non adatto a leggere
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
169
Recentemente Marc Mayer ha proposto che la famiglia di Flavia Publicia
abbia originariamente fatto parte dell’ordo equestris e che proprio grazie alla Ves-
tale, al suo ruolo istituzionale e alla vicinanza alle famiglie imperiali di Filippo
l’Arabo e di Valeriano e Gallieno, soprattutto nella figura delle imperatrici Otacilia
Severa e Salonina, i Lucii Flavi dall’ordo equestris possano essere approdati
all’ordo senatorius22. Tale ipotesi viene supportata dal fatto che la scoperta della
nuova tabella immunitatis a Turris Libisonis collega in qualche modo la Vestale
Massima all’isola e che tale collegamento potrebbe essere avvenuto per il tramite
di L(ucius) Flavius Honoratus, procurator et praefectus equestre, prima della even-
tuale promozione della gens all’ordine senatorio: secondo Mayer potrebbe trattarsi
di un fratello di Flavia, con il medesimo praenomen del padre della Vestale,
L(ucius) Flavius23; tale ipotesi che pure sembra avere una sua validità si scontra
con l’incertezza circa la data della procuratela di Honoratus che viene generica-
mente posta in un periodo precedente ad Aureliano24
.
FLAVIA PUBLICIA VIRGO VESTALIS MAXIMA
Regula Frei Stolba aveva dedicato parte di un articolo del 1998 al formulario che
venne ad affermarsi intorno alla metà del III secolo per l’elogio delle vestali mas-
sime: in particolare l’autrice rilevava, anche in rapporto alle iscrizioni di Flavia
Publicia, un’aggettivazione al superlativo come sanctissima e piissima, e espres-
sioni in forma superlativa come super omnes retro adatte alla rappresentazione di
una virgo vestalis maxima; tutto ciò si rivelava frutto di un gusto comune
nell’affermazione elogiativa in forma di iperbole presente anche nella letteratura
imperiale di III secolo e a livello epigrafico nella titolatura di senatori e cavalieri,
il significato profondo delle strutture familiari della società romana.
22 Mayer i Olivé, 2011, p. 156: «Caldria, doncs, si acceptem aquesta proposta, pensar que la
captio de Flàvia Publícia fou feta en l’ordo equester i que el des-envolupament adequat del seu sacer-
doci degué ajudar a l’escalada social de la família».
23 Il prenome del padre, L(uci) f(ilia), è in CIL VI 32414 e 32415.
24 Per quanto riguarda l’epoca della procuratela sarda di L(ucius) [F]l[avius] Honoratus noto
attraverso una dedica in onore delle Ninfe proveniente da Fordongianus, posta dalla moglie del procu-
ratore, Flavia T. fili[a] e dai loro figli Honorati[an--- et Marc]ellina (CIL X 7859), la maggior parte
degli studiosi propende per una datazione incerta comunque precedente ad Aureliano (270-275 d.C.):
Meloni, 1958, p. 259, nº 74; Mastino, 2005, p. 159; con molti dubbi anche Zucca, 2001, p. 533. Ma-
yer i Olivé, 2011, p. 156 colloca cronologicamente Honoratus tra M. Ulpius Victor procurator Augus-
ti et praefectus (244) e P. Maridius Maridianus procurator Augustorum (257-259). Di recente D.
Faoro (2011, p. 320 nº 30, cita però un T. [F]l[avius] Honoratus) ha proposto, basandosi sulla man-canza della filiazione, dell’egregiato o del titolo di praeses, una datazione maggiormente risalente tra
la fine del II e l’inizio del III sec. d. C.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
170
ma in particolare degli imperatori-pontefici massimi25
. In realtà accanto al riferi-
mento generico alla Vestale come sanctissima e piissima ad es. compaiono espres-
sioni interessanti quali la definizione di praestantissima e il riferimento alla sua
benevolenza e praestantia: si veda ad esempio la dedica in dativo dignissimae ac
praestantissimae patronae26; ob eximiam eius erga se benivolentiam praestantiam-
que27; la stimabile e encomiabile disciplina nei costumi, espressa dal principio cos-
titutivo dell’essere Vestale, quello della castità: egregiam morum disciplinam… res
publica in dies feliciter sensit28; morum praedicabilem disciplinam numen quoque
Vestae comprobavit29 e soprattutto la cura religiosa e l’opera oltremodo esperta
nella celebrazione dei sacri riti: religiosam curam sacr(orum) quam… numen sanc-
tissimmae Vestae matris comprobavit30: in sacris, peritissimam operationem31
.
Riguardo il percorso all’interno dell’ordine vestale di Flavia Publicia, le is-
crizioni incise sulle basi di statue a lei dedicate, provenienti dall’atrium Vestae in-
dicano l’esistenza di una struttura gerarchica collegata anzitutto ai tre decenni di
permanenza delle sacerdotesse al servizio di Vesta32
: una permanenza che si
sviluppava attraverso differenti gradus, cioè secondo un ordine successivo di tipo
gerarchico. Sappiamo che in generale si distinguevano tre tappe: un arco di dieci
anni destinati all’apprendimento, altri dieci impiegati nel servizio effettivo e infine
dieci come Vestale Massima. Del resto, dopo aver compiuto il servizio trentennale,
ciascuna Vestale era libera di lasciare la Casa di Vesta e rientrare nella vita pubbli-
ca, eventualità che pare essersi verificata raramente, anche se non sappiamo se la
Vestale Massima restasse tale fino alla morte. I testi epigrafici farebbero poi intuire
che all’interno di ciascun periodo decennale di sacerdozio, potessero esservi una
serie di altri gradus nella carriera della sacerdotesse, corrispondenti a ben precisi
compiti rituali e devozionali i cui connotati esatti ci sfuggono, ma che dovevano
essere ben chiari sia ai pontifices maximi che ai fedeli che rivolgevano le proprie
lodi alle sacerdotesse: la coppia composta da Bareius Zoticus e Flavia Verecunda33
loda Flavia Publicia, già vergine Vestale Massima che ha raggiunto (l. 8 pervenit)
25
Frei Stolba, 1998, in particolare pp. 241-242, in cui si fa riferimento anche al superlativo
benignissima che non compare tra le espressioni elogiative per Flavia Publicia ma piuttosto in quelle
per Campia Severina e per Coelia Claudiana (CIL VI 2131, 2140). 26
CIL VI 32418. 27
CIL VI 32417. 28
CIL VI 32415. 29
CIL VI 32419. 30
CIL VI 32414. 31
CIL VI 32415, cfr. Frei Stolba, 1998, p. 242. 32
Mekacher, 2006, pp. 39-40. 33
CIL VI 32416.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
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tale posizione e si è affermata all’interno di questo grado (l. 7-8 hunc locum) non
solo per via dell’età (l. 8 cum aetate) ma per i suoi meriti che consistono da una
parte nell’aver percorso tutti gli altri gradus (l. 3-4 per omnes gradus / sacerdotii) e
soprattutto per aver prestato il servizio aput divina altaria / omnium deorum et ad
aeternos ignes / diebus noctibusque pia mente rite / deserviens merito. Si trattereb-
be dunque della tradizionale custodia del fuoco sacro di Vesta, che doveva essere
sorvegliato di giorno e di notte perché fosse eterno34
e di una serie di compiti rituali
presso i divini altari di tutti gli dei, in tutte le circostanze liturgiche che nel calenda-
rio prevedevano la partecipazione delle vestali. C’è comunque da chiedersi a cosa
specificamente faccia riferimento quest’ultimo compito rituale e presso quali
luoghi si era svolto.
Siamo a conoscenza del fatto che con l’inizio dell’età imperiale alle tradizio-
nali feste dell’età repubblicana alle quali presenziavano le Vestali, come ad esem-
pio la processione del 14-15 di maggio detta degli Argei35 e la festa matronale e
tutta al femminile della Bona Dea che si teneva nella notte tra il 4 e il 5 dicembre,
si aggiunsero nuove celebrazioni che coinvolgevano le vestali e che erano collegate
al calendario del culto di Roma e di Augusto, in particolare con riferimento alla
famiglia imperiale vivente. In questo nuovo contesto religioso ed ideologico gli
altari e le are templari, destinati a ricevere libagioni e sacrifici in onore dei numina
deorum tradizionali assunsero grande importanza, a partire dall’epoca augustea, in
quanto emblemi propagandistici di Augusto e della dinastia Giulio-Claudia e tali si
mantennero anche successivamente; si pensi ad es. all’Ara Fortunae Reducis del 19
a.C. che inaugurò l’avvio di una prassi secondo la quale vittorie militari e impor-
tanti circostanze politiche venivano ratificate dal potere imperiale con
l’edificazione di are, la cui dedica era fissata secondo un calendario che rispettava
scadenze che avessero un particolare significato per la dinastia36
.
L’introduzione nel 7 a. C. del culto del Genius Augusti e la reintroduzione
dei Compitalia in onore dei Lares si legano all’apparato iconografico del cosiddet-
to altare del Belvedere in cui compare Augusto, Pontifex Maximus, che consegna i
propri Lares alle vestali nel 12 a. C., atto cerimoniale preliminare ad asseverare il
nuovo culto del Genius37.
Di certo sappiamo che annualmente le vestali, con in testa presumibilmente
quella Massima, insieme ai magistrati e ai sacerdoti compivano sacrifici presso
l’Ara Pacis Augustae, complesso architettonico nel quale era incluso un vero e
proprio altare, così come stabilito dallo stesso imperatore Augusto: Ti. Ne[r]one P.
34
Saquete, 2000, pp. 60-62. 35
Carandini, 1997, pp. 395-429. 36
Thesaurus cultus et rituum antiquorum (= ThesCRA), IV, pp. 176-183, s.v. Altare (ro-
mano-imperiale) (di F. Marcatilli). 37
Ibidem, p. 177 e p. 180 (Cat. 3).
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
172
Qui[ntilio consulibu]s aram [Pacis A]u[g]ust[ae senatus pro] redi[t]u meo
co[nsacrandam censuit] ad cam[pum Martium in qua ma]gistratus et sac[erdotes
virginesque] V[est]a[les anniversarium sacrific]ium facer[e iussit]38. Questo rituale
si mantenne nel tempo e giunse sicuramente al III secolo.
In aggiunta si può pensare che il richiamo ai divina altaria omnium deorum
si colleghi all’edificio del Pantheon, fatto costruire da Agrippa tra il 27 e il 25 a. C.
e ricostruito da Adriano tra il 118 e il 125 d. C.: le nicchie entro le esedre e le edi-
cole mostrano che si trattava di un tempio dedicato alle dodici divinità celesti e in
qualche modo collegato al culto della famiglia imperiale, per quanto Augusto aves-
se impedito che Agrippa gli dedicasse l’edificio di culto e ponesse la sua statua nel
tempio. Ciò avrebbe significato per le aree occidentali dell’impero una divinizza-
zione in vita che era lontana dalla pratica religiosa augustea: la statua venne infatti
collocata nel pronao39
. Restauri di carattere limitato riguardarono l’edificio
all’epoca del principato congiunto di Settimio Severo e Caracalla nel 202 come
attesta l’iscrizione dell’architrave incisa con caratteri di dimensioni decisamente
minori rispetto a quella M(arcus) Agrippa L(uci) f(ilius) co(n)s(ul) tertium fecit.:
Imp. Caes. L. Septimius Severus et Imp. Caes. M. Aurelius Antoninus Pantheum
vetustate corruptum cum omni cultu restituterunt40.
Un’altra ipotesi che trova solidi appoggi documentari, soprattutto attraverso
le fonti epigrafiche, e che sembra essere quella maggiormente appropriata, è rap-
presentata dalla possibilità che con divina altaria omnium deorum si intendano una
serie di are provvisorie in legno come quelle utilizzate ad esempio nelle cerimonie
dei Ludi Saeculares del 204 per i sacrifici a Terra Mater: i frammenti del protocol-
lo contenuto degli Acta, ritrovati da Pietro Romanelli nel 1930, sono piuttosto elo-
quenti: [Impp. Severus et An/toni]nus Aug[g.---] pr. pr. et ceteris XV vir(is) prae-
textati coro/natique de Pal[atio in T]erentum venerunt ibique Severu[s Au]g(ustus)
apud [aram] tertiam ligneam [te]mporalem [...]. L’ordinale [aram] tertiam secondo
lo studioso, con riferimento all’altare provvisorio su cui si compì il sacrificio pres-
so il Terentum, alluderebbe alle due precedenti are, prima e seconda, per i sacrifici
alle Moire e alle Ilizie. Altrettanto egli suppone per le are sul Campidoglio e sul
Palatino con la celebrazione dei sacrifici a Giove, ad Apollo e Diana e a Giunone
Regina: «Siffatto uso di are lignee provvisorie, in luogo di quelle in marmo e stabi-
li, che già esistevano davanti ai templi di Giove Capitolino e di Apollo Palatino,
deve naturalmente porsi in relazione con la vetusta origine, vera o voluta, del culto
e dei riti connessi con i ludi secolari: non altrimenti facevano gli Arvali quando
38
R. gest. div. Aug., 12, 2. 39
Ltur., IV, s. v. Pantheon (di A. Ziolkoski): tra la costruzione originaria promossa da
Agrippa e la ricostruzione di età adrianea il Pantheon conobbe una seconda fase, dopo l’incendio
dell’80 ad opera di Domiziano che fece eseguire dei restauri, di essa non si conosce alcunché. 40
CIL VI 896 = 31196.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
173
compivano il sacrificio alla Dea Dia»41
.
È fondamentale in questo quadro richiamare le celebrazioni per i mille anni
di Roma volute solennemente da Filippo l’Arabo, con un sapore arcaizzante che è
stato registrato anche in ambito provinciale42
. A maggior ragione a Roma occorre
immaginare una presenza attiva di Flavia Publicia nelle celebrazioni per il millena-
rio del 21 aprile del 248 ed un percorso processionale a fianco degli imperatori Fi-
lippi e di Marcia Otacilia Severa presso le are lignee provvisorie collocate in punti
designati per il solenne svolgimento dei sacrifici alle diverse divinità.
Più in generale, nel caso di Flavia Publicia, il lungo percorso sacerdotale ul-
tratrentennale appare chiaramente compiuto laddove vengono lodati la cura dei sa-
cra che per ogni grado del sacerdozio è stata garantita con lodevole impegno (lau-
dabili administratione), come ha riconosciuto il Nume in persona della santissima
madre Vesta, evidentemente per bocca delle altre sue sacerdotesse o dei suoi fede-
li43
. L’espressione è curiosamente vicina a quanto narra Plutarco di Iuno Regina,
trasferita da Veio dopo che aveva manifestato il suo assenso a Furio Camillo44
. Na-
turalmente l’apice della carriera è rappresentato dal vestalato massimo, un gradino
che è stato raggiunto dopo aver percorso tutti i gradi del sacerdozio, nei due primi
decenni e anche nel terzo, pregando e compiendo i sacri riti e i sacrifici presso i
divini altari dedicati all’intero pantheon religioso e sorvegliando nei giorni e nelle
lunghe notti i fuochi sacri; insomma, dedicando tutta se stessa con animo devoto
all’esatta esecuzione dei riti45
. La Vestale Massima doveva avere poi un ruolo de-
terminante nell’educazione e preparazione delle sacerdotesse più giovani se il pa-
dre e la madre Q. Terentius Rufus e Caenia Verissima della vergine Vestale Teren-
tia Rufilla, pongono una dedica a Flavia Publicia durante uno dei consoltati di Va-
leriano e Gallieno (254, 255, 257 ?), dopo che ne hanno imparato a conoscere
l’integrità nel lungo periodo e la sua benevolenza verso di loro nel breve periodo
(cuius multi temporis bonitatem / et humanitatem eius circa se / in brevi senserunt).
Come dire che la fama della sacerdotessa riconosciuta da tutti era stata poi confer-
mata dall’empatia dimostrata nei confronti di Terentia Rufilla e della sua famiglia
d’origine46
: si tratta dunque dell’espressione di gratitudine di due genitori per l’alto
41
Vid. Romanelli, 1931 (1932), p. 328; vid. anche Pighi, 1941, p. 154, ll. 69-70. 42
Vid. Pianu e Ruggeri, 2001, pp. 301-302. 43
CIL VI 32414 = Frei Stolba, 3, p. 237 = Meckacher, Kat., I, pp. 204-205, ll. 5-8: religiosam
curam sacror(um) / quam per omnes gradus / sacerdotii laudabili admi/nistrationem operatur numen
/ sanctissimae Vestae matris comprobavit. 44
Plut. Camillus 5, 4-6, 2. 45
CIL VI 32416 = Frei Stolba, 5, p. 238= Meckacher, Kat., I, p. 205, ll. 3-8: quae per omnes
gradus / sacerdotii aput divina altaria / omnium deorum et ad aeternos ignes / diebus noctibusque pia
mente rite / deserviens merito ad hunc / locum cum aetate pervenit. 46
CIL VI 2135, cfr. 32404 = Frei Stolba, 1, p. 236 = Meckacher, Kat., I, p. 201, ll. 6-8.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
174
ruolo educativo e protettivo nei confronti di una giovane sacerdotessa dell’ormai
più che matura Vestale Massima. Come si è detto questa dedica si può datare con
un certo grado di precisione negli anni del consolato congiunto dei principi Vale-
riano e Gallieno, tra il 254 e il 25747
e poiché l’altra iscrizione datata, 11 di luglio
del 247, vede Flavia Publicia attiva già come Vestale Massima negli anni del prin-
cipato congiunto dei due Filippi48
, è possibile avanzare alcune ipotesi. Sulla base di
un calcolo naturalmente ipotetico e con alcune variabili si può pensare che la cap-
tio di Flavia sia avvenuta fra i sei e i dieci anni, intorno al 213-214, durante il prin-
cipato di Caracalla, tanto più che il collegio delle Vestali era stato duramente colpi-
to nella sua composizione dalle condanne a morte comminate a quattro Vestali dal
figlio di Settimio Severo all’indomani della morte di Geta. Si era allora reso neces-
sario rinnovare il collegio quasi integralmente con la captio di nuove giovinette49
.
Con l’ascesa al potere di Filippo l’Arabo, Flavia, sicuramente Vestale Massima,
doveva avere fra i trentasette e i quarantuno anni; alla data della dedica della base
posta dai genitori di Terentia Rufilla, Flavia poteva aver raggiunto i cinquant’anni.
FLAVIA PUBLICIA E GLI IMPERATORI PONTIFICES MAXIMI
Fra gli elementi certi della carriera sacerdotale di Flavia Publicia vi sono alcuni
riferimenti cronologici che permettono di ricostruire parte di un quadro concreto
entro il quale si è svolto l’alto magistero sacerdotale di questa Vestale Massima. Il
primo riferimento è costituito dal principato di Filippo l’Arabo negli anni che van-
no dal 244 al 249: la prima base di statua datata, proveniente dall’Atrium Vestae,
risale all’11 luglio del 24750
, quindi Flavia Publicia, incarna all’epoca una delle
cariche sacerdotali di vertice che agiscono in un rapporto di stretta collaborazione
con l’imperatore Pontifex maximus.
Assai note sono le attestazioni delle fonti e le analisi della dottrina sulla tra-
dizionale dipendenza delle Vergini Vestali, anche di quelle maximae, dal Pontifex
maximus che secondo Gellio compiva il rito della captio, la cosiddetta presa della
Vestale bambina (tra i sei e i dieci anni), «portata via» dal Pontefice, alla stregua di
preda di guerra, dalla casa nella quale era nata51
. Certo Gellio che scriveva tra la
fine della prima e la seconda metà del II secolo, richiamandosi a Labeone e dunque
47
CIL VI 32416 = Frei Stolba, 5, p. 238 = Meckacher, Kat., I, p. 205: dedica[ta] / dd(ominis)
nn(ostris) Vale[riano Aug(usto)] - [et] / Gallien[o Aug(usto) .. co(n)s(ulibus)]. 48
CIL VI 32414 = Frei Stolba, 3, p. 237 = Meckacher, Kat., I, p. 204. 49
Chausson, 1998, p. 188, n. 44. 50
CIL VI 32414 = Frei Stolba, 3 p. 237 = Meckacher, Kat., I, p. 204. 51
Gell., Noct. Act., I, 12, 13: Capi autem virgo propterea dici videtur, quia pontificis maximi
manu prensa ab eo parente, in cuius potestate est, veluti bello capta abducitur.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
175
al diritto di età augustea, come pure allo ius pontificium, inquadrava una situazione,
quella del I secolo d.C., in cui si erano affermate importanti innovazioni per il sa-
cerdozio vestale, con assunzione di ruoli di grande responsabilità nella vita pubbli-
ca da parte delle Vestali sotto la guida dell’imperatore che, a partire da Augusto
dopo la morte di Lepido, ricopriva istituzionalmente la carica religiosa di Pontifex
maximus52. Nel vortice dell’instabilità politica seguita alla fine della dinastia seve-
riana e soprattutto con l’avvento della c. d. crisi del III secolo con tutta probabilità
il ruolo di Vestale massima poteva diventare decisivo nell’assicurare il riconosci-
mento politico e religioso a Roma dell’imperatore, spesso acclamato dalle legioni
dopo essersi impadronito del potere a seguito di una vittoria militare. Per inciso si
osservi la duplicazione del pontificato con Pupieno e Balbino nel 238.
FLAVIA PUBLICIA, L’IMPERATORE FILIPPO L’ARABO E IL MILLENARIO DI ROMA
Di certo sappiamo che Flavia Publicia percorse un momento decisivo del sacer-
dozio all’epoca dell’anarchia militare: ella forse aveva già intrapreso il servizio
come Vestalis maxima nel corso dello scontro fra Massimino il Trace, i senatori
Gordiani, gli imperatori eletti dai vigintiviri Pupieno e Balbino e la parvenza di
stabilità politica offerta prima da Gordiano III e successivamente da Filippo
l’Arabo. Soprattutto al fianco di quest’ultimo imperatore, nato nella provincia
d’Arabia, prefetto al pretorio sotto Gordiano III, al quale succedette dopo che ques-
ti venne assassinato in una rivolta militare, Flavia Publicia raggiunse la maturità e
l’autorevolezza che le numerose statue a lei dedicate paiono dimostrare: la sacerdo-
tessa divenne infatti protagonista della Saecularis Aetas, inaugurata dal millenario
di Roma, celebrato a partire dal 21 aprile del 248: una Aetas che probabilmente si
protrasse per alcuni anni, nonostante la scomparsa dei Filippi e l’arrivo di altri Au-
gusti.
Nella dedica posta dai genitori di Terentia Rufilla a Flavia Publicia (sotto
Valeriano e Gallieno) compare infatti l’espressione riferita alla Vestale Massima ut
saeculari aetate ministerio / adsit et in futoro (sic) perseveret53; si tratterebbe a li-
vello sintattico di una proposizione consecutiva (con un richiamo alle ragioni della
dedica della statua con la sua base) che segue alla consueta enunciazione dei meriti
liturgici della sacerdotessa e ai gradus percorsi che l’hanno portata attraverso il suo
magistero ad aver realmente parte attiva (adsit) nella concretezza delle celebrazioni
per il millenario, la Saecularis Aetatas. Financo a proseguire ―in questa sorta di
attesa messianica di un nuovo ciclo di prosperità e grandezza per l’impero― anche
52
Vid. Orlandi, pp. 362-371, l’autrice attraverso uno studio prosopografico sottolinea come
sia significativo il numero delle vestali legate da vincoli di parentela con pontefici. 53
CIL VI 2135 = 32404 = Frei Stolba, 1, p. 236 = Meckacher, Kat., I, p. 201 ll. 6-8.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
176
negli anni successivi, se ci si augura con riferimento al tempo a venire: et in futoro
(sic) perseveret. Dal momento che il giudizio è espresso a posteriori (rispetto ai
meriti precedenti) nell’età di Valeriano e Gallieno, ma è proiettato anche per gli
anni successivi, per Saecularis Aetas potremmo intendere l’età introdotta dalle ce-
lebrazioni di Filippo l’Arabo partendo dalla fondazione di Roma. Non costituisce
una difficoltà il fatto che l’aggettivo saecularis in senso stretto si ricolleghi ai ludi
Saeculares, celebrati ogni centodieci anni. E ciò in epoca imperiale a partire dai
ludi Saeculares indetti da Augusto nel 17 a. C., per i festeggiamenti collegati alla
fine di un saeculum e all’inizio di quello successivo, secondo una scansione che
prevedeva che un saeculum fosse costituito da un ciclo di centodieci anni54
. Sulla
base dei frammenti degli Atti pubblicati da Romanelli, i ludi si svolgevano presso il
Terentum, l’area santuariale del Campo Marzio situata in prossimità dell’ansa del
Tevere che guardava verso il Vaticano ed erano originariamente costituiti, già
dall’epoca repubblicana, sia da sacrifici per gli dei inferi sia da corse di cavalli se-
condo lo schema dei ludi Taurii: in epoca augustea ai sacrifici notturni di agnelle e
capre deis Moeris (l. 90), alle libagioni deis lithyis (l. 115), al sacrificio di una vac-
ca Iunoni Reginae e al sacrificio di una scrofa gravida Terrae Matri (ll. 134-137)55
si aggiunsero i rituali in onore [Apollini et Dianae], per quanto F. Coarelli ritenga
che il culto in onore di Apollo possa essere antecedente all’epoca augustea e classi-
ficabile tra le caratteristiche originarie dei ludi Saeculares56.
A partire dall’epoca di Claudio, l’imperatore che nel 47 d.C. festeggiò gli ot-
tocento anni ab urbe condita (secondo la cronologia varroniana), si assiste ad un
intreccio fra l’età del giubileo della città (ab urbe condita) e il saeculum di cento-
dieci anni, scandito dalla ricorrenza del Ludi Saeculares, anche se con una serie di
eccezioni e conteggi di ere più o meno differenziate, finalizzati alle esigenze dinas-
tiche e propagandistiche dei diversi imperatori57
.
54
CIL VI 32323, 32324; vid. Coarelli, 1993. Lo studioso fa riferimento (p. 216) «al modello
del sistema “secolare” augusteo, costruito per l’appunto su quattro saecula di 110 anni che, iniziato
nel 456, veniva a concludersi nel 17 a. C., momento in cui possiamo considerare iniziato il regnum
Apollinis, come tutta la propaganda augustea di quegli anni si affanna in tutti i modi a ripetere». Si tratterebbe per Coarelli di un sistema cronologico artificiale risalente probabilmente ad Ateio Capito-
ne: «sono dunque apocrifi i ludi del 456, 346, 236 e 126» (p. 215). 55
Vid. Scheid, 2011, pp. 279-282. 56
Vid. Coarelli, 1993, p. 228. 57
Censor., De die natali XVII, 7: Hinc animadvertere licet neque post centum annos ut hi re-
ferrentur ludi statum esse, neque post centum decem. I diversi sistemi e le anomalie appaiono chiara-mente ove si pensi alle celebrazioni dei Ludi Saeculares del 47 d. C., durante il principato di Claudio,
per gli ottocento anni di Roma «ma che ―trattandosi di autentici ludi Saeculares― doveva prendere
come inizio anche un computo “secolare”» (Coarelli, 1993, p. 223) da riconoscersi nel 250 a. C., data
del quarto consolato di Valerio Poblicola (secondo Hirschfeld, 1881, p. 99), «i ludi del 47 corrispon-derebbero al 550° anno dall’inizio, cioè a cinque saecula di 110 anni» (Coarelli, 1993, p. 223). Del
resto in Tac. Ann., XI, 11 si fa riferimento alla miscela dei due sistemi di computo: Isdem consulibus
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
177
All’inizio del III secolo nel 204, nel triduum dal 31 maggio al 3 giugno, si
tennero i ludi saeculares voluti da Settimio Severo, che coinvolsero l’intera fami-
glia imperiale: dall’imperatore, al figlio Caracalla già nominato Augusto, al figlio
Geta ancora Cesare, all’imperatrice Giulia Domna58
. Si trattò di Ludi che, secondo
il fondamentale studio di Jean Gagé rafforzarono notevolmente i Severi e l’idea
stessa di impero, sottolineando l’aspetto monarchico espresso da Dione Cassio nel
dibattito in presenza di Augusto tra Mecenate ed Agrippa, alle origini dell’im-
pero59
. Ma il successo è collegato proprio allo spazio che vi ebbe l’intera famiglia
imperiale e in particolare Giulia Domna, protagonista del secondo giorno di cele-
brazioni e dei riti in onore di Iuno Regina, affiancata dalla nipote Soemiade e cori-
fea della preghiera intonata dalle centonove matrone genuflesse (di solito si fa rife-
rimento a centodieci comprendendo l’imperatrice)60
. Il [Comme]ntarium dei ludi
severiani presenta una serie di punti di contatto e di elementi coincidenti con i ludi
augustei, almeno dal punto di vista rituale, delle formule e dei sacrifici animali. Ne
consegue che è possibile ravvisare da parte di Settimio Severo la volontà di inserir-
si nel solco della tradizione imperiale più antica; ciò che davvero colpisce oltre al
ruolo dell’imperatrice e del corteo delle centonove matrone è il rilievo che assu-
mono nella cerimonia e in particolare all’interno del rito per Iuno Regina le Vestali
Massime Numisia Maximilla e Terentia Flavola61 che affiancano la coppia impe-
riale nel doppio ruolo di massime autorità sacerdotali femminili in appoggio
all’imperatore come pontifex maximus e rappresentante del collegio dei quinde-
cemviri sacris faciundis e all’imperatrice come consorte del pontifex, riferimento
religioso per le Vestali: in realtà, secondo Gagé il culto di Vesta si accorda perfet-
tamente allo spirito della «politica» di Giulia Domna, spesso rappresentata sul recto
di monete che nel verso portano la rappresentazione delle Vestali che officiano il
culto della divinità del focolare62
.
ludi saeculares octingentesimo post Romam conditam, quarto et sexagesimo, quam Augustus edide-
rat, spectati sunt. Sempre in tema di anomalie si può pensare alla celebrazione dei Ludi per volontà di
Domiziano nell’88 d. C., messi in relazione con un ciclo di centodieci anni a partire dai ludi augustei che si sarebbero tenuti, in base a questo calcolo non nel 17 bensì nel 22 a. C., vid. Suet., De Caes.,
Domit. IV: Fecit et ludos Saeculares, computata ratione temporum ad annum non quo Claudius pro-
xime, sed quo olim Augustus ediderat; vid. ancheTotius Latinitatis Lexicon, t. IV, p. 10, s. v. Saecula-
ris. 58
CIL VI 32326-32336; Romanelli, 1931 (1932). 59
Cass. Dio, LII, 2-40. 60
Vid. Gagé, 1934a; 1934b, pp. 33-78; Romanelli, 1931 (1932), p. 323. 61
CIL VI 32329: l. 9: [XV]viris ante cellam Iunon[is Regin]ae venerunt ibique Severus
Aug(ustus) Iuliae Aug(ustae) matri castror(um) con[iugi Aug(usti) et] matronis CX [astantibus Numi-
sia] / l. 10 Maximilla et Terentia F[la]vola [v]irg(inibus) Vest(alibus) praeit in haec verba Iuno Regi-
na ast quid est [quod melius] siet p(opulo) R(omano) [Q(uiritium)]. 62
Gagé, 1934b, p. 71.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
178
Ciò, secondo alcuni studiosi, corrisponderebbe ad una sorta di clima «mora-
lizzatore» di difesa della famiglia romana inaugurato da Settimio Severo e Giulia
Domna e di cui le Vestali divennero in un certo senso le ambasciatrici; del resto
proprio a questa coppia imperiale e in particolare all’imperatrice emesena si deve il
finanziamento del restauro del tempio delle Vestali, distrutto da un incendio duran-
te il principato di Commodo: da quel momento l’associazione Giulia Domna-Vesta
e sacerdotesse Vestali costituì il segno della volontà della dinastia severiana di una
forte continuità religiosa nel rispetto della religione tradizionale romana (anche per
respingere i sospetti che l’imperatrice coltivasse solo la venerazione nei confronti
di divinità di origine orientale). D’altro canto le vestali massime paiono potenziare
ancor più il loro ruolo religioso e politico di indirizzo, come sacerdotesse assai vi-
cine non solo agli imperatori ma anche alle imperatrici nel corso del III secolo d.
C.63
. Non sorprende l’accostamento delle Vestali, vergini, alle matrone nel rito per
Iuno Regina: per Guizzi le sacerdotesse hanno aspetto e caratteristiche matronali:
«perché di Vesta la sacerdotessa ha il carattere ambivalente, contraddittorio e, in-
somma, paradossale: vergine e nel contempo madre»64
.
Il 21 aprile del 248, si tennero i Ludi per la celebrazione del millenario di
Roma, voluti fortemente dall’imperatore Filippo l’Arabo: il natalis urbis rappre-
sentò un’occasione irripetibile di celebrare il ruolo dell’imperatore nella prospetti-
va dell’unicità di un principato, che segnava l’avvento di un Saeculum Novum. Ec-
co forse perché, nonostante si trattasse del millenario, il verso di alcuni conii porta-
va la legenda: SAECULARES AUGG, con riferimento ai maggiormente noti giochi se-
colari. Al tempo stesso celebrava la Roma Aeterna. Il calcolo per la fissazione della
data di tale evento era stato conteggiato a partire dalla celebrazione claudiana dei
Ludi Saeculares65. Maggiori difficoltà si incontrano nel ricostruire il protocollo
poiché mancano ad oggi documenti epigrafici esaurienti come quelli dei Ludi sae-
culares augustei e severiani; del resto i riferimenti delle fonti storiche e letterarie a
questo grandioso giubileo non sono poi tanto numerosi. Al XXXIII capitolo della
Historia Augusta, dedicato a Gordiano III, si enumera un gran numero di fiere e
animali esotici, fatti arrivare a Roma da questo imperatore in vista della celebra-
zione della vittoria sui Persiani e poi impiegati da Filippo nelle venationes e nei
giochi offerti per il millenario: [...] quae omnia Philippus ludi saecularibus vel
dedit vel occidit [...] (1); Quod votum publicum nihil valuit. Nam omnia haec Phi-
lippus exhibuit sacularibus ludis et muneribus atque circensibus, cum millesimum
annum a condita urbe in consulatu suo et filii celebravit (3).
63
Vid. Gorrie, 2004. 64
Guizzi, 1968, p. 107. 65
Vid. Coarelli, 1993, p. 223: «la celebrazione claudiana era quindi destinata a sostituire que-
lla augustea come quinta della serie. Il relativo successo di questo nuovo calcolo si deduce
dall’accettazione di esso da parte di Antonino Pio e di Filippo l’Arabo».
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
179
Del resto sul verso di alcune monete, coniate per il millenario, appaiono rap-
presentati leoni, gazzelle, ippopotami e altri animali impiegati per gli spettacoli del
circo. L’icastico cenno di Aurelio Vittore alla celebrazione del millenario della
città con una varietà di ludi66 come pure quello dello stesso tenore di Eutropio67
,
non aggiungono ampiezza di respiro alla ricostruzione di questo decisivo anniver-
sario. Leandro Polverini, consapevole di questo ostacolo ricostruttivo, ha piuttosto
messo l’accento sulla sensibilità di autori pagani come Erodiano e lo Pseudo-
Aristide dell’orazione Eis Basiléa e cristiani come Origene con l’apologia Katà
Kélsou, nei confronti di tematiche «d’attualità» e di riflessioni scaturite dall’insta-
bilità politica e militare del loro tempo, il III secolo, giudicato a livello storiografi-
co caratterizzato da una crisi politica e militare e dalla dialettica tra paganesimo e
cristianesimo68
. In tale contesto gli storici dell’epoca nelle loro opere si sarebbero
orientati a porre come punto d’arrivo delle loro ricostruzioni il fatidico anniversario
del 248, una data evocativa nel segno di un futuro posto comunque sotto l’egida
dell’Aeternitas Romae eppure fortemente compromesso da una crisi avvertita dagli
intellettuali: in questa direzione sarebbe da collocarsi, secondo Polverini, l’opera di
Erodiano la cui narrazione, che prendeva le mosse dal principato di Marco Aurelio,
si interrompeva in epoca precedente a quella del millenario di Roma per quanto
fosse stata da esso fortemente ispirata69
.
In tale contesto davvero ristretto riguardo alle fonti di riferimento, l’iscri-
zione di Flavia Publicia, con il richiamo retrospettivo (nell’età di Valeriano) alla
Saecularis Aetas aperta da Filippo, finisce per diventare davvero preziosa e unica
in quanto apre uno spiraglio per la comprensione di un decennio che all’epoca do-
veva essere recepito come fine di un millennio, inizio di quello nuovo, come pure,
secondo il nuovo computo claudiano, celebrazione di un centenario, a partire dal 47
a.C., che andava accompagnato dai Ludi Saeculares, fastosi nelle forme ed evoca-
tivi nei contenuti. La Vestale Massima Flavia Publicia doveva aver conosciuto Fi-
lippo L’Arabo già dopo il luglio del 244 quando questi, acclamato imperatore dalle
truppe prima fedeli a Gordiano III, si era spostato a Roma dove era entrato in con-
tatto con i vertici politici e religiosi della città: in questo ambito di alleanze strate-
giche deve essere inserito il ruolo esercitato da Flavia Publicia, Vestalis Maxima,
sicuramente in carica al momento della presa del potere da parte di Filippo e quindi
istituzionalmente lealista nei confronti del nuovo imperatore nella sua veste di pon-
tifex maximus.
66
Aur. Vit., De Caes., XXVIII, 1: [...] annum urbis millesimum ludis omnium generum cele-
brant. 67
Eutr., IX, 3: his imperantibus millesimus annus Romae urbis ingenti ludorum apparatu
spectaculorumque celebratus est. 68
Vid. Polverini, 1988. 69
Ibidem, p. 356-357, sulla c.d. crisi del III secolo, vid. anche Christol, 1997.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
180
All’incirca tre anni e mezzo dopo Flavia assunse un ruolo di primo piano in
occasione delle celebrazioni per il millenario della fondazione di Roma: poiché
quasi sicuramente venne adottato il protocollo severiano, già in linea con quello
augusteo, riassunto sui documenti epigrafici ancora ben visibili e leggibili nell’area
del Terentum70, si può immaginare una sequenza di cerimonie religiose ripartite in
un triduo dal 20-21 al 23 di aprile seguite da una serie di ludi scenici e circensi co-
me indica la quantità di animali e fiere che sono rappresentati sui conii. La preghie-
ra a Iuno Regina e la descrizione dei sacrifici alla dea nel secondo giorno dei Ludi
Saeculares severiani con in primo piano la figura di Giulia Domna, accompagnata
dalla Vestale Massima in carica e dalle altre Vestali e seguita dal corteo delle cen-
tonove matrone, probabilmente offrirono il modello scenografico per la cerimonia
del millenario del 248. Flavia Publicia forse seguì il percorso contrassegnato dagli
altari lignei dal Palatino al Campidoglio in corteo con gli imperatori Filippi, gli al-
tri quindecemviri e l’imperatrice Marcia Otacilia Severa per intonare la preghiera
alla dea, dettata da Filippo all’imperatrice, nei modi della tradizione. Negli antoni-
niani della zecca di Roma di Filippo l’Arabo, del 248 d.C., spicca la serie con la
legenda SAECULARES AUGG. e la rappresentazione di leoni, gazzelle, antilopi e della
lupa che allatta i gemelli71
; vi è poi da sottolineare la legenda SAECULUM NOVUM,
sempre databile al 248, che evoca l’avvento di un nuovo secolo nel segno dell’eter-
nità e della grandezza di Roma72
. In questa serie la legenda è accompagnata dalla
rappresentazione di un tempio esastilo con al centro la statua di Roma; la legenda
di immediata percezione tra quelle riportate sui conii del 248 è senza dubbio MI-
LIARIUM SAECULUM, il secolo del millennio che compare su sesterzi e dupondi73
. I
medesimi messaggi propagandistici compaiono sia sulla monetazione dell’impe-
ratrice Otacilia Severa74 sia su quella del figlio Filippo che all’epoca dei Ludi rico-
priva il secondo consolato75
.
Un’eco del millenario si ritrova anche negli antoniniani, battuti a Vimina-
cium nel 249 d.C., durante l’usurpazione di Pacaziano, sui quali appare come il
computo degli anni venga simbolicamente a ripartire dal millesimo anno, il 248
d.C.: ROMAE AETER. AN. MILL. ET PRIMO76
. Davvero la Saecularis Aetas del nuovo
millennio era appena iniziata.
70
Vid. Romanelli, 1931 (1932), pp. 313-318; un’analisi topografica molto efficace è presente
in Coarelli, 1993, pp. 229ss. 71
SAECULARES AUGG: vid. ad es. RIC, IV, 3, 12, 13, 15-24 (antoniniani); 14, 24 (aurei). 72
SAECULUM NOVUM: vid. ad es. RIC, IV, 3, 25 (aureo e antoniniano). 73
MILIARIUM SAECULUM: vid. ad es. RIC, IV, 3, 157. 74
Vid. ad es. RIC, IV, 3, 116-118 (248 d.C. SAECULARES AUGG., SAECULUM NOVUM). 75
Vid. ad es. RIC, IV, 3, 224, 225, 264, 265 (248 d. C. SAECULARES AUGG.). 76
Vid. RIC, IV, 3, 6.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
181
FLAVIA PUBLICIA E LA SARDEGNA
A questo punto si può ipotizzare la presenza in Sardegna della Vestale Flavia Pu-
blicia, nell’ambito di un volontariato assistenziale oppure di imprenditrice dedita al
commercio, come indica la presenza del cunbus Port(u)ensis, probabilmente affi-
dato ad un conductor, lo schiavo di Flavia, Eudromus, nelle acque del porto di Tur-
ris Libisonis77. La cronologia e la motivazione appaiono meno incerte di quelle col-
legate ad un possibile rapporto di parentela della Vestale con il governatore
L(ucius) [F]l[avius] Honoratus, che pure non può essere ecluso78
. In questo senso
anche la preziosa testimonianza della tabella immunitatis andrebbe inserita nel
quadro cronologico delle altre testimonianze epigrafiche, provenienti dall’Atrium
Vestae, che vedono Flavia al vertice della vita religiosa e politica nel momento in
cui si instaura un rapporto fiduciario e confidenziale in primo luogo con le famiglia
imperiale dei Filippi e probabilmente anche con quella di Valeriano e Gallieno.
Al momento della presa del potere da parte di Filippo I si insedia in Sardinia
il vir egregius procurator Augusti et praefectus, M. Ulpius Victor, già governatore
della Mauretania Tingitana sotto Gordiano III79
: nel corso del 244 (tra il 13
gennaio-14 marzo e il 31 dicembre), durante il primo anno di carica, il governatore
risulta promotore, per conto dell’autorità imperiale, di una serie di restauri lungo
alcune delle principali arterie stradali e le loro diramazioni, importanti per i traffici
commerciali e i collegamenti con gli scali portuali della provincia: a Nora Bitiae; a
Nora Karalibus; [a T]harros C[ornu]s; a Karalibus Olviae80. La recente scoperta
nel 2010, inglobato nei ruderi della chiesa di San Giorgio, in territorio di Torralba
(Sassari), di un nuovo miliario della via a Turre usque [Kar]alis, risalente al primo
anno di Filippo l’Arabo e riferibile ai lavori fatti eseguire dal [procurator s]uus
Ulpius Victor dimostra per la prima volta che questo governatore si occupò anche
della manutenzione di alcuni tratti della via principale che tagliava longitudinal-
mente l’isola da nord a sud, collegando Turris con Karales81
. L’attivismo di Ulpius
Victor si mostra poi a proposito del restauro a Turris del Templum Fortunae e della
basilica civile con la tribuna esastila (basilicam cum tribunali et columnis sex), so-
77
Gasperetti, 2009, p. 268: Flaviae / Publiciae / v(irgini) v(estali) / maximae / immunis / in
naucella marina cunbus Port(u)ensis / parasemo Porphyris. Eudromus (servus?). 78
Mayer i Olivé, 2011, p. 156. 79
Meloni, 1958, p. 214, pros. 33; Mastino, 2005, p. 158; Zucca, 2001, p. 531, nº 38; Cazzo-
na, 2002, pp. 1833-1835. 80
CIL X 7996 (Nuraccheddos); CIL X 7999 (Pula); CIL X 8009 (Cabras). Per la [a T]harros
C[ornu]s. Vid. Atzori, 2010, p. 94; per la a Karalibus Olviae: CIL X 8027 (Oschiri); Boninu e Stylow, 1982, pp. 54-56 nº 8 = Oggianu 1991, p. 879; AE 1984, 444 (Monte Silvaru, Mores).
81 Sechi, 2013, p. 488. L’autrice ritiene che il cippo sia decontestualizzato e che ad ogni mo-
do provenga dall’arteria principale la a Karalibus Turrem che doveva snodarsi a poca distanza dal
luogo del rinvenimento, l’antica chiesa di S. Giorgio di Torralba (p. 489).
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
182
vrinteso sul posto da un curator rei publicae, il solo attestato per la provincia, il
trib(unus) mil(itum) L(ucius) Magnius Fulvianus, un equestre forse di origine mau-
ra stretto collaboratore di Ulpius Victor sin dai tempi del governo della Tingitana82.
Il passaggio di consegne tra Ulpius Victor e il governatore subentrato nel
245 d. C., P. Aelius Valens che rimase in carica sino al 248 d. C., non dovette mu-
tare la situazione nell’isola nel senso che anche i contenuti degli interventi del
nuovo proc(urator) eorum praef(ectus) prov(inciae) Sard(iniae) e(gregius) v(ir)
paiono principalmente orientati al mantenimento in efficienza della rete stradale
della provincia sotto i Filippi probabilmente con la finalità di favorire il transito
interno e verso i porti d’imbarco delle persone e delle merci, in particolare del
grano per l’annona83
. Tutto ciò parrebbe confermato dalla missione in Sardegna del
vigile M. Aurelius Mucianus all’interno dell’incarico conferito ad un distaccamento
della II Cohors vigilum Philippiana, partito da Roma il 28 maggio e fermatosi
nell’isola sino al 15 agosto del 245 presso il procuratore provinciale P. Aelius Va-
lens, forse come membro della scorta del governatore nel momento del passaggio
di consegne con Ulpius Victor. Successivamente Aurelius Mucianus fu distaccato a
Luni e a Pisa apparentemente con incarichi legati alla raccolta di frumento per la
capitale (dal 13 aprile al 21 giugno del 246). Attilio Mastino suppone che il periodo
della permanenza del vigile Aurelius Mucianus in Sardegna possa coincidere da
una parte con la mietitura e la raccolta del frumento e dall’altra con la sovrinten-
denza da parte di un distaccamento della coorte dei vigili sull’imbarco delle derrate
granarie, per es. dal porto di Olbia, per sopperire alle necessità dell’annona di Ro-
ma o piuttosto dell’annona militare, in un momento di turbolenza militare sul fron-
te danubiano-balcanico con l’intervento dell’imperatore Filippo in Mesia contro
Quadi e Carpi. In realtà è possibile formulare un’ipotesi aggiuntiva che può chiari-
re ancor meglio il quadro complessivo della politica dei Filippi in Sardegna nei
primi anni del loro pur breve principato, caratterizzato da una grande attenzione per
il restauro della rete stradale, in vista del trasporto di frumento e probabilmente di
frumentum publicum, nel quale vennero naturalmente coinvolti i governatori come
pure forse il vigile Aurelius Mucianus e il distaccamento della Cohors Philippiana.
Anzitutto occorre premettere che lo stato di servizio che sintetizza le tappe della
carriera e le missioni di Aurelius Mucianus all’interno del diploma di congedo per
malattia fu stilato dallo stesso vigile: «con lo scopo apparente di collocare nel tem-
po il beneficio del frumentum publicum che desiderava vedersi confermato dopo il
congedo»84
, beneficio che aveva ottenuto il marzo del 243 [Kal(endis) Mart(iis)
82
CIL X 7946. Per quanto riguarda Magnius Fulvianus e il suo incarico turritano di curator
rei publicae, vid. Didu, 1992, pp. 377-384; Cazzona, 2002, pp. 1835-1836. 83
Ad Oggi risultano quattro i miliari che si riferiscono a P. Aelius Valens: EE VIII, 743: a
Turre usque Karalis; 772: [a] Karalibus Olbiae; 739 = ILS 511: a Nora Bithiae; Cazzona, 2002: (a Karalibus) Ulb(iae).
84 Mastino, 2012, p. 2212.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
183
Arriano et Papo co(n)s(ulibus)] mentre si trovava in oriente per la spedizione con-
tro i Persiani al seguito di Gordiano III. Mastino sposa la tesi che Aurelius Mucia-
nus sia rientrato dalla missione toscana, a Luni e Pisa nel giugno del 248, circa due
mesi dopo l’inizio dei Ludi Saeculares del 21 aprile, inaugurati da Filippo l’Arabo
e che in occasione del congedo gli sia stato confermata l’attribuzione del frumen-
tum publicum, al quale teneva in particolar modo85
. Si può dunque pensare che in
occasione dei Ludi del millenario ma in realtà già a partire dal 244 con una prose-
cuzione forse nel 247 siano stati elargiti da parte dell’imperatore grandi quantità di
congiaria, con una sorta di parossismo distributivo in occasione dei Ludi: ciò
avrebbe prodotto un aumento del fabbisogno frumentario dalle campagne egiziane,
sottoposte a provvedimenti imperiali in tema di organizzazione agricola, fiscale e
annonaria. Per S. Pennestrì la raffigurazione che compare sul rovescio di due me-
daglioni di bronzo di Filippo I e dei due Filippi con Otacilia Severa databili rispet-
tivamente al 246 e al 24886
«contribuisce forse a ricostituire il rapporto tra la distri-
buzione quotidiana e quella straordinaria del panis, che avveniva in occasioni par-
ticolari, in un contesto che in un certo senso, sacralizzava, su uno sfondo architet-
tonico abbozzato, i protagonisti e i loro gesti»87
. La scena già descritta dal Cohen e
da lui rappresentata iconograficamente riproduce probabilmente una circostanza
straordinaria, come quella dei Ludi, con la raffigurazione ad es. di donne e bambini
che generalmente non erano ammessi alle frumentationes ordinarie e soprattutto di
una figura centrale da identificarsi con la personificazione di Liberalitas o Annona
che forse esibisce una tessera frumentaria, insieme ad altre tre figure: un uomo e
due donne «che appaiono in prima fila sono evidentemente i beneficiarii di una dis-
tribuzione sui generis che sembra coinvolgere la plebs nella sua totalità»88
. I Filip-
pi, padre e figlio, compaiono all’interno del registro superiore al di sotto di un por-
tico rettangolare, interpretato come la cavea di un edificio di spettacolo, seduti su
due alte pedane nel gesto di protendere il braccio destro come d’uso per le elargi-
zioni di congiaria che promanavano dalla liberalità e dalla benevolenza degli impe-
ratori verso il popolo; molti elementi della raffigurazione come la presenza di un
tibicen e di due sacerdoti conferiscono ad essa un carattere di sacralità. «La scena
riprodotta sui medaglioni di Filippo l’Arabo deve perciò essere con molta probabi-
lità interpretata come la descrizione di un epulum, magari inserito nelle celebrazio-
ni particolarmente solenni del saeculum novum che stava per inaugurarsi sotto il
85
La cronologia è in effetti oggetto di dibattito: alcuni studiosi ritengono che il ritorno di Au-
relius Mucianus sia avvenuto nel giugno del 247: Mastino, 2012, p. 2217 ritiene che sia dirimente
l’associazione del III consolato di Filippo padre e del II consolato di Filippo il giovane, già Augusto, titolo che non gli era stato attribuito nel giugno del 247.
86 Cohen, 1885, p. 107 nº 127; p. 137, no 9, 10.
87 Pennestrì, 1989, p. 303.
88 Pennestrì, 1989, p. 306.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
184
suo regno»89
.
Si può pensare che anche la Sardegna, oltre all’Egitto, sia stata coinvolta
nell’aumento di fabbisogno granario destinato alle distribuzioni di congiaria duran-
te il principato di Filippo e del figlio, soprattutto nell’occasione straordinaria dei
Ludi del millenario dell’aprile del 248 d.C.
Gli interventi dei governatori Vlpius Victor ed Aelius Valens così marcata-
mente orientati al riattamento della rete viaria isolana, indicano il bisogno di facili-
tare il trasporto delle derrate frumentarie verso i porti d’imbarco di Turris e Kara-
les da cui partivano le navi onerarie alla volta del porto di Ostia. Anche la missione
del vigile Aurelius Mucianus, fors’anche incidentalmente condizionata da una cau-
sa personale in quanto egli stesso desiderava continuare ad essere beneficiario del
frumentum publicum, potrebbe esser letta nella prospettiva dell’aiuto portato da un
distaccamento di uomini esperti in vista dell’accumulo di scorte di grano da inviare
a Roma per le aumentate esigenze legate alle liberalità dei congiaria, durante il
principato di Filippo l’Arabo. Certo è che in questo articolato mosaico potrebbe
ben inserirsi la presenza del cunbus Port(u)ensis, con l’insegna (parasemo)
Porphyris della Vestale Massima Flavia Publicia, beneficiaria dell’immunità dal
portorium sul carico trasportato dalla piccola imbarcazione (immunis in naucella
marina), presumibilmente verso una nave oneraria, ancorata al di fuori delle acque
del porto di Turris. Il cunbus era pilotato dallo schiavo Eudromos e doveva essere
utilizzato per raggiungere la nave ormeggiata lontano dalle secche alla foce del Rio
Turritano. L’immunitas dal pagamento del portorium era ben evidenziata dall’iscri-
zione incisa sulla lastrina bronzea, in forma di piccola tabella ansata, collocata at-
traverso due fori laterali di fissaggio forse ad una delle fiancate del cunbus o più
probabilmente sull’albero maestro. Probabilmente tale immunitas era stata conces-
sa alla Vestale Massima da Filippo l’Arabo come riconoscimento dell’alto valore
religioso e istituzionale svolto da Flavia all’interno del progetto di liberalità e be-
nefici assistenziali concessi al popolo di Roma che culminarono poi con i congiaria
del 248. Ma forse non si trattava di un riconoscimento di tipo personale, destinato
solo ad allargare le attività imprenditoriali della Vestale Massima: sembra più pro-
babile immaginare che l’immunitas dai dazi che si pagavano sulle merci in uscita
dalla Sardegna, il portorium sardum fosse stata concessa dall’imperatore solo per
riconosce il ruolo di volontariato e di servizio pubblico assistenziale garantito au-
tonomamente da Flavia Publicia. E ciò sui carichi di grano, provenienti da latifun-
dia della pertica di Turris90, prodotti che arrivavano comunque dai latifondi e poi
potevano essere acquistati, per essere trasferiti sulla nave da carico, attraverso il
89
Pennestrì, 1989, p. 307. 90
Circa il possesso di tali latifundia allo stato attuale delle conoscenze risulta impossibile
avanzare ipotesi più precise, nel senso che sarebbe avventato spingersi in ipotesi di possesso fondiario
da parte di Flavia Publicia o di presenza di latifundia imperiali entro la pertica di Turris.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
185
cunbus Port(u)ensis, ossia del porto di Turris, che svolgeva il servizio per conto
della Vestale all’interno di un circuito di navigazione locale, fluviale e portuale, tra
l’asta del Rio Mannu, il porto turritano e il Golfo dell’Asinara. Soprattutto nel caso
che il magister navis della nave oneraria adibita al trasporto di diversi generi di
merci avesse avuto difficoltà ad accedere al porto a causa del mare in burrasca. Noi
sappiamo che fino ad età severiana il porto era poco protetto dal maestrale ed è per
questa ragione che era stato edificato il molo di Aquilone (ossia la moles del lato
sinistro), eretto per proteggere il porto di Turris dal vento Aquilo, il vento setten-
trionale di Borea come forse dal grecale, il vento di nord est91
.
Dobbiamo ricordare che il cunbus o la cymba92 era dotata del parasemo
Porphyris, portava un’insegna dunque che doveva essere ben nota e riconoscibile
nell’ambito delle operazioni di facchinaggio e stoccaggio all’interno del porto sar-
do e utilizzata per segnalazioni con la nave principale: il piccolo vascello (a vela ?)
doveva avere una stazza e una portata lorda limitate e doveva essere sprovvista di
un vero ponte di manovra e di una vera coperta; piuttosto era dotata comunque di
una stiva per l’ammasso del grano. La navicella effettuava le operazioni di carico
non già presso la ripa turritana, identificabile con la foce del Rio Mannu dove sor-
geva il primitivo impianto portuale strettamente controllato da procuratori equestri
o liberti imperiali a seconda dei periodi93
. Si potrebbe pensare in alternativa al set-
tore della Darsena Vecchia di Porto Torres, anch’essa sottoposta al controllo dei
funzionari doganali.
Occorre peraltro ricordare che la definizione ripa turritana venne generica-
mente estesa a comprendere la zona e le attività del porto nella prospettiva di
un’area allargata, non solo in rapporto alle originarie ripae fluviali. Tutto ciò può
essere ricollegato alla costruzione del ponte a sette luci sul Rio Mannu in epoca
tiberiana e alla valorizzazione, all’interno di un programma di innovazione urbani-
stica, dell’area collinare a oriente della riva destra del fiume, in direzione della
Darsena vecchia. Il cunbus scaricava, probabilmente il carico frumentario, presso
la nave oneraria all’ancoraggio fuori dal porto di Turris; quest’ultima faceva servi-
91
I lavori eseguiti nel 2005 presso l’area portuale di Porto Torres, promossi dal Ministero de-
lle Infrastrutture ed effettuati sotto l’attenta sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Sassari e Nuoro hanno condotto all’acquisizione di un numero elevato di reperti archeologici tra
cui un’iscrizione databile in epoca severiana tra il 195/196 e il 211/212 d. C. In essa, per quanto
frammentaria, si fa riferimento alla l. 5 all’Aquilonis, il vento settentrionale di Borea che impediva
l’accesso all’interno del porto. Vid. Gasperetti, 2014, pp. 164-166. 92
ThLGr., s. v. kúmbos; ThLl., IV, coll.1587-1588 s. v. cymba. Gasperetti, 2009, p. 272. 93
Si conoscono un cavaliere proc(urator) ripae Turr(itanae) (ILSard I 245) e un liberto
dell’epoca di Antonino Pio proc(urator) ripae Turr(itanae) (AE 1981, 476). La vicenda relativa alla
ripa e ai funzionari preposti ad essa è stata oggetto di dibattito serrato, vid. Cazzona, 1994-1998, pp. 259-266; Mastino, Spanu e Zucca, 2005, p. 194. A proposito delle grandi infrastrutture della colonia e
dell'impianto urbanistico, Azzena, 1999, pp. 368-380.
Paola RUGGERI
La Vestale Massima Flavia Publicia
186
zio lungo la rotta Turris-Ostia e viceversa. Del resto risale ormai alla prima metà
degli anni ottanta del secolo scorso l’identificazione degli horrea di Turris del II-III
secolo d.C. proprio nel settore nord orientale della città; essi, funzionali all’empo-
rium del porto, ebbero una vita di circa due secoli e mezzo se vennero distrutti nel
V secolo d.C. probabilmente in coincidenza del secondo attacco rivolto dai Vandali
alla Sardegna94
.
Non siamo in grado di precisare se Flavia Publicia possa essere considerata
exercitor dell’imbarcazione che affidava mediante praepositio allo schiavo Eudro-
mos, gubernator del cunbus: saranno i romanisti a chiarire tecnicamente gli esatti
termini del rapporto giuridico; si può solo supporre che forse si trattava di
un’impresa individuale gestita all’interno di un peculio di cui una donna poteva
essere titolare. Del resto sottolineano i romanisti Cerami e Petrucci: «Con riguardo
a questo modello organizzativo, la maggiore particolarità, su cui si concentra
l’attenzione dei giuristi del II e degli inizi del III secolo d.C., sono gli effetti giuri-
dici della voluntas patris aut domini (la cui traduzione italiana concettualmente più
corretta sia “consenso” del padre o del padrone più che volontà) rispetto all’eser-
cizio dell’impresa»95
.
Resta da chiedersi la destinazione del grano che la Vestale Massima traeva
da Turris in regime di esenzione fiscale e con l’approvazione dell’imperatore: si
preferisce pensare ad una serie di benivolentiae e beneficia per utilizzare il lessico
delle iscrizioni di Flavia Publicia, ad esempio distribuzioni gratuite di grano, verso
alcuni soggetti, ad esempio Bareius Zoticus e la moglie Flavia Verecunda96 e anco-
ra M. Aurelius Hermes97. Del resto che quelli di Flavia Publicia non fossero com-
merci destinati unicamente a consentirle un introito personale parrebbe testimonia-
to con estrema chiarezza da un’espressione del testo inciso sulla base dedicatale dai
due centuriones deputati, Ulpius Verus e Aurel(ius) Titus: Respublica in dies / feli-
citer sentit, con riferimento al ruolo religioso e pubblico della Vestale che forse
attraverso alcune immunità e benefici che le venivano concessi per l’alto ruolo sa-
cerdotale poteva essere utile al contesto sociale e militare della Res publica98.
94
Villedieu, 1984, pp. 7ss.; Mastino, Spanu e Zucca, 2005, p. 70 e p. 194. 95
Cerami e Petrucci, 2010, p. 230. 96
CIL VI 32416 = Frei Stolba, 5, p. 238 = Meckacher, Kat., I, p. 205. 97
CIL VI 32417 = Frei Stolba, 6, p. 238 = Meckacher, Kat., I, p. 205-206. 98
CIL VI 32415 = Frei Stolba, 4, p. 237 = Meckacher, Kat., I, p. 205. Vid. Mayer, 2011, p.
146-147.
Paola RUGGERI
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