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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTEDIPARTIMENTO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA
Corso di Laurea Magistrale in Architettura
Tesi di Laurea
Luoghi della Memoria n e l P a e s a g g i o :Un museo nelle rovine del palazzo di Fünfenberg (TS)
Laureando! ! ! ! ! ! RelatoreDavide Stolli! ! ! ! ! ! prof. Giovanni Marras
! ! ! ! ! ! ! Correlatore! ! ! ! ! ! ! prof. Sergio Pratali Maffei
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTEDIPARTIMENTO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA
Corso di Laurea Magistrale in Architettura
Tesi di Laurea
Luoghi della Memoria n e l P a e s a g g i o :Un museo nelle rovine del palazzo di Fünfenberg (TS)
Laureando! ! ! ! ! ! RelatoreDavide Stolli! ! ! ! ! ! prof. Giovanni Marras
! ! ! ! ! ! ! Correlatore! ! ! ! ! ! ! prof. Sergio Pratali Maffei
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
1. 6
Luoghi della memoria nel paesaggio
1.1. luogo 81.1.1. emergenze ambientali 91.1.2. il tempio 14
1.2. tempo 18
1.2.1. lʼimmagine mobile dellʼeternità 191.2.2. la stratificazione della temporaneità 23
1.3. accordo 28
1.4. lʼindefinito 34
1.5. riscoperta 38
2. 42
La natura dei luoghi della memoria e loro possibile
valorizzazione
2.1. tracce 52
2.2. rovine 72
3. 92
I luoghi della memoria della valle del Breg (Ts)
3.1. analisi 94
3.1.1. inquadramento territoriale e paesaggistico 953.1.2. inquadramento storico 108
3.2. luoghi 118
3.2.1. interventi deboli 1223.2.2. il colle di Moccò 130
3
4. 136
Il museo storico nelle rovine del palazzo di Fünfenberg
4.1. inquadramento 138
4.1.1. indicazioni urbanistiche 1394.1.2. accessibilità 148
4.2. analisi 152
4.2.1. elementi costitutivi del luogo 1534.2.2. ricostruzione del palazzo di Fünfenberg 1584.2.3. consistenza attuale dei manufatti 162
4.3. progetto 166
4.3.1. ricostruzione volumetrica 169
4.3.2. progetto museografico 174
4.3.3. edificio di nuova costruzione 184
4.3.4. definizione degli spazi aperti 189
5. 192
Tavole di progetto
6. 219
Bibliografia e sitografia
5
1.1.1.
emergenze ambientali
Una delle parole chiave legate alla C o n v e n z i o n e E u r o p e a d e l Paesaggio1 è percezione. Ciò in t roduce a uno de i g rand i cambiamenti avvenuti nel corso del novecento, ovvero il superamento della analisi meramente funzionale verso una let tura percett iva dellʼambiente umano, cosa già richiamata allʼattenzione dai filosofi del fin de siècle, come descritto da Norberg-Schulz2 . Che questo
importante mutamento di approccio sia dichiarato in un documento legislativo legato al paesaggio è una ulteriore dimostrazione del valore dellʼambiente per la vita umana e di come questo non sia riducibile alla semplice analisi positivistica.
Allʼalba del novecento il filosofo aus t r i aco Husse r l f ondò l a fenomenologia trascendentale col
9
1 Firenze, 20 ottobre 2000
2 Christian Norberg-Schulz, Architettura: presenza, linguaggio e luogo, Skira, Milano 1996
«“Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dallʼazione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni»
(Convenzione Europea del Paesaggio, Cap.1, art.1, lettera a)
fine di superare la perdita di significato in relazione alla vita, causata dalla mera scienza dei fatti e della matematicizzazione della natura3. La fenomenologia volle essere una fusione tra il pensiero ed il sentimento, la ricerca di un accostamento alle cose stesse con la stessa naturalezza con cui esse si presentano, definibile in sintesi come “scienza della possibile esperienza del mondo”4. Dal punto di vista della filosofia questo approccio si sviluppò ulteriormente con Heidegger, che partendo dalla preconoscenza del mondo arrivò alla conclusione che ogni cosa è manifestazione dellʼessere, ovvero ciò che persiste delle cose, il loro “modo di essere”. Quindi Norberg-Schulz definisce la fenomenologia come “scienza dellʼessere che riguarda proprio lʼessere delle cose come rispecchiamento reciproco di qualità”5.
10
3 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit., pp. 70-71
4 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit.
5 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit., p. 71
la percezione visiva (Gestalttheorie);il cubo di Necker,
il triangolo di Kanizsa
Dunque alla base dellʼapproccio fenomenologico sta il mondo della v i t a , i l m o n d o c o n c r e t o direttamente presente. Essendo anche noi parte del mondo, lʼesperienza naturale non risulta essere né soggettiva, né oggettiva, essa è principalmente qualitativa, perché ciò che esiste ha una presenza immediata di identità ed è quindi identificabile. Ogni cosa del mondo ha perciò un proprio modo di essere, che la definisce ed identifica.Questo modo di essere viene p e r c e p i t o d a l l ʼ u o m o c o m e atmosfera, che Heidegger definisce come “modo basilare dellʼuomo di stare al mondo e fondamento della presenza”6.I l c o n c e t t o d i p r e s e n z a heideggeriana (Räumlichkeit) definisce dal punto d i v is ta fi losofico le emergenze de l paesagg io , come presenze, appunto, natural i identificate d a l l ʼ u o m o p e r l e p r o p r i e carat ter is t iche qual i ta t ive in rapporto con lo spazio. Queste
116 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit., p. 160
atmosfera.paesaggio romantico,
paesaggio classico,
paesaggio cosmico
caratteristiche possono essere lette tramite la fenomenologia Gestalt, che può essere definita come disciplina della conformazione della figura7. Questa disciplina definisce alcuni principi e qualità che influiscono sulla percezione delle forme (in tedesco Gestalt). Tre principi Gestalt sono la prossimità, la chiusura e la continuità, mentre q u a l i t à p o s s o n o e s s e r e l a delimitazione (il concetto di soglia, l i m i t e ) , l ʼ e s t e n s i o n e e l a cen t ra l i zzaz ione ( l a meta )8 . Lʼorganizzazione spaziale deve essere quindi comprensibile, cosa che viene anche sottolineata dagli studi sul paesaggio. Il luogo, per essere quindi definito come tale, deve avere una iden t i tà d i demarcazione e carattere.
L ʼapprocc io fenomeno log ico Gestalt può dare una chiave di lettura contemporanea al rapporto che intercorreva in antico tra
l ʼuomo ed i l paesagg io . La presenza nel paesaggio dellʼuomo raccoglitore-cacciatore paleolitico era segnalata principalmente dalla presenza fisica dellʼuomo, mentre le sue tracce erano caratterizzate dalla temporaneità. La natura dominava sullʼuomo, opprimendolo, cos icché le emergenze de l p a e s a g g i o e n t r a r o n o ne l l ʼ immag ina r i o d i venendo manifestazioni di una presenza altra. Nacque così la mitica del paesaggio9, dove la presenza monopol izzante del la natura gene rò una i e ro fan ia , una sacralizzazione dei luoghi connotati da una presenza di demarcazione e carattere.
12
7 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit., p. 130
8 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit., cap. “Tipologia”
9 Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro: Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio, Venezia 1998, p. 50
13
View
sacralizzazione del paesaggioRichard Long, Snowdonia stones, A five day walk in north wales, 2008
1.1.2.
il tempio
Lʼuomo cacciatore-raccoglitore p a l e o l i t i c o p r e n d e conseguentemente maggiore coscienza della propria presenza nel paesaggio, divenendo attore ne l la vas ta scenografia de l mondo10. Lʼuomo osserva e vive il paesaggio, divenendone parte11, mentre “la parte che [...] recita nel
paesaggio gli viene suggerita dal suo farsi spettatore”12. Il passaggio dallʼattività di raccolta allʼagricoltura è un passaggio chiave nel rapporto tra lʼuomo e la natura. Sino a quel momento la natura dominava incontrastata sul destino dellʼuomo, che ora però prende coscienza delle proprie
14
10 Eugenio Turri, Antropologia del paesaggio, Comunità, Milano 1974
11 Rosario Assunto, Il paesaggio e l'estetica, Novecento, Palermo 1994
12 Eugenio Turri, Il paesaggio... op. cit., p.28
«Il tempio, infatti, come vuole Martin Heidegger, funge da rivelazione del paesaggio in cui sorge: la sua purezza dischiude l'oscurità e fa emergere le forze platoniche, nascoste, delle rocce in basso, rivela l'inaccessibilità e l'azzurrità del cielo, la potenza delle tempeste e la vastità del mare»
(Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro: Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio, Venezia 1998, p. 50)
capacità e cerca di mediare la p r o p r i a s o p r a v v i v e n z a c o n lʼambiente in cui vive13. Declinando le specifiche naturali già presenti, lʼagricoltore umanizza la natura, costruendo una testimonianza della propria esistenza in rapporto con lʼesistenza dellʼambiente. Lʼuomo quindi prende possesso della terra.
In origine lʼopera umana incide sulla superficie terreste a partire da
un profondo accordo con la c o m p r e n s i o n e d e l l u o g o . Lʼagricoltore, vivendo in stretto rapporto con lʼambiente, legge e comprende i caratteri basilari del paesaggio in cui e di cui vive, quindi la forma costruita deriva direttamente dallʼunità di vita e luogo. Lʼarchitettura diventa chiave di lettura dellʼambiente, il cui carattere viene percepito, capito e trasmesso dallʼedificio. Il dialogo tra
1513 Eugenio Turri, Antropologia... op. cit.
chiarificazione del luogotempio di Apollo, Delfi
lʼarchitettura ed il paesaggio porta ad una epifania, una chiarificazione della natura del luogo. Heidegger sintetizzò questo rapporto dicendo che “gli edifici portano la terra come paesagg io ab i t a to i n prossimità dellʼuomo e collocano allo stesso tempo il vicinato del convivere sotto lʼarco del cielo”14. Lʼopera dʼarte quindi presentifica un mondo, rendendolo esplicito.
I l u o g h i d e c r e t a t i p e r l a rappresentazione dellʼesistenza dellʼuomo coincidono il più delle volte con i luoghi in cui lʼuomo r a c c o g l i t o r e p e r c e p i v a l a manifestazione dellʼaltro, del sacro. Quindi il tempio chiarificatore del m o n d o d e l l ʼ e s s e r e , c h e rappresentando la presenza dellʼuomo esplicita il carattere del luogo, va a porsi in luoghi già di per
1614 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit., p.61
il tempio nel luogo “altro”monastero della Santa Trinità, Meteore, Grecia
1.2.1.
Il rapporto con la morte e con la temporaneità dellʼesistenza terrena accompagna la vita umana sino dai tempi più remoti. Lo scorrere del tempo umano si rispecchia da sempre con la temporalità della natura, che diventa lʼinterlocutore dellʼumanità nella storia della vita.Il paesaggio definito da Assunto15 è quindi più che uno spazio, esso è c a r a t t e r i z z a t o d a u n a metaspazial i tà che comunica
qualcosa oltre la sola percezione fisica. La metaspazial i tà del paesaggio può essere definita come il costituirsi dello spazio quale rappresentazione del tempo della natura.Il tempo della natura, a differenza d e l t e m p o d e l l ʼ u o m o , è caratterizzato dalla temporalità, dallʼeterno ritorno, anteriore ed ulteriore rispetto alla storia, il paesaggio diventa quindi una
1915 Rosario Assunto, Il paesaggio... op. cit.
lʼimmagine mobile dellʼeternità
danza macabraHrastovlje, Slovenia
immagine mobile dellʼeternità.16 Ogni componente ambientale dec l i na secondo le p rop r ie caratteristiche la temporalità, ma tutte rappresentano una eternità c o n l a q u a l e d i a l o g a l a temporaneità umana.La litosfera è la prima componente con la quale la temporaneità si confronta. Se da un lato, infatti, la geologia dimostrò più di due secoli fa che la terra non è immobile, ma sottoposta a continue mutazioni e sconvolgimenti, il tempo geologico e q u e l l o u m a n o r i s u l t a n o comunque incompatibili e quindi lʼessere umano percepisce la terra come immobile. La roccia permane sempre uguale a sé stessa, mentre le storie degli uomini passano con i loro fasti e rovine. Il tempo del regno minerale può essere definito quindi come tempo dellʼidentità immobile. Lʼidrosfera è forse la componente ambientale che più di tutte richiama alla memoria lo scorrere del tempo. Lʼacqua è percepita come novità
2016 Rosario Assunto, Il paesaggio... op. cit.
lʼimmagine mobile dellʼeternità:il tempo dellʼidentità immobile,
la novità dellʼidentico
dell ʼ identico , sempre nuova seppur immutata alla vista. Assunto richiama allʼattenzione diverse m a n i f e s t a z i o n i d i q u e s t a metaspazialità; basti pensare al mare, che è in continuo movimento seppur sempre identico, allʼacqua dei torrenti e delle cascate, mai la stessa ma sempre uguale, per concludere poi con la laguna, immobile e mutevole al contempo.La natura scandisce il tempo con il volgere delle stagioni, segnando all ʼuomo un lento conto alla rovescia verso una fine certa, seppur a volte remota. Ma le stagioni rappresentano pure un r innovamento perpetuo, una certezza di eternità nella ciclicità infinita. Passato e presente si identificano nel cerchio senza fine dellʼeterno rinnovamento e ritorno della temporalità circolare della vegetazione, che si r innova, sempre nel medesimo modo, anno dopo anno, per lʼeternità.A fianco della flora nella biosfera cʼè la fauna, ciò che lʼuomo ha di più vicino alla propria natura. Gli s t ud i su l paesagg io hanno
21
lʼimmagine mobile dellʼeternità:la tamporalità circolare,
la morte come vita
dimostrato che la vista degli animali il più delle volte aumenta il piacere dovuto alla contemplazione di un paesaggio17. Assunto lega i l rapporto con gli animali alla compresenza della vita e della morte. Infatti il mondo animale r a p p r e s e n t a ( i n s c e n a ) l a compenetrazione della vita con la morte e vice versa. Nella natura la morte e la vita coesistono e si presuppongono a vicenda; non può esserci vita senza la morte. La morte quindi perde parte dei suoi connotati negativi, diventando parte della vita e come tale può essere accettata con maggiore coscienza.
Eterno ritorno quindi, anteriore ed ulteriore rispetto alla temporaneità umana, un tempo altro, uno specchio per qualsiasi essere umano; una immagine con cui confrontarsi, lʼ immagine mobile dellʼeternità.
22
17 cfr. ad es.: Alessandro G. Colombo, Sergio Malcevschi (a cura di), Manuale dell'Associazione analisti ambientali : indicatori per la valutazione di impatto ambientale, Centro VIA Italia, Milano 1999; Adalberto Vallega, Gli indicatori del paesaggio, Franco Angeli, Milano 2008
il paesaggio come immagine mobile dellʼeternità
1.2.2.
Con lʼatto di possesso verso la terra lʼuomo comincia a tracciare dei segni nel paesaggio, segni che con il tempo aumentano di forza, divenendo sempre più incisivi e persistenti. Osservando le tracce degli uomini passati, lʼessere umano prende coscienza di un tempo ulteriore rispetto a quello della natura, oltre alla temporalità dellʼeterno ritorno prende forma un tempo artificiale, il tempo della storia. Questo crea un dialogo sia
con il tempo dellʼeternità ciclica, sia con lo scorrere della vita mortale. Per chiarire il rapporto tra le due misure del tempo, quello della natura e quello dellʼuomo, rispetto a l l a s t o r i a , A s s u n t o d e fi n ì questʼultima come “stratificazione d e l l a t e m p o r a n e i t à n e l l a temporalità”18. La storia è infatti testimone di vite passate ed in quanto tale supera la temporaneità nel tentativo di raggiungere quella
2318 Rosario Assunto, Il paesaggio... op. cit.
la stratificazione della temporaneità
temporalità assoluta che è di pertinenza esclusiva della natura.Dunque anche lo spazio antropico si eleva oltre la mera percezione spaziale verso una metaspazialità in dialogo con quella dellʼambiente. Assunto definisce questa come “il costituirsi dello spazio quale rappresentazione estensiva e simultanea della storia”19, mettendo i n r e l a z i o n e m o l t e d i v e r s e componenti della presenza della storia nello spazio. Infatti la storia non s i presenta in maniera razionale, ma è legata a quella aleatorietà che contraddistingue la vita, quindi periodi diversi, ciascuno con la propria storia, convivono s i nc ron i camen te ne l t empo presente. Le tracce di questi tempi d i v e r s i s i i n c o n t r a n o , sovrappongono e scontrano nello spazio, dando origine a quella rappresentazione estensiva e simultanea che crea la vera ricchezza della memoria. Anche Turri richiama allʼattenzione questa
2419 Rosario Assunto, Il paesaggio... op. cit.
la stratificazione della temporaneità nella temporalitàcava abbandonda, Trieste
Palazzo Comunale, Pola, Croazia
caratter ist ica del la memoria, sottolineando come il paesaggio contenga la storia, con tutte le sue tracce e sovrapposizioni20. Vi è quindi la necessità di una lettura diacronica21delle tracce della storia nel paesaggio, essendo questa la caratteristica peculiare della memoria nel mondo della vita.Se da un lato la memoria può essere declinata anche in senso i n d i v i d u a l e , a n d a n d o a rappresentare un valore anche solo per una persona, dallʼaltro la storia può espl icars i in forme p iù c o n d i v i s e . L a s t o r i a p u ò manifestarsi quindi nei “topoi delle memorie collettive, che trasmettono verità eterne e immutabili nel v o r t i c e d e l fl u i r e e d e l cambiamento”22. Questi sono i luoghi dove la presenza della storia emerge con maggiore forza e diventa percepibile alla collettività. Nel terr i tor io extraurbano la memoria si esplica raramente
25
20 Eugenio Turri, Antropologia... op. cit.
21 Eugenio Turri, Il paesaggio... op. cit.
22 Eugenio Turri, Il paesaggio... op. cit.
la stratificazione della temporaneità nella temporalitàDuomo di Siracusa
Pieve di Predloka, Slovenia
allʼinterno degli ambiti residenziali, essendo stati questi nel corso dei secoli più esposti a mutazioni radicali. La memoria è delegata quindi quasi esclusivamente ai luoghi delle memorie scrigni dellʼeredità storica dei territori. In passato questa funz ione d i presentificazione della storia era d e l e g a t a q u i n d i a d e d i fi c i rappresentativi del potere o, più spesso, agli edifici religiosi, che si
andavano a porre in luoghi già caratterizzati da un carattere ambientale riconoscibile. Come osserva la Tricoli23, la memoria ed il sacro sono legati sin dallʼantichità; il tempio rappresentava per la civiltà ellenica il luogo della tesaurizzazione con il fine di creare un ponte tra il passato ed il futuro. La tendenza alla raccolta è infatti innata nellʼessere umano e, legata questa a l senso de l sacro ,
26
23 Maria Clara Ruggieri Tricoli, Maria Désirée Vacirca, L'idea di museo: archetipi della comunicazione museale nel mondo antico, Lybra immagine, Milano 1998
luoghi della memoriatempietto del Clitunno, Campello sul Clitunno, Perugia
trasforma il tempio nel luogo della m e m o r i a p e r e c c e l l e n z a . Analogamente la Lugli24 evidenzia il fatto che lʼedificio ecclesiastico, erede del tempio antico, può essere visto come nucleo dʼorigine del museo antico, essendo luogo dove la storia si sedimenta in una sincronia di epoche diverse.
Vi sono quindi nel territorio luoghi eletti dove la temporaneità umana d i a l o g a c o n l a t e m p o r a l i t à dell ʼambiente, luoghi dove la m e m o r i a s i p r e s e n t i fi c a , esplicitandosi alla collettività.
2724 Adalgisa Lugli, Museologia, Jaca book, Milano 1992
Lʼuomo arcaico, messo al cospetto della natura, ne percepì la forza celata ed elesse quindi alcuni punti dal paesaggio, connotat i da particolari qualità, a luoghi sacri, dove ciò che era percepibile ma non descrivibile si concretizzava in una palpabi le sensazione di presenza. Nasceva così la mitica del paesaggio e nella mente degli uomini si andò formando una mappa d i luogh i ch iave, d i e m e r g e n z e a m b i e n t a l i c h e sintetizzavano le proprietà di un paesaggio.
Il paesaggio non toccò lo spirito umano solo attraverso la propria presenza fisica e le proprie qualità, ma mise questo anche al cospetto di una verità che seguirà la coscienza umana da questo m o m e n t o i n p o i . L ʼ u o m o , confrontandosi con la natura, si rese conto di essere temporaneo, di essere finito rispetto ad un mondo infinito. I luoghi sacri, simbolo di una terra oppressiva divennero anche luoghi dove la finitezza umana si poneva in rapporto con lʼeternità ciclica della
29
natura, anteriore ed ulteriore rispetto allʼuomo, irraggiungibile da questi.Tuttavia lʼuomo, sempre più abile nella vita, cominciò a mediare la propria sopravvivenza in rapporto alla natura e presa coscienza delle proprie capacità cominciò ad incidere la terra e a prenderne possesso, la natura si tramutò a l l o r a d a o p p r e s s o r e a d interlocutore. La sopravvivenza dellʼuomo agricoltore era tuttavia ancora legata al stretto rapporto con lʼambiente e quindi se anche la n a t u r a n o n d o m i n a v a p i ù incontrastata sul destino dellʼuomo, ques t i l a r i spe t tava ancora profondamente e ciò era visibile nel dialogo che si andò instaurando. I l uogh i sac r i i n p recedenza permasero tali e lʼuomo eresse i propri templi in quei luoghi, andando a costruire i monumenti del dialogo tra la natura e lʼuomo liberi. Il tempio nato dal dialogo andò a chiarificare la natura del l u o g o i n c u i v e n i v a e r e t t o generando così una epifania del
30
mitica del paesaggio
(Richard Long, Sahara line, 1988)
la metaspazialità della natura
luogo stesso, il cui carattere veniva portato allʼevidenza di chiunque.Accadde così che i luoghi sacri r imasero ta l i per numerose g e n e r a z i o n i , e s s e n d o e s s i facilmente identificabili e leggibili ed essendo le l o ro qua l i t à inequivocabilmente identificabili nel paesaggio. Quindi i templi costruiti in questi luoghi persistettero nel t e m p o , r e i n t e r p r e t a n d o , generazione dopo generazione il rapporto tra la natura e lʼuomo, in s u c c e s s i v e c o s t r u z i o n i , ricostruzioni e trasformazioni. Accadde così che il sacro e la memoria si unirono ancora una volta, essendo questo legame implicito nella natura umana, come ho già scritto precedentemente citando la Ruggieri Tricoli e la Lugli25. Nei luoghi del sacro, già sede della temporalità naturale, si viene a costituire una nuova misura del tempo che è la stratificazione d e l l a t e m p o r a n e i t à n e l l a temporalità, ovvero il tempo della storia.
31
25 Maria Clara Ruggieri Tricoli, Maria Désirée Vacirca, L'idea di museo... op.cit., Adalgisa Lugli, Museologia... op.cit.
il tempio chiarificatore del paesaggio
persistenza della sacralità
Le emergenze del paesaggio, sedi dei templi chiarificatori del carattere dei luoghi, portano quindi in prossimità dellʼuomo anche il tempo come d ia logo t ra la t e m p o r a n e i t à u m a n a e l a temporalità naturale.Lo spazio ed il tempo risuonano quindi come in un accordo, generando una sublime armonia tra luogo e memoria.I luoghi della memoria sono perciò punti del territorio dove le qualità spaziali dellʼambiente vengono elevate alla prossimità dellʼuomo dal costruito, che legge il carattere del paesaggio e lo esplicita, mentre i l tempo dichiara la propr ia presenza allʼuomo nel dialogo tra lʼeternità ciclica della temporalità na tu ra le e l a t emporane i tà dell ʼuomo presentificata delle tracce fisiche della memoria.
32
Nel corso dei secoli lo sviluppo della tecnica allontanò sempre più lʼuomo dalla natura, lʼinfluenza dellʼambiente sulla sopravvivenza degli individui divenne via via minore, finché lʼumanità si convinse d i e s s e r e i n d i p e n d e n t e dallʼambiente stesso. Secondo Norberg-Schulz tale scissione tra ambiente (in senso lato) e uomo può essere ascritta ad un preciso momento storico, nello specifico alla nascita del pensiero razionale Cartesiano26. Riportando le parole
di diversi pensatori, Norberg-Schulz identifica la soggettività come causa della perdita del contatto con i l mondo reale immediatamente percepibile, in quanto il pensiero razionale pone lʼuomo al di fuori del mondo, t ramutandolo in osservatore distaccato posto davanti alle cose che diventano perciò meri oggetti. La teoria della Gestalt nacque infatti anche per cercare di dare una r isposta al la perdi ta d i significato in relazione alla vita, per
3526 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit.
«La strada asfaltata non ha senso in se stessa; hanno senso solo i due punti che essa unisce. [...] Ogni tratto di strada asfaltata è una trionfale svalutazione dello spazio, che per suo merito oggi non è che un semplice ostacolo al movimento dell'uomo e una perdita di tempo. Prima ancora di scomparire dal paesaggio, le strade sono scomparse dall'animo umano: l'uomo ha smesso di desiderare di camminare con le proprie gambe e di gioire per questo. Anche la propria vita ormai non la vede più come una strada, bensì come una strada asfaltata: come una linea che conduce da un punto all'altro […]. Il tempo della vita è diventato un semplice ostacolo che è necessario superare a velocità sempre maggiori… nel mondo delle strade asfaltate un bel paesaggio significa: un'isola di bellezza unita da una linea ad altre isole di bellezza. Nel mondo delle strade la bellezza è continua e sempre mutevole; ad ogni passo ci dice: Fermati! (Kundera, 1993)»
(Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro: Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio, Venezia 1998, p. 117)
superare la mera scienza dei fatti e la matematicizzazione della natura e per dimostrare che, come scriveva Wertheimer, la totalità determina le parti ed è ben altro che la loro somma27. Lʼunilateralità della scienza allontanò quindi lʼuomo dalle cose stesse, dalla realtà così come veniva percepita i n f a v o r e d i u n a l e t t u r a funzionalistica del mondo. Veniva a mancare così, in contrapposizione rispetto al passato, il rapporto con il luogo, che veniva ora scomposto nelle sue parti funzionali e non visto più come unità inscindibile, di cui è parte integrante anche lʼuomo con il suo habitat. Il concetto stesso di luogo perde la propria forza sino ad essere ridotto a scarno spazio, definito da maglie isotrope.Come scriveva Assunto28, nello spazio razionale viene perduta la m e t a s p a z i a l i t à c h e h a caratterizzato lʼambiente di vita dellʼumanità per millenni. Il tempo
36
27 Christian Norberg-Schulz, Architettura... op.cit.
28 Rosario Assunto, Il paesaggio... op. cit.
non-luoghiRobert Smithson, Monuments of Passaic, New
Jersey, 1967
della tecnica, in dicotomia rispetto al tempo della natura, è un tempo rettilineo, le nostre costruzioni, come scrive Augé29, non sono fatte più per invecchiare, ma per essere sostituite, viviamo in un mondo dellʼeffimero, che nel linguaggio di Assunto non è s inon imo d i temporaneo, ma sta ad indicare il nostro approccio utilitaristico e consumistico verso ciò che ci circonda.Lʼassoluto della natura e del sacro è stato sostituito dallʼindefinito mentre la ricerca delle qualità è stata soppiantata dalla bulimia q u a n t i t a t i v a . I l m o n d o contemporaneo rispecchia quindi lʼumanità che lo vive, o piuttosto usa; i luoghi non sono più, essendo s c o m p a r s e l e G e s t a l t d i demarcazione e di carattere, nelle città diffuse il tempo e lo spazio vengono compressi, il mondo diventa improvvisamente piccolo, o g n i l u o g o è r a g g i u n g i b i l e velocemente e facilmente. Nei rapidi spostamenti globali viene
meno il tempo per osservare e per contemplare ciò che si incontra, tutto viene fagocitato in velocità e il mondo si appiattisce in una informe Atopia, un mondo indifferente ai luoghi, un mondo senza luoghi, dove non vi sono più radici e tutto ciò che resta è lʼalienazione.
37
29 Marc Augé, Le temps en ruines, Édition Galilée, Paris 2003, trad. it.: Rovine e macerie: Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino 2004
Essendo mutate radicalmente le condizioni di vita è impensabile che il rapporto tra lʼuomo e il paesaggio permanga immutato nel vortice del l ʼ innovazione perpetua. I l desiderio di novità delle nuove generazioni le ha allontanate dal luogo creando in questo modo profondi squilibri e disagio sociale dovuti alla perdita del familiare. In questa cornice di sradicamento si pone la presente ricerca riguardo ai luoghi del la memoria nel p a e s a g g i o . I l p a e s a g g i o extraurbano è carat ter izzato
spesso da grande complessità, il territorio un tempo agricolo è m u t a t o s o t t o l a p r e s s i o n e del l ʼ industr ia, del l ʼagricoltura estensiva, della diffusione edilizia. Lo stretto rapporto tra lʼuomo e il territorio di cui viveva è andato perduto, nel mondo globalizzato le merci provengono da stati lontani, mentre i momenti della vita hanno luogo in appositi contenitori; lʼabitazione-dormitorio, il parco divertimenti, il lavoro, il centro commerciale e così via. La vita non ha più luogo, o piuttosto non ha più
39
«Siamo posti oggi dinanzi alla necessità opposta: quella di reimparare a sentire il tempo per riprendere coscienza della storia. Mentre tutto concorre a farci credere che la storia sia finita e che il mondo sia uno spettacolo nel quale quella fine viene rappresentata, abbiamo bisogno di ritrovare il tempo per credere alla storia.»
(Marc Augé, Le temps en ruines, Édition Galilée, Paris 2003, trad. it.: Rovine e macerie: Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p.43)
un luogo, ma tanti spazi nei quali vengono svolte specifiche attività.I l uogh i de l l a memor ia ne l paesaggio potrebbero fungere quindi da ancore, capaci di legare gli utenti di un territorio a questo, con il fine di riportarli forse allo stato di abitanti, coscienti della presenza del luogo stesso. Se è vero che i luoghi della memoria s o n o q u a l i fi c a t i d a f o r t i caratteristiche Gestalt per cui
furono identificati con continuità nei seco l i qua l i emergenze de l paesaggio, ciò può valere ancora oggi, quindi questi luoghi, spesso elevati, potrebbero diventare fari in un territorio in perenne movimento. Richiamando lʼattenzione degli abitanti verso i monumenti della storia, spesso minore rispetto ai grandi avvenimenti del mondo, si potrebbe riformare lʼidentità di un terr i tor io e di una comunità
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valorizzazione della memoria nel paesaggioAlberto Burri, Grande cretto, Gibellina, Trapani
residente, nel tentativo di sanare quel sradicamento e quella perdita d i c o s c i e n z a d e l m o n d o contemporaneo. I l uogh i de l l a memor ia ne l paesaggio sarebbero infine ancora una volta dei monumenti del tempo, sia esso eterno o mortale, luoghi dove la sacralità dei luoghi possa essere un monito rispetto al presente (o ai diversi tempi presenti passati e futuri), una presenza in grado di dichiarare i va lo r i de l l a memor ia e de l paesaggio, uno scoglio rispetto alle repentine mutazioni della società.
41
valorizzazione della memoria nel paesaggioMartha Schwartz, Markus Jatsch, Power lines, Gelsenkirchen, Ruhr, Germania
L a c i t t à è , c o m e s c r i v e v a Assunto30, uno spazio aperto e finito ed è proprio a causa della presenza del confine che la storia si sedimenta diversamente nello spazio urbano rispetto a quello extraurbano. Nelle città storiche la presenza delle mura faceva sì che i l presente si r iappropriasse continuamente delle vestigia del p a s s a t o , c r e a n d o u n a strat ificazione vert icale del la memoria. Nel territorio, nello spazio esterno alle mura, le mutazioni
sono state spesso più radicali per cui luoghi un tempo importanti vennero distrutti, per poi essere r iconquis ta t i , r ico lon izzat i e nuovamente dimenticati.I luoghi della memoria nel territorio possono avere quindi le più disparate consistenze. Qualche volta si conserva lʼimportante monastero, la pieve isolata, il santuario o il grande castello, ma i grandi monumenti della storia sono di per sé eccezionali, mentre buona parte del territorio è spesso
4530 Rosario Assunto, Il paesaggio... op. cit.
«La rovina, infatti, è il tempo che sfugge alla storia: un paesaggio, una commistione di natura e di cultura che si perde nel passato ed emerge nel presente come un segno senza significato, o, per lo meno, senza altro significato che il s e n t i m e n t o d e l t e m p o c h e p a s s a e c h e d u r a contemporaneamente.»
(Marc Augé, Le temps en ruines, Édition Galilée, Paris 2003, trad. it.: Rovine e macerie: Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp. 94-95)
caratterizzata da storie locali, non meno importanti per lʼidentità di una popolazione residente, ma i cui monumenti rispecchiano, caso per caso, una storia diversa, forse meno gloriosa, ma pur sempre eredità e carattere di un luogo. Succede così che la memoria di un territorio sia testimoniata da luoghi dove al tempo siano sopravvissuti solo pochi resti o tracce del passato, che assurgono tuttavia al rango di monumento. La loro funzione di memoria viene infatti amplificata dalla loro natura di relitti del tempo, che si concretizza in loro con maggiore forza mentre il dialogo con la temporalità della natura acquista in vigore. Come scrive Augé, “lo spettacolo della natura si combina con quello delle vestigia. Ci accade di contemplare dei paesaggi e di ricavarne una sensazione di felicità tanto vaga quanto intensa; più quei paesaggi sono "naturali", più la coscienza che noi ne abbiamo è quella di permanenza, di un lunghissima durata che ci fa misurare per contrasto il carattere effimero dei
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tracce e resticenturaizione a Cesenail tempio di Ta Prohm, Angkor, Cambogia
destini individuali.”31 La rovina, permanenza residuale, si eleva quindi sopra le permanenze attive32, essendo testimonianza diretta dello scorrere del tempo in rapporto con una natura che, compagna di viaggio immutabile dellʼuomo, lo sovrasta ancora oggi con la sua inarrivabile eternità. Quindi , r iportando ancora i l pensiero di Augé, la vocazione p e d a g o g i c a d e l l e r o v i n e potrebbe essere oggi quella di reimparare a sentire il tempo per r iprendere coscienza del la storia33, con il fine di reinserirci nel corso della storia stessa.
La riscoperta dei luoghi della memoria nel locale si inserisce quindi in un discorso più ampio di ricostruzione di identità territoriali sbiadite dalla globalizzazione e dal sradicamento contemporaneo. Un approccio analogo a questo è riscontrabile nelle esperienze degli
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31 Marc Augé, Rovine... op.cit., pp. 36-37
32 Carlo Tosco, Il paesaggio storico, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 82-83
33 Marc Augé, Rovine... op.cit., p. 43
rete ecomuseale del Piemonte
e c o m u s e i c h e p o s s o n o rappresentare una buona pratica rispetto alla quale costruire il discorso della valorizzazione dei luoghi della memoria. Il prefisso “eco” si riferisce al greco antico οίκος, con significato di “casa”, lʼecomuseo “si riferisce quindi ai numerosi in t recc i e re lat ive relazioni tra uomo e ambiente; habitat come territorio di vita, nicchia ecologica della specie
uomo a confronto con la sua storia. [...] Lʼecomuseo è legato, prima di tutto, allʼesigenza di una comunità di raccontare il suo passato, la sua storia, la sua memoria, senza f o r z a t u r e a r t i fi c i a l i [ . . . ] ”34 . Lʼambiente di vita ed il locale prima di tutto quindi, nel tentativo di ricucire lo strappo tra lʼambiente e la vita che in esso si svolge. Lʼanalogia tra gli ecomusei e la presente ricerca è quindi evidente,
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34 Valter Giuliano, Progetto cultura materiale, in Alessandro Massarente, Chiara Ronchetta (a cura di), Ecomusei e paesaggi: Esperienze, progetti e ricerche per la cultura materiale, Lybra Immagine, Milano 2004, p.12
sistema di punti nel paesaggioHermann EsRichter, Klaus Noculak, Halde Rungenberg, Ruhr, Germania
essendo il fine lo stesso. Gli e c o m u s e i r i v o l g o n o p e r ò principalmente il proprio interesse verso lʼambiente di vita delle comunità rurali o operaie con la riqualificazione di insediamenti, o verso gli ambienti del lavoro, quali opifici, miniere, cave, valorizzando tradizioni artigianali ed agricole. L ʼ e c o m u s e o v a s p e s s o a recuperare quelli che erano i luoghi di vita della popolazione nel p a s s a t o , l u o g h i c h e rappresentavano lʼesistenza della comunità e la fonte della sua sopravvivenza. Par tendo da l lo s tud io deg l i ecomusei si direbbe quindi che i luoghi della memoria nel paesaggio dovrebbero essere, come accade negli ecomusei, messi a sistema, creando una rete organica di punti di chiarificazione del territorio, con i l fine di raggiungere quella riappropriazione del luogo che potrebbe sanare la frattura dello sradicamento contemporaneo. Si andrebbe a creare quindi una m a g l i a d i e m e r g e n z e , chiaramente leggibil i dal la
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sistema di punti nel paesaggioHerman Prigann, Halde Rheinelbe, Ruhr, Germania
popolazione ed evidenti nel paesaggio, fari del tempo e pilastri dellʼidentità nel territorio contemporaneo in continua trasformazione.
La valor izzazione d i queste emergenze dovrebbe avvenire in funzione delle qualità intrinseche dei singoli luoghi ed andrebbe quindi fatta una analisi caso per caso. Si possono tuttavia tracciare due famigl ie di luoghi del la memoria, in funzione della loro
consistenza. Vi sono infatti luoghi dove il tempo è stato più clemente e quindi le vestigia del passato permangono sotto forma di rovine e di manufatti evidenti, più o meno celati dalla vegetazione, e luoghi dove le tracce della storia sono poco più che segni, avvallamenti o modificazioni del terreno, incisioni nella roccia. Diversi luoghi vanno quindi evidenziati nel paesaggio in modi diversi, le rovine vanno trattate come tali, lacerti di storia sopravvissuti alle maree del tempo,
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sistema di punti nel paesaggioMaik e Dirk Löbbert, Lichtskulptur Impuls, Ruhr, Germania
Nellʼautunno del ʼ67 Michael Heizer si fece finanziare uno scavo di più di mezzo chilometro nel deserto del Nevada, movimentando più di sessantamila tonnellate di terra con il fine di dare vita ad unʼopera dʼarte di grande impatto. Nacque così, con le due trincee di Double negative, la Land Art, unʼarte che, a g e n d o d i r e t t a m e n t e s u l paesaggio, risulta incompatibile con la galleria dʼarte e promuove la nascita di nuove sperimentazioni35.
Con questa corrente artistica la scala cambia radicalmente e con essa le masse messe in gioco, il supporto del l ʼarte d iventa i l territorio stesso, mentre i materiali derivano il più delle volte dalla natura. Non a caso questʼarte nasce e si diffonde in un primo m o m e n t o p r o p r i o n e i v a s t i paesaggi nordamericani, dove lʼuomo si confronta con una natura vasta e spietata.
53
35 Lea Vergine, Lʼarte in trincea: Lessico e tendenze artistiche 1960 - 1990, Skira, Milano 1996, p.135
«Un'opera d'arte assomiglia a una lente di ingrandimento, è qualcosa che ti permette di vedere quello che non avevi mai visto: la storia iscritta nel terreno, l'apparire di nuove immagini, il rapporto tra gli uomini e la natura, ecc.»
(Water Ekiden, in Alessandro Rocca, Architettura naturale, 22publishing, Milano 2006, p. 77)
Ogni land-artista interpreta tuttavia con originalità il rapporto con il paesaggio. Da una parte ci sono artisti quali Heizer, che tramite incisioni e scavi ricerca tensioni spaziali, o Robert Smithson, che riportando o sottraendo materia dal supporto traccia vasti disegni sul terreno. Dallʼaltra parte vi possono essere invece artisti quali Dennis O p p e n h e i m , c h e d i s e g n a anchʼesso sul terreno, ma usando s p e s s o m a t e r i a l i e s t r a n e i allʼambiente e creando sculture in dialogo con il paesaggio, o Walter De Maria, le cui opere cercano un dialogo con la terra introducendo elementi in tensione. Fra questi artisti va aggiunto pure lʼinglese Richard Long, i cui interventi sul paesaggio sono assimilabili alle tracce temporanee dell ʼuomo nomade, segni in dialogo con il tempo e lo spazio. Va infine citata lʼopera di Christo e Jeanne-Claude, artisti che tramite vasti interventi temporanei cercarono un dialogo con il territorio e con il costruito, andando a riorientare lo sguardo e ponendo lʼosservatore in posizione
tale da permettergli una lettura alternativa del paesaggio.
Lʼapproccio originale degli land-artisti nei confronti del paesaggio rappresenta una riappropriazione dellʼarte rispetto al territorio. Esso ridiventa oggetto dʼarte, venendo letto, inciso e valorizzato da installazioni temporanee e non. Q u e s t a r i a p p r o p r i a z i o n e è importante per la presente ricerca in quanto evidenzia una pratica di valorizzazione del paesaggio nella quale si rispecchia anche la necessità di risaltare le tracce della memoria nel territorio. Già alcune regioni, quale la Ruhr in Germania, dove le tracce della storia dellʼarea sono state evidenziate da diversi interventi di land-artisti ed architetti, hanno sfruttato le potenzialità della Land Art con il fine di generare una riscoperta del terri torio e la costruzione di una identità locale.Dove al tempo siano sopravvissute solo tracce del passato, queste p o t r e b b e r o e s s e r e d u n q u e valorizzate tramite installazioni artistiche volte allʼevidenziazione di
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queste nel paesaggio, con il fine di r e n d e r e c o n s a p e v o l e l a popolazione della presenza di una storia celata appena sotto la superficie del terreno.
55
View
View
View
Richard Long(Bristol, Inghilterra, 1945)
Per Long è lʼatto del camminare che provoca un
piacere intelettuale ed estetico, i suoi viaggi, durante i
quali traccia le sue linee di passaggio e le sculture a
terra, si tramutano quindi in opere dʼarte, nella ricerca
di una intensità poetica propria di una ritualità antica.
A line made by walking, Inghilterra 1967
A walking and running circle, India 2003
Walking a line in Peru, 1972
57
Michael Heizer(Berkeley, California, USA, 1944)
Rifiutando i compromessi del sistema dellʼarte,
Hiezer contribuisce fortemente a dare un senso
preciso al concetto di Land Art, andando a lavorare in
luoghi isolati e desertici. Nei suoi lavori si avvale della
“forma negativa” e del vuoto, nella ricerca di tensioni
spaziali e del valore concettuale dellʼazione artistica.
Double negative, Nevada, 1967-70
58
Michael HeizerDisplaced-replaced mass, Nevada, 1969-77
Dissipate, Nevada, 1968-72
Isolated mass/Circumflex, Nevada, 1968-72
Rift, Nevada, 1968-72
61
Robert Smithson(Passait, New Jersey, USA, 1938 - Amarillo, Texas,
USA, 1973)
La produzione artistica di Smithson vive una svolta
quando lʼartista comincia ad esplorare i luoghi
postindustriali, i luoghi vuoti e deprimenti , da cui
nascono i suoi Site/Non Site. La sua attività di artista
si approccia alla scala vasta nella ricerca di una
dialettica tra il visibe e ciò che è solo accennato, in
una tensione che ricorda i lavori di Heizer.
Spiral jetty, Great salt lake, Utah, 1970
Broken circle, Emmen, Olanda, 1971
Spiral Hill, Emmen, Olanda, 1971
Amarillo ramp, Amarillo, Texas, 1973
63
Dennis Oppenheim(Mason City, Washington, USA, 1938 - New York,
USA, 2011)
I suoi earth works si pongono in un rapporto stretto
con le attività che vengono svolte nel territorio
caricando quindi il suo lavoro di significati simbolici e
psicologici. Nella sua opera ha una particolare
importanza la tecnologia come immagine di una
contemporaneità dinamica in rapporto allʼambiente.
Formula Compound, Pistoia, Italia, 1982
Annual rings, confine USA-Canada, 1968
Branded mountain, San Pablo, California, 1969
Landslide, Long Island, NewYork, 1968
65
Walter De Maria(Albany, California, USA, 1935)
Pittore, scultore e musicista, approda alla Land Art
verso la fine degli anni ʼ60,andando ad incidere
disegni visibili a grandi distanza nel deserto del
Nevada. Il suo rapporto con la memoria ed il pensiero
si esplica nellʼopera The vertical earth kilometer, una
barra di rame di un chilometro infissa nel terreno, di
cui rimane in superficie solo la testa ed un quadrato
di due metri di lato a segnalare la presenza
dellʼintervento. Il suo rapporto con il paesaggio è
definito anche dal Lightning field, una distesa di aste
metalliche infisse nel deserto in perenne dialogo con
la natura ed il tempo.
The lightning field, Quemado New Mexico, 1977
Mile long drawing, deserto Mojave, California, 1968
The vertical kilometer, Kassel, Germania, 1977
Cross, Nevada, 1968
67
Christo e Jeanne-Cloude(Gabrovo, Bulgaria, 1935)
(Casablanca, Marocco, 1935 - New York, USA, 2009)
Le loro opere sono caratterizzate principalmente
dallʼuso di tessuti e rivestimenti come mezzi per
evidenziare strutture spaziali, con il fine di portare
lʼosservatore a leggere in modo originale il
paesaggio, sia esso urbano o naturale. Il
posizionamenti di elementi artificaili di disturbo nel
paesaggio fa sì che questo venga richiamato
allʼattenzione dellʼutente, provocando una forte carica
emotiva.
The umbrellas, Giappone - USA, 1984-91
Wrapped coast, Sydney, Australia, 1968-69
Surroundet islands, Miami, Florida, 1980-83
Running fence, California, 1972-76
68
Christo e Jeanne-CloudeThe gates, New York, 1979-2005
Over the river, Arkansas river, Colorado (Progetto)
Valley curtain, Rifle, Colorado, 1970-72
70
Alberto BurriGrande Cretto, Gibellina, Italia, 1984-89
Lʼopera fissa nel tempo lʼimpronta a terra dei vicoli di Gibellina, città rasa al suolo dal terremoto del Belice del
1968, esteso su dieci ettari, il cretto è un vasto monumento della morte e unʼopera dʼarte in dialogo con il
paesaggio.
71
Ichi IkedaWater Ekiden, Manosegawa river art project,
Kagoshima, Giappone 1999
Evidenziare il dialogo tra lʼacqua e la popolazione del
territorio per responsabilizzare lʼumanità verso le
risorse idriche
Mikael HansenInstallazione Site specific per la gente di Isegawa,
Shikoku, Giappone, 1998
Una stanza allʼaperto dove lʼutente può sentirsi al
sicuro, un luogo di pace a metà tra lʼesterno e
lʼinterno
Autostrada organica, Langeland, Danimarca, 1995
Un gioco di prospettive volto alla valorizzazione della
morfologia del suolo e quindi del paesaggio
Le rovine sono dunque brandelli di passato sopravvissuti al tempo e divenuti parte del presente.L ʼ e t à m o d e r n a è s t a t a caratterizzata, dalla rivoluzione industriale in poi, da un rapporto conflittuale con le tracce del passato. L ʼ industrial izzazione diffusa ha messo infatti in crisi il mondo ar t ig ianale rendendo possibile la produzione in serie di elementi un tempo di competenza esclusiva dellʼartigiano. Si pone
così, nella metà dellʼottocento, la questione etica del rapporto tra la p roduz ione indus t r ia le e la produzione artigianale storica.Come scrive Ruskin già nel 184936, la questione può essere risolta con il principio di verità, ovvero della c o e r e n z a d e l l e s o l u z i o n i a rch i te t ton iche r ispet to a l le tecnologie usate. Lo stesso Ruskin prende in considerazione anche la questione degli edifici storici e di qua l i s iano le modificaz ion i
73
36 John Ruskin, The seven lamps of architecture, 1849 (2a ed. 1880), trad. it.: Le sette lampade dellʼarchitettura, Jaca book, Milano 1982
«Set in correlation with the unity of time and place, and confronted by our contemporaneity, the object reveals its real nature and is no longer an orphan: it becomes our memory»
(Sverre Fehn, intervista sulla rivista LʼArchitecture dʼAujourdʼhui, n°287, 1993, p.102)
accettabili. Anche in questo caso vige il principio di verità e giustizia, di rispetto verso gli edifici delle e p o c h e p a s s a t e , c h e “appartengono in parte a coloro che li costruirono e in parte a tutte le generazioni di uomini che dovranno venire dopo di noi. I morti hanno ancora i loro diritti su di essi: ciò per cui essi si sono affaticati, la gloria di un'impresa, l'espressione di un sentimento religioso o di q u a l u n q u e a l t r a c o s a e s s i intendessero affidare per l'eternità a quegli edifici, sono tutte cose che n o n a b b i a m o i l d i r i t t o d i distruggere”37.D ʼaltra parte, scr ive sempre Ruskin, allʼedificio deve essere dato anche il diritto di invecchiare, di decadere ed anche morire, se questo è il suo destino. Le rovine devono essere quindi rispettate e ad esse deve essere data la possibilità di essere testimoni del tempo.Quindi le rovine, come qualsiasi altra testimonianza del passato e
7437 John Ruskin, Le sette lampade... op.cit., p.229
Sverre FehnHedmarksmuseet, Hamar, Norvegia, 1968-75
Peter ZumthorCopertura resti romani, Coira, Svizzera, 1986
forse anche più, necessitano di un approccio e di una sensibilità particolare verso la loro presenza fisica con il fine di trovare la soluzione adatta alle diverse istanze del progetto. Nel corso del tempo diversi progettisti hanno affrontato il tema del rapporto tra il nuovo e la rovina e tra i primi e s e m p i c o n t e m p o r a n e i v a sicuramente menzionato il progetto per Casa Vietti di Terragni, dove i resti del palazzo storico risparmiati dagl i sventrament i d i Como venivano incastonati nellʼedificio di nuova costruz ione così che contemporaneo e stor ico ne r i s u l t a v a n o m a s s i m a m e n t e valorizzati. Celebre è lʼintervento di Sverre Fehn della fine degli anni ʼ60 sui resti del castello vescovile a Hamar, in Norvegia. Se da un lato, infatti, Fehn trova che i musei siano la proiezione del sintomatico diniego della morte, espressione del nostro mondo materialistico38, dallʼaltro costruisce un museo dove
il tempo non viene imbalsamato, ma che diventa invece parte integrante del progetto. Il museo è anche un museo di sé stesso, rappresentazione fisica del la propr ia s tor ia ne l le d iverse sovrapposizioni storiche, compreso il presente. Fehn costruisce un museo non finito, in continua trasformazione ed evoluzione, un museo che è parte del tempo e non analista distaccato di una storia immobile.La musealizzazione in loco è il tema portante di altri due progetti più recenti. Il museo gallo-romano di Perigueux (FR) di Jean Nouvel è costituito da una copertura sospesa sulle rovine, sul intradosso della quale vengono indicate le fasi storiche degli edifici portati alla luce dagli archeologi. A differenza di Nouvel, Zumthor si approccia ai resti romani a Coira, in Svizzera, in modo completamente diverso. Le rovine vengono racchiuse da un diaframma ligneo composto da listelli orizzontali che filtrano la luce
7538 LʼArchitecture dʼAujourdʼhui, n°287, 1993, p.102
e lʼaria. Le rovine restano dunque rovine in dialogo con lo spazio aperto, analogamente allʼintervento di Fehn, che non climatizzava il suo museo in Norvegia. Il diaframma ligneo di Zumthor disegna nello spazio i volumi relativi ai due edifici i cui rest i deve proteggere, denunciando nel paesaggio la presenza della storia.L ʼ intervento di riproposizione volumetrica dellʼedificio storico scomparso, con il fine di richiamare nel paesaggio le tracce della memoria, ha un altro esempio nel recente intervento nella Praça Nova nel castello di San Giorgio a Lisbona. Con il fine di musealizzare gl i ul t imi scavi archeologici , Carrilho da Graça sospede sopra le fondazioni, visibili, di due abitazioni arabe dellʼundicesimo secolo dei muri bianchi ed astratti. Allʼinterno del sito archeologico vengono quindi riproposti i volumi delle due case a patio, mentre nello spazio interno alle case stesse si ricrea una misura domestica, che chiarisce la funzione storica dei
76
Antonio Jiménez TorrecillasTorre del Homenaje, Huéscar, Spagna, 2000-08
La torre era una postazione di avvistamento, posta in
posizione dominante nel territorio. Successivamente
alla conquista cristiana della città la torre fu in parte
demolita e trasformata in abitazione. Il progetto tende
a recuperare la funzione di belvedere della torre,
rendendole lo status di monumento della comunità,
conservando le tracce del passato presenti in essa
ed andando ad aggiungere un nuovo livello storico,
quello contemporaneo.
manufatti riportati alla luce dagli archeologi.Il rapporto tra le rovine e le strutture contemporanee è portato alle estreme conseguenze da Zumthor a Colonia. Il tema è la r e a l i z z a z i o n e d i u n m u s e o d i ocesano su l l e r ov i ne de l monastero di Kolumba, nel centro della città tedesca, distrutto dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale. Zumthor vince in concorso proponendo una costruzione in aderenza alle murature storiche. Le diverse fasi edilizie si fondono in un unico ed ific io con temporaneo che contiene ed espone le diverse tracce del tempo come accadeva nelle architetture storiche. Nasce quindi un nuovo insieme dove il con temporaneo con t i nua l e strutture del passato, senza creare un contrasto ed una frattura tra le diverse parti.
77
Vincenzo LatinaPadiglione dʼingresso allʼArtemision, Siracusa, Italia,
2005-12
L’edificio realizza un volume d’ingresso agli scavi del
tempio ionico di Siracusa, posto a fianco del tempio
dorico, ora cattedrale. Il volume crea uno spazio
ipogeo analogo a quello delle latomie, caricando sul
visitatore il fascino dell’ambiente sotterraneo, mentre
verso la città il prospetto nella sua matericità crea un
dialogo con la tessitura muraria storica locale.
79
Sverre FehnHedmarksmuseet, Hamar, Norvegia, 1968-75
Invitato alla fine degli anni ’60 a progettare un museo
sul sito della fortezza arcivescovile di Hamar, sin da
principio Fehn rifiuta l’idea di progettare un museo
statico, di imbalsamare il luogo e farlo così morire.
L’architetto cerca piuttosto di “mettere in relazione il
tempo e lo spazio e, confrontando l’edificio con la
contemporaneità, fargli rivelare la sua vera natura,
trasformandolo quindi in memoria”. L’edificio si
compone così di tre livelli, della fortezza medievale,
di un fienile ottocentesco che riutilizza i resti
preesistenti e dell’intervento di Fehn, una
passeggiata tra le rovine e una copertura che
protegge esclusivamente dalle intemperie senza
chiudere i resti in un ambiente climatizzato.
80
Sverre FehnHedmarksmuseet, Hamar, Norvegia, 1968-75
(dx) ridisegno della pianta piano primo, scala 1:500
83
Le linee rosse e gialle dipinte sul soffitto sono l’immagine specchiata delle tracce dei muri alti un metro della domus sottostante
La porta d’ingresso in acciaio pieno ruota disegnando un grande arco
Jean Nouvelmuseo gallo-romano, Périgueux, Francia, 1993
Il museo si sviluppa sopra e tra i resti archeologici di
diverse ville romane facendo corrispondere il museo
con lo scavo stesso, mentre una grande copertura,
sul cui intradosso sono rappresentate le piante delle
diverse stratificazioni storiche ripara i resti all’interno
ed all’esterno del volume climatizzato.
85
Peter Zumthorcopertura dei resti romani, Coira, Svizzera, 1986
A Coira Zumthor reinterpreta il tema della tettoia di
protezione degli scavi archeologici creando
un’architettura semplice ma di grande effetto.
All’esterno la struttura si presenta come un volume
definito e regolare, ma già avvicinandosi si può
percepire come le pareti, da lontano scure e rigide,
siano in realtà mosse dalla luce, in quanto realizzate
con listelli di legno non trattato. Una volta entrati le
pareti si dissolvono, essendo i listelli montati
direttamente sulla struttura portante senza ulteriori
chiusure verticali quindi l’aria e la luce filtrano senza
soluzione di continuità. Il legno, esternamente scuro
a causa del clima, all’interno conserva il proprio
colore originario aumentando la dissonanza tra
l’interno e l’esterno.
87
João Luís Carrilho da GraçaPraça nova, Lisbona, Portogallo, 2008-2012
Il castello di Lisbona è uno di quei luoghi dove la
storia si riscrive sempre su sé stessa creando
innumerevoli stratificazioni. La più recente area
oggetto di scavi archeologici, la Praça Nova, viene
circondata da Carrilho da Graça da un sottile setto in
acciaio corten, che con la sua matericità cerca una
affinità con l’aura dello scavo. Tra i diversi strati
archeologici spicca un volume bianco sospeso sulle
rovine, che ricalca l’andamento delle murature della
sottostante casa araba dell’undicesimo secolo. La
volontà è quella di ricostruire all’interno
dell'architettura la misura domestica che
caratterizzava queste abitazioni.
89
Peter ZumthorKolumba museum, Colonia, Germania, 1997-2006
A Colonia Zumthor si pone rispetto alle rovine del
distrutto convento di Santa Kolumba con semplice
dignità. La matericità delle nuove murature dialoga
con l’esistente senza ricercare una architettura
effimera, ma creando una presenza forte. I resti
vengono inglobati dall’edificio mentre l’area
archeologia al piano terra funge da grande hall, dove
convivono, illuminate dalla luce diffusa del
Filtermauerwerk, le innumerevoli stratificazioni
storiche del luogo.
90
Peter ZumthorKolumba museum, Colonia, Germania, 1997-2006
(dx) ridisegno della pianta piano terra, scala 1:500
Il Carso (classico) è un vasto altipiano in rocce carbonatiche la c u i o r o g e n e s i e b b e l u o g o nellʼOligocene, 30 milioni di anni fa. D u r a n t e e n e l p e r i o d o immediatamente precedente a questa orogenesi vi furono dei smottamenti e frane che portarono lo strato di roccia più giovane a scivolare ai lati dellʼaltipiano, così che questo si presenta oggi affiancato da formazioni rocciose la cui composizione si differenzia da quella carsica, le colline flyschoidi marno-arenacee.
La città di Trieste ha la peculiarità di essere posta sulla stretta lingua di flysch che divide il Carso dal mare, caratterizzando fortemente il paesaggio cittadino. La fascia di c o l l i m a r n o - a r e n a c e i c h e inizialmente costeggia il mare alle por te de l la c i t tà , s i a l la rga successivamente andando a formare un sistema di valli e colli che costituiscono buona parte dei territori dei comuni di Trieste, Dolina e Muggia, per proseguire poi nel capodistriano. Questo sistema di valli e colli è lʼinterfaccia
95
3.1.1.
inquadramento territoriale e paesaggistico
tra lʼaltipiano carsico, fortemente caratterizzato dalla sua natura geologica, e lʼIstria. Il punto di contatto tra le due regioni è caratterizzato quindi da una particolare ricchezza morfologica, dovuta a sovrascorrimenti e linee di fag l ia . Le va l l i pos te so t to lʼaltipiano, ricche di fonti dʼacqua e torrenti, cosa che è dovuta anche alla grande permeabilità del carso,
sono dominate da scarpate, balze rocciose, strapiombi e guglie, esp ress ione de l l a te t ton i ca complessa del punto di incontro tra i d iversi ambit i geologici . I l massimo esempio di questa complessità è la gola del torrente Rosandra, unico esempio di valle fluviocarsica del Carso triestino con idrografia superficiale. Il fiume, che scorre inizialmente su depositi di
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carta geologica del Friuli Venezia Giulia (dettaglio)
flysch, segna con una cesura evidente il passaggio dalla roccia più recente alla roccia calcarea, scavando il profondo salto della cascata detta Supet. Da qui il corso del torrente è caratterizzato da numerose rap ide , marmi t te , cascatelle, meandri incassati e vasche che seguono le fratturazioni presenti nella massa rocciosa. Successivamente il corso sfocia nella valle del Breg, che, posta tra la città di Trieste ed il muggesano, fa parte del sistema di vallate marno-arenacee sottostanti al ciglione carsico.
La diversa natura morfologica - geologica dellʼambito collinare rispetto allʼaltipiano ha generato uno sviluppo differenziato delle due aree. Anche il Piano territoriale regionale della Regione Friuli Venezia Giulia rileva la diversa connotazione paesaggistica dei due ambiti, andando a differenziare il paesaggio del Carso triestino dalla Costiera triestina e Muggia.Lo sviluppo del Carso fu per secoli influenzato dalle caratteristiche
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La Val Rosandra presso TriestePunto di incontro tra Carso ed Istria
pedologiche e dal substrato roccioso e calcareo. Le aree adatte alla coltivazione erano ridotte e la pastorizia era molto diffusa. “La struttura insediativa caratteristica di questo ambito paesaggist ico consisteva nel l ʼalternanza di villaggi nucleati, circondati da
campi delimitati da muri a secco, e da ampie zone di landa carsica segnata da alberature sparse”39.Lʼarea collinare è, a differenza del Carso, ricca di acqua e con una esposizione ideale per lʼagricoltura, con i versanti rivolti a sud-ovest, assolati e ben riparati dai venti di
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39 Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Progettazione Architettonica e Urbana, Atlante degli allegati grafici alle schede dʼambito paesaggistico, Piano Territoriale Regionale, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, 2006
ambiti paesaggistici del Carso Triestino e della Costiera triestina e MuggiaRegione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Bora. Per questo motivo nel passato spesso accadeva che a b i t a n t i d e l C a r s o f o s s e r o possessori di appezzamenti posti sotto il versante dellʼaltipiano. La struttura insediativa di questʼarea va pure a sfruttare la presenza del versante , cara t te r izzando i l territorio con la presenza di villaggi lineari posti lungo le linee di quota immediatamente sotto la linea di faglia, in modo che lʼabitato non occupi terreni coltivabili.Per quanto riguarda la flora, così il C a r s o c o m e l e p r o p a g g i n i settentrionali dellʼIstria con Trieste sono caratterizzati da boscaglia composta dallʼassociazione di numerose specie di latifoglie altoarbustive, con la presenza di pinete da impianto sullʼaltipiano e sui versanti di questo.
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Podpeč nella valle del RisanoCapodistria, Slovenia
La valle del Breg fa quindi parte del sistema collinare e vallivo flyschoide limitrofo al Carso ed è identificabile con il basso bacino idrico del torrente Rosandra. Nella parte settentrionale della valle si innalza il versante carsico con un dislivello di 350m, lʼaltipiano di San Servolo, che definisce la valle ad est, si innalza invece sino a 450m dʼaltitudine. Nella parte meridionale la valle è divisa dalla vicina valle del l ʼOspo dal dosso marno-arenaceo del Monte dʼoro (Dolga Krona), mentre ad occidente, dove s i n o a s e s s a n t ʼ a n n i f a s i
estendevano le saline di Zaule, si trova oggi la zona industriale omonima che si affaccia sul golfo di Muggia.Storicamente la Valle del Breg veniva considera come la prima delle valli dellʼIstria e segnava il confine settentrionale di questa regione geografica. Assieme con le valli dellʼOspo e del Risano va a formare lʼarea definita ciglione carsico ovvero la già ci tata caratteristica zona di passaggio tra lʼIstria ed il Carso.
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la valle del Breginquadramento territoriale
Dal punto di vista paesaggistico la valle si differenziava in passato dalle aree limitrofe per lʼelevata densità insediativa. Se comparata infatti la concentrazione di abitati nella valle con quella delle valli vicine o con lʼarea comunale triestina, o piuttosto con il Carso, si può notare facilmente che non è paragonabi le a l le s i tuaz ion i presenti nelle altre aree. Questo fu d o v u t o p r o b a b i l m e n t e a l l a ricchezza della zona ed ad una p a r t i c o l a r e s i t u a z i o n e amministrativa presente già in periodo medievale.Percorsa da diversi torrenti e rii e segnata dal corso del Rosandra, la valle era particolarmente adatta allʼagricoltura. Particolarmente diffuse erano la coltura dellʼolivo e della vite, questʼultima di grande i m p o r t a n z a i n p a s s a t o p e r lʼeconomia locale. La valle era inoltre percorsa da un importante itinerario stradale, che metteva in comunicazione lʼentroterra sino allʼUngheria con il Litorale, cosa che segnò per secoli la storia del luogo.
Nel secondo dopoguerra vi furono nella valle delle mutazioni radicali. La prima trasformazione avvenne nel periodo immediatamente post-b e l l i c o , d u r a n t e i l q u a l e l ʼamministrazione al leata del Territorio libero di Trieste diede il via al rinterro delle saline di Zaule, poste nei pressi della foce del Rosandra e la costruzione della zona industriale est, organizzata attorno al neo formato canale navigabile. Successivamente negli anni ʼ60 e ʼ70 fu spianta prima lʼarea baricentrica della valle per la c o s t r u z i o n e d i u n g r a n d e s t a b i l i m e n t o m e c c a n i c o e successivamente lʼarea a cavallo del basso corso del Rosandra per la realizzazione di un parco s e r b a t o i d i g r e g g i o . L a popolazione, prima agricola, migrò in massa nelle fabbriche, il che promosse un miglioramento della situazione economica delle famiglie ma anche il parziale abbandono delle campagne.Il benessere portò allʼabbandono di parte dei centri storici dei borghi, mentre andò aumentando la
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diffusione edilizia, in particolare nella zona pianeggiante della valle, provocando la fusione di diversi abitati.L a p o s i z i o n e s t r a t e g i c a d i attraversamento fu in parte ripresa con la realizzazione, a partire degli anni ʼ80 sino agli anni duemila, della grande viabilità triestina, che col lega la c i t tà con la rete autostradale italiana e slovena.
Dal punto di vista dellʼuso del suolo la valle era caratterizzata quindi dalla marcata presenza di oliveti e vigneti. Le campagne ricoprivano ogni area adatta alla coltivazione mentre la struttura insediativa si caratterizzava per la presenza di numerosi abitati lineari di versante posti ai margini settentrionali o orientali dellʼarea coltivata, tra questa ed i pendii scoscesi e quindi inadatti allʼuso agricolo.
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la valle del Bregvista dal ciglione carsico con evidenti gli insediamenti industriali
Queste aree non coltivate venivano utilizzate collettivamente dalla popolazione dei singoli borghi per la pastorizia stanziale (sul Carso il p a s c o l o e r a i n o r i g i n e transumante), andando a definire vaste aree a pascolo caratterizzate da una flora analoga alla landa cars ica, seppur i l substrato variasse notevolmente.Il paesaggio era inoltre ritmato dalla presenza, lungo i corsi dʼacqua ed in particolare del Rosandra dal la presenza di numeros i mu l i n i a se r v i z i o principalmente della città di Trieste.
La costruzione degli impianti produttivi ed industriali in genere andò a modificare radicalmente, seppur localmente, l ʼuso del t e r r i t o r i o . V a s t e a r e e precedentemente agricole furono interdette alla popolazione e radicalmente mutate anche con la trasformazione della morfologia del suolo.Anche la diffusione edilizia incise sullʼuso del suolo, trasformando aree agricole in residenziali e
mutando quindi lʼimmagine del territorio.L e p r o p r i e t à c o l l e t t i v e , abbandonata la pastorizia, furono lasciate per decenni incolte, oggi queste aree risultano nuovamente co lon izza te da l la boscag l ia latifoglie locale mista a pineta da impianto, oppure sfruttate per lʼagricoltura intensiva.In alcune aree persistono tuttavia i piccoli appezzamenti agricoli storici, ancora coltivati ad ulivo e vite. Nelle zone meno adatte allʼinsediamento, in particolare nella parte settentrionale della valle, si sono conservate infatti le antiche campagne delimitate da muri a secco in arenaria collegate tra loro da viottoli.
Il paesaggio della valle del Breg è quindi caratterizzato oggi da una molteplicità di elementi, convivono in unʼarea ristretta il borgo storico con la d i f fus ione ed i l iz ia , i terrazzamenti incolti con gli oliveti e vigneti attivi, la media e piccola industria con lʼagricoltura intensiva.
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VECTORWORKS EDUCATIONAL VERSION
uso del suolouso storico:
piccoli appezzamenti agricoli, alternati da abitati di versante lineari e pascoli collettivi
VECTORWORKS EDUCATIONAL VERSION
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uso del suolouso odierno:
insediamenti industriali, diffusione edilizia, appezzamenti agricoli attivi ed in disuso, proprietà collettive incolte o
ad uso agricolo intensivo
Seppur abitata già in epoca preistorica, come testimoniano diversi ritrovamenti nelle grotte sui versanti carsici, la valle conobbe la pr ima cul tura effet t ivamente stanziale nellʼetà del bronzo. Il Breg, come il Carso Triestino e tutta lʼIstria fu interessato infatti dalla cultura dei castellieri, abitati dʼaltura fortificati ascrivibili al p o p o l o d e g l i i s t r i . Q u e s t i insediamenti si componevano di una parte residenziale composta
da capanne e da uno o più valli difensivi in muratura a sacco.Nella valle sono presenti diversi caste l l ier i , t ra quest i vanno segnalati il castelliere del Monte Carso, in posizione dominante sopra la Val Rosandra e lʼaltipiano di San Servolo, che rappresenta la più grande struttura di questo genere della provincia di Trieste e il castelliere del Monte San Michele. Il secondo è un grande castelliere a tre cinte difensive, posto sul colle
3.1.1.
inquadramento storico
omonimo, che, distaccandosi dal versante carsico si erge quasi isolato alle porte della gola del Rosandra ed è quindi un punto focale del Breg.
Successivamente alla fondazione di Aquileia (181 a.C.) i romani mossero guerra allʼIstria nellʼanno 178 a.C.. Come narra Tito Livio, i romani partirono dalle Foci del Timavo via mare e via terra, accampandosi infine ad alcune miglia dal primo porto dellʼIstria, d o v e c o s t r u i r o n o i l l o r o
accampamento a predisposero diversi presidi. Approfittando di un m ome n t o p ro p i z i o , g l i i s t r i a t taccarono l ʼaccampamento sconfiggendo momentaneamente lʼesercito romano. Il primo porto dellʼIstria può essere identificato con la s t rut tura por tuale d i Stramare, nella località omonima posta ai piedi del dosso marno-arenaceo del Monte d ʼOro e affacciata sul golfo di Muggia. Quindi la vasta struttura rintracciata sul colle Koromačnik, nel centro della valle del Breg, datata in base
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il monte San Michelesi notano nella parte sommitale le tracce del castelliere
ai rinvenimenti al periodo romano repubblicano, può essere ascritta alla prima campagna dʼIstria.La conquista romana dellʼIstria avvenne un anno più tardi, nel 177 a.C. e la regione divenne parte della repubblica. Fu però il periodo imperiale a portare i maggiori benefici alla città di Trieste ed alle zone l imitrofe. Nella relativa prosperità e pace la città di Trieste si abbellì di numerosi monumenti e nel territorio, ivi compresa la valle del Breg, prolificarono numerose ville. Nella fascia collinare ai piedi d e i v e r s a n t i c a r s i c i f u r o n o impiantate numerose coltivazioni di viti ed olivi, mentre il territorio era a t t rave rsa to da s t rade ben organizzate. La valle del Breg, anchʼessa caratterizzata dalla presenza di numerose ville rustiche venne segnata anche dal percorso dellʼacquedotto della Val Rosandra, che attingendo dalla fonte Zvirk (dal Rossetti rinominata poi in fonte Oppia) allʼimbocco della gola, portava lʼacqua sino alla città di Trieste.
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lʼacquedotto della Val Rosandra
la diocesi di Trieste nel 14°secolo (da F. Colombo)
il distretto di Moccò (da F. Colombo)
Il periodo tardo antico ed alto medievale fu caratterizzato, come altrove in Europa, da una grande insicurezza e dal conseguente abbandono diffuso del territorio. LʼIstria venne coinvolta a partire dal 5° secolo dalle guerre dei Goti e deg l i Unn i , pe r esse re po i riconquistata dai bizantini nel 6° s e c o l o . S e g u i r o n o a l t e r n e dominazioni dei longobardi e dei bizantini, con la conseguente immigrazione di diversi popoli, tra i quali gli slavi, che diventano stanziali in Istria già nel settimo ed ottavo secolo, incoraggiati dalla p o l i t i c a d i r i p o p o l a m e n t o longobarda prima e franca poi. A seguito della caduta del regno longobardo, nel 776 d.C., lʼIstria venne quindi a far parte del regno dei franchi nel 778 d.C.. Nel contesto di grande insicurezza seguito alla caduta dellʼimpero romano la popolazione del Breg cominciò a riparare, in caso di bisogno, in ricettacoli isolati in punti impervi del territorio. Numerosi ricettacoli di questo genere sono stati identificati sul Crinale nella Val
Rosandra e in altri punti del v e r s a n t e c a r s i c o . D i v e r s i insediamenti furono abbandonati mentre nuovi ne prendevano il posto andando a riconfigurare lʼassetto territoriale.
La situazione politica locale si stabilizzò con la salita al potere dei vescovi. Il vescovo di Trieste ricevette in feudo la città con un largo territorio circostante nellʼanno 9 4 8 d . C . , i l c h e s e g n ò profondamente i l successivo sviluppo dellʼarea. Il distretto vescovile posto sotto il diretto controllo del capitolo coincideva con lʼarea parrocchiale dellʼantica pieve matrice di San Ulderico, nucleo attorno al quale si formò lʼodierno abitato di Dolina, nella valle del Breg. Questʼultima era ino l t re carat ter izzata da un par t ico lare s ta tus g iur id ico , essendo un distretto a sé con sede nel castello di Moccò, sorto probabilmente in luogo di un precedente ricettacolo tardo antico. Il confine tra il distretto cittadino e la valle era ben definito dal punto di
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vista giuridico, tanto da venire richiamato anche nel stemma duecentesco del libero Comune di Trieste e rimanere immutato sino ad oggi.U n c a p o s a l d o d i q u e s t a confinazione è il passo di Longera, importante punto di passaggio dallʼaltipiano carsico verso il mare, luogo che deve il suo nome ad un importante itinerario commerciale medievale. Questa area era interessata infatti dal passaggio delle carovane che coprivano il tragitto che dallʼentroterra portava
le merci ai porti del golfo di Trieste e vice versa. Lʼimportante fascio di strade raggiungeva le pianure pannoniche, motivo per cui era conosciuto nel capodistriano come Via Ongara. Il controllo sui punti di attraversamento del versante carsico era così importante che le città litoranee si fecero più volte guer ra con a l te rne fo r tune. Lʼitinerario principale di questo percorso scendeva dal passo di Longera attraverso la valle del Breg alla volta di Capodistria. Acquisito il controllo sulla valle del Breg, il
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le vie commerciali tra lʼentroterra ed il litorale nel medio evo
Comune di Trieste si attivò presto per deviare i traffici commerciali nella propria città, sino a deviare la strada attraverso la muda posta nei pressi del castello di Moccò.Le mutazioni socio-politiche fecero sì che anche questo sistema c o m m e r c i a l e f o s s e p o r t a t o allʼattenzioni delle grandi potenze europee, in questo caso della Repubblica di Venezia e della casa dʼAsburgo. Nel tentativo di trovare un potente alleato, seppur distante, e un valido supporto nelle proprie mire espansionistiche, la città di Trieste si raccomandò presso la casa dʼAustria e dopo alcune guerre ed alterni domini anche la valle di Moccò entro a far parte del Ducato d i Carnio la. La fine dellʼepoca precedente fu decretata quindi con la demolizione, per motivi strategici, ma anche politici ed economici, del castello di Moccò, avvenuta nellʼottobre del 1511.
Il mutato panorama socio-politico portò nel 1632 alla costituzione della Signoria di San Servolo con
sede nellʼomonimo castello posto in posizione dominante sopra la valle del Breg. La signoria rappresenta per certi versi la naturale erede del distretto di Moccò, seppur la valle del Breg ricoprisse solo una parte dellʼesteso territorio soggetto al signore. Il seicento portò quindi grandi mutazioni della valle, lʼantica pieve di Dolina, distrutta durante la guerra degli Uscocchi (1615-17) fu ricostruita in forme nuove. La ricostruzione della pieve portò alla trasformazione di buona parte dellʼeredità edilizia ecclesiastica d e l l a v a l l e c o m e p u r e l a costruzione di nuovi edifici, dovuta anche a l l a p ress ione de l l a controriforma. Le maestranze che lavoravano in questi cantieri p roven ivano p r i nc ipa lmen te dallʼentroterra della signoria, dalla Birchinia e dal Carso, il che uniformò il linguaggio architettonico dellʼarea allargata. La nobiltà apportò le sue modifiche nel paesaggio con la costruzione di d iverse v i l le e palazzi e la ristrutturazione di castelli tardo medievali e cinquecenteschi. Nella
113
valle del Breg cʼera almeno tre palazzi di questo tipo; il palazzo di Lakotišče, primo palazzo costruito dai signori nella valle, che fu presto abbandonato dai signori che si t r as fe r i r ono ne l pa lazzo d i Fünfenberg costruito ai piedi delle rovine del castello di Moccò ed il
palazzo Botonovec nei pressi del corso del Rosandra.Nel settecento venne costruito, a seguito di un miracolo, il santuario di San Giuseppe a Ricmanje, meta di pellegrini provenienti da diverse parti dellʼImpero.
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il territorio della signoria di San Servolo divisa nei capocomuni di Dolina e Materija,
con evidenziato il medievale distretto di Moccò.
Lʼottocento si aprì con le mutazioni s o c i o - p o l i t i c h e i n d o t t e d a l passaggio dei francesi e con la fine della Repubblica di Venezia. LʼIstria, riunita sotto la corona dʼAsburgo, fu elevata a provincia alla quale fu annessa la signoria di San Servolo, la cui sede era oramai stabilmente nel palazzo di Fünfenberg. Trieste si era ormai trasformata nellʼemporio dʼAustria e lʼeconomia della valle si stava riorientando verso le necessità della nascente metropoli.Il rivoluzionario anno 1848 portò alla dissoluzione della signoria e la nascita dei due Capocomuni di Dolina e Materija, che coprivano rispettivamente la parte occidentale ed orientale della soppressa signoria. Finiva così la funzione amministrativa del palazzo di Fünfenberg mentre il centro della valle si confermò lʼabitato di Dolina accentrato attorno allʼantica pieve. Nel contempo nelle valli del Breg, dellʼOspo e del Risano si andò formando una cultura contadina comune e l ʼarea del ciglione carsico cominciò ad avere una
ident i tà comune dovuta al le medesime condizioni ambientali e socioeconomiche.
Il territorio comunale di Dolina fu infine fortemente colpito dalla divisione territoriale seguita al secondo conflitto mondiale e venne fortemente ridimensionato. Lo sviluppo industriale della valle cambiò radicalmente gli equilibri precedenti, dando lʼinizio ad una nuova stagione.
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La va l le de l Breg è qu ind i caratterizzata da un paesaggio complesso, dove interagiscono una connotazione morfologica forte con un uso del territorio multiforme.Sovrapponendo lʼanalisi storica della valle con lo stato attuale del te r r i to r io è poss ib i le qu ind i evidenziare i punti emergenti del paesaggio, che sono al contempo sede d i emergenze s tor ico-archeolog iche. In s in tes i , è possibile identificare i luoghi della memoria nel paesaggio.C o m e g i à d e s c r i t t o nellʼinquadramento paesaggistico,
a seguito del parziale abbandono delle pratiche agricole e pastorali, buona parte del territorio un tempo coltivato si trova oggi colonizzato dalla boscaglia altoarbustiva, il che incide fortemente sulla leggibilità delle tracce nel territorio. Ciò n o n o s t a n t e , a c a u s a d e l l a caratteristica morfologia del Breg è possibi le identificare diverse emergenze del paesaggio, dove permangono tracce o rovine del passato.
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I luoghi della memoria della valle del BregSovrapposizione della copertura boschiva della valle con gli usi del suolo, le infrastrutture e la struttura
insediativa odierna. Vengono evidenziati i luoghi storici caratterizzati dalla posizione dominante nel territorio,
facilmente leggibili anche nel paesaggio complesso contemporaneo.
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I luoghi della memoria della valle del BregIdentificazione dei luoghi e delle antiche vie di attraversamento della valle, infrastrutture di un percorso ideale
attraverso la memoria di questo territorio
Come è stato evidenziato già precedentemente, la presenza della storia nel paesaggio può esplicarsi in modi diversi. In funzione della consistenza delle tracce materiali della memoria si può sceg l i e re qu i nd i come approcciarsi al progetto.Il Breg, essendo caratterizzato da molteplici mutamenti storici non ha conservato monumenti di una epoca precisa, ma numerosi f ramment i de l le epoche p iù
disparate. Il territorio è segnato quindi dalla presenza di diverse tracce, permanenze residuali nel paesaggio, che costituiscono le principali testimonianze del passato della valle negli ambiti esterni ai nuclei storici dei borghi.Sono questi i luoghi che potrebbero essere valorizzati e segnalati nel paesaggio da interventi deboli, quali installazioni artistiche, volti alla riscoperta della memoria del territorio.
3.2.1.
interventi deboli
123
Čelo e BrdoIl colle Čelo è una bassa altura che si eleva nella
zona centrale della valle. La cima del colle fu sede di
un castelliere protostorico e successivamente di un
abitato romano. La continuità insediativa dellʼarea è
testimoniata dallʼabitato medievale di Brdo, posto
nella sella nelle immediate vicinanze della cima.
Questo piccolo borgo, abitato da saltari al servizio del
Comune di Trieste, fu abbandonato nella metà del
settecento. La cima del colle fu soggetta negli anni
ʼ80 allʼimpianto di un oliveto, mentre le rovine
dellʼabitato risultano abbandonate e celate dalla
vegetazione.
PodešterìjaSi tratta di una piccola sella che unisce il colle di San
Michele con lʼaltipiano carsico, ubicata nelle
immediate vicinanze dellʼodierno abitato di Zabrežec.
Lʼarea fu sede di un insediamento romano, da
relazionare con il vicino castelliere di San Michele. Eʼ
quindi alquanto probabile che si tratti di una
continuità insediativa ininterrotta dalla protostoria ad
oggi. Lʼarea è attualmente coltivata a vigneto.
StorìjePosta su di un terrazzamento naturale proteso verso
la valle, lʼarea è caratterizzata dalla presenza di una
grande maceria che cela le rovine di una probabile
villa rustica romana. Data la posizione isolata del
luogo non vi furono mai intrapresi scavi approfonditi,
è tuttavia una emergente testimonianza dellʼepoca
romana in questo territorio.
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Il colle Koromačniknella parte orientale del colle è possibile notare le tracce rettilinee dovute alle strutture interrate romane
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KoromačnikSi tratta di una bassa collina posta in posizione
baricentrica nel centro della valle. Il colle fu in
passato adibito a pascolo ed è ancora oggi una
proprietà collettiva indivisa.
Sulla parte sommitale furono individuate tracce ben
visibili di una struttura regolare quadrangolare, datata
poi, in seguito a sondaggi archeologici, al periodo
romano repubblicano.
La struttura può essere messa in relazione con i fatti
storici della prima campagna dʼIstria, quando i romani
mossero guerra alla penisola. Si tratterebbe quindi di
un forte costruito in quella occasione ed è aperta la
possibilità che si tratti proprio del forte principale
dellʼesercito romano conquistato dallʼesercito dei
difensori, cosa che provocò lʼinterruzione della prima
campagna dʼIstria.
Sulla sommità del colle si trovano anche le rovine
ben conservate della chiesa dedicata a San Rocco,
costruita probabilmente alla fine del cinquecento e in
parte ridefinita nel seicento. Questa fu abbandonata
nel secondo dopoguerra e quindi, venuta a mancare
la manutenzione ordinaria, decadde
progressivamente.
Il colle si presenta oggi in parte incolto e, data la sua
posizione centrale nella valle, si presterebbe bene ad
una valorizzazione delle tracce della storia che lo
incidono. Di particolare valore potrebbe essere
lʼevidenziazione del disegno a terra del forte romano,
nel centro del quale, sulla sommità del colle, si
trovano le rovine della cappella.
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Il monte Carso (Sela)il pesante vallo difensivo del castelliere è evidente nella parte orientale dellʼarea sommitale
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Monte Carso (Sela)Con questo nome si definisce una cima che,
innalzandosi dallʼaltipiano di San Servolo, si staglia
contro la valle del Breg e la gola del Rosandra
ergendosi su pareti a strapiombo e lunghi ghiaioni.
Sulla sommità di questa altura, oggi coperta da una
pineta di impianto, si trovava un tempo un grande
castelliere protostorico, che rappresenta oggi
lʼesempio più esteso di struttura di questo genere
della provincia di Trieste. Le indagini archeologiche
indicano che solo la parte sommitale del castelliere
avesse funzione abitativa, mentre lʼampia area
esterna a questo perimetro fosse ad uso
temporaneo. Questo ha fatto supporre che questo
castelliere avesse funzione militare di difesa del
territorio e fosse in qualche modo legato alla storia
del vicino accampamento romano posto sul
Koromačnik. Il possente vallo difensivo è ancora oggi
evidente e riconoscibile nel paesaggio.
Lʼevidente posizione strategica è stata confermata
durante il secondo conflitto mondiale, quando sulla
cima dellʼaltura furono predisposte diverse postazioni
di contraerea e relativi edifici di servizio, le cui rovine
sono tuttʼora ben visibili anche dalla valle posta
quattrocento metri più in basso.
Anche se meno accessibile, pure questo luogo
dʼaltura si presterebbe bene alla valorizzazione delle
tracce della storia, in particolare a causa della
consistenza di queste, dal notevole vallo difensivo
sino alle recenti rovine.
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Il monte San MicheleRilievo del Marchesetti di fine ottocento con evidenziati i valli difensivi del castelliere e i ruderi della chiesa
omonima
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Monte San MichelePunto focale e fuga prospettica naturale della valle
del Breg il monte San Michele è posto a guardia della
gola del Rosandra. Lʼaltura è sicuramente il massimo
esempio di luogo alto fortemente caratterizzato nella
valle. La sua particolare collocazione ha sicuramente
suscitato per secoli grande fascino negli abitanti che
si sono susseguiti nel territorio.
Fu sede di un grande castelliere protostorico, cinto
da tre valli difensivi posti leggermente verso
occidente per proteggersi meglio dalla Bora. Date le
sue caratteristiche si può supporre fosse di notevole
importanza già nel periodo istro. Va segnalato che, a
seguito della conquista romana, la popolazione di
questo castelliere si trasferì molto probabilmente nel
già citato nuovo abitato sorto nella località
Podešterija
Nel periodo medievale venne eretta, nei pressi della
cima ed allʼinterno del primo vallo difensivo, la chiesa
dedicata allʼarcangelo Michele, sul cui prospetto
vennero murate alcune lapidi romane, ora
scomparse. La chiesa venne soppressa in seguito
alle riforme di Giuseppe II.
Anche in questo caso lʼevidente posizione strategica
dellʼaltura venne sottolineata nel corso di un conflitto
bellico del novecento. Durante il primo conflitto
mondiale furono infatti realizzati sulle pendici del
monte, diversi trinceramenti e caverne, in previsione
di un eventuale sbarco italiano nella piana di Zaule.
La realizzazione di queste linee difensive andò a
danneggiare in più punti il castelliere protostorico,
mentre per le murature furono riutilizzati i conci
recuperati dalla demolizione delle rovine della chiesa.
Data la ricchezza di tracce storiche e lʼevidente
posizione vantaggiosa, il monte risulta essere il luogo
più adatto per lʼattivazione di interventi tesi alla
valorizzazione dei segni del passato.
I luoghi precedentemente descritti sono caratterizzati dalla presenza di tracce della memoria estese su grandi superfici o da piccoli e lement i puntual i isolat i nel paesaggio.Il colle di Moccò si differenzia dagli esempi precedenti in quanto, grazie alla sua importanza storica, è un luogo dove le tracce del tempo si stratificano una accanto allʼaltra in un luogo alto, circoscritto e ben definito nel paesaggio.
Sotto le macerie che ricoprono i fianchi del colle si trovano i resti dellʼomonimo castello, ai piedi del quale la vegetazione cela le rovine del palazzo signorile che rivestì in epoca moderna una funzione per certi versi analoga a quella della struttura medievale soprastante, infine alcune brevi trincee riportano alla memoria la storia recente.Posto in posizione dominante sopra la Val Rosandra, oggi riserva naturale regionale, e facilmente
3.2.2.
il colle di Moccò
accessibile dalle strade carrabili, dalla pista ciclopedonale e da diversi sentieri il luogo si presta quindi ad un intervento più incisivo con il fine di creare un segno forte nel paesaggio per riprendere le fila di un dialogo con la storia ed il tempo in buona perte perduto nel mondo contemporaneo.Massimo esempio locale di luogo della memoria nel paesaggio, il colle diverrebbe quindi il fulcro di un sistema di punti nel territorio, di cui sarebbe sintesi e chiarimento.
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Il colle di MoccòRipreso dal versante carsico con in secondo piano il monte San Michele e la mole del Monte Carso, sullo sfondo
la valle del Breg.
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Le rovine del castello di MoccòLe rovine come si presentavano nellʼaprile del 1883 in un disegno di Antonio Tribel.
(Archivio Diplomatico di Trieste, 1/2 C 16/4)
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il castello di MoccòIl colle di Moccò è una altura protesa verso la Val
Rosandra e posta tra il versante carsico ed il monte
San Michele.
Lʼorigine della struttura fortificata va ricercata forse
nel periodo tardo antico, quando la popolazione della
valle cominciò a riparare in ricettacoli isolati e
facilmente difendibili. La vicinanza dellʼabitato
romano sito nella sella Podešterija, erede
dellʼinsediamento castricolo sul monte San Michele,
avvalorerebbe questa tesi e eleverebbe il castello a
successore dellʼimportante stanziamento
protostorico.
Il castello vero e proprio fu costruito molto
probabilmente dal vescovo, detentore del potere
temporale, come centro di controllo del territorio. Le
prime tracce documentarie riguardo la struttura
risalgono allʼanno 1166, mentre la prima menzione
esplicita del castello è del 1233.
Grande struttura strategica per il controllo delle merci
di passaggio da e verso lʼentroterra, fu alternamente
conquistato da diversi contendenti, dimostrando
sempre di essere una eccellente struttura bellica.
Il castello si dimostrò inadatto al proprio compito solo
con lʼintroduzione delle armi da fuoco di maggiore
gittata, che furono usate dallʼesercito imperiale per
riconquistare il fortilizio nellʼautunno del 1511.
Preoccupato che lʼimperatore potesse costituire una
signoria nel territorio su cui deteneva ancora molti
diritti, il vescovo triestino, lʼumanista Pietro Bonomo
ne ordinò lʼimmediata demolizione in seguito della
presa.
Dellʼedificio permangono oggi solo poche tracce
visibili, tra cui le rovine di una probabile cisterna
veneziana. Le macerie delle tre torri che furono
abbattute coprono lʼarea in cui si sviluppava la parte
residenziale del fortilizio, area nella quale sinora non
sono stati condotti scavi archeologici.
134
il palazzo di FünfenbergNel seicento la nobiltà carniolana, come la nobiltà di
altre regioni europee, cominciò ad abbandonare i
vecchi castelli in favore di comodi palazzi urbani e di
campagna.
Così fu pure per i Petazzi, conti di San Servolo e
detentori dellʼomonima signoria, che nella valle del
Breg costruirono inizialmente il palazzo di Lakotišče,
che fu però presto abbandonato a causa
dellʼinsalubrità dellʼarea circostante il basso corso del
Rosandra. Venne quindi costruito, ai piedi delle
rovine del celebre castello di Moccò e recuperando
parte del materiale lapideo, un nuovo palazzo, noto
poi come palazzo di Fünfenberg.
Il palazzo divenne ufficialmente sede del potere
signorile solo nellʼanno 1791, a seguito dellʼincendio
che distrusse il castello di San Servolo, seppur fu
utilizzato come centro amministrativo già
precedentemente.
A seguito della legge sullʼesonero del suolo vennero
soppresse le signorie e quindi il palazzo perdette la
propria funzione di centro amministrativo. Venduto
dai Montecuccoli, ultimi signori di San Servolo, venne
ristrutturato e tramutato in albergo con il nome di
“Castello nuovo di Moccò”.
Lʼedificio venne infine distrutto nellʼimmediato
dopoguerra da un incendio le cui circostanze non
sono state ancora chiarite.
135
Il palazzo di Fünfenberg ed il colle di Moccò nel paesaggio di inizio secolo(Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, inv. 21-6700)
Il colle di Moccò si trova nel comune di Dolina (San Dorligo della Valle), ubicato nellʼarea sudorientale della Provincia di Trieste. Il colle rientra nel perimetro della Riserva Naturale Regionale del Val Rosandra, istituita con la L.R. 30.9.1996 n.42, art. 52. La riserva è riconosciuta come area protetta nellʼElenco nazionale delle aree protette italiane e come Sito di importanza comunitara (SIC IT3340004 - Carso triestino e goriziano) e Zona di protezione
speciale (ZPS - Aree carsiche della Venezia giulia) nellʼambito della rete Natura 2000. Lʼarea protetta si estende inoltre, senza soluzione di continuità, in Slovenia nel comune di Hrpelje - Kozina, d o v e s i t r o v a i l P a r c o paesaggistico Beka (Krajinski park Beka), istituito nellʼanno 1992.
I n s e g u i t o a l l ʼA c c o r d o d i programma stipulato tra la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e il Comune di Dolina il 2 ottobre 2006
139
4.1.1.
indicazioni urbanistiche
il Comune risulta essere lʼente gestore della Riserva naturale regionale della Val Rosandra.Raggiunto lo status di organo gestore, il comune ha avviato un processo partecipato che porterà al la redazione del Piano di Conservazione e Sviluppo (PCS) della riserva. Nel 2011 è stata resa pubblica la bozza di questo piano, che è il riferimento urbanistico per il presente progetto.
I l Piano di Conservazione e Sviluppo evidenzia il sito del castello di Moccò come elemento di valore. Per quanto riguarda le rovine del castello prevede il r e c u p e r o c o n s e r v a t i v o d e i manufat t i archi tet tonic i e la infrastrutturazione del sito a fini turistici40.I l sito del colle rientra solo parzialmente nel perimetro della
140
40 Bozza del PCS (febbraio 2011), Elaborato 03: Indicazioni gestionali e schede degli interventi, scheda n°II.C.09 - Riqualificazione del Castello di Moccò - Mohov grad
Sito di Importanza Comunitaria IT3340006 - Carso Triestino e GorizianoEvidenziato il colle di Moccò
zona di tutela naturalistica (RN), dove “l'ambiente naturale e il paesaggio sono conservati nella loro integrità e nella quale sono ammessi esclusivamente interventi di ripristino o di restauro di ecosistemi degradati, danneggiati o compromessi sot to i l profilo naturalistico”41, bensì nella zona di tutela generale (RG - Prati e prati pascolo). In queste zone “è perseguito il fine di uno sviluppo
sociale ed economico attraverso a t t i v i t à c o m p a t i b i l i c o n l a conservazione della natura”42. Lʼarea del colle di Moccò non è quindi caratterizzata da un elevato indice di sensibilità ecologico ambientale.
141
41 Bozza del PCS (febbraio 2011), Elaborato 02: Relazione generale, art. 3.2.2
42 Bozza del PCS (febbraio 2011), Elaborato 02: Relazione generale, art. 3.2.2
Zona di Protezione Speciale IT3341002 - Aree carsiche della Venezia GiuliaEvidenziato il colle di Moccò
142
Emergenze Storiche e NaturalistichePiano di Conservazione e Sviluppo della Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra - Tavola n°6
144
Interventi di Sviluppo ed Interazioni territorialiPiano di Conservazione e Sviluppo della Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra - Tavola n°8
146
ZonizzazionePiano di Conservazione e Sviluppo della Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra - Tavola n°5
Rispetto alla scala vasta il colle di Moccò si trova in una posizione particolarmente fortunata; posto sul versante carsico, sul confine tra lʼaltipiano e le valli dellʼIstria è accessibile da diversi punti.Le antiche vie commerciali che hanno fatto la fortuna del castello medievale sono oggi riproposte, tra l ʼ a l t r o c o n u n a a n a l o g i a sorprendente, dalle strade ad alto scorrimento ed autostrade SS 202 - RA 13 - A4 in Italia e dalla A1 in Slovenia, che passano nelle
immediate vicinanze e anche allʼinterno della valle del Breg.
La valle è poi attraversata dalle strade provinciali 11, 12 e 13 che collegano la valle alle viabilità di classe superiore. La SP 11 passa n e l l e i m m e d i a t e v i c i n a n z e dellʼabitato di Boršt (SantʼAntonio in Bosco), attraversando il quale si può giungere al colle di Moccò, nei pressi del quale ci sono alcuni spazi adibiti a parcheggio.
4.1.2.
accessibilità
Il colle si trova anche nei pressi della pista ciclopedonale realizzata sul sedime della linea ferroviaria Trieste - Kozina in disuso. La pista interessa tutto il percorso della vecchia linea di collegamento tra Trieste e la linea Istriana, partendo quindi dal rione di San Giacomo, nel centro della città, attraversa buona parte dell ʼarea urbana orientale per raggiungere infine lʼabitato di Kozina, in Slovenia, coprendo una lunghezza totale di 20km.
Il colle è raggiungibile ovviamente anche percorrendo lʼantica via commerciale, il cui percorso fu deciso dal Comune di Trieste nel trecento con lʼobiettivo di deviare le carovane verso i l castello e controllare così meglio il traffico di passaggio. Quella che un tempo era una delle vie più importanti della Carniola è oggi una strada di campagna ed a tratti poco più che un sentiero, che è tuttavia uno dei sentieri principali della Riserva della Val Rosandra, segnato con il n°15, collega il colle di Moccò con
149
Inquadramento a scala vastaIndividuazione del perimetro delle aree protette, delle strade ad alto scorrimento con relativi accessi alla valle del
Breg e della pista ciclopedonale
la pista ciclopedonale da un lato e con la SP 11 da l l ʼa l t ro . In corrispondenza dellʼincrocio tra la strada provinciale ed il sentiero cʼè ino l t re un vasto parcheggio utilizzato durante le manifestazioni popolari.
I l c o l l e è p o i o v v i a m e n t e raggiungibile anche da altri sentieri, che lo mettono in collegamento con diversi punti della Riserva e del versante carsico.
150
151
Accessibilità del colle di MoccòIndividuazione della strada provinciale n°11, del percorso della antica via commerciale oggi sentiero n°15 e della
pista ciclopedonale sul sedime della vecchia ferrovia
Il colle è fortemente caratterizzato dalla propria posizione. Impervio su tre lati, è collegato sul quarto, tramite un pianoro, ad un terrazzo naturale che si protende dal versante carsico verso il monte San Michele.Questo pianoro è la via dʼaccesso carrabile al colle, che si presenta perciò come una altura isolata nella sublime scenografia della Val Rosandra.Storicamente lʼapproccio al colle avveniva invece nellʼaltra direzione e il colle si presentava quindi nel
suo sviluppo. Salendo dallʼantica via commerciale, infatti, il colle presenta allo sguardo il versante occidentale, sito di buona parte dellʼantico castello di Moccò. Il fianco di ponente risulta essere quindi lʼaffaccio preferenziale sulla v a l l e , e s s e n d o s t a t o g i à storicamente identificato come luogo principe della composizione morfologica.
Il nucleo del castello medievale di Moccò occupava in antico i l pianoro sommitale del colle, che fu
153
4.2.1.
elementi costitutivi del luogo
nel corso dei secoli adattato e modificato per lʼimposta delle strutture componenti il complesso. Sulla sommità sono infatti ancora rintracciabili numerosi intagli nella roccia, probabili fondazioni delle tre torri e delle murature di cinta. La parte residenziale del castello si trovava molto probabilmente sul versante occidentale del colle, area che è attualmente occupata dalle m a c e r i e c o n s e g u e n t i a l l a demolizione del fortilizio avvenuta cinquecento anni fa. Sul fianco settentrionale dellʼaltura, appena sotto la sommità, si trovano le rovine di una struttura di medie dimensioni parzialmente interrata, che è ipotizzabile sia la cisterna cos t ru i t a da i venez ian i ne l quattrocento. Le rovine si trovano su un alto terrapieno, forse un tempo il muro esterno del castello.
Il secondo intervento antropico che caratterizza oggi il colle è il sistema di terrapieni, scavi e divisioni r e a l i z z a t i a s e g u i t o d e l l a cos t r uz i one de l pa l azzo d i Fünfenberg. Il palazzo venne
154
Il colle di Moccò nel paesaggioIn primo piano il Monte San MIchele
Elementi del luogoCastello di Moccò
Elementi del luogoIl complesso del palazzo di Fünfenberg
costruito ai piedi dellʼaltura, nelle immediate vicinanze delʼantica muda che conservò a lungo la propria funzione di dogana. Nel realizzare questa casa padronale venne sbancata una parte del versante e realizzato un terrapieno con lʼobiettivo di creare una corte di accesso al palazzo. Questo pianoro è ancora oggi un elemento r i conosc ib i l e de l l ʼ i n te rven to seicentesco, seppur a causa della mancanza di manutenzione sia in più punti venuto a mancare il muro di contenimento e lʼarea circostante s i a s ta ta co lon i zza ta da l l a boscaglia. Il complesso del palazzo comprende anche un muro di cinta che definisce unʼarea di pertinenza dellʼedificio e che comprende anche le uniche rovine visibili del castello di Moccò. Si può supporre che in origine tale pertinenza fosse un parco, che, inglobando le rovine del castello medievale, facesse di Fünfenberg il naturale erede dellʼantico fortilizio.
Un altro elemento che è stato oggetto di studio, in quanto
155
Elementi del luogolʼanalisi dendrologica: gli ippocastani, i tigli, il
frassino, i pini neri
sicuramente costitutivo del luogo, è la copertura arborea. Sullʼarea si sviluppano diversi alberi ad alto fusto, che possono dare una ulteriore chiave di lettura dello spazio. In primo luogo va segnalata la presenza di un sistema di i p p o c a s t a n i ( A e s c u l u s hippocastanum) che segnano il confine del pianoro su cui sorgeva il palazzo, creando uno schermo discontinuo verso la vallata di particolare pregio. Oltre agli ippocastani di indubbia vetustà, sono presenti anche alcuni tigli (tilia platyphyl los) ed un frassino (fraxinus excelsior), tutte tracce di una possibile organizzazione storica delle piantumazioni sul versante. Oltre alle alberature di vecchia data, sul pendio che scende dalla cima verso il pianoro inferiore si trovano numerosi pini neri (pinus nigra), piantumati molto p r o b a b i l m e n t e a l l a fi n e dellʼottocento, come deducibile dalle immagini dʼepoca, sullʼonda del massiccio rimboschimento del Carso.
Il primo elemento del luogo è quindi il pianoro di accesso, che collega il colle al versante carsico e quindi al sistema viabilistico. Lʼelemento di collegamento tra lo spazio di accesso ed il pendio del colle è lo spazioso pianoro inferiore, che si eleva dal pendio definendo un netto confine dellʼarea. Su questo terrapieno trovavano spazio in origine un edificio di servizio (che era probabilmente lʼantica muda) ed il palazzo di Fünfenberg. Sopra il pianoro si sviluppa il pendio, spazio dominato dalla vegetazione e dalla dimensione naturale del luogo. Verso la cima il pendio risulta adattato ed ha inizio quindi lʼarea un tempo sede del castello di Moccò, dove persistono le rovine sopravvissute ai secoli, le tracce e le macerie che celano una storia ancora da esplorare. Lʼarea infine si rapporta verso ponente con la co r t i na d i i ppocas tan i , che definiscono ulteriormente il confine del luogo e creano un dialogo con il paesaggio.
156
157
Gli elementi costitutivi del luogoil pianoro inferiore con il palazzo di Fünfenberg e lʼedificio di servizio, il pendio ricoperto dalla vegetazione, lʼarea
archeologica sommitale e lo schermo di ippocastani
I l palazzo di Fünfenberg fu costruito su un modello molto diffuso nella Carniola del 17° secolo. Nelle immediate vicinanze si possono trovare infatti degli esempi molto simili, quale il palazzo di Dulna (Odolina) nei pressi di Materija, costruito tra il cinquecento ed il seicento e comprato poi dai Petazzi.
Il palazzo di Fünfenberg era una fabbrica compatta e relativamente
semplice. In pianta il palazzo era costruito su un quadrato di 18m di lato con corte interna. Le scale di accesso ai piani superiori si trovavano sul fronte rivolto verso il colle e portavano al corridoio di d istr ibuzione ( in or ig ine era p robab i lmente un ba l la to io ) organizzato attorno alla piccola corte. Tutte le stanze si trovavano quindi sul perimetro dellʼedificio e g l i spaz i d i se rv i z i o e rano probabilmente posti sul fronte
4.2.2.
ricostruzione del palazzo di Fünfenberg
meridionale, rivolti verso il versante del colle.Cercando di ricostruire un disegno geometrico alla base del progetto, si potrebbe dire che questo è composto da un quadrato che definisce il perimetro dellʼedificio, al centro del quale si trova un rettangolo aureo, che definisce la corte. La composizione tiene assieme quindi la forma quadrata e quella rettangolare.Quando fu tramutato in albergo, lʼedificio venne in parte modificato con lo scopo di sfruttare la memoria dellʼantico e famoso fortilizio medievale. Il palazzo venne r ibattezzato quindi in cas te l l o nuovo d i Moccò e l ʼapparato decorat ivo venne conseguentemente r i formato. All ʼepoca circolavano diverse immagini che ricostruivano il castello di Moccò come un truce maniero arroccato sul la Val Rosandra, quindi lʼalbergo doveva riproporre questa aura. Ispirandosi probabilmente alle costruzioni in Rundbogenst i l che venivano realizzate nella città di Trieste in
159
VECTORWORKS EDUCATIONAL VERSION
VECTORWORKS EDUCATIONAL VERSION
Palazzo di FünfebergPianta piano terra e ipotesi composizione geometrica
Palazzo di DulnaCostruito sullo stesso modello di Fünfenberg
questo periodo (basti pensare allʼarsenale del Lloyd), al palazzo venne aggiunta una corona m e r l a t a , m e n t r e v e n i v a probabilmente in parte rialzato lʼultimo piano dellʼedificio. Lʼedificio si presentava quindi come una fabbrica di tre piani con una altezza totale di 11m.I prospetti erano definiti alla base da uno zoccolo, probabilmente lapideo, mentre gli angoli erano evidenziati da larghe lesene a tutta altezza, superiormente il prospetto era coronato come già detto dal cornicione merlato. Le aperture erano organizzate su cinque assi, tranne che nel prospetto orientale, dove si trovavano solo quattro aperture. Il prospetto principale era rivolto verso la vallata ad occidente ed era caratterizzato dallʼingresso al palazzo, costituito da un pesante portale rustico ad arco., sopra al quale si trovava un modesto balcone, forse ottocentesco.Le aperture avevano delle semplici cornici in pietra calcarea, alle quali si sovrapponevano, nel piano terra e al primo piano, degli archi
160
Palazzo di FünfebergModello della pianta, sezione prospettica e
assonometria (vista da nord)
r e a l i z z a t i p r o b a b i l m e n t e i n intonaco.L ʼaccesso al pianoro su cui sorgeva i l palazzo avveniva attraverso un largo scalone, che metteva in collegamento la corte con la sella dʼaccesso al colle.
161
Ricostruzione del palazzo di FünfebergAssonometria del prospetto principale
A seguito dellʼincendio e del crollo della struttura lʼarea cadde in disuso. Nella ricostruzione post-bellica chi poteva recuperava dalle macerie i conci adatti al riuso e quindi le rovine vennero spogliate. Lʼarea venne successivamente abbandonata, come tante altre aree nella valle del Breg e venne colonizzata dalla vegetazione. Oggi lʼarea si presenta quindi incolta e le rovine, allʼinterno delle quali hanno trovato dimora alcuni pini neri, sono
ingombre di detriti e coperte da una lettiera di aghi e foglie.
Il rilievo della consistenza attuale delle rovine si presenta quindi problematico. Per poter rilevare corret tamente lo stato del le strutture sarebbe necessario rimuovere la vegetazione arborea ed arbustiva che le occupa, rimuovere successivamente lo s t r a t o d i h u m u s e d i n fi n e sgomberare lʼarea dalle macerie.
4.2.3.
consistenza attuale dei manufatti
N o n e s s e n d o p o s s i b i l e u n intervento di questo genere ai fini del presente lavoro, si è cercato quindi un metodo alternativo per studiare la consistenza dei resti.
Essendo le caratteristiche fisiche della muratura particolarmente diverse rispetto alle caratteristiche fisiche dello strato di aghi e foglie (humus) e della vegetazione che coprono le rovine, si è pensato di s p e r i m e n t a r e l ʼ u s o d e l l a termografia con lʼobiettivo di leggere lʼandamento delle rovine i n d i p e n d e n t e m e n t e dallʼoccultamento di queste dovuto alla vegetazione.La termografia è una tecnica di ana l is i non in t rus iva e non distrutt iva che si basa sulla a c q u i s i z i o n e d i i m m a g i n i allʼinfrarosso. Lʼanalisi si basa sul presupposto che diversi materiali hanno una diversa emissività termica, che è definita come capaci tà d i un mater ia le d i irraggiare energia. Ogni corpo con temperatura superiore allo zero assoluto emette radiazioni nel
163
Ricostruzione delle rovinele murature coperte dalla vegetazione,
il rilievo della consistenza delle rovine tramite
termografie
campo dellʼinfrarosso ed è quindi possibile, misurando lʼemissione di queste radiazioni, mettere in rappor to i ma te r ia l i con l e temperature e vice versa. La termografia è quindi una visualizzazione bidimensionale della misura dellʼirraggiamento e f fe t tua ta da s t rument i che utilizzano un sensore sensibile alla r a d i a z i o n e i n f r a r o s s a , l e termocamere.
Inquadrate le rovine del palazzo di Fünfenberg, si è notato come sullo schermo della termocamera fosse possibile leggere lʼandamento delle rovine, che ad occhio nudo risultavano quasi invisibili a causa dello strato di humus. Essendo lʼemissività della muratura molto diversa da quella dello strato di aghi e foglie, lo strumento poteva restituire con facilità il profilo delle rovine. Acquisite le immagini relative ai quattro lati dellʼedificio, si è passati alla sovrapposizione di queste alle fotografie, con il fine di leggere al meglio le informazioni emerse dalle termografie. Le
termografie da sole sono infatti spesso illeggibili ex post, a causa d e l l a g r a n d e q u a n t i t à d i i n f o r m a z i o n i c h e q u e s t e c o n t e n g o n o . C o m p a r a t e l e immagini allʼinfrarosso con le foto è stato possibile quindi tracciare il profilo delle rovine. Le immagini c o s ì r e a l i z z a t e s o n o s t a t e successivamente raddrizzare, con i l fi n e d i s o v r a p p o r l e a l l a r icostruzione del palazzo di Fünfenberg e comparare lo stato odierno con lʼedificio come si presentava. Dal profilo delle murature è stato infine realizzato un modello tridimensionale delle rovine.
164
165
Ricostruzione delle rovine del palazzo di FünfebergRilievo della consistenza attuale dei manufatti tramite termografie
Il progetto di recupero delle rovine del palazzo di Fünfenberg si inserisce dunque allʼinterno del discorso più ampio dei luoghi della m e m o r i a n e l p a e s a g g i o . Dallʼanalisi del territorio della valle del Breg risulta che il colle di Moccò possa essere, per diversi motivi, il luogo principe dove costruire un nuovo dialogo tra il tempo, lʼidentità dei luoghi e la popolazione residente.Lʼobiettivo del progetto è quindi quello di riuscire a tenere assieme i temi dellʼevidenza dellʼintervento
rispetto alla scala vasta, con il fine di consapevolizzare l ʼabitante rispetto la storia del territorio, della presenza della riserva naturale, che è lʼinterlocutore del progetto in quanto lʼarea è particolarmente ricca dal punto di vista ambientale ed infine ma non ultimo il tema delle rovine. Le rovine sono, come g i à d e t t o , l a c e r t i d i s t o r i a sopravvissuti al tempo e divenuti parte del presente. Le rovine sono testimonianze fisiche del tempo, tracce che segnano il tempo degli uomini e della natura in un dialogo
167
che raggiunge proprio in esse lʼapice. Le rovine nel territorio formano infatti un tuttʼuno con lʼambiente circostante e questo rapporto non deve andare perduto se si vuole conservare lʼaura delle rovine stesse.In funzione del contesto il progetto si approccia quindi alle rovine con un intervento teso a conservare il r a p p o r t o t r a i m a n u f a t t i e lʼambiente, il nuovo edificio deve divenire parte delle rovine, che non sono più un edifico chiuso, ma uno spazio in dialogo con lʼatmosfera. Lo spazio dellʼuomo si fonde con la natura, in modo che il diverso scorrere del tempo, ossia la t e m p o r a n e i t à u m a n a e l a tempora l i tà de l l ʼambiente s i ritrovino e che da questo incontro p o s s a n a s c e r e q u e l l a riappropriazione prefigurata da Augé.
168
Il terrapieno su cui sorgono le rovine del palazzo di Fünfenberg
Storicamente il colle di Moccò era caratterizzato dalla presenza di manufatti che, dal medioevo sino al n o v e c e n t o , e v i d e n z i a v a n o l'eccezionalità del luogo. Il castello di Moccò era una possente struttura polifunzionale, le cui tre alte torri si innestavano nella roccia madre del colle, creando un potente simbolo nel paesaggio. Distrutto il castello, questo venne sost i tui to dal complesso del palazzo seicentesco, che con il suo terrazzamento creava un moderno dialogo con il contesto.
Il sito in cui sorgeva il fortilizio m e d i e v a l e h a u n v a l o r e archeologico ancora de scoprire, in quanto non furono mai fatti scavi archeologici più approfonditi e quindi non è chiaro quali possano essere gli interventi realizzabili in quellʼarea. Lʼarea delle rovine del palazzo di Fünfenberg è invece ben più aperta allo sviluppo di un progetto di recupero del luogo.I l p r o g e t t o , p a r t e n d o d a i presupposti della ricerca sui luoghi della memoria nel paesaggio, si prefigge la realizzazione di un
169
4.3.1.
ricostruzione volumetrica
intervento teso alla riscoperta del luogo ed a l la sua u l te r io re evidenziazione nel paesaggio.
Lʼintenzione è quindi quella di andare a valorizzare le rovine costruendo un nuovo edificio inserito allʼinterno e sopra le rovine stesse, che sia al contempo elemento di richiamo nel paesaggio e riappropriazione delle vestigia del passato. In questo modo il tempo si concretizzerebbe nel dialogo tra le epoche diverse, tra il nuovo ed il decaduto e tra il contesto naturale, le rovine ed il nuovo intervento.Per evidenziare nel paesaggio la presenza della storia nella fisicità delle rovine, si è scelto quindi di ricostruire il volume oggi scom-
parso del palazzo. Lʼintervento contemporaneo andrebbe così a disegnare nello spazio il profilo del fabbricato storico, andando a recuperare il rapporto monu-mentale tra lʼedificio ed il territorio.Il nuovo volume è però solo unʼombra della fabbrica storica, in quanto le pesanti murature non possono essere riproposte per rispetto verso le rovine e per conservare il rapporto che queste i n s t a u r a n o c o n l ʼa m b i e n t e circostante. Il dialogo tra la natura e le rovine va, come già detto, conservato e quindi il volume viene evocato da un diaframma ligneo che cerca di tenere assieme diverse dimensioni. Il materiale scelto si relaziona al contesto
170
Il colle di Moccò nel paesaggioEvidenziato il volume storico del palazzo di Fünfenberg, il pendio e il pianoro sommitale, sede del castello
medievale. In secondo piano i monti San Michele e Carso e la Val Rosandra, sullo sfondo la valle del Breg.
ambientale della riserva, mentre si stacca nettamente dalla matericità delle rovine. I l diaframma è composto da montanti verticali distanziati tra loro in modo da definire lo spazio senza tuttavia costruire una chiusura verticale impermeab i le . I l r i tmo e le dimensioni dei montanti invece fanno sì che in funzione della vista il diaframma venga percepito come u n m u r o o c o m e u n fi l t r o permeabile.
Il nuovo edificio costruito nelle rovine implementa la propria funzione di faro della memoria del territorio divenendo sede di un museo storico. Così il tempo si esplica in due forme diverse che si completano a vicenda; lʼesperienza diretta dello scorrere del tempo nel dialogo tra le rovine e la natura e lʼesposizione delle tracce del passato in un sistema apposito.Il museo, la cui parte espositiva si sv i luppa sopra le rov ine, è organizzato su due livelli, che r i p r o p o n g o n o s p a z i a l m e n t e lʼesposizione museografica definita
171
Gli elementi compositiviil diaframma ligneo
il secondo livello realizzato in legno
il primo livello realizzato in calcestruzzo a vista
da due percors i d is t in t i ed intersecanti. Nella definizione dellʼorganizzazione del museo lʼesposizione museografica e la reinterpretazione del tema del p a l a z z o s i c o m p e n e t r a n o indissolubilmente. I livelli della nuova costruzione si impostano a l le s tesse quote de i so la i dellʼedificio scomparso, mentre le stanze del museo che derivano dal p r o g e t t o m u s e o g r a fi c o s i posizionano nello spazio andando ad interpretare la pianta dellʼedificio storico. Lʼaccesso ai livelli avviene, tramite dei ponti, nel punto in cui un tempo salivano le scale, mentre lo spazio centrale della corte viene conservato e trasformato in un grande spazio aperto.I d u e l i v e l l i d e l m u s e o s i d i f f e renz iano pe r l e sce l t e costruttive e strutturali. Il primo livello è realizzato in calcestruzzo faccia a vista ed è composto da un solaio poggiato su un sistema di esili pilastri posizionati tra le rovine e dalle salette espositive. Questo l ivel lo interpreta i l tema del percorso museale della strada
172
Sovrapposizione del progetto con lʼedificio storicosezione
il secondo livello in legno
il primo livello in calcestruzzo
regia , ovvero del l ʼant ica via commerc ia le che co l l egava lʼentroterra con i porti del golfo di Tr ieste. I l secondo l ivel lo è caratterizzato invece dallʼuso del legno e dalla presenza di un percorso aereo che collega le salette esposit ive, anch ʼesse rea l izzate in legno. Questo secondo livello interpreta il tema della via di pellegrinaggio, che conduceva le processioni da Trieste alla chiesa di Santa Maria in Siaris, nella Val Rosandra. Le due stanze che sono comuni ai percorsi sono caratterizzate infine dalla compresenza dei due materiali. Queste sono infatti realizzate in c a l c e s t r u z z o , m a e s s e n d o aggettant i r ispet to a l sola io inglobano il diaframma ligneo, che riveste quindi due delle facce interne delle salette.
173
Come già menzionato, in questo p r o g e t t o l a c o m p o s i z i o n e architettonica ed il programma museografico coincidono.Il museo nelle rovine del palazzo di Fünfenberg vuole essere più che un semplice elenco di periodi storici e collezione di oggetti catalogati. Esso vuole riprendere il tema della complessità delle tracce della memor ia ne l paesaggio per r ipor ta r le a l l ʼ i n te rno d i una architettura.
Il territorio è infatti caratterizzato, c o m e g i à d e t t o , d a u n a compresenza di tracce riferibili alle più disparate epoche storiche, diffuse sul territorio in base a organizzazioni spaziali spesso perdute e dimenticate. La memoria non si presenta quindi allʼuomo in base a catalogazioni razionali di periodi, influenze, stati e popoli, ma n e l l a s u a r i c c h e z z a d i sov rappos i z i on i e re l az ion i complesse. Il museo si prefigge dunque il compito di far leggere al
4.3.2.
progetto museografico
visitatore la complessità del territorio e la ricchezza della sua stor ia descrivendo le tracce rilevabili in alcuni luoghi particolari, che sono spesso anche luoghi della memoria nel paesaggio. Lʼesposizione diventa così una ulteriore occasione di riscoperta del territorio oltre la storiografia analitica.
L ʼesposizione museale deriva quindi direttamente dalla lettura del
territorio, della sua storia e delle tracce che questa ha lasciato, s e c o n d o u n a e s p o s i z i o n e diacronica che si rifà direttamente allʼevoluzione paesaggioU n o d e i m i g l i o r i m o d i p e r conoscere un territorio è infatti quello di percorrerlo a piedi, se poi questo percorso ricalca antichi itinerari sui quali si incontra buona parte delle emergenze storiche di un luogo, lʼesperienza ne risulta massimamente arricchita. Questo è
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I percorsi della strada regia e della via di pellegrinaggio come progetto museograficoIl museo è organizzato in modo diacronico e cerca di riproporre la complessità delle tracce della memoria nel
territorio oltre la periodizzazione e catalogazione razionale della storia, con il fine di perseguire una riscoperta
dellʼidentità del luogo.
il caso del Breg, la cui storia può essere letta attraverso i percorsi che lʼattraversavano. Delle diverse varianti di strade che si possono identificare, per lʼesposizione della storia della valle la scelta è caduta s u l l a i m p o r t a n t e v a r i a n t e trecentesca della strada regia, la già citata via commerciale che collegava lʼentroterra con la costa, e sulla strada che collegava la valle con la città di Trieste, la via di pellegrinaggio che, ricalcando probabilmente un itinerario romano, veniva percorsa dalle processioni che si recavano sino alla chiesa di Santa Maria in Siaris nella Val Rosandra. Due percorsi molto d i f f e r e n t i t r a l o r o , c h e s i condividono tuttavia la valle e che
si incontrano per poi dividersi nuovamente. Lungo il percorso le strade incontrano diversi luoghi, che sono di per sé emergenze storico-archeologiche o rimandano ad altri luoghi, creando quindi una rete capace di comunicare il passato complesso di un territorio. Il percorso ha dunque una duplice natura; è un percorso fisico, ma d i v e n t a a n c h e e s p o s i z i o n e museale:
Il primo livello del museo è dedicato alla strada regia, la cui importanza storica è difficile da esporre in quanto fa parte di una storia obliata dal tempo. Basti pensare che la sopravvivenza delle città del golfo di Trieste dipendeva
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La strada regia e la via di pellegrinaggio come struttura dell'esposizioneIn funzione dei luoghi che si trovano lungo le due vie vengono definite le sale, che, richiamando al luogo fisico,
espongono la storia del territorio con pannelli multimediali, documenti e reperti
quasi esclusivamente dal traffico in arrivo su queste strade, mentre il controllo di queste vie fu uno dei motivi per il quale vi furono tante guerre tra la casa dʼAsburgo e la Repubblica di Venezia. Il museo interpreta quindi lʼimportanza di questo itinerario stradale con la pesantezza del calcestruzzo, nella ricerca di una monumentalità che si addica alla nobiltà della strada regia.Il percorso museale comincia dunque idealmente dalle saline di Zaule per salire sino alla prima tappa, lʼormai distrutto palazzo di Lakotišče, primo palazzo costruito nella valle dai signori di San Servolo, è un esempio delle residenze padronali che venivano realizzate nel territorio nel sei-settecento, espressione della cultura del tempo ed occasione per trattare il tema della Signoria. Nel museo il palazzo viene interpretato come un volume isolato al centro della corte padronale.Proseguendo lungo il percorso si g i u n g e a l v i l l a g g i o , o g g i scomparso, di Brdo. Abitato nel
medio evo dalle guardie agricole triestine, è un ʼoccasione per trattare il tema della vita nel medioevo nel Distretto di Moccò, t raendo le in fo rmaz ion i da i numerosi documenti che ci sono pervenuti. I villaggi medievali erano caratter izzat i da uno spazio complesso definito dal ritmo degli edifici e dalla presenza delle volte di supporto dei ballatoi, spazio che viene quindi reinterpretato nel museo.Ne l la success iva tappa de l percorso alla strada regia si affianca la via di pellegrinaggio, che si sovrapporrà alla prima sino al punto successivo. Questa tappa è caratterizzata dalla presenza di due emergenze archeologiche poste nelle immediate vicinanze del percorso. In questo punto la strada fisica, nel territorio, attraversa u n ʼ a r e a c o l t i v a t a , c h e evidentemente risultava tale anche nellʼantichità, in quanto sui pendii a monte del percorso si trovano le rovine di una probabile villa rustica romana (la già citata villa sita in Storije). Sul fianco della strada
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Lʼorganizzazione ed il contenuto del museoLe sale in funzione dei due percorsi che ripropongono le strade fisiche nel territorio e gli elementi che verrebbero
esposti nel museo, siano essi oggetti, documenti o lʼillustrazione delle storie desunte dalle tracce nel paesaggio
appena poco più a monte fu scoperta invece una necropoli romana, a testimonianza della effettiva presenza di abitati nel p e r i o d o r o m a n o . Q u e s t e emergenze storiche, unite ai ritrovamenti archeologici, sono q u i n d i u n a t e s t i m o n i a n z a dellʼorganizzazione romana del territorio. Lʼorganizzazione e la razionalizzazione del territorio romana sarebbe dunque lʼelemento caratterizzante lo spazio nel museo relativo a questo luogo.I l luogo a l quale s i g iunge successivamente è la maggiore emergenza nel paesaggio della valle del Breg. Si tratta infatti del monte San Michele, posto a guardia della gola del Rosandra e punto di riferimento nella valle. Il mon te , ca ra t t e r i zza to da l l a presenza di tracce relative a diversi periodi, è un sito nel quale si può trattare il tema dei castellieri e delle campagne dʼIstria, sino a toccare la storia recente con le trincee della prima guerra mondiale. Il monte, la cui massa si staglia sullo sfondo del ciglione carsico, è quindi
l ʼelemento reinterpretato nel museo.In questo punto i due percorsi si dividono nuovamente e la strada regia arriva allʼultima tappa di questa passeggiata ideale nel B r e g . P a s s a t a l a s e l l a d i Podešterija la strada giunge infatti al colle di Moccò, la cui complessa storia di centro di controllo della valle, luogo strategico nei conflitti ed infine sede del potere signorile può essere infine espressa. Il c a s t e l l o e r a c a r a t t e r i z z a t o dallʼaltezza delle sue torri, che creavano una tensione con il cielo. La stanza del museo dedicata al castello è dunque una alta torre aperta nella parte sommitale, spazio che cerca di ricreare quel senso di slancio espresso in antico dalle strutture medievali.
I l secondo livello del museo interpreta invece il tema della via di pellegrinaggio. A differenza del primo percorso, il secondo era caratterizzato da una dimensione ridotta, relativa al rapporto tra la città litoranea di Trieste e la valle,
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Il primo livello del museo: la strada regiaLe sale del museo interpretano luoghi fisici nel paesaggio
(i colori indicano i diversi periodi storici a cui si riferisce lʼesposizione)
seppur è possibile ricalcasse, a det ta d i a lcuni s tud ios i , un precedente itinerario romano. Il tema della via di pellegrinaggio è stato interpretato con lʼuso del legno e dallʼassenza di un solaio di piano, ma piuttosto di pontili aerei. In questo modo si crea un rapporto chiaro tra i due livelli e lʼedificio si al leggerisce salendo, sino a scomparire del diaframma ligneo che ne disegna lʼinvolucro.Questo secondo percorso parte idealmente dalla città di Trieste, uscendo dalla celebre porta di San Lorenzo ed arrivando quindi nella valle attraverso il confine che decreta la divisione tra i due ambiti da tempi remoti. Sul confine si trova il primo luogo descritto dal museo, si tratta infatti della prima variante della strada regia, la via Ongara, che scendendo dalla sella d i L o n g e r a p o r t a v a v e r s o Capodistria. Il confine tra il distretto triestino e la valle e la presenza d e l l a s t r a d a d e s c r i v o n o unitariamente la storia delle vie commerciali e dei rapporti tra i territorio dovuti alla presenza di
queste. La strada viene interpretata nel museo come un percorso tra gli edifici dei borghi che questa strada attraversava.Successivamente il percorso della via di pellegrinaggio si sovrappone alla strada regia e quindi le passerelle del secondo livello penetrano nelle stanze relative al periodo romano (la piantagione) ed al monte San Michele. Gli spazi vengono quindi condivisi dai due percorsi, che trattano in questo punto i medesimi temi e quindi l ʼe s p o s i z i o n e d e v e e s s e r e comprensibile indipendentemente dal livello sul quale si trova il visitatore, seppur vi possano essere anche diversi livelli di approfondimento in funzione del percorso.Passata la sella nella quale si divide dalla strada regia, il percorso fisico della via di pellegrinaggio scende nella forra del Rosandra. Lʼacqua e la gola diventano quindi il tema del successivo punto. La presenza del torrente ha influito enormemente sulla storia della valle e nella gola si trovano quindi i
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Il secondo livello del museo; la via di pellegrinaggioLe sale del museo interpretano luoghi fisici nel paesaggio
(i colori indicano i diversi periodi storici a cui si riferisce lʼesposizione)
r e s t i m e g l i o c o n s e r v a t i dellʼacquedotto romano del primo secolo dopo Cristo, durante la costruzione del quale avvenivano riti di adorazione delle acque, come d imos t ra i l r i t r ovamen to d i numerose monete romane nella Jama presso Boljunec (Bagnoli della Rosandra), nome che cela tra lʼaltro radici latine. Lʼacqua corrente diede inoltre la possibilità di costruire i numerosi mulini che hanno caratterizzato la valle nel corso dei secoli. La gola viene quindi reinterpretata allʼinterno del museo come uno stretto e lungo pozzo verticale che mette in relazione visiva lʼultimo livello con le rovine al piano terra.I pellegrini che percorrevano la via fisica nel territorio giungevano quindi alla propria meta, che viene riproposta nel museo come stanza finale del percorso. La via di pellegrinaggio saliva infine sino alla terrazza naturale su cui sorge la chiesa di Santa Maria in Siaris. La costruzione di una chiesa in questo punto non è casuale, infatti le terrazze naturali della Val Rosandra
hanno dato ricetto alle popolazioni nel corso dei secoli più bui e quindi il luogo diventa occasione per parlare di due temi distinti ma compresenti nello stesso luogo; la religiosità e quindi la storia del distretto vescovile con la pieve matrice di San Ulderico a Dolina e il periodo tardo antico, quando su queste ter razze r iparava la popolazione dellʼepoca. La terrazza è qu ind i un luogo a l to ne l p a e s a g g i o , l u o g o d i contemplazione e quindi punto finale di un percorso verso la riscoperta del paesaggio e del tempo. La dimensione sublime della terrazza nella Val Rosandra viene riproposta, rapportata alla scala, nel museo con un grande spazio completamente aperto su un lato affacciato sulla corte interna del museo. Da questo spazio si può percepire la dimensione dellʼedificio anche con il rapporto verticale tra le rovine in basso, il primo livello in calcestruzzo, il secondo livello aereo, il diaframma ligneo ed infine il cielo.
183
Lʼintervento sulle rovine vuole essere uno strumento di lettura e valorizzazione delle vestigia, la cui atmosfera viene riletta con grande rispetto verso la memoria ed il tempo che le ha segnate. Motivo per cui la nuova realizzazione sul sedime dellʼantico palazzo diventa anch ʼessa parte delle rovine, essendo costituita da elementi aperti e protetti esclusivamente dalla pioggia. Per non andare a snaturare lʼarea delle rovine e
quindi perderne lo spirito si è scelto quindi di destinare agli spazi di s e r v i z i o a l m u s e o e d a i collegamenti verticali un edificio di nuova realizzazione.Lʼedificio in questione diventa quindi un nuovo segno inciso nel colle, testimonianza del tempo attuale rispetto al tempo passato e futuro. Il nuovo volume deve essere tuttavia subordinato al volume realizzato ricostruendo la presenza del palazzo seicentesco,
4.3.3.
edificio di nuova costruzione
che è il vero elemento di richiamo nel paesaggio.Lʼedifico di nuova realizzazione va a porsi tra le rovine ed il versante, q u i n d i s u l l a t o d o v e g i à storicamente si trovavano gli spazi di servizio del palazzo ed i c o l l e g a m e n t i v e r t i c a l i . L a costruzione si inserisce allʼinterno del fianco del colle, andando a sostituire la scarpata che definiva il confine tra il pianoro del palazzo ed il pendio che sale verso il castello medievale. In questo modo la
fabbr ica diventa parte del la morfologia del luogo, mentre il volume che ricostruisce il profilo del palazzo di Fünfenberg emerge nel paesaggio.Essendo comunque una incisione permanente del terreno, lʼedificio deve creare un dialogo con il contesto. Il fabbricato si sviluppa dunque in lunghezza, per inserirsi meglio nel pendio e creare un rapporto dialettico con il quadrato perfetto del palazzo storico. Il rettangolo si orienta inoltre verso il
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VECTORWORKS EDUCATIONAL VERSION
Il nuovo edificio crea un collegamento visivo con il monte San MicheleIl castelliere sul San Michele è per certi versi il predecessore del castello di Moccò
m o n t e S a n M i c h e l e , c h e rappresenta in qualche modo lʼorigine del castello di Moccò dovuta al la migrazione degli abitanti del castelliere protostorico nella sella di Podešterija e la conseguente probabile realizza-zione di un ricettacolo sul sito dove sorse poi il fortilizio medievale. Il nuovo intervento diventa quindi un ponte immaginario e visivo tra il luogo storico ed il suo importante predecessore.Il dialogo tra la nuova presenza ed il fantasma dellʼedificio seicentesco avviene anche dal punto di vista materico; se infatti lʼintervento sulle rovine è caratterizzato dal la leggerezza del diaframma ligneo, che racchiude senza tuttavia chiudere lo spazio, la nuova fabbrica è invece un pesante prisma in calcestruzzo armato a vista, senza altre aperture allʼinfuori d e l t a g l i o a t u t t a a l t e z z a dellʼingresso e degli accessi ai ponti che conducono alla zona espositiva sopra le rovine. La mater ic i tà del le murature in calcestruzzo si fonde con le rocce
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Gli elementi dellʼedificio sul nuovo seidme in rapporto allo spazio espositivovista dʼinsieme
i nulcei in legno
i solai trasversali e le scale
del colle visibili nel taglio della scarpata che definisce il confine del pianoro rispetto al pendio. Come il diaframma racchiude i volumi di calcestruzzo, così il pesante muro del volume dʼingresso racchiude al suo interno delle torri di legno, che racchiudono gli elementi di servizio de l l ʼed ific io . L ʼ i l l um inaz ione naturale degli spazi interni è inoltre assicurata da alcune coperture vetrate, che fanno scendere la luce lungo le pareti valorizzando il segno delle tavole dei casseri sul calcestruzzo in rapporto con le d o g h e l i g n e e v e r t i c a l i d i rivestimento delle torri di servizio. La composizione interna del nuovo edificio è basata quindi su tre elementi principali; le torri lignee, i solai in calcestruzzo faccia a vista trasversali rispetto alla lunghezza del fabbricato e le rampe di scale che collegano i solai. Le ulteriori chiusure sono delegate a pareti vetrate ed infissi.Il volume contiene tutte le funzioni di supporto allʼarea espositiva sita sopra le rovine. Lʼatrio è definito da uno spazio a doppia altezza chiuso
in cima da una vetrata, al quale si accede attraverso un risvolto del setto perimetrale in calcestruzzo. Dallʼatrio si può accede al museo o sal ire direttamente al la sala polifunzionale sita al primo piano, altrimenti continuare la salita sino alla caffetteria e alla terrazza poste nellʼultimo piano della fabbrica. L ʼaccesso al museo avviene attraverso uno spazio adibito a biglietteria, info point e attrezzato con postazioni informatiche sulle qua l i è poss ib i l e v i s i ona re documentazione riguardante la storia del territorio. In questa sala può trovare spazio anche una piccola biblioteca tematica relativa alla storia locale. Uscendo dalla biglietteria si attraversa quindi un stretto corridoio a tutta altezza illuminato dallʼalto e definito da un lato dal muro perimetrale in calcestruzzo e dallʼaltro dal volume della torre di servizio, che al piano terra contiene i servizi igienici. Dal corridoio si giunge in uno spazio che può essere usato per mostre temporanee e che permette di salire tramite lʼascensore o entrare
187
nel percorso museale. Il percorso museale è univoco ed è un percorso ascensionale che porta dalle rovine sino allʼesterno del parco sul pendio ascendente verso il castello. Entrando nel percorso si esce dal nuovo edific io per attraversare, su di una pedana lignea, le rovine del palazzo di Fünfenberg, ritornati nel nuovo fabbricato, si sale quindi al piano superiore, dal quale si entra al primo livello del museo. Usciti nuovamente dallo spazio espositivo si sale ulteriormente sino al s e c o n d o e d u l t i m o l i v e l l o . Rientrando infine nella nuova fabbrica si può entrare nella caffetteria, salire sulla terrazza, nella quale la copertura dellʼatrio assieme ai due setti principali inquadrano la vista del monte San Michele, oppure uscire nel parco per salire alla volta delle rovine del castello di Moccò.
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La parte sommitale del colleLe rovine del castello di Moccò
Il progetto si prefigge il compito di andare a recuperare parte del rapporto che intercorreva in passato tra il complesso del palazzo di Fünfenberg ed i l paesaggio, cercando di conservare però lʼaura delle rovine in rapporto con la vegetazione e quindi lʼambiente.D a l l ʼa n a l i s i d e g l i e l e m e n t i compositivi del luogo è emerso che questo si compone di tre ambiti; il terrazzo su cui si trovava il palazzo, i l p e n d i o i n c o l t o e l ʼ a r e a archeologica sommitale. Il progetto
parte quindi da questa lettura per definire le trasformazioni dellʼarea.Lʼambito che viene maggiormente modificato è il pianoro sede delle rovine di Fünfenberg. Qui si prevede la messa in sicurezza dei muri di contenimento in arenaria con interventi identificabili dallʼuso d i mate r ia l i d i ve rs i qua l i i l calcestruzzo. Lʼobiettivo di questo intervento è quello di rendere n u o v a m e n t e l e g g i b i l e n e l paesaggio la presenza della vasta terrazza. Nellʼarea vanno inoltre rimossi gli arbusti che occupano il
189
4.3.4.
definizione degli spazi aperti
suolo, che sarà quindi trasformato in prato. I filari di ippocastani risultano invece conservati e quindi valorizzati dal recupero dello stato originario del pianoro. Lʼarea viene infine incisa dal la rampa in c a l c e s t r u z z o c h e c o l l e g a direttamente lo spiazzo dʼingresso allʼentrata del museo.Il secondo ambito è il pendio di collegamento tra il pianoro inferiore e le rovine del castello site sulla sommità del colle. Questʼarea è oggi caratterizzata dalla ricca vegetazione, che nel progetto fa da contraltare alle rovine ed al museo r e a l i z z a t o s u d i e s s e . L a vegetazione incolta è infatti un elemento cruciale nellʼapproccio alle vestigia del passato. La natura con la sua forza riporta lʼuomo al suo stato di essere subordinato allʼambiente e quindi gli oggetti a r t i fic ia l i s i scop rono qua l i p e r s i s t e n z e d e l l a m e m o r i a nellʼinclemente scorrere del tempo. Il pendio viene quindi trattato come un parco ricco di vegetazione, attraversato dal percorso che dal museo porta alle rovine del castello
sommitale. Lungo questo percorso alcuni setti realizzati con gabbie contenenti le pietre rimosse dalle rovine del palazzo di Fünfenberg inquadrano viste privilegiate sul parco, sino a portare il visitatore sulla cima del percorso, dove si rivelano le rovine del celebre castello di Moccò. Il percorso si conclude quindi su una pedana che funge da belvedere sulla valle e c h e p e r m e t t e , t r a m i t e u n a scalinata, di salire sul terrapieno che delimita la parte settentrionale del castello.Da questa pedana potrebbe in futuro proseguire i l percorso allʼinterno dellʼarea archeologica, che essendo ancora da studiare ed indagare, non è stata oggetto di progetto.
190
elenco delle tavole
01luoghi della memoria nel paesaggio
02riferimenti progettuali
03luoghi della memoria nella valle del breg
04ricostruzione del palazzo di fünfenberg e schemi progettuali
05stato di fatto colle di moccò e rilievo consistenza rovine
06stato di progetto colle di moccò e progetto museografico
07elementi di progetto e piante
08sezioni e dettaglio
09prospetti e dettaglio
10viste
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luogoChristian Norberg-Schulz, Genius loci: Towards a Phenomenology of Architecture, Rizzoli, New York 1979, trad. it.: Genius loci: paesaggio, ambiente, architettura, Electa, Milano 1979Christian Norberg-Schultz, Architecture: presence, language, place, Skira, Milano, 1996, trad. it.: Architettura: presenza, linguaggio e luogo, Skira, Milano 1996
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ringraziamenti
Un ringraziamento va innanzitutto al professor Marras per lʼattenzione con cui ha seguito il presente lavoro, spronandomi a migliorarlo ad ogni revisione. Grazie al professor Pratali, per le verifiche del progetto, per i riferimenti progettuali e per le indicazioni bibliografiche che hanno notevolmente arricchito questa ricerca.
Un ringraziamento particolare va allʼingegnere Michele Colonna per la disponibilità e la passione con le quali si è reso disponibile per sperimentare la termografia sulle macerie. Senza il suo aiuto il presente tema probabilmente non sarebbe potuto essere sviluppato.Un ringraziamento va pure alla proprietà delle rovine per la cortesia con la quale mi hanno fornito i rilievi storici del palazzo.
Ringrazio Maurizio Radacich e il dott. Fulvio Colombo per la loro collaborazione in questo ed altri lavori, buona parte della Storia che ho avuto modo di conoscere in questi anni è dovuta alle loro ricerche ed alla disponibilità con cui hanno saputo condividere il proprio sapere in lunghe chiacchierate e piacevolissimi incontri.
Infine il mio ringraziamento va a tutti coloro che mi sono stati vicini in questo periodo, i genitori, la mia famiglia, gli amici e la mia dolce Gena.
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