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150-151 Rivista semestrale luglio-dicembre 2012 gennaio-giugno 2013 N.44-45 reg. trib. Roma 53,00 In caso di mancato recapito rinviare a ufficio posta Roma – Romanina per la restituzione al mittente previo addebito. Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 – CPO – Terni SERIE STORICA LXV A six monthly journal july-december 2012 january-june 2013 urbanistica

L immagine inversa di una utopia: le gated community di Brasilia

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150-151Rivista semestraleluglio-dicembre 2012gennaio-giugno 2013N.44-45 reg. trib. Roma

€ 53,00

In caso di mancato recapito rinviare a ufficio posta Roma – Romanina per la restituzione al mittente previo addebito.Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 – CPO – Terni

SERIE STORICA

LXV

A six monthly journaljuly-december 2012january-june 2013

urbanistica

#150-151In copertina:Tavola 1_Ru di SienaTessuti insediativi e sistemi di paesaggio

PERCORSI di progetto: 01masterplan del centro storico di Vicenza

Premio Urbanistica 2012

urbanisticaRivista semestrale dell'Istituto Nazionaledi Urbanistica

Numero 150 luglio-dicembre 2012Numero 151 gennaio-giugno 2013

DirettorePaolo Avarello ([email protected])

Direttore responsabilePaolo Avarello

Comitato scientifico e direttivo nazionale Inu:G. Campos Venuti (presidente onorario),

Amante Enrico, Agnoletti Chiara, Cecchini

Domenico, Barbieri Carlo Alberto, Bobbio

Roberto, Centanni Claudio, Contardi Lucio,

Corti Enrico, De Luca Giuseppe, Dri Giorgio,

Gerundo Roberto, Giudice Mauro, Leoni

Guido, Lo Giudice Roberto, Marini Franco,

Nobile Pierluigi, Pagano, Fortunato, Piccinini

Mario, Oliva Federico, Properzi Pierluigi,

Radoccia Raffaella, Rossi Francesco, Rota

Lorenzo, Rumor Andrea, Talia Michele, Torre

Carmelo, Trillo Claudia, Savarese Nicolò,

Stanghellini Stefano, Stramandinoli Michele,

Trombino Giuseppe, Ulrici Giovanna,Viviani

Silvia, Comune di Livorno (Bruno Picchi),

Provincia di Ancona (Roberto Renzi), Regione

Umbria (Luciano Tortoioli)

Redazione tecnico-scientificaPaolo Galuzzi ([email protected])

Roberto Gerundo ([email protected])

Mariavaleria Mininni ([email protected])

Federico Oliva ([email protected])

Manuela Ricci ([email protected])

Marichela Sepe ([email protected])

Corrispondenti regionali del comitatoscientifico:Piemonte-Valle d'Aosta: S. Saccomani;

Lombardia: I. Rossi; Veneto: R. Baiocco;

Alto Adige: P. Morello; Trentino: B. Zanon;

Friuli Venezia Giulia: G. Dri; Liguria:

G. Lombardini; Emilia-Romagna: S. Tondelli;

Toscana: Rignanese L. Pingitore; Marche:

G. Rosellini; Umbria: A. Bruni; Lazio:

L. Nucci; Abruzzo: R. Radoccia; Campania:

E. Coppola; Puglia: C. Torre; Basilicata:

P. Pontrandolfi; Calabria: C. Fallanca;

Sicilia: T. Cannarozzo; Sardegna: A. Casu

ImpaginazioneIlaria Giatti ([email protected])

Anno LXVLa numerazione storica prende avvio dallaregistrazione del Tribunale di Torino nel 1949.La serie corrente riprende con il n. 1 registratopresso il Tribunale di Roma nel 1997

Editore: INU Edizioni Srl

Direzione e amministrazioneInu Edizioni Srl, via Ravenna 9/B,00161 Romatel. 06/68134341, 06/8195562,fax 06/[email protected],www.inuedizioni.com

Iscrizione Tribunale di Roma n. 3563/1995Cciaa di Roma n. 814190

Consiglio d’amministrazionePresidente: Marisa Fantin

Consiglieri: Francesca Calace, Donato

Di Ludovico, Gualberto Ferina

Segreteria centrale, promozioni editoriali,abbonamenti: Monica Belli, tel. 06/68134341

Registrazione presso il Tribunale della stampadi Roma n. 126 del 7/3/1997. Registrazioneserie storica presso il Tribunale della stampadi Torino n. 468 del 5/7/1949,Roc n. 3915/2001

Spedizione in abb. postale 45%, art. 2,comma 220/b, l. 662/96

Fotolito e stampa:Litograf Srl, Frazione Pian di Porto. Loc.

Bodoglie, 06059 Todi (Pg), tel. 075/898041

Prezzo di una copia:Italia ! 43,00; Estero ! 70,00

Abbonamento:Italia ! 80,00; Unione europea ! 120,00;

Extra Ue ! 160,00

Pagamento con versamento sul c/c postale n.16286007 intestato a Inu Edizioni srl, piazzaFarnese 44, Roma, o con carte di credito delcircuito CartaSI’, Visa, MasterCard

© La riproduzione degli articoli è ammessacon obbligo di citazione della fonte

Associato all’Unione stampaperiodica italiana

Urbanistica è una rivista in fascia A1del ranking ANVUR, Agenzia Nazionaledi Valutazione del Sistema Universitarioe della Ricerca.

La Rivista utilizza una procedura direferaggio, i revisori sono scelti in base allaspecifica competenza. L’articolo verrà inviatoin forma anonima per evitare possibiliinfluenze dovute al nome dell’autore. Laredazione può decidere di non sottoporre adalcun referee l’articolo perché giudicato nonpertinente o non rigoroso né rispondente astandard scientifici adeguati.

allegato1 allegato2

Non solo pianoPaolo Avarello

L’università italiana tra città e territorio nel XXI secolo (2A parte)a cura di Nicola Martinelli, Michelangelo Savino

Università e città: quali relazioni?Michelangelo Savino

Bologna e l’Università: una geografia rinnovata, una vocazione ribaditaG. Bertrando Bonfantini

Roma: una città, tante universitàDaniela De Leo

L’università come, controverso, attore di rivitalizzazione del centro storicoFrancesco Lo Piccolo

La città come campo di riflessione e di pratiche per le università milanesiAlessandro Balducci

Da enclave ad “Anchor institution”: sviluppo economico, città e università in UsaDavid Perry, Wim Wiewel

Paesaggio, piano e progetto in Europaa cura di Angioletta Voghera

Olanda, dalla valutazione al progettoHans Farjon, Frans J. Sijtsma

Paesaggio agrario nei piani locali e d’area vasta in SpagnaRocio Pérez Campana, Luis Miguel Valenzuela Montes

Il paesaggio forestale in DanimarcaEva Ritter

Il progetto d’architettura per il paesaggio urbanoRoberta Ingaramo

L’Italia nel quadro internazionaleAngioletta Voghera

Siena: il regolamento urbanistico 2011-2015a cura di Andrea Filpa, Michele Talia, Fabrizio Valacchi, Rolando Valentini

PresentazioneMaurizio Cenni, Fabio Minuti

Continuità e innovazione tra il Piano strutturale e il Regolamento urbanisticoMichele Talia

Forma e struttura del Ru: un itinerario di ricercaAndrea Filpa

La ricognizione dei tessuti insediativiAnna Calocchi, Stefania Rizzotti

La disciplina del patrimonio edilizio esistenteAndrea Filpa, Fabrizio Valacchi

Cartografia e informatizzazione del Ru: impostazione ed esiti di una opportunitàGabriele Comacchio

La città della trasformazione e l’attuazione delle politiche di pianoMichele Talia, Rolando Valentini

Compensazione urbanistica: redistribuzione e regolazioneWladimiro Gasparri

La dimensione paesaggistica nel Ru di SienaAndrea Filpa

Adeguamento della carta di pericolosità e fattibilità nelle aree di trasformazioneLucia Buracchini, Sandra Grassi, Marco Signorelli

Percorsi ed esiti della Valutazione ambientale strategicaRossana Papini, Marco Vannocci

Il progetto del sistema informativo a supporto del RuLuca Gentili

Il Piano complesso d’intervento del Polo scientifico e tecnologicoRoberto Fineschi, Francesco Ventani

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Sommario

Brasilia: dal Plano Piloto alla metropolia cura di Antonella Bruzzese

Brasilia: eredità culturale, conservazione e potereFrederico de Holanda, Gabriela Tenorio

La stazione centrale degli autobus di Brasilia: moderni spazi vuoti e riconoscimento culturaleLuciana Saboia

Brasilia: declinazioni e contrazioni dello spazio collettivo della residenzaAntonella Bruzzese

L’immagine inversa di una utopia: le gated community di BrasiliaElane Peixoto, Luciana Saboia, Ana Elisabete Medeiros

Insediamenti illegali: Vila estruturalCristiane Guinancio, Viridiana Gabriel Gomez

Città satelliti e Brasilia metropolitanaPedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan

Mobilità e trasporto pubblico a BrasiliaJosé Manoel Morales Sànchez e Carolina Pescatori

Brasilia, lo spazio come risorsa: Niemeyer e un insegnamento perdutoRemo Dorigati

Brasilia e le sue contraddizioniAlessandro Balducci

Lyon Confluence: la rigenerazione della penisola Perrache nell’ambito del Piano strategico di Grand LyonAssunta Martone, Marichela Sepe

Melbourne e il Popsicle test. Brevi note sulla città più vivibile del mondoMichele Zazzi

Roma: negozi di eccellenza e attività storiche da tutelare e promuovereLucia Nucci

Storia e tradizione non vanno cancellate, ma sostenute e salvaguardateStefano Pizzolato

Considerazioni sulla standardizzazione dei centri storiciManrico Borzi

Strumenti di tutela dei negozi storiciNicole Vuistiner

“Da Romolo alla Mole Adriana” non esiste piùLuigi Perilli

Ancona: città di mare o sul mare?Rosario Pavia

Pianificazione ed edilizia residenziale in ToscanaAndrea Iacomoni

Bio-urbanistica: espansione e consumo zeroEnnio Nonni

Energie rinnovabili e paesaggi sostenibiliAnna Laura Palazzo, Biancamaria Rizzo

Una svolta per la pianificazione: riflessioni sulla deontologia e altre questioniVito Garramone

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Not Just a PlanPaolo Avarello

The university between city and territory in 21th century Italyedited by Nicola Martinelli, Michelangelo Savino

University and city: what relationships?Michelangelo Savino

Bologna and the university: a new geography, a confirmed callingG. Bertrando Bonfantini

Rome: one city, many universitiesDaniela De Leo

University as (controversial) player for the requalification of the historic centreFrancesco Lo Piccolo

The city as a field of reflection and practice for Milan Universities Alessandro Balducci

From enclave to urban anchor institution: economic growth, university and the city in the USDavid Perry, Wim Wiewel

Landscape, Plan and Project in Europeedited by Angioletta Voghera

From evaluation to project in The NetherlandsHans Farjon, Frans J. Sijtsma

Agricultural landscapes in local and regional planning in SpainRocio Pérez Campana, Luis Miguel Valenzuela Montes

Forest Landscapes in Denmark: identity and developmentEva Ritter

Architectural design for urban landscapeRoberta Ingaramo

Italy and the international scenarioAngioletta Voghera

Siena: the Urban plannning regulations 2011-2015a cura di Andrea Filpa, Michele Talia, Fabrizio Valacchi, Rolando Valentini

IntroductionMaurizio Cenni, Fabio Minuti

Continuity and innovation passing from the Structure plan to the Local planMichele Talia

Form and structure of the Local plan (LP): a research itineraryAndrea Filpa

Urban fabric recognitionAnna Calocchi, Stefania Rizzotti

Regulation of the existing built heritageAndrea Filpa, Fabrizio Valacchi

LP cartography and computerisation: settings and outcomes of an opportunityGabriele Comacchio

The city of change and the implementation of the plan policies Michele Talia, Rolando Valentini

Urban set-off, redistribution and regulation. Siena’s experienceWladimiro Gasparri

The Landscape dimension in Siena’s LPAndrea Filpa

Updating the risk cartography and assigning feasibility in urban transformation areasLucia Buracchini, Sandra Grassi, Marco Signorelli

Paths and outcomes of the Strategic Environmental AssessmentRossana Papini, Marco Vannocci

The project of the information system supporting the RULuca Gentili

The Complex implementation plan for the Science and Technology AreaRoberto Fineschi, Francesco Ventani

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Contents

Brasilia: from Plano Piloto to the metropolisedited by Antonella Bruzzese

Brasilia: cultural heritage, preservation and powerFrederico de Holanda, Gabriela Tenorio

The Central Bus Station in Brasilia: modern void and cultural recognitionLuciana Saboia

Brasilia: changes and contractions in residential collective spaceAntonella Bruzzese

The inverse image of an utopia: Brasilia’s gated communitiesElane Peixoto, Luciana Saboia, Ana Elisabete Medeiros

Illegal settlements: Villa EstrutturalCristiane Guinancio, Viridiana Gabriel Gomez

Satellite Cities and the Metropolitan BrasiliaPedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan

Mobility and public transportation in Brasilia José Manoel Morales Sànchez e Carolina Pescatori

Brasilia, space as a resource: Niemeyer and a lost lessonRemo Dorigati

Brasilia and its contradictionsAlessandro Balducci

The regeneration of the Perrache peninsula in the framework of the Gran Lyon strategic planAssunta Martone, Marichela Sepe

Melbourne and the Popsicle test. A few considerations on the world’s most liveable cityMichele Zazzi

Rome: historic shops of excellenceLucia Nucci

You can’t erase history, traditions and memory!Stefano Pizzolato

Comments on the standardization of historic city centresManrico Borzi

Safeguard measures for historic shopsNicole Vuistiner

“Da Romolo” at the Mole Adriana, has closed downLuigi Perilli

Ancona: Waterfront city or City by the water?Rosario Pavia

Planning and housing in TuscanyAndrea Iacomoni

Bio urban planning: growth and zero consumptionEnnio Nonni

Renewable energies and sustainabile landscapesAnna Laura Palazzo, Biancamaria Rizzo

A turning point for planning and moral clarification. Reflections on deontology and other relevant questionsVito Garramone

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Nel 2010 Brasilia ha compiuto cinquanta anni. Un traguardo signi-

ficativo per una capitale realizzata in tre anni, grazie alla forza

visionaria di tre personaggi chiave: il Presidente di una nazione in

cerca di riscatto dal passato coloniale e dalla dipendenza economica

e culturale dall’occidente; uno degli architetti più innovativi del sud

America; un urbanista capace di coniugare ambizioni di monumen-

talità con la ricerca di funzionalità, efficienza e qualità abitativa.

Juscelino Kubitshek, Oscar Niemeyer e Lucio Costa sono i protago-

nisti indiscussi della vicenda che ha portato a realizzare Brasilia e il

suo Plano Piloto.

Un periodo vissuto come “eroico” da una nazione che finalmente

costruiva la sua moderna capitale; le speranze di chi l’ha costruita

e vi si è trasferito cercando un futuro migliore; le speculazioni e le

aspre critiche, già emerse in corso di realizzazione; le interpreta-

zioni – opposte agli originari ideali democratici – che ne ha dato

la dittatura del governo militare, installatosi nel 1964; il riconosci-

mento del suo valore estetico e formale, riconosciuto dall’Unesco

(1987); la crescita di “città satellite” intorno all’area del Plano Piloto.

Le vicende di Brasilia si legano a quelle più generali del Brasile, che

negli ultimi anni hanno trasformato il Brasile da paese del terzo

mondo a potenza economica emergente, amplificando tutte le con-

traddizioni, le disparità economiche e le polarizzazioni sociali già

ampiamente presenti.

Brasilia è stata al centro di studi, dibattiti e critiche fin dalla sua

nascita, guardata spesso con sufficienza dalla cultura occidentale,

che ne evidenziava i limiti e la naivitè, limitandosi quasi sempre,

tuttavia, a far coincidere Brasilia con il suo moderno centro storico,

l’area del Plano Piloto, ormai immagine e simbolo della città.

Anche per questo, dopo tanti anni, è utile tornare a occuparsene.

Anzitutto perché cinquant’anni sono un tempo sufficiente per poter

osservare gli effetti sedimentati dagli usi nel corpo della città, per

storicizzarla e analizzare quanto è successo con opportuno distacco.

In secondo luogo perché la crescita straordinaria del Brasile costrin-

ge a fare i conti in modo diverso con questo paese, accantonando i

pregiudizi e cercando di capirne logiche e dinamiche, che la globa-

lizzazione rende per altro meno distanti.

Oltre il fascino della straordinaria vicenda storica e umana che

ha portato alla sua costruzione, per guardare oggi Brasilia occorre

estendere lo sguardo oltre il Plano Piloto, assumendone la dimen-

sione metropolitana – due milioni e mezzo di abitanti – come un

oggetto con cui è necessario confrontarsi.

Il servizio nasce dalla collaborazione tra il Politecnico di Milano e

l’Università di Brasilia, che si è concretizzata in un workshop del dot-

torato internazionale in Spatial Planning and Urban Development

(Brasilia, settembre 2011), i cui docenti sono stati: per la parte

italiana, Alessandro Balducci (all’epoca coordinatore del dottora-

to), Antonella Bruzzese e Remo Dorigati; per la parte brasiliana

Luciana Saboia Fonseca Cruz, Pedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan,

Carolina Pescatori, Cristiane Guinâncio, Gabriela Tenório, Mônica

Gondim, Ana Elisabete Medeiros, Elane Peixoto.

Non è la prima volta che “Urbanistica” ospita gli esiti di un wor-

kshop del dottorato SPUD, che fin dalla sua fondazione ha sempre

prestato attenzione ai temi delle global cities – es. “Lavorare su

Shangai” (v. il servizio curato da Valeria Fedeli, sul n.143) – o appun-

to su Brasilia, il che consente, non solo di conoscere realtà urbane,

economiche e sociali apparentemente molto distanti dal contesto

europeo, ma anche di costruire, grazie al confronto, utili riflessioni

disciplinari e nuove prospettive per l’azione.

Il servizio raccoglie alcuni dei contributi più significativi, presentati

durante il workshop, organizzati in sezioni, che mettono al centro

quattro temi rilevanti e attuali.

– nella prima, Un moderno centro storico: il Plano Piloto tra conservazione

e sviluppo, i testi di Luciana Sabóia, Frederico de Holanda e Gabriela

Tenorio riflettono sulle contraddizioni del Plano Piloto da due

diversi punti di vista. de Holanda e Tenerio trattano le pratiche di

appropriazione di uno dei luoghi centrali più vissuti, ma criticato

per l’assenza di scala umana: la stazione dei bus Rodoviaria, bari-

centro del progetto di Costa, oggi crocevia delle linee di trasporto

pubblico e cuore pulsante della città. Sabóia osserva il tema del

delicato rapporto tra eredità, conservazione e potere, analizzando

gli approcci ricorrenti nelle politiche relative al Plano Piloto, oggi

vincolato dall’Unesco: preservare e consentire, come estremi di

A cura di_Edited byAntonella Bruzzese

Brasilia: dal Plano Piloto alla metropoli

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Brasilia: from Plano Piloto to the metropolis

dinamiche contradditorie e spesso deleterie.

– la seconda, Abitare a Brasilia: trasformazioni negli spazi residenziali e

collettivi, si articola intorno al tema dell’abitare nelle diverse decli-

nazioni. Antonella Bruzzese osserva i modelli residenziali realizzati

negli anni nelle città satelliti, evidenziando le differenze tra questi,

e il ruolo della natura e dello spazio pubblico sperimentati nelle

superquadras di Costa. Elane Peixoto, Ana Elisabete Medeiros e

Luciana Sabóia, su questa scia, approfondiscono il fallimento, nel

Plano Piloto, dell’idea di proprietà pubblica dei suoli, che a Brasilia,

come in molte altre città, ha alimentato la diffusione delle “gated

communities”. Cristiane Guinâncio e Viridiana Gomes analizzano

invece le dinamiche e le caratteristiche di uno dei principali inse-

diamenti illegali di Brasilia. Benchè l’esistenza e le estensioni di

favelas a Brasilia non siano minimamente paragonabili a quelle di

altre città brasiliane, Vila Estrutural è tuttora un problema aperto,

le misure attuate dalla municipalità lasciano ancora insoddisfatti.

– la terza sezione, Brasilia alla scala metropolitana: potenzialità e limi-

ti dell’estensione territoriale, affronta nello specifico la dimensione

metropolitana brasiliense: Remo Dorigati osserva il ruolo del vuoto

e degli spazi aperti, attraversando le scale ed evidenziando le grandi

risorse di spazio e la dimensione pesaggistica della città e del Distrito

Federal. Lo anticipano due approfondimenti: il primo sulle città

satellite (Pedro Paulo Palazzo; Ricardo Trevisan), il secondo, di José

Manoel Morales Sánchez e Carolina Pescatori, sul trasporto pubbli-

co, uno dei principali temi critici per il sistema metropolitano.

Chiude infine il servizio una riflessione di Alessandro Balducci sul

ruolo della pianificazione a Brasilia, rileggendo il progetto di Lucio

Costa alla luce delle trasformazioni in corso, i cui nodi – la dimen-

sione dello spazio pubblico nel Plano Piloto, i temi della mobilità

in relazione alle città satelliti, il problema degli insediamenti ille-

gali, i modelli residenziali e le nuove espansioni urbane – sono stati

appunto trattati dal gruppo di lavoro durante il workshop.

Il gruppo di lavoro del Politecnico ringrazia Pirelli&C spa per il sostegno

economico al workshop e alla divulgazione dei suoi risultati.

• Brasilia in 2010 turned fifty. A milestone for a capital realized in three years, thanks to the visionary power of the Brazilian president of a nation in search of redemption from the economic and cultural dependence from the West, one of the most innovative architects of the South America and a planner able to match monumentality with the search of functionality and quality of living.Kubitshek, Niemeyer and Costa have been the protagonists of the creation of Brasilia and its Plano Piloto. With all that entailed: a heroic moment of building a modern capital, the hopes of those who built it and moved there in search of a better future, the critics already formulated during the city construction, the opposite interpretations given by the military dictatorship in 1964 to the origi-nal democratic ideals, the recognition of value given by UNESCO in 1987, the growth of satellite towns around the Pilot Plan.Brasilia has been the focus of study, debate and criticism since its inception. Years later, it is useful to go back to it. Firstly, because fifty years are a period long enough to observe the effects of urban practices in the body of the city and to analyse them with a suitable detachment. Secondly, because the extraordinary growth of Brazil is forcing us to deal differently with this country, putting aside prejudices and trying to understand dynamics that globalization makes it less far apart. Reasoning about Brasilia today means looking even out of the Plano Piloto, taking into consideration the metropolitan city of two million and a half inhabitants.The present issue is the result of the collaboration between the Politecnico di Milano and the University of Brasilia, and the workshop held in Brasilia in September 2011with the PhD candidate of Spatial Planning and Urban Development course coordinated by Balducci. This is not the first time that Urbanistica hosts the results of a SPUD workshop. Since its founding, the PhD has always held a special attention to the issues of global cities: reasoning about Shanghai (see the issue edited service by Valeria Fedeli on n.143) or Brasilia, it is a way to learn about urban, economic social realities only apparently far away from the European context, but also to build, by comparison, useful ideas and new perspectives for disciplinary action.The present issue consists of several contributions organized around four themat-ic sections. In the first section, A modern city center: the Plano Piloto between conservation and development, Sabóia, de Holanda and Tenorio reflect around the contradictions of the Plano Piloto from two different perspectives: the prac-tices of appropriation of the bus station Rodoviaria, center of Costas plan, the crossroads of public transport lines; the delicate relationship between heritage, conservation and power introduced by the UNESCO constraints.In the second one - Living in Brasilia: changes in residential spaces and collec-tive - Bruzzese looks the different residential models made in the satellite towns, highlighting the distances from the Costas superquadras. Peixoto, Medeiros and Sabóia talk about the failure of the idea of public ownership of land in the Plano Piloto and the implementation of “gated communities”. Guinâncio and Gomes analyse, instead, the dynamics of Vila Estrutural an illegal settlements in Brasilia, still an open problem for the city.In the third section - Brasilia at the metropolitan scale: potential and limits of the territorial extension - Dorigati looks at the role of empty and open spaces. Palazzo and Trevisan make an overview on the satellite towns, Sánchez Morales and Pescatori deal with one of the major critical theme for the metropolitan system: the public transport.Closes the issue, finally, the reflection of Balducci on the role of planning in Brasilia, re-reading the Costas plan in the light of the new changes taking place, whose nodes - the dimensions of the public space in the Plano Piloto, the themes of mobility in the satellite towns, the problems linked to illegal settlements, the residential patterns and new urban expansions – have been investigated by the working group during the SPUD workshop.

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C’è un paradosso evidente sull’inserimento

di Brasilia nella lista del Patrimonio mondia-

le della umanità: interventi che porterebbero

benefici alla configurazione della città sono

bloccati, perché percepiti come dannosi per

il sito; interventi che danneggiano davvero il

paesaggio urbano sono invece consentiti, per-

ché non percepiti come tali.

Così, allo stesso tempo, molto è proibito e

molto è approvato, ma in entrambi i casi

prevale una ideologia elitaria, che privilegia

l’appropriazione della città delle classi di red-

dito più elevate.

L’analisi riguarda i quattro tipi morfologici

– “scale”, nel gergo di Brasilia – che costi-

tuiscono la città: monumentale, gregario,

residenziale, bucolico. Lo scopo qui è carat-

terizzare politicamente e ideologicamente

le tensioni che si evidenziano, secondo i

modi in cui gli abitanti, di vari strati sociali,

si “appropriano” della città, riferendoci alle

modalità concorrenziali di classificazione e

uso dello spazio pubblico e alla qualità della

sua organizzazione per adempiere al ruolo

fondamentale della città, ovvero l’opportu-

nità di vedere e interagire con l’altro. Il che

vuol dire: la sua urbanità. Per ogni “scala” (nel

seguito senza più virgolette) cercheremo di

capire cosa è impedito o consentito.

La scala monumentaleChe cosa è impedito. Nella “Spianata dei

Ministeri”, Costa aveva predisposto un pano-

rama della città più bello di quello che si

vede oggi. La costruzione di edifici più bassi

avrebbe infatti consentito attività comple-

mentari per la burocrazia statale, ma non

essendo stata realizzata, hanno preso a inse-

diarvisi piccoli ristoranti e snack bar, edicole

di giornali, spazi in cui compilare i moduli

dei premi delle lotterie, etc.

Alcuni tratti si caratterizzano per una atmo-

sfera umana vivace, ma i chioschi sono

rimossi dalle “forze dell’ordine” (per poi

tornare a insediarsi subito dopo) perché rite-

nuti inadatti al luogo. Né si è mai capito per

quale ragionamento, né quali altre soluzioni

potrebbero essere compatibili con le indi-

cazioni per un “Patrimonio dell’umanità”. E

come al solito la proposta originale di Costa

è stata disattesa.

Che cosa è permesso. Sono invece consenti-

ti nuovi progetti, che non contribuiscono a

migliorare lo spazio pubblico, come dimostra

lo stesso Conjunto Cultural da República, e

questa scelta contraddice da ogni punto di

vista i caratteri di apertura e trasparenza, che

dovrebbero prevalere in uno spazio pubblico

aperto e centrale, che per altro sono le caratte-

ristiche della architettura classica dei palazzi

di Brasilia. Il problema, dunque, non è tanto

l’assenza di alberi, come qualcuno vorrebbe,

ma le dimensioni enormi degli spazi aperti

e la mancanza di una chiara definizione dei

vuoti, negli edifici edificati, opachi e a pianta

circolare.

La scala gregariaChe cosa è impedito. L’incrocio dei due assi

urbani principali è la base materiale della

scala gregaria. Qui c’è una grande “piatta-

forma”, che collega i settori centrali – un

complesso straordinario, progettato da Lucio

Costa. Intorno a questo cominciarono subito

a insediarsi i locali del commercio informa-

le, vivacizzando l’ambiente. Anche queste

presenze non sono viste come parte della

città, ma come una minaccia: invece di uti-

lizzare questo fenomeno sociale come input

progettuale, per ovviare alle carenze degli

spazi pubblici, e per promuovere la diversità

sociale, il governo usa la forza per sradicarlo.

Che cosa è permesso. Gli spazi aperti sono

sempre più occupati dalle auto. L’esempio

più evidente è il Settore commerciale nord,

costruito negli anni Novanta: gli edifici sono

grandi volumi isolati, intervallati da spazi

vuoti privi di identità, vere e proprie “terre

di nessuno”. All’esterno si aprono una o due

porte e le attività interne sono organizza-

te come centri commerciali. Abbondano le

facciate cieche, le barriere, le discontinuità.

Brasilia: eredità culturale, conservazione e potere

Frederico de HolandaGabriele Tenorio

124U

Non fa meraviglia che si vedano poche perso-

ne a piedi, rispetto alle aree commerciali del

centro, di epoca precedente, come ad esempio

quelle del Settore commerciale Sud, costruito

nei primi decenni di Brasilia.

La scala residenzialeChe cosa è impedito. È nella scala residenzia-

le che si manifestano le contraddizioni più

gravi, quando si affronta il tema della capi-

tale e della sua attuale realtà. La varietà degli

edifici previsti del piano di Costa non era

sufficiente a ospitare i diversi livelli di red-

dito. ma solo i più alti. Eppure un esempio

interessante (e poco apprezzato) di lezione

urbanistica ci viene da Vila Planalto, a 1.500

metri dalla Piazza dei Tre Poteri.

Vila Planalto nasce dall’esigenza di una

impresa edile di allestire una struttura per

ospitare i propri dipendenti: architetti, pro-

gettisti, tecnici e operai. Di qui la grande

varietà di case, isolati, strade, vicoli, marcia-

piedi, etc., secondo le diverse categorie sociali

di destinazione. A cinquanta anni dalla inau-

gurazione di Brasilia, la zona presenta una

stratificazione sociale sorprendentemente

simile a quella del Distretto federale nel suo

insieme.

Che cosa è permesso. L’esempio di Vila non

ispira tuttavia le nuove esperienze urba-

nistiche attualmente in atto nel Distretto

federale. Ci sono ancora aree non occupate,

abbastanza vicine al centro metropolitano

del Plano Piloto, all’interno e al di fuori dell’a-

rea dichiarata Patrimonio dell’umanità. Sono

stati incorporati nuovi quartieri, essenzial-

mente residenziali, il più recente dei quali – il

Quartiere nord ovest – può accogliere 40.000

persone. Riguardo i tipi edilizi, il quartiere

è omogeneo, e così sarà anche dal punto di

vista sociale. Gli edifici assomigliano a quelli

dei grandi isolati tradizionali, ma sono molto

più sofisticati. Facile pensare che sarà un

luogo esclusivo per le famiglie più abbienti.

La scala bucolicaChe cosa è impedito. La scala bucolica è la

transizione tra città e campagna: un paesag-

gio molto verde, con pochi edifici di altezza

contenuta. Un luogo da destinare in preva-

lenza alle ambasciate, al principale campus

della Università di Brasilia, agli alberghi

turistici e ai circoli sportivi. Ampie zone del

litorale del lago sono al momento libere.

Tuttavia le agende degli uffici urbanistici

non prevedono usi pubblici, e tanto meno

popolari, per gli ampi tratti del litorale lacu-

stre. Tuttavia le aree di svago pubbliche di

svago, vicino al lago, sono molto apprezzate,

specialmente dalle fasce a basso reddito, che

le sfruttano nei giorni di vacanza, nonostan-

te i problemi di accessibilità e la carenza di

buone infrastrutture.

Che cosa è permesso. I problemi della occu-

pazione delle sponde del lago nascono dal

rapporto tra la città e il lago, e nei modi di

occupazione dei suoi bordi, suggerito fin

dalla prima stesura del piano. Costa aveva

infatti pensato di ospitare lungo la costa

solo circoli sportivi e alberghi, ma questo ha

permesso di “privatizzare” le rispettive aree

rivierasche. Nel tempo, gli “alberghi turisti-

ci” sono diventati residenze stabili, come

“appartamenti” per i più abbienti.

ɽ

Spianata dei Ministeri. Venditori ambulanti e ser-vizi durante la settimana.

Ministries Esplanade. Informal vendors and services in week days

125U

ConclusioniLa necessità è dunque conservare le molte

qualità di Brasilia, come sito del Patrimonio

mondiale dell’umanità, ma sfortunatamente,

per realizzare tale obiettivo, mancano sia gli

strumenti legali che un chiaro inquadramen-

to teorico. Non esistono infatti criteri ufficiali

ed espliciti in base a cui esaminare, e tanto

meno difendere, gli attributi essenziali della

città.

Le leggi sono troppo orientate ai fattori eco-

nomici. Non si riesce a descrivere il carattere

delle diverse scale della città, perché non si

esplicita la struttura morfologica che le

supporta. Di qui una pletora di interpreta-

zioni arbitrarie, che di fatto aprono la porta

al potere. Brasilia è per grandezza la quarta

metropoli brasiliana e deve trovare il modo di

adattarsi a questa realtà.

Ma le politiche urbane non considerano

il problema da questo punto di vista: sono

infatti prodotto della disinformazione, che

rispecchia i luoghi comuni e i pregiudizi pre-

valenti, ben lontani dalla realtà della città,

che si può apprezzare solo sulla base di ricer-

che rigorose e sistematiche.

L’amministrazione locale e l’Iphan (Istituto

del patrimonio storico e artistico nazionale)

citano spesso Lucio Costa – “Brasilia non ha

interesse a diventare una grande metropoli”

– per giustificare il rifiuto di proporre/accet-

tare interventi che potrebbero, ad esempio,

portare famiglie a basso reddito a vivere più

vicino al centro della città, come se fosse solo

“Patrimonio dell’umanità”, e non un’area

metropolitana di oltre tre milioni di abitanti.

Occorre quindi un ampio programma

di Educación Patrimonial (Educazione

al Patrimonio Culturale), e un dibattito

aperto, per stabilire nuovi parametri che

garantiscano non solo la conservazione fisica

della capitale, ma anche la diversità sociale su

cui è basata la cultura dei suoi abitanti.

Una versione precedente e più sviluppata del pre-

sente documento è stata presentata al 6º Seminario

internazionale sulla conservazione urbana, Recife,

Brasile, marzo 2011126U

There is a paradox concerning the preserva-tion of Brasilia as a World Cultural Heritage Site: 1) measures which damage cityscape are approved because they are not perceived as such; 2) measures which would benefit the city’s configuration are prohibited because they are seen as damaging the site. Therefore: more is approved and more is prohibited than it should, simultaneously.In both cases an elitist ideology prevails, which benefits the city’s appropriation by the upper income layers. The analysis goes through the essential four morphological types (“scales”, in Brasilia’s jargon) that constitute the city: mon-umental, gregarious, residential, bucolic.

The monumental scaleIn the Ministries Esplanade, Costa proposed a richer cityscape than the one we find today. A low building would provide complementary activities to the state bureaucracy. As it was never built, small restaurants and snack bars, newspapers and magazine stands, places where people fill in forms concerning lottery prizes etc. began to appear.However, time and again stands are removed by the “forces of the order”, only to come back a bit later. They are considered inadequate to the place. It is never stated in what terms, or if different solutions would be acceptable, in accordance with those same heritage rules.

Costa’s original proposal, as usual, is discon-sidered. On the other hand, buildings with an ill-regard to public space are built, damaging further a place very much devoid of urbanity.

The gregarious scaleThe crossing of the city’s two main axis is the material basis of its gregarious scale. Here is a large “platform” that connects the central sec-tors – a fascinating building complex designed by Lucio Costa himself. Informal trade soon appeared around, bringing the place a lively atmosphere.And yet, they are not seen as a contribution to the city, but as a menace – instead of using this social practice as a design input to improve poor public spaces and increase diversity in the gregarious scale, governmental power uses its force to eradicate it. In other sectors, a car-ori-ented urban design prevails, e.g., in the North Commercial Sector. It is filled with isolated buildings with blind façades, lots of barriers, discontinuities, surrounded by parking places. The residential scaleThe greates contradictions between discourses about the Capital and its plain reality concern the residential scale. Built variety in Costa’s plan was not good enough to house various income layers (only top ones). Still, there is a fascinating urbanistic lesson is the Vila Planalto 1,500m away from the Three Powers Plazza.It had its origins in a building firm camp that provided housing for the company employees of all layers – architects, engineers, technicians, manual workers. It was quite varied concerning plots, houses, blocks, streets, alleys, sidewalks etc., according to the respective social cat-egories therein. Today, 50 years after the inauguration of the city, it surprisingly presents a similar social stratification of the Federal District as a whole. Instead of learning from the Vila, homogeneous boroughs, for the rich or for the poor, are still the rule.

ɽ

Commercio informale sulla piattaforma della Stazione dei Bus

Informal trade in the upper deck of the Road Platform

ɼ

La scala bucolica, situata principalmente tra le ali residenziali e in riva al lago

The bucolic scale, mainly situated in between the residential wings and the lake shore

127U

Brasilia: cultural heritage, preservation and power

Frederico de HolandaGabriele Tenorio

La stazione centrale degli autobus di Brasilia

– considerata la città modernista per eccel-

lenza – è all’incrocio fra i due assi principali

e perpendicolari, l’Asse monumentale e l’Asse

stradale, che sottolineano il carattere simbo-

lico della capitale brasiliana. L’Asse stradale,

definito da Costa di “impronta bucolica”, è

costituito dalla sequenza delle “superquadra”,

grandi isolati di edifici a sei piani su pilotis,

incorniciati da folte macchie di verde. L’Asse

monumentale, invece, si caratterizza per i

grandi spazi non edificati, tenuti a prato, che

isolano gli edifici governativi tra ampi prati, e

strutturano il flusso dei veicoli.

L’incrocio di Brasilia si articola quindi

su tre livelli: a livello sotterraneo l’Asse

stradale, dove transita il flusso dei veicoli; a

livello terra l’Asse monumentale e la stazione;

al livello superiore, infine, una piattaforma

di 170 metri collega i settori settentrionale

e meridionale della zona centrale. La stazio-

ne connette il livello terra a quelli superiori,

inquadrando gli scenari monumentali della

capitale, mentre al livello superiore i passeg-

geri emergono sulla piattaforma: un punto

panoramico da cui si può ammirare la Torre

della Tv e la Spianata dei ministeri.

Lo spazio vuoto tra gli edifici, disegnato con

elementi minimali, fornirebbe, secondo il

movimento moderno, la libertà sociale neces-

saria a costruire spazi collettivi. Aree libere,

spazi verdi e grandi terrazze non sono desti-

nate solo a soddisfare esigenze climatiche, ma

anche a formare spazi di libera circolazione.

Il movimento moderno, infatti, considera-

va il “vuoto” come strumento per costruire

un nuovo ordine sociale. Ma dalla seconda

metà degli anni Cinquanta, si è però comin-

ciato a criticare l’eccesso di astrazione e di

omogeneità delle pianificazioni moderniste,

che provocavano uno “svuotamento” degli

spazi pubblici. La tradizione riduzionista del

modernismo, secondo Kenneth Frampton

(1985), ha portato ad impoverire l’ambiente

urbano dal punto di vista culturale: consi-

derando il “vuoto moderno” come luogo

dell’assenza, e di non riconoscimento.

La stazione centrale degli autobus di Brasilia

sembra quindi, in qualche modo, materia-

lizzare lo spazio disabitato della modernità,

caratterizzato da flussi continui di veicoli e

dalla carenza della “dimensione umana”. Se

da un lato le grandi strutture e gli spazi vuoti

della stazione costituiscono una rottura

con le città brasiliane tradizionali (Holston,

1989), dall’altro la stazione non è solo il cuore

geometrico di Brasilia, ma anche un “vuoto

urbano” in cui si incrociano il Plano Piloto

– nucleo originale del progetto del 1957 – e

le città satelliti, costruite prima ancora della

inaugurazione (1960).

Nella stazione degli autobus transitano oggi

oltre 800.000 persone, dalla periferia a centro,

con moti pendolari giornalieri. Il piano, che

The bucolic scaleThe problems concerning the occupation of the lakeshore have their origin in the relation between city and lake and in the mode of occupation of the lake’s fringes suggested since the blueprint. Costa has proposed that only clubs and tourism hotels should be situated here, but these were allowed to privatize the shore in which they were situated. In the end, “tourism hotels” became permanent residences in the form of “flats” for the very wealthy. Still, public spaces for leisure close to the lake are very much praised by peo-ple (particularly the lower income layers) who, despite problems of accessibility, come to the few remaining bits in holidays. But there is no gov-ernmental attention to these areas, that remain ill-treated, with practically no infra-structure.

ɻ

Uso popolare della riva del lago

Popular use of the lake shore

La stazione centrale degli autobus di Brasilia: moderni spazi vuoti e riconoscimento culturale

Luciana Saboia

128U

prevedeva di costruire gradualmente le città

satelliti solo dopo aver consolidato il Plano

Piloto, di fatto non è stato mai rispettato: fin

dall’inizio, infatti, la capitale è stata circon-

data da insediamenti che gravitavano sul suo

centro. Taguatinga, per esempio, costruita

nel 1958, è stato il primo insediamento, rea-

lizzato per soddisfare le esigenze abitative di

Brasilia in rapida crescita. Brasilia, oggi, è una

metropoli di quasi 3 m.ni di abitanti.

Nel 1985 Lucio Costa considerava le riconfi-

gurazioni della città come processi continui,

aperti e alimentati dal piano urbanistico. E in

riferimento alla piattaforma della stazione,

dichiarava: “Ho percepito questo movimento,

la vita intensa dei veri abitanti di Brasilia, di

questa massa che vive nelle aree circostanti

e converge sulla stazione centrale degli auto-

bus. Questa è la loro casa: è qui che si sentono

a proprio agio. … Tutto questo è molto diverso

da quello che avevo pensato per questo centro

urbano, ovvero qualcosa di sofisticato, direi

quasi cosmopolita. Ma non è così … Hanno

ragione loro, e io mi ero sbagliato. … Il sogno

era davvero inferiore alla realtà. La realtà è

più grande, più bella.” (Costa, 1995, p. 311)

È interessante che Costa riconoscesse l’appro-

priazione sociale che si era compiuta nella

stazione degli autobus, un manufatto, una

infrastruttura stradale priva di forme “a misu-

ra d’uomo”. Ma come può allora il moderno,

il pianificato, il vuoto essere percepito dagli

abitanti come “luogo della memoria”? Nella

sua relazione (1957), Costa aveva concepi-

to la stazione degli autobus come un luogo

sofisticato e cosmopolita, in cui la grande

piattaforma sarebbe stata l’unico punto di

contatto tra le due parti del centro urbano. La

piattaforma è un viadotto di 200 m. che attra-

versa l’Asse monumentale, ma anche il punto

centrale dell’ammassarsi della gente.

Il ponte stradale è stato progettato come

passaggio pedonale obbligato, per rag-

giungere banche, negozi, uffici e ristoranti,

cinema e altri servizi della zona centrale.

Per stabilirne la scala Costa si era ispirato ai

grandi centri urbani di Londra, New York e,

come dichiara nella relazione: “solo al traffico

locale è permesso accedere ai settori di ritrovo

pubblico (una combinazione di Piccadilly

Circus, Times Square e Champs Elysées)”. In

effetti, la stazione, realizzata nel 1960 sem-

brava essere l’immagine della modernità. La

scala mobile di 7 m. (la prima in Brasile), la

forma dei pilotis del mezzanino rivestiti di

marmo bianco, i lussuosi ristoranti da cui si

vede la Spianata dei Ministeri e la vicinanza

delle sedi delle ambasciate, ospitate provviso-

riamente in edifici vicini, conferivano all’area

centrale la ricercata dimensione cosmopolita.

Alla fine degli anni Settanta, tuttavia, la sta-

zione degli autobus muta carattere e diventa

“metropolitana”. A causa dell’accelerazione

della crescita urbana, propiziata dal Plano

Piloto, il numero di passeggeri era tanto

aumentato da costringere a trasferire in altra

stazione tutte le linee interstatali. Molte

aziende e ambasciate si erano inoltre sposta-

te in altre zone della città, e anche le attività

commerciali avevano cominciato a spostarsi

lungo il Viale sud ovest 3, dove si erano già

insediati numerosi negozi e servizi. La classe

media tendeva in genere a preferire l’auto per

i lunghi spostamenti urbani, restando fuori

dalla vita del centro.

Negli anni Ottanta, inoltre, la classe media

tendeva a spostarsi nell’area centrale di

Brasilia, rendendola molto più popolare.

Nella zona sud, in particolare, dove gran parte

dei settori erano già edificati, si ebbe una forte

svalutazione degli immobili, che consentì ad

associazioni popolari, a sindacati e a profes-

sionisti di insediarsi in quest’area, considerata

privilegiata.

Il centro urbano cominciava così a esse-

re sempre più frequentato da persone che

lavorano, ma non abitano nel Plano Piloto.

E d’altra parte, il Plano non era stato ancora

realizzato del tutto, e il Governo cominciava a

temere che non si rispettasse l’idea originale,

a fronte di una crescita urbana incontrollata,

e della forte speculazione sulle aree fabbrica-

bili. Nel 1987 Brasilia entrò nel Patrimonio

dell’umanità Unesco, mentre cresceva visto-

samente il contrasto tra la Brasilia del Plano

Piloto (inaugurata nel 1960), e quella delle

città satellite, progettate per rispondere a esi-

genze reali dello sviluppo urbano.

La Brasilia del Plano Piloto ha comunque cer-

cato di rimanere fedele alla struttura urbana

del 1957, anche se con costi sociali elevati, e

spostando gran parte della popolazione a 30

km di distanza. Malgrado l’intento di salva-

guardare l’area del Plano Piloto come “centro

storico”, nella vita quotidiana avvengono

modifiche e appropriazioni: lavoratori, pas-

santi e passeggeri lasciano le loro impronte

sui grandi prati; gli spazi vuoti della piatta-

forma si riempiono non solo dell’afflusso di

persone, ma anche delle voci dei venditori

di strada, delle performance di artisti di stra-

da, degli sguardi dei turisti, la presenze dei

senzatetto e dei ragazzini che volano sugli

skateboard sul piano di cemento armato della

piattaforma.

La piattaforma diventa quindi luogo di espe-

rienze, sempre più sfruttato da gran parte

della popolazione, nella zona delineata dal

piano strutturale. Occorre quindi capire quali

siano i rapporti tra il Plano Piloto e le città

satelliti. Se la city, in un primo tempo, ha spo-

stato tensioni e problemi socio-economici

in periferia, e in qualche modo sostenuto la

pianificazione della capitale, d’altro canto

proprio il vuoto ha favorito l’appropriazio-

ne, e la libertà di elaborare le proprie identità

nella costruzione dello spazio pubblico.

Secondo Manfredo Tafuri (1979), la tradi-

zione riduzionista del movimento moderno

ha aperto due strade, su cui l’architettura

moderna coinvolge gli abitanti. La prima è

la ricerca di elementi minimali, che libe-

rino lo spazio per azioni individuali o

collettive. La seconda è l’architettura moder-

na come “rappresentazione”, che colloca

oggetti isolati di contenuto simbolico nello

spazio urbano. L’urbanistica moderna ha

prodotto una polarizzazione tra la crisi della

materialità minimale, che libera lo spazio,

rendendolo disponibile alla appropriazione

e, sul versante opposto, quella dell’oggetto

simbolico, in cui lo spazio contemplativo

trasmette un senso di rappresentazione. Per

questo entrambe le forme del vuoto si offrono

al vivere urbano come “potenzialità”, e non

come garanzia di identità di un luogo collet-

tivo. L’appropriazione, dunque, implica una 129U

lotta per il riconoscimento.

Ma se non c’è garanzia di riconoscimento

sociale, come è possibile che i vuoti moder-

ni siano riconosciuti collettivamente, senza

diventare spazi simbolici di pura astrazione o

spazi omogenei privi di identità? L’urbanistica

moderna è definita dalla tensione tra l’ef-

ficienza della meta-narrativa moderna di

tradizione illuministica e le piccole storie di

edifici, permanenze, movimenti, ritmi, zone

in disuso, flussi nel tempo. Sola-Morales

rivendica una “architettura del dualismo”,

fatta di differenze e discontinuità, contrappo-

sta alla ragione tecnologica prevalente, e alla

modernità omogeneizzante. Per ricostruire la

memoria, il nuovo, l’aperto, l’astratto, in que-

sto caso, non sono ripudio della tradizione,

ma la capacità di ri-assemblare il vecchio nel

nuovo ordine per essere riconoscibile.

Il “moderno” vuoto della stazione degli auto-

bus è l’incrocio tra la vita di tutti i giorni e il

monumentale. Se la piattaforma stradale è

stata costruita come cornice infrastruttura-

le, essenziale per organizzare e l’edificazione

urbana, d’alto canto essa si presenta come

belvedere del paesaggio monumentale della

capitale. La stazione è il luogo in cui gli abi-

tanti riconoscono il monumentale come

valore unico della capitale. Uno scenario che

consente di costruire storie sociali, che ricon-

figurano il luogo in un processo continuo.

Secondo Paul Ricoeur (Ricoeur, 1998), della

costruzione dei luoghi della memoria si può

dire che riconoscere il vuoto non è altro che

prendere coscienza della ricostruzione della

memoria. E secondo Ricoeur il vuoto “de-

familiarizza” il familiare, ma “familiarizza”

anche il non familiare.

The Central Bus Station is located at the cross-roads of the two main perpendicular axes of Brasilia – the Brazilian capital and also consid-ered the modernist city par excellence. According to the modernist tenets, the openness of the urban fabric planned with minimal elements could provide social freedom to construct collec-tive spaces.Open areas, green spaces, large terraces were not only required to satisfy climate and social needs, but also to liberate space for free circulation. However, critics denounced the excess of abstrac-tion and homogeneity in the modernist planning, provoking the ‘emptying’ of the public sphere. Modern void was considered a place of absence and non-recognition.The central bus station in Brasilia material-izes somehow inhabited the space of modernity marked by the heavy flow of vehicles and the lack of human scale. If, on the one hand, the station’s large structures and openness such reported as a break to traditional Brazilian cities (Holston, 1989), on the other, the station is not only the geometric crux of Brasilia, but also the urban void where there is a metropolitan crossroads between the Pilot Plan – the core originally designed in 1957 – and the satellite towns, the urban set-tlements built even before the inauguration day in 1960.The bus station is home for more than 800,000 people that converge from the periphery to the center, in a daily pendular motion. The plan to gradually construct the satellite towns only after the Pilot Plan was consolidated was never fol-lowed. Instead, since the very beginning, the capital was surrounded by settlements depending on its center. Brasilia, today, is a metropolis of nearly 3 million inhabitants.In the 1957 report, Lucio Costa designed the bus station platform as a sophisticated and cosmo-politan place where the huge platform would be the unique point of contact between the two symmetrical parts of the urban center. The road deck was designed as obligatory passage for the pedestrian’s access to banks, firms, offices, as well as restaurants, cinemas and other services located in the central zone.The platform is both a 200-m-long viaduct hat frames the monumental sceneries of the capital through its pilotis and party walls; on the lat-ter, the passengers emerge on the upper platform where the platform become a belvedere of the TV Tower and the Esplanade of Ministries. Indeed, the station constructed in 1960 embodied an image of modernity.Nevertheless, in the late 1970s, the bus station acquires a metropolitan character. Because of the accelerated urban growth around the Pilot Plan, the number of local passengers was so exacting that all the interstate lines were transferred to another station. Besides, the middle class became used to long commutes by car in the city and began to experience very little of the city center.Yet, in 1985, Lucio Costa himself stated at the station platform: “I felt this movement, this

intense life in the true inhabitants of Brasilia, this mass that lives in the surrounding areas and converges to the central Bus Station. That is their home; it is where they feel comfortable. (…) The dream was actually smaller that the reality. The reality was greater, more beautiful.” (Costa, 1995, p. 311).It is intriguing the fact the Costa recognizes such social appropriation in the bus station, a road infrastructure artifact with no human scale. In this sense, how can the modern, planned, the void, be recognized by its inhabitants as a place of memory?If, at the first moment, the city has moved tensions and socio-economic problems to its periphery, and in a certain way, bolstered the area’s planned capital. Therefore, two Brasilias came into contrast: the Brasilia-Pilot Plan, idealized and inaugurated in 1960 and Brasilia-satellite towns, planned to deal with the existing urban development.Nevertheless, although Brasilia listed as a World Heritage Site by UNESCO meant to be preserved as a ‘historic center’, changes and appropriations takes place in everyday life. The huge platform has become to be a point of the experiences for most of the population within the master plan. The platform sempty spaces arebeing filled not only by the mass of people, but also the voices of street vendors, performances by street artists, the gaze of tourists, appropriation by the home-less and teenagers skating in the flatness of the reinforce concrete platform.Void is offer to dwelling as “potentiality” and not as a guarantee of recognition of collective place. In this sense, the modern void of the bus station configures the crossroads between the everyday life and the monumental acknowledging the mem-ory-reconstruction of everydaylife.

Bibliografia — Costa, L. (1995), Registro de uma Vivência,

Empresa das Artes, São Paulo.

— Solà-Morales, (2002), “Terrain Vague”, in Id.

Territorios (pp. 181-194), Ed. G. Gili, Barcelona.

— Tafuri, M. (1979), Teorias e História da Arquitectura, Ed. Presença, Lisboa.

ɻ

Cinque declinazioni dello spazio aperto in ambiti residenziali a confronto: 1. superquadras, 2. Guarà, 3. Ceilândia, 4. Águas Claras, 5. Vila Estrutural

Five residential collective spaces: 1. superquadras, 2. Guarà, 3. Ceilândia, 4. Águas Claras, 5 Vila Estrutural

Luciana Saboia

130U

The Central Bus Station in Brasilia: modern void and cultural recognition

Il buon abitare di Iñaki Ábalos è il racconto di

dieci visite guidate, in dieci case esemplari,

archetipiche e in qualche modo straordina-

rie del moderno. I progetti descrivono con

efficacia le relazioni tra le articolazione dello

spazio domestico, i bisogni degli abitanti,

l’idea di architettura e le concezioni di socie-

tà. A ogni modello di residenza corrisponde

una corrente di pensiero e, più in generale,

un modo di intendere la vita, come un ideale

campionario degli spazi residenziali, attraver-

so tempi e luoghi (Abalos, 2009).

Concentrato nello spazio e nel tempo, a

Brasilia si può trovare un analogo campio-

nario di situazioni e modelli residenziali.

Ciò può sembrare paradossale se ci si limita

a far coincidere Brasilia con il Plano piloto e

le superquadras. In realtà, in cinquanta anni

di storia, nella dimensione estesa alle città

satelliti, a Brasilia sono nati altri modelli

residenziali, le cui differenze si evidenziano

soprattutto nelle declinazioni del disegno

dello spazio aperto di pertinenza degli allog-

gi, che in molti casi diverge profondamente

dal modello originario, e che può diventare

elemento chiave per comprendere alcune

tendenze in atto e avanzare considerazioni

sulla eredità del progetto di Lucio Costa.

Lo spazio collettivo delle superquadras e i suoi sviluppi riduttivi a NoroesteL’immagine più nota del Plano Piloto è l’Asse

Monumentale, a fondo del quale si staglia il

Palazzo del Congresso di Oscar Niemeyer. Ma

ambiti di pari interesse, e innovativi, aspra-

mente criticati eppure oggetti di orgoglio di

Costa, sono le due ali residenziali. L’idea dei

modelli abitativi basati sulla sequenza delle

superquadras1 fu alimentata dalla volon-

tà di rifondare la società, costruendo spazi

residenziali, non solo di migliore qualità

ambientale (esposizione, aria, luce, etc.) ma

in grado di garantire un alto livello di socia-

lizzazione (Costa, 2010). Questa volontà si è

concretizzata soprattutto nel disegno dello

spazio collettivo: a terra completamente per-

meabile, percorribile e volutamente “vago”,

per consentire i diversi usi degli abitanti,

garantito dalla proprietà pubblica dei suoli

e dalla possibilità, per i privati, di acquistare

solo le proiezioni degli edifici2.

Nelle superquadras lo spazio collettivo è

parte integrante del progetto: qualifica e arric-

chisce l’interno degli alloggi, di cui è di fatto

l’estensione, senza separare nettamente gli

spazi per il gioco, per la sosta, gli spazi “filtro”

e gli spazi comuni interni.

Il percorso che porta dagli Assi, dove l’auto-

mobile è protagonista indiscussa3, alla porta

di casa si articola in modo fluido tra gli spazi

aperti che, pur confrontandosi con le grandi

dimensioni delle superquadras, ricreano scale

domestiche, in cui ci si può muovere a piedi

e trovare i servizi necessari. L’idea originaria,

evidentemente debitrice dell’immaginario

modernista (piano terra libero, edifici su pilo-

tis) e il disegno di suolo, tutt’altro che una

tabula rasa, conferiscono qualità residenziale

e urbana, alludendo a una precisa volontà di

apertura e scambio.

Le superquadras, tuttavia, sono state ampia-

mente criticate4, tacciate di produrre un

sistema spaziale di segregazione sociale:

distanti dal centro, destinate a ospitare i dipen-

denti del governo, troppo care per essere

accessibili alle classi sociali economicamente

più deboli, difficilmente raggiungibili senza

un mezzo di trasporto privato. Critiche che

trovano per altro riscontro nei dati sui redditi

pro-capite e sui profili sociali dei residenti del

Plano Piloto5.

Anche nelle superquadras però, con il tempo,

la spinta idealistica a base del disegno di suolo

e di collettività si è progressivamente stempe-

rata. La SQ 108, una delle prime realizzate, su

disegno di Niemeyer, avrebbe voluto essere

un vero e proprio prototipo. Ma le superqua-

dras costruite in seguito, pur rispettando i

regolamenti via via modificati, mostrano

molte differenze rispetto ai modelli originari,

Antonella Bruzzese

Brasilia: declinazioni e contrazioni dello spazio collettivo della residenza

131U

dalla densità e numero di abitanti consentiti

alla organizzazione dello spazio collettivo (el-

Dahdah, 2005). Questo, in particolare, appare

sempre più frazionato da siepi e recinzioni,

che non solo proteggono da persone estranee,

ma limitano fortemente le possibilità d’uso,

con ampie porzioni dedicate ai parcheggi6.

Specializzazione e riduzione dello spazio libe-

ro, protezioni e recinzioni, riduzione della

qualità degli spazi pubblici sono tendenze

ricorrenti, e sono ancora più marcate nel pro-

getto di una nuova zona residenziale, il Setor

Noroeste, entro l’area del Plano Piloto, a ovest

dell’Asa Norte, che, secondo le intenzioni,

riprende una organizzazione in superquadras.

Studiando il progetto in via di realizzazione

sembra evidente che il modello di Lucio Costa

è di fatto negato: recinzioni, privatizzazione

del suolo e trasformazione dello spazio com-

merciale sono le principali variazioni. Nelle

nuove espansioni a nord-est, a fronte di una

superficie coperta di poco superiore, si preve-

de di aumentare il numero dei piani da sei a

otto (scelta che contraddice quella originaria,

di non superare il numero dei piani tradizio-

nalmente accessibili senza ascensore), e la

quantità di spazi commerciali: anche questo

segnale di una diversa distribuzione interna

degli alloggi, e di una riduzione delle loro

dimensioni7. Ancora una volta la differenza

più evidente è il considerevole incremento

di parcheggi e spazio asfaltato, che muta la

natura dello spazio aperto in relazione agli

edifici. Lo spazio aperto collettivo non è più

infatti la base permeabile e disponibile su cui

si appoggiano gli edifici, in un disegno coe-

rente, ma una sequenza di spazi “filtro”, che

costituiscono una distanza di sicurezza tra le

infrastrutture e le abitazioni. Nonostante le

dichiarazioni di continuità con il passato, il

senso dello spazio aperto è dunque totalmen-

te stravolto.

Alternative: le “piazzette verdi” a Guarà, e i grandi “vuoti” a CeilândiaCome detto più volte, Brasilia non è solo

il Plano Piloto. Il 70% dei brasiliensi vive

nelle “città satellite”, cresciute rapidamente

negli ultimi anni, per gli alti prezzi delle aree

ɺ

SupequadrasGuarà 1Águas Claras

132U

centrali, e per i vincoli dettati dall’Unesco a

protezione di un “patrimonio dell’umanità”.

Le città satelliti costituiscono oggi un reper-

torio di modelli residenziali “altri”, rispetto

a quelli previsti dal Plano Piloto. E questo

avviene sia quando esse sono esito di un

piano urbano, sia dove la pianificazione è

stata invece più debole e altre logiche (quelle

del mercato immobiliare e degli insediamenti

illegali “auto costruiti”) ne hanno determina-

to la forma urbana.

Già Costa e Niemeyer si resero per altro conto

che le classi meno abbienti e gli stessi operai

che contribuivano a realizzare il Plano Piloto,

non avrebbero potuto vivere nelle stesse con-

dizioni offerte dalle superquadras8. Le città

satelliti furono avviate già durante la realizza-

zione del Plano Piloto (1958-1960). Ceilândia

e Guarà, di poco posteriori, pur essendo due

città diverse per condizioni sociali ed eco-

nomiche, sono state pianificate e costruite

a metà degli anni Settanta con un disegno

urbano molto riconoscibile, e sono esempi

interessanti di declinazioni alternative dello

spazio aperto nel progetto della residenza.

Guarà è un insediamento di 110.000 ab.

costruito lungo una delle principali diret-

trici di espansione di Brasilia. Il tessuto

residenziale è fatto di lotti regolari, articolati

“a grappolo” intorno a spazi pubblici, in mag-

gior parte verdi, che funzionano come centro

di piccole “unità di vicinato”, dove si alterna-

no edifici mono-bifamiliari a due/tre piani ed

edifici in linea su pilotis di sei piani. L’idea

dello spazio aperto comune qui non è più la

piattaforma su cui si stagliano le superqua-

dras: lo spazio pubblico è una piazza verde

definita, di dimensioni contenute, quasi una

pertinenza distribuita in modo uniforme nel

tessuto omogeneo dove si replica il disegno.

Ceilândia, invece, ha altre dimensioni per

popolosità (340.000 ab.) e per estensione. Il

tessuto residenziale si sviluppa intorno a

grandi vuoti di forma lenticolare che fanno

da contrappunto alla forte densità e assen-

za di spazi aperti tra le case. L’idea di spazio

comune, come estensione della casa, è affi-

data solo a spazi poco più larghi delle strade

di servizio, che funzionano più come spazi di

distanza che spazi d’uso. La principale risor-

sa di spazio è rappresentata invece da questi

vuoti, a volte occupati da servizi, molto più

spesso abbandonati e senza manutenzione,

che alludono a un’altra scala di riferimento e

decisamente a un altro modo di intendere le

relazioni tra spazio domestico e spazi aperti.

Le residenze, più modeste di quelle dei casi

precedenti, sono in genere monofamiliare, di

due/tre piani al massimo.

Negazioni. La rinuncia allo spazio pub-blico ad Águas Claras e Vila EstruturalSe Ceilândia e Guarà rispondono a un disegno

urbano preciso, in cui lo spazio aperto e l’idea

di casa sono esito di un progetto compiuto,

pur differente da quello delle superquadras,

non è così altre situazioni diametralmente

opposte.

Águas Claras è una delle più recenti città

satelliti realizzate: si è sviluppata essenzial-

mente negli ultimi 15 anni9 e ha una tipologia

residenziale diversa. Il piano di sviluppo della

città si limita alla lottizzazione su cui si con-

centrano le spinte del mercato immobiliare,

che intendeva realizzare un nuovo centro

residenziale ispirato a modelli del tutto estra-

nei alla storia di Brasilia, ma riscontrabili, ad

esempio, nelle espansioni di San Paolo. I tipi

ricorrenti sono torri residenziali senza funzio-

ni commerciali ai piani terra e senza disegno

dello spazio collettivo antistante. Tutte le

necessità dell’abitare sono risolte dentro l’edi-

ficio. L’idea prevalente è un condominio fechado:

chiuso, protetto sorvegliato da telecamere a

circuito chiuso, a volte con piscine sul tetto

o giardini pensili, ma in genere con forte pro-

pensione a densità e altezza, non comuni a

Brasilia. Lo spazio collettivo è negato, ridotto

a spazio di servizio prevalentemente dedicato

alla circolazione veicolare, mentre gli spazi

domestici sono introversi, senza alcuna possi-

bilità di estendersi all’aperto, e tantomeno in

spazi condivisi.

In un contesto del tutto differente, la stessa

disattenzione per il ruolo dello spazio pub-

blico si trova in alcuni insediamenti illegali,

come a Vila Estrutural, dove le case sono pro-

dotte in autocostruzione, ciascuna in un lotto

definito a priori, da chi in origine ha occupato

abusivamente l’area e ne ha gestito l’attribu-

zione, pur senza averne alcun titolo. In molti

casi si tratta di baracche a un piano, affaccia-

te sulla strada principale, che si proteggono

dallo spazio pubblico con inferriate e recin-

zioni, mentre gli spazi prospicienti sembrano

una no man’s land, molto spesso non asfalta-

te, sebbene la municipalità di Brasilia abbia

avviato da tempo un progetto per regolarizza-

re l’insediamento10.

Quale eredità del Plano Piloto?Superquadras, Noroeste, Ceilândia, Guarà,

Águas Claras, Vila Estrutural costituisco-

no una campionatura senz’altro parziale

dei modi di declinare la residenza a Brasilia.

Sarebbe difficile tentare di riconoscere una

linea evolutiva o un legame tra le diverse

esperienze. La straordinaria storia di Brasilia,

nata dal nulla nel cerrado del Planalto, avreb-

be tuttavia potuto lasciar immaginare altri

sviluppi in termini di radicamento, da un

lato, di una propensione a sperimentare,

dall’altro, di un modo di declinare il ruolo

dello spazio pubblico e collettivo.

Se le città satellite degli anni Settanta mostra-

no alcune alternative progettate e compiute,

negli sviluppi più recenti si avvertono segna-

li di tendenze a negare lo spazio collettivo,

peraltro comuni in molti ambienti urbani.

L’idea di permeabilità, condivisione e assenza

di barriere fisiche nello spazio pubblico, alla

base della idea di residenza delle superqua-

dras, si va progressivamente stemperando a

fronte all’emergere e affermarsi di impianti

urbani disattenti alla qualità dello spazio pub-

blico, modellati su stili di vita individualistici

e improntati all’alta densità e alla verticalità.

Osservando i recenti progetti delle nuove

espansioni residenziali brasiliensi, sembra

che l’eredità del Plano Piloto sia stata disat-

tesa in almeno quattro idee di fondo, che si

sono perse:

— l’idea che il progetto dello spazio abitati-

vo si dovesse basare anzitutto su un progetto

di suolo e su una chiara idea del rapporto tra

casa e spazio aperto;

— l’idea che gli spazi aperti dovessero 133U

essere i luoghi della condivisione, volutamen-

te “vaghi” nel loro disegno e non specializzati

nelle loro funzioni;

— la convinzione che, per garantire la qua-

lità, la natura condivisa e il ruolo sociale di

questi spazi fosse necessario mantenere la

proprietà pubblica dei suoli, oggi in crisi per

i costi di manutenzione, le difficoltà di gestio-

ne e le spinte alla privatizzazione;

— infine, l’idea di voler trovare una “via bra-

siliana” e brasiliense alla costruzione della

città e dei suoi spazi residenziali, in grado di

farsi influenzare dalle correnti di pensiero

internazionali, ma capace di declinarle local-

mente, sulla scorta di quello storico ed eroico

momento, che ha guidato la realizzazione

della capitale.

I temi della sicurezza e la fattibilità econo-

mica sono oggi senza dubbio al centro delle

scelte, tuttavia, a fronte alla portata ideolo-

gica della risposta brasiliana all’idea della

Unitè de habitation lecorbuseriana, e in

genere all’idea di residenza che coniughi la

rilevanza dello spazio pubblico con le “unità

di vicinato” (Gorovitz, 2005) il modello vin-

cente sembra essere lo stesso delle nuove

metropoli: globalizzate, incapaci di costruire

tessuti, mossi da logiche di profitto, per nulla

temperate dalla mano pubblica che potrebbe

chiedere in cambio una migliore qualità dello

spazio collettivo.

1. Ogni superquadra è un lotto di 280 m. di lato,

delimitato da un doppio filare di alberi, in cui si

dispongono 11 edifici su pilotis di sei piani, ospitano in

media di 2.500 ab. In ciascuna superquadra erano previ-

sti una scuola elementare, una chiesa e un community

center. Il progetto si completava con le interquadras,

fasce intermedie di circa 300x80 m. con attrezzature

commerciali, sportive e ricreative.

2. Una situazione analoga, in Italia, è quella di San

Donato Milanese: Metanopoli, la company town realiz-

zata da Eni negli anni Cinquanta per i suoi dipendenti,

è un repertorio di case con appartamenti di tagli diversi

(per dipendenti o dirigenti), tutte collocate in isole

verdi, non recintate, percorribili e rese sicure dalla

omogeneità degli occupanti, e dai sistemi di controllo

disposti e mantenuti dall’azienda stessa. Oggi il tema

della proprietà pubblica degli spazi di pertinenza è

diventato tuttavia particolarmente spinoso, per i costi

di gestione e la diffusa tendenza alle privatizzazioni.

3. Alla fine della Memoria descrittiva, presentata per

la partecipazione al concorso (l956), Costa definisce

Brasilia “capitale dell’autostrada e dell’aeroplano”.

4. Cfr. Spinelli, 2010.

5. Il reddito pro-capite nel perimetro del Plano

Piloto è più del doppio della media del Distreto Federal,

e l’indice di vecchiaia è addirittura il triplo (Índice de

Desenvolvimento Humano por Região Administrativa -

2000 - SEPLAN - DF/ CODEPLAN).

6. Nella SQ108, realizzata nel 1957, non era previsto

alcun posto auto, nella SQ 109 slab, completata nel

2000 i posti auto sono 108. Un adeguamento che segue

la crescita dell’uso di automobili, ma che ha imposto

nuove modalità di occupazione e organizzazione dello

spazio aperto di pertinenza di ogni blocco, sia per la

localizzazione di parcheggi a raso, che per la accessibi-

lità a parcheggi interrati.

7. Cfr. le analisi e le letture presentate durante il

workshop dal gruppo di lavoro di Gabriela Tenorio e

Monica Gondim, UniB.

8. Oscar Niemeyer ha scritto: “ci sentivamo

imbarazzati solo perché constatavamo che agli operai

sarebbe stato impossibile mantenere le condizioni di

vita fissate dal Piano, collocandoli, come sarebbe stato

giusto, negli ambiti dell’area di abitazione collettiva …

Vedevamo, nostro malgrado, che le condizioni sociali

… urtavano con lo spirito del Piano Pilota, creando

problemi che era impossibile risolvere sul tavolo da

disegno”

9. Aguas Claras, iniziata negli anni Novanta, conta

oggi 135.000 ab.

10. Cfr. Guinancio e Gabriel, in questo servizio.

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ɺ

Ceilândia

ɻ

Vila Estrutural134

U

In Brasilia it is possible to discern a broad range of situations and a multiplicity of residential models. This may seen paradoxical if the Brazilian capital is equated with Lucio Costa’s Plano Piloto and the superquadras. In actual fact, in the course of its fifty years of history and within the context of a metropolitan dimension encompassing the satellite cities, Brasilia has seen the formation of several residential models, whose differences lie primarily in variations in the design of the open space per-taining to the housing units. In many instances, in fact, the configuration of the open space departs from the original model and may be regarded as a key element to help us identify some of the trends underway and formulate a few considerations on the heritage of Lucio Costa’s plan.

The collective space of the superquadras and its reductive developments in the NoroesteThe best known image of Brasilia’s Plano Piloto is the Monumental Axis culminating in Oscar Niemeyer’s building of the National Congress. Nevertheless, situations just as interesting and as innovative, bit-terly criticized and yet objects of pride to Costa, are the two residential wings. The idea of a housing model based on strings of superquadras was dictat-ed by a desire to create residential premises that could offer a higher-quality environment (in terms of exposure, air, light, etc.), and ensure a high degree of socialisation (Costa, 2010). This intention found tangible expression in the design of collec-tive space: totally permeable at ground level, with no barriers to the passage of people, and “vague” enough to admit multiple uses on the part of the inhabitants, its configuration guaranteed by the public ownership of the land.In the superquadras, the nature of collective space in an integral part of the design project: it enriches the space around the housing unit, it is an extension

of this space. The plan did not contemplate a sepa-ration between areas for playing, areas for hanging around, common indoor areas. The route leading from the Axes to the household door runs smoothly through the open spaces. Over time, however, even in the superquadras, the idealistic motivation that prompted the original design approach and collec-tive vision of the plan began to wane.SQ 108, one of the earliest blocks to be constructed with buildings designed by Niemeyer, should have been a veritable prototype. But the superblocks that followed display many departures from the original models, in terms of density and number of inhabitants as well as in terms of the way collective space is organised (el-Dahdah, 2005). To an ever greater extent, from space available for playing and socialising, the latter has changed to space for use as a parking lot.Specialisation, erosion of free space, protective barriers and fences, worsening of the quality of public space, these are some of the recurrent trends characterising the plan for a new residential dis-trict, the Setor Noroeste, to the west of Asa Norte within the Plano Piloto, a plan supposedly inspired to the superquadras, at least in the declarations of the planners. Yet, a look at the way the project is being constructed clearly reveals that Costa’s model is denied in its essential characteristics.Over an area under cover only slightly bigger, the number of stories has been raised (from six to eight) and the number of commercial facilities has also increased, indicating a different interior layout of the housing units and a reduction in their overall dimensions . In this case too, however, the most notable discrepancy lies in the proportion of park-ing & asphalted space, which changes the nature of open space in relation to the buildings. Collective open space loses its role as a permeable, avail-able base, on which the buildings are rested within the framework of a consistent plan, to become a sequence of “filter zones” designed to maintain a safety distance between the environment of the infrastructure and that of the household. The declarations of continuity with the past notwith-standing, the sense of the open space has been totally distorted.

Alternatives. The small “green squares” in Guarà, the great “voids” in CeilândiaBrasilia is more than just the Plano Piloto. 70% of its inhabitants live in the satellite cities, the set-tlements that have grown at a rapid pace in recent

years and today display a repertory of residential models “other” than those present in the Plano Piloto. This occurs both where such neighbourhoods are the outcome of an urban plan and where the planning process has been weak and the current urban configuration has been determined by other logics (from the real estate market to self-help).The satellite cities began to be built during the construction of the Plano Piloto, between 1958 and 1960. Ceilândia and Guarà came soon after-wards: though they differ greatly from each other in terms of the social and economic conditions of their inhabitants, the two cities were planned and built in the mid 1970s according to a clearly recognisable urban design plan, and may be seen as interesting variations on the theme of open space in a residen-tial project.Guarà 1 is a settlement populated by 110,000 peo-ple. The residential environment consists of regular lots organised in clusters around public, mostly green, spaces, which serve as the centres of small “neighbourhood units”, where two- or three-storey high buildings housing one or two families alternate with linear six-storey buildings on pilotis.Here, common open space is no longer conceived as a platform on which the superquadras rise: open space is a clearly defined green square, of limited size. Such spaces, almost annexed to the buildings, are evenly distributed throughout the homogeneous environment where the plan is replicated.Ceilândia differs in terms of number of inhabitants (340,000) and size. The residential accommodations develop around huge, lenticular voids, serving as a counterpoise to the great density of the popula-tion and the absence of open spaces between the houses. Some of these voids house service facilities, but most of them are plots in disuse, rundown due to lack of maintenance. They evoke a different ref-erence scale and a different way to conceive the relationship between domestic space and open space. The housing units are two-/three-storey high single family dwellings.

Denials. The disappearance of public space in Águas Claras and Villa EstruturalBut while Ceilândia and Guarà reflect an accurate-ly defined urban design, where open space is the outcome of a finished project, albeit different from that of the superquadras, the situation is altogether different in two more locations.Águas Claras was one of the latest satellite city to

Antonella Bruzzese

Brasilia: changes and contractions in residential collective space

L’elezione di Juscelino Kubitschek de Oliveira,

nel 1955, è stata fondamentale per il progetto

di integrazione delle regioni del Brasile. Con

la costruzione di Brasilia si voleva sviluppare

un processo di modernizzazione, già avviato

negli anni Trenta, ma più ambizioso, e soste-

nuto dall’afflusso di capitali stranieri. Brasilia

ha rappresentato in qualche modo il deside-

rio di progresso e il progetto della capitale

può essere interpretato secondo due ordini di

utopia.

Il primo si riferisce al carattere mitico della

utopia, che oscilla tra il rifiuto della storia e

la promessa di una situazione ideale (Choay,

2009). Ma quale era il contesto storico rifiu-

tato dal progetto della nuova capitale? Era

quello del sottosviluppo e il desiderio di pro-

gresso era anche promessa di emancipazione

sociale. Il secondo ordine di utopia si basava

sulla proprietà pubblica dei suoli che avreb-

be dovuto favorire l’interazione tra le classi

sociali e, di conseguenza, ridurre i conflitti e

le tensioni.

Brasilia diventò un polo economico di grande

attrazione in cui la gente cominciò a insediar-

si cercando migliori condizioni di vita. Per

evitare le occupazioni illegali degli immigrati

nell’area del Plano piloto si stabilì di costruire

un sistema urbano allargato alle città satel-

liti, dipendenti dall’area centrale. Del resto

anche prima della sua inaugurazione (1960)

Brasilia era una città formata da diversi centri

abitati, sorti intorno all’area del Plano piloto.

Dopo cinquant’anni, la decisione politica di

mantenere il Plano piloto nella sua “purez-

za”, trasformò questa dinamica urbana in

una congestione impensabile di veicoli sulle

grandi strade che collegano il centro alle città

satellite. Se l’iniziale dimensione utopica di

Brasilia è stata accantonata, oggi la si costru-

isce rovesciandone l’immagine, sulla base

della proprietà privata. Il fenomeno urba-

no contemporaneo delle gated community

(“comunità recintate”) compaiono in Brasile

già alla fine degli anni Settanta. Durante gli

anni Ottanta, la crisi economica ha prodot-

to disoccupazione e fenomeni di violenza,

incoraggiando la costruzione di complessi

residenziali a basso costo nelle aree periferi-

che suburbane che dagli anni Novanta sono

diventati un investimento molto redditizio.

A Brasilia, le lottizzazioni presentano sfu-

mature e particolarità che meritano di essere

analizzate.

Brasilia: le storie dell’espansioneLa costruzione di Brasilia ha comportato la

formazione di un Distretto federale (Df) nello

stato di Goiás. Tuttavia non c’erano risorse

sufficienti per espropriare l’intera regione e il

processo di privatizzazione non fu completa-

to o fu rinviato. Nel tempo questa situazione

ha comportato gravi problemi alla crescita

della città che si possono capire alla luce di

quanto avvenuto nei suoi primi 50 anni.

La prima storia riguarda le fasi iniziali di

costruzione, fino alla inaugurazione; la

seconda si caratterizza per il consolidamento

del Plano piloto e delle città satelliti; la terza,

infine, è l’espansione a scala metropolitana,

quando, con la costituzione del Distretto

federale, cominciarono a proliferare nuovi

insediamenti e complessi residenziali, lad-

dove la proprietà dei suoli era pubblica o

sconosciuta.

Fin dall’inizio della costruzione della nuova

capitale il Plano piloto prevedeva diversi

insediamenti residenziali. Le prime abitazio-

ni erano gli alloggi provvisori per gli operai,

sorti vicini ai cantieri. Il flusso ininterrotto

di immigrati intanto continuava, portando a

realizzare bidonville intorno ai primi nuclei

di abitazione. Per proteggere l’area origina-

le del Plano piloto dalla pressione popolare,

il governo pianifica la formazione di nuovi

insediamenti, le città satellite, lontano dall’a-

rea del Plano piloto, senza l’approvazione di

Costa. La decisione di occupare aree distanti

10 o 30 km. dall’area del Plano piloto diventò

ricorrente nel consolidare la capitale.

come into being. It developed during the last 15 years and is characterised by a totally different con-figuration of its residential fabric. The development plan for the city merely provided for the subdivision of the land into lots and this is where the pressures of the real estate market were particularly strong, resulting in the construction of a new type of resi-dential centre, inspired to paradigms extraneous to the history of Brasilia, and more easily recognisable in the expansions of Sao Paulo.The recurrent model consists of residential towers, with no commercial outlets on the ground floor and no attention whatsoever to the collective space fronting the buildings. All living requirements are met inside the buildings. The prevailing concept being that of the condominio fechado: closed, pro-tected communities, subject to the surveillance of closed circuit cameras, in some cases equipped with rooftop swimming pools or gardens, and invari-ably displaying a marked propensity for density and height. Collective space is denied and reduced to service space reserved for vehicle traffic, while the space for domestic life is introverted, hemmed in, with no possibility to expand outdoors, especially onto a shared space.In a totally different context, a similar lack of attention to the role of public space is observed in a number of illegal settlement, in Vila Estrutural, for example, where the housing units are the fruit of self-help processes, each within a plot defined a priori by those who occupied the land originally and then managed its allocation without having any legal title to do so. The homes, one-storey hovels in many cases, look onto the main distribution road and are fortified against public space with grat-ings and fences. The areas in front seem as many no man’s lands, with purely distributive functions, most of them still unasphalted, despite the fact that the municipality of Brasilia has long since approved a project to regularise the status of the settlement.

What heritage from the Plano Piloto?An examination of the recent projects for new resi-dential expansions in Brasilia seems to indicate that the heritage of the Plano Piloto has been betrayed where at least four of the founding ideas are con-cerned: the idea that the design of residential space should be based on a land-use plan and a clear view of the relationship between domestic space and open space; the idea that open space should be the locus of sharing, to be left deliberately “vague” in its configuration and non specialised in its function; the idea that public ownership of the land was a prerequisite to guarantee the quality, shared nature and social role of such spaces, a prerequisite that is undermined at present by maintenance costs, management difficulties, privatisation pressures; and, finally, the idea of defining a new Brazil- and Brasilia-born approach to the construction of a city and its residential district, a new approach that would be able to profit from international tradi-tion and at the same time cater to local needs and conditions, on the impulse of the heroic momentum that prompted the creation of the capital.Today, the overriding considerations in making any decision are security issues and financial fea-sibility. Contrary to the ideological purport of the Brazilian response to the ideas embodied in the Unitè di Habitation and, in general, the idea of a residential environment combining the relevance of public space with the notion of Neighbourhood Unit (Gorovitz, 2005), the winning model seems to be the same paradigm as is being used in the new metropolises: globalised models, unable to create an urban fabric, promoted by the logic of profit and not in the least alleviated by a public hand that is able to request in exchange a decent quality of col-lective space.

L’immagine inversa di una utopia: le Gated Community di Brasilia

136U

Elane PeixotoLuciana Saboia Ana Elisabete Medeiros

La seconda storia dell’espansione di Brasilia

riguarda il processo di crescita urbana rapi-

do e disordinato. Nel 1969 diventa prassi

abituale realizzare nuovi quartieri e nuclei

urbani. Negli anni Settanta gli insediamenti

si situano anche al di fuori del quadrilatero

del Distretto federale. Solo nel 1978 il Piano

di Ordinamento territoriale (Pot) ricono-

sce la dicotomia tra l’area centrale del Plano

piloto e le condizione “periferiche” delle città

satellite.

Il Piano assume a linea guida il potenzia-

mento dell’asse urbano meridionale. Ma

in contrasto con l’impostazione del Piano,

nei due decenni successivi (1980 e 1990), la

rimozione forzata delle bidonville scatena

occupazioni selvagge nell’area. Proliferano

così nuove città satelliti, prive di infrastrut-

ture e di condizioni abitative adeguate,

trasformano Brasilia in una metropoli, afflit-

ta dagli stessi problemi di tutti i capoluoghi

brasiliani.

La terza storia riguarda il consolidamento

di Brasilia come metropoli che si espande

occupando i vuoti interstiziali intra-urbani.

Poco a poco scompare il rapporto figura/sfon-

do proprio del Distretto federale, dove ogni

città satellite era un nucleo indipendente,

circondato da vegetazione nativa. La metro-

poli abbandona gradualmente il suo carattere

diffuso e il Plano piloto diventa sempre più il

“centro storico” di Brasilia.

Metropoli e enclave urbanaLa carenza di abitazioni per la classe media ha

favorito l’occupazione illegale di aree rurali

intorno all’area del Plano piloto. Le tenute

agricole sono state smembrate e lottizzate ille-

galmente. In seguito è stato occupato anche il

suolo pubblico, diviso in lotti e venduto clan-

destinamente, anche se nel 1985 il governo

locale ha legalizzato queste prassi. Molte lot-

tizzazioni si sono trasformate in “comunità

recintate” in situazione di illegalità.

Queste enclave urbane non si limitate alle

lottizzazioni irregolari: gradualmente stra-

de, spazi pubblici e parchi sono stati chiusi,

recintati e fortificati. Solo nelle superquadras

del Plano piloto si è impedito di recintare i

pilotis. Il che per altro è stato possibile solo

con il riconoscimento Unesco di Brasilia

come Patrimonio Culturale dell’umanità.

Si possono dunque caratterizzare così i due

aspetti delle enclave urbane di Brasilia. Il

primo è la “chiusura” delle aree “storiche”

realizzate dal progetto modernista. Il secon-

do, l’occupazione privata di terreno pubblico,

con assegnazioni irregolari e trasformate in

comunità recintate.

Cruzerio e il Complesso residenziale OttagonaleL’area residenziale di Cruzeiro, progettata

dal gruppo Costa, fu costruita nel 1959, a 7

km dall’area del Plano piloto. Pensata come

area commerciale e residenziale, e configu-

rata da blocchi di appartamenti e file di case,

circondate da servizi pubblici. Alla fine degli

anni Sessanta è stata costruita l’espansione di

Cruzeiro Novo, costituita da edifici di quattro

piani su pilotis.

Dagli anni Ottanta gli edifici sono stati via

via circondati da recinzioni e intorno alle

attrezzature urbane sono sorte mura protet-

tive impenetrabili allo sguardo. In seguito

tale prassi è diventata abituale per i nuovi

progetti residenziali. Vicino a Cruzeiro Novo,

il progetto detto “Ottagonale” evidenzia l’idea

di comunità recintata, con barriere intorno ai

gruppi di edifici e un solo ingresso, per con-

trollare i flussi di pedoni e veicoli in entrata.

Il caso del Giardino botanicoIntorno all’area del Plano piloto sono com-

parse urbanizzazioni irregolari che occupano

aree pubbliche. Nel caso del Giardino botani-

co, tali urbanizzazioni hanno occupato due

tenute agricole. Le prime lottizzazioni sono

degli anni Ottanta, senza infrastrutture o

servizi urbani. Gli abitanti hanno costruito

strade, impianti sportivi e parchi gioco per

bambini. I lotti sono recintati da muri che

impediscono l’accesso dall’esterno.

Nell’area il paesaggio verde si è via via tra-

sformato in uno scenario di muraglie e opere

difensive. In questa regione il formarsi di

comunità recintate è stata irreversibile, con

più di 20 lottizzazioni. Nel 1999, il governo

ha riconosciuto ufficialmente l’area come

zona residenziale, che nel 2004 ha ottenu-

to ufficialmente la propria rappresentanza

amministrativa nel Distretto federale.

Il nuovo piano regolatore, allo studio, ha

fatto aumentare in modo significativo il

prezzo delle abitazioni. Costruttori e inve-

stitori hanno realizzato comunità recintate

con prezzi alti per il sito. La pubblicità cerca

di veicolare il concetto che il modo di vive-

re a Brasilia è cambiato grazie alle nuove

comunità recintate. Parole come “pace” e

“tranquillità” sono continuamente ripetute.

La “pace” è garantita da una pletora di dispo-

sitivi di sicurezza, controlli all’ingresso e

sorveglianza. 137U

L’aporia di BrasiliaIl contenuto programmatico del piano ispirato

al Movimento moderno prevedeva aperture

tra gli edifici per favorire i contatti sociali, l’in-

tegrazione, il tempo libero e le esperienze

comuni. Il Plano piloto configurava liberi gli

spazi pubblici, per essere fruiti da tutti, in un

nuovo ordine collettivo. Oggi invece il grande

discorso modernista della collettività viene cri-

ticato, mentre emergono nuove “utopie”, come

l’esperienza delle “comunità recintate”. Il valore

collettivo del modernismo ha ridotto la sfera

sociale a micro-scala (Santos, 1981), e questo

diventa un rischio se si vogliono costruire valo-

ri collettivi.

Brasilia’s design can be interpreted by two utopian orders. The first is related to the mythical character of the utopian condition which oscillates between the denial of a historical context of underdevelopment and the promise of an ideal situation (CHOAY, 2009). The second was based on the public ownership.If the initial utopian dimension of Brasilia was turned apart, today it is being built by a reversed image of it based on private property. As a contemporary urban phenomenon, the gated communities appeared early in Brazil in the late 1970s. In Brasilia, condominiums acquire particularities that deserve to be understood by following Brasilia`s narratives of configuration along its 52 years. The first relates to its construction until its inaugu-ration when the decision of occupying distant areas far from the Pilot Plan became recurrent in the urban consolidation of the capital. The second is charac-terized by the consolidation of the Pilot Plan and of the satellite towns that is defined by the process of disorderly and rapid urban growth that transformed an administrative capital into a metropolis with the same problems of any other Brazilian capitals. And finally, the third is set in the metropolitan formation that expands and occupies the intra-urban interstitial voids. The metropolis abandons gradually its diffused character, and the Pilot Plan transforms more and more into Brasilia’s historic center. The lack of housing for the middle class favored two aspects of urban enclaves in Brasilia. First one: the enclosure of planned modernist areas. Second one: the private occupation of the public land through irregular allotments transformed into gated communities.The residential area of Cruzeiro was designed by Costa team in 1959. It was configured by isolated apart-ments blocks and row of houses surrounded by public facilities. In the late 1960s, Cruzeiro Novo was built as an expansion of it, configured by four story apartment buildings on pilotis. From the 1980s, these buildings started to be enclosed by fences and the neighborhood urban equipments by opaque walls. In subsequent years, this practice became part of the conception of new housing projects. Octogonal embodied the con-cept of gated community, with hedges around clusters of buildings with a single entry to control the pedes-trian and vehicles flows.Jardim Botânico appropriated the area of two farms. The first allotments appeared in the 1980s without any infrastructure or urban facilities. The inhabitants built roads, sports facilities and parks for children, the condos were walled and closed to outside access. The formation of gated communities became an irrevers-ible fact with more than 20 condominiums only in this region. In 1999, the government officially recognized this region as a dwelling sector. In 2004, the Jardim Botânico’s region has its official administrative unit in the Federal District.The programmatic content of the Modern Movement signed the openness between buildings to provide social contact for integration, leisure and public expe-rience. The plot of Brasilia was configured from free public space for the individual within a new collective order. The great modernist narrative of collectivity is placed under critical regard and other “utopias” took place as the experiences of the gate communities. The city’s modernist collective scale is reduced to micro-scale social sphere (Santos, 1981) and, certainly, becoming a risk culture in order to construct collective values.

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ou cidade?”, in Paviani, A., Brasília 50 Anos da Capital a Metrópole, Ed. da Universidade de

Brasília, Brasília.

Foto di Isabel Gomes Paira

138U

The inverse image of an utopia: Brasilia’s gated communities

Elane PeixotoLuciana Saboia Ana Elisabete Medeiros

In Brasile i processi storici di urbanizzazione

hanno prodotto realtà contraddittorie sull’u-

so dei suoli. Le occupazioni illegali urbane

sono conseguenza dei conflitti innescati

dalla pianificazione e dalla gestione dei cen-

tri urbani, ma sono anche una risposta alla

domanda di case, a fronte di fattori economi-

ci, politici e sociali.

Secondo Maricato (2002), dato che il mer-

cato dei terreni fabbricabili non consente

l’accesso alle fasce popolari a basso reddi-

to, queste tendono a occupare illegalmente

aree non assimilate dal mercato formale. Le

unità abitative sorgono sulle rive dei fiumi,

sui fianchi delle colline, nelle aree compro-

messe dal punto di vista ambientale, o nelle

“aree protette”, senza infrastrutture, pro-

vocando gravi ripercussioni sulla società e

l’ambiente.

In Brasile sono stati individuati vari modelli

di insediamenti illegali. Dalle occupazioni di

singole famiglie si sono trasformati in azioni

organizzate di massa, non sempre legate alla

povertà. Le occupazioni illegali effettuate

dalla classe media è aumentato, come è evi-

dente a Brasilia, per ordine di grandezza la

quarta concentrazione urbana del Brasile

(IBGE, 2010).

Brasilia è sempre stata interessata da inizia-

tive di pianificazione urbana. Fin dalla sua

ideazione e costruzione, ci si è impegnati

a organizzare processi di occupazione che

evitassero contrasti e diseguaglianze socia-

li. Nonostante il Piano di sviluppo urbano,

la città deve affrontare gli stessi problemi

della maggior parte delle grandi aree metro-

politane: forte crescita della popolazione,

che attiva una espansione urbana incon-

trollabile, diseguaglianza socio-economica e

degrado ambientale.

La pressione urbana si è manifestata fin

dall’inizio, con la necessità di ospitare le per-

sone chiamate a costruire la città. La “città

ideale” che si sarebbe dovuta costruire non

prevedeva l’insediamento della popolazione

che cominciava ad affluire da varie regio-

ni del paese. Per questo furono costruite le

“Città Satellite”, per ospitare questa popola-

zione, scelta obbligata per chi arrivava nel

Distretto federale ma non poteva permet-

tersi di vivere nell’area del Plano piloto. La

caotica situazione urbana e ambientale del

Distretto federale è conseguenza di questo

continuo processo migratorio.

La pressione dell’espansione ha prodotto

l’occupazione urbana multicentrica del ter-

ritorio intorno a Brasilia, con occupazioni

legali e illegali. A causa della concentrazio-

ne di opportunità di lavoro entro l’area del

Plano piloto, si sono inoltre avute occupa-

zioni di terre e lottizzazioni irregolari, in

aree non residenziali entro e sui confini

della città. Occupazioni da parte di persone

di classe media e a basso reddito.

Esempio emblematico delle occupazioni

irregolari, effettuate da persone a basso red-

dito, è “Vila Estrutural”, un insediamento a

13 km dall’area del Plano piloto. Realizzata

negli anni Settanta dai raccoglitori di rifiu-

ti (“scavenger”), che frugavano nella Lixão

do Jockey Club1, la Vila è molto cresciuta,

accogliendo persone che confluivano nel

Distretto federale da altre regioni, alla ricer-

ca di una migliore qualità di vita. Oggi vi

risiedono circa 40.000 persone2, di cui gli sca-

venger rimasti sono circa il 5%.

Sul lato ovest di Vila Estrutural si sono veri-

ficate occupazioni irregolari, anche da parte

di persone della classe media. Gli appezza-

menti di terra, in origine donati dal governo

alle famiglie, perché producessero prodotti

agricoli, sono diventati invece aree da lot-

tizzare e commercializzare (illegalmente). E

negli ultimi trenta anni questi processi sono

molto aumentati.

Vila Estrutural è adiacente al Parco nazionale

di Brasilia, risorsa essenziale per l’ambiente

nell’area metropolitana. L’obiettivo princi-

pale del Parco è proteggere il Cerrado Biome

e i corsi d’acqua, che per altro riforniscono la

città.

La discarica “Aterro do Jockey Club”3 è

localizzata tra “Vila Estrutural” e il Parco

nazionale. L’insediamento è delimitato

anche dal torrente “Cabiceira do Valo” e dal

principale accesso stradale alle città satel-

lite occidentali: la via Estrutural, lungo il

Polidotto Petrobras4. La Vila è oggi oggetto

dell’importante “Progetto di sostenibilità

ambientale di Brasilia”5. Nel 2005, quando

si pianificava il progetto, Vila Estrutural era

la bidonville più grande del Distretto fede-

rale, la più critica per le condizioni sociali e

ambientali, con indici di criminalità più alti

di tutto il Distretto e nell’area non c’erano

strutture sociali.

Per la carenza di infrastrutture urbane, la

Vila scaricava una notevole quantità di

inquinanti direttamente nei corsi d’acqua

naturali. Gli abitanti avevano inoltre poche

opzioni per il trasporto locale, a parte l’auto-

strada. La discarica non aveva infrastrutture

di drenaggio; i reflui degli impianti igienico/

sanitari non erano raccolti né adeguatamen-

te trattati; e anche la distribuzione del gas

non era adeguatamente gestita (Banca mon-

diale, 2005).

Il Consiglio cittadino stabilì che la soluzione

migliore, per mitigare l’impatto ambientale

e migliorare la qualità di vita degli abitanti di

Vila, fosse potenziare le infrastrutture urba-

ne. L’ipotesi di trasferire l’insediamento non

fu accolta, per gli alti costi sociali ed econo-

mici e per la forte opposizione dei residenti

ai precedenti tentativi di delocalizzazione.

Gli interventi previsti per Vila Estrutural

erano basati su alcune strategie chiave:

ridurre le diseguaglianze regionali che inci-

dono sulla scarsità di risorse, risolvere i

problemi politici e istituzionali per la gestio-

ne dei rifiuti e affrontare l’ampia gamma di

problemi sociali. Gli interventi sono partiti

utilizzando metodi di partecipazione, per

formulare le proposte e valutare le opzioni

di miglioramento.

In tal modo si è stimolata una sorta di

governance locale. Il Governo del Distretto

federale, inoltre, ha dato vita ad una spe-

cifica amministrazione regionale per Vila

Insediamenti illegali: Vila estrutural

139U

Cristiane GuinancioViridiana Gabriel Gomes

Estrutural. Nell’area si è così formata una

forte organizzazione comunitaria.

Per migliorare i servizi sociali sono stati

realizzati ristoranti comunitari, una stazio-

ne polizia, un centro di assistenza medica e

le scuole. Un programma integrato di assi-

stenza sociale è stato messo a punto con la

realizzazione di spazi comunitari sicuri e

opportunità di lavoro, e quindi di reddi-

to, insieme a programmi di sviluppo per il

tempo libero dei giovani.

Nonostante ciò l'efficacia di questa politica

è stata criticata, sebbene si fosse data prio-

rità all’assunzione degli abitanti della zona

per i lavori edili e le opere infrastrutturali. Il

Governo ha promosso anche un programma

di assistenza finanziaria, ma la popolazio-

ne locale non ha sfruttato le opportunità di

lavoro nell’edilizia e anche la partecipazione

ai programmi educativi per produrre reddito

non è stata significativa.

Nel 2006 è stato approvato un piano per

migliorare la “Zona residenziale di interesse

sociale” di Vila Estrutural, che offre il quadro

legale per modificare le destinazioni d’uso

dei suoli e il regolamento edilizio. Si è inol-

tre ottenuto di poter acquisire i terreni, ma

l’aumento di valore dei terreni ha provocato

pressioni di mercato nell’area.

Il re-insediamento di residenti a Vila, per

proteggere le aree sensibili dal punto di vista

ambientale e offrire abitazioni, ha interessa-

to 400 famiglie. Altre famiglie però restano

in siti impropri e non saranno re-insediate

finché non saranno costruite le loro case.

L’obiettivo è di fornire 1360 abitazioni. Ma

intanto continuano le occupazioni irrego-

lari. La rimozione della discarica “Aterro

Sanitário do Jockey Club” era un obiettivo

chiave del progetto, che però non è stato

raggiunto. La gara di appalto per la gestio-

ne della nuova discarica è tre volte andata

deserta. Il governo ha deciso quindi di rea-

lizzare una discarica pubblica, per la quale si

sta preparando la gara di appalto.

La fornitura di servizi ambientali urbani ha

migliorato sensibilmente le condizioni di

vita di Vila Estrutural, ma a scala metropo-

litana ci sono ancora problemi da risolvere:

i limiti incerti dei confini sono un pericolo

costante per l’espansione urbana come il

degrado ambientale. La domanda di lavoro

diventa sempre più pressante, nella Vila e

nella regione, ed è urgente ridurre la pres-

sione sull’area del Plano piloto, come del

resto richiede la salvaguardia dei beni che

sono parte del Patrimonio dell’umanità

Unesco6. Considerando le condizioni locali,

l’accesso al distretto e alle aree vicine resta

limitata. E nonostante un nuovo proget-

to di sviluppo, nell’area si rilevano ancora

standard di vita bassi, con tipi edilizi inade-

guati e servizi pubblici insufficienti, anche

per il perpetuarsi delle occupazione illegali.

Le occupazioni informali riducono le aree

verdi e l’offerta di spazi pubblici, che in ogni

caso non sono sufficienti a modificare l’ari-

do scenario dell’occupazione.

L’ambiente edificato mostra un rapporto

fragile tra spazi pubblici e privati. I piani

studiati per reinserire i nuclei familiari pro-

vocano processi autonomi di edificazione,

che spesso invadono le aree verdi pubbliche,

impoverendo la qualità degli spazi aperti.

Esaminando le alternative di miglioramen-

to, si evidenziano alcuni aspetti: per gli

spazi pubblici, è possibile individuare come

opportunità le residue aree aperte nella con-

centrazione urbana, che possono formare

lungo la Vila un asse di spazi comunitari.

Altri interventi dovrebbero invece rinfor-

zare le opportunità di mobilità sociale. C’è

comunque l’esigenza di valutare gli stru-

menti per il possesso del suolo e le politiche

abitative adottate. L’addensamento richiede

infatti una gestione efficace dell’aggregato

urbano per salvaguardare le opportunità per

i residenti a basso reddito. Il senso di appar-

tenenza, infine, deve essere considerato

un tema importante, per poter ridefinire le

interazioni tra ambiente urbano e ambiente

naturale, tra la proprietà pubblica e quella

privata.

Vila Estrutural è un esempio interessante

di intervento di miglioramento delle occu-

pazioni illegali. Il miglioramento delle

condizioni di vita e l’accesso ai diritti di pro-

prietà hanno promosso la mobilità sociale

che, seppure nella logica dell’economia capi-

talista, rimane una sfida.

1. All’inizio gli scavenger occuparono le terre ai con-

fini della discarica “Lixão do Jockey Club”, la maggiore

della città. Più tardi fu realizzata vicino la discarica

“Aterro Sanitário do Jockey Club”.

2. Nel 2004 Vila Estrutural aveva 25.000 abitanti, di

cui 700 praticavano ancora il “mestiere” della raccolta

rifiuti. Nel 2005 la popolazione stimata era di 35.000

abitanti (Amministrazione regionale del settore com-

plementare dell’industria e del commercio, 2011).

3. Nel 2005, il Distretto federale raccoglieva da

3.000 a 3.500 tonnellate di rifiuti solidi al giorno, di cui

il 50% ca. finiva nella discarica “Aterro Sanitário do

Jockey Club”, sito ufficiale di conferimento rifiuti negli

ultimi 35 anni (Banca Mondiale, 2005).

4. Petrobras è la società petrolifera brasiliana.

5. Il “Progetto di sostenibilità ambientale di Brasilia”

è un grande progetto di sviluppo regionale, di cui la

componente principale è un progetto di risanamento,

studiato per risolvere i problemi relativi all’uso soste-

nibile delle risorse naturali: inquinamento delle acque,

gestione regionale dei rifiuti solidi e problemi sociali

(Banca mondiale, 2005).

6. La concentrazione di opportunità di lavoro

nell’area del Plano piloto è un pericolo, se si vuole

mantenere la qualifica di “Patrimonio dell’umanità”.

È quindi urgente perseguire uno sviluppo urbano

equilibrato, promuovendo il consolidamento di altre

centralità urbane, in modo che si abbiano opportunità

di lavoro in varie parti del Distretto federale.140

U

In Brazil, historical urbanization processes have promoted contradictory realities concerning land use. Urban illegal occupations are the conse-quences of conflicts involving urban planning and management. They are also a response to housing demands, in face of economic, politic and social factors.According to Maricato (2002), as land market does not allow open access to low-income popu-lation, they tend to illegally occupy areas not assimilated by the formal market. Housing units are built in river banks, hillsides and environ-mentally damaged or protected areas, with no urban infrastructure, promoting severe social and environmental consequences.Different illegal settlement patterns have been observed in Brazil. From individual family occu-pations, they became massive and organized actions, not necessarily linked to poverty. The number of middle-class illegal occupations has increased, as observed in Brasília, the 4th larg-est urban concentration in Brazil (IBGE, 2010).Despite urban planning initiatives implemented since its conception and construction, Brasilia faces problems that can be identified in most of the largest metropolitan areas of the country: high population growth promoting uncontrolled urban expansion, socioeconomic inequality and environmental degradation. Middle-class and low-income irregular occupations are observed.Concerning low-income irregular occupations, “Vila Estrutural” is an emblematic example. The settlement is located 13Km far from the Pilot Plan It was created in the 70’s by scavengers working the “Jockey Dumpsite”. Today, nearly 40.000 people live there with estimated 5% of remaining scavengers. “Vila Estrutural” is adjacent to Brasilia National Park, an important environmental conservation unit within the metropolitan area of Brasilia. The main objective of this conservation unit is to protect the Cerrado Biome and water bod-ies that supply the whole city. The “Jockey Sanitary Landfill” is between “Vila Estrutural” and the National Park. The settlement is also delimited by the “Cabeceira do Valo” Stream and

the main road access to western satellite cit-ies – Estrutural Road, along with the Petrobras Poliduct.The Vila is object of a major intervention project – “Brasília Environmentally Sustainable Project”. By 2005, when the project was being planned, Vila Estrutural was the largest slum of the Federal District. From a social and environmen-tal standpoint, it was the most critical one. Due to the lack of urban infrastructure, the Vila was responsible by the major pollution load draining into natural water courses (World Bank, 2005).The urban and environmental council have evaluated that the alternative to mitigate the Vila’s environmental impact was to upgrade its urban infrastructure and improve the quality of life of the inhabitants. The project interventions comprised key strategies: to address the need to reduce regional inequalities that impact on scarce natural resources and to address policy and institutional issues of waste management and a wide range of social issues.Interventions were delivered. Results are sig-nificant. A highly participatory methodology was adopted to propose and assess upgrading options. As a result, a strong community organi-zation is reported in the area. Social services were improved and an integrated social assis-tance program was implemented creating community safe spaces and promoted income generation opportunities. The effectiveness of this policy has been criticized.In 2006, the area upgrading plan for the “Residence Zone of Social Interest” of Vila Estrutural was approved. Access to property ownership has been achieved. Nevertheless, the increase of property value resulted in market pressure in the area.The provision of urban environmental services improved living conditions. Irregular occupation processes continue. Poor living standards with inadequate building typologies and insufficient public services are still observed. Housing plots provided for resettled families are object to self-construction processes that often invade public areas, decreasing the quality of the open space.Vila Estrutural is a remarkable reference of upgrading interventions in illegal occupations in Brazil. The improvement of living conditions and access to property rights promoted social mobil-ity. Nevertheless, in face of remaining regional inequalities and the logic of capitalist economy, the preservation of achieved social mobility remains a challenge.

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project-p089440-implementation-status-results-

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ɽɽ

Localizzazione di Vila Estrutural

ɽ

Tipi edilizi esistenti, e infrastrutture pubbliche insufficienti.

Existing building typo-logies with insufficient public infrastructure.

141U

Illegal settlements: Villa Estruttural

Cristiane GuinancioViridiana Gabriel Gomes

Quando nel 1898 lo stenografo inglese Ebenezer

Howard ampliò la sua proposta di città-giar-

dino aggiungendovi nuovi centri urbani – le

città satelliti – non poteva immaginare che la

sua idea si sarebbe trasferita a Brasilia, dopo il

1960. Nate per controllare e salvaguardare il

Plano piloto, le città satelliti sono diventate una

alternativa, per ospitare i flussi immigratori

provenienti da tutto il paese. Città prive dello

splendore urbanistico e della fama della città

centrale, ma progettate per fini specifici, con

vari gradi di controllo urbanistico, che oggi for-

mano la regione metropolitana di Brasilia, con

oltre 2.500.000 abitanti.

Qui, l’attenzione sarà rivolta al vettore di cresci-

ta sud-ovest del Distretto federale, che segue la

linea della metropolitana, che parte dall’area del

Plano piloto (1960), attraversa Guará I (1967) e

Guará II (1969), Águas Claras (1991), Taguatinga

(1958), per poi biforcarsi verso Samambaia

(1985) e Ceilândia (1971). Un’area urbana avvia-

ta tra i due poli inaugurali – Taguatinga e il

Plano Piloto – che si è riempita di altri insedia-

menti, dando vita alla più grande conurbazione

metropolitana per numero di abitanti e seconda

solo al Plano piloto per le attività economiche.

Territorio e sviluppoFin dal Plano piloto, l’espansione di Brasilia si è

giocata sulla interazione di vincoli fisici e nor-

mativi. La capitale è al centro di una “cupola”,

con un culmine centrale, circondato poi da un

anello interno e uno esterno, formando cerchio

a circa 20 km di distanza dal centro.

Le prime politiche di conservazione si basavano

su questo cerchio, come bordo di un tampone

verde, tra la città e gli inevitabili insediamenti

satellite, che si sarebbero costruiti a dispetto

della “autosufficienza” del Plano piloto. L’idea

era proteggere il progetto della capitale e le risor-

se idriche necessarie, con una circonvallazione

che evidenziava il limite della “zona tampone”.

Il primo regolamento sull’espansione urbana,

sotto forma di città satellite, fu il “San Tiago

Dantas Act” (poi L. 13, aprile 1960, ovvero a

pochi giorni dalla inaugurazione di Brasilia).

Ma la prima città satellite era già stata

realizzata due anni prima, lungo l’anello sudoc-

cidentale: Taguatinga. Il sito scelto aveva due

caratteristiche favorevoli. La prima è che il quar-

tiere a sud-ovest del Distretto federale forniva

un terreno più pianeggiante e quindi facile da

edificare. La seconda è che l’area era attraversata

dalla autostrada per Goiânia, la più vicina gran-

de città, che offriva il principale supporto per la

costruzione di Brasilia, con l’apporto di operai e

materiali.

La scelta del sito ha rafforzato decisivamente

la crescita del settore sud-occidentale, dove si

è cominciato a realizzare tutte le opere infra-

strutturali. Nella fase successiva, soprattutto si

è riempita la “zona tampone” tra il Plano piloto

e Taguatinga. La realizzazione della linea metro-

politana ha infine confermato l’area come la

parte più significativa della metropoli che per

numero di abitanti supera oggi il Plano piloto

ed è al secondo posto per le attività economi-

che. La linea metropolitana sarà il nostro filo di

Arianna.

Il percorsoPartendo dalla stazione centrale, sotto l’incro-

cio dell’autostrada e degli assi monumentali, la

metropolitana corre sotto sedici file di super-

quadras, e risale in superficie vicino al confine

tra l’area del Plano piloto e Guarà, dove diventa

un asse visibile, che divide la metropoli, per poi

interrarsi di nuovo verso Taguatinga. E dalla

metropolitana si percepisce chiaramente che il

tentativo originale di creara una metropoli for-

mata da città ben distinte abbia lasciato il posto

a una superficie urbana continua.

Guará I e IIProgettate per gli operai dell’industria e i dipen-

denti pubblici, i due insediamenti riprendono,

riformulandoli, alcuni dei tipi residenziali adot-

tati dal Plano piloto. Il piano generale era stato

progettato da Lucio Costa, mentre la quello par-

ticolareggiato è attribuito a Renato Sá Júnior e

Ney Gabriel de Souza. Guará introduce il model-

lo degli addensamenti commerciali a grappolo,

ben diversi dalle strade commerciali che carat-

terizzano l’area del Plano piloto e di Taguatinga.

I “grappoli” replicano le case a cul-de-sac del

Plano piloto e di Taguatinga, ma mentre questi

sono caratterizzati dalla chiarezza delle proprie

reti stradali, la circolazione di Guarà è invece

Città satelliti e Brasilia metropolitana

142U

Pedro Paulo PalazzoRicardo Trevisan

labirintica. Il modello isola le unità abitative

e, anche se affiancato da edifici più alti, il viale

centrale di Guarà ha densità e accessibilità assai

inferiori rispetto agli addensamenti di case a

schiera della periferia.

I difetti di questo schema hanno per altro por-

tato alla crescita di una striscia commerciale

lungo l’autostrada, a nord della città, a servizio

dei pendolari metropolitani. Recentemente

intorno a Guarà sono sorti anche edifici di circa

venti piani. E questo tipo di sviluppo evidenzia

la mancanza di chiarezza della pianificazione

regionale che non riesce a tenere il passo con il

dinamismo del mercato immobiliare.

Águas ClarasÁguas Claras è l’insediamento più recente in

quest’area, lungo la linea della metropolitana,

a circa 18 km. dal centro. Il progetto di Paulo

Zimbres (1991) ha cercato di riproporre un

tipo di urbanistico tradizionale, con destinazio-

ni miste e una vita animata nelle strade, e con

maggiori densità (in origine fino a dodici piani).

Si trova alla confluenza tra i rami settentriona-

le e meridionale della metropolitana, ma non

ha raggiunto ancora questo ideale di centralità

urbana.

Oggi Águas Claras è molto diversa dall’ideale

concepito all'avvio del progetto. Con più di

135.000 abitanti (con previsione finale di

300.000) la città è un miscuglio di torri resi-

denziali con più di venti piani, circondate

da marciapiedi praticamente inutilizzabili e

strade congestionate. I lotti, grandi e poco pro-

fondi (17x30m), e i larghi spazi vuoti intorno

alle stazioni della metropolitana, contrastano

l’efficienza del tessuto urbano, favorendo lo svi-

luppo di complessi autonomi, affacciati sulle

strade con lunghi muraglioni a garage senza

aperture.

I pregiudizi degli immobiliaristi locali contro

l’uso misto dei suoli ha ostacolato a lungo un

assetto economicamente più efficiente e solo

di recente sono sorti nuovi isolati con i piani

terra destinati a negozi, anche se non sempre a

carattere urbano. Il fatto che i residenti facciano

parte quasi solo della stessa fascia di reddito, la

classe media, è un altro fattore che ostacola la

differenziazione delle strutture a uso pubblico.

Concepita come alternativa alla segregazione

socio-spaziale dell’urbanistica modernista delle

prime città satellite, di fatto Águas Claras ha

solo aggravato il problema.

Taguatinga, Samambaia e CeilândiaTaguatinga è il primo esempio del cosiddetto

“progetto urbano” modernista e periferico: un

modello di città progettata da professionisti, non

locali e non supportati dal modernismo erudito

e dispendioso del Plano piloto di Lucio Costa.

Il progetto di Lúcio Pontual Machado e Milton

Pernambuco – della società Novacap, per lo svi-

luppo del settore pubblico – è del 1958. Il sito è a

22 km. dal centro del Plano piloto. Gli isolati di

Taguatinga, simili a una griglia classica, allunga-

ta linearmente, formano una strana mescolanza

di lotti convenzionali, disposti fianco a fianco

con facciate uniformi su strada, vicoli posteriori

e parcheggi, che formano il secondo fronte degli

isolati, abbassando la densità complessiva.

Per la sua età, densità e posizione, Taguatinga

ha superato di molto lo status di “satellite” ed è

la città metropolitana più sviluppata economi-

camente; con 212.000 abitanti è definita centro

regionale nell’attuale masterplan del Distretto

federale. La città è dotata di una notevole diver-

sificazione, per reddito e attività, superiore a

quelle delle altre città satellite.

Taguatinga deve comunque essere vista in

relazione con le due città vicine: Ceilândia e

Samambaia. La prima, ubicata sul ramo nord

della metropolitana, è stata fondata nel 1971

ed è la città più popolosa del Distretto fede-

rale (402.000 ab.), ed è anche una delle più

143U

lontane dall’area del Plano piloto: il capolinea

della metropolitana è 42 km dalla stazione cen-

trale. Progettata durante la dittatura militare, ha

una popolazione a basso reddito e ha sempre

ottenuto scarsi investimenti pubblici.

Samambaia, progettata nel 1985 nell’ambito di

un progetto di ricollocazione residenziale, come

Ceilândia, funzionava all’inizio da polmone

agricolo di Taguatinga. Essendo compressa tra

una autostrada e un corridoio ecologico, si è

sviluppata con alte densità, con gruppi di edifici

alti, lungo la linea metropolitana meridionale,

la linea arancione.

ConclusioniA un secolo dall’impianto teorico di Ebenezer

Howard, Brasilia è ben lontana dagli ideali del

pensatore inglese. Le sue città satellite non sono

separate da ampi spazi utilmente destinata a

parco e neppure si saldano a formare un tessuto

continuo. Come punto di snodo metropolitano,

Taguatinga assomma in sé le carenze proprie

di questa pianificazione: per quanto prossima

ai centri vicini di Águas Claras, Samambaia

e Ceilândia, a separarli ci sono le zone indu-

striali, scarsamente urbanizzate e corridoi

ecologici, molto trascurati. La mancanza di una

pianificazione regionale integrata e l’impegno

di funzionari e professionisti concentrato quasi

solo sull’area del Plano piloto, perpetuano lo

squilibrio e la dipendenza delle città satellite

dalla città centrale. Anche i satelliti, tuttavia,

hanno oggi caratteristiche proprie, non meno

importanti del progetto iconico del Plano piloto.

As part of the control and preservation of Lucio Costa’s Pilot Plan, intended for 500,000 inhabit-ants, satellite towns came up as alternatives to house migrants coming from the farthest reach-es of the country. Towns lacking the urbanistic brilliance and the fame of the central city; new towns designed for specific purposes; towns with varying degrees of planning control; tows that give shape to this day to the metropolitan region of Brasilia, housing over 2,500,000 inhabitants.Particularly, attention will be drawn to the southwest growth vector of the Federal District, indicated by the subway line. This line leaves the Pilot Plan (1960), passing through Guará I (1967) and Guará II (1969), Águas Claras (1991), Taguatinga (1958), then forking towards Samambaia (1985) and Ceilândia (1971). This urban area started with the two inaugural poles of Taguatinga and the Pilot Plan, and was filled in recent years with other settlements, generat-ing a peculiar conurbation concentrating much of the metropolitan population.Guará I and II: designed to house industry work-ers and public servants, both settlements reuse and reshape some of the residential types adopt-ed in the Pilot Plan. Guará introduces in the metropolis the paradigm of commercial clusters, departing from the linear commercial streets that so far characterized the Pilot Plan and Taguatinga, surrounded by a replication of the Pilot Plan’s cul-de-sac housing.Whereas the Pilot Plan is characterized by the clarity of its highway system, and Taguatinga by an equally clear linear layout mediated by a compromised gridiron network, the design of Guará I and II is labyrinthic. This pattern seg-regates housing pods among one another and compromises the metropolitan accessibility of commercial areas. This pattern in turn has led to the establishment of a commercial strip along the

EPTG highway just north of the town, catering to metropolitan commuters.Águas Claras: the most recent planned settlement on this axis, it was conceived around the sub-way line. In the spirit of the 1980s, its design made an attempt to reclaim traditional urban-ism with mixed-use development and continuous street life, as well as higher density. However, its large and shallow lots (17x30m) and the wide expanses of empty space around the subway sta-tions impaired the efficiency of the urban fabric, fostering the development of self-contained con-dominiums meeting the street with long, blank garage walls.Local prejudice in the real estate sector against mixed-use has only recently given way to eco-nomic efficiency as more new developments incorporate commercial ground floors, albeit not always in an urbane layout.Taguatinga: The first satellite town to be designed as such in the Federal District, it was built just outside the rim of the geological basin contain-ing the Pilot Plan, thus bringing about the theory that the latter was to be “protected” all around by vast stretches of open land. For topographical and territorial reasons – a relatively flat piece of land on the road to Goiânia, the closest major city – the chosen site was to the southwest of the capital.This setting, and the metropolitan growth vector that ensued, helped configure the densest part of the metropolis. Taguatinga is also the first example of what came to be called “peripheral modernist” urban design: a paradigm of towns designed by professionals, thus not vernacular, but not endowed with the erudite, and expensive, modernism of Lucio Costa’s Pilot Plan either.Laid out on top of a classic gridiron stretched lin-early, Taguatinga’s city blocks are thus detailed in an uncanny meld of conventional, side-to-side lots giving a continuous street face, and back alleys and parking clusters giving a second front to these same lots while lowering overall density.

Bibliografia — Brito, Jusselma Duarte de, De Plano Piloto a

Metrópole: a Mancha Urbana De Brasília, Brasília,

Sinduscon, 2010.

— Costa, Graciete Guerra, da, “As Regiões

Administrativas Do Distrito Federal De 1960

a 2011”, Doctoral dissertation. Programa de

Pós-Graduação em Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília, 2011.

— Kohlsdorf, Maria Elaine, Kohlsdorf, Gunter,

Holanda, Frederico de, Brasilia. Contemporary Urbanism in Brasil: Beyond, del Rio, Vicente

e Siembieda Gainesville, William, (eds.),

University Press of Florida, 2009.144

U

Satellite Cities and the Metropolitan Brasilia

Pedro Paulo PalazzoRicardo Trevisan

Brasilia è la sintesi di una visione estetica del

mondo e dell’architettura di un solo uomo,

Lucio Costa (Gorovitz 2011), “maquis” per defi-

nizione1. Figlio di un ingegnere militare di alto

grado, Costa nasce a Parigi, ha lavorato per nove

mesi a New York e in Portogallo ha fatto tutte le

ricerche possibili per scoprire le radici della cul-

tura brasiliana.

A Brasilia Costa ha integrato la monumentalità

di Parigi e di Washington, con la visione della

mobilità privata, motorizzata, di New York

a fine anni Trenta. Brasilia rispecchia chiara-

mente questa “visione della città dalla mobilità

infinita, grazie allo sviluppo della tecnologia dei

trasporti, soprattutto, delle auto private” (Hall,

2002, p. 10), che si esprime nelle lunghe e ampie

superstrade, come l’asse residenziale, che attraver-

sa l’area del Plano piloto2 da sud a nord.

Sebbene questa visione della mobilità libera

abbia funzionato per alcuni decenni per le clas-

si più agiate, la più recente popolarizzazione

dell’automobile e la conseguente valanga di

auto che invade le strade di Brasilia hanno tra-

sformato il sogno in un incubo quotidiano di

infinita congestione del traffico.

In questo breve contributo si riesamina la visio-

ne della mobilità, nel masterplan di Costa per

Brasilia, confrontandola con l’attuale precaria

situazione del sistema dei trasporti della regione

metropolitana, proponendo alcune possibilità

per il futuro della pianificazione dei trasporti in

questa città.

Dalla visione di Lucio Costa sulla mobi-lità urbana alla realtàGli anni della presidenza di Kubitschek

(1956-1960) sono stati contrassegnati da

un modello economico basato sul capitale

internazionale e l’insediamento di industrie

multinazionali. I grandi investimenti

nell’industria automobilistica tendevano a

“modernizzare” il paese. L’automobile non

era solo una innovazione tecnologica ma

anche un simbolo della modernità che il

governo auspicava per il paese. La nuova

capitale doveva quindi rispecchiare il “nuovo

Brasile”: moderno, integrato nell’economia

globale e tecnologicamente avanzato.

Il piano di Costa rispondeva a questa

esigenza, considerando l’automobile com-

ponente essenziale della struttura cittadina,

e perciò proponendo sistemazioni spaziali

significative a questo scopo: strade veloci

senza incroci; separazione tra traffico vei-

colare e pedonale; abbondanza di spazi di

parcheggio.

Privilegiando l’automobile alla scala più

grande, Costa definiva le superquadras come

dominio pedonale (riservato), unendo l’at-

mosfera del parco al commercio locale e ai

servizi di base, realizzando unità residenziali

semi-autonome (Gorovitz, 2005). Brasilia è

stata dunque progettata in pieno accordo con

il desiderio di Kubitschek di costruire una

città per l’automobile (Ficher, 2000).

Questo tipo di mobilità era stato progetta-

to per una Brasilia di 600.000 abitanti3; e

solo quando la città avesse raggiunto questo

numero si sarebbero costruite le città satelliti,

per far fronte alla crescita della popolazio-

ne. Ma una immensa quantità di immigrati

a basso reddito, attirati dalle opportunità di

lavoro, si stabilirono ai margini di Brasilia, in

bidonville in continua crescita e prive delle

infrastrutture di base. Ciò spinse il gover-

no ad anticipare la proposta di espansione

urbana di Costa e nel 1958 – prima ancora di

completare Brasilia – fu inaugurata la prima

città satellite, Taguatinga.

ɻ

Crescita demografica a Brasilia 1950-2005 (Grafici elaborati dagli autori sulla base dei dati ministeriali)

Population growth in Brasília 1950-2005 (Graphics developed by the authors using go-vernmental data)

Mobilità e trasporto pubblico a Brasilia

145U

José Manoel Morales Sánchez Carolina Pescatori

Realizzando la città e tenendo conto che

l’automobile non era ancora accessibile alla

maggioranza della popolazione, il governo

locale mise in atto alternative di traspor-

to, con due strategie: la fondazione di una

società di trasporto pubblico con autobus,

la Sociedade de Transportes Coletivos de

Brasília (Tbc, maggio 1961); offrendo gra-

tis il trasporto ai dipendenti pubblici. Tbc,

oggi, è stata assorbita da aziende private,

mentre il trasporto dei dipendenti è stato

ridotto sensibilmente, restando a dispo-

sizione di pochi enti e in particolare delle

Forze armate.

Il reddito elevato dei dipendenti pubblici,

nella burocrazia di alto livello, ha continua-

to ad attrarre immigrati per molto tempo,

dopo l'inizio della costruzione della città.

Ma è stato il boom delle nascite negli anni

Novanta, stimolato da una politica popu-

lista e inefficace di donazione di lotti con

poche o nulle infrastrutture, che ha portato

alla metropoli altamente popolata, quale

è oggi Brasilia: quasi 2,5 m.ni di abitanti,

distribuiti in 30 città satelliti nel Distretto

federale (oggi “Amministrazione regiona-

le”) e in altre 22 municipalità gravitanti

sulla capitale.

Il paesaggio di quasi tutte le città satelli-

te è dominato dalle case unifamiliari, il

che aumenta l’occupazione del suolo e la

distanza tra le diverse parti della città. L’area

del Plano piloto concentra la maggior parte

delle opportunità di lavoro ma vi risiede

solo il 12% della popolazione (Gdf, 2004),

il che comporta una configurazione del

territorio che produce vincoli significativi

alla mobilità, anche perché le superstrade

che collegano al centro le città satelliti sono

spesso congestionate dai pesanti movimen-

ti pendolari di innumerevoli veicoli privati.

Tentando di risolvere il sempre imminente

collasso del trasporto pubblico, nel 1990 il

governo locale ha cominciato a studiare un

sistema di linee sotterranee, sulla falsariga

tecnologica del sistema ad alta densità di

São Paulo, dove però il problema è meno

grave. La metropolitana di Brasilia consta di

due linee che collegano l’area sud-occiden-

tale a quella del Plano piloto, funzionando

più come un sistema di treni suburbani che

come una vera metropolitana.

Il sistema adottato, tuttavia, ha pochissime

stazioni nelle città satellite, ed è stato pro-

gettato per essere integrato con il trasporto

su strada, tramite bus. Le tariffe dei due

sistemi però non sono ancora integrate e

di conseguenza i costi sono alti, rendendo

meno economico il servizio di metropoli-

tane. La metropolitana, d’altra parte, non è

stata pensata solo per alleviare il problema

del trasporto pubblico.

Considerando le numerose interpellanze giu-

diziarie su un progetto poco chiaro in fase di

realizzazione, la metropolitana sembra segui-

re uno schema di grande complessità tecnica

e di notevole impegno finanziario, per un pro-

getto fin dall’inizio caratterizzato da scarsa

coerenza, come succede anche in altre città,

frutto di endemica corruzione e illegalità.

Oggi, il sistema dei trasporti di Brasilia usa

principalmente gli autobus, che coprono il

94% delle utenze pubbliche, mentre la metro-

politana trasporta appena il 6% (Gdf, 2010).

Tale sistema è considerato poco efficiente: per

quanto esteso e con una buona copertura, ha

troppe direzioni, pochi passeggeri/chilome-

tro, tempi lunghi di percorrenza e tariffe tra

le più care del Brasile (Gdf, 2010). L’analisi

storica dei tassi di motorizzazione privata di

Brasilia rivela nell’ultimo decennio un dram-

matico incremento dei veicoli in circolazione,

che aggrava i danni collaterali causati dal’ec-

cessivo numero di auto.

In questo scenario, il governo locale ha

approvato recentemente il Piano, estrema-

mente necessario, dei Trasporti Urbani e della

Mobilità di Brasilia e dei Comuni Limitrofi

(Pdtu). Nonostante la diagnosi approfondita

e ben strutturata, ci sono tuttavia discor-

danze significative tra l’analisi e le proposte.

Mentre il piano riconosce l’importanza del

trasporto non motorizzato, non esistono

ɽ

Congestione del traffi-co sulla autostrada per Taguatinga (Fonte: Uirá Lourenço, 2011).

Severe traffic congestion in the Taguatinga Parkway (Source: Uirá Lourenço, 2011).

146U

proposte concrete per realizzarlo. Inoltre,

anche se il piano riconosce che il modello

di mobilità regionale non può continuare a

basarsi sulle auto private e propone in real-

tà forti investimenti nel trasporto pubblico,

il Pdtu, paradossalmente, prevede anche

l’ampliamento della capacità stradale e non

impone limitazioni al traffico automobili-

stico, il che ovviamente è senza efficacia nel

lungo periodo.

ConclusioniOggi Brasilia e la sua area di influenza hanno

bisogno di una pianificazione territoriale

dei trasporti che attenui l’esclusione socia-

le, aggravata dalle lunghe distanze tra le

residenze e i luoghi lavoro/servizi e dalla

precarie condizioni del sistema dei trasporti.

I dati sulla localizzazione dei posti di lavoro

registrano che solo il 30% ca. dei residenti

vivono e lavorano nelle città satelliti (Gdf,

2011). E il Plano piloto ha mantenuto sto-

ricamente l'eccessiva centralità regionale:

il 40% degli spostamenti provenienti dal

Distretto federale e il 28% di quelli della

regione metropolitana hanno infatti come

destinazione finale, nelle ore di punta, l’area

del Plano piloto (Gdf, 2010).

Questa concentrazione si ripercuote pesan-

temente sul paesaggio urbano e sulla

qualità della mobilità nella città centrale,

anche perché il sovradimensionato sistema

stradale del Plano piloto non è riuscito a

fronteggiare le esigenze del traffico automo-

bilistico, con il conseguente aggravio della

congestione e dei problemi di parcheggio.

La stessa concentrazione impone inoltre

lunghi e faticosi spostamenti pendolari gior-

nalieri a molta parte dei residenti a Brasilia.

Problemi che il governo locale insiste a

“risolvere” con il dannoso allargamento

delle strade e degli spazi a parcheggio, entro e

fuori di Brasilia, “Patrimonio dell’Umanità”.

Il governo locale dovrebbe invece tentare di

decentralizzare le attività economiche pres-

so le città satelliti, e varando, nello stesso

tempo, politiche rigorose, per ridurre sposta-

menti delle auto private, investendo invece

nei trasporti pubblici, limitando il traffico

automobilistico (Cervero, 1998).

La vita degli abitanti nell’area del Plano

piloto, basata sul trasporto privato e sulle

passeggiate nei parchi delle superquadras,

è davvero un privilegio riservato a una

minoranza della popolazione. Un obietti-

vo coraggioso del governo di Brasilia sarà

realizzare un sistema di trasporto che, pur

integrando la regione, impedisca anche il

destino, apparentemente inesorabile, di

trasformare l’utopia di Costa in un borgo

moderno circondato da una conurbazione

sfrenata.

1. Movimento clandestino francese, la resistenza

all’occupazione nazista nella seconda guerra mondiale.

2. Plano piloto è il nome che la popolazione locale

dà all’area progettata da Lucio Costa.

3. Numero massimo degli abitanti del Plano piloto,

proposto da Sir William Holford, membro della giuria

del concorso per il masterplan di Brasilia (Braga, 2010).

Bibliografia — Braga, M. (2010), O concurso de Brasília: sete projetos

para uma capital, Brasília, Cosac & Naify.

— Cervero, R. (1998), The transit metropolis: a global inquiry, Oakland: Island Press.

— Costa, L. (1960). “Relatório do Plano Piloto de

Brasília”. Módulo, 18, pp. 1-20.

— Ficher, S. (2000), “Brasílias”, Projeto Design, 242,

pp. 48-59.

— Gdf, (2004), Pesquisa Distrital por Amostra de Domicílios, Brasília, Codeplan.

— Gdf, (2011), Pesquisa Distrital por Amostra de Domicílios, Brasília, Codeplan.

— Gdf, (2010), Relatório Final do Plano Diretor de Transporte Urbano e Mobilidade do Distrito Federal e Entorno, Secretaria de Estado de Transportes,

Brasilia.

— Gorovitz, M. (2011), Lecture for the Workshop Brasilia 50+50, Brasilia, Settembre 2011.

— Gorovitz, M. (2005), “Unidade de Vizinhança:

Brasilia’s Neighborhoodunit”, in Farés El-Dahdah.

(Org.), Lucio Costa Brasilia’s superquadra, 1ª ed.

Prestel, Monaco, v. 01, pp. 41-47.

— Hall, P. (2002). Cities of Tomorrow: an intellectual history of urban planning and design in the twentieth century (3ª ed.), Oxford: Blackwell Publishing.

ɻ

La rete della metropolitana Brasilia. (Fonte: MetroDF, 2011).

Brasilia’s subway system (Source: Adapted from MetroDF, 2011).

147U

Brasilia’s master plan, developed by architect Lucio Costa strongly reflects a “vision of the city of infinite mobility through advances in transportation technology, above all the private automobile” (HALL, 2002, p. 10), expressed in its long and wide freeways, crossing the Plano Piloto from south to north, east to west.Although this vision of free mobility has worked for a few decades to the upper classes, the recent popularization of the automobile and the conse-quential car avalanche that assaulted Brasilia’s streets have transformed this dream into a daily nightmare of infinite traffic congestion.This short paper aims to review the mobil-ity vision expressed in Costa’s master plan for Brasilia, while interposing it with the precarious current situation of the metropolitan region’s transportation system, in order to discuss some possibilities for future transportation planning in this unique modern city.

From Lucio Costa’s urban mobility vision to realityBrasília was planned within an economic para-digm based on the attraction of international capital and the establishment of multinational industries, particularly the automobile industry.The automobile was not only a technological advancement, but also a symbol of modernity, one that the new national capital should and indeed embraced, as Costa’s plan assumed the car as a major component of the city’s structure, proposing significant spatial arrangements for it: express roads with no crossings; separation of motorized and pedestrian traffic; abundant park-ing spaces.This mobility vision was planned considering that Brasília would support up to 600,000 inhabitants, and only after the city’s population had achieved this number, satellite cities would be construct-ed to accommodate the expanding population. However, an intense migration process initi-ated with the construction led the government to anticipate the satellite cities. This migration

persisted over the next four decades, configuring today’s highly populated metropolis with almost 2.5 million people.Nowadays, the single family house typology dominates the landscape in most satellite cities, which increases land consumption and augments the distances among different areas of the city. Meanwhile, the Plano Piloto significantly concen-trates the jobs but houses only 12% of the city’s population (GDF, 2004); a territorial configuration that resulted in significant mobility constraints as the express free-ways that connect the satel-lite cities with the center face daily congestion problems, and the public transportation system is very inefficient and low productive.Although it is extensive and has good coverage, there are too many routes, low rates of passen-ger/kilometer, long travel times and one of the most expensive fares in Brazil (GDF, 2010). The historical analysis of Brasilia’s private motoriza-tion rates demonstrates a dramatic increment of vehicles in the last decade, which aggravates the externalities caused by the excessive number of cars.In this scenario, local government has recently approved a Plan for Urban Transportation and Mobility in Brasilia and Surrounding Municipalities – PDTU. Despite of its deep and well-structured diagnosis, the plan does not develop substan-tial proposals for non-motorized transportation; it determines the enlargement of road’s capacity and none automobile restrictions, which is very ineffective in a long-term perspective.

ConclusionsBrasilia urges for territorial and transportation planning that decrease social exclusion, cur-rently aggravated by the permanence of extreme distances among places of residence and work/service, by the precarious conditions of the public transportation system, and by the increasing pri-vate motorization rates. This has severe impacts in the urban landscape and mobility quality in the center city, as even the oversized road system of the Plano Piloto has not been able to cope with the demand of cars, causing increasing con-gestions and significant parking problems.Problems that the local government insists to “solve” with the detrimental expansion of roads and parking spaces inside and outside the World Heritage site of Brasilia. Instead, local govern-ment should embrace the challenge of economic decentralization privileging the satellite cities, combining it with severe policies for decreasing private motorized travels, particularly investing in public transportation while also restraining automobile fluidity (CERVERO, 1998), which

could avoid the apparently inexorable destiny of transforming Costa’s utopia in a modern burgh surrounded by an unbridled conurbation.metropolitan commuters.Águas Claras: the most recent planned settlement on this axis, it was conceived around the sub-way line. In the spirit of the 1980s, its design made an attempt to reclaim traditional urban-ism with mixed-use development and continuous street life, as well as higher density. However, its large and shallow lots (17x30m) and the wide expanses of empty space around the subway sta-tions impaired the efficiency of the urban fabric, fostering the development of self-contained con-dominiums meeting the street with long, blank garage walls.Local prejudice in the real estate sector against mixed-use has only recently given way to eco-nomic efficiency as more new developments incorporate commercial ground floors, albeit not always in an urbane layout.Taguatinga: The first satellite town to be designed as such in the Federal

ɽ

Tasso di crescita del tra-sporto privato, 2000-2011 (Fonte: DETRAN/DF, 2012)

Brasilia’s private motori-zation rates, 2000-2011 (Source: DETRAN/DF, 2012)

148U

Mobility and public transportation in Brasilia

José Manoel Morales Sánchez Carolina Pescatori

Di che cosa parliamo quando parliamo di

Brasilia? Certamente di una città nata dal

nulla, di una rappresentazione della volon-

tà di una nazione di affermare il proprio

riscatto, di un “deliberato atto di conquista,

un gesto in linea con i pionieri del colonia-

lismo” (Costa, 2010). Ma anche di un luogo

che è stato campo di sperimentazione delle

architetture pubbliche di Oscar Niemeyer:

non solo le grandi icone che tutto il mondo

identifica come simbolo della nuova capita-

le, ma anche molti altri edifici minori, che

forse aiutano a capire meglio il dispositivo

architettonico che nasce dalla coraggiosa

combinazione fra atto “rivoluzionario” e con-

sapevolezza della realtà economica e sociale.

Vi è una Brasilia “minore” che forse meglio

rappresenta quella sfida costruttiva, che

cerca le ragioni delle proprie forme non

solo nella resistenza della materia e in una

tecnologia poco sviluppata, ma anche nella

scarsità di risorse, senza però rinunciare al

sogno di una “civitas”, che affonda le radici

nella riscoperta di specifici valori culturali.

In questa Brasilia “minore”, emerge la sfida di

costruire per tutti ed economicamente, ricor-

rendo alle competenze locali e innovazioni

tecnologiche della produzione industrializ-

zata. Una strategia basata su una originale

miscela di artigianato e industria nazionale.

Il fuoco di attenzione sui monumenti pubbli-

ci ha impedito a molte altre opere di svelare

questa combinazione di semplicità, essenza

del segno, comprensione immediata della

forma e sapere costruttivo.

Molte architetture, disperse per Brasilia,

in apparenza marginali, in realtà sono

fenomeni spesso sottovalutati, e quasi sco-

nosciuti: non hanno avuto la forza di imporsi

come paradigmi significativi del dibattito

teorico. La rimozione delle riflessioni sociali

di Niemeyer sul ruolo della nuova capitale,

sul modo di costruirla e di abitarla, ha impe-

dito di comprendere scelte coraggiose, come

l’idea del suolo come spazio pubblico conti-

nuo e fluido che, dall’Asse monumentale si

insinua fino al tessuto delle superquadras e

dentro i più modesti edifici. Un’idea di vuoto

come spazio pubblico che pervade la città.

Troppo spesso ha prevalso l’immagine poe-

tica delle sue sculture plastiche, che non

disturbano i nostri pregiudizi perché accat-

tivanti, e si sono perse le tracce del filo che

poteva condurre a vedere cosa realmente

è accaduto. Dall'altro capo il meraviglioso,

ma scontato, in opposizione al semplice ma

rivoluzionario.

Un pregiudizio che attraversa tutta l’opera

di Niemeyer, come un’ombra che tiene in

secondo piano uno degli aspetti più rilevan-

ti dell’impegno dell’autore: operare con le

risorse della propria terra e della propria cul-

tura, trasformare lo spazio immenso della

savana in paesaggi da cui l’architettura trae

senso e alimento.

Brasilia nasce in un ambiente selvaggio: lo si

percepisce solo arrivando in aereo. La vastità

del paesaggio rivela la surreale solitudine di

un ordine perfetto che ora si va dissolven-

do nella moltitudine delle città satellite. Ma

quello spazio immenso che avvolge la città e

la penetra, quello spazio, che per molti critici

e visitatori è una minaccia alla libertà e alle

pratiche sociali, mostra la sua straordinaria

generosità come un principio che regge il

disegno urbano e le sue stesse architetture.

Si comprende dunque quanto sia stato dif-

ficile, per un osservatore europeo, accettare

l’idea di una città di fondazione, anche se

la storia occidentale è costellata di esem-

pi magnifici. L’esperienza di Brasilia ha

suscitato nuove e insolite domande per chi

manipola gli strumenti dell’analisi urbana

in contesti consolidati, nati dalle continue

modificazioni di ordini precedenti.

Quanto può essere grande uno spazio pub-

blico? Quale scala per l’uomo che vive il

quotidiano e quale per rappresentare le istitu-

zioni pubbliche? Come è possibile una “città

parco” (che nulla ha a che fare con una "città

giardino") che metabolizza l’estensione della

savana? Come abitare in un paesaggio ostile,

addomesticando il suo ambiente? Come sono

nate e come si stanno sviluppando le città

satelliti, orientate su disegni e sistemi urba-

ni molto diversi? Quale influenza ha avuto il

Plano piloto nel riproporre i nuovi paradig-

mi residenziali? E quale e stata l’influenza

dell’ambiente fisico e culturale? Accade come

per l’osservatore di Walter Benjamin, che chi

si trova in una realtà di cui non conosce la

storia o la conosce solo per frammenti, come

nel nostro caso, si trovi in una condizione

che, allo stesso tempo, manifesta incertezza

Brasilia, lo spazio come risorsa: Niemeyer e un insegnamento perduto

149U

Remo Dorigati

e incomprensione per la singolarità dei feno-

meni urbani. Tuttavia egli gode una sorta di

spaesamento che lo induce a riflettere meglio

sullo spazio, così come gli appare nella sua

fisicità, piuttosto che attraversare nel tempo

e nella memoria i fatti urbani, che appaiono

come segnati da un travaglio che non appar-

tiene al suo passato.

Una incomprensione nota alla cultura euro-

pea, che reagì alla “invenzione” di Brasilia

con la sufficienza con cui si guardano i

“parvenues”, che si permettono di far precipi-

tare, in un unico atto di fondazione, i principi

della città moderna. La cultura europea, in

quegli anni impegnata a ricostruire le città,

dopo la seconda guerra mondiale, non riesce

a comprendere l’orgoglio di una nazione che

vuole affacciarsi alle nazioni più avanzate.

Anche Nathan Rogers, nelle sue riflessio-

ni sulle “preesistenze ambientali” (Rogers,

1955), sebbene fosse stato un critico tolle-

rante della avventura brasiliana, cita più

volte quella architettura come una sorta di

ideologia globale, di linguaggio internazio-

nal-modernista, non radicato nel tessuto e

nella storia di quella stessa cultura.

Eppure più volte, nel tentativo di coniuga-

re storia e modernità, egli aveva indicato la

necessità di accogliere e tradire, al tempo

stesso, i principi della tradizione (Eliot,

1922). Nell’esperienza di Brasilia Bruno Zevi

vede una surreale città kafkiana, spersa nel

Mato Grosso, ma soprattutto non comprende

la scala dell’intervento e le sue architetture,

che gli apparivano come “plastici ingranditi”,

pure composizioni formali.

In questa, e in altre critiche, vi è una incom-

prensione del duplice sforzo di appartenere

alla modernità e al tempo stesso di misurar-

si con la cultura locale che, dalle esperienze 150U

di Tropicalia e dal manifesto “Antropofagia”

di Oswald de Andrade, cercava il senso di

questa miscela, che ha segnato il senso di un

popolo la cui storia intreccia diverse radici

culturali. Questa non è certo una esperien-

za alimentata solo dalla propria tradizione,

colta e popolare, ma è la ricerca di una iden-

tità che nasce dal desiderio del nuovo, come

se la storia non avesse senso se non innestata

sul desiderio di innovazione e modernità, sul

sogno di un’altra qualità di vita.

La cultura occidentale non ha compreso

davvero il significato di una architettura

che, nel linguaggio e nelle tecniche costrut-

tive, si misurava con una realtà economica e

sociale che cercava di uscire dalla condizione

di “terzo mondo”. I nuovi paradigmi urbani

fondano una riflessione sullo spazio del tutto

estranea alla cultura occidentale: ciò che con-

nota l’esperienza di Brasilia è, per così dire,

l’illimitata disponibilità di spazio, la natura

selvaggia e un clima che dà allo spazio aperto

valore sociale e culturale.

Quel vivere all’aperto che Costa esprime con

immediatezza nel padiglione della Triennale

di Milano (1951), disseminato di amache,

paesaggi e lavoro, la cui combinazione, data

la scarsità di risorse economiche, si rivela

come un significativo punto di partenza

per comprendere le peculiarità di questa

esperienza.

L’affinità intellettuale di Costa e Niemeyer

produce una miscela tecnico-culturale, il pro-

getto modernista brasiliano, che attraversa

l’eredità portoghese, il sincretismo meticcio,

il movimento moderno, le avanguardie euro-

pee, sino al costruttivismo sovietico e alle

teorie dei dis-urbanisti.

Ma è soprattutto la riflessione sulle tecniche

tradizionali di costruzione e sull’organiz-

zazione dello spazio, che consente loro di

liberarsi dal complesso della “brasilianità”,

intesa come enfasi decorativa, e scoprire una

propria identità: “una realtà senza complessi

…, una cultura in comunicazione con la terra"

(de Andrade, 1928). Questo rapporto con la

terra è anche la profonda consapevolezza di

una cultura originaria che ha già sperimen-

tato il suo abitare in un paesaggio esuberante

ed estremo in cui il clima ha indotto una cul-

tura dello spazio aperto che invade tutte le

sequenze spaziali dell’abitare.

Ed è significativo che Le Corbusier abbia

annotato, da intellettuale europeo, alcuni

aspetti della cultura popolare brasiliana in cui

riconosce quanto abbiano influenzato alcuni

caratteri del modo di vivere e l’architettura:

“Penso che i neri siano fondamentalmente

buoni, allegri e di buon carattere … Ma che

la loro attitudine alla calma, il limite che si

impone alle necessità personali, l’intima

capacità di suonare e il loro candore,

fanno sì che le loro case siano sempre

ammirevolmente ben piantate al suolo, le

loro finestre sempre completamente aperte

sul paesaggio esuberante, il piccolo spazio

sempre ben utilizzato. Essi costruiscono la

loro casa in luoghi sopraelevati, su “pilotis”,

dall’alto il mare sarà sempre visibile” (Le

Corbusier, 1930).

Le note di Le Corbusier avranno una notevole

influenza sulla formazione dell’architettura

modernista brasiliana, che divorerà (antro-

pofagia) e metabolizzerà anzitutto il modo di

osservare le proprie radici culturali: l’abitare

sospeso, il ruolo del paesaggio, la vita allo

spazio aperto. Una ricerca sugli atti essenzia-

li e naturali dell’abitare, che si misurano con

l’ambiente e la cultura, con lo spazio e il suolo,

e su cui fondare i nuovi usi riscoprendo una

“intima necessità”: natura e geografia, storia e

cultura si miscelano nell’atto creativo, diven-

tando materiale di progetto (Gregotti, 2011).

Questo atto di fondazione segna tutto il per-

corso della nascita di Brasilia, non solo nel

disegno inciso nella savana di Lucio Costa

ma anche nei progetti di Oscar Niemeyer.

I suoi interventi monumentali sono assai

noti, tuttavia il loro valore è spesso banaliz-

zato nella plasticità e nell’eccezionalità delle

sue forme, disconoscendo, spesso, le ragioni

sociali ed economiche che sostengono la loro

natura.

In un certo senso, Bruno Zevi aveva ragio-

ne quando parlava di “plastici ingranditi” :

il dettaglio sparisce e quindi la grande scala

restituisce le medesime strutture formali

che appaiono nel plastico. Era necessario far

presto, e farlo bene, utilizzando al massimo

le risorse locali, le conoscenze tecniche e la

qualifica della manodopera di tipo artigiana-

le rurale. Ogni dettaglio avrebbe appesantito

il processo costruttivo, ritardando la conse-

gna, aggiungendo valori non necessari. Non

poteva essere maggiore il distacco dalla

ridondanza linguistica della tradizione colo-

niale portoghese. La costruzione diviene

essenziale, il cemento e i casseri artigiana-

li in legno, rientrano nella tradizione delle

costruzioni, e alle conoscenze tecniche della

manodopera brasiliana, mentre le armature

in ferro e il cemento avrebbero dato un note-

vole impulso alle industrie nazionali.

Prima di avviare il progetto dei nuovi edifi-

ci monumentali Niemeyer realizza, in dieci

giorni, il “Catetinho” (1956), come residen-

za temporanea per il presidente Juscelino

Kubitschek. Un edificio essenziale, tutto in

legno, un volume puro, lineare e sospeso su

pilotis. che formano un grande portico all’a-

perto. Una sorta di manifesto di arte povera,

così sobrio che anche il presidente lo volle

come esempio del suo stile di governo.

In questo piccolo intervento si possono

già riconoscere tutti gli elementi che poi

appariranno nella grande scala monumen-

tale: purezza formale, sospensione dal suolo,

modulazione della luce solare, economicità e

rapporto con il paesaggio: volumi puri sospe-

si sul suolo, che avrebbero poi caratterizzato

molte architetture brasiliane, e non solo quel-

le di Niemeyer (Palacio de Alvorada, Palacio

do Planalto, Stazione ferroviaria, Mendes da

Rocha, etc.).

Ma è soprattutto nel progetto della

Università di Brasilia (UniB) (1962), e in par-

ticolare nell’Istituto Central de Ciencias, che

Niemeyer sperimenta la propria pratica arti-

stica attraverso una strategia in cui la ricerca

di qualità architettonica è basata essenzial-

mente sulla prefabbricazione in cemento

armato e sulla “purezza” di un modulo ripe-

tuto all’infinito.

Un edificio aperto e flessibile, adatto a “tutto

e per tutti”. Un modulo che si produce a ritmi

impressionanti di lame strutturali, che per-

corrono i 700 metri della sua lunghezza. 151U

La costruzione, detta il “grande verme”, è

composta da due ali parallele che si appog-

giano al suolo secondo uno schema lineare

e curvato al centro (forse un gioco ironico,

che simula le grandi ali del Plano piloto). Pur

essendo esteso, la sua dimensione affiora di

solo due piani nel paesaggio della savana.

In mezzo si sviluppa, per tutta la lunghezza,

un giardino lineare, attorniato da due porti-

ci scanditi dalla pergola-struttura che, pur a

piccola scala, appare come imponente luogo

pubblico. Uno spazio vuoto, fatto da portici,

pergole e giardini, disegnati da una natura

esuberante, che produce l’effetto di uno spa-

zio di relazione molto efficace per tutta la

comunità scientifica. Questo “vuoto” acco-

glie tutta l’università, unendo e delimitando

uno spazio, nell’ampio spazio naturale che si

espande “selvaggio” tutto attorno.

Come il Pecile di Villa Adriana a Tivoli o la

Stoà di Attalo nell’Agorà di Atene, la composi-

zione esprime la potenza di una architettura

fondata sul principio tettonico di una sezio-

ne sempre uguale a se stessa e ritmata

innumerevoli volte. È una lettura inconsueta

del lavoro di Niemeyer e, tuttavia, spesso si

dimentica che egli era conosciuto più per la

gestualità delle sue opere, che non per saper

accettare, con modestia e realismo, i limiti

imposti dalla scarsità di risorse economiche.

Niemeyer sceglie coraggiosamente di fare

architettura con niente.

È una esperienza che passa dal significato

profondo dell’architettura, arrivando quasi al

limite oltre cui l’architettura sparisce e rima-

ne solo la percezione di un ritmo ossessivo e

della bellezza della natura. Non è possibile

togliere alcunché, perché tutto è già dentro

l’intima necessità di una idea semplice. Un

atto costruttivo autonomo, una natura che vi

si insinua.

Ancora più radicali sono i padiglioni di ser-

vizio intorno all’università, di cui uno è sede

del Ceplan (Centro de planiamento) e un

prototipo di abitazione prefabbricata: tutti

disegnati da Niemeyer, collaborando con

Joao Figueiras Lima (Lelè), che viene inviato

in Unione sovietica per studiare i sistemi di

prefabbricazione in cemento armato. In que-

gli anni, nei paesi comunisti, ma non solo,

l’industria delle costruzioni affrontava la

sfida di una produzione industrializzata di

massa, come risposta al bisogno di abitazioni.

A Niemeyer questa appare una esperienza

positiva, con molti aspetti validi, che avreb-

bero poi potuto essere trapiantati nella

nascente economia industriale brasiliana.

Il progetto prevede la disseminazione di

piccoli edifici multifunzionali, flessibili ed

economici, a un solo piano, nell’area che pre-

cede prossima alla Università.

La costruzione è quanto di più essenziale si

possa immaginare: un corpo di 15 metri di

profondità, con lunghezze variabili, costi-

tuito da pannelli prefabbricati portanti e da

travi precompresse, appoggiate alla congiun-

zione dei moduli. Il tutto realizzato con solo

due pezzi di struttura prefabbricata, nulla di

più.

Tuttavia la presenza di patii disegnati a giar-

dini, l’alternanza delle aree funzionali, il

piccolo auditorio, disegnato come un sem-

plice piano inclinato che entra nella terra,

conferiscono a questi piccoli padiglioni il

fascino della bellezza che nasce dalla combi-

nazione diretta di artificio e natura, fra pieno

e luce.

È difficile comprendere come il vuoto e lo

spazio aperto possano assumere un ruolo

così efficace, se non si considera il clima del

luogo. Ma proprio per questo è ammirevole 152U

la sensibilità di Niemeyer per l’ambiente/

paesaggio da cui egli sa trarre i materiali di

progetto. Forse Niemeyer voleva trovare una

alternativa alle costruzioni “illigal”, con una

strategia attiva delle istituzioni pubbliche.

Un prototipo forse. Certamente un modo

di pensare lo spazio e il paesaggio, che nelle

nuove città satelliti, legali e illegali, è stato

rimosso. Un insegnamento perduto.

What are we talking about when we talk about Brasilia? Surely about a city born from nothing, a representation of a nation’s intention to affirm its redemption, a “deliberate act of conquest, a gesture of pioneers acting in the spirit of their colonial traditions” (Costa, 2011).But we are also talking about a place where Oscar Niemeyer was able to engage in extensive experi-mentation in designing his public buildings: not just the great icons that are universally perceived as symbols of the new capital, but also a multi-plicity of lesser buildings that perhaps can help us gain a better understanding of that architec-tural creation that is born of a bold combination of a “revolutionary” act and an awareness of eco-nomic and social realities.There is a “lesser” Brasilia that perhaps may provide a more faithful representation of that constructive challenge that seeks the reasons for its forms not only in the resistance opposed by matter and a scarcely developed technology, but also in the paucity of resources, without – however – forsaking the dream of a “civitas” that sinks its roots in the rediscovery of specific cul-tural values. From this “lesser” Brasilia came the challenge of building in an economical manner, for everyone, using local skills and the technological innova-tions of industrialised production.A strategy based on an original blend of craftsman-ship and national industry. The most conspicuous

public monuments have captured people’s atten-tion, preventing many other works from revealing the unique combination of simplicity, essential-ity of the sign, immediate comprehension of the form, and building know-how they embody. Many seemingly marginal architectural works, scattered throughout Brasilia, are underrated phenomena, virtually unknown to the public at large, unable to be appreciated as significant paradigms in the theoretical debate.Brasilia was born in a wild natural setting, as becomes apparent to those who get there by plane. The vastness of the landscape reveals the surreal solitude of a perfect order, which is now dissolving in the multitude of satellite cities. But that immense space that envelops the city and permeates it, that very space that is perceived by many critics and visitors as a threat to free-dom and good social practices, reveals itself, in its extraordinary generosity, as the principle determining the urban design plan and the archi-tectural works themselves.As can be easily understood, a European observer cannot easily accept the idea of a foundation city, despite the fact that western history has countless magnificent examples. The Brazilian experience has raised new, unusual questions, for those who wield the tools of urban analysis in well-established contexts, born of continuous modifications to pre-existing conditions.European culture, engaged at the time in the reconstruction of the cities devastated by WWII, was unable to understand the pride of a nation seeking admission to the group of the most advanced countries.Many critics (Rogers,1955) seemed unable to understand the twofold effort of belonging to the world of modernity and at the same time com-ing to grips with the local culture, which, as evidenced by the experience of Tropicalism and Oswald de Andrade’s “Anthropophagy” manifesto, was striving to capture the sense of that inter-mingling that had fashioned the essence of a people in whose history a multiplicity of cultural

Bibliografia — Costa, L. (2010), Brasilia Plano Piloto (Tattara, M., a

cura), Cluva, Venezia, 2010.

— Rogers, E. N. (1955), Le preesistenze ambientali e i temi pratici contemporanei. Le preesistenze ambientali e i temi pratici contemporanei, in “Casabella- con-

tinuità”, n. 204, febbr.-marzo 1955, raccolti in

Biraghi, M. Damiani, G. (a cura), Le parole dell’ar-chitettura, Einaudi, Torino 2009

— Eliot, T. S. (1922), Tradition and the Individual Talent, in The Sacred wood: Essays on Poetry and Criticism, Dover Pubblication, 1977.

— de Andrade, O. (1928), Manifesto Antropofago,

in Finazzi Agrò, E., Pincherle, M. C. (a cura), La cultura cannibale, Oswald de Andrade: da Pau-Brasil al Manifesto antropofago, Meltemi, Roma, 1999.

— Le Corbusier (1930), Precisions sur un Etat Present de l’Architecture et l’Urbanisme, Crès, Parigi

— Gregotti, V. (2011), L’architettura di Cezanne, Skira,

Milano153U

Brasilia, space as a resource: Niemeyer and a lost lesson

Remo Dorigati

roots are intertwined.The new urban paradigms laid the foundations for a reflection on space that was totally foreign to western culture: the element that best character-ises the experience of Brasilia is, so to speak, an unlimited availability of space, mated to a wild natural environment and a climate that endows open space with social and cultural values. The intellectual affinity between Costa and Niemeyer originated a technical-cultural mix, the Brazilian modernist project, which cut across the Portuguese heritage, Mestizo syncretism, the Modern Movement and the European avant-garde, up to and including Soviet Constructivism and the theories of the Disurbanists.It was especially through a reflection on tra-ditional construction techniques and the organisation of space that they were able to get rid of the complex of “Brazilianity” regarded as a mere emphasis on decorative elements, and to discover an identity of their own: “a reality without complexes …, a culture connected to the earth” (de Andrade, 1928). This relationship with the earth is also a profound awareness of an orig-inal culture that has already experimented with inhabiting in an exuberant, extreme landscape whose climate has engendered a culture of open space that permeates all the spatial sequences of the human habitat.It is significant that Le Corbusier, as a detached European intellectual, noted some aspects of Brazilian culture which he believed had influ-enced a number of features of local architecture and the way people lived (Le Corbusier, 1930).Le Corbusier’s observations had a significant influence on the formation of Brazil’s modernist architecture, which devoured (anthropophagy) and metabolised first of all the way in which it adhered to its cultural roots: homes on stilts, the role of the landscape, living in open spaces. An investigation focusing on the essential and natural acts of inhabiting, as they relate to the environment and culture, space and the ground, on which to found new practices and rediscover its “intimate necessity”: nature and geography, history and culture intermingle in a creative act, and in doing so become new project material (Gregotti, 2011).This founding act affected all aspects of the birth of Brasilia, not only the lines that Lucio Costa sculpted into the savannah, but also the projects styled by Oscar Niemeyer. Niemeyer’s monumen-tal structures are well known, but their value is often banalised, reduced to the plasticity and exceptionality of their forms, while overlooking the social and economic reasons that went into their configuration.It was necessary to move fast, and well, making maximum use of the local resources, the techni-cal knowledge and the skills of artisan-rural type labour. Any detail would have made the construc-tion process more laborious, would have delayed the completion, would have added an unnec-essary value. The distance from the linguistic redundancy of the Portuguese colonial tradition could not be any greater.The built structure becomes essential, concrete. With its hand-made wooden formwork it was well in keeping with the tradition of Brazilian con-struction methods and techniques, while, at the same time, reinforcing steel and cement were able to provide a strong impulse to the development of Brazilian industry. Before he set about designing the new monu-mental buildings, in ten days, Niemeyer created the Catetinho (1956) as a temporary residence for President Juscelino Kubitschek. An essen-tial building, entirely made from wood, a pure,

linear volume, suspended on pilotis that formed a great open-air portico. A sort of manifesto of Arte Povera: formal purity, suspension above the ground, modulation of the sunlight, economy, relationship with the landscape. Pure volumes, supported by stilts, that were going to be distinc-tive traits of a large part of Brazilian architecture, not just Niemeyer’s works. But it was in designing the University of Brasilia (UNB) (1962), and especially the Central Institute of Sciences, that Niemeyer tested out his artistic practice through a strategy in which the search for architectural quality was substantially based on the use of prefabricated reinforced concrete elements and the purity of a module replicated endlessly.A flexible, open building, suitable for “everything and everybody”; a precise, efficacious module engendering a striking rhythm of structural blades encompassing the entire structure over its 700 m length. The construction, familiarly referred to as “the big worm”, is composed of two parallel wings resting on the ground according to a linear layout with a curved portion in the centre (pos-sibly an ironic reference to the great wings of the Plano Piloto).Between the wings, along their entire length, a linear garden is enclosed by the two porticos, which are emphasised by a pergola type structure, which, albeit on a small scale, has the looks of an imposing public place. The empty space defined by the porticoes, the pergolas and the gardens created by an exuberant nature produces the effect of a highly effective relational space for the entire scientific community. This empty space is for the university as a whole: it welcomes, brings together and delimits an area within the wider expanse of land that extends “wild” and unfettered all around.As in the peristyles of Hadrian’s Villa in Rome or the Stoa of Attalos in the Athenian agora, the composition expresses all the power of an archi-tecture founded on a tectonic principle of having a section that is always the same and is reiterated countless times. This is an unusual interpretation of Niemeyer’s work, but we often forget that though he is best known for his grand projects, he was also able to accept, with modesty and realism, the constraints stemming from very lim-ited financial resources. He chose bravely to “do architecture” from nothing. It is an experience that taps into the deepest sense of architec-ture and almost reaches a limit beyond which architecture vanishes and all that is left is the perception of an obsessive rhythm and the beauty of nature. Nothing can be removed, since every-thing is already part of the intimate necessity of a simple idea, an autonomous act of construction and nature that grows into it.An even more radical gesture produced the service pavilions annexed to the university complex (one of which is the headquarters of CEPLAN (Planning Centre)) and a prefabricated home prototype: these structures were designed by Niemeyer in collaboration with Joao Figueiras Lima (Lelè) who travelled to the Soviet Union to study their reinforced concrete prefabrication systems. The project provided for a dissemination of small, one storey high, multifunctional buildings, in an area fronting the university. The construction was a basic as can be: a body made of prefabricated bearing panels and prestressed concrete beams, rested on the junctions between modules.The entire structure could be created with only two prefabricated elements and nothing more. However, the presence of elements such as patios with gardens, different functional areas, a small auditorium shaped as a simple inclined

plane that reaches down into the earth, gave the small pavilions all the charm of a beauty born of a direct combination between artificiality and nature, density and rarefaction. It is not easy to understand how voids and open spaces can play such a significant role if we do not consider the climatic conditions of the place.But this is precisely the reason why Niemeyer’s sensitivity to the environment deserves to be admired: from the local landscape he was able to derive the material for his project. Maybe he was trying to outline a possible alternative to the self-help construction processes of the so-called illegal areas, based on an active strategy by the public institutions. Maybe a prototype, definitely a way of conceiving space, of considering the landscape, that in the new satellite cities, the legal and illegal ones alike, has been dismissed. A lesson lost.

154U

Di ritorno da Brasilia conservo soprattutto il

ricordo dei grandi spazi, del cielo alto, delle

straordinarie architetture di Niemeyer, delle

superquadras concepite da Lucio Costa come

moderni e accoglienti cortili residenziali, della

folla che si accalca alla partenza degli autobus

della stazione rodoviaria, della fatale attrazio-

ne esercitata dall’asse monumentale, con le sue

grandi architetture, che sembrano giocare con

la luce tersa del Brasile, con l’alba e il tramonto,

del pulsare di una città che deve adattarsi a un

vestito bello ma troppo formale e attillato per i

movimenti fluidi della vita.

Brasilia è infatti un luogo pieno di contrad-

dizioni. Nuno Portas, in una intervista fatta

in preparazione della mostra da noi organiz-

zata alla Triennale di Milano (2010), la ha

definita “un meraviglioso errore”. Chi visita

Brasilia è attratto dallo splendore delle scultu-

re architettoniche che emergono nello spazio

scavato della spianata centrale, dalla meravi-

gliosa cattedrale e dalle ellissi dei palazzi del

Parlamento, dalla perfetta combinazione tra

architettura e clima generoso, dalla relazione

tra città e paesaggio. Non si può fare a meno di

continuare a fotografare gli elementi di questa

straordinaria composizione urbana, che pure

fa percepire anche la difficoltà di produrre

quella civitas, che poi era l’obiettivo principale

del progetto di Costa. Ed è muovendo da que-

sta contraddizione che occorre accostarsi a

Brasilia senza esprimere giudizi affrettati, con

un atteggiamento di ricerca, superando la

condanna pregiudiziale e presuntuosa, che ha

avuto tanto spazio nella cultura architettonica

italiana ed europea (Spinelli 2010).

Due luoghi comuni su BrasiliaPrima di capire ciò che non funziona a

Brasilia, occorre sgombrare il campo dai luo-

ghi comuni che sono stati così importanti

nel condizionare il modo con cui si è osser-

vata la città:

— la convinzione che l’idea stessa di costru-

ire una nuova capitale fosse un segno di

arretratezza e ingenuità;

— la convinzione che il progetto di Brasilia

fosse l’esito di un piano completamente

disegnato, di una banale applicazione dei

principi del Movimento moderno.

Per il primo aspetto si è guardato spesso alla

costruzione di Brasilia come all'iniziativa

di un popolo giovane e un po’ ingenuo, che

addirittura decide di costruire una nuova

città capitale in pochi anni. Tale giudizio tra-

scura il significato storico e identitario del

progetto, già sottolineato da Josè Bonifacio,

padre dell’indipendenza brasiliana (1832),

come scrive Lucio Costa nell’incipit della

sua “Memoria descrittiva del Plano pilo-

to”. Il Brasile è un paese immenso, grande

come l’intera Europa, dal cui piccolissimo

Portogallo sono partiti i suoi colonizzatori.

Realizzare la nuova capitale nel centro del

Paese aveva quindi un significato preciso:

quello di marcare la differenza con l’urbaniz-

zazione coloniale che si era sviluppata lungo

la costa, ma anche voler mostrare al mondo

le grandi capacità di un popolo che inizia con

orgoglio a candidarsi come un attore emer-

gente nel panorama mondiale, forte della sua

dimensione territoriale e della sua popolazio-

ne, della ricchezza delle sue risorse naturali

e di alcune eccellenze che cominciavano a

manifestarsi nell'architettura e nell’urbani-

stica con personalità come Oscar Niemeyer,

Lucio Costa e Roberto Burle Marx.

Sembra quindi importante guardare Brasilia

come una storia di uomini che hanno avuto

il coraggio del progetto – così come sottoli-

neava Sigfried Giedion (1960) – una storia

di terra, polvere, solitudine ed entusiasmo,

come ricorda Niemeyer nel suo bellissimo

diario (Niemeyer, 2010). Un coraggio che

cominciava a mancare nell’Europa dell’im-

mediato dopoguerra.

Per il secondo aspetto, il progetto urbanisti-

co di Lucio Costa è stato spesso considerato

la quintessenza dei dettami del Movimento

moderno: un progetto ideologico, basato sul

mito della organizzazione razionale dello

spazio (Frampton, 1992). Al contrario, leg-

gendo i materiali del progetto si scopre che

il Plano piloto è un testo quasi letterario.

Fin dalle prime righe, infatti, piuttosto che

di un Piano sembra trattarsi di un racconto,

che esordisce mettendo in luce il travaglio

dell’autore nel decidere di affrontare una

impresa così straordinaria come il disegno

della nuova capitale. È un testo accompa-

gnato da molti schemi, che si sviluppa

tratteggiando la nuova città come si narrasse

una storia.

Ed è incredibile pensare che la realizzazione

della nuova capitale non si è sviluppata sulla

base di progetti esecutivi, o di mappe più

precise dello schema generale che accompa-

gnava la Memoria descrittiva, ma mettendo

invece direttamente in pratica, nel deserto

del Plan Alto Central, ciò che il testo descri-

veva e quell’unica mappa indicava.

Martino Tattara (2010) ricorda anche come

il Plano piloto sia profondamente legato alla

lunga storia delle missioni esplorative che

fin dal XIX secolo avevano cercato la loca-

lizzazione ideale per la nuova città e alla

interpretazione che Lucio Costa aveva pro-

posto della tradizione brasiliana. I 23 punti

in cui si articola il documento conducono

per mano in un viaggio che entra nei mec-

canismi di costruzione della nuova città,

attraversando livelli tecnici ed esperienziali,

temi di urbanistica e architettura, di sociolo-

gia e di politica, questioni di natura tecnica e

di senso. Una cosa affatto diversa dalle zoniz-

zazioni e dalle relazioni tecniche, animate

dalla ideologia della modernizzazione tipica

del periodo.

Nel racconto di Costa, nella serrata successio-

ne dei punti, nei quali è difficile individuare

qualcosa di superfluo, si trovano descrizioni

dei regimi di proprietà delle diverse quadre,

e indicazioni su come posizionare i diversi

tipi di negozi (“il barbiere, il parrucchiere, la

sarta, il pasticcere, … sono posti nella parte

più prossima alla strada utilizzata da auto-

mobili e autobus”), su come costruire i

cimiteri (“le tombe sono semplici lastre

di pietra, come si usa in Inghilterra, per

Brasilia e le sue contraddizioni

155U

Alessandro Balducci

evitare ogni ostentazione”) e su dove dovran-

no passare le processioni per raggiungerli;

descrizioni generali dell’impianto viabilisti-

co e descrizioni dettagliate dello svincolo che

consentirà, uscendo dalla stazione degli

autobus, di avere l’ultima visione dell’asse

monumentale, che dovrà restare impressa al

viaggiatore.

Il progetto è realizzato da Lucio Costa in soli-

tudine. Anche questo è un tratto del tutto

originale. Gli altri gruppi che parteciparo-

no al concorso sono formati da grandi studi

che abbracciano competenze multidiscipli-

nari. Disegnano la nuova capitale in tutti i

suoi aspetti, fino ai tipi edilizi. Costa è solo,

ci tiene a precisare che non ha neppure uno

studio. Il suo progetto è la descrizione di una

strategia di appropriazione dello spazio, che

resta ben lontana dai dettagli, ritenuti non

necessari.

La Giuria del concorso commenterà: “Bisogna

partire dal generale e procedere verso il parti-

colare, non viceversa. Il generale può essere

espresso semplicemente: sappiamo che è

più facile scrivere una lunga lettera che una

breve. Nel progetto di Costa c’è tutto quello

che vogliamo sapere in questo momento

ed è omesso ciò che è irrilevante”. La Giuria

si convince dunque della importanza – al

momento della fondazione della nuova città

– di disporre di una chiara strategia spaziale,

assai più che di un progetto compiuto. E il

“racconto” di Costa è esattamente questo.

Le città, ci dice Costa, e soprattutto le

capitali, non possono nascere dal nulla, il

problema del progetto non è solo realizza-

re un impianto urbanistico che funzioni:

“L’urbanista deve essere dotato di dignità e

nobiltà di intenti, perché è da questa sua fon-

damentale attitudine che nascono il senso

di ordine, l’adeguatezza e le proporzioni che

conferiranno allo schema urbano la sua vera

monumentalità”. E Costa sente il dovere e

la responsabilità di mettere a disposizione

la sua esperienza per realizzare il progetto

perché è convinto di disporre della indispen-

sabile tensione morale. Nella chiarezza, nel

tono pacato e al tempo stesso profetico della

Memoria descrittiva del Plano piloto, mi

sembra sia leggibile il confluire di tutta la

vicenda professionale e umana di Lucio

Costa, che sente il dovere di “offrire una via

d’uscita al problema posto dal bando”, ma al

tempo stesso quello di interpretare il “sogno

centenario del patriarca”.

Due nodi criticiFra le critiche più aspre, da sempre indi-

rizzate al progetto, due mi sembrano

particolarmente rilevanti: la prima è la della

monumentalità esasperata, sottolineata

dagli spazi esageratamente vasti in cui sono

posizionate le architetture monumentali.

Ampi spazi che si misurano con il paesaggio

(per la prima volta si parla di “città-parco”),

tema che allora sembrava rimosso o comun-

que non compreso come parte essenziale

del progetto. Su questo terreno l’urbanisti-

ca di Costa si incontra con l’architettura di

Niemeyer. Entrambi rivendicano l’impor-

tanza delle dimensioni della sorpresa e della

meraviglia che devono caratterizzare lo spa-

zio collettivo e le opere pubbliche in una

grande capitale.

E per entrambi, piuttosto che il gesto narci-

sistico dell’architetto si legge il tentativo di

generare stupore proprio in ciò che è di tutti.

Ma per Niemeyer si tratta del solo modo

per portare una bellezza straordinaria nella

vita quotidiana, per Costa, invece, si trat-

ta di costruire la civitas attraverso luoghi e

spazi collettivi in cui la comunità si possa

riconoscere.

Piuttosto che la sproporzionata ambizio-

ne nella quale la critica ha accomunato i

due progettisti, viene alla mente il “make

no little plans” di Daniel Burnham nella

Chicago dei primi anni del Novecento: i pic-

coli piani non fanno sognare le persone, non

mobilitano le coscienze e di conseguenza

non costruiscono le condizioni per l’azio-

ne. Forse uno sguardo meno preconcetto ci

permette oggi di guardare agli spazi e alle

architetture pubbliche di Brasilia da questo

diverso punto di vista.

La seconda critica ricorrente è quella rivolta

alla compiutezza del disegno di Costa, che

non sarebbe stato in grado di accogliere la

crescita di una metropoli che oggi ha circa

2,6 m.ni di abitanti; che per crescere ha pro-

dotto nuove città, disposte tutt’intorno in

aperta contraddizione con gli obiettivi del

progetto. La forma della croce e dell’aeropla-

no, così riconoscibile, ma allo stesso tempo

rigida e incapace di accogliere l’espansione

e lo sviluppo della città, come invece avreb-

bero potuto le strutture “a griglia” proposte

da gran parte degli altri progetti presentati al

concorso.

Credo che anche qui occorra un ripen-

samento: quella forma ancora oggi è

perfettamente riconoscibile nelle immagi-

ni satellitari e attraversando la città. Una

compiutezza che, se da un lato è un limi-

te, dall’altro conferisce identità anche a

tutto il territorio della regione urbana. E se

è vero – come sostiene Richard Williams

concludendo il suo saggio – che a fronte

della crescita impetuosa degli insediamen-

ti satelliti, la Brasilia del Plano piloto “sta

diventando l'esatto equivalente dei centri

medioevali delle città europee: un centro sto-

rico conservato per ragioni eminentemente

simboliche e sentimentali” (Williams 2007,

373), è proprio attraverso quei simboli e

quei sentimenti che quel centro storico della

modernità sembra ancora capace di dare un

senso alla città che allarga i suoi confini.

La vera contraddizioneSe dunque dobbiamo esercitare una mag-

giore comprensione per lo spessore e la

storia di quel progetto, non si possono però

negare le frizioni che lo spazio fisico di

Brasilia determina oggi sulla società che la

abita. Una città concepita e costruita su una

ordinata e netta separazione di funzioni: le

residenze funzionano bene se sono lontane

dai luoghi di lavoro; i bambini possono gio-

care liberamente nelle grandi corti verdi,

che ospitano anche le loro scuole e se non

ci sono attraversamenti; le auto si muovono

più agevolmente se i traffici sono separati

dai percorsi pedonali; il commercio funzio-

na meglio se è “di vicinato”, distribuito con

regolarità nella maglia urbana; i ministeri e

i grandi edifici di rappresentanza possono

essere meglio collocati se lo scenario è privo

di interferenze.

C’è una ragione logica in tutto questo, che

regge fino a quando anche la vita si svolge

secondo i ritmi dettati da quelle funzioni,

che negli anni Cinquanta sembravano il

perfetto compimento di un nuovo rapporto

tra spazio e società. Il cittadino lavoratore

con un posto di lavoro fisso si reca una volta

al giorno al lavoro muovendosi nello spa-

zio e la città così concepita lo asseconda, lo

accompagna. Quando però lo stesso diven-

ta disoccupato, o pensionato, o giovane in

cerca di opportunità, o immigrato in cerca

di un lavoro temporaneo, o artista in cerca

di stimoli, o libero professionista, o donna

lavoratrice, ecco che quel tipo di ordine spa-

ziale non accompagna più lo sviluppo reale

della vita.

Si svela il fatto che, ben diversamente dalla

città storica, costruita per stratificazioni suc-

cessive, quello di Brasilia è invece un ordine

pensato in un momento storico determi-

nato, da un solo attore, frutto di una unica

razionalità, con in mente una società con

poche dimensioni, mentre la città, per essere

resiliente, capace di adattarsi e di accoglie-

re, ha bisogno di molteplici razionalità e ha

bisogno di spazi interpretati da ciascuno in

modo diverso, dove ciascuno possa scrivere

la propria storia. Ed è in questo che il proget-

to mostra la sua principale debolezza.

Pregi e difetti di Brasilia sono in questa con-

traddizione, che in fondo è la distinzione tra

efficienza ed efficacia: la macchina urbana

può funzionare perfettamente, ma essere

inadatta a risolvere le molteplici attese che

si rivolgono alla città. Lo spazio è il conteni-

tore della contaminazione, la città è luogo di

formazione degli interlinguaggi, tra popola-

zioni sempre più differenziate.

Si racconta che quando Lucio Costa tornò

a Brasilia, negli anni Ottanta, guardando il

brulicare delle persone che si accalcavano

alla stazione rodo-viaria, abbia detto: “è com-

pletamente diverso da come lo immaginavo,

ma è bello, mi piace”. Costa aveva infatti

pensato la stazione degli autobus come un

centro di trasporto elegante e per le lunghe 157U

distanze, mentre con la crescita del traspor-

to aereo per questa funzione la stazione era

diventata il popolarissimo centro del pendo-

larismo più modesto.

L'eccessivo spirito di conservazione che

ha caratterizzato la storia della città,

legato anche al riconoscimento da parte

dell’Unesco di Brasilia come “patrimonio

dell’umanità”, da un lato ci consegna uno

spazio affascinante che continua ad attrar-

re la nostra attenzione per la sua qualità

formale, ma dall’altro ha impedito quegli

adattamenti e appropriazioni che avrebbe-

ro consentito un rapporto diverso tra urbs e

civitas, come lo stesso Lucio Costa non aveva

mancato di osservare.

Back from Brasilia, I retain the memories of its vast spaces, its sky, Niemeyer’s architectures, the superquadras conceived by Lucio Costa as hospitable residential courtyards, the commut-ers thronging the rodoviaria bus station, the Monumental Axis with its impressive buildings, the heartbeat of a city that must wear a gar-ment which is magnificent and yet too tight and too formal to let life flow smoothly and unconstrained.Brasilia, as a matter of fact, is a place full of contradictions. In an interview conducted in

preparation for the show we organised for the 2010 Milan Triennial, Nuno Portas referred to Brasilia as a “magnificent mistake.” Visitors are invariably enthralled by the perfect combination of great architecture and favourable climate, the unique relationship between the city and the landscape. You cannot help photographing the elements of this extraordinary urban setting, which, however, clearly reveals the difficulties encountered in giving life to that civitas which constituted the main goal pursued by Costa in his design project.Based on the foregoing considerations, it is essential to approach Brasilia without passing hasty judgments, without indulging in the biased condemnation that is commonly expressed by the Italian and European architectural culture (Spinelli 2010).

Two commonplace criticisms of BrasiliaBefore we try to understand what is wrong with Brasilia, we must clear the field of a few com-monplace notions:

— the notion that the very idea of founding a

new capital was a sign of backwardness and naiveté;

— the idea that the project for Brasilia was the fruit of a fully pre-designed plan, that it amounted to a banal application of the principles of the Modern Movement.

As for the first notion: the construction of Brasilia has often been dismissed as an initia-tive undertaken by a young and somewhat naive people. This judgment overlooks the historic and identity-building significance of the project, as described as early as 1832 by Josè Bonifacio, the father of Brazilian independence.To create a new capital in the centre of the Country marked a clear break with the colonial settlements that had grown along the coast, and it meant showing to the whole world the capa-bilities of a people that was proudly beginning to emerge as a major player on the international scenario. Brasilia should be looked at as a story of men who had what Giedion at the time (1960) described as “the courage of design”; a story of earth and dust, of solitude and enthusiasm, as Niemeyer put it. The sort of courage that was dis-appearing in post-war Europe.

As for the second criticism, the urban design project produced by Costa for Brasilia has often been regarded as a straightforward application of the tenets of the Modern Movement. From the project materials we discover that the Plano Piloto is closer to a literary work. In lieu of a Plan, it reads like a narrative, which opens with a description of the soul-searching in which the author engaged before tackling such an extraor-dinary undertaking. It is outright inconceivable to believe that the construction of the new capi-tal did not require the production of final design projects and was the direct outcome of what was described in literary terms in a text and shown in a single map.The document is organised into 23 points that take us step-by-step through the mechanism that will be employed in creating the city, bringing together considerations to do with technology and experience, urban planning and architec-ture, sociology and politics, technical issues and matters of common sense. Something altogether different from the zoning criteria adopted at the time based on the principles of modernisation.

Bibliografia — Frampton, K. (1992), Modern Architecture: A

Critical History, Thames and Hudson, London

1992;

— Giedion, S. (1960), The Shaping of Urban Space, Atti del seminario tenuto alla Graduate School of Design,

Harvard University, Cambridge, 1960;

— Niemeyer, O. (2010), "La mia esperienza

a Brasilia", testo tratto da idem, a cura di

Mocchetti, E., A. Mondadori ed., Milano 1975,

pp. 137-159, riportato in Balducci, A. Bruzzese,

A., Dorigati, R., Spinelli, L. (a cura), Brasilia. Un’utopia realizzata. 1960-2010, Triennale Electa,

Milano;

— Spinelli, L. (2010), "Processo alla capitale", in

Balducci, S., Bruzzese, A., Dorigati, R. Spinelli, L.

(a cura), Brasilia. Un’utopia realizzata. 1960-2010,

Triennale Electa, Milano;

— Tattara, M. (a cura) (2010), Lucio Costa. Memoria descrittiva del Plano piloto di Brasilia, DODO4, Iuav,

Venezia;

— Williams, R. J. (2007), Brasilia after Brasilia, in

“Progress in Planning”

ɽɽ

A pagina 156, dall'alto al basso: il Plano Piloto, Vila Estrutural, Áquas Claras, Cêilandia

On p. 156, top to bottom: the Plano Piloto, Vila Estrutural, Áquas Claras, Cêilandia

ɻ

In questa e nella pagina a fronte: foto di Chiara Geroldi e Simona Sambati

This and opposite pages: photos by Chiara Geroldi e Simona Sambati

158U

Brasilia and its contradictions

Alessandro Balducci

Lucio Costa worked alone on his design project, and this too was a unique trait. All the other participants in the competition were major firms pooling together a wide range of interdisciplinary skills. Costa was on his own. He made a point of making it known that he did not even have an office, that his project was the description of a strategy for the appropriation of space, and that he had steered clear of details he did not con-sider necessary.The Competition Jury commented: “One must start from the general and then proceed to the specific, not vice versa. The general can be expressed simply; we all know that it is easier to write a long letter than a short one. Costa’s project contains everything that we want to know at this point, omitting everything that is irrelevant.” The Jury was, therefore, fully con-scious that “at this point” – the moment of the foundation of a new city – it was more impor-tant to have a clear strategy with regard to the use of space rather than a complete and detailed project.And Costa’s narrative provided precisely such a strategy. Cities – and, even more so, capital

cities – cannot just arise out of nothing; hence the problem to be addressed was not merely the design of a working urban plan. “The urban planner must be endowed with both dignity and nobility of intent, these being the key traits that underlie his sense of order, that generate the appropriate proportions which are the basis of true monumentality in an urban layout.” Costa felt he had an obligation to use his experience to define the project, in that he was persuaded he had the indispensable moral tension.The clarity, the measured – and yet prophetic – tone of the Memória Descritiva do Plano seems to me to clearly reflect Lucio Costa’s professional and human qualities. Here is someone who feels duty bound to “offer a way out of the problem posed by the call for design projects” and, at the same time, give concrete expression to “the age-old dream of the patriarch”.

Two critical nodesFrom among the harshest criticisms that were levelled at the project, two seem particularly interesting. One addresses the allegedly excessive

monumentality of the whole, the vast spaces that vied in terms of size with the landscape (this was the first time people spoke of a “garden city”), a theme that appeared to be overlooked at the time and was not perceived as a fundamental component of the design project.This is the ground where Costa’s urban-plan-ning dovetails with the architecture of Oscar Niemeyer. Rather than proposing the narcissistic gesture of the architect, both designers advocate the importance of the elements of wonder and surprise, which should characterise the collective space and the public buildings of a great capital.Niemeyer wanted to reconcile extraordinary beau-ty and everyday life; Costa wanted to build up the civitas through the creation of collective spaces and structures in which the community could see itself reflected. This brings to mind Daniel Burnham’s advice with regard to early-twen-tieth-century Chicago: “Make no little plans.” Little plans cannot make people dream; cannot stir awareness. Thus they fail to create the right conditions for action. Perhaps, nowadays, a less biased perspective enables us to view the collec-tive spaces and public buildings of Brasilia from

a different angle.The other recurrent criticism argues that the design of a city, complete and self-contained, made it impossible to accommodate the sort of growth associated with a metropolis whose present-day population comes close to 2.6 mil-lion inhabitants. A city that in order to grow was forced to give rise to new cities all around it, in blatant contradiction with the original goals of the project. The objections focus on the cross and airplane form, so recognisable and at the same time unable to make room for the expan-sion of the city as would have been provided for by the grid structures proposed in the projects submitted by most of the other participants in the competition. I think that this criticism, too, should be reviewed.True, that form is still perfectly recognizable in satellite photographs, and it is also perceptible when one moves through the city at ground level. But while in some respects this completeness of the design may be a limit, it also establishes the identity of the entire territory of the urban region. And while it may be true that, as Williams

claimed, the Brasilia of the Plano Piloto “is becoming the exact equivalent of the medieval centre of the European cities: a historic centre that is maintained primarily for symbolic and sentimental reasons” (Williams 2007, 373), it is precisely due to its symbolic and sentimental role that this historic city centre of modernity maintains its ability to “make sense” of an urban fabric whose boundaries continue to expand.The real contradictionYet, the constraints imposed by the physical con-figuration of Brasilia on the people who inhabit it cannot be denied. Brasilia has been conceived and built based on a clear-cut separation of tasks: residential facilities work best if they are distant from the workplaces, children can play in the big courtyards if there are no roads cutting across them, traffic if smoother if the vehicle streams are separated by pedestrian paths, the ministries work most effectively if they rise in interference-free surroundings.There was reason in all this, which held true as long as life proceeded along the pace that in the 1950s was perceived as the perfect embodiment of a new relationship between space and society. Working citizens with a permanent job, travel to their workplaces once a day, moving in space, and the city conceived in this manner, supports them, accompanies them.But when a citizen loses his/her job, or retires, or is a young man seeking opportunities, or an immigrant seeking temporary employment, or an artist looking for stimuli, or a free-lance profes-sional, or a working mother, then that particular spatial order no longer suffices to support the development of real life. It becomes clear that the order underlying the design of the city is an order conceived in a given historic period, by a single player, it is the fruit of one rational approach having in mind a society with but few dimensions to it.In order to be resilient, to be able to adapt to evolving circumstances, a city requires many rational outlooks, it has to be a space which eve-ryone can interpret in their own way, in which everyone can write their own history. This is the aspect reflecting the main weakness of the plan.The strengths and weaknesses of Brasilia arise from this contradiction, which basically amounts to the difference between efficiency and efficacy: the urban mechanism may be perfectly function-ing and yet be unable to fulfil the countless demands that are made of a city. Space is the container of the contamination, the city is the point of origin of the interlanguages that ena-ble increasingly diversified groups of people to communicate.When Lucio Costa returned to Brasilia in the 1980s, he is believed to have said, while observ-ing the crowds swarming into the bus station: “it is totally different from the way I imagined it, but it’s beautiful, I like it.” The exaggerated spirit of conservation that has characterised the development of the city, also due to the Unesco’s recognition of Brasilia as a World Heritage Site, has resulted in a space having unique formal qualities, but has prevented those adaptations and appropriations that would have fostered a different relationship between urbs and civitas as Lucio Costa himself had not failed to notice.

159U

Alessandro Balducci Dip. di Architettura e Studi urbani - DAStU,

Politecnico di [email protected]

G. Bertrando BonfantiniProfessore di Urbanistica, Dip. Architettura e

Pianificazione, Politecnico di [email protected]

Manrico BorziAvvocato

Antonella BruzzeseDip. di Architettura e Studi Urbani – DAStU,

Politecnico di [email protected]

Lucia BuracchiniGeologo, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Anna CalocchiArchitetto, consulente Ufficio di Piano del

Comune di [email protected]

Rocio Pérez CampanaLaboratorio de Planificatión ambiental,

LABPLAM, Universidad de Granada

Maurizio CenniSindaco del Comune di Siena 2001-2010

Gabriele ComacchioGeometra, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Maria CuccaroloPresidente del Comitato cittadino Campo

Santa Margherita, Venezia

Frederico de HolandaFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Daniela De Leo Ricercatrice di Urbanistica,

Università “La Sapienza”, [email protected]

Remo DorigatiDip. di Architettura e Studi Urbani – DAStU,

Politecnico di [email protected]

Hans FarjonPBL Netherlands Environmental Assessment

Agency, The Netherlands

Andrea FilpaDocente di Urbanistica, Facoltà di Architettura,

Università degli Studi di Roma Tre [email protected]

Roberto FineschiArchitetto, Head of Site Operations Italy

Novartis [email protected]

Vito GarramonePianificatore territoriale,

Dottore di [email protected]

Wladimiro GasparriProfessore associato di Diritto

Amministrativo, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Firenze

[email protected]

Luca GentiliLDP Progetti Gis, esperto di Sistemi

Informativi [email protected]

Viridiana Gabriel GomezFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Sandra GrassiGeologo, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Luigi GuastamacchiaContrattista, Dip. di Ingegneria civile e

Architettura, Politecnico di Bari

Cristiane GuinancioFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Andrea IacomoniDocente, Università di Firenze

Roberta IngaramoDip. Interateneo di Scienze, Progetto e

Politiche del territorio, Politecnico di Torino

Letizia LiberatoscioliArchitetto, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Francesco Lo PiccoloDocente di Urbanistica,

Dip. di Architettura, Università degli studi di Palermo

Nicola MartinelliProrettore associato, Dip. di Ingegneria civile e

Architettura, Politecnico di Bari

Assunta MartoneIRAT-CNR

[email protected]

Ana Elisabete MedeirosFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Fabio MinutiAssessore all’urbanistica

del Comune di Siena 2001-2010

José Manoel Morales SànchezFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Ennio NonniArchitetto - Urbanista

Lucia NucciRicercatore, Università Roma 3

Anna Laura PalazzoDocente di Urbanistica,

Università Roma Tre

Pedro Paulo PalazzoFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Rossana PapiniArchitetto, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Rosario PaviaDocente, Facoltà di Architettura, Università

degli Studi G. D’Annunzio, Chieti-Pescara

Elane PeixotoFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Luigi Perillititolare “Da Romolo alla Mole Adriana”

David Perrygià Direttore del Great Cities Institute,

University of Illinois, Chicago

Carolina PescatoriFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Raffaello PinArchitetto, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Stefano PizzolatoPresidente Ass. negozi storici di eccellenza di

Roma, Tebro Biancheria, dal 1867

Eva RitterProfessore associato in Physical Geography,

Deptment of Civil Engineering - Div. of Water and Soil, Aalborg University

Biancamaria RizzoAssegnista di Ricerca, Università Roma Tre

Stefania RizzottiLDP Progetti Gis, architetto

[email protected]

Pietro RomanoArchitetto, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Luciana SaboiaFaculdade de Arquitetura e Urbanismo

Universidade de Brasília [email protected]

Michelangelo SavinoProfessore di Tecnica e Pianificazione

urbanistica, Facoltà di Ingegneria, Università di Messina

Marichela SepeIRAT-CNR,

DPUU Università di Napoli Federico [email protected]

Marco SignorelliGeologo, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Frans J. SijtsmaUniversity of Groningen, Faculty of Spatial

Science, The Netherlands

Michele TaliaDocente di Urbanistica, Facoltà di Architettura,

Università degli Studi di [email protected]

Gabriela TenorioFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

Ricardo TrevisanFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,

Universidade de Brasília [email protected]

[email protected]

Fabrizio ValacchiDirigente Area Tecnica Comune di Siena

[email protected]

Rolando ValentiniComune di Siena, responsabile

del procedimento per il [email protected]

Marco VannocciArchitetto, Ufficio di Piano

del Comune di [email protected]

Luis Miguel Valenzuela MontesLaboratorio de Planificatión ambiental,

LABPLAM, Universidad de Granada

Francesco Ventani Architetto, consulente Ufficio di Piano del

Comune di [email protected]

Angioletta VogheraDip. Interateneo di Scienze, Progetto e

Politiche del territorio, Politecnico di Torino

Nicole VuistinerAvvocato

Wim WiewelProfessore di Sociologia e

Pianificazione urbana, Presidente della Portland State University

Michele ZazziRicercatore in Tecnica e Pianificazione

urbanistica, Università degli Studi di Parma

AutoriAuthors

Tavola 1_Ru di Siena_Tessuti insediativi e sistemi di paesaggio

Questo numero è stato realizzato con il contributo economico di

urbanisticaPaolo AvarelloNon solo pianoNot Just a Plan

a cura di_edited by Nicola Martinelli, Michelangelo Savino G. Bertrando Bonfantini, Maria Cuccarolo, Daniela De Leo, Francesco Lo Piccolo, Alessandro Balducci , Luigi Guastamacchia, David Perry, Wim WiewelL’università italiana tra città e territorio nel XXI secolo (2A parte)The university between city and territory in 21th century Italy

a cura di_edited by Angioletta Voghera Hans Farjon, Frans J. Sijtsma, Rocio Pérez Campana, Luis Miguel Valenzuela Montes,Eva Ritter, Roberta IngaramoPaesaggio, piano e progetto in EuropaLandscape, Plan and Project in Europe

a cura di_edited by Andrea Filpa, Michele Talia, Fabrizio Valacchi, Rolando ValentiniMaurizio Cenni, Fabio Minuti, Anna Calocchi, Stefania Rizzotti, Gabriele Comacchio, Letizia Liberatoscioli, Raffaello Pin, Pietro Romano, Wladimiro Gasparri, Lucia Buracchini, Sandra Grassi, Marco Signorelli, Rossana Papini, Marco Vannocci, Luca Gentili, Roberto Fineschi, Francesco VentaniSiena: il regolamento urbanistico 2011-2015Siena: the Urban planning regulations 2011-2015

a cura di_edited by Antonella BruzzeseFrederico de Holanda, Gabriela Tenorio, Luciana Saboia, Elane Peixoto, Ana Elisabete Medeiros, Cristiane Guinancio, Viridiana Gabriel Gomez, Pedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan, José Manoel Morales Sànchez, Carolina Pescatori, Remo Dorigati, Alessandro BalducciBrasilia: dal Plano Piloto alla metropoliBrasilia: from Plano Piloto to the metropolis

Assunta Martone, Marichela SepeLyon Confluence: la rigenerazione della penisola Perrache nell’ambito

del Piano strategico di Grand LyonThe regeneration of the Perrache peninsula in the framework of the Gran Lyon strategic plan

Michele ZazziMelbourne e il Popsicle test. Brevi note sulla città più vivibile del mondoMelbourn and the Popsicle test. A few considerations on the world’s most liveable city

a cura di_edited by Lucia NucciStefano Pizzolato, Manrico Borzi, Nicole Vuistiner, Luigi PerilliRoma: negozi di eccellenza e attività storiche da tutelare e promuovereRome: historic shops of excellence

Rosario Pavia Ancona: città di mare o sul mare?Ancona: Waterfront City or City by the Water?

Andrea IacomoniPianificazione ed edilizia residenziale in ToscanaPlanning and housing in Tuscany

Ennio NonniBio-urbanistica: espansione e consumo zeroBio urban planning: growth and zero consumption

Anna Laura Palazzo, Biancamaria RizzoEnergie rinnovabili e paesaggi sostenibiliRenewable Energies and Sustainabile Landscapes

Vito GarramoneUna svolta per la pianificazione: riflessioni sulla deontologia e altre questioniA turning point for planning and moral clarification. Reflections on deontology and other relevant questions

ISSN 0042-1022