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a Gian Luigi Falchi nel giorno del suo passaggio di vita in vita 29 luglio 2012

Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica, in SDHI. 78 (2012) pp. 23-40

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a Gian Luigi Falchi

nel giorno del suo passaggio di vita in vita

29 luglio 2012

LXXVIII 2012

PONTIFICIUM INSTITUTUM UTRIUSQUE IURISFACULTAS IURIS C IV IL I S

STUDIA ET DOCUMENTAHISTORIAE ET IURIS

DIRECTOR

! HENRICUS DAL COVOLO

REDACTOR

FRANCISCUS AMARELL I

A SECRETIS

SEBAST IANUS PACIOLLA

LATERAN UNIVERS ITY PRESS

I N D E X

– Gli ottant’anni di Francesco Paolo Casavola. Cronaca di due giornate, acura di Francesco Amarelli e Francesca Galgano . . . . IX

STUDIA

JOSEPH GEORG WOLF, Bussen, Einkommen und Preise . . . . . 3GIUSEPPINA MARIA OLIVIERO NIGLIO, Lo status femminile nei ca-

noni conciliari e nella legislazione tardoantica . . . . . . . . 23PAOLA LUIGIA CARUCCI, Questioni di paternità nel diritto d’età impe-

riale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41LUCIA FANIZZA, Cultura aristocratica e amministrazione della provincia

asiatica. Scaevola, Tubero, Cicero . . . . . . . . . . . . 87MAURIZIO D’ORTA, La traccia del diritto naturale dai fondamenti clas-

sici alla tarda antichità . . . . . . . . . . . . . . . . 103ARÁNZAZU CALZADA, Reversio in potestatem de las res furtivae et vi

possessae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167CARMELA RUSSO RUGGERI, Gaio, la parafrasi e le ‘tre anime’ di

Teofilo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197M. LUISA LÓPEZ HUGUET, Domicilium liberti. Precisiones sobre

una supuesta limitación de la libertad domiciliaria . . . . . . 221SARA LONGO, Gai. 3.145 e la locatio in perpetuum degli agri vec-

tigales municipum . . . . . . . . . . . . . . . . . 255VIRGINIA ABELENDA, Protección del ‘consumo sustentable’ en la regula-

ción del regimen romano de derivación de aguas públicas . . . . 323

DOCUMENTA

– No¥moi secolari tradotti ex lingua rhomaea in lingua siriaca (tradu-zione a cura di Francesca Galgano) . . . . . . . . . 349

† LUCIO BOVE, Saulus autem, qui et Paulus (SAYLOS DE¥ , OKAI PAYLOS: Act. Ap. 13.9): nativo di Tarso in Cilicia, giudeoellenizzato della diaspora e civis romanus . . . . . . . . . 397

VI Index

NOTAE

DONATO ANTONIO CENTOLA, Riflessioni sulla problematica dellamotivazione della sentenza nel processo romano . . . . . . . . 407

FAUSTO GIUMETTI, La difesa in giudizio: spigolature plautine . . . 429ANA ISABEL CLEMENTE FERNÁNDEZ, Sobre el origen y el significado

del verbo latino augeo . . . . . . . . . . . . . . . . 445

EVENTA

LEANDRO POLVERINI, Rostovcev e Mommsen . . . . . . . . . 469– Lo ‘Spartaco’ di Aldo Schiavone. Le letture di Paolo Mieli e Marc Fu-

maroli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 495

VARIA

ANDREA DE MARTINO, Il ruolo degli studi di storia del diritto nellaformazione del giurista . . . . . . . . . . . . . . . . 507

FEDERICO FERNÁNDEZ DE BUJÁN, Il potere politico nel pensiero diIsidoro di Siviglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 513

ALFREDO MORDECHAI RABELLO, Sulla Mishnà ed il capitolo VIIdi Bavà Metzi’à: sull’ingaggio di operai . . . . . . . . . . 539

VALERIO MASSIMO MINALE, L’Ekloge Isaurica e il mondo slavo: ri-flessioni sulla continuità in Russia . . . . . . . . . . . . 563

BELEA SIMION, La civiltà e la giurisprudenza nei territori della Daciaromana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 577

– La commemorazione di Luigi De Sarlo tenuta da Feliciano Serrao il 13marzo 1990 nell’Università di Pisa . . . . . . . . . . . . . 595

ANTIQUITAS POSTERIOR

[a cura di Salvatore Puliatti, Ulrico Agnati e Federica De Iuliis] 601

RECENSIONES LIBRORUM

J. DUBOULOZ, La propriété immobilière à Rome et en Italie. I-IV siècles(Luigi Capogrossi Colognesi) . . . . . . . . . . . . 631

PAOLA BIANCHI, Iura-Leges. Un’apparente questione terminologica dellatarda antichità. Storiografia e storia (Lucio De Giovanni) . . . 639

ALFREDO MORDECHAI RABELLO, Ebraismo e diritto. Studi sul Di-ritto Ebraico e gli Ebrei nell’Impero Romano (Emanuele Stolfi) . 642

FRANCESCO PAOLO CASAVOLA, Ritratti italiani. Individualità e ci-viltà nazionale tra XVIII e XXI secolo (Vincenzo Galgano) . . 658

VIIIndex

ANTONIO FERNÁNDEZ DE BUJÁN, Derecho publico romano (AlfonsoAgudo Ruiz) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 664

AGLAIA MCCLINTOCK, Servi della pena. Condannati a morte nellaRoma imperiale (Antonio Banfi) . . . . . . . . . . . . 685

FABIANA TUCCILLO, Studi su costituzione ed estinzione delle servitù neldiritto romano. Usus, scientia, patientia (J. Michael Rainer) . . 690

ALEJANDRO GUZMÁN BRITO, El derecho como facultad en la Neoe-scolástica española del siglo XVI (Francisco Cuena Boy) . . . 695

ALFONSO CASTRO SÁENZ, Cicerón y la jurisprudencia romana. Unestudio de historia juridica (Francisco Cuena Boy) . . . . . 702

ANTHONY GRAFTON, GLENN W. MOST AND SALVATORE SET-TIS, The Classical Tradition (Giorgia Zanon) . . . . . . . 712

CHRONICA

– Aequum iudicium e processo romano della tarda antichità: princìpi gene-rali e tecniche operative (Federico Pergami) . . . . . . . . 721

– The Society of Law Teachers of Southern Africa & the Southern AfricanSociety of Legal Historians. 2011 Conference: «Fraud and corruptionin the private and public sphere». Un manuale per la tarda antichità.Stellenbosch University 17-19 January 2011 (Carla Masi Doria) 743

– Ricordo di Mario Talamanca presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’(Giovanni Finazzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . 745

– Lingue e testi tecnici antichi (Oriana Toro). . . . . . . . . . 755– IX Convegno Internazionale ARISTEC. Scienza giuridica, interpreta-

zione e sviluppo del diritto europeo (G. Guida e S. Galeotti) . . 757

GRATA RERUM NOVITAS

– Politica antica (Francesca Reduzzi Merola) . . . . . . . . 769

IN MEMORIAM

– Giuliano Crifò (Stefano Giglio, Carlo Lorenzi e Marialuisa Na-varra) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 773

– Perdite dolorose (Francesco Amarelli) . . . . . . . . . . . 817

LIBRI IN EPHEMERIDE ACCEPTI

[a cura di Donato Antonio Centola, Giovanni Papa, GiuseppinaM. Oliviero Niglio, Raffaele Basile e Lorena Atzeri] . . 819

1 Non è possibile dar conto in questa sede dell’imponente bibliografia sul tema della donnanell’antichità. Mi limito, pertanto, a citare, per la letteratura specialistica, alcuni studi più recenti:CANTARELLA, Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Milano 20064; HÖBENREICH,KUHNE, Las mujeres en Roma antigua. Imágenes y derecho, Lecce 2009; CANTARELLA, L’ambiguomalanno. Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana, Milano 2010.

2 La conferenza si è tenuta il 12 maggio 2008 presso la sede napoletana dell’Istituto Italianodi Scienze Umane (SUM) nell’ambito del corso di Dottorato in ‘Diritto ed Economia’ del-l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’.

GIUSEPPINA MARIA OLIVIERO NIGLIO

LO STATUS FEMMINILE NEI CANONI CONCILIARIE NELLA LEGISLAZIONE TARDOANTICA

SUMMARIUM. – Il contributo illustra metodologia ed obiettivi di una ricerca dedicataallo status femminile in ambito familiare e, più in generale, in ambito sociale attraverso l’ana-lisi sistematica dei canoni conciliari e della legislazione tardoantica. In una prima fase l’inda-gine si estende approssimativamente dall’epoca costantiniana alla metà del V sec. d.C., piùprecisamente al concilium Chalcedonense del 451, mentre la fase successiva si concentrerà sullaseconda metà del V sec. fino all’età giustinianea. La parte centrale del contributo dà contodei primi risultati della ricerca con particolare riguardo al confronto tra le costituzionicostantiniane in materia di delitti sessuali e le disposizioni canoniche coeve, in particolaredei concilii di Elvira e di Ancyra rispettivamente in tema di peccati della carne e di raptus.

Parole chiave: Canoni conciliari – Legislazione tardoantica – Status femminile

ABSTRACT. – The article illustrates methodology and objectives of a research devotedto the female status in the family and, more generally, in the society through the systematicanalysis of conciliar canons and late ancient legislation. In a first phase, the survey extendsapproximately since constantinian age until the mid-fifth century A.D., more precisely withthe concilium Chalcedonense in 451, while the next phase will focus on the second half of thefifth century until the age of Justinian. The central part of the contribution gives an accountof research’s first results with particular regard to the comparison between Constantine’sconstitutions relating to sexual offenses and contemporary conciliar canons, in particular ofcouncils of Elvira and Ancyra respectively in terms of sexual sins and raptus.

Key words: Conciliar canons – Late ancient legislation – Female status

1. – Note preliminari. Il tema della condizione sociale e giuridica delladonna nell’antichità, ed in particolare in epoca romana, ha da sempresuscitato l’interesse degli studiosi, come testimonia una vastissima lettera-tura, specialistica e non, che giunge fino ai nostri giorni1.

Evelyn Höbenreich, in una conferenza su «Diritto romano, ‘Familien-aufstellung’ e codici europei nel tardo ’800», ha osservato che «parlaredella ‘famiglia’ significa occuparsi della donna, ed in particolare della‘moglie’»2; infatti, lo studio della condizione giuridica femminile è in

24 Giuseppina Maria Oliviero Niglio

3 Si vd., in particolare, l’ormai abbastanza risalente saggio di SARGENTI, Matrimonio cristiano esocietà pagana. Spunti per una ricerca, in AARC. 7, 1988, 49 ss., e, di recente, BELLINI, Cristianesimo ediritto romano, in KOINWNIA 35 (2011) part. 24 s.

4 BIONDI, Il diritto romano cristiano, 3, Milano 1954, 69 ss; VOLTERRA, sv. Matrimonio, in ED.25 (1975) 785 (= Scritti giuridici, 3, Famiglia e successioni, Napoli 1991, 282) ha sostenuto che inmateria matrimoniale «abbiamo uno degli esempi più salienti e significativi dell’influenza delcristianesimo sul diritto romano».

5 AMARELLI, Cristianesimo e istituzioni giuridiche romane: contaminazioni influenze recuperi, in BIDR.100 (1997) 445 ss., ha rilevato che «la varietà delle posizioni assunte dai cristiani nei riguardi dellostato romano» e «la corripondente evoluzione degli atteggiamenti adottati dagli imperatori neiconfronti del cristianesimo» hanno messo in evidenza «la reciprocità delle influenze»: il cristiane-simo ha contribuito a trasformare lo stato romano e il suo diritto mentre il mondo giuridicoromano ha lasciato le sue tracce nei percorsi evolutivi del pensiero patristico.

6 In tale prospettiva, CUNEO, Testi patristici per la storia del matrimonio romano, in AARC. 15,2005, 285 ss., secondo la quale «non è possibile affermare che il pensiero cristiano, così diviso eincerto, potesse influenzare in modo così incisivo la legislazione imperiale»; d’altronde, «le fonticristiane esaminate attestano l’indubbia osservanza delle disposizioni di diritto romano, permet-

qualche modo ‘propedeutico’ all’approfondimento ed alla piena compren-sione degli istituti familiari nel loro divenire.

La letteratura romanistica ha dedicato all’argomento numerosissimistudi, prevalentemente incentrati sull’istituto matrimoniale e su alcunisuoi aspetti, come il divorzio, regolamentati dalla legislazione imperialeche, a partire dall’epoca costantiniana, sembrerebbe influenzata dalladiffusione del cristianesimo, particolarmente dopo che l’‘editto di Milano’del 313 d.C. aveva riconosciuto ai cristiani la più ampia libertà di culto,preludendo alla nascita dell’impero confessionale con l’editto di Tessalo-nica del 380 d.C.

Pur non disconoscendo ed anzi ribadendo l’importanza dello studiodell’influsso del cristianesimo sul diritto romano, la letteratura3 ha tuttaviasottoposto a revisione critica le posizioni di quegli studiosi4, che, inda-gando i rapporti tra cristianesimo e diritto romano in materia matrimo-niale, si sarebbero posti al riguardo in una prospettiva parziale,individuando, forse un po’ apoditticamente, una chiara influenza delpensiero cristiano sulla legislazione imperiale, senza considerare lacomplessità della società pagana e la reciproca influenza tra cristianesimoe mondo pagano5: valori come l’esaltazione della castità non sono esclu-sivi del cristianesimo dal momento che esiste anche un ascetismo pagano;inoltre, il motivo della giustificazione del matrimonio con il fine dellaprocreazione non è solo cristiano in quanto già presente nell’aristotelismoe nello stoicismo.

L’analisi della letteratura patristica e di taluni canoni conciliari,condotta anche in questi ultimi anni, ha posto in luce come la legislazioneimperiale in materia matrimoniale non abbia automaticamente recepito ilpensiero cristiano che, anzi, talora appare a sua volta condizionato dalledisposizioni normative imperiali6.

25Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

tendoci di ricostruire in modo attendibile, dal punto di vista giuridico, l’istituto del matrimonio»;AMARELLI, Pensiero patristico e pensiero giuridico romano nella disciplina del matrimonio tardoantico, in Ilmatrimonio dei cristiani: esegesi biblica e diritto romano. XXVII Incontro di studiosi dell’antichitàcristiana, Roma, 8-10 maggio 2008. Atti, Roma 2009, 27 ss.; Spunti per uno studio della disciplina delmatrimonio tardoantico, in Studi in onore di Antonino Metro, 1, Milano 2009, 1 ss., con riguardo all’in-fluenza esercitata dai Padri della Chiesa sulla disciplina giuridica del matrimonio nella tarda anti-chità, pone in rilevo come «molte sono, nelle opere di costoro, le pagine nelle quali essi mostranoattenzione verso la disciplina dell’istituto matrimoniale».

7 CASTELLO, Norme conciliari ed autonomia legislativa degli imperatori cristiani in tema di divorzio, inAARC. 5, 1983, 263-273; CASTELLO, Legislazione costantiniana e conciliare in tema di scioglimento deglisponsali e di ratto, in AARC. 7, 1988, 383-391; COLANTUONO, Note sul canone 2 del concilio di Neoce-sarea: la proibizione delle seconde nozze tra cognati nella tarda antichità, in htpp://www.ledonline.it/rivistadirittoromano (Rivista di Diritto Romano – VI – 2006).

8 L’invito ad un’esplorazione sistematica del materiale conciliare è avanzato da AMELOTTI,Da Diocleziano a Costantino. Nota in tema di costituzioni imperiali, in SDHI. 27 (1961) 278 nt. 105(= Scritti giuridici, Torino 1996, 529 nt. 105), e rinnovato da AMARELLI, Cristianesimo e istituzionigiuridiche romane cit. 453 s. nt. 37.

9 Per i testi delle disposizioni conciliari, si fa riferimento alle seguenti edizioni: MANSI,Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio, Florentiae 1759; HEFELE, LECLERCQ, Histoire desConciles d’après les documents originaux, Paris 1907; MUNIER, Concilia Galliae A. 314 - A. 506, Turn-hout 1963; MUNIER, Concilia Africae A. 345 – A. 525, Turnhout 1974; MUNIER, GAUDEMET,Conciles Gaulois du IVe siècle, Paris 1977; LANCEL, Actes de la Conférence de Carthage en 411, 1, Paris1972; 2, Paris 1972; 3, Paris 1975; 4, Paris 1991. Sul piano metodologico, per un quadro il piùpossibile ampio, che tenga anche conto della complessità della tradizione testuale delle disposi-zioni conciliari, alla edizione di HEFELE, LECLERCQ, maggiormente accreditata dagli studiosi, siaffiancano la più risalente collectio di MANSI e le edizioni dedicate a concilii selezionati per areegeografiche ed a singoli concilii.

10 AMARELLI, Pensiero patristico e pensiero giuridico romano nella disciplina del matrimonio tardoanticocit. 31 s.; Spunti per uno studio della disciplina del matrimonio tardoantico cit. 6-7, osserva come dallalettura delle pagine dell’Ambrosiaster (Comm. I Cor. 14.34; Comm. Ephes. 5.33) emerga la persua-sione di questo misterioso autore circa l’inferiorità della donna (persona inferior, condicionis causa, nonnaturae), secondo l’insegnamento di San Paolo; mentre San Girolamo, di cui è nota la severità di

La pubblicazione di ricerche parziali, dedicate ad alcuni canoni intema di matrimonio e di istituti familiari ed alle più o meno coeve disposi-zioni normative imperiali in materia7, ha suggerito un’indagine comples-siva e sistematica della ‘legislazione canonica’8, che, unitamente agli scrittidei Padri della Chiesa, può fornire un quadro almeno tendenzialmentecompleto del pensiero cristiano sul ruolo della donna nel contesto dellafamiglia e della società tardoantica.

2. – I confini dell’indagine. La ricerca è dedicata allo studio dello statusfemminile all’interno dell’istituto familiare e, più in generale, in ambitosociale, attraverso l’analisi sistematica delle disposizioni conciliari9, ordi-nate ratione materiae (a titolo di esempio, per quanto attiene all’istituto fami-liare, si pensi alla disciplina dell’adulterio femminile e degli sponsalia; perl’ambito sociale, alla regolamentazione dello status vedovile e del ‘sacer-dozio femminile’), senza trascurare l’apporto del pensiero cristiano, certa-mente contraddistinto al riguardo da posizioni estremamentediversificate10. Si pensi, a quest’ultimo riguardo e solo a titolo esemplifica-

26 Giuseppina Maria Oliviero Niglio

giudizio sulla condizione femminile, non fa del marito un despota, dal momento che in moltiluoghi del suo epistolario (Ep. 120 ad Hed., 5; Ep. 77 ad Oc., 3; Ep. 130 ad Dem., 17) ammonisce losposo ai suoi doveri, ribadendo contestualmente l’invito alla donna alla sottomissione, definitatuttavia coaequalis al marito «sull’onda di quell’istanza di parificazione dell’uomo alla donna, giàmanifesta nell’epistolario paolino, via via accentuata in séguito».

11 Greg. Naz. Orat. 37.6.12 Greg. Naz. Orat. 37.19.13 Sul concilio di Nicea, si vd. part. DE GIOVANNI, Istituzioni Scienza giuridica Codici nel mondo

tardoantico. Alle radici di una nuova storia, Roma 2007, 186 ss.14 Sul concilio di Efeso, anche nelle sulle relazioni con il Codex Theodosianus, DE GIOVANNI, Il

libro XVI del Codice Teodosiano. Alle origini della codificazione in tema di rapporti Chiesa-Stato, Napoli 1985,19 ss.

15 Sul punto, part., DOVERE, «Ius principale e catholica lex». Dal Teodosiano agli editti su Calcedonia,Napoli 1995, 37 ss.

tivo, all’omelia esegetica di Gregorio di Nazianzo del 381 d.C., nella qualeil padre cappadoce suggerisce a Teodosio I alcune modifiche della legisla-zione romana in materia matrimoniale, proponendo la parificazione deigeneri nella repressione dell’adulterio e chiedendo che l’autorità dellamadre verso i figli sia equiparata a quella del padre11; la concezione diadulterio espressa alla fine dell’orazione è amplissima: adulterio non èsolo il peccato che riguarda il corpo, ma qualunque peccato, e soprattuttole violazioni che riguardano la divinità12. Ed infatti, la trattazione del-l’adulterio in senso stretto risulta essere solo incidentale, dal momento cheGregorio appare essenzialmente interessato a sostenere la natura divinadella trinità contro l’eresia ariana.

Il torno di tempo preso in esame è quello che va dai primi anni del IVsecolo d.C. – quando si hanno le prime concrete attestazioni di canoniconciliari con il concilium Eliberitanum – fino al secondo concilio di Costan-tinopoli, convocato nel 553 dall’imperatore Giustiniano I, che conclude lastagione dei concilii ecumenici di epoca romana, inaugurata dal primoconcilio di Nicea, indetto nel 325 dall’imperatore Costantino13, e prose-guita con il concilio di Efeso del 43114 e con il concilium Chalcedonense del451, convocati rispettivamente dagli imperatori Teodosio II e Marciano;quest’ultimo concilio, confermando solennemente il ‘credo’ niceno, inte-grato dal costantinopolitano del 381, sembra segnare un significativomomento di svolta tra due epoche, in quanto è proprio a partire dallametà del V secolo che la storia di ciascuna delle due partes imperii intra-prende un suo particolare corso15.

Naturalmente, uno studio storico-giuridico non può trascurare iconcilii precedenti, in particolare quelli del III secolo d. C., allorquando ilcristianesimo, consapevole della propria forza e resistendo alle frequentipersecuzioni, molto spesso cruente, comincerà a penetrare lentamenteanche negli ambienti dell’aristocrazia senatoria e, persino, nelle ‘sale del

27Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

16 Per CASTELLO, Osservazioni sui rapporti fra concili della Chiesa e diritto romano, in RIL. 71 (1938)201 ss., «Rilevare che solo dopo il 300 d. Cr. (cioè dall’epoca nella quale Chiesa e Stato comin-ciano ad avere più stretti rapporti fra loro e a procedere d’accordo) compaiono dei canoni rego-lanti problemi di vita corrente, può avere una certa importanza per lo studio delle relazioni fral’impero romano e la Chiesa».

17 QUÉRÉ, La donna e i Padri della Chiesa, trad. di M. Bertin, Roma 2001, 44, osserva che «ilgrande teorico della sottomissione femminile è incontestabilmente Giovanni Crisostomo»; si vd.anche il Dizionario di spiritualità biblico-patristica. Matrimonio e famiglia nei Padri, a cura di S. A. Pani-molle, G. Torti, G. Sfameni Gasparro, S. Zincone, Roma 2006, e bibl. ivi.

18 Secondo HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles d’après les documents originaux, I.1, Paris1907, 212 nt. 3, il concilio si è tenuto ‘vers l’an 300’, non essendo possibile individuare una dataprecisa, come il 305-306, dal momento che è generalmente ammesso che lo stesso si è svoltoprima della persecuzione dioclezianea. Sono discusse, oltre che la datazione, l’autenticità deirelativi canoni e la stessa storicità di un concilium Eliberitanum: VILELLA, BARREDA, Los cánones de laHispana atribuidos a un concilio iliberritano: estudio filológico, in I concili della cristianità occidentale. SecoliIII-V. XXX Incontro di studiosi dell’antichità cristiana, Roma, 3-5 maggio 2001. Atti, Roma2002, 545 ss., sostengono su base ecdotica che i canoni attribuiti al concilio di Elvira costituireb-

palazzo imperiale’. Tali concilii – per i quali non risultano deliberazionivescovili – rappresentano tuttavia la tela di fondo per approfondire l’evo-luzione storica della Chiesa e delle sue gerarchie, passaggio imprescindi-bile per comprendere appieno la normazione canonica. Ed infatti, fino al300 i concilii si occuparono quasi esclusivamente di controversie teolo-giche e di problemi attinenti al clero16, probabilmente proprio perché icristiani, ancora perseguitati e non riconosciuti in alcun modo, nei loroprimi concilii hanno avvertito l’esigenza di regolamentare aspetti organiz-zativi interni e questioni di carattere teologico, mentre, per quanto attienea tematiche inerenti ad aspetti di vita sociale e familiare, occorre far riferi-mento essenzialmente alle informazioni fornite dalla letteratura patristicacoeva. Contestualmente, non possono trascurarsi, quindi, le opere deiPadri della Chiesa, come Tertulliano ed Origene, vissuti tra il II ed il IIIsec. d.C.

È anche necessario tener presente la collocazione geografica (Spagna,Gallia, Asia, Africa, etc.) e temporale dei concilii e dei Padri della Chiesa.Infatti, è opportuno orientare lo studio della letteratura patristica: un’ana-lisi a tappeto delle opere dei Padri della Chiesa in tema di condizionefemminile esulerebbe dall’ambito dell’indagine; peraltro, non mancanogli studi sulla concezione della donna nei Padri17. Partendo piuttosto dallaconsiderazione che è abbastanza frequente imbattersi in temi ricorrentinei canoni conciliari e nella patristica, è possibile seguire gli orientamentisu questi nuclei tematici comuni ad entrambi i contesti lungo il corso del-l’età tardoantica.

Si pensi, ad esempio, al generale consenso dei Padri riguardo alla ille-gittimità di un nuovo matrimonio finché è vivo l’altro coniuge dopo laseparazione per causa di adulterio. Il canone 9 del concilio di Elvira(Spagna, 300 circa18) vieta alla fedele che abbia lasciato il marito cattolico

28 Giuseppina Maria Oliviero Niglio

bero una compilazione di disposizioni canoniche di origine e datazione differenti, proponendo, inappendice al contributo, una nuova edizione critica dei canoni conciliari di Elvira; SARDELLA, Ilcanone 33 del concilio di Elvira: controllo sessuale e potere ecclesiastico, in Munera amicitiae. Studi di storia ecultura sulla Tarda Antichità offerti a Salvatore Pricoco, a cura di R. Barcellona e T. Sardella, SoveriaMannelli 2003, 437 ss., propende per la storicità del concilio di Elvira e per una sua ‘datazionealta’, atteso che tra le varie date proposte per il concilium Eliberitanum, che oscillano tra il 300 e il324, si è ipotizzato anche il 295, anno dell’inizio dell’episcopato di uno dei protagonisti, Osio diCordova.

19 Questa la formulazione del canone 9 del concilio di Elvira nell’edizione di HEFELE,LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 227: Item foemina fidelis, quae adulterum maritum reliquerit fidelemet alterum ducit, prohibeatur ne ducat; si duxerit, non prius accipiat communionem, nisi (is) quem reliquit prius desaeculo exierit, nisi forsitan (‘forte’ nell’edizione di MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissimacollectio, 2, Florentiae 1759, col. 7) necessitas infirmitatis dare compulerit. FALCHI, L’influenza della Patri-stica sulla politica legislativa de nuptiis degli imperatori romani dei secoli IV e V, in Augustinianum 2 (2010)371, considera che il disposto del citato canone del concilio di Elvira potrebbe probabilmentediscendere dalla circostanza che le Scritture prevedevano unicamente il ripudio del marito e nonanche quello della moglie contro il marito: il canone dimostra che all’inizio del IV secolo non erapossibile nelle comunità cristiane il ripudio da parte della moglie neppure per tradimento.

20 Nell’edizione di HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles d’après les documents originaux I.1 cit.287 s., il canone 10 del concilio di Arles ricorre nella seguente formulazione: De his qui conjuges suasin adulterio deprehendunt, et iidem (‘idem’ in MUNIER, GAUDEMET, Conciles Gaulois du IVe siècle, Paris1977, 50) sunt adolescentes (‘adulescentes’ in MUNIER, GAUDEMET, Conciles Gaulois cit. ibidem) fideles etprohibentur nubere, placuit, ut in quantum (‘inquantum’ in MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissimacollectio 2 cit. col. 472; ‘quantum’ in MUNIER, GAUDEMET, Conciles Gaulois cit. 52) possit consilium iis(‘eis’ in MANSI, ibidem; ‘eis’ anche in MUNIER, GAUDEMET, Conciles Gaulois cit. ibidem) detur, ne viven-tibus uxoribus suis, licet adulteris, alias accipiant.

21 La correlazione tra il canone 9 del concilio di Evira ed il canone 10 del concilium Arelatense èrilevata da HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles d’après les documents originaux I.1 cit. 287 s., chesottolineano l’intento di entrambi i concilii di non riconoscere alla parte innocente il diritto dirisposarsi, ma con una notevole differenza: per la moglie che si sia risposata dopo aver abbando-nato il marito cattolico adultero, il concilio di Elvira stabilisce gravi sanzioni ecclesiastiche (lascomunica a vita), mentre al marito che abbia subito l’adulterio della moglie il concilio di Arles silimita a sconsigliare di risposarsi, senza prevedere alcuna pena nel caso di nuove nozze, chedovevano essere comunque vietate dall’ordinamento civile, come sembra attestare l’espressione‘et prohibentur nubere’.

22 Panar. 59.4.9 s. (GCS. 2.368 s.).

adultero di risposarsi stabilendo la pena della scomunica a vita finché ilmarito adultero sia morto, a meno che la necessità di una grave malattiaabbia consigliato di somministrarle la comunione celermente19. Il canone10 del concilio di Arles (Gallia, 314) sconsiglia ai giovani cristiani di rispo-sarsi qualora abbiano ripudiato le mogli sorprese in flagrante adulteriofinché le stesse siano in vita20. Mi sembra significativo il diverso atteggia-mento delle disposizioni conciliari nei confronti della moglie e del maritoche abbiano subito l’adulterio del coniuge: divieto di risposarsi pena lascomunica a vita per la moglie e consiglio di non risposarsi per il marito21.

La patristica presenta al riguardo posizioni abbastanza diversificate.In area greca, Epifanio di Salamina appare possibilista sia nei confrontidell’uomo che nei confronti della donna22, sebbene il senso del passo sia

29Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

23 In Mt. hom. 17.4 (PG. 57.259 s.).24 In Mt. 4.22 (SCh. 254, 140-142).25 Comm. I Cor. 14.34.26 De bono con. 7.7; 15.17; 24.32; come è noto, secondo la concezione agostiniana, i beni del

matrimonio sono rappresentati dalla generazione della prole, dalla casta fedeltà e, appunto, dalsacramento, che implica l’indissolubilità del vincolo coniugale. Nel De coniugiis adulterinis (1.6.6),Sant’Agostino ribadisce il divieto di risposarsi dopo la separazione e precisa che quest’ultima èconsentita solo nel caso di adulterio da parte di uno dei coniugi; dunque, se ci si separa a causa diadulterio, non è comunque lecito risposarsi, mentre la separazione è illegittima al di fuori del-l’adulterio. Dettagliata disamina della concezione agostiniana del matrimonio in FALCHI,L’influenza della Patristica cit. 365 ss.

27 Per le costituzioni imperiali, si fa riferimento alle edizioni abitualmente adoperate daigiusromanisti: per il Codex Theodosianus, si utilizza l’edizione mommseniana integrata dallevarianti suggerite nell’edizione krügeriana dei primi otto libri; di particolare utilità l’imponentecommentario di Jacques Godefroy: Codex Theodosianus cum perpetuis commentariis Jacobi Gothofredi,voll. I-VI, Lipsiae 1736-1741; per il Codex Iustinianus, l’edizione di riferimento è quella di PaulKrüger.

controverso e comunque la flessibilità dell’autore appaia finalizzata alripristino del primo vincolo coniugale, mentre Giovanni Crisostomosembra negare la possibilità di un secondo matrimonio a seguito diripudio motivato da adulterio finché vive l’altro coniuge23. In area latina,Ilario di Poitiers, nel Commento a Matteo (5.31 s.), qualifica adulterio ilmatrimonio contratto dalla donna ripudiata, sebbene sottolinei la respon-sabilità morale del marito che, allontanandola, l’ha predisposta alpeccato, e consente al marito di ripudiare la moglie solo nel caso in cuiessa abbia commesso adulterio24; posizioni analoghe ricorrono nell’Am-brosiaster che, nel Commento alle Lettere di Paolo di Tarso, ammette lapossibilità di risposarsi solo per l’uomo nel caso in cui egli abbia ripudiatola moglie a causa di adulterio, coerentemente con la sua concezione delladonna sottoposta all’autorità maschile25, mentre Sant’Agostino, in virtùdella santità del sacramento matrimoniale, sostiene l’illegittimità di unnuovo matrimonio dopo il ripudio del coniuge, finché questi è in vita,anche se lo si fa esclusivamente allo scopo di generare figli26.

Correlativamente, sono da analizzare – con riguardo al medesimoarco temporale – le costituzioni imperiali raccolte nelle grandi codifica-zioni del V e del VI secolo, al fine di rintracciare in esse eventuali influenzedelle deliberazioni conciliari e, contestualmente, di accertare, in sensoinverso, quale fu – se vi fu – l’influsso che la legislazione secolare esercitòsulla Chiesa e sul suo statuto interno. Anche in quest’ambito, è necessariotenere presente la collocazione geografica, oltre che temporale, dei conciliie delle cancellerie imperiali che predisponevano i testi legislativi27.

3. – Canoni conciliari e leges costantiniane. Per quanto attiene, in partico-lare, all’ambito dei delitti sessuali, si è osservato che gli imperatori del

30 Giuseppina Maria Oliviero Niglio

28 AMARELLI, Vetustas-innovatio. Un’antitesi apparente nella legislazione di Costantino, Napoli 1978,109; sul punto, si vd. anche DE GIOVANNI, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, Napoli 20032,84 ss.

29 HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 228 s.: Mater vel parens vel quaelibet fidelis, silenocinium exercuerit, eo quod alienum vendiderit corpus vel potius suum, placuit eam (‘eas’ nell’edizione diMANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. col. 7 s.) nec in finem (‘fine’ in MANSI,ibidem) accipere communionem. L’editore rileva la mancata corrispondenza del titolo del canone ‘Demulieribus quae lenocinium fecerunt’ con il contenuto dello stesso poiché la scomunica perpetua èprevista non solo per la madre e per qualsivoglia donna fedele (quaelibet fidelis), in quanto eranoabitualmente le donne a dedicarsi a questo odioso traffico, ma anche per il padre delle fanciulleavviate alla prostituzione, ed osserva che l’espressione ‘vel potius suum’ (corpus) non può che riferirsiai genitori della fanciulla, quasi a voler sottolineare, aggiungerei, la maggiore gravità del peccatodi lenocinio se commesso da coloro che hanno generato la fanciulla. Significativo del fatto che ilcanone intenda colpire specificamente comportamenti tipicamente femminili, come attestatoperaltro dallo stesso titolo del canone, mi sembra anche la circostanza che, sebbene nell’incipitsiano menzionati in primis la madre, poi il padre e quaelibet fidelis, nella chiusa dello stesso, aproposito della sanzione, ricorre ‘eam’ (‘eas’ nell’edizione di MANSI), mentre sarebbe stato correttol’uso dell’accusativo maschile, dal momento che tra i soggetti considerati nell’incipit vi è anche ilpadre della fanciulla; VILELLA, BARREDA, Los cánones de la Hispana atribuidos a un concilio iliberritanocit. 554 s., a tal riguardo, ritengono che ‘vel parens’ costituirebbe una delle ‘interpolacionesseguras’.

30 HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 258 s.: Cathecumena, si per adulterium conceperitet praefocaverit, placuit eam (‘eam’ non ricorre nell’edizione di MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, etamplissima collectio 2 cit. col. 17) in fine baptizari.

31 HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 256: Si qua (‘mulier’ aggiunge MANSI,Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. col. 16) per adulterium absente marito suo conceperit,idque post facinus occiderit, placuit nec in finem (‘neque in fine’ nell’edizione di MANSI, ibidem) dandam essecommunionem, eo quod geminaverit scelus.

IV secolo, specialmente Costantino, nell’irrogazione delle pene adottanola medesima severità che si riscontra nei canoni del concilio di Elvirache reprimono i peccati della carne28. Mi sembrano particolarmentesignificativi, con riguardo specifico alla disciplina dello status femminile,il canone 12 del concilio di Elvira, che sanziona con la scomunicaperpetua coloro che avviano le fanciulle alla prostituzione, conferendoparticolare rilevanza alla figura della madre e comunque della fidelis29; ilcanone 63 dello stesso concilio, che va letto in relazione con il canone68, in quanto sono sostanzialmente relativi alla stessa materia, vale adire l’uccisione del feto concepito attraverso l’adulterio: per la catecu-mena il canone 68 prevede la possibilità di essere battezzata solo inpunto di morte30, mentre il canone 63 del medesimo concilio comminala grave sanzione della scomunica perpetua per la donna – evidente-mente si fa anche qui riferimento alla figura della fidelis, da distinguersida quella della catecumena – che, in assenza del marito, abbia conce-pito mediante adulterio e poi ucciso il feto, perché si è resa colpevole diun duplice delitto31.

Quanto alle costituzioni costantiniane, si tratta essenzialmente dei notiprovvedimenti imperiali che vietano le unioni tra libere e schiavi.

31Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

32 La costituzione, datata 1o aprile 314, è riportata in CTh. 4.12.1: IMP. CONSTANTINVS A.AD PROBVM. Si quae mulieres liberae vel a servis vel a quolibet alio vim perpessae contra voluntatem suamservilis condicionis hominibus iunctae sint, competenti legum severitate vindictam consequantur. Si qua autemmulier suae sit immemor honestatis, libertatem amittat atque eius filii servi sint domini, cuius se contubernioconiunxit. Quam legem et de praeterito custodiri oportet. P(RO)P(OSITA) KAL. APRIL. VOLVSIANO ET

ANNIANO CONSS.33 La costituzione, datata 6 ottobre 331, è riportata in CTh. 4.12.4: IMP. CONSTANTINVS A.

Quaecumque mulierum post hanc legem servi contubernio [se] miscuerit, et non conventa per denuntiationes, sicutius sta[tu]ebat antiquum, statum libertatis amittat. DAT. PRID. NON. OCT. [BAS]SO ET ABLABIO CONSS.

34 NAVARRA, A proposito delle unioni tra libere e schiavi nella legislazione costantiniana, in AARC. 8,1990, 429 ss., ha ipotizzato che l’innovazione costantiniana riguardo alla formalità della denun-tiatio del dominus dello schiavo, prevista dal senatoconsulto Claudiano, consista nel fatto che laperdità della libertà per la donna operava indipendentemente da essa. Ciò non significa che ladenuntiatio fosse stata formalmente abolita, dal momento che CTh. 4.12.2, datata 28 gennaio 317,il cui testo non ci è pervenuto, fa riferimento alla solennità della stessa in presenza di sette testi-moni: ... DAT. V KAL. FEBR. GALLICANO ET BASSO CONSS. INTERPRETATIO. Septem testibus civibusRomanis praesentibus tertio ex senatus consulto Claudiano denuntiandum. Tuttavia, sia la già menzionatacostituzione costantiniana riportata in CTh. 4.12.1 sia quella in CTh. 4.12.3, data a Serdica nel320 (secondo la datazione proposta da SEECK, Regesten der Kaiser und Päpste fur die Jahr 311 bis 476n. Chr., Stuttgart 1919, 59, 169) ed indirizzata ad populum, che prevede il mantenimento dello statuslibertatis per la ingenua che si sia unita ‘vel ignara vel etiam volens’ con uno schiavo fiscale, non fannoalcun riferimento alla denuntiatio, ma sembrano conferire rilievo alla sola volontà della mulier ai finidella configurabilità e della conseguente perseguibilità del crimen.

35 La costituzione, emanata a Serdica e datata 29 maggio 326 (SEECK, Regesten cit. 64,propone la data del 29 maggio 329), è riportata in CTh. 9.9.1: IMP. CONSTANTINVS A. AD

POPVLVM. Si qua cum servo occulte rem habere detegitur, capitali sententia subiugetur tradendo ignibus verberone,sitque omnibus facultas crimen publicum arguendi, sit officio copia nuntiandi, sit etiam servo licentia deferendi, cuiprobato crimine libertas dabitur, cum falsae accusationi poena immineat. Ante legem nupta tali consortio segregetur,non solum domo, verum etiam provinciae communione privata, amati abscessum defleat relegati. Filii etiam, quos exhac coniunctione habuerit, exuti omnibus dignitatis insignibus in nuda maneant libertate, neque per se neque perinterpositam personam quolibet titulo voluntatis accepturi aliquid ex facultatibus mulieris. Successio autem mulierisab intestato vel filiis, si erunt legitimi, vel proximis cognatisque deferatur vel ei, quem ratio iuris admittit, ita ut etquod ille, qui quondam amatus est, et quod ex eo suscepti filii quolibet casu in sua videntur habuisse substantia,dominio mulieris sociatum a memoratis successoribus vindicetur. His ita omnibus observandis et si ante legemdecessit mulier vel amatus, quoniam vel unus auctor vitii censurae occurrit. Sin vero iam uterque decessit, suboli

Una prima costituzione, posta in apertura del titolo ‘ad senatusconsultum Claudianum’ del codice Teodosiano32, sanziona l’unione delledonne libere con uomini di condizione servile, distinguendo l’ipotesi dellaviolenza sessuale (perpetrata da uno schiavo o da un uomo libero) daquella della donna consenziente (suae immemor honestatis): solo nel secondocaso, la mulier perderà lo status libertatis ed i figli nati da tale unione sarannoschiavi del dominus dello schiavo con cui si è unita in contubernio.

Quasi vent’anni dopo, Costantino legifera nuovamente sul tema33

stabilendo l’immediata perdita della libertà per la mulier che intrattieneuna relazione contubernale con uno schiavo, anche se non sia (stata)conventa per denuntiationes dal dominus34.

Il quadro delle disposizioni costantiniane finalizzate ad impedire lerelazioni contubernali tra donne di condizione libera e schiavi si completacon il provvedimento con cui si reprime severamente l’unione della donnalibera con il proprio schiavo35.

32 Giuseppina Maria Oliviero Niglio

parcimus, ne defunctorum parentum vitiis praegravetur; sint filii, sint potiores fratribus, proximis adque cognatis,sint relictae successionis heredes. Post legem enim hoc committentes morte punimus. Qui vero ex lege disiuncti clamdenuo convenerint congressus vetitos renovantes, hi servorum iudicio vel speculantis officii vel etiam proximorumdelatione convicti poenam similem sustinebunt. DAT. IIII KAL. IVN. SERDICAE CONSTANTINO A. VII ET

CONSTANTIO CAES. CONSS. La versione giustinianea è riprodotta in CI. 9.11: Si qua cum servo suoocculte rem habere detegitur, capitali sententia subiugetur, tradendo ignibus verberone. Sitque omnibus facultascrimen publicum arguendi, sit officio copia nuntiandi, sit etiam servo licentia deferendi, cui probato crimine libertasdabitur. Filii etiam, quos ex hac coniunctione habuit, exuti omnibus dignitatis insignibus in nuda maneant liber-tate, neque per se neque per interpositam personam quolibet titulo voluntatis accepturi aliquid ex facultatibusmulieris. Successio autem mulieris ab intestato vel filiis, si erunt legitimi, vel proximis cognatisque deferatur vel ei,quem ratio iuris admittit: ita ut et quod ille qui quondam amatus est et quod ex eo suscepti filii quolibet casu in suavideantur habuisse substantia, mulieris dominio sociatum a memoratis successoribus vindicetur. D. IIII k.Iun. Serdicae Constantino A. VII et Constantio C. conss.

36 GOTHOFREDUS, Codex Theodosianus, 3, Lipsiae 1738, 77 nt. (b), annota al riguardo: Dein-ceps scil. Suo additum in Cod. Iust. Quod sane comprobat Rubrica: comprobat Anthemius NouellaI. Venerabilis, inquit, sanctio Constantini, dominam seruorum SVORVM complexibus inflammari districtissimorigore non patitur.

37 A proposito dell’espressa qualificazione di tale crimen come publicum è stato osservato daPIETRINI, Sull’iniziativa del processo criminale romano (IV-V secolo), Milano 1996, 59 s., come nelperiodo di Costantino il termine in esame rivesta il nuovo significato di infrazione penale che puòessere perseguita da qualsiasi cittadino: la vasta categoria dei crimina publica viene così a ricom-prendere oltre ai nuovi crimini del dominato, per la cui repressione si concedeva l’accusa popo-lare, anche i crimini eredi dei classici crimina iudiciorum publicorum, anch’essi caratterizzatidall’elemento della pubblicità dell’accusa.

La costituzione, rubricata sotto il titolo ‘De mulieribus, quae se servispropriis iunxerunt’ disciplina, dunque, una particolare fattispecie, nonprevista dal senatoconsulto Claudiano, che, come è noto, proibiva leunioni delle ingenuae con gli schiavi altrui. Sebbene il testo della costitu-zione riprodotto nel Teodosiano riporti ‘Si qua cum servo occulte rem haberedetegitur’ senza specificare ‘cum servo suo’36, nella relativa interpretatio ricorre‘Si qua ingenua mulier servo proprio se occulte miscuerit’ e nella redazione giusti-nianea della medesima costituzione ‘Si qua cum servo suo occulte rem haberedetegitur’.

Le sanzioni previste per tale crimen publicum37 sono diversificate aseconda del momento in cui si è consumato il reato, che il legislatoreritiene talmente grave da permettere anche allo schiavo di denunciare lapropria padrona, promettendogli, ‘probato crimine’, la libertà: qualora essosia intervenuto prima dell’emanazione della legge, si dispone, con effettoretroattivo, la separazione dei rei e la relegatio dello schiavo; qualora siainvece stato commesso dopo la ‘datio legis’, si prevede la pena capitale perla mulier e la vivicombustione per lo schiavo; alla medesima pena sonosottoposti anche coloro che sono stati separati ex lege ed hanno poi ripresoclam a frequentarsi; i figli nati da tale unione sono privati di ogni dignità,ma conservano la nuda libertas, e sono esclusi dalla successione materna,anche se prima della legge sia morto uno dei genitori, sebbene si stabiliscaun’eccezione per il caso in cui siano morti entrambi i genitori affinché ifigli non siano gravati dei vitia dei genitori defunti.

33Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

38 La costituzione, attribuita a Costantino e datata 1o luglio 319, è riprodotta in CTh. 12.1.6:IMP. CONSTANTINVS A. PATROCLO. Nulla praeditos dignitate ad sordida descendere conubia servularum etsividetur indignum, minime tamen legibus prohibetur; sed neque conubium cum personis potest esse servilibus et exhuiusmodi contubernio servi nascuntur. DAT. KAL. IVL. AQVIL(EIAE) CONSTANTINO A. V ET LICINIO C.CONSS.

39 BIONDI, Vicende postclassiche del Sc. Claudiano, in Iura (1952) 142 ss. (= Scritti giuridici, 3,Milano 1965, 43 ss.); MURGA, Una extraña applicación del senado consulto Claudiano en el Código deTeodosio, in Studi in onore di C. Sanfilippo, 1, Milano 1982, 416 ss.

40 NAVARRA, A proposito delle unioni tra libere e schiavi cit. 436.41 La legge di Costantino apre il titolo 9.24 ‘De raptu virginum vel viduarum’ del codice Teodo-

siano. Il provvedimento, indirizzato al popolo ed emanato ad Aquileia il 1o aprile 320, è riportatoin CTh. 9.24.1: IMP. CONSTANTINVS A. AD POPVLVM. Si quis nihil cum parentibus puellae ante depectusinvitam eam rapuerit vel volentem abduxerit patrocinium ex eius responsione sperans, quam propter vitium levitatiset sexus mobilitatem atque consili a postulationibus et testimoniis omnibusque rebus iudiciariis antiqui penitusarcuerunt, nihil ei secundum ius vetus prosit puellae responsio, sed ipsa puella potius societate criminis obligetur. Etquoniam parentum saepe custodiae nutricum fabulis et pravis suasionibus deluduntur, his primum, quarum detesta-bile ministerium fuisse arguitur redemptique discursus, poena immineat, ut eis meatus oris et faucium, qui nefariahortamenta protulerit, liquentis plumbi ingestione claudatur. Et si voluntatis adsensio detegitur in virgine, eademqua raptor severitate plectatur, cum neque his impunitas praestanda sit, quae rapiuntur invitae, cum et domi seusque ad coniunctionis diem servare potuerint et, si fores raptoris frangerentur audacia, vicinorum opem clamoribusquaerere seque omnibus tueri conatibus. Sed his poenam leviorem inponimus, solamque eis parentum negari succes-sionem praecipimus. Raptor autem indubitate convictus si appellare voluerit, minime audiatur. Si quis vero servusraptus facinus dissimulatione praeteritum aut pactione transmissum detulerit in publicum, Latinitate donetur aut, siLatinus sit, civis fiat Romanus: parentibus, quorum maxime vindicta intererat, si patientiam praebuerint acdolorem conpresserint, deportatione plectendis. Participes etiam et ministros raptoris citra discretionem sexus eadempoena praecipimus subiugari, et si quis inter haec ministeria servilis condicionis fuerit deprehensus, citra sexusdiscretionem eum concremari iubemus. DAT. KAL. APRIL. AQVIL(EIAE) CONSTANTINO A. VI ET

CONSTANTIO C. CONSS. La datazione proposta da Mommsen non trova concorde SEECK, Rege-

Elementi essenziali del reato sono, dunque, la proprietà del servus incapo alla mulier con cui si realizza l’unione sessuale ed il carattere clande-stino della relazione. Le unioni tra uomini liberi e schiave proprie o altrui,invece, sebbene riprovate dall’imperatore, non sono penalmenterepresse38, probabilmente perché la regola secondo cui, in assenza di conu-bium tra i genitori, i figli seguono la condizione giuridica della madre eraidonea ad evitare il rischio di commistioni ritenute inammissibili.

Quanto ai motivi ispiratori del provvedimento costantiniano, è statosostenuto che lo stesso mirerebbe a tutelare la morale sessuale di matricecristiana, che considera peccato le unioni sessuali al di fuori del rapportoconiugale39. Sebbene non si escluda la possibilità che la lex costantinianapossa essere stata ispirata anche da tali fattori etici, ne è stata propostaanche una diversa lettura, che spiega la particolare severità dell’impera-tore nella repressione di questo tipo di unioni con il proposito di difendereil prestigio della classe dirigente romana, che poteva essere compromessodall’onta di legami con soggetti di condizioni servile, eventualità chedoveva apparire estremamente grave in un contesto sociale rigidamentediviso in classi40.

Attiene all’ambito dei delitti sessuali anche la nota costituzione costan-tiniana che reprime duramente il raptus virginum41.

34 Giuseppina Maria Oliviero Niglio

sten cit. 61, 63, 176, che propone il 326, mentre, in precedenza, lo stesso SEECK, Die Zeitfolge derGesetze Constantins (1889), in Materiali per una palingenesi delle costituzioni tardo-imperiali, 2, a cura diM. Sargenti, Milano 1983, XVI, 88, aveva indicato la data del 1o aprile 318; DUPONT, Les consti-tutions ad populum, in RHD. 49 (1971) 591 nt. 47, accoglie la data del 326; DESANTI, Costantino, ilratto e il matrimonio riparatore, in SDHI. 52 (1986) 196 nt. 1, propende per la datazione del 326 o peruna data comunque successiva al 322, anno di emanazione di un provvedimento di grazia daparte di Costantino (il cui testo è riprodotto in CTh. 9.38.1) che non esclude i rapitori dall’indul-genza, rendendo, quindi, molto improbabile l’emanazione della costituzione incriminatrice delratto, che introduce una severissima repressione del fenomeno, già nel 320 o addirittura nel 318.Sulla natura di edictum del provvedimento costantiniano, ed in particolare sui suoi effettivi desti-natari, identificabili con gli appartenenti all’ordo decurionum, per i quali l’imperatore ritenne oppor-tuno, ai fini della stessa conservazione e gestione dell’impero, salvaguardare un’‘endogamia diceto’, MANCINI, Pro tam magna sui confidentia, in I diritti degli altri in Grecia e a Roma, a cura diA. Maffi e L. Gagliardi, Sankt Augustin 2011, 171 ss.

42 MANCINI, Pro tam magna sui confidentia cit. 152 ss., osserva che lo stesso Costantino delineaquello ius vetus che sta abrogando come caratterizzato dall’irrogazione al rapitore della pena dimorte, che poteva, però, essere evitata qualora la rapita in sede processuale avesse acconsentito almatrimonio (patrocinium ex eius responsione sperans) con l’accordo dei parenti.

43 GOTHOFREDUS, Codex Theodosianus 3 cit. 215, osserva che la pena irrogata da Costantinonon è espressamente indicata; tuttavia, è possibile ipotizzare che si trattasse di una ‘pena di morteinasprita o particolarmente atroce’ (così PULIATTI, La dicotomia vir-mulier e la disciplina del ratto nellefonti legislative tardo-imperiali, in SDHI. 61 [1995] 488), come induce a credere il disposto della costi-tuzione attribuita a Costanzo II, che mitigò la pena ‘atrocissima’ irrogata da suo padre, preve-dendo che fosse ‘tantummodo capitalis’; il provvedimento, emanato il 12 novembre 349, è riportatoin CTh. 9.24.2: IMP. CONSTANTIVS A. AD TATIANVM. Quamvis legis prioris extet auctoritas, qua inclytuspater noster contra raptores atrocissime iusserat vindicari, tamen nos tantummodo capitalem poenam constituimus,videlicet ne sub specie atrocioris iudicii aliqua in ulciscendo crimine dilatio nasceretur. In audaciam vero servilemdispari supplicio mensura legum inpendenda est, ut perurendi subiciantur ignibus, nisi a tanto facinore saltempoenarum acerbitate revocentur. DAT. II ID. NOV. LIMENIO ET CATVLLINO CONSS. GOTHOFREDUS,Codex Theodosianus 3 cit. 215 nt. (c), ritiene che il destinatario della costituzione sia Titianus, chenell’anno di emanazione del provvedimento ricopriva la carica di praefectus praetorio Galliarum, enon il Tatianus risultante dall’inscriptio: la costituzione sarebbe, quindi, di origine occidentale e daattribuirsi a Costante; in tal senso, anche MOMMSEN, Theodosiani Prolegomena3, Berolini 1962,CLXXVIII, CLX. Quanto alla pena irrogata da Costantino ai rapitori, considerato che, comeosserva GOTHOFREDUS, Codex Theodosianus 3 cit. 215, tra gli atrocissima supplicia vi era la vivicom-bustione (oltre al supplicium bestiarum), si è ipotizzato (sul punto, F. GORIA, sv. Ratto, in ED. 38[1987] 715 s.) che l’imperatore potrebbe aver previsto il supplizio del fuoco per il crimen raptus,mentre il successivo intervento mitigatore (riportato da CTh. 9.24.2) sarebbe consistito nell’irro-gazione della pena capitale (id est gladii, aggiunge GOTHOFREDUS, Codex Theodosianus 3 cit. 215)lasciando in vigore, solo per gli schiavi, la vivicombustione, riservata dalla costituzione di Costan-tino ai correi di condizione servile. BONINI, Ricerche di diritto giustinianeo, Milano 19902, 170 nt. 8 e180 nt. 33, ipotizza che la mancata indicazione della pena nella legge costantiniana potrebbecostituire il frutto di un intervento dei commissari teodosiani, i quali, per coordinare il prov-vedimento di Costantino con quello mitigatore del figlio, avrebbero soppresso l’indicazione dellapena nella costituzione costantiniana e riservato la concrematio, conformemente a quanto dispostoda CTh. 9.24.2, ai soli ministri servilis condicionis.

L’imperatore innanzi tutto stabilisce l’abrogazione della normativa datempo vigente, che prevedeva l’esclusione della colpevolezza del rapitoreche avesse ottenuto la responsio (il consenso alle nozze) dalla puella rapita42,disponendo che la donna sottratta, consenziente o meno, ai suoi parentes èritenuta colpevole quanto il suo rapitore ed assoggettata alla medesimapena43, per la quale non è concessa la possibilità di appello; la nutrice

35Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

44 HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 313: Taùv mnhsteyueı¥sav ko¥rav kaıù metaùtayta y!p" a¶llwn aßrpageı¥sav e¶dojen aßpodı¥dosuai toıv promnhsteysame¥noiv, eıß kaıù bı¥an y!p" ayßtwnpa¥uoien. Nell’edizione di MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. col. 518,ricorre la seguente formulazione latina della medesima disposizione canonica: Desponsas aliispuellas, & ab aliis postea raptas, visum est iis, quibus desponsae erant, reddi, etiam si vim passae sunt. Nell’edi-zione di HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 313, si osserva che questo canoneriguarda solo i fidanzati (sponsalia de futuro) non anche i coniugi (sponsalia de praesenti): in questosecondo caso, l’obbligo di restituzione non sarebbe stato in dubbio; d’altronde, il fidanzato eracomunque libero di riprendere o di lasciare la fanciulla che gli era stata sottratta.

45 In questo senso, CASTELLO, Legislazione costantiniana e conciliare cit. 387 ss., part. 389, chesottolinea anche la probabile frequenza del fenomeno nella Galazia, regione in cui si svolse ilconcilio di Ancyra, in quegli anni caratterizzati da turbamenti e disordini sociali. Sul punto, direcente, si vd. CENTOLA, Le sofferenze morali nella visione giuridica romana, Napoli 2011, 72 s.

correa del ratto è condannata a morte mediante l’ingestione di piombofuso; è prevista la più lieve pena dell’esclusione dalla successione familiareper la virgo che, nell’ipotesi in cui il rapitore abbia fatto irruzione nella suacasa, non abbia chiesto l’intervento dei vicini e non si sia opposta al rattocon tutte le sue forze; allo schiavo, che denuncia pubblicamente un rapi-mento che sia stato tenuto nascosto o non sia stato represso a seguito diaccordo, è conferita in premio la latinitas o, se di condizione latina, lacivitas Romana; i parentes della donna rapita che non perseguono giudizial-mente il rapitore, rimettendo la vendetta, che dovrebbe costituire loroprincipale cura, sono puniti con la deportatio (in insulam); alla medesimapena sono condannati, senza distinzione di sesso, gli altri correi se dicondizione libera, mentre per gli schiavi è prevista la vivicombustione.

È dedicato, in particolare, alla disciplina del ratto della fidanzata ilcanone 11 del concilio di Ancyra del 314, che prevede l’obbligo per il rapi-tore di riconsegnare la rapita al fidanzato anche nel caso in cui essa avessesubito violenza44.

La particolare severità con cui l’imperatore sanziona il ratto non trovarispondenza nel disposto del canone di Ancyra, che si limita a sancire peril rapitore l’obbligo della riconsegna delle ‘puellae desponsae’ a coloro aiquali erano state promesse45.

Dal confronto tra la legge costantiniana che reprime il raptus virginumed il canone 11 di Ancyra, peraltro relativo ad uno specifico aspetto delfenomeno (il rapimento di puella desponsa), emerge come la legislazioneimperiale sia molto più severa della coeva legislazione canonica, a diffe-renza di quanto si può riscontrare dal confronto tra le disposizioni cano-niche di Elvira, che prevedono pene durissime per i peccati della carne, ele costituzioni costantiniane, che infliggono sanzioni altrettanto severe peri delitti sessuali, come le unioni tra libere e schiavi.

È stato rilevato che le costituzioni costantiniane contro i delittisessuali confermano che le preoccupazioni morali dell’imperatore lo

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46 AMARELLI, Vetustas-innovatio cit. 109 ss., prospetta l’influsso di Lattanzio come determi-nante sull’orientamento di Costantino: la funzione repressiva degli imperatori rappresenta lostrumento di cui si avvale Dio per punire il male commesso dagli uomini anche prima della loromorte; CASTELLO, Legislazione costantiniana e conciliare cit. 389 s., ipotizza un «influsso quasi certodi Lattanzio sull’imperatore che aveva sicuramente una notevole fiducia in lui».

47 BOTTA, “Per vim inferre”. Studi su stuprum violento e raptus nel diritto romano e bizantino, Cagliari2004, 99 ss., rileva che il legislatore costantiniano costruisce il crimen raptus utilizzando, più omeno consapevolmente, lo schema dei crimina communia: proprio perché la rapita è resacomunque compartecipe del crimen, l’accertamento della sua volontà è finalizzato non ad esclu-derne eventualmente la colpevolezza, ma solo a graduare la sanzione da irrogarle; il fatto che laresponsio della puella non possa giovare all’autore del reato rappresenterebbe la sottolineaturaprogrammatica della distanza concettuale che Costantino vuole porre tra la sua legge ed il prece-dente regime fondato sull’applicazione della lex de vi, nella cui logica di crimen unilaterale, imper-niato su una condotta violenta, la responsio della fanciulla avrebbe potuto escludere la punibilitàdel raptor, mentre Costantino, negando qualsiasi efficacia esimente al consenso dei soggetti passividel crimen, sembra mirare alla realizzazione di un preciso obiettivo di politica criminale, cioè larepressione del ratto a fine di matrimonio. Sul rapporto tra stuprum per vim e raptus, l’a. è tornato direcente in LUCREZI, BOTTA, RIZZELLI, Violenza sessuale e società antiche. Profili storico-giuridici, Lecce20112, 91 s. part. nt. 10.

48 PULIATTI, La dicotomia vir-mulier e la disciplina del ratto cit. 485, ritiene che la costituzione siriferisca all’ipotesi dell’inesistenza di preliminari, patti e negozi tra il raptor ed i genitori (parentes)della rapita in prospettiva matrimoniale; considera che il mancato accordo tra rapitore e genitoridella rapita riguardi le nozze anche DESANTI, Costantino, il ratto e il matrimonio riparatore cit. 199 s.,mentre CASTELLO, Legislazione costantiniana e conciliare cit. 388 nt. 22, lo riferisce al ratto;MANCINI, Pro tam magna sui confidentia cit. 183 s., rileva che l’utilizzazione di un termine inusuale(depectus) può spiegarsi con la mera consensualità, che caratterizza il regime giuridico del fidanza-mento fino a quell’epoca vigente tra cives Romani, e, quindi, con l’opportunità di impiegare untermine, diverso da sponsio, nel quale potessero confluire eventuali differenti consuetudini locali.

spingono ad adottare il massimo rigore nella irrogazione delle pene46.Una riprova di ciò è proprio nella predisposizione da parte di Costan-tino di un rigorosissimo apparato sanzionatorio per la repressione di unfenomeno come quello del raptus, che solo con la legge costantiniana siconfigura quale autonomo ‘crimen commune’47, anche quando non sirinviene analoga severità nella punizione del medesimo fenomeno,sebbene con riguardo ad un particolare aspetto dello stesso, da parte del-la legislazione canonica coeva.

Si può rilevare qualche ulteriore peculiarità di questa costituzionerispetto alle altre leggi di Costantino in materia di delitti sessuali:elemento essenziale del reato di raptus (e della sua perseguibilità) non è ilconsenso della donna al rapimento, infatti, la donna rapita è colpevole siainvita sia volens, mentre il consenso della mulier è ritenuto essenziale ai finidella sussistenza del reato di unione sessuale di una donna libera con loschiavo, come si è visto a proposito di CTh. 4.12.1; tuttavia, ai fini dellasussistenza del crimen raptus, è necessario che non vi sia alcun accordo traraptor e parentes della puella (si quis nihil cum parentibus puellae ante depectus)48;inoltre, è possibile riscontrare, complessivamente, una minore severitànella irrogazione delle sanzioni previste da Costantino per i delitti sessualidiversi dal raptus.

37Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

49 PULIATTI, La dicotomia vir-mulier e la disciplina del ratto cit. 493.50 RIZZELLI, Lex Iulia de adulteriis. Studi sulla disciplina di adulterium, lenocinium, stuprum, Lecce

1997, 256, prospetta al riguardo l’esistenza di una «presunzione di scarsa diligenza nella difesadella propria pudicitia, o di scarsa attenzione ad atteggiamenti e pratiche di vita che avrebberoindotto l’agente allo stupro». Sul punto si vd. anche LUCREZI, BOTTA, RIZZELLI, Violenza sessualee società antiche cit. 22 nt. 31, 179 ss.

51 HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 224 s.: Si qua foemina (‘domina’ in MANSI,Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. col. 6) furore zeli accensa flagris verberaverit ancillamsuam, ita ut intra (‘in’ in MANSI, ibidem) tertium diem animam cum cruciatu effundat, eo quod incertum sitvoluntate an casu occiderit; si voluntate, post septem annos, si casu, post quinquennii tempora, acta legitima paeni-tentia, ad communionem placuit admitti; quod si intra (‘infra’ in MANSI, ibidem) tempora constituta fuerit infir-mata, accipiat communionem. La variante foemina/domina appare solo di carattere formale dalmomento che si fa comunque riferimento all’ancilla in entrambe le edizioni.

52 Il titolo ‘de emendatione servorum’ si apre con una costituzione costantiniana, data a Roma l’11maggio 319 ed indirizzata al praefectus urbi Bassus, riportata in CTh. 9.12.1: IMP. CONSTANTINVS

A. AD BASSVM. Si virgis aut loris servum dominus adflixerit aut custodiae causa in vincla coniecerit, dierumdistinctione sive interpretatione depulsa nullum criminis metum mortuo servo sustineat. Nec vero immoderate suo iure

Interessante è l’espressione ‘citra sexus discretionem’, che ricorre per bendue volte a proposito della punizione dei correi (participes et ministri) nellachiusa della costituzione, in quanto sembra sottolineare la volontà impe-riale di non variare la pena in base al sesso dei colpevoli; il medesimocriterio, sebbene non chiaramente espresso, pare orientare il legislatoreanche nella irrogazione della pena ad entrambi i genitori (parentes) dellarapita per l’ipotesi di omissione di denuncia49 ed agli stessi rei (il raptor e lapuella). Tuttavia, per le donne sembra valere piuttosto una generalepresunzione di colpevolezza dal momento che sono ritenute colpevolianche se sono state rapite contro la loro volontà, in quanto avrebberopotuto badare a se stesse rimanendo in casa fino al giorno del matri-monio, ovvero, qualora la porta di casa fosse stata sfondata dall’audaciadel rapitore, avrebbero potuto invocare con grida l’aiuto dei vicini ecercare di difendersi in tutti i modi50. In altri termini, le donne sarebberotenute a provare in modo inequivocabile la loro assoluta estraneità al fattocriminoso, anche attraverso il coinvolgimento dei vicini, diversamentesarebbero state ritenute colpevoli.

Per concludere questo excursus su legislazione costantiniana e normeconciliari coeve in tema di status femminile, mi sembra significativa ladisposizione del canone 5 del concilio di Elvira, che stabilisce la sanzionedella scomunica per sette anni per la domina che, presa dal furore dellagelosia, abbia percosso con le sferze la sua ancella provocandone la mortenel tormento entro tre giorni e la più lieve sanzione della scomunica quin-quennale per la domina che l’abbia solo accidentalmente uccisa, ammet-tendo eccezionalmente la colpevole alla comunione solo se entro i terminiprestabiliti si sia gravemente ammalata51. Come è noto, a Costantino sonoattribuiti due provvedimenti riportati nel titolo 9.12 ‘de emendatione servorum’del codice Teodosiano52: il primo esclude la responsabilità del dominus che

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utatur, sed tunc reus homicidii sit, si voluntate eum vel ictu fustis aut lapidis occiderit vel certe telo usus letalevulnus inflixerit aut suspendi laqueo praeceperit vel iussione taetra praecipitandum esse mandaverit aut veneni virusinfuderit vel dilaniaverit poenis publicis corpus, ferarum vestigiis latera persecando vel exurendo admotis ignibusmembra aut tabescentes artus atro sanguine permixta sanie defluentes prope in ipsis adegerit cruciatibus vitamlinquere saevitia immanium barbarorum. DAT. V ID. MAI. ROM(AE) CONSTANTINO A. V ET LICINIO C.CONSS. Il provvedimento confluisce, con qualche modifica, nell’omonimo titolo 9.14 del codice diGiustiniano, che peraltro contiene solo questa costituzione, riportata in CI. 9.14.1. Nel medesimotitolo del codice Teodosiano, che peraltro si compone di due soli provvedimenti, segue un’altracostituzione di Costantino, data a Sirmio il 18 aprile 326 (SEECK, Regesten cit. 64, propone la datadel 18 aprile 329) ed indirizzata a Maximilianus Macrobius, riportata in CTh. 9.12.2:IMP. CONSTANTINVS A. MAXIMILIANO MACROBIO. Quotiens verbera dominorum talis casus servorumcomitabitur, ut moriantur, culpa nudi sunt, qui, dum pessima corrigunt, meliora suis adquirere vernulis voluerunt.Nec requiri in huiusmodi facto volumus, in quo interest domini incolume iuris proprii habere mancipium, utrumvoluntate occidendi hominis an vero simpliciter facta castigatio videatur. Totiens etenim dominum non placet morteservi reum homicidii pronuntiari, quotiens simplicibus quaestionibus domesticam exerceat potestatem. Si quandoigitur servi plagarum correctione imminente fatali necessitate rebus humanis excedunt, nullam metuant domini quae-stionem. DAT. XIIII KAL. MAI. SIRMIO CONSTANTINO A. VII ET CONSTANTIO CAES. CONSS.

53 Sulle due menzionate costituzioni costantiniane, ampiamente, RIZZELLI, CTh. 9.12.1 e 2,in Filı¥a. Scritti per Gennaro Franciosi, 4, Napoli 2007, 2283 ss.

54 DUPONT, Le droit criminel dans les constitutions de Constantin. Les infractions, Lille 1953, 33 s.,attribuisce a Costantino la specifica volontà di temperare la legislazione canonica vigente.

55 STUIBER, Konstantinische und christliche Beurteilung der Sklaventötung, in JAC. 21 (1978) 69 s.,traduce ‘furor zeli’ con «wütende Eifersucht», ipotizzando che la ‘furibonda gelosia’ della dominafosse provocata dai rapporti sessuali, veri o presunti, intrattenuti dal marito con la sua ancella;RIZZELLI, CTh. 9.12.1 e 2 cit. 2292 nt. 42, rileva, al riguardo, che la gelosia delle padrone neiconfronti delle schiave rappresenta piuttosto un motivo diffuso nella letteratura latina, anchegiuridica.

abbia provocato la morte del servus percuotendolo con gli ordinari stru-menti di correzione (virgae, lora) o custodendolo in vincula, in quanto èrespinta la ‘dierum distinctio sive interpretatio’, che determinava la responsabi-lità per omicidio di colui che avesse ferito un soggetto deceduto in unbreve lasso di tempo dalle lesioni subite, potendosi configurare unaresponsabilità del dominus per omicidio solo nelle ipotesi in cui le condotteda lui tenute siano chiaramente indicative della sua volontà di procurarela morte dello schiavo; il secondo provvedimento sembra ulteriormenterafforzare il regime giuridico illustrato nella costituzione precedente intro-ducendo una presunzione assoluta di innocenza a favore del dominusqualora la morte dello schiavo sia seguita all’impiego dei consueti stru-menti correttivi53. La legislazione costantiniana appare, quindi, orientataalla tutela dei domini nell’esercizio del loro potere sugli schiavi54, mentre ilcanone conciliare di Elvira mira alla punizione di coloro che abbiano,anche solo accidentalmente, provocato la morte dei loro servi; la disposi-zione canonica riguarda, in particolare, la domina ‘furore zeli accensa’,sanzionandone severamente il comportamento violento nei confronti del-l’ancilla, fenomeno che doveva verificarsi abbastanza di frequente nellapratica tanto da indurre i vescovi riuniti ad Elvira a disciplinarlo55. Misembra evidente che siamo di fronte ad un chiaro esempio di orienta-menti decisamente diversi tra legislazione imperiale e normazione cano-

39Lo status femminile nei canoni conciliari e nella legislazione tardoantica

56 Occorre, d’altronde, considerare che gli stessi vescovi riuniti ad Elvira nei primi anni delIV secolo hanno probabilmente formulato i canoni conciliari «in traduzioni cristiane da ignoticommenti pagani all’edictum perpetuum pretorio»: LAURIA, Concilium Eliberitanum, in Estudios enhomenaje al Profesor Juan Iglesias, 1, Madrid 1988, 359 s.; con specifico riferimento al materialeutilizzato per la formulazione del canone 5, LAURIA, Concilium Eliberitanum cit. 361. Per l’influssodella terminologia, dei concetti, delle istituzioni e delle stesse norme del diritto romano sulledisposizioni conciliari di Elvira, GARCÍA SÁNCHEZ, El derecho romano en el Concilio de Elvira, in Iconcili della cristianità occidentale cit. 589 ss.

57 Riguardo alle raccolte delle fonti del diritto canonico, particolarmente alla collezioneDionysiana, che, come è noto, risale alla prima metà del VI sec., ed alle collezioni di epoca succes-siva, FANTAPPIÈ, Introduzione storica al diritto canonico, Bologna 2003, 59 ss.

58 Nell’edizione di MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit., ricorrono, perindicare qualche esempio, le interpretationes dei canoni del concilium Ancyranum (a. 314), Neocaesareense(a. 314-325), Laodicenum (a. 314-325), Gangrense (a. 324 circa), Nicaenum (a. 325), che sono attribuitea Dionysius Exiguus ed Isidorus Mercator, vissuti rispettivamente nel VI e nell’VIII sec.

59 Diversamente dalle interpretationes, le ‘epitomi’ dei canoni conciliari, che ricorrono, adesempio, ancora nell’edizione di MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. coll.474 ss., per il concilium Arelatense (a. 314), costituiscono sunti delle disposizioni canoniche probabil-mente realizzati da canonisti dell’VIII sec.

60 Per la tradizione testuale delle decretali pontificie del IV-V secolo, JASPER, FUHRMANN,Papal Letters in the Early Middle Ages, Washington 2001, 7 ss.

61 MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio, 3, Florentiae 1759, coll. 655 ss.,riproduce il testo delle epistulae di Siricio; per quello delle epistulae di Innocenzo I, si vd. ancoraMANSI, ibidem, coll. 1028 ss.

62 HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 630 ss.63 MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. coll. 615 ss.

nica coeva riguardo a un tema, il rapporto domini-servi, che investe alcontempo interessi di carattere socio-politico e motivazioni di naturaetico-religiosa56.

4. – Metodi e prospettive dell’indagine. La particolare complessità dellatradizione testuale delle disposizioni canoniche57 suggerisce di adottarealcune opzioni metodologiche.

Alla lettura dei testi dei canoni conciliari, corredati dell’apparatocritico che segnala le varianti dei manoscritti utilizzati dalle menzionateedizioni di riferimento, è opportuno affiancare quella delle relative interpre-tationes58, in quanto esse si rivelano funzionali ad una più piena compren-sione del significato del testo della disposizione canonica59.

Inoltre, non possono non costituire oggetto di analisi anche le epistulaepapali60, come quelle di Papa Siricio (a. 385) e di Papa Innocenzo I(a. 402)61, che, unitamente alle disposizioni conciliari, forniscono unquadro il più possibile completo della normazione canonica.

Problemi particolari pongono alcuni concilii: il testo del conciliumRomanum, che si sarebbe tenuto nell’anno 324, è considerato un apocrifoda Hefele-Leclercq62 ed è riportato da Mansi in una ‘doppia versione’,corrispondente a quella fornita da ciascuno dei due manoscritti utilizzati,di cui il più antico risale all’VIII, il più recente all’XI sec.63; la raccolta

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64 MANSI, Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio 2 cit. coll. 1029 ss.65 In questo senso, HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles I.1 cit. 517 ss. Sul punto, si vd.

ORESTANO, La struttura giuridica del matrimonio romano dal diritto classico al diritto giustinianeo, 1, Milano1951, 287 s., part. nt. 759, che osserva: «Non va perso di vista il fatto che il testo del MANSI ripro-duce, di queste Sanctiones, una traduzione dall’arabo in latino, compiuta in età moderna».

66 Al riguardo, si vd. part. MUNIER, Les conciles africains (A. 345-525) “revisités”, in I concili dellacristianità occidentale cit. 147 ss.

67 Per il Codex canonum ecclesiae Africanae, oltre all’edizione di MANSI, Sacrorum Conciliorum nova,et amplissima collectio, 3 cit. coll. 699 ss., si fa essenzialmente riferimento a ‘Registri Ecclesiae Carthagi-nensis excerpta’, a cura di C. Munier, Concilia Africae A. 345 – A. 525 cit. 173 ss.

68 Secondo HEFELE, LECLERCQ, Histoire des Conciles d’après les documents originaux, II.1, Paris1908, 201 ss., part. nt. 3, il titolo ‘trop pompeux et trop général’ di ‘Codex canonum ecclesiae Africanae’sarebbe da attribuire a VOELL, JUSTEL, Bibliotheca iuris canonici veteris I, Parisiis 1661, 321, e non aDionysius Exiguus, che avrebbe utilizzato quello più appropriato di ‘Statuta concilii africani’.

delle ‘Sanctiones et Decreta’ del concilio di Nicea del 325 edita da Mansi64,che accoglie in qualche capitolo decreti posteriori, risale probabilmente alV secolo65; infine, quanto ai concilii africani del IV-V secolo, è nota lacomplessità della tradizione testuale dei relativi canoni66, confluiti nelCodex canonum ecclesiae Africanae67, la cui prima edizione è stata con ogniprobabilità curata da Dionysius Exiguus68.

L’attuale fase di raccolta e di contestuale schedatura del materialenormativo, costituito da disposizioni canoniche e leges imperiali, è prope-deutica alla realizzazione di uno studio storico-giuridico sullo statusfemminile nell’età tardoantica.

Considerata l’ampiezza dell’arco temporale indagato, che si sviluppaa partire, orientativamente, come si è detto, dall’epoca costantiniana perconcludersi con quella giustinianea ovvero dal concilium Eliberitanum alsecondo concilio di Costantinopoli, non si può non tener conto della‘cesura’ costituita dalla metà del V secolo, cui pure si è già accennato, edin particolare dal concilium Chalcedonense del 451.

Seconda Università degli Studi di Napoli [email protected]

Finito di stamparenel mese di ottobre 2012

dallaScuola Tipografica S. Pio X

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