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150-151Rivista semestraleluglio-dicembre 2012gennaio-giugno 2013N.44-45 reg. trib. Roma
€ 53,00
In caso di mancato recapito rinviare a ufficio posta Roma – Romanina per la restituzione al mittente previo addebito.Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 – CPO – Terni
SERIE STORICA
LXV
A six monthly journaljuly-december 2012january-june 2013
urbanistica
#150-151In copertina:Tavola 1_Ru di SienaTessuti insediativi e sistemi di paesaggio
PERCORSI di progetto: 01masterplan del centro storico di Vicenza
Premio Urbanistica 2012
urbanisticaRivista semestrale dell'Istituto Nazionaledi Urbanistica
Numero 150 luglio-dicembre 2012Numero 151 gennaio-giugno 2013
DirettorePaolo Avarello ([email protected])
Direttore responsabilePaolo Avarello
Comitato scientifico e direttivo nazionale Inu:G. Campos Venuti (presidente onorario),
Amante Enrico, Agnoletti Chiara, Cecchini
Domenico, Barbieri Carlo Alberto, Bobbio
Roberto, Centanni Claudio, Contardi Lucio,
Corti Enrico, De Luca Giuseppe, Dri Giorgio,
Gerundo Roberto, Giudice Mauro, Leoni
Guido, Lo Giudice Roberto, Marini Franco,
Nobile Pierluigi, Pagano, Fortunato, Piccinini
Mario, Oliva Federico, Properzi Pierluigi,
Radoccia Raffaella, Rossi Francesco, Rota
Lorenzo, Rumor Andrea, Talia Michele, Torre
Carmelo, Trillo Claudia, Savarese Nicolò,
Stanghellini Stefano, Stramandinoli Michele,
Trombino Giuseppe, Ulrici Giovanna,Viviani
Silvia, Comune di Livorno (Bruno Picchi),
Provincia di Ancona (Roberto Renzi), Regione
Umbria (Luciano Tortoioli)
Redazione tecnico-scientificaPaolo Galuzzi ([email protected])
Roberto Gerundo ([email protected])
Mariavaleria Mininni ([email protected])
Federico Oliva ([email protected])
Manuela Ricci ([email protected])
Marichela Sepe ([email protected])
Corrispondenti regionali del comitatoscientifico:Piemonte-Valle d'Aosta: S. Saccomani;
Lombardia: I. Rossi; Veneto: R. Baiocco;
Alto Adige: P. Morello; Trentino: B. Zanon;
Friuli Venezia Giulia: G. Dri; Liguria:
G. Lombardini; Emilia-Romagna: S. Tondelli;
Toscana: Rignanese L. Pingitore; Marche:
G. Rosellini; Umbria: A. Bruni; Lazio:
L. Nucci; Abruzzo: R. Radoccia; Campania:
E. Coppola; Puglia: C. Torre; Basilicata:
P. Pontrandolfi; Calabria: C. Fallanca;
Sicilia: T. Cannarozzo; Sardegna: A. Casu
ImpaginazioneIlaria Giatti ([email protected])
Anno LXVLa numerazione storica prende avvio dallaregistrazione del Tribunale di Torino nel 1949.La serie corrente riprende con il n. 1 registratopresso il Tribunale di Roma nel 1997
Editore: INU Edizioni Srl
Direzione e amministrazioneInu Edizioni Srl, via Ravenna 9/B,00161 Romatel. 06/68134341, 06/8195562,fax 06/[email protected],www.inuedizioni.com
Iscrizione Tribunale di Roma n. 3563/1995Cciaa di Roma n. 814190
Consiglio d’amministrazionePresidente: Marisa Fantin
Consiglieri: Francesca Calace, Donato
Di Ludovico, Gualberto Ferina
Segreteria centrale, promozioni editoriali,abbonamenti: Monica Belli, tel. 06/68134341
Registrazione presso il Tribunale della stampadi Roma n. 126 del 7/3/1997. Registrazioneserie storica presso il Tribunale della stampadi Torino n. 468 del 5/7/1949,Roc n. 3915/2001
Spedizione in abb. postale 45%, art. 2,comma 220/b, l. 662/96
Fotolito e stampa:Litograf Srl, Frazione Pian di Porto. Loc.
Bodoglie, 06059 Todi (Pg), tel. 075/898041
Prezzo di una copia:Italia ! 43,00; Estero ! 70,00
Abbonamento:Italia ! 80,00; Unione europea ! 120,00;
Extra Ue ! 160,00
Pagamento con versamento sul c/c postale n.16286007 intestato a Inu Edizioni srl, piazzaFarnese 44, Roma, o con carte di credito delcircuito CartaSI’, Visa, MasterCard
© La riproduzione degli articoli è ammessacon obbligo di citazione della fonte
Associato all’Unione stampaperiodica italiana
Urbanistica è una rivista in fascia A1del ranking ANVUR, Agenzia Nazionaledi Valutazione del Sistema Universitarioe della Ricerca.
La Rivista utilizza una procedura direferaggio, i revisori sono scelti in base allaspecifica competenza. L’articolo verrà inviatoin forma anonima per evitare possibiliinfluenze dovute al nome dell’autore. Laredazione può decidere di non sottoporre adalcun referee l’articolo perché giudicato nonpertinente o non rigoroso né rispondente astandard scientifici adeguati.
allegato1 allegato2
Non solo pianoPaolo Avarello
L’università italiana tra città e territorio nel XXI secolo (2A parte)a cura di Nicola Martinelli, Michelangelo Savino
Università e città: quali relazioni?Michelangelo Savino
Bologna e l’Università: una geografia rinnovata, una vocazione ribaditaG. Bertrando Bonfantini
Roma: una città, tante universitàDaniela De Leo
L’università come, controverso, attore di rivitalizzazione del centro storicoFrancesco Lo Piccolo
La città come campo di riflessione e di pratiche per le università milanesiAlessandro Balducci
Da enclave ad “Anchor institution”: sviluppo economico, città e università in UsaDavid Perry, Wim Wiewel
Paesaggio, piano e progetto in Europaa cura di Angioletta Voghera
Olanda, dalla valutazione al progettoHans Farjon, Frans J. Sijtsma
Paesaggio agrario nei piani locali e d’area vasta in SpagnaRocio Pérez Campana, Luis Miguel Valenzuela Montes
Il paesaggio forestale in DanimarcaEva Ritter
Il progetto d’architettura per il paesaggio urbanoRoberta Ingaramo
L’Italia nel quadro internazionaleAngioletta Voghera
Siena: il regolamento urbanistico 2011-2015a cura di Andrea Filpa, Michele Talia, Fabrizio Valacchi, Rolando Valentini
PresentazioneMaurizio Cenni, Fabio Minuti
Continuità e innovazione tra il Piano strutturale e il Regolamento urbanisticoMichele Talia
Forma e struttura del Ru: un itinerario di ricercaAndrea Filpa
La ricognizione dei tessuti insediativiAnna Calocchi, Stefania Rizzotti
La disciplina del patrimonio edilizio esistenteAndrea Filpa, Fabrizio Valacchi
Cartografia e informatizzazione del Ru: impostazione ed esiti di una opportunitàGabriele Comacchio
La città della trasformazione e l’attuazione delle politiche di pianoMichele Talia, Rolando Valentini
Compensazione urbanistica: redistribuzione e regolazioneWladimiro Gasparri
La dimensione paesaggistica nel Ru di SienaAndrea Filpa
Adeguamento della carta di pericolosità e fattibilità nelle aree di trasformazioneLucia Buracchini, Sandra Grassi, Marco Signorelli
Percorsi ed esiti della Valutazione ambientale strategicaRossana Papini, Marco Vannocci
Il progetto del sistema informativo a supporto del RuLuca Gentili
Il Piano complesso d’intervento del Polo scientifico e tecnologicoRoberto Fineschi, Francesco Ventani
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Sommario
Brasilia: dal Plano Piloto alla metropolia cura di Antonella Bruzzese
Brasilia: eredità culturale, conservazione e potereFrederico de Holanda, Gabriela Tenorio
La stazione centrale degli autobus di Brasilia: moderni spazi vuoti e riconoscimento culturaleLuciana Saboia
Brasilia: declinazioni e contrazioni dello spazio collettivo della residenzaAntonella Bruzzese
L’immagine inversa di una utopia: le gated community di BrasiliaElane Peixoto, Luciana Saboia, Ana Elisabete Medeiros
Insediamenti illegali: Vila estruturalCristiane Guinancio, Viridiana Gabriel Gomez
Città satelliti e Brasilia metropolitanaPedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan
Mobilità e trasporto pubblico a BrasiliaJosé Manoel Morales Sànchez e Carolina Pescatori
Brasilia, lo spazio come risorsa: Niemeyer e un insegnamento perdutoRemo Dorigati
Brasilia e le sue contraddizioniAlessandro Balducci
Lyon Confluence: la rigenerazione della penisola Perrache nell’ambito del Piano strategico di Grand LyonAssunta Martone, Marichela Sepe
Melbourne e il Popsicle test. Brevi note sulla città più vivibile del mondoMichele Zazzi
Roma: negozi di eccellenza e attività storiche da tutelare e promuovereLucia Nucci
Storia e tradizione non vanno cancellate, ma sostenute e salvaguardateStefano Pizzolato
Considerazioni sulla standardizzazione dei centri storiciManrico Borzi
Strumenti di tutela dei negozi storiciNicole Vuistiner
“Da Romolo alla Mole Adriana” non esiste piùLuigi Perilli
Ancona: città di mare o sul mare?Rosario Pavia
Pianificazione ed edilizia residenziale in ToscanaAndrea Iacomoni
Bio-urbanistica: espansione e consumo zeroEnnio Nonni
Energie rinnovabili e paesaggi sostenibiliAnna Laura Palazzo, Biancamaria Rizzo
Una svolta per la pianificazione: riflessioni sulla deontologia e altre questioniVito Garramone
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Not Just a PlanPaolo Avarello
The university between city and territory in 21th century Italyedited by Nicola Martinelli, Michelangelo Savino
University and city: what relationships?Michelangelo Savino
Bologna and the university: a new geography, a confirmed callingG. Bertrando Bonfantini
Rome: one city, many universitiesDaniela De Leo
University as (controversial) player for the requalification of the historic centreFrancesco Lo Piccolo
The city as a field of reflection and practice for Milan Universities Alessandro Balducci
From enclave to urban anchor institution: economic growth, university and the city in the USDavid Perry, Wim Wiewel
Landscape, Plan and Project in Europeedited by Angioletta Voghera
From evaluation to project in The NetherlandsHans Farjon, Frans J. Sijtsma
Agricultural landscapes in local and regional planning in SpainRocio Pérez Campana, Luis Miguel Valenzuela Montes
Forest Landscapes in Denmark: identity and developmentEva Ritter
Architectural design for urban landscapeRoberta Ingaramo
Italy and the international scenarioAngioletta Voghera
Siena: the Urban plannning regulations 2011-2015a cura di Andrea Filpa, Michele Talia, Fabrizio Valacchi, Rolando Valentini
IntroductionMaurizio Cenni, Fabio Minuti
Continuity and innovation passing from the Structure plan to the Local planMichele Talia
Form and structure of the Local plan (LP): a research itineraryAndrea Filpa
Urban fabric recognitionAnna Calocchi, Stefania Rizzotti
Regulation of the existing built heritageAndrea Filpa, Fabrizio Valacchi
LP cartography and computerisation: settings and outcomes of an opportunityGabriele Comacchio
The city of change and the implementation of the plan policies Michele Talia, Rolando Valentini
Urban set-off, redistribution and regulation. Siena’s experienceWladimiro Gasparri
The Landscape dimension in Siena’s LPAndrea Filpa
Updating the risk cartography and assigning feasibility in urban transformation areasLucia Buracchini, Sandra Grassi, Marco Signorelli
Paths and outcomes of the Strategic Environmental AssessmentRossana Papini, Marco Vannocci
The project of the information system supporting the RULuca Gentili
The Complex implementation plan for the Science and Technology AreaRoberto Fineschi, Francesco Ventani
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Contents
Brasilia: from Plano Piloto to the metropolisedited by Antonella Bruzzese
Brasilia: cultural heritage, preservation and powerFrederico de Holanda, Gabriela Tenorio
The Central Bus Station in Brasilia: modern void and cultural recognitionLuciana Saboia
Brasilia: changes and contractions in residential collective spaceAntonella Bruzzese
The inverse image of an utopia: Brasilia’s gated communitiesElane Peixoto, Luciana Saboia, Ana Elisabete Medeiros
Illegal settlements: Villa EstrutturalCristiane Guinancio, Viridiana Gabriel Gomez
Satellite Cities and the Metropolitan BrasiliaPedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan
Mobility and public transportation in Brasilia José Manoel Morales Sànchez e Carolina Pescatori
Brasilia, space as a resource: Niemeyer and a lost lessonRemo Dorigati
Brasilia and its contradictionsAlessandro Balducci
The regeneration of the Perrache peninsula in the framework of the Gran Lyon strategic planAssunta Martone, Marichela Sepe
Melbourne and the Popsicle test. A few considerations on the world’s most liveable cityMichele Zazzi
Rome: historic shops of excellenceLucia Nucci
You can’t erase history, traditions and memory!Stefano Pizzolato
Comments on the standardization of historic city centresManrico Borzi
Safeguard measures for historic shopsNicole Vuistiner
“Da Romolo” at the Mole Adriana, has closed downLuigi Perilli
Ancona: Waterfront city or City by the water?Rosario Pavia
Planning and housing in TuscanyAndrea Iacomoni
Bio urban planning: growth and zero consumptionEnnio Nonni
Renewable energies and sustainabile landscapesAnna Laura Palazzo, Biancamaria Rizzo
A turning point for planning and moral clarification. Reflections on deontology and other relevant questionsVito Garramone
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Nel 2010 Brasilia ha compiuto cinquanta anni. Un traguardo signi-
ficativo per una capitale realizzata in tre anni, grazie alla forza
visionaria di tre personaggi chiave: il Presidente di una nazione in
cerca di riscatto dal passato coloniale e dalla dipendenza economica
e culturale dall’occidente; uno degli architetti più innovativi del sud
America; un urbanista capace di coniugare ambizioni di monumen-
talità con la ricerca di funzionalità, efficienza e qualità abitativa.
Juscelino Kubitshek, Oscar Niemeyer e Lucio Costa sono i protago-
nisti indiscussi della vicenda che ha portato a realizzare Brasilia e il
suo Plano Piloto.
Un periodo vissuto come “eroico” da una nazione che finalmente
costruiva la sua moderna capitale; le speranze di chi l’ha costruita
e vi si è trasferito cercando un futuro migliore; le speculazioni e le
aspre critiche, già emerse in corso di realizzazione; le interpreta-
zioni – opposte agli originari ideali democratici – che ne ha dato
la dittatura del governo militare, installatosi nel 1964; il riconosci-
mento del suo valore estetico e formale, riconosciuto dall’Unesco
(1987); la crescita di “città satellite” intorno all’area del Plano Piloto.
Le vicende di Brasilia si legano a quelle più generali del Brasile, che
negli ultimi anni hanno trasformato il Brasile da paese del terzo
mondo a potenza economica emergente, amplificando tutte le con-
traddizioni, le disparità economiche e le polarizzazioni sociali già
ampiamente presenti.
Brasilia è stata al centro di studi, dibattiti e critiche fin dalla sua
nascita, guardata spesso con sufficienza dalla cultura occidentale,
che ne evidenziava i limiti e la naivitè, limitandosi quasi sempre,
tuttavia, a far coincidere Brasilia con il suo moderno centro storico,
l’area del Plano Piloto, ormai immagine e simbolo della città.
Anche per questo, dopo tanti anni, è utile tornare a occuparsene.
Anzitutto perché cinquant’anni sono un tempo sufficiente per poter
osservare gli effetti sedimentati dagli usi nel corpo della città, per
storicizzarla e analizzare quanto è successo con opportuno distacco.
In secondo luogo perché la crescita straordinaria del Brasile costrin-
ge a fare i conti in modo diverso con questo paese, accantonando i
pregiudizi e cercando di capirne logiche e dinamiche, che la globa-
lizzazione rende per altro meno distanti.
Oltre il fascino della straordinaria vicenda storica e umana che
ha portato alla sua costruzione, per guardare oggi Brasilia occorre
estendere lo sguardo oltre il Plano Piloto, assumendone la dimen-
sione metropolitana – due milioni e mezzo di abitanti – come un
oggetto con cui è necessario confrontarsi.
Il servizio nasce dalla collaborazione tra il Politecnico di Milano e
l’Università di Brasilia, che si è concretizzata in un workshop del dot-
torato internazionale in Spatial Planning and Urban Development
(Brasilia, settembre 2011), i cui docenti sono stati: per la parte
italiana, Alessandro Balducci (all’epoca coordinatore del dottora-
to), Antonella Bruzzese e Remo Dorigati; per la parte brasiliana
Luciana Saboia Fonseca Cruz, Pedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan,
Carolina Pescatori, Cristiane Guinâncio, Gabriela Tenório, Mônica
Gondim, Ana Elisabete Medeiros, Elane Peixoto.
Non è la prima volta che “Urbanistica” ospita gli esiti di un wor-
kshop del dottorato SPUD, che fin dalla sua fondazione ha sempre
prestato attenzione ai temi delle global cities – es. “Lavorare su
Shangai” (v. il servizio curato da Valeria Fedeli, sul n.143) – o appun-
to su Brasilia, il che consente, non solo di conoscere realtà urbane,
economiche e sociali apparentemente molto distanti dal contesto
europeo, ma anche di costruire, grazie al confronto, utili riflessioni
disciplinari e nuove prospettive per l’azione.
Il servizio raccoglie alcuni dei contributi più significativi, presentati
durante il workshop, organizzati in sezioni, che mettono al centro
quattro temi rilevanti e attuali.
– nella prima, Un moderno centro storico: il Plano Piloto tra conservazione
e sviluppo, i testi di Luciana Sabóia, Frederico de Holanda e Gabriela
Tenorio riflettono sulle contraddizioni del Plano Piloto da due
diversi punti di vista. de Holanda e Tenerio trattano le pratiche di
appropriazione di uno dei luoghi centrali più vissuti, ma criticato
per l’assenza di scala umana: la stazione dei bus Rodoviaria, bari-
centro del progetto di Costa, oggi crocevia delle linee di trasporto
pubblico e cuore pulsante della città. Sabóia osserva il tema del
delicato rapporto tra eredità, conservazione e potere, analizzando
gli approcci ricorrenti nelle politiche relative al Plano Piloto, oggi
vincolato dall’Unesco: preservare e consentire, come estremi di
A cura di_Edited byAntonella Bruzzese
Brasilia: dal Plano Piloto alla metropoli
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Brasilia: from Plano Piloto to the metropolis
dinamiche contradditorie e spesso deleterie.
– la seconda, Abitare a Brasilia: trasformazioni negli spazi residenziali e
collettivi, si articola intorno al tema dell’abitare nelle diverse decli-
nazioni. Antonella Bruzzese osserva i modelli residenziali realizzati
negli anni nelle città satelliti, evidenziando le differenze tra questi,
e il ruolo della natura e dello spazio pubblico sperimentati nelle
superquadras di Costa. Elane Peixoto, Ana Elisabete Medeiros e
Luciana Sabóia, su questa scia, approfondiscono il fallimento, nel
Plano Piloto, dell’idea di proprietà pubblica dei suoli, che a Brasilia,
come in molte altre città, ha alimentato la diffusione delle “gated
communities”. Cristiane Guinâncio e Viridiana Gomes analizzano
invece le dinamiche e le caratteristiche di uno dei principali inse-
diamenti illegali di Brasilia. Benchè l’esistenza e le estensioni di
favelas a Brasilia non siano minimamente paragonabili a quelle di
altre città brasiliane, Vila Estrutural è tuttora un problema aperto,
le misure attuate dalla municipalità lasciano ancora insoddisfatti.
– la terza sezione, Brasilia alla scala metropolitana: potenzialità e limi-
ti dell’estensione territoriale, affronta nello specifico la dimensione
metropolitana brasiliense: Remo Dorigati osserva il ruolo del vuoto
e degli spazi aperti, attraversando le scale ed evidenziando le grandi
risorse di spazio e la dimensione pesaggistica della città e del Distrito
Federal. Lo anticipano due approfondimenti: il primo sulle città
satellite (Pedro Paulo Palazzo; Ricardo Trevisan), il secondo, di José
Manoel Morales Sánchez e Carolina Pescatori, sul trasporto pubbli-
co, uno dei principali temi critici per il sistema metropolitano.
Chiude infine il servizio una riflessione di Alessandro Balducci sul
ruolo della pianificazione a Brasilia, rileggendo il progetto di Lucio
Costa alla luce delle trasformazioni in corso, i cui nodi – la dimen-
sione dello spazio pubblico nel Plano Piloto, i temi della mobilità
in relazione alle città satelliti, il problema degli insediamenti ille-
gali, i modelli residenziali e le nuove espansioni urbane – sono stati
appunto trattati dal gruppo di lavoro durante il workshop.
Il gruppo di lavoro del Politecnico ringrazia Pirelli&C spa per il sostegno
economico al workshop e alla divulgazione dei suoi risultati.
• Brasilia in 2010 turned fifty. A milestone for a capital realized in three years, thanks to the visionary power of the Brazilian president of a nation in search of redemption from the economic and cultural dependence from the West, one of the most innovative architects of the South America and a planner able to match monumentality with the search of functionality and quality of living.Kubitshek, Niemeyer and Costa have been the protagonists of the creation of Brasilia and its Plano Piloto. With all that entailed: a heroic moment of building a modern capital, the hopes of those who built it and moved there in search of a better future, the critics already formulated during the city construction, the opposite interpretations given by the military dictatorship in 1964 to the origi-nal democratic ideals, the recognition of value given by UNESCO in 1987, the growth of satellite towns around the Pilot Plan.Brasilia has been the focus of study, debate and criticism since its inception. Years later, it is useful to go back to it. Firstly, because fifty years are a period long enough to observe the effects of urban practices in the body of the city and to analyse them with a suitable detachment. Secondly, because the extraordinary growth of Brazil is forcing us to deal differently with this country, putting aside prejudices and trying to understand dynamics that globalization makes it less far apart. Reasoning about Brasilia today means looking even out of the Plano Piloto, taking into consideration the metropolitan city of two million and a half inhabitants.The present issue is the result of the collaboration between the Politecnico di Milano and the University of Brasilia, and the workshop held in Brasilia in September 2011with the PhD candidate of Spatial Planning and Urban Development course coordinated by Balducci. This is not the first time that Urbanistica hosts the results of a SPUD workshop. Since its founding, the PhD has always held a special attention to the issues of global cities: reasoning about Shanghai (see the issue edited service by Valeria Fedeli on n.143) or Brasilia, it is a way to learn about urban, economic social realities only apparently far away from the European context, but also to build, by comparison, useful ideas and new perspectives for disciplinary action.The present issue consists of several contributions organized around four themat-ic sections. In the first section, A modern city center: the Plano Piloto between conservation and development, Sabóia, de Holanda and Tenorio reflect around the contradictions of the Plano Piloto from two different perspectives: the prac-tices of appropriation of the bus station Rodoviaria, center of Costas plan, the crossroads of public transport lines; the delicate relationship between heritage, conservation and power introduced by the UNESCO constraints.In the second one - Living in Brasilia: changes in residential spaces and collec-tive - Bruzzese looks the different residential models made in the satellite towns, highlighting the distances from the Costas superquadras. Peixoto, Medeiros and Sabóia talk about the failure of the idea of public ownership of land in the Plano Piloto and the implementation of “gated communities”. Guinâncio and Gomes analyse, instead, the dynamics of Vila Estrutural an illegal settlements in Brasilia, still an open problem for the city.In the third section - Brasilia at the metropolitan scale: potential and limits of the territorial extension - Dorigati looks at the role of empty and open spaces. Palazzo and Trevisan make an overview on the satellite towns, Sánchez Morales and Pescatori deal with one of the major critical theme for the metropolitan system: the public transport.Closes the issue, finally, the reflection of Balducci on the role of planning in Brasilia, re-reading the Costas plan in the light of the new changes taking place, whose nodes - the dimensions of the public space in the Plano Piloto, the themes of mobility in the satellite towns, the problems linked to illegal settlements, the residential patterns and new urban expansions – have been investigated by the working group during the SPUD workshop.
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C’è un paradosso evidente sull’inserimento
di Brasilia nella lista del Patrimonio mondia-
le della umanità: interventi che porterebbero
benefici alla configurazione della città sono
bloccati, perché percepiti come dannosi per
il sito; interventi che danneggiano davvero il
paesaggio urbano sono invece consentiti, per-
ché non percepiti come tali.
Così, allo stesso tempo, molto è proibito e
molto è approvato, ma in entrambi i casi
prevale una ideologia elitaria, che privilegia
l’appropriazione della città delle classi di red-
dito più elevate.
L’analisi riguarda i quattro tipi morfologici
– “scale”, nel gergo di Brasilia – che costi-
tuiscono la città: monumentale, gregario,
residenziale, bucolico. Lo scopo qui è carat-
terizzare politicamente e ideologicamente
le tensioni che si evidenziano, secondo i
modi in cui gli abitanti, di vari strati sociali,
si “appropriano” della città, riferendoci alle
modalità concorrenziali di classificazione e
uso dello spazio pubblico e alla qualità della
sua organizzazione per adempiere al ruolo
fondamentale della città, ovvero l’opportu-
nità di vedere e interagire con l’altro. Il che
vuol dire: la sua urbanità. Per ogni “scala” (nel
seguito senza più virgolette) cercheremo di
capire cosa è impedito o consentito.
La scala monumentaleChe cosa è impedito. Nella “Spianata dei
Ministeri”, Costa aveva predisposto un pano-
rama della città più bello di quello che si
vede oggi. La costruzione di edifici più bassi
avrebbe infatti consentito attività comple-
mentari per la burocrazia statale, ma non
essendo stata realizzata, hanno preso a inse-
diarvisi piccoli ristoranti e snack bar, edicole
di giornali, spazi in cui compilare i moduli
dei premi delle lotterie, etc.
Alcuni tratti si caratterizzano per una atmo-
sfera umana vivace, ma i chioschi sono
rimossi dalle “forze dell’ordine” (per poi
tornare a insediarsi subito dopo) perché rite-
nuti inadatti al luogo. Né si è mai capito per
quale ragionamento, né quali altre soluzioni
potrebbero essere compatibili con le indi-
cazioni per un “Patrimonio dell’umanità”. E
come al solito la proposta originale di Costa
è stata disattesa.
Che cosa è permesso. Sono invece consenti-
ti nuovi progetti, che non contribuiscono a
migliorare lo spazio pubblico, come dimostra
lo stesso Conjunto Cultural da República, e
questa scelta contraddice da ogni punto di
vista i caratteri di apertura e trasparenza, che
dovrebbero prevalere in uno spazio pubblico
aperto e centrale, che per altro sono le caratte-
ristiche della architettura classica dei palazzi
di Brasilia. Il problema, dunque, non è tanto
l’assenza di alberi, come qualcuno vorrebbe,
ma le dimensioni enormi degli spazi aperti
e la mancanza di una chiara definizione dei
vuoti, negli edifici edificati, opachi e a pianta
circolare.
La scala gregariaChe cosa è impedito. L’incrocio dei due assi
urbani principali è la base materiale della
scala gregaria. Qui c’è una grande “piatta-
forma”, che collega i settori centrali – un
complesso straordinario, progettato da Lucio
Costa. Intorno a questo cominciarono subito
a insediarsi i locali del commercio informa-
le, vivacizzando l’ambiente. Anche queste
presenze non sono viste come parte della
città, ma come una minaccia: invece di uti-
lizzare questo fenomeno sociale come input
progettuale, per ovviare alle carenze degli
spazi pubblici, e per promuovere la diversità
sociale, il governo usa la forza per sradicarlo.
Che cosa è permesso. Gli spazi aperti sono
sempre più occupati dalle auto. L’esempio
più evidente è il Settore commerciale nord,
costruito negli anni Novanta: gli edifici sono
grandi volumi isolati, intervallati da spazi
vuoti privi di identità, vere e proprie “terre
di nessuno”. All’esterno si aprono una o due
porte e le attività interne sono organizza-
te come centri commerciali. Abbondano le
facciate cieche, le barriere, le discontinuità.
Brasilia: eredità culturale, conservazione e potere
Frederico de HolandaGabriele Tenorio
124U
Non fa meraviglia che si vedano poche perso-
ne a piedi, rispetto alle aree commerciali del
centro, di epoca precedente, come ad esempio
quelle del Settore commerciale Sud, costruito
nei primi decenni di Brasilia.
La scala residenzialeChe cosa è impedito. È nella scala residenzia-
le che si manifestano le contraddizioni più
gravi, quando si affronta il tema della capi-
tale e della sua attuale realtà. La varietà degli
edifici previsti del piano di Costa non era
sufficiente a ospitare i diversi livelli di red-
dito. ma solo i più alti. Eppure un esempio
interessante (e poco apprezzato) di lezione
urbanistica ci viene da Vila Planalto, a 1.500
metri dalla Piazza dei Tre Poteri.
Vila Planalto nasce dall’esigenza di una
impresa edile di allestire una struttura per
ospitare i propri dipendenti: architetti, pro-
gettisti, tecnici e operai. Di qui la grande
varietà di case, isolati, strade, vicoli, marcia-
piedi, etc., secondo le diverse categorie sociali
di destinazione. A cinquanta anni dalla inau-
gurazione di Brasilia, la zona presenta una
stratificazione sociale sorprendentemente
simile a quella del Distretto federale nel suo
insieme.
Che cosa è permesso. L’esempio di Vila non
ispira tuttavia le nuove esperienze urba-
nistiche attualmente in atto nel Distretto
federale. Ci sono ancora aree non occupate,
abbastanza vicine al centro metropolitano
del Plano Piloto, all’interno e al di fuori dell’a-
rea dichiarata Patrimonio dell’umanità. Sono
stati incorporati nuovi quartieri, essenzial-
mente residenziali, il più recente dei quali – il
Quartiere nord ovest – può accogliere 40.000
persone. Riguardo i tipi edilizi, il quartiere
è omogeneo, e così sarà anche dal punto di
vista sociale. Gli edifici assomigliano a quelli
dei grandi isolati tradizionali, ma sono molto
più sofisticati. Facile pensare che sarà un
luogo esclusivo per le famiglie più abbienti.
La scala bucolicaChe cosa è impedito. La scala bucolica è la
transizione tra città e campagna: un paesag-
gio molto verde, con pochi edifici di altezza
contenuta. Un luogo da destinare in preva-
lenza alle ambasciate, al principale campus
della Università di Brasilia, agli alberghi
turistici e ai circoli sportivi. Ampie zone del
litorale del lago sono al momento libere.
Tuttavia le agende degli uffici urbanistici
non prevedono usi pubblici, e tanto meno
popolari, per gli ampi tratti del litorale lacu-
stre. Tuttavia le aree di svago pubbliche di
svago, vicino al lago, sono molto apprezzate,
specialmente dalle fasce a basso reddito, che
le sfruttano nei giorni di vacanza, nonostan-
te i problemi di accessibilità e la carenza di
buone infrastrutture.
Che cosa è permesso. I problemi della occu-
pazione delle sponde del lago nascono dal
rapporto tra la città e il lago, e nei modi di
occupazione dei suoi bordi, suggerito fin
dalla prima stesura del piano. Costa aveva
infatti pensato di ospitare lungo la costa
solo circoli sportivi e alberghi, ma questo ha
permesso di “privatizzare” le rispettive aree
rivierasche. Nel tempo, gli “alberghi turisti-
ci” sono diventati residenze stabili, come
“appartamenti” per i più abbienti.
ɽ
Spianata dei Ministeri. Venditori ambulanti e ser-vizi durante la settimana.
Ministries Esplanade. Informal vendors and services in week days
125U
ConclusioniLa necessità è dunque conservare le molte
qualità di Brasilia, come sito del Patrimonio
mondiale dell’umanità, ma sfortunatamente,
per realizzare tale obiettivo, mancano sia gli
strumenti legali che un chiaro inquadramen-
to teorico. Non esistono infatti criteri ufficiali
ed espliciti in base a cui esaminare, e tanto
meno difendere, gli attributi essenziali della
città.
Le leggi sono troppo orientate ai fattori eco-
nomici. Non si riesce a descrivere il carattere
delle diverse scale della città, perché non si
esplicita la struttura morfologica che le
supporta. Di qui una pletora di interpreta-
zioni arbitrarie, che di fatto aprono la porta
al potere. Brasilia è per grandezza la quarta
metropoli brasiliana e deve trovare il modo di
adattarsi a questa realtà.
Ma le politiche urbane non considerano
il problema da questo punto di vista: sono
infatti prodotto della disinformazione, che
rispecchia i luoghi comuni e i pregiudizi pre-
valenti, ben lontani dalla realtà della città,
che si può apprezzare solo sulla base di ricer-
che rigorose e sistematiche.
L’amministrazione locale e l’Iphan (Istituto
del patrimonio storico e artistico nazionale)
citano spesso Lucio Costa – “Brasilia non ha
interesse a diventare una grande metropoli”
– per giustificare il rifiuto di proporre/accet-
tare interventi che potrebbero, ad esempio,
portare famiglie a basso reddito a vivere più
vicino al centro della città, come se fosse solo
“Patrimonio dell’umanità”, e non un’area
metropolitana di oltre tre milioni di abitanti.
Occorre quindi un ampio programma
di Educación Patrimonial (Educazione
al Patrimonio Culturale), e un dibattito
aperto, per stabilire nuovi parametri che
garantiscano non solo la conservazione fisica
della capitale, ma anche la diversità sociale su
cui è basata la cultura dei suoi abitanti.
Una versione precedente e più sviluppata del pre-
sente documento è stata presentata al 6º Seminario
internazionale sulla conservazione urbana, Recife,
Brasile, marzo 2011126U
There is a paradox concerning the preserva-tion of Brasilia as a World Cultural Heritage Site: 1) measures which damage cityscape are approved because they are not perceived as such; 2) measures which would benefit the city’s configuration are prohibited because they are seen as damaging the site. Therefore: more is approved and more is prohibited than it should, simultaneously.In both cases an elitist ideology prevails, which benefits the city’s appropriation by the upper income layers. The analysis goes through the essential four morphological types (“scales”, in Brasilia’s jargon) that constitute the city: mon-umental, gregarious, residential, bucolic.
The monumental scaleIn the Ministries Esplanade, Costa proposed a richer cityscape than the one we find today. A low building would provide complementary activities to the state bureaucracy. As it was never built, small restaurants and snack bars, newspapers and magazine stands, places where people fill in forms concerning lottery prizes etc. began to appear.However, time and again stands are removed by the “forces of the order”, only to come back a bit later. They are considered inadequate to the place. It is never stated in what terms, or if different solutions would be acceptable, in accordance with those same heritage rules.
Costa’s original proposal, as usual, is discon-sidered. On the other hand, buildings with an ill-regard to public space are built, damaging further a place very much devoid of urbanity.
The gregarious scaleThe crossing of the city’s two main axis is the material basis of its gregarious scale. Here is a large “platform” that connects the central sec-tors – a fascinating building complex designed by Lucio Costa himself. Informal trade soon appeared around, bringing the place a lively atmosphere.And yet, they are not seen as a contribution to the city, but as a menace – instead of using this social practice as a design input to improve poor public spaces and increase diversity in the gregarious scale, governmental power uses its force to eradicate it. In other sectors, a car-ori-ented urban design prevails, e.g., in the North Commercial Sector. It is filled with isolated buildings with blind façades, lots of barriers, discontinuities, surrounded by parking places. The residential scaleThe greates contradictions between discourses about the Capital and its plain reality concern the residential scale. Built variety in Costa’s plan was not good enough to house various income layers (only top ones). Still, there is a fascinating urbanistic lesson is the Vila Planalto 1,500m away from the Three Powers Plazza.It had its origins in a building firm camp that provided housing for the company employees of all layers – architects, engineers, technicians, manual workers. It was quite varied concerning plots, houses, blocks, streets, alleys, sidewalks etc., according to the respective social cat-egories therein. Today, 50 years after the inauguration of the city, it surprisingly presents a similar social stratification of the Federal District as a whole. Instead of learning from the Vila, homogeneous boroughs, for the rich or for the poor, are still the rule.
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Commercio informale sulla piattaforma della Stazione dei Bus
Informal trade in the upper deck of the Road Platform
ɼ
La scala bucolica, situata principalmente tra le ali residenziali e in riva al lago
The bucolic scale, mainly situated in between the residential wings and the lake shore
127U
Brasilia: cultural heritage, preservation and power
Frederico de HolandaGabriele Tenorio
La stazione centrale degli autobus di Brasilia
– considerata la città modernista per eccel-
lenza – è all’incrocio fra i due assi principali
e perpendicolari, l’Asse monumentale e l’Asse
stradale, che sottolineano il carattere simbo-
lico della capitale brasiliana. L’Asse stradale,
definito da Costa di “impronta bucolica”, è
costituito dalla sequenza delle “superquadra”,
grandi isolati di edifici a sei piani su pilotis,
incorniciati da folte macchie di verde. L’Asse
monumentale, invece, si caratterizza per i
grandi spazi non edificati, tenuti a prato, che
isolano gli edifici governativi tra ampi prati, e
strutturano il flusso dei veicoli.
L’incrocio di Brasilia si articola quindi
su tre livelli: a livello sotterraneo l’Asse
stradale, dove transita il flusso dei veicoli; a
livello terra l’Asse monumentale e la stazione;
al livello superiore, infine, una piattaforma
di 170 metri collega i settori settentrionale
e meridionale della zona centrale. La stazio-
ne connette il livello terra a quelli superiori,
inquadrando gli scenari monumentali della
capitale, mentre al livello superiore i passeg-
geri emergono sulla piattaforma: un punto
panoramico da cui si può ammirare la Torre
della Tv e la Spianata dei ministeri.
Lo spazio vuoto tra gli edifici, disegnato con
elementi minimali, fornirebbe, secondo il
movimento moderno, la libertà sociale neces-
saria a costruire spazi collettivi. Aree libere,
spazi verdi e grandi terrazze non sono desti-
nate solo a soddisfare esigenze climatiche, ma
anche a formare spazi di libera circolazione.
Il movimento moderno, infatti, considera-
va il “vuoto” come strumento per costruire
un nuovo ordine sociale. Ma dalla seconda
metà degli anni Cinquanta, si è però comin-
ciato a criticare l’eccesso di astrazione e di
omogeneità delle pianificazioni moderniste,
che provocavano uno “svuotamento” degli
spazi pubblici. La tradizione riduzionista del
modernismo, secondo Kenneth Frampton
(1985), ha portato ad impoverire l’ambiente
urbano dal punto di vista culturale: consi-
derando il “vuoto moderno” come luogo
dell’assenza, e di non riconoscimento.
La stazione centrale degli autobus di Brasilia
sembra quindi, in qualche modo, materia-
lizzare lo spazio disabitato della modernità,
caratterizzato da flussi continui di veicoli e
dalla carenza della “dimensione umana”. Se
da un lato le grandi strutture e gli spazi vuoti
della stazione costituiscono una rottura
con le città brasiliane tradizionali (Holston,
1989), dall’altro la stazione non è solo il cuore
geometrico di Brasilia, ma anche un “vuoto
urbano” in cui si incrociano il Plano Piloto
– nucleo originale del progetto del 1957 – e
le città satelliti, costruite prima ancora della
inaugurazione (1960).
Nella stazione degli autobus transitano oggi
oltre 800.000 persone, dalla periferia a centro,
con moti pendolari giornalieri. Il piano, che
The bucolic scaleThe problems concerning the occupation of the lakeshore have their origin in the relation between city and lake and in the mode of occupation of the lake’s fringes suggested since the blueprint. Costa has proposed that only clubs and tourism hotels should be situated here, but these were allowed to privatize the shore in which they were situated. In the end, “tourism hotels” became permanent residences in the form of “flats” for the very wealthy. Still, public spaces for leisure close to the lake are very much praised by peo-ple (particularly the lower income layers) who, despite problems of accessibility, come to the few remaining bits in holidays. But there is no gov-ernmental attention to these areas, that remain ill-treated, with practically no infra-structure.
ɻ
Uso popolare della riva del lago
Popular use of the lake shore
La stazione centrale degli autobus di Brasilia: moderni spazi vuoti e riconoscimento culturale
Luciana Saboia
128U
prevedeva di costruire gradualmente le città
satelliti solo dopo aver consolidato il Plano
Piloto, di fatto non è stato mai rispettato: fin
dall’inizio, infatti, la capitale è stata circon-
data da insediamenti che gravitavano sul suo
centro. Taguatinga, per esempio, costruita
nel 1958, è stato il primo insediamento, rea-
lizzato per soddisfare le esigenze abitative di
Brasilia in rapida crescita. Brasilia, oggi, è una
metropoli di quasi 3 m.ni di abitanti.
Nel 1985 Lucio Costa considerava le riconfi-
gurazioni della città come processi continui,
aperti e alimentati dal piano urbanistico. E in
riferimento alla piattaforma della stazione,
dichiarava: “Ho percepito questo movimento,
la vita intensa dei veri abitanti di Brasilia, di
questa massa che vive nelle aree circostanti
e converge sulla stazione centrale degli auto-
bus. Questa è la loro casa: è qui che si sentono
a proprio agio. … Tutto questo è molto diverso
da quello che avevo pensato per questo centro
urbano, ovvero qualcosa di sofisticato, direi
quasi cosmopolita. Ma non è così … Hanno
ragione loro, e io mi ero sbagliato. … Il sogno
era davvero inferiore alla realtà. La realtà è
più grande, più bella.” (Costa, 1995, p. 311)
È interessante che Costa riconoscesse l’appro-
priazione sociale che si era compiuta nella
stazione degli autobus, un manufatto, una
infrastruttura stradale priva di forme “a misu-
ra d’uomo”. Ma come può allora il moderno,
il pianificato, il vuoto essere percepito dagli
abitanti come “luogo della memoria”? Nella
sua relazione (1957), Costa aveva concepi-
to la stazione degli autobus come un luogo
sofisticato e cosmopolita, in cui la grande
piattaforma sarebbe stata l’unico punto di
contatto tra le due parti del centro urbano. La
piattaforma è un viadotto di 200 m. che attra-
versa l’Asse monumentale, ma anche il punto
centrale dell’ammassarsi della gente.
Il ponte stradale è stato progettato come
passaggio pedonale obbligato, per rag-
giungere banche, negozi, uffici e ristoranti,
cinema e altri servizi della zona centrale.
Per stabilirne la scala Costa si era ispirato ai
grandi centri urbani di Londra, New York e,
come dichiara nella relazione: “solo al traffico
locale è permesso accedere ai settori di ritrovo
pubblico (una combinazione di Piccadilly
Circus, Times Square e Champs Elysées)”. In
effetti, la stazione, realizzata nel 1960 sem-
brava essere l’immagine della modernità. La
scala mobile di 7 m. (la prima in Brasile), la
forma dei pilotis del mezzanino rivestiti di
marmo bianco, i lussuosi ristoranti da cui si
vede la Spianata dei Ministeri e la vicinanza
delle sedi delle ambasciate, ospitate provviso-
riamente in edifici vicini, conferivano all’area
centrale la ricercata dimensione cosmopolita.
Alla fine degli anni Settanta, tuttavia, la sta-
zione degli autobus muta carattere e diventa
“metropolitana”. A causa dell’accelerazione
della crescita urbana, propiziata dal Plano
Piloto, il numero di passeggeri era tanto
aumentato da costringere a trasferire in altra
stazione tutte le linee interstatali. Molte
aziende e ambasciate si erano inoltre sposta-
te in altre zone della città, e anche le attività
commerciali avevano cominciato a spostarsi
lungo il Viale sud ovest 3, dove si erano già
insediati numerosi negozi e servizi. La classe
media tendeva in genere a preferire l’auto per
i lunghi spostamenti urbani, restando fuori
dalla vita del centro.
Negli anni Ottanta, inoltre, la classe media
tendeva a spostarsi nell’area centrale di
Brasilia, rendendola molto più popolare.
Nella zona sud, in particolare, dove gran parte
dei settori erano già edificati, si ebbe una forte
svalutazione degli immobili, che consentì ad
associazioni popolari, a sindacati e a profes-
sionisti di insediarsi in quest’area, considerata
privilegiata.
Il centro urbano cominciava così a esse-
re sempre più frequentato da persone che
lavorano, ma non abitano nel Plano Piloto.
E d’altra parte, il Plano non era stato ancora
realizzato del tutto, e il Governo cominciava a
temere che non si rispettasse l’idea originale,
a fronte di una crescita urbana incontrollata,
e della forte speculazione sulle aree fabbrica-
bili. Nel 1987 Brasilia entrò nel Patrimonio
dell’umanità Unesco, mentre cresceva visto-
samente il contrasto tra la Brasilia del Plano
Piloto (inaugurata nel 1960), e quella delle
città satellite, progettate per rispondere a esi-
genze reali dello sviluppo urbano.
La Brasilia del Plano Piloto ha comunque cer-
cato di rimanere fedele alla struttura urbana
del 1957, anche se con costi sociali elevati, e
spostando gran parte della popolazione a 30
km di distanza. Malgrado l’intento di salva-
guardare l’area del Plano Piloto come “centro
storico”, nella vita quotidiana avvengono
modifiche e appropriazioni: lavoratori, pas-
santi e passeggeri lasciano le loro impronte
sui grandi prati; gli spazi vuoti della piatta-
forma si riempiono non solo dell’afflusso di
persone, ma anche delle voci dei venditori
di strada, delle performance di artisti di stra-
da, degli sguardi dei turisti, la presenze dei
senzatetto e dei ragazzini che volano sugli
skateboard sul piano di cemento armato della
piattaforma.
La piattaforma diventa quindi luogo di espe-
rienze, sempre più sfruttato da gran parte
della popolazione, nella zona delineata dal
piano strutturale. Occorre quindi capire quali
siano i rapporti tra il Plano Piloto e le città
satelliti. Se la city, in un primo tempo, ha spo-
stato tensioni e problemi socio-economici
in periferia, e in qualche modo sostenuto la
pianificazione della capitale, d’altro canto
proprio il vuoto ha favorito l’appropriazio-
ne, e la libertà di elaborare le proprie identità
nella costruzione dello spazio pubblico.
Secondo Manfredo Tafuri (1979), la tradi-
zione riduzionista del movimento moderno
ha aperto due strade, su cui l’architettura
moderna coinvolge gli abitanti. La prima è
la ricerca di elementi minimali, che libe-
rino lo spazio per azioni individuali o
collettive. La seconda è l’architettura moder-
na come “rappresentazione”, che colloca
oggetti isolati di contenuto simbolico nello
spazio urbano. L’urbanistica moderna ha
prodotto una polarizzazione tra la crisi della
materialità minimale, che libera lo spazio,
rendendolo disponibile alla appropriazione
e, sul versante opposto, quella dell’oggetto
simbolico, in cui lo spazio contemplativo
trasmette un senso di rappresentazione. Per
questo entrambe le forme del vuoto si offrono
al vivere urbano come “potenzialità”, e non
come garanzia di identità di un luogo collet-
tivo. L’appropriazione, dunque, implica una 129U
lotta per il riconoscimento.
Ma se non c’è garanzia di riconoscimento
sociale, come è possibile che i vuoti moder-
ni siano riconosciuti collettivamente, senza
diventare spazi simbolici di pura astrazione o
spazi omogenei privi di identità? L’urbanistica
moderna è definita dalla tensione tra l’ef-
ficienza della meta-narrativa moderna di
tradizione illuministica e le piccole storie di
edifici, permanenze, movimenti, ritmi, zone
in disuso, flussi nel tempo. Sola-Morales
rivendica una “architettura del dualismo”,
fatta di differenze e discontinuità, contrappo-
sta alla ragione tecnologica prevalente, e alla
modernità omogeneizzante. Per ricostruire la
memoria, il nuovo, l’aperto, l’astratto, in que-
sto caso, non sono ripudio della tradizione,
ma la capacità di ri-assemblare il vecchio nel
nuovo ordine per essere riconoscibile.
Il “moderno” vuoto della stazione degli auto-
bus è l’incrocio tra la vita di tutti i giorni e il
monumentale. Se la piattaforma stradale è
stata costruita come cornice infrastruttura-
le, essenziale per organizzare e l’edificazione
urbana, d’alto canto essa si presenta come
belvedere del paesaggio monumentale della
capitale. La stazione è il luogo in cui gli abi-
tanti riconoscono il monumentale come
valore unico della capitale. Uno scenario che
consente di costruire storie sociali, che ricon-
figurano il luogo in un processo continuo.
Secondo Paul Ricoeur (Ricoeur, 1998), della
costruzione dei luoghi della memoria si può
dire che riconoscere il vuoto non è altro che
prendere coscienza della ricostruzione della
memoria. E secondo Ricoeur il vuoto “de-
familiarizza” il familiare, ma “familiarizza”
anche il non familiare.
The Central Bus Station is located at the cross-roads of the two main perpendicular axes of Brasilia – the Brazilian capital and also consid-ered the modernist city par excellence. According to the modernist tenets, the openness of the urban fabric planned with minimal elements could provide social freedom to construct collec-tive spaces.Open areas, green spaces, large terraces were not only required to satisfy climate and social needs, but also to liberate space for free circulation. However, critics denounced the excess of abstrac-tion and homogeneity in the modernist planning, provoking the ‘emptying’ of the public sphere. Modern void was considered a place of absence and non-recognition.The central bus station in Brasilia material-izes somehow inhabited the space of modernity marked by the heavy flow of vehicles and the lack of human scale. If, on the one hand, the station’s large structures and openness such reported as a break to traditional Brazilian cities (Holston, 1989), on the other, the station is not only the geometric crux of Brasilia, but also the urban void where there is a metropolitan crossroads between the Pilot Plan – the core originally designed in 1957 – and the satellite towns, the urban set-tlements built even before the inauguration day in 1960.The bus station is home for more than 800,000 people that converge from the periphery to the center, in a daily pendular motion. The plan to gradually construct the satellite towns only after the Pilot Plan was consolidated was never fol-lowed. Instead, since the very beginning, the capital was surrounded by settlements depending on its center. Brasilia, today, is a metropolis of nearly 3 million inhabitants.In the 1957 report, Lucio Costa designed the bus station platform as a sophisticated and cosmo-politan place where the huge platform would be the unique point of contact between the two symmetrical parts of the urban center. The road deck was designed as obligatory passage for the pedestrian’s access to banks, firms, offices, as well as restaurants, cinemas and other services located in the central zone.The platform is both a 200-m-long viaduct hat frames the monumental sceneries of the capital through its pilotis and party walls; on the lat-ter, the passengers emerge on the upper platform where the platform become a belvedere of the TV Tower and the Esplanade of Ministries. Indeed, the station constructed in 1960 embodied an image of modernity.Nevertheless, in the late 1970s, the bus station acquires a metropolitan character. Because of the accelerated urban growth around the Pilot Plan, the number of local passengers was so exacting that all the interstate lines were transferred to another station. Besides, the middle class became used to long commutes by car in the city and began to experience very little of the city center.Yet, in 1985, Lucio Costa himself stated at the station platform: “I felt this movement, this
intense life in the true inhabitants of Brasilia, this mass that lives in the surrounding areas and converges to the central Bus Station. That is their home; it is where they feel comfortable. (…) The dream was actually smaller that the reality. The reality was greater, more beautiful.” (Costa, 1995, p. 311).It is intriguing the fact the Costa recognizes such social appropriation in the bus station, a road infrastructure artifact with no human scale. In this sense, how can the modern, planned, the void, be recognized by its inhabitants as a place of memory?If, at the first moment, the city has moved tensions and socio-economic problems to its periphery, and in a certain way, bolstered the area’s planned capital. Therefore, two Brasilias came into contrast: the Brasilia-Pilot Plan, idealized and inaugurated in 1960 and Brasilia-satellite towns, planned to deal with the existing urban development.Nevertheless, although Brasilia listed as a World Heritage Site by UNESCO meant to be preserved as a ‘historic center’, changes and appropriations takes place in everyday life. The huge platform has become to be a point of the experiences for most of the population within the master plan. The platform sempty spaces arebeing filled not only by the mass of people, but also the voices of street vendors, performances by street artists, the gaze of tourists, appropriation by the home-less and teenagers skating in the flatness of the reinforce concrete platform.Void is offer to dwelling as “potentiality” and not as a guarantee of recognition of collective place. In this sense, the modern void of the bus station configures the crossroads between the everyday life and the monumental acknowledging the mem-ory-reconstruction of everydaylife.
Bibliografia — Costa, L. (1995), Registro de uma Vivência,
Empresa das Artes, São Paulo.
— Solà-Morales, (2002), “Terrain Vague”, in Id.
Territorios (pp. 181-194), Ed. G. Gili, Barcelona.
— Tafuri, M. (1979), Teorias e História da Arquitectura, Ed. Presença, Lisboa.
ɻ
Cinque declinazioni dello spazio aperto in ambiti residenziali a confronto: 1. superquadras, 2. Guarà, 3. Ceilândia, 4. Águas Claras, 5. Vila Estrutural
Five residential collective spaces: 1. superquadras, 2. Guarà, 3. Ceilândia, 4. Águas Claras, 5 Vila Estrutural
Luciana Saboia
130U
The Central Bus Station in Brasilia: modern void and cultural recognition
Il buon abitare di Iñaki Ábalos è il racconto di
dieci visite guidate, in dieci case esemplari,
archetipiche e in qualche modo straordina-
rie del moderno. I progetti descrivono con
efficacia le relazioni tra le articolazione dello
spazio domestico, i bisogni degli abitanti,
l’idea di architettura e le concezioni di socie-
tà. A ogni modello di residenza corrisponde
una corrente di pensiero e, più in generale,
un modo di intendere la vita, come un ideale
campionario degli spazi residenziali, attraver-
so tempi e luoghi (Abalos, 2009).
Concentrato nello spazio e nel tempo, a
Brasilia si può trovare un analogo campio-
nario di situazioni e modelli residenziali.
Ciò può sembrare paradossale se ci si limita
a far coincidere Brasilia con il Plano piloto e
le superquadras. In realtà, in cinquanta anni
di storia, nella dimensione estesa alle città
satelliti, a Brasilia sono nati altri modelli
residenziali, le cui differenze si evidenziano
soprattutto nelle declinazioni del disegno
dello spazio aperto di pertinenza degli allog-
gi, che in molti casi diverge profondamente
dal modello originario, e che può diventare
elemento chiave per comprendere alcune
tendenze in atto e avanzare considerazioni
sulla eredità del progetto di Lucio Costa.
Lo spazio collettivo delle superquadras e i suoi sviluppi riduttivi a NoroesteL’immagine più nota del Plano Piloto è l’Asse
Monumentale, a fondo del quale si staglia il
Palazzo del Congresso di Oscar Niemeyer. Ma
ambiti di pari interesse, e innovativi, aspra-
mente criticati eppure oggetti di orgoglio di
Costa, sono le due ali residenziali. L’idea dei
modelli abitativi basati sulla sequenza delle
superquadras1 fu alimentata dalla volon-
tà di rifondare la società, costruendo spazi
residenziali, non solo di migliore qualità
ambientale (esposizione, aria, luce, etc.) ma
in grado di garantire un alto livello di socia-
lizzazione (Costa, 2010). Questa volontà si è
concretizzata soprattutto nel disegno dello
spazio collettivo: a terra completamente per-
meabile, percorribile e volutamente “vago”,
per consentire i diversi usi degli abitanti,
garantito dalla proprietà pubblica dei suoli
e dalla possibilità, per i privati, di acquistare
solo le proiezioni degli edifici2.
Nelle superquadras lo spazio collettivo è
parte integrante del progetto: qualifica e arric-
chisce l’interno degli alloggi, di cui è di fatto
l’estensione, senza separare nettamente gli
spazi per il gioco, per la sosta, gli spazi “filtro”
e gli spazi comuni interni.
Il percorso che porta dagli Assi, dove l’auto-
mobile è protagonista indiscussa3, alla porta
di casa si articola in modo fluido tra gli spazi
aperti che, pur confrontandosi con le grandi
dimensioni delle superquadras, ricreano scale
domestiche, in cui ci si può muovere a piedi
e trovare i servizi necessari. L’idea originaria,
evidentemente debitrice dell’immaginario
modernista (piano terra libero, edifici su pilo-
tis) e il disegno di suolo, tutt’altro che una
tabula rasa, conferiscono qualità residenziale
e urbana, alludendo a una precisa volontà di
apertura e scambio.
Le superquadras, tuttavia, sono state ampia-
mente criticate4, tacciate di produrre un
sistema spaziale di segregazione sociale:
distanti dal centro, destinate a ospitare i dipen-
denti del governo, troppo care per essere
accessibili alle classi sociali economicamente
più deboli, difficilmente raggiungibili senza
un mezzo di trasporto privato. Critiche che
trovano per altro riscontro nei dati sui redditi
pro-capite e sui profili sociali dei residenti del
Plano Piloto5.
Anche nelle superquadras però, con il tempo,
la spinta idealistica a base del disegno di suolo
e di collettività si è progressivamente stempe-
rata. La SQ 108, una delle prime realizzate, su
disegno di Niemeyer, avrebbe voluto essere
un vero e proprio prototipo. Ma le superqua-
dras costruite in seguito, pur rispettando i
regolamenti via via modificati, mostrano
molte differenze rispetto ai modelli originari,
Antonella Bruzzese
Brasilia: declinazioni e contrazioni dello spazio collettivo della residenza
131U
dalla densità e numero di abitanti consentiti
alla organizzazione dello spazio collettivo (el-
Dahdah, 2005). Questo, in particolare, appare
sempre più frazionato da siepi e recinzioni,
che non solo proteggono da persone estranee,
ma limitano fortemente le possibilità d’uso,
con ampie porzioni dedicate ai parcheggi6.
Specializzazione e riduzione dello spazio libe-
ro, protezioni e recinzioni, riduzione della
qualità degli spazi pubblici sono tendenze
ricorrenti, e sono ancora più marcate nel pro-
getto di una nuova zona residenziale, il Setor
Noroeste, entro l’area del Plano Piloto, a ovest
dell’Asa Norte, che, secondo le intenzioni,
riprende una organizzazione in superquadras.
Studiando il progetto in via di realizzazione
sembra evidente che il modello di Lucio Costa
è di fatto negato: recinzioni, privatizzazione
del suolo e trasformazione dello spazio com-
merciale sono le principali variazioni. Nelle
nuove espansioni a nord-est, a fronte di una
superficie coperta di poco superiore, si preve-
de di aumentare il numero dei piani da sei a
otto (scelta che contraddice quella originaria,
di non superare il numero dei piani tradizio-
nalmente accessibili senza ascensore), e la
quantità di spazi commerciali: anche questo
segnale di una diversa distribuzione interna
degli alloggi, e di una riduzione delle loro
dimensioni7. Ancora una volta la differenza
più evidente è il considerevole incremento
di parcheggi e spazio asfaltato, che muta la
natura dello spazio aperto in relazione agli
edifici. Lo spazio aperto collettivo non è più
infatti la base permeabile e disponibile su cui
si appoggiano gli edifici, in un disegno coe-
rente, ma una sequenza di spazi “filtro”, che
costituiscono una distanza di sicurezza tra le
infrastrutture e le abitazioni. Nonostante le
dichiarazioni di continuità con il passato, il
senso dello spazio aperto è dunque totalmen-
te stravolto.
Alternative: le “piazzette verdi” a Guarà, e i grandi “vuoti” a CeilândiaCome detto più volte, Brasilia non è solo
il Plano Piloto. Il 70% dei brasiliensi vive
nelle “città satellite”, cresciute rapidamente
negli ultimi anni, per gli alti prezzi delle aree
ɺ
SupequadrasGuarà 1Águas Claras
132U
centrali, e per i vincoli dettati dall’Unesco a
protezione di un “patrimonio dell’umanità”.
Le città satelliti costituiscono oggi un reper-
torio di modelli residenziali “altri”, rispetto
a quelli previsti dal Plano Piloto. E questo
avviene sia quando esse sono esito di un
piano urbano, sia dove la pianificazione è
stata invece più debole e altre logiche (quelle
del mercato immobiliare e degli insediamenti
illegali “auto costruiti”) ne hanno determina-
to la forma urbana.
Già Costa e Niemeyer si resero per altro conto
che le classi meno abbienti e gli stessi operai
che contribuivano a realizzare il Plano Piloto,
non avrebbero potuto vivere nelle stesse con-
dizioni offerte dalle superquadras8. Le città
satelliti furono avviate già durante la realizza-
zione del Plano Piloto (1958-1960). Ceilândia
e Guarà, di poco posteriori, pur essendo due
città diverse per condizioni sociali ed eco-
nomiche, sono state pianificate e costruite
a metà degli anni Settanta con un disegno
urbano molto riconoscibile, e sono esempi
interessanti di declinazioni alternative dello
spazio aperto nel progetto della residenza.
Guarà è un insediamento di 110.000 ab.
costruito lungo una delle principali diret-
trici di espansione di Brasilia. Il tessuto
residenziale è fatto di lotti regolari, articolati
“a grappolo” intorno a spazi pubblici, in mag-
gior parte verdi, che funzionano come centro
di piccole “unità di vicinato”, dove si alterna-
no edifici mono-bifamiliari a due/tre piani ed
edifici in linea su pilotis di sei piani. L’idea
dello spazio aperto comune qui non è più la
piattaforma su cui si stagliano le superqua-
dras: lo spazio pubblico è una piazza verde
definita, di dimensioni contenute, quasi una
pertinenza distribuita in modo uniforme nel
tessuto omogeneo dove si replica il disegno.
Ceilândia, invece, ha altre dimensioni per
popolosità (340.000 ab.) e per estensione. Il
tessuto residenziale si sviluppa intorno a
grandi vuoti di forma lenticolare che fanno
da contrappunto alla forte densità e assen-
za di spazi aperti tra le case. L’idea di spazio
comune, come estensione della casa, è affi-
data solo a spazi poco più larghi delle strade
di servizio, che funzionano più come spazi di
distanza che spazi d’uso. La principale risor-
sa di spazio è rappresentata invece da questi
vuoti, a volte occupati da servizi, molto più
spesso abbandonati e senza manutenzione,
che alludono a un’altra scala di riferimento e
decisamente a un altro modo di intendere le
relazioni tra spazio domestico e spazi aperti.
Le residenze, più modeste di quelle dei casi
precedenti, sono in genere monofamiliare, di
due/tre piani al massimo.
Negazioni. La rinuncia allo spazio pub-blico ad Águas Claras e Vila EstruturalSe Ceilândia e Guarà rispondono a un disegno
urbano preciso, in cui lo spazio aperto e l’idea
di casa sono esito di un progetto compiuto,
pur differente da quello delle superquadras,
non è così altre situazioni diametralmente
opposte.
Águas Claras è una delle più recenti città
satelliti realizzate: si è sviluppata essenzial-
mente negli ultimi 15 anni9 e ha una tipologia
residenziale diversa. Il piano di sviluppo della
città si limita alla lottizzazione su cui si con-
centrano le spinte del mercato immobiliare,
che intendeva realizzare un nuovo centro
residenziale ispirato a modelli del tutto estra-
nei alla storia di Brasilia, ma riscontrabili, ad
esempio, nelle espansioni di San Paolo. I tipi
ricorrenti sono torri residenziali senza funzio-
ni commerciali ai piani terra e senza disegno
dello spazio collettivo antistante. Tutte le
necessità dell’abitare sono risolte dentro l’edi-
ficio. L’idea prevalente è un condominio fechado:
chiuso, protetto sorvegliato da telecamere a
circuito chiuso, a volte con piscine sul tetto
o giardini pensili, ma in genere con forte pro-
pensione a densità e altezza, non comuni a
Brasilia. Lo spazio collettivo è negato, ridotto
a spazio di servizio prevalentemente dedicato
alla circolazione veicolare, mentre gli spazi
domestici sono introversi, senza alcuna possi-
bilità di estendersi all’aperto, e tantomeno in
spazi condivisi.
In un contesto del tutto differente, la stessa
disattenzione per il ruolo dello spazio pub-
blico si trova in alcuni insediamenti illegali,
come a Vila Estrutural, dove le case sono pro-
dotte in autocostruzione, ciascuna in un lotto
definito a priori, da chi in origine ha occupato
abusivamente l’area e ne ha gestito l’attribu-
zione, pur senza averne alcun titolo. In molti
casi si tratta di baracche a un piano, affaccia-
te sulla strada principale, che si proteggono
dallo spazio pubblico con inferriate e recin-
zioni, mentre gli spazi prospicienti sembrano
una no man’s land, molto spesso non asfalta-
te, sebbene la municipalità di Brasilia abbia
avviato da tempo un progetto per regolarizza-
re l’insediamento10.
Quale eredità del Plano Piloto?Superquadras, Noroeste, Ceilândia, Guarà,
Águas Claras, Vila Estrutural costituisco-
no una campionatura senz’altro parziale
dei modi di declinare la residenza a Brasilia.
Sarebbe difficile tentare di riconoscere una
linea evolutiva o un legame tra le diverse
esperienze. La straordinaria storia di Brasilia,
nata dal nulla nel cerrado del Planalto, avreb-
be tuttavia potuto lasciar immaginare altri
sviluppi in termini di radicamento, da un
lato, di una propensione a sperimentare,
dall’altro, di un modo di declinare il ruolo
dello spazio pubblico e collettivo.
Se le città satellite degli anni Settanta mostra-
no alcune alternative progettate e compiute,
negli sviluppi più recenti si avvertono segna-
li di tendenze a negare lo spazio collettivo,
peraltro comuni in molti ambienti urbani.
L’idea di permeabilità, condivisione e assenza
di barriere fisiche nello spazio pubblico, alla
base della idea di residenza delle superqua-
dras, si va progressivamente stemperando a
fronte all’emergere e affermarsi di impianti
urbani disattenti alla qualità dello spazio pub-
blico, modellati su stili di vita individualistici
e improntati all’alta densità e alla verticalità.
Osservando i recenti progetti delle nuove
espansioni residenziali brasiliensi, sembra
che l’eredità del Plano Piloto sia stata disat-
tesa in almeno quattro idee di fondo, che si
sono perse:
— l’idea che il progetto dello spazio abitati-
vo si dovesse basare anzitutto su un progetto
di suolo e su una chiara idea del rapporto tra
casa e spazio aperto;
— l’idea che gli spazi aperti dovessero 133U
essere i luoghi della condivisione, volutamen-
te “vaghi” nel loro disegno e non specializzati
nelle loro funzioni;
— la convinzione che, per garantire la qua-
lità, la natura condivisa e il ruolo sociale di
questi spazi fosse necessario mantenere la
proprietà pubblica dei suoli, oggi in crisi per
i costi di manutenzione, le difficoltà di gestio-
ne e le spinte alla privatizzazione;
— infine, l’idea di voler trovare una “via bra-
siliana” e brasiliense alla costruzione della
città e dei suoi spazi residenziali, in grado di
farsi influenzare dalle correnti di pensiero
internazionali, ma capace di declinarle local-
mente, sulla scorta di quello storico ed eroico
momento, che ha guidato la realizzazione
della capitale.
I temi della sicurezza e la fattibilità econo-
mica sono oggi senza dubbio al centro delle
scelte, tuttavia, a fronte alla portata ideolo-
gica della risposta brasiliana all’idea della
Unitè de habitation lecorbuseriana, e in
genere all’idea di residenza che coniughi la
rilevanza dello spazio pubblico con le “unità
di vicinato” (Gorovitz, 2005) il modello vin-
cente sembra essere lo stesso delle nuove
metropoli: globalizzate, incapaci di costruire
tessuti, mossi da logiche di profitto, per nulla
temperate dalla mano pubblica che potrebbe
chiedere in cambio una migliore qualità dello
spazio collettivo.
1. Ogni superquadra è un lotto di 280 m. di lato,
delimitato da un doppio filare di alberi, in cui si
dispongono 11 edifici su pilotis di sei piani, ospitano in
media di 2.500 ab. In ciascuna superquadra erano previ-
sti una scuola elementare, una chiesa e un community
center. Il progetto si completava con le interquadras,
fasce intermedie di circa 300x80 m. con attrezzature
commerciali, sportive e ricreative.
2. Una situazione analoga, in Italia, è quella di San
Donato Milanese: Metanopoli, la company town realiz-
zata da Eni negli anni Cinquanta per i suoi dipendenti,
è un repertorio di case con appartamenti di tagli diversi
(per dipendenti o dirigenti), tutte collocate in isole
verdi, non recintate, percorribili e rese sicure dalla
omogeneità degli occupanti, e dai sistemi di controllo
disposti e mantenuti dall’azienda stessa. Oggi il tema
della proprietà pubblica degli spazi di pertinenza è
diventato tuttavia particolarmente spinoso, per i costi
di gestione e la diffusa tendenza alle privatizzazioni.
3. Alla fine della Memoria descrittiva, presentata per
la partecipazione al concorso (l956), Costa definisce
Brasilia “capitale dell’autostrada e dell’aeroplano”.
4. Cfr. Spinelli, 2010.
5. Il reddito pro-capite nel perimetro del Plano
Piloto è più del doppio della media del Distreto Federal,
e l’indice di vecchiaia è addirittura il triplo (Índice de
Desenvolvimento Humano por Região Administrativa -
2000 - SEPLAN - DF/ CODEPLAN).
6. Nella SQ108, realizzata nel 1957, non era previsto
alcun posto auto, nella SQ 109 slab, completata nel
2000 i posti auto sono 108. Un adeguamento che segue
la crescita dell’uso di automobili, ma che ha imposto
nuove modalità di occupazione e organizzazione dello
spazio aperto di pertinenza di ogni blocco, sia per la
localizzazione di parcheggi a raso, che per la accessibi-
lità a parcheggi interrati.
7. Cfr. le analisi e le letture presentate durante il
workshop dal gruppo di lavoro di Gabriela Tenorio e
Monica Gondim, UniB.
8. Oscar Niemeyer ha scritto: “ci sentivamo
imbarazzati solo perché constatavamo che agli operai
sarebbe stato impossibile mantenere le condizioni di
vita fissate dal Piano, collocandoli, come sarebbe stato
giusto, negli ambiti dell’area di abitazione collettiva …
Vedevamo, nostro malgrado, che le condizioni sociali
… urtavano con lo spirito del Piano Pilota, creando
problemi che era impossibile risolvere sul tavolo da
disegno”
9. Aguas Claras, iniziata negli anni Novanta, conta
oggi 135.000 ab.
10. Cfr. Guinancio e Gabriel, in questo servizio.
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della modernità, Marinotti Ed. (or. La buena vida:
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— Niemeyer, O., La mia esperienza a Brasilia, in
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ɺ
Ceilândia
ɻ
Vila Estrutural134
U
In Brasilia it is possible to discern a broad range of situations and a multiplicity of residential models. This may seen paradoxical if the Brazilian capital is equated with Lucio Costa’s Plano Piloto and the superquadras. In actual fact, in the course of its fifty years of history and within the context of a metropolitan dimension encompassing the satellite cities, Brasilia has seen the formation of several residential models, whose differences lie primarily in variations in the design of the open space per-taining to the housing units. In many instances, in fact, the configuration of the open space departs from the original model and may be regarded as a key element to help us identify some of the trends underway and formulate a few considerations on the heritage of Lucio Costa’s plan.
The collective space of the superquadras and its reductive developments in the NoroesteThe best known image of Brasilia’s Plano Piloto is the Monumental Axis culminating in Oscar Niemeyer’s building of the National Congress. Nevertheless, situations just as interesting and as innovative, bit-terly criticized and yet objects of pride to Costa, are the two residential wings. The idea of a housing model based on strings of superquadras was dictat-ed by a desire to create residential premises that could offer a higher-quality environment (in terms of exposure, air, light, etc.), and ensure a high degree of socialisation (Costa, 2010). This intention found tangible expression in the design of collec-tive space: totally permeable at ground level, with no barriers to the passage of people, and “vague” enough to admit multiple uses on the part of the inhabitants, its configuration guaranteed by the public ownership of the land.In the superquadras, the nature of collective space in an integral part of the design project: it enriches the space around the housing unit, it is an extension
of this space. The plan did not contemplate a sepa-ration between areas for playing, areas for hanging around, common indoor areas. The route leading from the Axes to the household door runs smoothly through the open spaces. Over time, however, even in the superquadras, the idealistic motivation that prompted the original design approach and collec-tive vision of the plan began to wane.SQ 108, one of the earliest blocks to be constructed with buildings designed by Niemeyer, should have been a veritable prototype. But the superblocks that followed display many departures from the original models, in terms of density and number of inhabitants as well as in terms of the way collective space is organised (el-Dahdah, 2005). To an ever greater extent, from space available for playing and socialising, the latter has changed to space for use as a parking lot.Specialisation, erosion of free space, protective barriers and fences, worsening of the quality of public space, these are some of the recurrent trends characterising the plan for a new residential dis-trict, the Setor Noroeste, to the west of Asa Norte within the Plano Piloto, a plan supposedly inspired to the superquadras, at least in the declarations of the planners. Yet, a look at the way the project is being constructed clearly reveals that Costa’s model is denied in its essential characteristics.Over an area under cover only slightly bigger, the number of stories has been raised (from six to eight) and the number of commercial facilities has also increased, indicating a different interior layout of the housing units and a reduction in their overall dimensions . In this case too, however, the most notable discrepancy lies in the proportion of park-ing & asphalted space, which changes the nature of open space in relation to the buildings. Collective open space loses its role as a permeable, avail-able base, on which the buildings are rested within the framework of a consistent plan, to become a sequence of “filter zones” designed to maintain a safety distance between the environment of the infrastructure and that of the household. The declarations of continuity with the past notwith-standing, the sense of the open space has been totally distorted.
Alternatives. The small “green squares” in Guarà, the great “voids” in CeilândiaBrasilia is more than just the Plano Piloto. 70% of its inhabitants live in the satellite cities, the set-tlements that have grown at a rapid pace in recent
years and today display a repertory of residential models “other” than those present in the Plano Piloto. This occurs both where such neighbourhoods are the outcome of an urban plan and where the planning process has been weak and the current urban configuration has been determined by other logics (from the real estate market to self-help).The satellite cities began to be built during the construction of the Plano Piloto, between 1958 and 1960. Ceilândia and Guarà came soon after-wards: though they differ greatly from each other in terms of the social and economic conditions of their inhabitants, the two cities were planned and built in the mid 1970s according to a clearly recognisable urban design plan, and may be seen as interesting variations on the theme of open space in a residen-tial project.Guarà 1 is a settlement populated by 110,000 peo-ple. The residential environment consists of regular lots organised in clusters around public, mostly green, spaces, which serve as the centres of small “neighbourhood units”, where two- or three-storey high buildings housing one or two families alternate with linear six-storey buildings on pilotis.Here, common open space is no longer conceived as a platform on which the superquadras rise: open space is a clearly defined green square, of limited size. Such spaces, almost annexed to the buildings, are evenly distributed throughout the homogeneous environment where the plan is replicated.Ceilândia differs in terms of number of inhabitants (340,000) and size. The residential accommodations develop around huge, lenticular voids, serving as a counterpoise to the great density of the popula-tion and the absence of open spaces between the houses. Some of these voids house service facilities, but most of them are plots in disuse, rundown due to lack of maintenance. They evoke a different ref-erence scale and a different way to conceive the relationship between domestic space and open space. The housing units are two-/three-storey high single family dwellings.
Denials. The disappearance of public space in Águas Claras and Villa EstruturalBut while Ceilândia and Guarà reflect an accurate-ly defined urban design, where open space is the outcome of a finished project, albeit different from that of the superquadras, the situation is altogether different in two more locations.Águas Claras was one of the latest satellite city to
Antonella Bruzzese
Brasilia: changes and contractions in residential collective space
L’elezione di Juscelino Kubitschek de Oliveira,
nel 1955, è stata fondamentale per il progetto
di integrazione delle regioni del Brasile. Con
la costruzione di Brasilia si voleva sviluppare
un processo di modernizzazione, già avviato
negli anni Trenta, ma più ambizioso, e soste-
nuto dall’afflusso di capitali stranieri. Brasilia
ha rappresentato in qualche modo il deside-
rio di progresso e il progetto della capitale
può essere interpretato secondo due ordini di
utopia.
Il primo si riferisce al carattere mitico della
utopia, che oscilla tra il rifiuto della storia e
la promessa di una situazione ideale (Choay,
2009). Ma quale era il contesto storico rifiu-
tato dal progetto della nuova capitale? Era
quello del sottosviluppo e il desiderio di pro-
gresso era anche promessa di emancipazione
sociale. Il secondo ordine di utopia si basava
sulla proprietà pubblica dei suoli che avreb-
be dovuto favorire l’interazione tra le classi
sociali e, di conseguenza, ridurre i conflitti e
le tensioni.
Brasilia diventò un polo economico di grande
attrazione in cui la gente cominciò a insediar-
si cercando migliori condizioni di vita. Per
evitare le occupazioni illegali degli immigrati
nell’area del Plano piloto si stabilì di costruire
un sistema urbano allargato alle città satel-
liti, dipendenti dall’area centrale. Del resto
anche prima della sua inaugurazione (1960)
Brasilia era una città formata da diversi centri
abitati, sorti intorno all’area del Plano piloto.
Dopo cinquant’anni, la decisione politica di
mantenere il Plano piloto nella sua “purez-
za”, trasformò questa dinamica urbana in
una congestione impensabile di veicoli sulle
grandi strade che collegano il centro alle città
satellite. Se l’iniziale dimensione utopica di
Brasilia è stata accantonata, oggi la si costru-
isce rovesciandone l’immagine, sulla base
della proprietà privata. Il fenomeno urba-
no contemporaneo delle gated community
(“comunità recintate”) compaiono in Brasile
già alla fine degli anni Settanta. Durante gli
anni Ottanta, la crisi economica ha prodot-
to disoccupazione e fenomeni di violenza,
incoraggiando la costruzione di complessi
residenziali a basso costo nelle aree periferi-
che suburbane che dagli anni Novanta sono
diventati un investimento molto redditizio.
A Brasilia, le lottizzazioni presentano sfu-
mature e particolarità che meritano di essere
analizzate.
Brasilia: le storie dell’espansioneLa costruzione di Brasilia ha comportato la
formazione di un Distretto federale (Df) nello
stato di Goiás. Tuttavia non c’erano risorse
sufficienti per espropriare l’intera regione e il
processo di privatizzazione non fu completa-
to o fu rinviato. Nel tempo questa situazione
ha comportato gravi problemi alla crescita
della città che si possono capire alla luce di
quanto avvenuto nei suoi primi 50 anni.
La prima storia riguarda le fasi iniziali di
costruzione, fino alla inaugurazione; la
seconda si caratterizza per il consolidamento
del Plano piloto e delle città satelliti; la terza,
infine, è l’espansione a scala metropolitana,
quando, con la costituzione del Distretto
federale, cominciarono a proliferare nuovi
insediamenti e complessi residenziali, lad-
dove la proprietà dei suoli era pubblica o
sconosciuta.
Fin dall’inizio della costruzione della nuova
capitale il Plano piloto prevedeva diversi
insediamenti residenziali. Le prime abitazio-
ni erano gli alloggi provvisori per gli operai,
sorti vicini ai cantieri. Il flusso ininterrotto
di immigrati intanto continuava, portando a
realizzare bidonville intorno ai primi nuclei
di abitazione. Per proteggere l’area origina-
le del Plano piloto dalla pressione popolare,
il governo pianifica la formazione di nuovi
insediamenti, le città satellite, lontano dall’a-
rea del Plano piloto, senza l’approvazione di
Costa. La decisione di occupare aree distanti
10 o 30 km. dall’area del Plano piloto diventò
ricorrente nel consolidare la capitale.
come into being. It developed during the last 15 years and is characterised by a totally different con-figuration of its residential fabric. The development plan for the city merely provided for the subdivision of the land into lots and this is where the pressures of the real estate market were particularly strong, resulting in the construction of a new type of resi-dential centre, inspired to paradigms extraneous to the history of Brasilia, and more easily recognisable in the expansions of Sao Paulo.The recurrent model consists of residential towers, with no commercial outlets on the ground floor and no attention whatsoever to the collective space fronting the buildings. All living requirements are met inside the buildings. The prevailing concept being that of the condominio fechado: closed, pro-tected communities, subject to the surveillance of closed circuit cameras, in some cases equipped with rooftop swimming pools or gardens, and invari-ably displaying a marked propensity for density and height. Collective space is denied and reduced to service space reserved for vehicle traffic, while the space for domestic life is introverted, hemmed in, with no possibility to expand outdoors, especially onto a shared space.In a totally different context, a similar lack of attention to the role of public space is observed in a number of illegal settlement, in Vila Estrutural, for example, where the housing units are the fruit of self-help processes, each within a plot defined a priori by those who occupied the land originally and then managed its allocation without having any legal title to do so. The homes, one-storey hovels in many cases, look onto the main distribution road and are fortified against public space with grat-ings and fences. The areas in front seem as many no man’s lands, with purely distributive functions, most of them still unasphalted, despite the fact that the municipality of Brasilia has long since approved a project to regularise the status of the settlement.
What heritage from the Plano Piloto?An examination of the recent projects for new resi-dential expansions in Brasilia seems to indicate that the heritage of the Plano Piloto has been betrayed where at least four of the founding ideas are con-cerned: the idea that the design of residential space should be based on a land-use plan and a clear view of the relationship between domestic space and open space; the idea that open space should be the locus of sharing, to be left deliberately “vague” in its configuration and non specialised in its function; the idea that public ownership of the land was a prerequisite to guarantee the quality, shared nature and social role of such spaces, a prerequisite that is undermined at present by maintenance costs, management difficulties, privatisation pressures; and, finally, the idea of defining a new Brazil- and Brasilia-born approach to the construction of a city and its residential district, a new approach that would be able to profit from international tradi-tion and at the same time cater to local needs and conditions, on the impulse of the heroic momentum that prompted the creation of the capital.Today, the overriding considerations in making any decision are security issues and financial fea-sibility. Contrary to the ideological purport of the Brazilian response to the ideas embodied in the Unitè di Habitation and, in general, the idea of a residential environment combining the relevance of public space with the notion of Neighbourhood Unit (Gorovitz, 2005), the winning model seems to be the same paradigm as is being used in the new metropolises: globalised models, unable to create an urban fabric, promoted by the logic of profit and not in the least alleviated by a public hand that is able to request in exchange a decent quality of col-lective space.
L’immagine inversa di una utopia: le Gated Community di Brasilia
136U
Elane PeixotoLuciana Saboia Ana Elisabete Medeiros
La seconda storia dell’espansione di Brasilia
riguarda il processo di crescita urbana rapi-
do e disordinato. Nel 1969 diventa prassi
abituale realizzare nuovi quartieri e nuclei
urbani. Negli anni Settanta gli insediamenti
si situano anche al di fuori del quadrilatero
del Distretto federale. Solo nel 1978 il Piano
di Ordinamento territoriale (Pot) ricono-
sce la dicotomia tra l’area centrale del Plano
piloto e le condizione “periferiche” delle città
satellite.
Il Piano assume a linea guida il potenzia-
mento dell’asse urbano meridionale. Ma
in contrasto con l’impostazione del Piano,
nei due decenni successivi (1980 e 1990), la
rimozione forzata delle bidonville scatena
occupazioni selvagge nell’area. Proliferano
così nuove città satelliti, prive di infrastrut-
ture e di condizioni abitative adeguate,
trasformano Brasilia in una metropoli, afflit-
ta dagli stessi problemi di tutti i capoluoghi
brasiliani.
La terza storia riguarda il consolidamento
di Brasilia come metropoli che si espande
occupando i vuoti interstiziali intra-urbani.
Poco a poco scompare il rapporto figura/sfon-
do proprio del Distretto federale, dove ogni
città satellite era un nucleo indipendente,
circondato da vegetazione nativa. La metro-
poli abbandona gradualmente il suo carattere
diffuso e il Plano piloto diventa sempre più il
“centro storico” di Brasilia.
Metropoli e enclave urbanaLa carenza di abitazioni per la classe media ha
favorito l’occupazione illegale di aree rurali
intorno all’area del Plano piloto. Le tenute
agricole sono state smembrate e lottizzate ille-
galmente. In seguito è stato occupato anche il
suolo pubblico, diviso in lotti e venduto clan-
destinamente, anche se nel 1985 il governo
locale ha legalizzato queste prassi. Molte lot-
tizzazioni si sono trasformate in “comunità
recintate” in situazione di illegalità.
Queste enclave urbane non si limitate alle
lottizzazioni irregolari: gradualmente stra-
de, spazi pubblici e parchi sono stati chiusi,
recintati e fortificati. Solo nelle superquadras
del Plano piloto si è impedito di recintare i
pilotis. Il che per altro è stato possibile solo
con il riconoscimento Unesco di Brasilia
come Patrimonio Culturale dell’umanità.
Si possono dunque caratterizzare così i due
aspetti delle enclave urbane di Brasilia. Il
primo è la “chiusura” delle aree “storiche”
realizzate dal progetto modernista. Il secon-
do, l’occupazione privata di terreno pubblico,
con assegnazioni irregolari e trasformate in
comunità recintate.
Cruzerio e il Complesso residenziale OttagonaleL’area residenziale di Cruzeiro, progettata
dal gruppo Costa, fu costruita nel 1959, a 7
km dall’area del Plano piloto. Pensata come
area commerciale e residenziale, e configu-
rata da blocchi di appartamenti e file di case,
circondate da servizi pubblici. Alla fine degli
anni Sessanta è stata costruita l’espansione di
Cruzeiro Novo, costituita da edifici di quattro
piani su pilotis.
Dagli anni Ottanta gli edifici sono stati via
via circondati da recinzioni e intorno alle
attrezzature urbane sono sorte mura protet-
tive impenetrabili allo sguardo. In seguito
tale prassi è diventata abituale per i nuovi
progetti residenziali. Vicino a Cruzeiro Novo,
il progetto detto “Ottagonale” evidenzia l’idea
di comunità recintata, con barriere intorno ai
gruppi di edifici e un solo ingresso, per con-
trollare i flussi di pedoni e veicoli in entrata.
Il caso del Giardino botanicoIntorno all’area del Plano piloto sono com-
parse urbanizzazioni irregolari che occupano
aree pubbliche. Nel caso del Giardino botani-
co, tali urbanizzazioni hanno occupato due
tenute agricole. Le prime lottizzazioni sono
degli anni Ottanta, senza infrastrutture o
servizi urbani. Gli abitanti hanno costruito
strade, impianti sportivi e parchi gioco per
bambini. I lotti sono recintati da muri che
impediscono l’accesso dall’esterno.
Nell’area il paesaggio verde si è via via tra-
sformato in uno scenario di muraglie e opere
difensive. In questa regione il formarsi di
comunità recintate è stata irreversibile, con
più di 20 lottizzazioni. Nel 1999, il governo
ha riconosciuto ufficialmente l’area come
zona residenziale, che nel 2004 ha ottenu-
to ufficialmente la propria rappresentanza
amministrativa nel Distretto federale.
Il nuovo piano regolatore, allo studio, ha
fatto aumentare in modo significativo il
prezzo delle abitazioni. Costruttori e inve-
stitori hanno realizzato comunità recintate
con prezzi alti per il sito. La pubblicità cerca
di veicolare il concetto che il modo di vive-
re a Brasilia è cambiato grazie alle nuove
comunità recintate. Parole come “pace” e
“tranquillità” sono continuamente ripetute.
La “pace” è garantita da una pletora di dispo-
sitivi di sicurezza, controlli all’ingresso e
sorveglianza. 137U
L’aporia di BrasiliaIl contenuto programmatico del piano ispirato
al Movimento moderno prevedeva aperture
tra gli edifici per favorire i contatti sociali, l’in-
tegrazione, il tempo libero e le esperienze
comuni. Il Plano piloto configurava liberi gli
spazi pubblici, per essere fruiti da tutti, in un
nuovo ordine collettivo. Oggi invece il grande
discorso modernista della collettività viene cri-
ticato, mentre emergono nuove “utopie”, come
l’esperienza delle “comunità recintate”. Il valore
collettivo del modernismo ha ridotto la sfera
sociale a micro-scala (Santos, 1981), e questo
diventa un rischio se si vogliono costruire valo-
ri collettivi.
Brasilia’s design can be interpreted by two utopian orders. The first is related to the mythical character of the utopian condition which oscillates between the denial of a historical context of underdevelopment and the promise of an ideal situation (CHOAY, 2009). The second was based on the public ownership.If the initial utopian dimension of Brasilia was turned apart, today it is being built by a reversed image of it based on private property. As a contemporary urban phenomenon, the gated communities appeared early in Brazil in the late 1970s. In Brasilia, condominiums acquire particularities that deserve to be understood by following Brasilia`s narratives of configuration along its 52 years. The first relates to its construction until its inaugu-ration when the decision of occupying distant areas far from the Pilot Plan became recurrent in the urban consolidation of the capital. The second is charac-terized by the consolidation of the Pilot Plan and of the satellite towns that is defined by the process of disorderly and rapid urban growth that transformed an administrative capital into a metropolis with the same problems of any other Brazilian capitals. And finally, the third is set in the metropolitan formation that expands and occupies the intra-urban interstitial voids. The metropolis abandons gradually its diffused character, and the Pilot Plan transforms more and more into Brasilia’s historic center. The lack of housing for the middle class favored two aspects of urban enclaves in Brasilia. First one: the enclosure of planned modernist areas. Second one: the private occupation of the public land through irregular allotments transformed into gated communities.The residential area of Cruzeiro was designed by Costa team in 1959. It was configured by isolated apart-ments blocks and row of houses surrounded by public facilities. In the late 1960s, Cruzeiro Novo was built as an expansion of it, configured by four story apartment buildings on pilotis. From the 1980s, these buildings started to be enclosed by fences and the neighborhood urban equipments by opaque walls. In subsequent years, this practice became part of the conception of new housing projects. Octogonal embodied the con-cept of gated community, with hedges around clusters of buildings with a single entry to control the pedes-trian and vehicles flows.Jardim Botânico appropriated the area of two farms. The first allotments appeared in the 1980s without any infrastructure or urban facilities. The inhabitants built roads, sports facilities and parks for children, the condos were walled and closed to outside access. The formation of gated communities became an irrevers-ible fact with more than 20 condominiums only in this region. In 1999, the government officially recognized this region as a dwelling sector. In 2004, the Jardim Botânico’s region has its official administrative unit in the Federal District.The programmatic content of the Modern Movement signed the openness between buildings to provide social contact for integration, leisure and public expe-rience. The plot of Brasilia was configured from free public space for the individual within a new collective order. The great modernist narrative of collectivity is placed under critical regard and other “utopias” took place as the experiences of the gate communities. The city’s modernist collective scale is reduced to micro-scale social sphere (Santos, 1981) and, certainly, becoming a risk culture in order to construct collective values.
Bibliografia — Choay, F., A regra e o Modelo. (trad. de Sousa, G. G.,
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ou cidade?”, in Paviani, A., Brasília 50 Anos da Capital a Metrópole, Ed. da Universidade de
Brasília, Brasília.
Foto di Isabel Gomes Paira
138U
The inverse image of an utopia: Brasilia’s gated communities
Elane PeixotoLuciana Saboia Ana Elisabete Medeiros
In Brasile i processi storici di urbanizzazione
hanno prodotto realtà contraddittorie sull’u-
so dei suoli. Le occupazioni illegali urbane
sono conseguenza dei conflitti innescati
dalla pianificazione e dalla gestione dei cen-
tri urbani, ma sono anche una risposta alla
domanda di case, a fronte di fattori economi-
ci, politici e sociali.
Secondo Maricato (2002), dato che il mer-
cato dei terreni fabbricabili non consente
l’accesso alle fasce popolari a basso reddi-
to, queste tendono a occupare illegalmente
aree non assimilate dal mercato formale. Le
unità abitative sorgono sulle rive dei fiumi,
sui fianchi delle colline, nelle aree compro-
messe dal punto di vista ambientale, o nelle
“aree protette”, senza infrastrutture, pro-
vocando gravi ripercussioni sulla società e
l’ambiente.
In Brasile sono stati individuati vari modelli
di insediamenti illegali. Dalle occupazioni di
singole famiglie si sono trasformati in azioni
organizzate di massa, non sempre legate alla
povertà. Le occupazioni illegali effettuate
dalla classe media è aumentato, come è evi-
dente a Brasilia, per ordine di grandezza la
quarta concentrazione urbana del Brasile
(IBGE, 2010).
Brasilia è sempre stata interessata da inizia-
tive di pianificazione urbana. Fin dalla sua
ideazione e costruzione, ci si è impegnati
a organizzare processi di occupazione che
evitassero contrasti e diseguaglianze socia-
li. Nonostante il Piano di sviluppo urbano,
la città deve affrontare gli stessi problemi
della maggior parte delle grandi aree metro-
politane: forte crescita della popolazione,
che attiva una espansione urbana incon-
trollabile, diseguaglianza socio-economica e
degrado ambientale.
La pressione urbana si è manifestata fin
dall’inizio, con la necessità di ospitare le per-
sone chiamate a costruire la città. La “città
ideale” che si sarebbe dovuta costruire non
prevedeva l’insediamento della popolazione
che cominciava ad affluire da varie regio-
ni del paese. Per questo furono costruite le
“Città Satellite”, per ospitare questa popola-
zione, scelta obbligata per chi arrivava nel
Distretto federale ma non poteva permet-
tersi di vivere nell’area del Plano piloto. La
caotica situazione urbana e ambientale del
Distretto federale è conseguenza di questo
continuo processo migratorio.
La pressione dell’espansione ha prodotto
l’occupazione urbana multicentrica del ter-
ritorio intorno a Brasilia, con occupazioni
legali e illegali. A causa della concentrazio-
ne di opportunità di lavoro entro l’area del
Plano piloto, si sono inoltre avute occupa-
zioni di terre e lottizzazioni irregolari, in
aree non residenziali entro e sui confini
della città. Occupazioni da parte di persone
di classe media e a basso reddito.
Esempio emblematico delle occupazioni
irregolari, effettuate da persone a basso red-
dito, è “Vila Estrutural”, un insediamento a
13 km dall’area del Plano piloto. Realizzata
negli anni Settanta dai raccoglitori di rifiu-
ti (“scavenger”), che frugavano nella Lixão
do Jockey Club1, la Vila è molto cresciuta,
accogliendo persone che confluivano nel
Distretto federale da altre regioni, alla ricer-
ca di una migliore qualità di vita. Oggi vi
risiedono circa 40.000 persone2, di cui gli sca-
venger rimasti sono circa il 5%.
Sul lato ovest di Vila Estrutural si sono veri-
ficate occupazioni irregolari, anche da parte
di persone della classe media. Gli appezza-
menti di terra, in origine donati dal governo
alle famiglie, perché producessero prodotti
agricoli, sono diventati invece aree da lot-
tizzare e commercializzare (illegalmente). E
negli ultimi trenta anni questi processi sono
molto aumentati.
Vila Estrutural è adiacente al Parco nazionale
di Brasilia, risorsa essenziale per l’ambiente
nell’area metropolitana. L’obiettivo princi-
pale del Parco è proteggere il Cerrado Biome
e i corsi d’acqua, che per altro riforniscono la
città.
La discarica “Aterro do Jockey Club”3 è
localizzata tra “Vila Estrutural” e il Parco
nazionale. L’insediamento è delimitato
anche dal torrente “Cabiceira do Valo” e dal
principale accesso stradale alle città satel-
lite occidentali: la via Estrutural, lungo il
Polidotto Petrobras4. La Vila è oggi oggetto
dell’importante “Progetto di sostenibilità
ambientale di Brasilia”5. Nel 2005, quando
si pianificava il progetto, Vila Estrutural era
la bidonville più grande del Distretto fede-
rale, la più critica per le condizioni sociali e
ambientali, con indici di criminalità più alti
di tutto il Distretto e nell’area non c’erano
strutture sociali.
Per la carenza di infrastrutture urbane, la
Vila scaricava una notevole quantità di
inquinanti direttamente nei corsi d’acqua
naturali. Gli abitanti avevano inoltre poche
opzioni per il trasporto locale, a parte l’auto-
strada. La discarica non aveva infrastrutture
di drenaggio; i reflui degli impianti igienico/
sanitari non erano raccolti né adeguatamen-
te trattati; e anche la distribuzione del gas
non era adeguatamente gestita (Banca mon-
diale, 2005).
Il Consiglio cittadino stabilì che la soluzione
migliore, per mitigare l’impatto ambientale
e migliorare la qualità di vita degli abitanti di
Vila, fosse potenziare le infrastrutture urba-
ne. L’ipotesi di trasferire l’insediamento non
fu accolta, per gli alti costi sociali ed econo-
mici e per la forte opposizione dei residenti
ai precedenti tentativi di delocalizzazione.
Gli interventi previsti per Vila Estrutural
erano basati su alcune strategie chiave:
ridurre le diseguaglianze regionali che inci-
dono sulla scarsità di risorse, risolvere i
problemi politici e istituzionali per la gestio-
ne dei rifiuti e affrontare l’ampia gamma di
problemi sociali. Gli interventi sono partiti
utilizzando metodi di partecipazione, per
formulare le proposte e valutare le opzioni
di miglioramento.
In tal modo si è stimolata una sorta di
governance locale. Il Governo del Distretto
federale, inoltre, ha dato vita ad una spe-
cifica amministrazione regionale per Vila
Insediamenti illegali: Vila estrutural
139U
Cristiane GuinancioViridiana Gabriel Gomes
Estrutural. Nell’area si è così formata una
forte organizzazione comunitaria.
Per migliorare i servizi sociali sono stati
realizzati ristoranti comunitari, una stazio-
ne polizia, un centro di assistenza medica e
le scuole. Un programma integrato di assi-
stenza sociale è stato messo a punto con la
realizzazione di spazi comunitari sicuri e
opportunità di lavoro, e quindi di reddi-
to, insieme a programmi di sviluppo per il
tempo libero dei giovani.
Nonostante ciò l'efficacia di questa politica
è stata criticata, sebbene si fosse data prio-
rità all’assunzione degli abitanti della zona
per i lavori edili e le opere infrastrutturali. Il
Governo ha promosso anche un programma
di assistenza finanziaria, ma la popolazio-
ne locale non ha sfruttato le opportunità di
lavoro nell’edilizia e anche la partecipazione
ai programmi educativi per produrre reddito
non è stata significativa.
Nel 2006 è stato approvato un piano per
migliorare la “Zona residenziale di interesse
sociale” di Vila Estrutural, che offre il quadro
legale per modificare le destinazioni d’uso
dei suoli e il regolamento edilizio. Si è inol-
tre ottenuto di poter acquisire i terreni, ma
l’aumento di valore dei terreni ha provocato
pressioni di mercato nell’area.
Il re-insediamento di residenti a Vila, per
proteggere le aree sensibili dal punto di vista
ambientale e offrire abitazioni, ha interessa-
to 400 famiglie. Altre famiglie però restano
in siti impropri e non saranno re-insediate
finché non saranno costruite le loro case.
L’obiettivo è di fornire 1360 abitazioni. Ma
intanto continuano le occupazioni irrego-
lari. La rimozione della discarica “Aterro
Sanitário do Jockey Club” era un obiettivo
chiave del progetto, che però non è stato
raggiunto. La gara di appalto per la gestio-
ne della nuova discarica è tre volte andata
deserta. Il governo ha deciso quindi di rea-
lizzare una discarica pubblica, per la quale si
sta preparando la gara di appalto.
La fornitura di servizi ambientali urbani ha
migliorato sensibilmente le condizioni di
vita di Vila Estrutural, ma a scala metropo-
litana ci sono ancora problemi da risolvere:
i limiti incerti dei confini sono un pericolo
costante per l’espansione urbana come il
degrado ambientale. La domanda di lavoro
diventa sempre più pressante, nella Vila e
nella regione, ed è urgente ridurre la pres-
sione sull’area del Plano piloto, come del
resto richiede la salvaguardia dei beni che
sono parte del Patrimonio dell’umanità
Unesco6. Considerando le condizioni locali,
l’accesso al distretto e alle aree vicine resta
limitata. E nonostante un nuovo proget-
to di sviluppo, nell’area si rilevano ancora
standard di vita bassi, con tipi edilizi inade-
guati e servizi pubblici insufficienti, anche
per il perpetuarsi delle occupazione illegali.
Le occupazioni informali riducono le aree
verdi e l’offerta di spazi pubblici, che in ogni
caso non sono sufficienti a modificare l’ari-
do scenario dell’occupazione.
L’ambiente edificato mostra un rapporto
fragile tra spazi pubblici e privati. I piani
studiati per reinserire i nuclei familiari pro-
vocano processi autonomi di edificazione,
che spesso invadono le aree verdi pubbliche,
impoverendo la qualità degli spazi aperti.
Esaminando le alternative di miglioramen-
to, si evidenziano alcuni aspetti: per gli
spazi pubblici, è possibile individuare come
opportunità le residue aree aperte nella con-
centrazione urbana, che possono formare
lungo la Vila un asse di spazi comunitari.
Altri interventi dovrebbero invece rinfor-
zare le opportunità di mobilità sociale. C’è
comunque l’esigenza di valutare gli stru-
menti per il possesso del suolo e le politiche
abitative adottate. L’addensamento richiede
infatti una gestione efficace dell’aggregato
urbano per salvaguardare le opportunità per
i residenti a basso reddito. Il senso di appar-
tenenza, infine, deve essere considerato
un tema importante, per poter ridefinire le
interazioni tra ambiente urbano e ambiente
naturale, tra la proprietà pubblica e quella
privata.
Vila Estrutural è un esempio interessante
di intervento di miglioramento delle occu-
pazioni illegali. Il miglioramento delle
condizioni di vita e l’accesso ai diritti di pro-
prietà hanno promosso la mobilità sociale
che, seppure nella logica dell’economia capi-
talista, rimane una sfida.
1. All’inizio gli scavenger occuparono le terre ai con-
fini della discarica “Lixão do Jockey Club”, la maggiore
della città. Più tardi fu realizzata vicino la discarica
“Aterro Sanitário do Jockey Club”.
2. Nel 2004 Vila Estrutural aveva 25.000 abitanti, di
cui 700 praticavano ancora il “mestiere” della raccolta
rifiuti. Nel 2005 la popolazione stimata era di 35.000
abitanti (Amministrazione regionale del settore com-
plementare dell’industria e del commercio, 2011).
3. Nel 2005, il Distretto federale raccoglieva da
3.000 a 3.500 tonnellate di rifiuti solidi al giorno, di cui
il 50% ca. finiva nella discarica “Aterro Sanitário do
Jockey Club”, sito ufficiale di conferimento rifiuti negli
ultimi 35 anni (Banca Mondiale, 2005).
4. Petrobras è la società petrolifera brasiliana.
5. Il “Progetto di sostenibilità ambientale di Brasilia”
è un grande progetto di sviluppo regionale, di cui la
componente principale è un progetto di risanamento,
studiato per risolvere i problemi relativi all’uso soste-
nibile delle risorse naturali: inquinamento delle acque,
gestione regionale dei rifiuti solidi e problemi sociali
(Banca mondiale, 2005).
6. La concentrazione di opportunità di lavoro
nell’area del Plano piloto è un pericolo, se si vuole
mantenere la qualifica di “Patrimonio dell’umanità”.
È quindi urgente perseguire uno sviluppo urbano
equilibrato, promuovendo il consolidamento di altre
centralità urbane, in modo che si abbiano opportunità
di lavoro in varie parti del Distretto federale.140
U
In Brazil, historical urbanization processes have promoted contradictory realities concerning land use. Urban illegal occupations are the conse-quences of conflicts involving urban planning and management. They are also a response to housing demands, in face of economic, politic and social factors.According to Maricato (2002), as land market does not allow open access to low-income popu-lation, they tend to illegally occupy areas not assimilated by the formal market. Housing units are built in river banks, hillsides and environ-mentally damaged or protected areas, with no urban infrastructure, promoting severe social and environmental consequences.Different illegal settlement patterns have been observed in Brazil. From individual family occu-pations, they became massive and organized actions, not necessarily linked to poverty. The number of middle-class illegal occupations has increased, as observed in Brasília, the 4th larg-est urban concentration in Brazil (IBGE, 2010).Despite urban planning initiatives implemented since its conception and construction, Brasilia faces problems that can be identified in most of the largest metropolitan areas of the country: high population growth promoting uncontrolled urban expansion, socioeconomic inequality and environmental degradation. Middle-class and low-income irregular occupations are observed.Concerning low-income irregular occupations, “Vila Estrutural” is an emblematic example. The settlement is located 13Km far from the Pilot Plan It was created in the 70’s by scavengers working the “Jockey Dumpsite”. Today, nearly 40.000 people live there with estimated 5% of remaining scavengers. “Vila Estrutural” is adjacent to Brasilia National Park, an important environmental conservation unit within the metropolitan area of Brasilia. The main objective of this conservation unit is to protect the Cerrado Biome and water bod-ies that supply the whole city. The “Jockey Sanitary Landfill” is between “Vila Estrutural” and the National Park. The settlement is also delimited by the “Cabeceira do Valo” Stream and
the main road access to western satellite cit-ies – Estrutural Road, along with the Petrobras Poliduct.The Vila is object of a major intervention project – “Brasília Environmentally Sustainable Project”. By 2005, when the project was being planned, Vila Estrutural was the largest slum of the Federal District. From a social and environmen-tal standpoint, it was the most critical one. Due to the lack of urban infrastructure, the Vila was responsible by the major pollution load draining into natural water courses (World Bank, 2005).The urban and environmental council have evaluated that the alternative to mitigate the Vila’s environmental impact was to upgrade its urban infrastructure and improve the quality of life of the inhabitants. The project interventions comprised key strategies: to address the need to reduce regional inequalities that impact on scarce natural resources and to address policy and institutional issues of waste management and a wide range of social issues.Interventions were delivered. Results are sig-nificant. A highly participatory methodology was adopted to propose and assess upgrading options. As a result, a strong community organi-zation is reported in the area. Social services were improved and an integrated social assis-tance program was implemented creating community safe spaces and promoted income generation opportunities. The effectiveness of this policy has been criticized.In 2006, the area upgrading plan for the “Residence Zone of Social Interest” of Vila Estrutural was approved. Access to property ownership has been achieved. Nevertheless, the increase of property value resulted in market pressure in the area.The provision of urban environmental services improved living conditions. Irregular occupation processes continue. Poor living standards with inadequate building typologies and insufficient public services are still observed. Housing plots provided for resettled families are object to self-construction processes that often invade public areas, decreasing the quality of the open space.Vila Estrutural is a remarkable reference of upgrading interventions in illegal occupations in Brazil. The improvement of living conditions and access to property rights promoted social mobil-ity. Nevertheless, in face of remaining regional inequalities and the logic of capitalist economy, the preservation of achieved social mobility remains a challenge.
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project-p089440-implementation-status-results-
report-sequence-12. (marzo 2012).
ɽɽ
Localizzazione di Vila Estrutural
ɽ
Tipi edilizi esistenti, e infrastrutture pubbliche insufficienti.
Existing building typo-logies with insufficient public infrastructure.
141U
Illegal settlements: Villa Estruttural
Cristiane GuinancioViridiana Gabriel Gomes
Quando nel 1898 lo stenografo inglese Ebenezer
Howard ampliò la sua proposta di città-giar-
dino aggiungendovi nuovi centri urbani – le
città satelliti – non poteva immaginare che la
sua idea si sarebbe trasferita a Brasilia, dopo il
1960. Nate per controllare e salvaguardare il
Plano piloto, le città satelliti sono diventate una
alternativa, per ospitare i flussi immigratori
provenienti da tutto il paese. Città prive dello
splendore urbanistico e della fama della città
centrale, ma progettate per fini specifici, con
vari gradi di controllo urbanistico, che oggi for-
mano la regione metropolitana di Brasilia, con
oltre 2.500.000 abitanti.
Qui, l’attenzione sarà rivolta al vettore di cresci-
ta sud-ovest del Distretto federale, che segue la
linea della metropolitana, che parte dall’area del
Plano piloto (1960), attraversa Guará I (1967) e
Guará II (1969), Águas Claras (1991), Taguatinga
(1958), per poi biforcarsi verso Samambaia
(1985) e Ceilândia (1971). Un’area urbana avvia-
ta tra i due poli inaugurali – Taguatinga e il
Plano Piloto – che si è riempita di altri insedia-
menti, dando vita alla più grande conurbazione
metropolitana per numero di abitanti e seconda
solo al Plano piloto per le attività economiche.
Territorio e sviluppoFin dal Plano piloto, l’espansione di Brasilia si è
giocata sulla interazione di vincoli fisici e nor-
mativi. La capitale è al centro di una “cupola”,
con un culmine centrale, circondato poi da un
anello interno e uno esterno, formando cerchio
a circa 20 km di distanza dal centro.
Le prime politiche di conservazione si basavano
su questo cerchio, come bordo di un tampone
verde, tra la città e gli inevitabili insediamenti
satellite, che si sarebbero costruiti a dispetto
della “autosufficienza” del Plano piloto. L’idea
era proteggere il progetto della capitale e le risor-
se idriche necessarie, con una circonvallazione
che evidenziava il limite della “zona tampone”.
Il primo regolamento sull’espansione urbana,
sotto forma di città satellite, fu il “San Tiago
Dantas Act” (poi L. 13, aprile 1960, ovvero a
pochi giorni dalla inaugurazione di Brasilia).
Ma la prima città satellite era già stata
realizzata due anni prima, lungo l’anello sudoc-
cidentale: Taguatinga. Il sito scelto aveva due
caratteristiche favorevoli. La prima è che il quar-
tiere a sud-ovest del Distretto federale forniva
un terreno più pianeggiante e quindi facile da
edificare. La seconda è che l’area era attraversata
dalla autostrada per Goiânia, la più vicina gran-
de città, che offriva il principale supporto per la
costruzione di Brasilia, con l’apporto di operai e
materiali.
La scelta del sito ha rafforzato decisivamente
la crescita del settore sud-occidentale, dove si
è cominciato a realizzare tutte le opere infra-
strutturali. Nella fase successiva, soprattutto si
è riempita la “zona tampone” tra il Plano piloto
e Taguatinga. La realizzazione della linea metro-
politana ha infine confermato l’area come la
parte più significativa della metropoli che per
numero di abitanti supera oggi il Plano piloto
ed è al secondo posto per le attività economi-
che. La linea metropolitana sarà il nostro filo di
Arianna.
Il percorsoPartendo dalla stazione centrale, sotto l’incro-
cio dell’autostrada e degli assi monumentali, la
metropolitana corre sotto sedici file di super-
quadras, e risale in superficie vicino al confine
tra l’area del Plano piloto e Guarà, dove diventa
un asse visibile, che divide la metropoli, per poi
interrarsi di nuovo verso Taguatinga. E dalla
metropolitana si percepisce chiaramente che il
tentativo originale di creara una metropoli for-
mata da città ben distinte abbia lasciato il posto
a una superficie urbana continua.
Guará I e IIProgettate per gli operai dell’industria e i dipen-
denti pubblici, i due insediamenti riprendono,
riformulandoli, alcuni dei tipi residenziali adot-
tati dal Plano piloto. Il piano generale era stato
progettato da Lucio Costa, mentre la quello par-
ticolareggiato è attribuito a Renato Sá Júnior e
Ney Gabriel de Souza. Guará introduce il model-
lo degli addensamenti commerciali a grappolo,
ben diversi dalle strade commerciali che carat-
terizzano l’area del Plano piloto e di Taguatinga.
I “grappoli” replicano le case a cul-de-sac del
Plano piloto e di Taguatinga, ma mentre questi
sono caratterizzati dalla chiarezza delle proprie
reti stradali, la circolazione di Guarà è invece
Città satelliti e Brasilia metropolitana
142U
Pedro Paulo PalazzoRicardo Trevisan
labirintica. Il modello isola le unità abitative
e, anche se affiancato da edifici più alti, il viale
centrale di Guarà ha densità e accessibilità assai
inferiori rispetto agli addensamenti di case a
schiera della periferia.
I difetti di questo schema hanno per altro por-
tato alla crescita di una striscia commerciale
lungo l’autostrada, a nord della città, a servizio
dei pendolari metropolitani. Recentemente
intorno a Guarà sono sorti anche edifici di circa
venti piani. E questo tipo di sviluppo evidenzia
la mancanza di chiarezza della pianificazione
regionale che non riesce a tenere il passo con il
dinamismo del mercato immobiliare.
Águas ClarasÁguas Claras è l’insediamento più recente in
quest’area, lungo la linea della metropolitana,
a circa 18 km. dal centro. Il progetto di Paulo
Zimbres (1991) ha cercato di riproporre un
tipo di urbanistico tradizionale, con destinazio-
ni miste e una vita animata nelle strade, e con
maggiori densità (in origine fino a dodici piani).
Si trova alla confluenza tra i rami settentriona-
le e meridionale della metropolitana, ma non
ha raggiunto ancora questo ideale di centralità
urbana.
Oggi Águas Claras è molto diversa dall’ideale
concepito all'avvio del progetto. Con più di
135.000 abitanti (con previsione finale di
300.000) la città è un miscuglio di torri resi-
denziali con più di venti piani, circondate
da marciapiedi praticamente inutilizzabili e
strade congestionate. I lotti, grandi e poco pro-
fondi (17x30m), e i larghi spazi vuoti intorno
alle stazioni della metropolitana, contrastano
l’efficienza del tessuto urbano, favorendo lo svi-
luppo di complessi autonomi, affacciati sulle
strade con lunghi muraglioni a garage senza
aperture.
I pregiudizi degli immobiliaristi locali contro
l’uso misto dei suoli ha ostacolato a lungo un
assetto economicamente più efficiente e solo
di recente sono sorti nuovi isolati con i piani
terra destinati a negozi, anche se non sempre a
carattere urbano. Il fatto che i residenti facciano
parte quasi solo della stessa fascia di reddito, la
classe media, è un altro fattore che ostacola la
differenziazione delle strutture a uso pubblico.
Concepita come alternativa alla segregazione
socio-spaziale dell’urbanistica modernista delle
prime città satellite, di fatto Águas Claras ha
solo aggravato il problema.
Taguatinga, Samambaia e CeilândiaTaguatinga è il primo esempio del cosiddetto
“progetto urbano” modernista e periferico: un
modello di città progettata da professionisti, non
locali e non supportati dal modernismo erudito
e dispendioso del Plano piloto di Lucio Costa.
Il progetto di Lúcio Pontual Machado e Milton
Pernambuco – della società Novacap, per lo svi-
luppo del settore pubblico – è del 1958. Il sito è a
22 km. dal centro del Plano piloto. Gli isolati di
Taguatinga, simili a una griglia classica, allunga-
ta linearmente, formano una strana mescolanza
di lotti convenzionali, disposti fianco a fianco
con facciate uniformi su strada, vicoli posteriori
e parcheggi, che formano il secondo fronte degli
isolati, abbassando la densità complessiva.
Per la sua età, densità e posizione, Taguatinga
ha superato di molto lo status di “satellite” ed è
la città metropolitana più sviluppata economi-
camente; con 212.000 abitanti è definita centro
regionale nell’attuale masterplan del Distretto
federale. La città è dotata di una notevole diver-
sificazione, per reddito e attività, superiore a
quelle delle altre città satellite.
Taguatinga deve comunque essere vista in
relazione con le due città vicine: Ceilândia e
Samambaia. La prima, ubicata sul ramo nord
della metropolitana, è stata fondata nel 1971
ed è la città più popolosa del Distretto fede-
rale (402.000 ab.), ed è anche una delle più
143U
lontane dall’area del Plano piloto: il capolinea
della metropolitana è 42 km dalla stazione cen-
trale. Progettata durante la dittatura militare, ha
una popolazione a basso reddito e ha sempre
ottenuto scarsi investimenti pubblici.
Samambaia, progettata nel 1985 nell’ambito di
un progetto di ricollocazione residenziale, come
Ceilândia, funzionava all’inizio da polmone
agricolo di Taguatinga. Essendo compressa tra
una autostrada e un corridoio ecologico, si è
sviluppata con alte densità, con gruppi di edifici
alti, lungo la linea metropolitana meridionale,
la linea arancione.
ConclusioniA un secolo dall’impianto teorico di Ebenezer
Howard, Brasilia è ben lontana dagli ideali del
pensatore inglese. Le sue città satellite non sono
separate da ampi spazi utilmente destinata a
parco e neppure si saldano a formare un tessuto
continuo. Come punto di snodo metropolitano,
Taguatinga assomma in sé le carenze proprie
di questa pianificazione: per quanto prossima
ai centri vicini di Águas Claras, Samambaia
e Ceilândia, a separarli ci sono le zone indu-
striali, scarsamente urbanizzate e corridoi
ecologici, molto trascurati. La mancanza di una
pianificazione regionale integrata e l’impegno
di funzionari e professionisti concentrato quasi
solo sull’area del Plano piloto, perpetuano lo
squilibrio e la dipendenza delle città satellite
dalla città centrale. Anche i satelliti, tuttavia,
hanno oggi caratteristiche proprie, non meno
importanti del progetto iconico del Plano piloto.
As part of the control and preservation of Lucio Costa’s Pilot Plan, intended for 500,000 inhabit-ants, satellite towns came up as alternatives to house migrants coming from the farthest reach-es of the country. Towns lacking the urbanistic brilliance and the fame of the central city; new towns designed for specific purposes; towns with varying degrees of planning control; tows that give shape to this day to the metropolitan region of Brasilia, housing over 2,500,000 inhabitants.Particularly, attention will be drawn to the southwest growth vector of the Federal District, indicated by the subway line. This line leaves the Pilot Plan (1960), passing through Guará I (1967) and Guará II (1969), Águas Claras (1991), Taguatinga (1958), then forking towards Samambaia (1985) and Ceilândia (1971). This urban area started with the two inaugural poles of Taguatinga and the Pilot Plan, and was filled in recent years with other settlements, generat-ing a peculiar conurbation concentrating much of the metropolitan population.Guará I and II: designed to house industry work-ers and public servants, both settlements reuse and reshape some of the residential types adopt-ed in the Pilot Plan. Guará introduces in the metropolis the paradigm of commercial clusters, departing from the linear commercial streets that so far characterized the Pilot Plan and Taguatinga, surrounded by a replication of the Pilot Plan’s cul-de-sac housing.Whereas the Pilot Plan is characterized by the clarity of its highway system, and Taguatinga by an equally clear linear layout mediated by a compromised gridiron network, the design of Guará I and II is labyrinthic. This pattern seg-regates housing pods among one another and compromises the metropolitan accessibility of commercial areas. This pattern in turn has led to the establishment of a commercial strip along the
EPTG highway just north of the town, catering to metropolitan commuters.Águas Claras: the most recent planned settlement on this axis, it was conceived around the sub-way line. In the spirit of the 1980s, its design made an attempt to reclaim traditional urban-ism with mixed-use development and continuous street life, as well as higher density. However, its large and shallow lots (17x30m) and the wide expanses of empty space around the subway sta-tions impaired the efficiency of the urban fabric, fostering the development of self-contained con-dominiums meeting the street with long, blank garage walls.Local prejudice in the real estate sector against mixed-use has only recently given way to eco-nomic efficiency as more new developments incorporate commercial ground floors, albeit not always in an urbane layout.Taguatinga: The first satellite town to be designed as such in the Federal District, it was built just outside the rim of the geological basin contain-ing the Pilot Plan, thus bringing about the theory that the latter was to be “protected” all around by vast stretches of open land. For topographical and territorial reasons – a relatively flat piece of land on the road to Goiânia, the closest major city – the chosen site was to the southwest of the capital.This setting, and the metropolitan growth vector that ensued, helped configure the densest part of the metropolis. Taguatinga is also the first example of what came to be called “peripheral modernist” urban design: a paradigm of towns designed by professionals, thus not vernacular, but not endowed with the erudite, and expensive, modernism of Lucio Costa’s Pilot Plan either.Laid out on top of a classic gridiron stretched lin-early, Taguatinga’s city blocks are thus detailed in an uncanny meld of conventional, side-to-side lots giving a continuous street face, and back alleys and parking clusters giving a second front to these same lots while lowering overall density.
Bibliografia — Brito, Jusselma Duarte de, De Plano Piloto a
Metrópole: a Mancha Urbana De Brasília, Brasília,
Sinduscon, 2010.
— Costa, Graciete Guerra, da, “As Regiões
Administrativas Do Distrito Federal De 1960
a 2011”, Doctoral dissertation. Programa de
Pós-Graduação em Arquitetura e Urbanismo,
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— Kohlsdorf, Maria Elaine, Kohlsdorf, Gunter,
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University Press of Florida, 2009.144
U
Satellite Cities and the Metropolitan Brasilia
Pedro Paulo PalazzoRicardo Trevisan
Brasilia è la sintesi di una visione estetica del
mondo e dell’architettura di un solo uomo,
Lucio Costa (Gorovitz 2011), “maquis” per defi-
nizione1. Figlio di un ingegnere militare di alto
grado, Costa nasce a Parigi, ha lavorato per nove
mesi a New York e in Portogallo ha fatto tutte le
ricerche possibili per scoprire le radici della cul-
tura brasiliana.
A Brasilia Costa ha integrato la monumentalità
di Parigi e di Washington, con la visione della
mobilità privata, motorizzata, di New York
a fine anni Trenta. Brasilia rispecchia chiara-
mente questa “visione della città dalla mobilità
infinita, grazie allo sviluppo della tecnologia dei
trasporti, soprattutto, delle auto private” (Hall,
2002, p. 10), che si esprime nelle lunghe e ampie
superstrade, come l’asse residenziale, che attraver-
sa l’area del Plano piloto2 da sud a nord.
Sebbene questa visione della mobilità libera
abbia funzionato per alcuni decenni per le clas-
si più agiate, la più recente popolarizzazione
dell’automobile e la conseguente valanga di
auto che invade le strade di Brasilia hanno tra-
sformato il sogno in un incubo quotidiano di
infinita congestione del traffico.
In questo breve contributo si riesamina la visio-
ne della mobilità, nel masterplan di Costa per
Brasilia, confrontandola con l’attuale precaria
situazione del sistema dei trasporti della regione
metropolitana, proponendo alcune possibilità
per il futuro della pianificazione dei trasporti in
questa città.
Dalla visione di Lucio Costa sulla mobi-lità urbana alla realtàGli anni della presidenza di Kubitschek
(1956-1960) sono stati contrassegnati da
un modello economico basato sul capitale
internazionale e l’insediamento di industrie
multinazionali. I grandi investimenti
nell’industria automobilistica tendevano a
“modernizzare” il paese. L’automobile non
era solo una innovazione tecnologica ma
anche un simbolo della modernità che il
governo auspicava per il paese. La nuova
capitale doveva quindi rispecchiare il “nuovo
Brasile”: moderno, integrato nell’economia
globale e tecnologicamente avanzato.
Il piano di Costa rispondeva a questa
esigenza, considerando l’automobile com-
ponente essenziale della struttura cittadina,
e perciò proponendo sistemazioni spaziali
significative a questo scopo: strade veloci
senza incroci; separazione tra traffico vei-
colare e pedonale; abbondanza di spazi di
parcheggio.
Privilegiando l’automobile alla scala più
grande, Costa definiva le superquadras come
dominio pedonale (riservato), unendo l’at-
mosfera del parco al commercio locale e ai
servizi di base, realizzando unità residenziali
semi-autonome (Gorovitz, 2005). Brasilia è
stata dunque progettata in pieno accordo con
il desiderio di Kubitschek di costruire una
città per l’automobile (Ficher, 2000).
Questo tipo di mobilità era stato progetta-
to per una Brasilia di 600.000 abitanti3; e
solo quando la città avesse raggiunto questo
numero si sarebbero costruite le città satelliti,
per far fronte alla crescita della popolazio-
ne. Ma una immensa quantità di immigrati
a basso reddito, attirati dalle opportunità di
lavoro, si stabilirono ai margini di Brasilia, in
bidonville in continua crescita e prive delle
infrastrutture di base. Ciò spinse il gover-
no ad anticipare la proposta di espansione
urbana di Costa e nel 1958 – prima ancora di
completare Brasilia – fu inaugurata la prima
città satellite, Taguatinga.
ɻ
Crescita demografica a Brasilia 1950-2005 (Grafici elaborati dagli autori sulla base dei dati ministeriali)
Population growth in Brasília 1950-2005 (Graphics developed by the authors using go-vernmental data)
Mobilità e trasporto pubblico a Brasilia
145U
José Manoel Morales Sánchez Carolina Pescatori
Realizzando la città e tenendo conto che
l’automobile non era ancora accessibile alla
maggioranza della popolazione, il governo
locale mise in atto alternative di traspor-
to, con due strategie: la fondazione di una
società di trasporto pubblico con autobus,
la Sociedade de Transportes Coletivos de
Brasília (Tbc, maggio 1961); offrendo gra-
tis il trasporto ai dipendenti pubblici. Tbc,
oggi, è stata assorbita da aziende private,
mentre il trasporto dei dipendenti è stato
ridotto sensibilmente, restando a dispo-
sizione di pochi enti e in particolare delle
Forze armate.
Il reddito elevato dei dipendenti pubblici,
nella burocrazia di alto livello, ha continua-
to ad attrarre immigrati per molto tempo,
dopo l'inizio della costruzione della città.
Ma è stato il boom delle nascite negli anni
Novanta, stimolato da una politica popu-
lista e inefficace di donazione di lotti con
poche o nulle infrastrutture, che ha portato
alla metropoli altamente popolata, quale
è oggi Brasilia: quasi 2,5 m.ni di abitanti,
distribuiti in 30 città satelliti nel Distretto
federale (oggi “Amministrazione regiona-
le”) e in altre 22 municipalità gravitanti
sulla capitale.
Il paesaggio di quasi tutte le città satelli-
te è dominato dalle case unifamiliari, il
che aumenta l’occupazione del suolo e la
distanza tra le diverse parti della città. L’area
del Plano piloto concentra la maggior parte
delle opportunità di lavoro ma vi risiede
solo il 12% della popolazione (Gdf, 2004),
il che comporta una configurazione del
territorio che produce vincoli significativi
alla mobilità, anche perché le superstrade
che collegano al centro le città satelliti sono
spesso congestionate dai pesanti movimen-
ti pendolari di innumerevoli veicoli privati.
Tentando di risolvere il sempre imminente
collasso del trasporto pubblico, nel 1990 il
governo locale ha cominciato a studiare un
sistema di linee sotterranee, sulla falsariga
tecnologica del sistema ad alta densità di
São Paulo, dove però il problema è meno
grave. La metropolitana di Brasilia consta di
due linee che collegano l’area sud-occiden-
tale a quella del Plano piloto, funzionando
più come un sistema di treni suburbani che
come una vera metropolitana.
Il sistema adottato, tuttavia, ha pochissime
stazioni nelle città satellite, ed è stato pro-
gettato per essere integrato con il trasporto
su strada, tramite bus. Le tariffe dei due
sistemi però non sono ancora integrate e
di conseguenza i costi sono alti, rendendo
meno economico il servizio di metropoli-
tane. La metropolitana, d’altra parte, non è
stata pensata solo per alleviare il problema
del trasporto pubblico.
Considerando le numerose interpellanze giu-
diziarie su un progetto poco chiaro in fase di
realizzazione, la metropolitana sembra segui-
re uno schema di grande complessità tecnica
e di notevole impegno finanziario, per un pro-
getto fin dall’inizio caratterizzato da scarsa
coerenza, come succede anche in altre città,
frutto di endemica corruzione e illegalità.
Oggi, il sistema dei trasporti di Brasilia usa
principalmente gli autobus, che coprono il
94% delle utenze pubbliche, mentre la metro-
politana trasporta appena il 6% (Gdf, 2010).
Tale sistema è considerato poco efficiente: per
quanto esteso e con una buona copertura, ha
troppe direzioni, pochi passeggeri/chilome-
tro, tempi lunghi di percorrenza e tariffe tra
le più care del Brasile (Gdf, 2010). L’analisi
storica dei tassi di motorizzazione privata di
Brasilia rivela nell’ultimo decennio un dram-
matico incremento dei veicoli in circolazione,
che aggrava i danni collaterali causati dal’ec-
cessivo numero di auto.
In questo scenario, il governo locale ha
approvato recentemente il Piano, estrema-
mente necessario, dei Trasporti Urbani e della
Mobilità di Brasilia e dei Comuni Limitrofi
(Pdtu). Nonostante la diagnosi approfondita
e ben strutturata, ci sono tuttavia discor-
danze significative tra l’analisi e le proposte.
Mentre il piano riconosce l’importanza del
trasporto non motorizzato, non esistono
ɽ
Congestione del traffi-co sulla autostrada per Taguatinga (Fonte: Uirá Lourenço, 2011).
Severe traffic congestion in the Taguatinga Parkway (Source: Uirá Lourenço, 2011).
146U
proposte concrete per realizzarlo. Inoltre,
anche se il piano riconosce che il modello
di mobilità regionale non può continuare a
basarsi sulle auto private e propone in real-
tà forti investimenti nel trasporto pubblico,
il Pdtu, paradossalmente, prevede anche
l’ampliamento della capacità stradale e non
impone limitazioni al traffico automobili-
stico, il che ovviamente è senza efficacia nel
lungo periodo.
ConclusioniOggi Brasilia e la sua area di influenza hanno
bisogno di una pianificazione territoriale
dei trasporti che attenui l’esclusione socia-
le, aggravata dalle lunghe distanze tra le
residenze e i luoghi lavoro/servizi e dalla
precarie condizioni del sistema dei trasporti.
I dati sulla localizzazione dei posti di lavoro
registrano che solo il 30% ca. dei residenti
vivono e lavorano nelle città satelliti (Gdf,
2011). E il Plano piloto ha mantenuto sto-
ricamente l'eccessiva centralità regionale:
il 40% degli spostamenti provenienti dal
Distretto federale e il 28% di quelli della
regione metropolitana hanno infatti come
destinazione finale, nelle ore di punta, l’area
del Plano piloto (Gdf, 2010).
Questa concentrazione si ripercuote pesan-
temente sul paesaggio urbano e sulla
qualità della mobilità nella città centrale,
anche perché il sovradimensionato sistema
stradale del Plano piloto non è riuscito a
fronteggiare le esigenze del traffico automo-
bilistico, con il conseguente aggravio della
congestione e dei problemi di parcheggio.
La stessa concentrazione impone inoltre
lunghi e faticosi spostamenti pendolari gior-
nalieri a molta parte dei residenti a Brasilia.
Problemi che il governo locale insiste a
“risolvere” con il dannoso allargamento
delle strade e degli spazi a parcheggio, entro e
fuori di Brasilia, “Patrimonio dell’Umanità”.
Il governo locale dovrebbe invece tentare di
decentralizzare le attività economiche pres-
so le città satelliti, e varando, nello stesso
tempo, politiche rigorose, per ridurre sposta-
menti delle auto private, investendo invece
nei trasporti pubblici, limitando il traffico
automobilistico (Cervero, 1998).
La vita degli abitanti nell’area del Plano
piloto, basata sul trasporto privato e sulle
passeggiate nei parchi delle superquadras,
è davvero un privilegio riservato a una
minoranza della popolazione. Un obietti-
vo coraggioso del governo di Brasilia sarà
realizzare un sistema di trasporto che, pur
integrando la regione, impedisca anche il
destino, apparentemente inesorabile, di
trasformare l’utopia di Costa in un borgo
moderno circondato da una conurbazione
sfrenata.
1. Movimento clandestino francese, la resistenza
all’occupazione nazista nella seconda guerra mondiale.
2. Plano piloto è il nome che la popolazione locale
dà all’area progettata da Lucio Costa.
3. Numero massimo degli abitanti del Plano piloto,
proposto da Sir William Holford, membro della giuria
del concorso per il masterplan di Brasilia (Braga, 2010).
Bibliografia — Braga, M. (2010), O concurso de Brasília: sete projetos
para uma capital, Brasília, Cosac & Naify.
— Cervero, R. (1998), The transit metropolis: a global inquiry, Oakland: Island Press.
— Costa, L. (1960). “Relatório do Plano Piloto de
Brasília”. Módulo, 18, pp. 1-20.
— Ficher, S. (2000), “Brasílias”, Projeto Design, 242,
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— Gdf, (2011), Pesquisa Distrital por Amostra de Domicílios, Brasília, Codeplan.
— Gdf, (2010), Relatório Final do Plano Diretor de Transporte Urbano e Mobilidade do Distrito Federal e Entorno, Secretaria de Estado de Transportes,
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— Gorovitz, M. (2011), Lecture for the Workshop Brasilia 50+50, Brasilia, Settembre 2011.
— Gorovitz, M. (2005), “Unidade de Vizinhança:
Brasilia’s Neighborhoodunit”, in Farés El-Dahdah.
(Org.), Lucio Costa Brasilia’s superquadra, 1ª ed.
Prestel, Monaco, v. 01, pp. 41-47.
— Hall, P. (2002). Cities of Tomorrow: an intellectual history of urban planning and design in the twentieth century (3ª ed.), Oxford: Blackwell Publishing.
ɻ
La rete della metropolitana Brasilia. (Fonte: MetroDF, 2011).
Brasilia’s subway system (Source: Adapted from MetroDF, 2011).
147U
Brasilia’s master plan, developed by architect Lucio Costa strongly reflects a “vision of the city of infinite mobility through advances in transportation technology, above all the private automobile” (HALL, 2002, p. 10), expressed in its long and wide freeways, crossing the Plano Piloto from south to north, east to west.Although this vision of free mobility has worked for a few decades to the upper classes, the recent popularization of the automobile and the conse-quential car avalanche that assaulted Brasilia’s streets have transformed this dream into a daily nightmare of infinite traffic congestion.This short paper aims to review the mobil-ity vision expressed in Costa’s master plan for Brasilia, while interposing it with the precarious current situation of the metropolitan region’s transportation system, in order to discuss some possibilities for future transportation planning in this unique modern city.
From Lucio Costa’s urban mobility vision to realityBrasília was planned within an economic para-digm based on the attraction of international capital and the establishment of multinational industries, particularly the automobile industry.The automobile was not only a technological advancement, but also a symbol of modernity, one that the new national capital should and indeed embraced, as Costa’s plan assumed the car as a major component of the city’s structure, proposing significant spatial arrangements for it: express roads with no crossings; separation of motorized and pedestrian traffic; abundant park-ing spaces.This mobility vision was planned considering that Brasília would support up to 600,000 inhabitants, and only after the city’s population had achieved this number, satellite cities would be construct-ed to accommodate the expanding population. However, an intense migration process initi-ated with the construction led the government to anticipate the satellite cities. This migration
persisted over the next four decades, configuring today’s highly populated metropolis with almost 2.5 million people.Nowadays, the single family house typology dominates the landscape in most satellite cities, which increases land consumption and augments the distances among different areas of the city. Meanwhile, the Plano Piloto significantly concen-trates the jobs but houses only 12% of the city’s population (GDF, 2004); a territorial configuration that resulted in significant mobility constraints as the express free-ways that connect the satel-lite cities with the center face daily congestion problems, and the public transportation system is very inefficient and low productive.Although it is extensive and has good coverage, there are too many routes, low rates of passen-ger/kilometer, long travel times and one of the most expensive fares in Brazil (GDF, 2010). The historical analysis of Brasilia’s private motoriza-tion rates demonstrates a dramatic increment of vehicles in the last decade, which aggravates the externalities caused by the excessive number of cars.In this scenario, local government has recently approved a Plan for Urban Transportation and Mobility in Brasilia and Surrounding Municipalities – PDTU. Despite of its deep and well-structured diagnosis, the plan does not develop substan-tial proposals for non-motorized transportation; it determines the enlargement of road’s capacity and none automobile restrictions, which is very ineffective in a long-term perspective.
ConclusionsBrasilia urges for territorial and transportation planning that decrease social exclusion, cur-rently aggravated by the permanence of extreme distances among places of residence and work/service, by the precarious conditions of the public transportation system, and by the increasing pri-vate motorization rates. This has severe impacts in the urban landscape and mobility quality in the center city, as even the oversized road system of the Plano Piloto has not been able to cope with the demand of cars, causing increasing con-gestions and significant parking problems.Problems that the local government insists to “solve” with the detrimental expansion of roads and parking spaces inside and outside the World Heritage site of Brasilia. Instead, local govern-ment should embrace the challenge of economic decentralization privileging the satellite cities, combining it with severe policies for decreasing private motorized travels, particularly investing in public transportation while also restraining automobile fluidity (CERVERO, 1998), which
could avoid the apparently inexorable destiny of transforming Costa’s utopia in a modern burgh surrounded by an unbridled conurbation.metropolitan commuters.Águas Claras: the most recent planned settlement on this axis, it was conceived around the sub-way line. In the spirit of the 1980s, its design made an attempt to reclaim traditional urban-ism with mixed-use development and continuous street life, as well as higher density. However, its large and shallow lots (17x30m) and the wide expanses of empty space around the subway sta-tions impaired the efficiency of the urban fabric, fostering the development of self-contained con-dominiums meeting the street with long, blank garage walls.Local prejudice in the real estate sector against mixed-use has only recently given way to eco-nomic efficiency as more new developments incorporate commercial ground floors, albeit not always in an urbane layout.Taguatinga: The first satellite town to be designed as such in the Federal
ɽ
Tasso di crescita del tra-sporto privato, 2000-2011 (Fonte: DETRAN/DF, 2012)
Brasilia’s private motori-zation rates, 2000-2011 (Source: DETRAN/DF, 2012)
148U
Mobility and public transportation in Brasilia
José Manoel Morales Sánchez Carolina Pescatori
Di che cosa parliamo quando parliamo di
Brasilia? Certamente di una città nata dal
nulla, di una rappresentazione della volon-
tà di una nazione di affermare il proprio
riscatto, di un “deliberato atto di conquista,
un gesto in linea con i pionieri del colonia-
lismo” (Costa, 2010). Ma anche di un luogo
che è stato campo di sperimentazione delle
architetture pubbliche di Oscar Niemeyer:
non solo le grandi icone che tutto il mondo
identifica come simbolo della nuova capita-
le, ma anche molti altri edifici minori, che
forse aiutano a capire meglio il dispositivo
architettonico che nasce dalla coraggiosa
combinazione fra atto “rivoluzionario” e con-
sapevolezza della realtà economica e sociale.
Vi è una Brasilia “minore” che forse meglio
rappresenta quella sfida costruttiva, che
cerca le ragioni delle proprie forme non
solo nella resistenza della materia e in una
tecnologia poco sviluppata, ma anche nella
scarsità di risorse, senza però rinunciare al
sogno di una “civitas”, che affonda le radici
nella riscoperta di specifici valori culturali.
In questa Brasilia “minore”, emerge la sfida di
costruire per tutti ed economicamente, ricor-
rendo alle competenze locali e innovazioni
tecnologiche della produzione industrializ-
zata. Una strategia basata su una originale
miscela di artigianato e industria nazionale.
Il fuoco di attenzione sui monumenti pubbli-
ci ha impedito a molte altre opere di svelare
questa combinazione di semplicità, essenza
del segno, comprensione immediata della
forma e sapere costruttivo.
Molte architetture, disperse per Brasilia,
in apparenza marginali, in realtà sono
fenomeni spesso sottovalutati, e quasi sco-
nosciuti: non hanno avuto la forza di imporsi
come paradigmi significativi del dibattito
teorico. La rimozione delle riflessioni sociali
di Niemeyer sul ruolo della nuova capitale,
sul modo di costruirla e di abitarla, ha impe-
dito di comprendere scelte coraggiose, come
l’idea del suolo come spazio pubblico conti-
nuo e fluido che, dall’Asse monumentale si
insinua fino al tessuto delle superquadras e
dentro i più modesti edifici. Un’idea di vuoto
come spazio pubblico che pervade la città.
Troppo spesso ha prevalso l’immagine poe-
tica delle sue sculture plastiche, che non
disturbano i nostri pregiudizi perché accat-
tivanti, e si sono perse le tracce del filo che
poteva condurre a vedere cosa realmente
è accaduto. Dall'altro capo il meraviglioso,
ma scontato, in opposizione al semplice ma
rivoluzionario.
Un pregiudizio che attraversa tutta l’opera
di Niemeyer, come un’ombra che tiene in
secondo piano uno degli aspetti più rilevan-
ti dell’impegno dell’autore: operare con le
risorse della propria terra e della propria cul-
tura, trasformare lo spazio immenso della
savana in paesaggi da cui l’architettura trae
senso e alimento.
Brasilia nasce in un ambiente selvaggio: lo si
percepisce solo arrivando in aereo. La vastità
del paesaggio rivela la surreale solitudine di
un ordine perfetto che ora si va dissolven-
do nella moltitudine delle città satellite. Ma
quello spazio immenso che avvolge la città e
la penetra, quello spazio, che per molti critici
e visitatori è una minaccia alla libertà e alle
pratiche sociali, mostra la sua straordinaria
generosità come un principio che regge il
disegno urbano e le sue stesse architetture.
Si comprende dunque quanto sia stato dif-
ficile, per un osservatore europeo, accettare
l’idea di una città di fondazione, anche se
la storia occidentale è costellata di esem-
pi magnifici. L’esperienza di Brasilia ha
suscitato nuove e insolite domande per chi
manipola gli strumenti dell’analisi urbana
in contesti consolidati, nati dalle continue
modificazioni di ordini precedenti.
Quanto può essere grande uno spazio pub-
blico? Quale scala per l’uomo che vive il
quotidiano e quale per rappresentare le istitu-
zioni pubbliche? Come è possibile una “città
parco” (che nulla ha a che fare con una "città
giardino") che metabolizza l’estensione della
savana? Come abitare in un paesaggio ostile,
addomesticando il suo ambiente? Come sono
nate e come si stanno sviluppando le città
satelliti, orientate su disegni e sistemi urba-
ni molto diversi? Quale influenza ha avuto il
Plano piloto nel riproporre i nuovi paradig-
mi residenziali? E quale e stata l’influenza
dell’ambiente fisico e culturale? Accade come
per l’osservatore di Walter Benjamin, che chi
si trova in una realtà di cui non conosce la
storia o la conosce solo per frammenti, come
nel nostro caso, si trovi in una condizione
che, allo stesso tempo, manifesta incertezza
Brasilia, lo spazio come risorsa: Niemeyer e un insegnamento perduto
149U
Remo Dorigati
e incomprensione per la singolarità dei feno-
meni urbani. Tuttavia egli gode una sorta di
spaesamento che lo induce a riflettere meglio
sullo spazio, così come gli appare nella sua
fisicità, piuttosto che attraversare nel tempo
e nella memoria i fatti urbani, che appaiono
come segnati da un travaglio che non appar-
tiene al suo passato.
Una incomprensione nota alla cultura euro-
pea, che reagì alla “invenzione” di Brasilia
con la sufficienza con cui si guardano i
“parvenues”, che si permettono di far precipi-
tare, in un unico atto di fondazione, i principi
della città moderna. La cultura europea, in
quegli anni impegnata a ricostruire le città,
dopo la seconda guerra mondiale, non riesce
a comprendere l’orgoglio di una nazione che
vuole affacciarsi alle nazioni più avanzate.
Anche Nathan Rogers, nelle sue riflessio-
ni sulle “preesistenze ambientali” (Rogers,
1955), sebbene fosse stato un critico tolle-
rante della avventura brasiliana, cita più
volte quella architettura come una sorta di
ideologia globale, di linguaggio internazio-
nal-modernista, non radicato nel tessuto e
nella storia di quella stessa cultura.
Eppure più volte, nel tentativo di coniuga-
re storia e modernità, egli aveva indicato la
necessità di accogliere e tradire, al tempo
stesso, i principi della tradizione (Eliot,
1922). Nell’esperienza di Brasilia Bruno Zevi
vede una surreale città kafkiana, spersa nel
Mato Grosso, ma soprattutto non comprende
la scala dell’intervento e le sue architetture,
che gli apparivano come “plastici ingranditi”,
pure composizioni formali.
In questa, e in altre critiche, vi è una incom-
prensione del duplice sforzo di appartenere
alla modernità e al tempo stesso di misurar-
si con la cultura locale che, dalle esperienze 150U
di Tropicalia e dal manifesto “Antropofagia”
di Oswald de Andrade, cercava il senso di
questa miscela, che ha segnato il senso di un
popolo la cui storia intreccia diverse radici
culturali. Questa non è certo una esperien-
za alimentata solo dalla propria tradizione,
colta e popolare, ma è la ricerca di una iden-
tità che nasce dal desiderio del nuovo, come
se la storia non avesse senso se non innestata
sul desiderio di innovazione e modernità, sul
sogno di un’altra qualità di vita.
La cultura occidentale non ha compreso
davvero il significato di una architettura
che, nel linguaggio e nelle tecniche costrut-
tive, si misurava con una realtà economica e
sociale che cercava di uscire dalla condizione
di “terzo mondo”. I nuovi paradigmi urbani
fondano una riflessione sullo spazio del tutto
estranea alla cultura occidentale: ciò che con-
nota l’esperienza di Brasilia è, per così dire,
l’illimitata disponibilità di spazio, la natura
selvaggia e un clima che dà allo spazio aperto
valore sociale e culturale.
Quel vivere all’aperto che Costa esprime con
immediatezza nel padiglione della Triennale
di Milano (1951), disseminato di amache,
paesaggi e lavoro, la cui combinazione, data
la scarsità di risorse economiche, si rivela
come un significativo punto di partenza
per comprendere le peculiarità di questa
esperienza.
L’affinità intellettuale di Costa e Niemeyer
produce una miscela tecnico-culturale, il pro-
getto modernista brasiliano, che attraversa
l’eredità portoghese, il sincretismo meticcio,
il movimento moderno, le avanguardie euro-
pee, sino al costruttivismo sovietico e alle
teorie dei dis-urbanisti.
Ma è soprattutto la riflessione sulle tecniche
tradizionali di costruzione e sull’organiz-
zazione dello spazio, che consente loro di
liberarsi dal complesso della “brasilianità”,
intesa come enfasi decorativa, e scoprire una
propria identità: “una realtà senza complessi
…, una cultura in comunicazione con la terra"
(de Andrade, 1928). Questo rapporto con la
terra è anche la profonda consapevolezza di
una cultura originaria che ha già sperimen-
tato il suo abitare in un paesaggio esuberante
ed estremo in cui il clima ha indotto una cul-
tura dello spazio aperto che invade tutte le
sequenze spaziali dell’abitare.
Ed è significativo che Le Corbusier abbia
annotato, da intellettuale europeo, alcuni
aspetti della cultura popolare brasiliana in cui
riconosce quanto abbiano influenzato alcuni
caratteri del modo di vivere e l’architettura:
“Penso che i neri siano fondamentalmente
buoni, allegri e di buon carattere … Ma che
la loro attitudine alla calma, il limite che si
impone alle necessità personali, l’intima
capacità di suonare e il loro candore,
fanno sì che le loro case siano sempre
ammirevolmente ben piantate al suolo, le
loro finestre sempre completamente aperte
sul paesaggio esuberante, il piccolo spazio
sempre ben utilizzato. Essi costruiscono la
loro casa in luoghi sopraelevati, su “pilotis”,
dall’alto il mare sarà sempre visibile” (Le
Corbusier, 1930).
Le note di Le Corbusier avranno una notevole
influenza sulla formazione dell’architettura
modernista brasiliana, che divorerà (antro-
pofagia) e metabolizzerà anzitutto il modo di
osservare le proprie radici culturali: l’abitare
sospeso, il ruolo del paesaggio, la vita allo
spazio aperto. Una ricerca sugli atti essenzia-
li e naturali dell’abitare, che si misurano con
l’ambiente e la cultura, con lo spazio e il suolo,
e su cui fondare i nuovi usi riscoprendo una
“intima necessità”: natura e geografia, storia e
cultura si miscelano nell’atto creativo, diven-
tando materiale di progetto (Gregotti, 2011).
Questo atto di fondazione segna tutto il per-
corso della nascita di Brasilia, non solo nel
disegno inciso nella savana di Lucio Costa
ma anche nei progetti di Oscar Niemeyer.
I suoi interventi monumentali sono assai
noti, tuttavia il loro valore è spesso banaliz-
zato nella plasticità e nell’eccezionalità delle
sue forme, disconoscendo, spesso, le ragioni
sociali ed economiche che sostengono la loro
natura.
In un certo senso, Bruno Zevi aveva ragio-
ne quando parlava di “plastici ingranditi” :
il dettaglio sparisce e quindi la grande scala
restituisce le medesime strutture formali
che appaiono nel plastico. Era necessario far
presto, e farlo bene, utilizzando al massimo
le risorse locali, le conoscenze tecniche e la
qualifica della manodopera di tipo artigiana-
le rurale. Ogni dettaglio avrebbe appesantito
il processo costruttivo, ritardando la conse-
gna, aggiungendo valori non necessari. Non
poteva essere maggiore il distacco dalla
ridondanza linguistica della tradizione colo-
niale portoghese. La costruzione diviene
essenziale, il cemento e i casseri artigiana-
li in legno, rientrano nella tradizione delle
costruzioni, e alle conoscenze tecniche della
manodopera brasiliana, mentre le armature
in ferro e il cemento avrebbero dato un note-
vole impulso alle industrie nazionali.
Prima di avviare il progetto dei nuovi edifi-
ci monumentali Niemeyer realizza, in dieci
giorni, il “Catetinho” (1956), come residen-
za temporanea per il presidente Juscelino
Kubitschek. Un edificio essenziale, tutto in
legno, un volume puro, lineare e sospeso su
pilotis. che formano un grande portico all’a-
perto. Una sorta di manifesto di arte povera,
così sobrio che anche il presidente lo volle
come esempio del suo stile di governo.
In questo piccolo intervento si possono
già riconoscere tutti gli elementi che poi
appariranno nella grande scala monumen-
tale: purezza formale, sospensione dal suolo,
modulazione della luce solare, economicità e
rapporto con il paesaggio: volumi puri sospe-
si sul suolo, che avrebbero poi caratterizzato
molte architetture brasiliane, e non solo quel-
le di Niemeyer (Palacio de Alvorada, Palacio
do Planalto, Stazione ferroviaria, Mendes da
Rocha, etc.).
Ma è soprattutto nel progetto della
Università di Brasilia (UniB) (1962), e in par-
ticolare nell’Istituto Central de Ciencias, che
Niemeyer sperimenta la propria pratica arti-
stica attraverso una strategia in cui la ricerca
di qualità architettonica è basata essenzial-
mente sulla prefabbricazione in cemento
armato e sulla “purezza” di un modulo ripe-
tuto all’infinito.
Un edificio aperto e flessibile, adatto a “tutto
e per tutti”. Un modulo che si produce a ritmi
impressionanti di lame strutturali, che per-
corrono i 700 metri della sua lunghezza. 151U
La costruzione, detta il “grande verme”, è
composta da due ali parallele che si appog-
giano al suolo secondo uno schema lineare
e curvato al centro (forse un gioco ironico,
che simula le grandi ali del Plano piloto). Pur
essendo esteso, la sua dimensione affiora di
solo due piani nel paesaggio della savana.
In mezzo si sviluppa, per tutta la lunghezza,
un giardino lineare, attorniato da due porti-
ci scanditi dalla pergola-struttura che, pur a
piccola scala, appare come imponente luogo
pubblico. Uno spazio vuoto, fatto da portici,
pergole e giardini, disegnati da una natura
esuberante, che produce l’effetto di uno spa-
zio di relazione molto efficace per tutta la
comunità scientifica. Questo “vuoto” acco-
glie tutta l’università, unendo e delimitando
uno spazio, nell’ampio spazio naturale che si
espande “selvaggio” tutto attorno.
Come il Pecile di Villa Adriana a Tivoli o la
Stoà di Attalo nell’Agorà di Atene, la composi-
zione esprime la potenza di una architettura
fondata sul principio tettonico di una sezio-
ne sempre uguale a se stessa e ritmata
innumerevoli volte. È una lettura inconsueta
del lavoro di Niemeyer e, tuttavia, spesso si
dimentica che egli era conosciuto più per la
gestualità delle sue opere, che non per saper
accettare, con modestia e realismo, i limiti
imposti dalla scarsità di risorse economiche.
Niemeyer sceglie coraggiosamente di fare
architettura con niente.
È una esperienza che passa dal significato
profondo dell’architettura, arrivando quasi al
limite oltre cui l’architettura sparisce e rima-
ne solo la percezione di un ritmo ossessivo e
della bellezza della natura. Non è possibile
togliere alcunché, perché tutto è già dentro
l’intima necessità di una idea semplice. Un
atto costruttivo autonomo, una natura che vi
si insinua.
Ancora più radicali sono i padiglioni di ser-
vizio intorno all’università, di cui uno è sede
del Ceplan (Centro de planiamento) e un
prototipo di abitazione prefabbricata: tutti
disegnati da Niemeyer, collaborando con
Joao Figueiras Lima (Lelè), che viene inviato
in Unione sovietica per studiare i sistemi di
prefabbricazione in cemento armato. In que-
gli anni, nei paesi comunisti, ma non solo,
l’industria delle costruzioni affrontava la
sfida di una produzione industrializzata di
massa, come risposta al bisogno di abitazioni.
A Niemeyer questa appare una esperienza
positiva, con molti aspetti validi, che avreb-
bero poi potuto essere trapiantati nella
nascente economia industriale brasiliana.
Il progetto prevede la disseminazione di
piccoli edifici multifunzionali, flessibili ed
economici, a un solo piano, nell’area che pre-
cede prossima alla Università.
La costruzione è quanto di più essenziale si
possa immaginare: un corpo di 15 metri di
profondità, con lunghezze variabili, costi-
tuito da pannelli prefabbricati portanti e da
travi precompresse, appoggiate alla congiun-
zione dei moduli. Il tutto realizzato con solo
due pezzi di struttura prefabbricata, nulla di
più.
Tuttavia la presenza di patii disegnati a giar-
dini, l’alternanza delle aree funzionali, il
piccolo auditorio, disegnato come un sem-
plice piano inclinato che entra nella terra,
conferiscono a questi piccoli padiglioni il
fascino della bellezza che nasce dalla combi-
nazione diretta di artificio e natura, fra pieno
e luce.
È difficile comprendere come il vuoto e lo
spazio aperto possano assumere un ruolo
così efficace, se non si considera il clima del
luogo. Ma proprio per questo è ammirevole 152U
la sensibilità di Niemeyer per l’ambiente/
paesaggio da cui egli sa trarre i materiali di
progetto. Forse Niemeyer voleva trovare una
alternativa alle costruzioni “illigal”, con una
strategia attiva delle istituzioni pubbliche.
Un prototipo forse. Certamente un modo
di pensare lo spazio e il paesaggio, che nelle
nuove città satelliti, legali e illegali, è stato
rimosso. Un insegnamento perduto.
What are we talking about when we talk about Brasilia? Surely about a city born from nothing, a representation of a nation’s intention to affirm its redemption, a “deliberate act of conquest, a gesture of pioneers acting in the spirit of their colonial traditions” (Costa, 2011).But we are also talking about a place where Oscar Niemeyer was able to engage in extensive experi-mentation in designing his public buildings: not just the great icons that are universally perceived as symbols of the new capital, but also a multi-plicity of lesser buildings that perhaps can help us gain a better understanding of that architec-tural creation that is born of a bold combination of a “revolutionary” act and an awareness of eco-nomic and social realities.There is a “lesser” Brasilia that perhaps may provide a more faithful representation of that constructive challenge that seeks the reasons for its forms not only in the resistance opposed by matter and a scarcely developed technology, but also in the paucity of resources, without – however – forsaking the dream of a “civitas” that sinks its roots in the rediscovery of specific cul-tural values. From this “lesser” Brasilia came the challenge of building in an economical manner, for everyone, using local skills and the technological innova-tions of industrialised production.A strategy based on an original blend of craftsman-ship and national industry. The most conspicuous
public monuments have captured people’s atten-tion, preventing many other works from revealing the unique combination of simplicity, essential-ity of the sign, immediate comprehension of the form, and building know-how they embody. Many seemingly marginal architectural works, scattered throughout Brasilia, are underrated phenomena, virtually unknown to the public at large, unable to be appreciated as significant paradigms in the theoretical debate.Brasilia was born in a wild natural setting, as becomes apparent to those who get there by plane. The vastness of the landscape reveals the surreal solitude of a perfect order, which is now dissolving in the multitude of satellite cities. But that immense space that envelops the city and permeates it, that very space that is perceived by many critics and visitors as a threat to free-dom and good social practices, reveals itself, in its extraordinary generosity, as the principle determining the urban design plan and the archi-tectural works themselves.As can be easily understood, a European observer cannot easily accept the idea of a foundation city, despite the fact that western history has countless magnificent examples. The Brazilian experience has raised new, unusual questions, for those who wield the tools of urban analysis in well-established contexts, born of continuous modifications to pre-existing conditions.European culture, engaged at the time in the reconstruction of the cities devastated by WWII, was unable to understand the pride of a nation seeking admission to the group of the most advanced countries.Many critics (Rogers,1955) seemed unable to understand the twofold effort of belonging to the world of modernity and at the same time com-ing to grips with the local culture, which, as evidenced by the experience of Tropicalism and Oswald de Andrade’s “Anthropophagy” manifesto, was striving to capture the sense of that inter-mingling that had fashioned the essence of a people in whose history a multiplicity of cultural
Bibliografia — Costa, L. (2010), Brasilia Plano Piloto (Tattara, M., a
cura), Cluva, Venezia, 2010.
— Rogers, E. N. (1955), Le preesistenze ambientali e i temi pratici contemporanei. Le preesistenze ambientali e i temi pratici contemporanei, in “Casabella- con-
tinuità”, n. 204, febbr.-marzo 1955, raccolti in
Biraghi, M. Damiani, G. (a cura), Le parole dell’ar-chitettura, Einaudi, Torino 2009
— Eliot, T. S. (1922), Tradition and the Individual Talent, in The Sacred wood: Essays on Poetry and Criticism, Dover Pubblication, 1977.
— de Andrade, O. (1928), Manifesto Antropofago,
in Finazzi Agrò, E., Pincherle, M. C. (a cura), La cultura cannibale, Oswald de Andrade: da Pau-Brasil al Manifesto antropofago, Meltemi, Roma, 1999.
— Le Corbusier (1930), Precisions sur un Etat Present de l’Architecture et l’Urbanisme, Crès, Parigi
— Gregotti, V. (2011), L’architettura di Cezanne, Skira,
Milano153U
Brasilia, space as a resource: Niemeyer and a lost lesson
Remo Dorigati
roots are intertwined.The new urban paradigms laid the foundations for a reflection on space that was totally foreign to western culture: the element that best character-ises the experience of Brasilia is, so to speak, an unlimited availability of space, mated to a wild natural environment and a climate that endows open space with social and cultural values. The intellectual affinity between Costa and Niemeyer originated a technical-cultural mix, the Brazilian modernist project, which cut across the Portuguese heritage, Mestizo syncretism, the Modern Movement and the European avant-garde, up to and including Soviet Constructivism and the theories of the Disurbanists.It was especially through a reflection on tra-ditional construction techniques and the organisation of space that they were able to get rid of the complex of “Brazilianity” regarded as a mere emphasis on decorative elements, and to discover an identity of their own: “a reality without complexes …, a culture connected to the earth” (de Andrade, 1928). This relationship with the earth is also a profound awareness of an orig-inal culture that has already experimented with inhabiting in an exuberant, extreme landscape whose climate has engendered a culture of open space that permeates all the spatial sequences of the human habitat.It is significant that Le Corbusier, as a detached European intellectual, noted some aspects of Brazilian culture which he believed had influ-enced a number of features of local architecture and the way people lived (Le Corbusier, 1930).Le Corbusier’s observations had a significant influence on the formation of Brazil’s modernist architecture, which devoured (anthropophagy) and metabolised first of all the way in which it adhered to its cultural roots: homes on stilts, the role of the landscape, living in open spaces. An investigation focusing on the essential and natural acts of inhabiting, as they relate to the environment and culture, space and the ground, on which to found new practices and rediscover its “intimate necessity”: nature and geography, history and culture intermingle in a creative act, and in doing so become new project material (Gregotti, 2011).This founding act affected all aspects of the birth of Brasilia, not only the lines that Lucio Costa sculpted into the savannah, but also the projects styled by Oscar Niemeyer. Niemeyer’s monumen-tal structures are well known, but their value is often banalised, reduced to the plasticity and exceptionality of their forms, while overlooking the social and economic reasons that went into their configuration.It was necessary to move fast, and well, making maximum use of the local resources, the techni-cal knowledge and the skills of artisan-rural type labour. Any detail would have made the construc-tion process more laborious, would have delayed the completion, would have added an unnec-essary value. The distance from the linguistic redundancy of the Portuguese colonial tradition could not be any greater.The built structure becomes essential, concrete. With its hand-made wooden formwork it was well in keeping with the tradition of Brazilian con-struction methods and techniques, while, at the same time, reinforcing steel and cement were able to provide a strong impulse to the development of Brazilian industry. Before he set about designing the new monu-mental buildings, in ten days, Niemeyer created the Catetinho (1956) as a temporary residence for President Juscelino Kubitschek. An essen-tial building, entirely made from wood, a pure,
linear volume, suspended on pilotis that formed a great open-air portico. A sort of manifesto of Arte Povera: formal purity, suspension above the ground, modulation of the sunlight, economy, relationship with the landscape. Pure volumes, supported by stilts, that were going to be distinc-tive traits of a large part of Brazilian architecture, not just Niemeyer’s works. But it was in designing the University of Brasilia (UNB) (1962), and especially the Central Institute of Sciences, that Niemeyer tested out his artistic practice through a strategy in which the search for architectural quality was substantially based on the use of prefabricated reinforced concrete elements and the purity of a module replicated endlessly.A flexible, open building, suitable for “everything and everybody”; a precise, efficacious module engendering a striking rhythm of structural blades encompassing the entire structure over its 700 m length. The construction, familiarly referred to as “the big worm”, is composed of two parallel wings resting on the ground according to a linear layout with a curved portion in the centre (pos-sibly an ironic reference to the great wings of the Plano Piloto).Between the wings, along their entire length, a linear garden is enclosed by the two porticos, which are emphasised by a pergola type structure, which, albeit on a small scale, has the looks of an imposing public place. The empty space defined by the porticoes, the pergolas and the gardens created by an exuberant nature produces the effect of a highly effective relational space for the entire scientific community. This empty space is for the university as a whole: it welcomes, brings together and delimits an area within the wider expanse of land that extends “wild” and unfettered all around.As in the peristyles of Hadrian’s Villa in Rome or the Stoa of Attalos in the Athenian agora, the composition expresses all the power of an archi-tecture founded on a tectonic principle of having a section that is always the same and is reiterated countless times. This is an unusual interpretation of Niemeyer’s work, but we often forget that though he is best known for his grand projects, he was also able to accept, with modesty and realism, the constraints stemming from very lim-ited financial resources. He chose bravely to “do architecture” from nothing. It is an experience that taps into the deepest sense of architec-ture and almost reaches a limit beyond which architecture vanishes and all that is left is the perception of an obsessive rhythm and the beauty of nature. Nothing can be removed, since every-thing is already part of the intimate necessity of a simple idea, an autonomous act of construction and nature that grows into it.An even more radical gesture produced the service pavilions annexed to the university complex (one of which is the headquarters of CEPLAN (Planning Centre)) and a prefabricated home prototype: these structures were designed by Niemeyer in collaboration with Joao Figueiras Lima (Lelè) who travelled to the Soviet Union to study their reinforced concrete prefabrication systems. The project provided for a dissemination of small, one storey high, multifunctional buildings, in an area fronting the university. The construction was a basic as can be: a body made of prefabricated bearing panels and prestressed concrete beams, rested on the junctions between modules.The entire structure could be created with only two prefabricated elements and nothing more. However, the presence of elements such as patios with gardens, different functional areas, a small auditorium shaped as a simple inclined
plane that reaches down into the earth, gave the small pavilions all the charm of a beauty born of a direct combination between artificiality and nature, density and rarefaction. It is not easy to understand how voids and open spaces can play such a significant role if we do not consider the climatic conditions of the place.But this is precisely the reason why Niemeyer’s sensitivity to the environment deserves to be admired: from the local landscape he was able to derive the material for his project. Maybe he was trying to outline a possible alternative to the self-help construction processes of the so-called illegal areas, based on an active strategy by the public institutions. Maybe a prototype, definitely a way of conceiving space, of considering the landscape, that in the new satellite cities, the legal and illegal ones alike, has been dismissed. A lesson lost.
154U
Di ritorno da Brasilia conservo soprattutto il
ricordo dei grandi spazi, del cielo alto, delle
straordinarie architetture di Niemeyer, delle
superquadras concepite da Lucio Costa come
moderni e accoglienti cortili residenziali, della
folla che si accalca alla partenza degli autobus
della stazione rodoviaria, della fatale attrazio-
ne esercitata dall’asse monumentale, con le sue
grandi architetture, che sembrano giocare con
la luce tersa del Brasile, con l’alba e il tramonto,
del pulsare di una città che deve adattarsi a un
vestito bello ma troppo formale e attillato per i
movimenti fluidi della vita.
Brasilia è infatti un luogo pieno di contrad-
dizioni. Nuno Portas, in una intervista fatta
in preparazione della mostra da noi organiz-
zata alla Triennale di Milano (2010), la ha
definita “un meraviglioso errore”. Chi visita
Brasilia è attratto dallo splendore delle scultu-
re architettoniche che emergono nello spazio
scavato della spianata centrale, dalla meravi-
gliosa cattedrale e dalle ellissi dei palazzi del
Parlamento, dalla perfetta combinazione tra
architettura e clima generoso, dalla relazione
tra città e paesaggio. Non si può fare a meno di
continuare a fotografare gli elementi di questa
straordinaria composizione urbana, che pure
fa percepire anche la difficoltà di produrre
quella civitas, che poi era l’obiettivo principale
del progetto di Costa. Ed è muovendo da que-
sta contraddizione che occorre accostarsi a
Brasilia senza esprimere giudizi affrettati, con
un atteggiamento di ricerca, superando la
condanna pregiudiziale e presuntuosa, che ha
avuto tanto spazio nella cultura architettonica
italiana ed europea (Spinelli 2010).
Due luoghi comuni su BrasiliaPrima di capire ciò che non funziona a
Brasilia, occorre sgombrare il campo dai luo-
ghi comuni che sono stati così importanti
nel condizionare il modo con cui si è osser-
vata la città:
— la convinzione che l’idea stessa di costru-
ire una nuova capitale fosse un segno di
arretratezza e ingenuità;
— la convinzione che il progetto di Brasilia
fosse l’esito di un piano completamente
disegnato, di una banale applicazione dei
principi del Movimento moderno.
Per il primo aspetto si è guardato spesso alla
costruzione di Brasilia come all'iniziativa
di un popolo giovane e un po’ ingenuo, che
addirittura decide di costruire una nuova
città capitale in pochi anni. Tale giudizio tra-
scura il significato storico e identitario del
progetto, già sottolineato da Josè Bonifacio,
padre dell’indipendenza brasiliana (1832),
come scrive Lucio Costa nell’incipit della
sua “Memoria descrittiva del Plano pilo-
to”. Il Brasile è un paese immenso, grande
come l’intera Europa, dal cui piccolissimo
Portogallo sono partiti i suoi colonizzatori.
Realizzare la nuova capitale nel centro del
Paese aveva quindi un significato preciso:
quello di marcare la differenza con l’urbaniz-
zazione coloniale che si era sviluppata lungo
la costa, ma anche voler mostrare al mondo
le grandi capacità di un popolo che inizia con
orgoglio a candidarsi come un attore emer-
gente nel panorama mondiale, forte della sua
dimensione territoriale e della sua popolazio-
ne, della ricchezza delle sue risorse naturali
e di alcune eccellenze che cominciavano a
manifestarsi nell'architettura e nell’urbani-
stica con personalità come Oscar Niemeyer,
Lucio Costa e Roberto Burle Marx.
Sembra quindi importante guardare Brasilia
come una storia di uomini che hanno avuto
il coraggio del progetto – così come sottoli-
neava Sigfried Giedion (1960) – una storia
di terra, polvere, solitudine ed entusiasmo,
come ricorda Niemeyer nel suo bellissimo
diario (Niemeyer, 2010). Un coraggio che
cominciava a mancare nell’Europa dell’im-
mediato dopoguerra.
Per il secondo aspetto, il progetto urbanisti-
co di Lucio Costa è stato spesso considerato
la quintessenza dei dettami del Movimento
moderno: un progetto ideologico, basato sul
mito della organizzazione razionale dello
spazio (Frampton, 1992). Al contrario, leg-
gendo i materiali del progetto si scopre che
il Plano piloto è un testo quasi letterario.
Fin dalle prime righe, infatti, piuttosto che
di un Piano sembra trattarsi di un racconto,
che esordisce mettendo in luce il travaglio
dell’autore nel decidere di affrontare una
impresa così straordinaria come il disegno
della nuova capitale. È un testo accompa-
gnato da molti schemi, che si sviluppa
tratteggiando la nuova città come si narrasse
una storia.
Ed è incredibile pensare che la realizzazione
della nuova capitale non si è sviluppata sulla
base di progetti esecutivi, o di mappe più
precise dello schema generale che accompa-
gnava la Memoria descrittiva, ma mettendo
invece direttamente in pratica, nel deserto
del Plan Alto Central, ciò che il testo descri-
veva e quell’unica mappa indicava.
Martino Tattara (2010) ricorda anche come
il Plano piloto sia profondamente legato alla
lunga storia delle missioni esplorative che
fin dal XIX secolo avevano cercato la loca-
lizzazione ideale per la nuova città e alla
interpretazione che Lucio Costa aveva pro-
posto della tradizione brasiliana. I 23 punti
in cui si articola il documento conducono
per mano in un viaggio che entra nei mec-
canismi di costruzione della nuova città,
attraversando livelli tecnici ed esperienziali,
temi di urbanistica e architettura, di sociolo-
gia e di politica, questioni di natura tecnica e
di senso. Una cosa affatto diversa dalle zoniz-
zazioni e dalle relazioni tecniche, animate
dalla ideologia della modernizzazione tipica
del periodo.
Nel racconto di Costa, nella serrata successio-
ne dei punti, nei quali è difficile individuare
qualcosa di superfluo, si trovano descrizioni
dei regimi di proprietà delle diverse quadre,
e indicazioni su come posizionare i diversi
tipi di negozi (“il barbiere, il parrucchiere, la
sarta, il pasticcere, … sono posti nella parte
più prossima alla strada utilizzata da auto-
mobili e autobus”), su come costruire i
cimiteri (“le tombe sono semplici lastre
di pietra, come si usa in Inghilterra, per
Brasilia e le sue contraddizioni
155U
Alessandro Balducci
evitare ogni ostentazione”) e su dove dovran-
no passare le processioni per raggiungerli;
descrizioni generali dell’impianto viabilisti-
co e descrizioni dettagliate dello svincolo che
consentirà, uscendo dalla stazione degli
autobus, di avere l’ultima visione dell’asse
monumentale, che dovrà restare impressa al
viaggiatore.
Il progetto è realizzato da Lucio Costa in soli-
tudine. Anche questo è un tratto del tutto
originale. Gli altri gruppi che parteciparo-
no al concorso sono formati da grandi studi
che abbracciano competenze multidiscipli-
nari. Disegnano la nuova capitale in tutti i
suoi aspetti, fino ai tipi edilizi. Costa è solo,
ci tiene a precisare che non ha neppure uno
studio. Il suo progetto è la descrizione di una
strategia di appropriazione dello spazio, che
resta ben lontana dai dettagli, ritenuti non
necessari.
La Giuria del concorso commenterà: “Bisogna
partire dal generale e procedere verso il parti-
colare, non viceversa. Il generale può essere
espresso semplicemente: sappiamo che è
più facile scrivere una lunga lettera che una
breve. Nel progetto di Costa c’è tutto quello
che vogliamo sapere in questo momento
ed è omesso ciò che è irrilevante”. La Giuria
si convince dunque della importanza – al
momento della fondazione della nuova città
– di disporre di una chiara strategia spaziale,
assai più che di un progetto compiuto. E il
“racconto” di Costa è esattamente questo.
Le città, ci dice Costa, e soprattutto le
capitali, non possono nascere dal nulla, il
problema del progetto non è solo realizza-
re un impianto urbanistico che funzioni:
“L’urbanista deve essere dotato di dignità e
nobiltà di intenti, perché è da questa sua fon-
damentale attitudine che nascono il senso
di ordine, l’adeguatezza e le proporzioni che
conferiranno allo schema urbano la sua vera
monumentalità”. E Costa sente il dovere e
la responsabilità di mettere a disposizione
la sua esperienza per realizzare il progetto
perché è convinto di disporre della indispen-
sabile tensione morale. Nella chiarezza, nel
tono pacato e al tempo stesso profetico della
Memoria descrittiva del Plano piloto, mi
sembra sia leggibile il confluire di tutta la
vicenda professionale e umana di Lucio
Costa, che sente il dovere di “offrire una via
d’uscita al problema posto dal bando”, ma al
tempo stesso quello di interpretare il “sogno
centenario del patriarca”.
Due nodi criticiFra le critiche più aspre, da sempre indi-
rizzate al progetto, due mi sembrano
particolarmente rilevanti: la prima è la della
monumentalità esasperata, sottolineata
dagli spazi esageratamente vasti in cui sono
posizionate le architetture monumentali.
Ampi spazi che si misurano con il paesaggio
(per la prima volta si parla di “città-parco”),
tema che allora sembrava rimosso o comun-
que non compreso come parte essenziale
del progetto. Su questo terreno l’urbanisti-
ca di Costa si incontra con l’architettura di
Niemeyer. Entrambi rivendicano l’impor-
tanza delle dimensioni della sorpresa e della
meraviglia che devono caratterizzare lo spa-
zio collettivo e le opere pubbliche in una
grande capitale.
E per entrambi, piuttosto che il gesto narci-
sistico dell’architetto si legge il tentativo di
generare stupore proprio in ciò che è di tutti.
Ma per Niemeyer si tratta del solo modo
per portare una bellezza straordinaria nella
vita quotidiana, per Costa, invece, si trat-
ta di costruire la civitas attraverso luoghi e
spazi collettivi in cui la comunità si possa
riconoscere.
Piuttosto che la sproporzionata ambizio-
ne nella quale la critica ha accomunato i
due progettisti, viene alla mente il “make
no little plans” di Daniel Burnham nella
Chicago dei primi anni del Novecento: i pic-
coli piani non fanno sognare le persone, non
mobilitano le coscienze e di conseguenza
non costruiscono le condizioni per l’azio-
ne. Forse uno sguardo meno preconcetto ci
permette oggi di guardare agli spazi e alle
architetture pubbliche di Brasilia da questo
diverso punto di vista.
La seconda critica ricorrente è quella rivolta
alla compiutezza del disegno di Costa, che
non sarebbe stato in grado di accogliere la
crescita di una metropoli che oggi ha circa
2,6 m.ni di abitanti; che per crescere ha pro-
dotto nuove città, disposte tutt’intorno in
aperta contraddizione con gli obiettivi del
progetto. La forma della croce e dell’aeropla-
no, così riconoscibile, ma allo stesso tempo
rigida e incapace di accogliere l’espansione
e lo sviluppo della città, come invece avreb-
bero potuto le strutture “a griglia” proposte
da gran parte degli altri progetti presentati al
concorso.
Credo che anche qui occorra un ripen-
samento: quella forma ancora oggi è
perfettamente riconoscibile nelle immagi-
ni satellitari e attraversando la città. Una
compiutezza che, se da un lato è un limi-
te, dall’altro conferisce identità anche a
tutto il territorio della regione urbana. E se
è vero – come sostiene Richard Williams
concludendo il suo saggio – che a fronte
della crescita impetuosa degli insediamen-
ti satelliti, la Brasilia del Plano piloto “sta
diventando l'esatto equivalente dei centri
medioevali delle città europee: un centro sto-
rico conservato per ragioni eminentemente
simboliche e sentimentali” (Williams 2007,
373), è proprio attraverso quei simboli e
quei sentimenti che quel centro storico della
modernità sembra ancora capace di dare un
senso alla città che allarga i suoi confini.
La vera contraddizioneSe dunque dobbiamo esercitare una mag-
giore comprensione per lo spessore e la
storia di quel progetto, non si possono però
negare le frizioni che lo spazio fisico di
Brasilia determina oggi sulla società che la
abita. Una città concepita e costruita su una
ordinata e netta separazione di funzioni: le
residenze funzionano bene se sono lontane
dai luoghi di lavoro; i bambini possono gio-
care liberamente nelle grandi corti verdi,
che ospitano anche le loro scuole e se non
ci sono attraversamenti; le auto si muovono
più agevolmente se i traffici sono separati
dai percorsi pedonali; il commercio funzio-
na meglio se è “di vicinato”, distribuito con
regolarità nella maglia urbana; i ministeri e
i grandi edifici di rappresentanza possono
essere meglio collocati se lo scenario è privo
di interferenze.
C’è una ragione logica in tutto questo, che
regge fino a quando anche la vita si svolge
secondo i ritmi dettati da quelle funzioni,
che negli anni Cinquanta sembravano il
perfetto compimento di un nuovo rapporto
tra spazio e società. Il cittadino lavoratore
con un posto di lavoro fisso si reca una volta
al giorno al lavoro muovendosi nello spa-
zio e la città così concepita lo asseconda, lo
accompagna. Quando però lo stesso diven-
ta disoccupato, o pensionato, o giovane in
cerca di opportunità, o immigrato in cerca
di un lavoro temporaneo, o artista in cerca
di stimoli, o libero professionista, o donna
lavoratrice, ecco che quel tipo di ordine spa-
ziale non accompagna più lo sviluppo reale
della vita.
Si svela il fatto che, ben diversamente dalla
città storica, costruita per stratificazioni suc-
cessive, quello di Brasilia è invece un ordine
pensato in un momento storico determi-
nato, da un solo attore, frutto di una unica
razionalità, con in mente una società con
poche dimensioni, mentre la città, per essere
resiliente, capace di adattarsi e di accoglie-
re, ha bisogno di molteplici razionalità e ha
bisogno di spazi interpretati da ciascuno in
modo diverso, dove ciascuno possa scrivere
la propria storia. Ed è in questo che il proget-
to mostra la sua principale debolezza.
Pregi e difetti di Brasilia sono in questa con-
traddizione, che in fondo è la distinzione tra
efficienza ed efficacia: la macchina urbana
può funzionare perfettamente, ma essere
inadatta a risolvere le molteplici attese che
si rivolgono alla città. Lo spazio è il conteni-
tore della contaminazione, la città è luogo di
formazione degli interlinguaggi, tra popola-
zioni sempre più differenziate.
Si racconta che quando Lucio Costa tornò
a Brasilia, negli anni Ottanta, guardando il
brulicare delle persone che si accalcavano
alla stazione rodo-viaria, abbia detto: “è com-
pletamente diverso da come lo immaginavo,
ma è bello, mi piace”. Costa aveva infatti
pensato la stazione degli autobus come un
centro di trasporto elegante e per le lunghe 157U
distanze, mentre con la crescita del traspor-
to aereo per questa funzione la stazione era
diventata il popolarissimo centro del pendo-
larismo più modesto.
L'eccessivo spirito di conservazione che
ha caratterizzato la storia della città,
legato anche al riconoscimento da parte
dell’Unesco di Brasilia come “patrimonio
dell’umanità”, da un lato ci consegna uno
spazio affascinante che continua ad attrar-
re la nostra attenzione per la sua qualità
formale, ma dall’altro ha impedito quegli
adattamenti e appropriazioni che avrebbe-
ro consentito un rapporto diverso tra urbs e
civitas, come lo stesso Lucio Costa non aveva
mancato di osservare.
Back from Brasilia, I retain the memories of its vast spaces, its sky, Niemeyer’s architectures, the superquadras conceived by Lucio Costa as hospitable residential courtyards, the commut-ers thronging the rodoviaria bus station, the Monumental Axis with its impressive buildings, the heartbeat of a city that must wear a gar-ment which is magnificent and yet too tight and too formal to let life flow smoothly and unconstrained.Brasilia, as a matter of fact, is a place full of contradictions. In an interview conducted in
preparation for the show we organised for the 2010 Milan Triennial, Nuno Portas referred to Brasilia as a “magnificent mistake.” Visitors are invariably enthralled by the perfect combination of great architecture and favourable climate, the unique relationship between the city and the landscape. You cannot help photographing the elements of this extraordinary urban setting, which, however, clearly reveals the difficulties encountered in giving life to that civitas which constituted the main goal pursued by Costa in his design project.Based on the foregoing considerations, it is essential to approach Brasilia without passing hasty judgments, without indulging in the biased condemnation that is commonly expressed by the Italian and European architectural culture (Spinelli 2010).
Two commonplace criticisms of BrasiliaBefore we try to understand what is wrong with Brasilia, we must clear the field of a few com-monplace notions:
— the notion that the very idea of founding a
new capital was a sign of backwardness and naiveté;
— the idea that the project for Brasilia was the fruit of a fully pre-designed plan, that it amounted to a banal application of the principles of the Modern Movement.
As for the first notion: the construction of Brasilia has often been dismissed as an initia-tive undertaken by a young and somewhat naive people. This judgment overlooks the historic and identity-building significance of the project, as described as early as 1832 by Josè Bonifacio, the father of Brazilian independence.To create a new capital in the centre of the Country marked a clear break with the colonial settlements that had grown along the coast, and it meant showing to the whole world the capa-bilities of a people that was proudly beginning to emerge as a major player on the international scenario. Brasilia should be looked at as a story of men who had what Giedion at the time (1960) described as “the courage of design”; a story of earth and dust, of solitude and enthusiasm, as Niemeyer put it. The sort of courage that was dis-appearing in post-war Europe.
As for the second criticism, the urban design project produced by Costa for Brasilia has often been regarded as a straightforward application of the tenets of the Modern Movement. From the project materials we discover that the Plano Piloto is closer to a literary work. In lieu of a Plan, it reads like a narrative, which opens with a description of the soul-searching in which the author engaged before tackling such an extraor-dinary undertaking. It is outright inconceivable to believe that the construction of the new capi-tal did not require the production of final design projects and was the direct outcome of what was described in literary terms in a text and shown in a single map.The document is organised into 23 points that take us step-by-step through the mechanism that will be employed in creating the city, bringing together considerations to do with technology and experience, urban planning and architec-ture, sociology and politics, technical issues and matters of common sense. Something altogether different from the zoning criteria adopted at the time based on the principles of modernisation.
Bibliografia — Frampton, K. (1992), Modern Architecture: A
Critical History, Thames and Hudson, London
1992;
— Giedion, S. (1960), The Shaping of Urban Space, Atti del seminario tenuto alla Graduate School of Design,
Harvard University, Cambridge, 1960;
— Niemeyer, O. (2010), "La mia esperienza
a Brasilia", testo tratto da idem, a cura di
Mocchetti, E., A. Mondadori ed., Milano 1975,
pp. 137-159, riportato in Balducci, A. Bruzzese,
A., Dorigati, R., Spinelli, L. (a cura), Brasilia. Un’utopia realizzata. 1960-2010, Triennale Electa,
Milano;
— Spinelli, L. (2010), "Processo alla capitale", in
Balducci, S., Bruzzese, A., Dorigati, R. Spinelli, L.
(a cura), Brasilia. Un’utopia realizzata. 1960-2010,
Triennale Electa, Milano;
— Tattara, M. (a cura) (2010), Lucio Costa. Memoria descrittiva del Plano piloto di Brasilia, DODO4, Iuav,
Venezia;
— Williams, R. J. (2007), Brasilia after Brasilia, in
“Progress in Planning”
ɽɽ
A pagina 156, dall'alto al basso: il Plano Piloto, Vila Estrutural, Áquas Claras, Cêilandia
On p. 156, top to bottom: the Plano Piloto, Vila Estrutural, Áquas Claras, Cêilandia
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In questa e nella pagina a fronte: foto di Chiara Geroldi e Simona Sambati
This and opposite pages: photos by Chiara Geroldi e Simona Sambati
158U
Brasilia and its contradictions
Alessandro Balducci
Lucio Costa worked alone on his design project, and this too was a unique trait. All the other participants in the competition were major firms pooling together a wide range of interdisciplinary skills. Costa was on his own. He made a point of making it known that he did not even have an office, that his project was the description of a strategy for the appropriation of space, and that he had steered clear of details he did not con-sider necessary.The Competition Jury commented: “One must start from the general and then proceed to the specific, not vice versa. The general can be expressed simply; we all know that it is easier to write a long letter than a short one. Costa’s project contains everything that we want to know at this point, omitting everything that is irrelevant.” The Jury was, therefore, fully con-scious that “at this point” – the moment of the foundation of a new city – it was more impor-tant to have a clear strategy with regard to the use of space rather than a complete and detailed project.And Costa’s narrative provided precisely such a strategy. Cities – and, even more so, capital
cities – cannot just arise out of nothing; hence the problem to be addressed was not merely the design of a working urban plan. “The urban planner must be endowed with both dignity and nobility of intent, these being the key traits that underlie his sense of order, that generate the appropriate proportions which are the basis of true monumentality in an urban layout.” Costa felt he had an obligation to use his experience to define the project, in that he was persuaded he had the indispensable moral tension.The clarity, the measured – and yet prophetic – tone of the Memória Descritiva do Plano seems to me to clearly reflect Lucio Costa’s professional and human qualities. Here is someone who feels duty bound to “offer a way out of the problem posed by the call for design projects” and, at the same time, give concrete expression to “the age-old dream of the patriarch”.
Two critical nodesFrom among the harshest criticisms that were levelled at the project, two seem particularly interesting. One addresses the allegedly excessive
monumentality of the whole, the vast spaces that vied in terms of size with the landscape (this was the first time people spoke of a “garden city”), a theme that appeared to be overlooked at the time and was not perceived as a fundamental component of the design project.This is the ground where Costa’s urban-plan-ning dovetails with the architecture of Oscar Niemeyer. Rather than proposing the narcissistic gesture of the architect, both designers advocate the importance of the elements of wonder and surprise, which should characterise the collective space and the public buildings of a great capital.Niemeyer wanted to reconcile extraordinary beau-ty and everyday life; Costa wanted to build up the civitas through the creation of collective spaces and structures in which the community could see itself reflected. This brings to mind Daniel Burnham’s advice with regard to early-twen-tieth-century Chicago: “Make no little plans.” Little plans cannot make people dream; cannot stir awareness. Thus they fail to create the right conditions for action. Perhaps, nowadays, a less biased perspective enables us to view the collec-tive spaces and public buildings of Brasilia from
a different angle.The other recurrent criticism argues that the design of a city, complete and self-contained, made it impossible to accommodate the sort of growth associated with a metropolis whose present-day population comes close to 2.6 mil-lion inhabitants. A city that in order to grow was forced to give rise to new cities all around it, in blatant contradiction with the original goals of the project. The objections focus on the cross and airplane form, so recognisable and at the same time unable to make room for the expan-sion of the city as would have been provided for by the grid structures proposed in the projects submitted by most of the other participants in the competition. I think that this criticism, too, should be reviewed.True, that form is still perfectly recognizable in satellite photographs, and it is also perceptible when one moves through the city at ground level. But while in some respects this completeness of the design may be a limit, it also establishes the identity of the entire territory of the urban region. And while it may be true that, as Williams
claimed, the Brasilia of the Plano Piloto “is becoming the exact equivalent of the medieval centre of the European cities: a historic centre that is maintained primarily for symbolic and sentimental reasons” (Williams 2007, 373), it is precisely due to its symbolic and sentimental role that this historic city centre of modernity maintains its ability to “make sense” of an urban fabric whose boundaries continue to expand.The real contradictionYet, the constraints imposed by the physical con-figuration of Brasilia on the people who inhabit it cannot be denied. Brasilia has been conceived and built based on a clear-cut separation of tasks: residential facilities work best if they are distant from the workplaces, children can play in the big courtyards if there are no roads cutting across them, traffic if smoother if the vehicle streams are separated by pedestrian paths, the ministries work most effectively if they rise in interference-free surroundings.There was reason in all this, which held true as long as life proceeded along the pace that in the 1950s was perceived as the perfect embodiment of a new relationship between space and society. Working citizens with a permanent job, travel to their workplaces once a day, moving in space, and the city conceived in this manner, supports them, accompanies them.But when a citizen loses his/her job, or retires, or is a young man seeking opportunities, or an immigrant seeking temporary employment, or an artist looking for stimuli, or a free-lance profes-sional, or a working mother, then that particular spatial order no longer suffices to support the development of real life. It becomes clear that the order underlying the design of the city is an order conceived in a given historic period, by a single player, it is the fruit of one rational approach having in mind a society with but few dimensions to it.In order to be resilient, to be able to adapt to evolving circumstances, a city requires many rational outlooks, it has to be a space which eve-ryone can interpret in their own way, in which everyone can write their own history. This is the aspect reflecting the main weakness of the plan.The strengths and weaknesses of Brasilia arise from this contradiction, which basically amounts to the difference between efficiency and efficacy: the urban mechanism may be perfectly function-ing and yet be unable to fulfil the countless demands that are made of a city. Space is the container of the contamination, the city is the point of origin of the interlanguages that ena-ble increasingly diversified groups of people to communicate.When Lucio Costa returned to Brasilia in the 1980s, he is believed to have said, while observ-ing the crowds swarming into the bus station: “it is totally different from the way I imagined it, but it’s beautiful, I like it.” The exaggerated spirit of conservation that has characterised the development of the city, also due to the Unesco’s recognition of Brasilia as a World Heritage Site, has resulted in a space having unique formal qualities, but has prevented those adaptations and appropriations that would have fostered a different relationship between urbs and civitas as Lucio Costa himself had not failed to notice.
159U
Alessandro Balducci Dip. di Architettura e Studi urbani - DAStU,
Politecnico di [email protected]
G. Bertrando BonfantiniProfessore di Urbanistica, Dip. Architettura e
Pianificazione, Politecnico di [email protected]
Manrico BorziAvvocato
Antonella BruzzeseDip. di Architettura e Studi Urbani – DAStU,
Politecnico di [email protected]
Lucia BuracchiniGeologo, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Anna CalocchiArchitetto, consulente Ufficio di Piano del
Comune di [email protected]
Rocio Pérez CampanaLaboratorio de Planificatión ambiental,
LABPLAM, Universidad de Granada
Maurizio CenniSindaco del Comune di Siena 2001-2010
Gabriele ComacchioGeometra, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Maria CuccaroloPresidente del Comitato cittadino Campo
Santa Margherita, Venezia
Frederico de HolandaFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Daniela De Leo Ricercatrice di Urbanistica,
Università “La Sapienza”, [email protected]
Remo DorigatiDip. di Architettura e Studi Urbani – DAStU,
Politecnico di [email protected]
Hans FarjonPBL Netherlands Environmental Assessment
Agency, The Netherlands
Andrea FilpaDocente di Urbanistica, Facoltà di Architettura,
Università degli Studi di Roma Tre [email protected]
Roberto FineschiArchitetto, Head of Site Operations Italy
Novartis [email protected]
Vito GarramonePianificatore territoriale,
Dottore di [email protected]
Wladimiro GasparriProfessore associato di Diritto
Amministrativo, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Firenze
Luca GentiliLDP Progetti Gis, esperto di Sistemi
Informativi [email protected]
Viridiana Gabriel GomezFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Sandra GrassiGeologo, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Luigi GuastamacchiaContrattista, Dip. di Ingegneria civile e
Architettura, Politecnico di Bari
Cristiane GuinancioFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Andrea IacomoniDocente, Università di Firenze
Roberta IngaramoDip. Interateneo di Scienze, Progetto e
Politiche del territorio, Politecnico di Torino
Letizia LiberatoscioliArchitetto, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Francesco Lo PiccoloDocente di Urbanistica,
Dip. di Architettura, Università degli studi di Palermo
Nicola MartinelliProrettore associato, Dip. di Ingegneria civile e
Architettura, Politecnico di Bari
Assunta MartoneIRAT-CNR
Ana Elisabete MedeirosFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Fabio MinutiAssessore all’urbanistica
del Comune di Siena 2001-2010
José Manoel Morales SànchezFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Ennio NonniArchitetto - Urbanista
Lucia NucciRicercatore, Università Roma 3
Anna Laura PalazzoDocente di Urbanistica,
Università Roma Tre
Pedro Paulo PalazzoFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Rossana PapiniArchitetto, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Rosario PaviaDocente, Facoltà di Architettura, Università
degli Studi G. D’Annunzio, Chieti-Pescara
Elane PeixotoFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Luigi Perillititolare “Da Romolo alla Mole Adriana”
David Perrygià Direttore del Great Cities Institute,
University of Illinois, Chicago
Carolina PescatoriFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Raffaello PinArchitetto, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Stefano PizzolatoPresidente Ass. negozi storici di eccellenza di
Roma, Tebro Biancheria, dal 1867
Eva RitterProfessore associato in Physical Geography,
Deptment of Civil Engineering - Div. of Water and Soil, Aalborg University
Biancamaria RizzoAssegnista di Ricerca, Università Roma Tre
Stefania RizzottiLDP Progetti Gis, architetto
Pietro RomanoArchitetto, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Luciana SaboiaFaculdade de Arquitetura e Urbanismo
Universidade de Brasília [email protected]
Michelangelo SavinoProfessore di Tecnica e Pianificazione
urbanistica, Facoltà di Ingegneria, Università di Messina
Marichela SepeIRAT-CNR,
DPUU Università di Napoli Federico [email protected]
Marco SignorelliGeologo, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Frans J. SijtsmaUniversity of Groningen, Faculty of Spatial
Science, The Netherlands
Michele TaliaDocente di Urbanistica, Facoltà di Architettura,
Università degli Studi di [email protected]
Gabriela TenorioFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Ricardo TrevisanFaculdade de Arquitetura e Urbanismo,
Universidade de Brasília [email protected]
Fabrizio ValacchiDirigente Area Tecnica Comune di Siena
Rolando ValentiniComune di Siena, responsabile
del procedimento per il [email protected]
Marco VannocciArchitetto, Ufficio di Piano
del Comune di [email protected]
Luis Miguel Valenzuela MontesLaboratorio de Planificatión ambiental,
LABPLAM, Universidad de Granada
Francesco Ventani Architetto, consulente Ufficio di Piano del
Comune di [email protected]
Angioletta VogheraDip. Interateneo di Scienze, Progetto e
Politiche del territorio, Politecnico di Torino
Nicole VuistinerAvvocato
Wim WiewelProfessore di Sociologia e
Pianificazione urbana, Presidente della Portland State University
Michele ZazziRicercatore in Tecnica e Pianificazione
urbanistica, Università degli Studi di Parma
AutoriAuthors
Tavola 1_Ru di Siena_Tessuti insediativi e sistemi di paesaggio
Questo numero è stato realizzato con il contributo economico di
urbanisticaPaolo AvarelloNon solo pianoNot Just a Plan
a cura di_edited by Nicola Martinelli, Michelangelo Savino G. Bertrando Bonfantini, Maria Cuccarolo, Daniela De Leo, Francesco Lo Piccolo, Alessandro Balducci , Luigi Guastamacchia, David Perry, Wim WiewelL’università italiana tra città e territorio nel XXI secolo (2A parte)The university between city and territory in 21th century Italy
a cura di_edited by Angioletta Voghera Hans Farjon, Frans J. Sijtsma, Rocio Pérez Campana, Luis Miguel Valenzuela Montes,Eva Ritter, Roberta IngaramoPaesaggio, piano e progetto in EuropaLandscape, Plan and Project in Europe
a cura di_edited by Andrea Filpa, Michele Talia, Fabrizio Valacchi, Rolando ValentiniMaurizio Cenni, Fabio Minuti, Anna Calocchi, Stefania Rizzotti, Gabriele Comacchio, Letizia Liberatoscioli, Raffaello Pin, Pietro Romano, Wladimiro Gasparri, Lucia Buracchini, Sandra Grassi, Marco Signorelli, Rossana Papini, Marco Vannocci, Luca Gentili, Roberto Fineschi, Francesco VentaniSiena: il regolamento urbanistico 2011-2015Siena: the Urban planning regulations 2011-2015
a cura di_edited by Antonella BruzzeseFrederico de Holanda, Gabriela Tenorio, Luciana Saboia, Elane Peixoto, Ana Elisabete Medeiros, Cristiane Guinancio, Viridiana Gabriel Gomez, Pedro Paulo Palazzo, Ricardo Trevisan, José Manoel Morales Sànchez, Carolina Pescatori, Remo Dorigati, Alessandro BalducciBrasilia: dal Plano Piloto alla metropoliBrasilia: from Plano Piloto to the metropolis
Assunta Martone, Marichela SepeLyon Confluence: la rigenerazione della penisola Perrache nell’ambito
del Piano strategico di Grand LyonThe regeneration of the Perrache peninsula in the framework of the Gran Lyon strategic plan
Michele ZazziMelbourne e il Popsicle test. Brevi note sulla città più vivibile del mondoMelbourn and the Popsicle test. A few considerations on the world’s most liveable city
a cura di_edited by Lucia NucciStefano Pizzolato, Manrico Borzi, Nicole Vuistiner, Luigi PerilliRoma: negozi di eccellenza e attività storiche da tutelare e promuovereRome: historic shops of excellence
Rosario Pavia Ancona: città di mare o sul mare?Ancona: Waterfront City or City by the Water?
Andrea IacomoniPianificazione ed edilizia residenziale in ToscanaPlanning and housing in Tuscany
Ennio NonniBio-urbanistica: espansione e consumo zeroBio urban planning: growth and zero consumption
Anna Laura Palazzo, Biancamaria RizzoEnergie rinnovabili e paesaggi sostenibiliRenewable Energies and Sustainabile Landscapes
Vito GarramoneUna svolta per la pianificazione: riflessioni sulla deontologia e altre questioniA turning point for planning and moral clarification. Reflections on deontology and other relevant questions
ISSN 0042-1022